Le novità in materia di contratto di appalto introdotte dal

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Le novità in materia di contratto di appalto introdotte dal Testo Unico sulla
Sicurezza
* Avv. Barbara Lombardo
1. La novità legislativa. Una riflessione “a caldo”
Il 15 maggio 2008 è entrato in vigore il d.lgs. n. 81/2008 con il quale il legislatore, rispettoso dei tempi
indicati nella legge delega, ha varato il nuovo provvedimento in materia di salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro.
Le novità rispetto alla suddetta legge delega non sono poche. Il provvedimento inoltre si rivela di
pregevole manifattura in quanto crea una fonte di riferimento unitaria per una materia che, negli ultimi
anni, stava diventando oggetto di una sorta di “schizofrenia legislativa” che rendeva spesso difficoltoso,
all'operatore giuridico, il compito di ricercare, conoscere e armonizzare tutte le norme sparse nei vari
settori dell'ordinamento.
Nonostante ciò, sarà di certo foriera di nuove perplessità.
Oggetto di attenzione, in questa sede, sono esclusivamente le novità in materia di contratto di appalto e
dunque esclusivamente l'art. 26 del decreto legislativo n. 81 del 2008, rubricato “Obblighi connessi ai
contratti di appalto o d'opera o di somministrazione”.
In primo luogo, è d'obbligo soffermarsi sull'ambito di applicazione della norma.
Come generalmente accade quando si procede alla mera collazione di materiale normativo già esistente,
anche in questa ipotesi è stato utilizzato un unico articolo per regolare situazioni differenti e soprattutto
fattispecie che si pongono tra di loro secondo un rapporto difficilmente riconducibile a quello di genere
a specie.
Ad un primo, fugace sguardo sembrerebbe infatti che i primi quattro commi presentino elementi di
specialità rispetto al quinto, ma una più attenta analisi sembra rivelare che l'ambito di applicazione delle
norme, nonchè i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi in esso previsti, non coincidono. Si rende
pertanto necessaria un'indagine più accurata delle novità legislative per capire quali sono i nuovi
obblighi; su chi incombono; quali sono le conseguenze connesse all'inadempimento di essi e soprattutto
cosa ha previsto il legislatore per la disciplina transitoria.
2. L'obbligo di “indicazione dei costi della sicurezza”
Il comma quinto dell'art. 26 detta una norma che troverà applicazione in tutti i contratti di appalto (ivi
comprese le ipotesi in cui esso abbia ad oggetto prestazioni continuative e periodiche di servizi), di
subappalto e di somministrazione.
Essa prevede che, all'interno dei predetti contratti, dovranno essere indicati, a pena di nullità e dunque ai
sensi dell'art. 1418 cod. civ., i «costi relativi alla sicurezza del lavoro, con particolare riferimento a quelli
propri connessi allo specifico appalto».
Rispetto alla formulazione contenuta nella legge delega (cioè la legge 3 agosto 2007, n. 123), il cui art. 3
modificava il decreto legislativo del 19 settembre 1994, n. 626 (in particolare, per quel che qui ci
riguarda i commi 3 e 3-bis dell'art. 7 della 626), si possono notare due importanti differenze e cioè la
necessità di soffermarsi, facendovi particolare riferimento, sui co s t i c o n n e s s i a l l o s p e c i f i c o
a p p a l t o nonchè l'e s p l i c i t a z i o n e d e l l a s a n z i o n e .
Entrambe le novità militano nella stessa direzione, essendo preordinate a richiamare l'attenzione di tutte
le parti contrattuali sulla imperatività della disciplina in materia di sicurezza dei lavoratori.
Cominciamo ad analizzare la prima novità. Il legislatore richiede che nel contratto di appalto vengano
indicati, a pena di nullità, non solo i costi relativi alla sicurezza, ma altresì i c o s t i p r o p r i
c o n n e s s i a l l o s p e c i f i c o a p p a l t o . Il riferimento è ovviamente all'ipotesi in cui, per la
realizzazione di una medesima attività od opera, vengano stipulati più contratti di appalto,
eventualmente connessi tra di loro secondo la logica del subappalto. In questi casi sarà necessario che
l'indicazione dei costi non venga fatta in maniera complessiva, a forfait, ma che si dia conto dei costi
relativi alla sicurezza, secondo quanto emerge da una previa valutazione relativa ad o g n i s i n g o l o
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contratto tra le parti stipulato. Ciò, renderà particolarmente laboriosa la tecnica contrattuale poiché sarà
necessario una fase preliminare rispetto alla conclusione dei contratti; fase che consisterà nella
necessaria qualificazione giuridica “esatta” delle operazioni che le parti intendono realizzare, isolando la
fisionomia dei singoli contratti ed individuando per ognuno di essi i relativi costi.
Con riferimento alla seconda novità e cioè all'indicazione testuale della sanzione della n u l l i t à per
l'ipotesi di inosservanza dell'obbligo, la regola della insanabilità del negozio nullo comporta che si rende
necessario inserire la suddetta previsione all'interno del contratto fin dalla sua fase genetica, non
essendo ammissibile un'integrazione successiva ovvero una convalida.
Regole in parte differenti valgono per i contratti già stipulati, per i quali opera una disciplina transitoria
della quale si dirà tra breve.
Operano inoltre sia la regola della legittimazione assoluta, cosicchè la nullità potrà essere fatta valere da
chiunque vi abbia interesse (e tra i soggetti interessati non potrà non figurare il lavoratore stesso) sia
quella della imprescrittibilità della relativa azione di accertamento, con la conseguenza che non
potranno dirsi “stabili” i pagamenti effettuati sulla base di un contratto che non rispetti le prescrizioni
suddette.
Le perplessità che sorgeranno in merito a questa norma sono assolutamente prevedibili. La prima
domanda che l'imprenditore rivolgerà al suo consulente avrà ad oggetto la «forma» del contratto di
appalto, posto che la previsione di una “dovuta indicazione” farebbe ritenere che la carenza della forma
scritta valga a travolgere la validità della negoziazione realizzata. Ebbene, a rigore, non dovrebbe essere
così. La previsione dei costi diventa certamente elemento costitutivo della fattispecie, ma da qui a dire
che, implicitamente, il legislatore avrebbe introdotto il requisito della forma scritta per la validità del
contratto di appalto, il passo è tutt'altro che leggiadro.
In secondo luogo, ci si chiederà se l'indicazione di cui al comma 5 dell'art. 26 del decreto n. 81 del 2008
possa essere contenuta in un allegato. La risposta a tale quesito è contigua rispetto a quanto appena
detto in relazione alla forma. Anche qui l'applicazione dei principi generali potrà aiutarci a far giustizia
di alcuni dubbi. L'allegato ha, di regola, il medesimo valore di quanto contenuto nel corpo dell'atto,
purchè però il requisito di legge – e cioè il documento da cui risultano i costi sulla sicurezza – preesista
alla stipulazione del contratto di appalto. Sarebbe sufficiente anche la contemporaneità ma, nel caso in cui i
costi dovessero essere individuati durante lo svolgimento della fase della predisposizione delle clausole
del contratto di appalto (ipotesi che appare, a dire il vero, quantomeno remota, alla luce delle sue
difficoltà pratiche), è facile presumere che essi verranno inseriti nel corpo del contratto. Non è invece
idoneo a scongiurare la nullità, per quanto sopra detto, un documento successivo.
In ogni caso, quand'anche il contratto di appalto non rivesta forma scritta e benchè sia lecito presumere
che l'indicazione dei costi nelle forme di legge possa rivestire forma libera, nessun dubbio sorge sulla
circostanza che sarà sempre preferibile predisporre un documento da cui risultino i suddetti costi,
quantomeno al fine di beneficiare, in sede giudiziale, di uno strumento privilegiato per contrastare
un'eventuale azione pretestuosa.
Potrà infine generare delle legittime perplessità l'unica ipotesi di esclusione dell'obbligo de quo che si ha
nel contratto di somministrazione di “beni e servizi essenziali”.
3. Il contratto di appalto (o d'opera) stipulato dal committente-datore di lavoro: l'obbligo di
“allegazione” del DUVRI
Un obbligo ulteriore è stato imposto per il caso che il committente si avvalga di lavoratori.
A questa ipotesi, il legislatore del 2008 dedica i primi quattro commi dell'art. 26.
Soffermiamoci però, anche in questo caso esclusivamente sulle novità che da tale disciplina derivano in
materia contrattuale.
In capo a questo soggetto graveranno, infatti, una serie di obblighi che vanno dalla verifica dell'idoneità
dei soggetti di cui si avvale (comma 1, art. 26), alla cooperazione e al coordinamento con essi in ordine
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alla prevenzione e alla protezione dai rischi sul lavoro (comma 2, art. 26), per poi giungere ad uno
stringente regime di responsabilità solidale nel caso di mancato rispetto delle regole retributive,
previdenziali e assicurative (comma 4, art. 26).
In questa sede però ci si intende soffermare su una sola delle novità introdotte e cioè su quella di cui al
terzo comma dell'art. 26 del decreto n. 81.
Per comprendere appieno la portata di questa norma, bisogna premettere qualche breve riflessione sul
clima politico e sociale nel quale la riforma è stata meditata.
La cronaca quotidiana ha portato nuovamente alla ribalta il fenomeno delle cd. “morti bianche” cioè dei
decessi sui luoghi di lavoro.
Spesso si tratta di eventi che poco o nulla hanno di accidentale, risultando piuttosto il frutto dell'uso
sconsiderato ed illegale che, della manodopera, viene fatto da alcuni imprenditori senza scrupoli.
Di tale fenomeno, nonché della forte indignazione popolare che ne deriva, non poteva certo non tener
conto il legislatore che, in particolare, ha avvertito l'esigenza di disciplinare il fenomeno dei cd. «rischi
da interferenze».
Si hanno «rischi da interferenze» quando un soggetto si avvale, per la realizzazione di un'opera o di un
servizio, un altro imprenditore ovvero un lavoratore autonomo che si trova ad operare nelle stesse aree,
negli stessi uffici, con gli stessi impianti nei quali o con i quali lavorano i suoi stessi lavoratori.
Qualora si verifichi questa situazione, ai rischi «propri» connessi ad ogni appalto, si aggiungono n u o v i
rischi, detti «rischi da interferenze», derivanti appunto dall'interazione di più soggetti, dalla condivisione
dei luoghi, dei macchinari, ecc..
Il legislatore, già in sede di legge delega (il riferimento è ancora all'art. 3 della legge n. 123/2007 che ha
modificato il terzo comma dell'art. 7 della legge 626/94) aveva preso atto dell'esigenza di disciplinare i
«rischi da interferenze» cosicchè i relativi obblighi si trovano fedelmente riprodotti – con le dovute
specificazioni – nel decreto n. 81.
La novità di rilievo in materia contrattuale consiste nel fatto che al contratto di appalto o di opera dovrà
e s s e r e a l l e g a t o i l d o c u m e n t o u n i c o d i v a l u t a z i o n e r i s c h i (DUVRI) contenente le
misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i «rischi da interferenze»
(alternativa, quest'ultima, che rappresenta una novità rispetto alla legge delega).
Differentemente da quanto previsto in merito all'indicazione dei costi, l'obbligo di allegazione non è
assistito da una espressa previsione in termini di nullità del contratto, per il caso di inadempimento.
Ma è facile prevedere che, stante rilievo delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavori e stante
la regola della nullità virtuale, la medesima sanzione sarà applicabile anche alla violazione de quo.
A ben vedere, e come già anticipato in apertura, l'ambito di applicazione delle norme non coincide, nè
può, tra le due, individuarsi un rapporto definito di genere a specie.
Perchè operi l'obbligo di allegazione del DUVRI sono richiesti due requisiti.
Il primo requisito è di tipo soggettivo poiché tale obbligo grava solo sul datore di lavoro-committente
(anche nella forma del sub-committente).
Affinchè sussista questo obbligo è cioè necessario che si tratti di un imprenditore e che tale impresa
impieghi dei lavoratori.
Resterebbero, cioè esclusi dall'ambito di applicazione della norma i soggetti privati e gli imprenditori
che non impieghino lavoratori, secondo l'ampia accezione di lavoratore fornita dall'art. 2 lett. a) del
decreto n. 81.
C'è da presumere che l'individuazione della ratio della norma porterà ad escludere dal novero dei
soggetti tenuti al relativo obbligo anche gli imprenditori che, pur disponendo di dipendenti, appaltino
l'opera per finalità estranee all'attività d'impresa; situazione, questa, che scongiura il rischio da
interferenza.
Il secondo requisito riguarda il tipo di contratto stipulato, posto che non vi è coincidenza con le ipotesi
prima trattate con riferimento all'obbligo di indicazione dei costi relativi alla sicurezza.
Per l'obbligo di allegazione del DUVRI – il legislatore fa riferimento esclusivamente all'appalto (ivi
comprese le ipotesi di subappalto) ed al contratto d'opera.
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Non si fa, di contro, riferimento al contratto di somministrazione.
L'esclusione dell'onere di allegazione per il contratto di somministrazione genera certo qualche
perplessità. La prima parte della norma, facendo rinvio al comma 2 della stessa norma, sembra
richiamare anche il contratto di somministrazione.
Una lettura asettica della nuova disciplina porterebbe pertanto a supporre che nel caso di contratto di
somministrazione l'obbligo di redigere il DUVRI sussista, ma che non si renda necessaria l'allegazione
del relativo documento.
Allegazione che, di contro, è necessaria nel caso dell'appalto e del contratto d'opera.
4. La disciplina transitoria
Una notazione di grande rilievo pratico riguarda senz'altro la disciplina transitoria e dunque la sorte dei
contratti già stipulati alla data dell'entrata in vigore della nuova normativa (15 maggio 2008).
Nell'art. 26 il legislatore si è limitato a preoccuparsi delle sorti dei contratti che risultassero già stipulati
alla data dell'entrata in vigore della legge delega e cioè il 25 agosto 2007.
Nulla si dice degli altri contratti, ivi compresi di quelli stipulati successivamente al 25 agosto 2007,
seppur antecedentemente all'entrata in vigore del decreto n. 81.
Al riguardo, un aiuto può essere tratto da un'altra norma del decreto e cioè dall'art. 306 il quale
stabilisce che “Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28, nonche' le altre disposizioni in tema di
valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, previste dal presente decreto,
diventano efficaci decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale; fino a
tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti”.
Il legislatore cioè prevede un periodo di “tolleranza” di novanta giorni per consentire agli imprenditori
di aggiornarsi sulle nuove norme in materia di sicurezza.
E' quantomeno dubbio che tale tolleranza possa riguardare anche gli obblighi (di allegazione del
DUVRI e di indicazione dei costi) di cui all'art. 26, posto che quest'ultimo non fa riferimento nè all'art.
17, nè all'art. 28.
Si potrebbe ragionevolmente ipotizzare che si tratti di una semplice mancanza di coordinamento e che
il suddetto termine venga riconosciuto anche con riferimento ad essi.
Per fare il punto della questione, risulta dunque utile differenziare ciò che è indiscutibile, in quanto
espressamente imposto dal legislatore, da ciò che potrà essere oggetto di futuri dibattiti.
Ciò che è certo è che i contratti stipulati prima del 25 agosto 2007 dovranno essere aggiornati
esclusivamente nell'ipotesi in cui siano destinati a produrre effetti anche per l'anno a venire. Il termine
per procedere all'adeguamento è, in questo caso, il 31 dicembre 2008.
Egualmente certo è che, a far data dal 29 luglio 2008, tutti i contratti dovranno rispettare le nuove
norme.
Resta da stabilire cosa accadrà per i contratti stipulati medio tempore.
Il riconoscimento di un periodo utile all'adeguamento va probabilmente ammesso, come già paventato
in precedenza, anche a questa ipotesi, ivi comprendendovi l'operatività della sanzione della nullità.
In ogni caso, è bene provvedere, quantomeno entro il 29 luglio, al relativo adeguamento.
Successivamente – e ciò marcatamente per quel che concerne l'indicazione dei costi, essendo essa
prevista a pena di nullità – è lecito pensare che non saranno possibili ulteriori modalità di sanatoria del
vizio.
* Avv. Barbara Lombardo, collabora con un primario Studio Legale Milanese. Specializzata e dottorata in diritto civile
si occupa prevalentemente di contrattualistica e di consulenza alle imprese. Svolge attività didattica all'Università degli
Studi di Napoli "Federico II", collaborando con la cattedra di Diritto Civile del Prof. Biagio Grasso.
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