dottore, mi fa male quando cambia il tempo.

Dottore, mi fa male quando cambia il tempo!
Un noto gruppo di studio ha pubblicato recentemente un articolo in cui sono stati esaminate precedenti
ricerche, eseguite secondo i criteri suggeriti (spesso imposti) dalle società scientifiche, volte a valutare
l’effettiva influenza dei cambiamenti climatici sul dolore.
Il risultato è che non esiste una dimostrazione scientifica che il clima influenzi il dolore, ma non
esiste neanche prova che non lo possa fare.
Eppure il medico pratico, che lavora nella realtà quotidiana, sente ripetere continuamente questa frase
perchè molte persone convivono con questo problema: l’avvicinarsi di una perturbazione, oppure la
presenza del vento risvegliano un dolore che in altre situazioni era sopito o accentuano un dolore
preesistente; e non è pensabile, vista l’ampia diffusione, che sia tutto frutto d’immaginazione.
Ma perché succede?
Già nei tempi antichi il fenomeno era conosciuto, a cominciare dai cinesi che mettevano in relazione
molti disturbi con le influenze climatiche, per cui nei testi antichi troviamo malattie da freddo, da
vento, da calore, da umidità, da secchezza.
Ma anche gli egizi, e poi Ippocrate, Galeno e altri antichi scienziati, sottolineavano l’importanza dei
variazioni atmosferiche e consigliavano di soggiornare periodicamente in zone a clima più temperato.
E del resto io sento spesso persone che, spostandosi anche per pochi giorni dal clima sempre umido della
pianura padana a zone a clima più asciutto, immediatamente sentono alleviare i loro disturbi che
tornano poi, immancabilmente, dopo il rientro.
Oggi sappiamo che nel nostro corpo, in tutti i tessuti, sono presenti delle terminazioni nervose
sensibili agli agenti esterni: la pressione da contatto o da trauma, ma anche temperatura ed umidità,
ed è grazie a questi ultimi recettori che l’organismo mantiene stabile la temperatura corporea
mediante un complesso sistema neurovegetativo di regolazione.
Queste terminazioni nervose registrano le variazioni climatiche e consentono l’adattamento; tuttavia
questo adattamento può risultare difficile, soprattutto in caso di vento, freddo, umidità, quando:
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Vi è uno squilibrio del sistema neurovegetativo, in particolare (cito solo alcuni esempi):
-in presenza di cardiopatia ischemica, il freddo può accentuare la costrizione delle
coronarie, con aumento del dolore anginoso;
-in presenza di calcoli biliari o renali, il vento può scatenare una colica; ma il vento, già
da solo, può determinare correnti elettromagnetiche che provocano contratture
muscolari, specie nella parte alta del corpo
-in presenza di artrosi, l’umidità accentua la produzione ed il ristagno di liquido sinoviale
provocando tumefazione e dolore.
Le variazioni sono così rapide e drastiche da non permettere all’organismo di adattarsi.
Che cosa succede al nostro clima?
Qui voglio aprire un capitolo che ritengo importante, anche se ho l’impressione che da parte degli
studiosi e dei media non vengano date adeguate informazioni.
Da anni abbiamo notizia di fenomeni atmosferici sempre più intensi che si stanno verificando in ogni
parte del pianeta e che, almeno in certe zone, sono ancora considerati “normali”; tuttavia anche il
nostro continente è sempre più interessato da vere e proprie alluvioni, trombe d’aria ecc.
Vedendo i miei Pazienti sempre più in crisi per i loro dolori, dico loro che sono convinto che questa sarà
la tendenza futura, e che anche da noi i fenomeni andranno via via aggravandosi, e che il clima
mediterraneo somiglierà sempre più al clima tropicale.
Perché questi cambiamenti?
Quella che esprimo qui non è solo una mia opinione personale.
Quando a scuola la geografia era approfondita più di ora, si studiava l’anticiclone delle Azzorre, che
nella tarda primavera si posiziona sull’Atlantico e dovrebbe impedire alle perturbazioni di arrivare nel
Mediterraneo ma anche al nord Europa.
L’anticiclone delle Azzorre è alimentato dalla corrente del golfo, corrente tiepida che dal golfo del
Messico si dirige verso l’Europa settentrionale , portando aria temperata che poi si diffonde a tutto il
continente; la corrente del golfo, a sua volta, risente dell’influsso di quell’indescrivibile polmone verde
che è la foresta amazzonica.
Che cosa è cambiato?
La foresta amazzonica sta subendo uno scempio disastroso, erosa neanche tanto lentamente per la
costruzione di strade, approvvigionamento di legname, ricerche petrolifere: quindi la corrente del golfo
del Messico perde la sua intensità; come se ciò non bastasse, il disastro ecologico di alcuni anni fa,
causato dall’incendio della piattaforma petrolifera ha modificato radicalmente quell’ecoambiente,
causando un aumento della temperatura marina.
Le correnti d’aria fredda, scontrandosi con l’aria calda del golfo, provocano quei fenomeni importanti,
trombe d’aria, uragani, che anche negli Stati Uniti sono più frequenti di prima.
La corrente del golfo, impoverita e rallentata, non mitiga più il clima freddo del Nord Europa per cui
anche nel nostro continente scendono correnti fredde; ma intanto l’anticiclone delle Azzorre si è
ridotto notevolmente, sostituito da quelli provenienti dall’Africa, che portano aria molto calda e umida
sul Mediterraneo.
Anche in Europa, pertanto, si inizia ad assistere a violente perturbazioni dovute all’impatto fra aria
fredda del nord ed aria calda del sud; se ancora non assistiamo a veri e propri uragani è, a mio parere,
solo perché il Mediterraneo non è ancora abbastanza caldo.
Che cosa possiamo fare?
Ovviamente non esiste una cura contro il cambio del tempo, ma possiamo prevenire la comparsa di certi
disturbi evitando di esporci al vento, coprendoci adeguatamente quando è freddo; l’umidità è il fattore
climatico più difficile da combattere, in quanto penetra nei tessuti malgrado ci sforziamo di coprirci; e
proprio una caratteristica del nostro clima padano, qualunque sia la temperatura, è l’alto tasso di
umidità.
L’agopuntura ottiene validi risultati proprio perché si basa sullo stretto rapporto fra ambiente e
“microcosmo” umano: è descritto un sistema energetico detto “WEI QI”, energia difensiva, che
interviene proteggendo il corpo dagli attacchi degli agenti esterni; tra i tanti punti dell’agopuntura, ve
ne sono alcuni che agiscono disperdendo l’umidità, ed anche altri definiti proprio “punti vento”.
In campo farmacologico, a parte l’uso di analgesici ed antiinfiammatori “al bisogno” si può ovviare con
alcuni rimedi omeopatici come, ad esempio, Rhododendron e Dulcamara che hanno fra le loro
caratteristiche proprio l’azione sull’umidità.
Nell’enorme patrimonio della fitoterapia, sia orientale che occidentale, esistono erbe o piante, fra
tutte cito Zenzero e Cannella, che possiedono un effetto riscaldante.
Queste ed altre sostanze si possono trovare in forma singola o associate in ricette che il medico può
prescrivere come cura del sintomo o come prevenzione stagionale.
Localmente posso applicare impacchi di argilla come pure, nella tradizione popolare, è riportato l’uso
delle foglie di verza per espellere l’umidità locale in caso di artrosi ma anche di traumi.
Molto importante resta comunque l’attività fisica regolare, per la sua azione benefica sulla
circolazione e sul sistema neurovegetativo.
Infine un cenno sull’alimentazione: va da sé che occorre adeguare la scelta dei cibi alla temperatura
esterna; è ovvio non sarebbe utile mangiare il brasato in luglio o cibi freddi in inverno.
Frutta, e soprattutto verdura, devono essere il componente principale della nostra dieta, prediligendo
sempre cibi di stagione e possibilmente della zona; l’ideale sarebbe la frutta lontano dai pasti e la
verdura ad inizio pasto, perché favoriscono la produzione di prebiotici e probiotici, sostanze che
facilitano la digestione degli altri alimenti.
In caso di vento, limitare alcoolici e cibi piccanti, che possono sensibilizzare le terminazioni nervose; in
presenza di umidità, limitare i formaggi e sughi elaborati, tutti digeriti molto lentamente.
Meglio cotture a vapore, senza molti condimenti (sempre preferibile l’olio extravergine di oliva);
masticare lentamente perché la prima digestione avviene grazie alla saliva; bere molto poco durante il
pasto perché, così facendo, i succhi gastrici vengono diluiti e la loro azione diminuisce.