Capitolo 11
LA STATICA DEI FLUIDI
11.1
Introduzione.
Nei capitoli precedenti siamo giunti alla formulazione delle leggi fisiche che regolano il movimento dei
corpi. Tali leggi fisiche possono essere adoperate per un qualsiasi sistema, comunque formato, di punti
materiali o di corpi estesi. Nei capitoli precedenti, però, ci siamo limitati a trattare i solidi ed in
particolare i corpi rigidi. Vogliamo ora, invece, studiare gli altri stati di aggregazione della materia e
cioè i liquidi ed i gas, che vengono genericamente designati col nome di fluidi.
Dall’analisi microscopica sappiamo che tutti i corpi sono costituiti da un grande numero di piccole
particelle dette atomi. Tali particelle si aggregano tra di loro sino a formare molecole. Le molecole,
sinchè non si passa a trattare reazioni chimiche, possono essere considerate come unità fondamentali
ed indivisibili della materia.
Ne risulta che un qualunque sistema è costituito da un gran numero di particelle (molecole) che
interagiscono tra di loro e col mondo esterno. Per ognuna di queste particelle valgono le leggi della
dinamica e quindi, una volta note le forze di interazione che le varie molecole si scambiano e quelle
dovute all’ambiente esterno, è possibile descrivere il moto di tutte le particelle e da questo determinare
il comportamento del sistema.
Quando si ha a che fare con un solido occorre tener conto delle rigide interazioni tra le molecole e
quindi del fatto che le posizioni reciproche delle molecole sono fisse. Ciò permette la semplificazione
del problema ed infatti le sole equazioni che abbiamo scritto per descrivere i moti di un solido sono
l’equazione sul moto traslatorio del baricentro e quella del moto rotatorio intorno al baricentro.
Nel caso dei fluidi le interazioni tra le molecole non sono più cosı̀ forti e quindi le distanze tra le
molecole possono variare. Non è allora possibile adoperare la semplificazione del sistema rigido.
Una descrizione basata sulle equazioni del moto di ogni singola particella è però troppo complicata.
Infatti il numero di molecole costituenti un fluido è estremamente elevato (una mole di gas alla pressione
atmosferica ed alla temperatura ambiente contiene un numero di molecole pari al numero di Avogadro
NA = 6 × 1023 ) e quindi il sistema di equazioni da risolvere consta di un numero troppo elevato di
equazioni differenziali.
Va anche notato che, per la descrizione del comportamento macroscopico di un fluido, la conoscenza
del moto di ogni singola particella è eccessiva. In effetti non è possibile vedere le molecole e quindi
l’unica cosa che si osserva è il comportamento complessivo del fluido. Ne consegue che la tecnica di
studiare le singole molecole, oltre che tecnicamente impossibile, risulta anche inutile poichè offre più
conoscenze di quante ne occorrano.
Possiamo quindi dire che per studiare il moto di un fluido dobbiamo definire una nuova meccanica,
basata sulle leggi della meccanica dei solidi, ma con una tecnica elaborativa diversa. Tale meccanica
prende il nome di meccanica dei fluidi.
Un primo modo di affrontare il problema è quello di considerare che in realtà le grandezze osservabili
sono quelle complessive del fluido ovvero i valori medi assunti dalle diverse grandezze su tutte le
particelle del fluido. Una tecnica elaborativa è quindi quella di sfruttare le leggi della statistica per
poter dedurre, dalle condizioni cui è sottoposta ogni molecola, qual è il comportamento medio del
221
222
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
fluido. Tale tecnica porta alla costruzione della meccanica statistica. Vedremo un esempio di tale
tecnica quando tratteremo la termodinamica.
Un secondo modo di affrontare il problema, quello che qui di seguito utilizzeremo, è basato su
una analisi critica del significato di alcune grandezze fisiche ed in una loro traduzione in grandezze
analoghe ma più adatte a descrivere i sistemi fluidi.
Consideriamo quindi la posizione, la velocità e l’accelerazione. Nella meccanica dei solidi queste
tre grandezze vengono applicate ad un singolo punto ma nel caso dei fluidi abbiamo già detto che tale
trattazione non è desiderabile.
Nel seguito considereremo, a base della nostra trattazione, non singole particelle ma piuttosto
piccoli volumi contenenti un gran numero di particelle. Pertanto indicheremo la posizione, la velocità
e l’accelerazione di un volumetto infinitesimo di spigoli dx, dy e dz.
L’adoperare porzioni di fluido, ed il fatto che il fluido non necessariamente è omogeneo in tutte
le sue parti, porta ad utilizzare, al posto della massa, la densità di massa, ovvero il rapporto tra la
massa ed il volume che la contiene:
ρ=
dm
dV
Un discorso differente occorre per quel che riguarda la forza. Nel caso di un fluido il concetto stesso
di forza perde di senso poichè la caratteristica di una forza è quella di essere applicata in un singolo
punto, cioè su una singola molecola.
Nei solidi sono le interazioni molecolari a trasmettere questa forza, applicata ad una singola molecola, all’intero sistema ma nel caso dei fluidi la quasi non esistenza di interazioni molecolari impedisce
ciò. Ne consegue che se applichiamo una forza ad un fluido non provochiamo alcun effetto.
Un esempio di ciò può vedersi nel fatto che se prendiamo uno spillo e lo spingiamo contro un corpo
osserviamo che nel caso di un solido questo si muove mentre nel caso di un fluido, ad esempio se
spingiamo lo spillo in un bicchiere d’acqua, si muove soltanto lo spillo e non il fluido.
Ne risulta che, piuttosto che forze applicate su punti, occorre considerare forze applicate su
superfici. Solo queste, infatti, sono in grado di provocare moti nei fluidi.
E’ conveniente allora definire una nuova grandezza, detta pressione, che rappresenta il rapporto
tra la forza agente e la superfice su cui essa agisce:
p=
dF
dS
Data la pressione, si può poi calcolare la forza agente tramite la relazione inversa:
dF = p dS
ove l’integrale va esteso a tutta la superfice in esame. Se la pressione è costante su una superfice di
area S, si ottiene:
F =pS
Nel sistema MKS la pressione si misura in N/m 2 e tale unità di misura viene detta Pascal (Pa).
Nella pratica vengono utilizzate anche altre unità di misura e precisamente:
atmosfera
1 atm
= 1.0136 × 105 Pa
barie
1 bar
= 105 vPa
millimetri di Hg
1 mmHg = 1.33 × 102 Pa
Torricelli
1 torr
libbra su piede quadro 1 lb/ft2
= 1.33 × 102 Pa
= 4.88 Pa
223
11.2. I PRINCIPI DELLA FLUIDOSTATICA.
F2
F1
S1
S2
Figura 11.1: La pressa idraulica
11.2
I principi della fluidostatica.
Vogliamo ora illustrare alcune semplici leggi della statica dei fluidi. Considereremo cioè solo le situazioni nelle quali il fluido è in equilibrio statico, ed andremo a studiare gli effetti del mondo circostante
sul fluido.
11.2.1
Principio di Pascal.
Iniziamo col considerare un fluido non sottoposto ad alcuna azione esterna. In tal caso possiamo
mostrare sperimentalmente che la pressione che il fluido esercita in un punto non dipende nè dal
punto nè dall’orientazione della superfice. Questo è il cosiddetto principio di Pascal ed è alla base
della statica dei fluidi.
Una applicazione del principio di Pascal la si trova nella pressa idraulica. Questa è costituita da
una tubazione contenente un fluido non comprimibile.
La tubazione è costituita da due rami a sezione diversa. Ognuno dei rami è chiuso tramite un
pistone movibile. Ad uno dei pistoni viene applicata una forza F 1 che, applicata sulla superfice S1 del
pistone, eserciterà sul fluido una pressione:
p=
F1
S1
Tale pressione si propagherà indisturbata in tutto il fluido ed in particolare verrà anche esercitata,
tramite la superfice S2 , sul secondo pistone e quindi su questo verrà generata un forza F 2 , diretta dal
basso verso l’alto, pari a :
F2 = p S 2 =
F1
S2
S2 =
F1
S1
S1
Il torchio costituisce quindi una macchina semplice con guadagno pari al rapporto tra le sezioni
dei pistoni e pertanto può facilmente divenire molto vantaggiosa.
11.2.2
Principio di Stevino.
Consideriamo ora un fluido soggetto alla forza peso e determiniamo come tale forza peso modifica la
pressione all’interno del fluido.
A tale scopo consideriamo un fluido che riempie un recipiente. Di tale fluido prendiamo in esame
un volumetto dV i cui spigoli, rispetto ad un sistema di assi cartesiani ortogonali con l’asse x diretto
verso il basso ed il piano yz orizzontale, sono dx, dy e dz.
Poichè il sistema è in equilibrio (stiamo parlando di statica dei fluidi), avremo che la somma delle
forze esercitate sul volumetto deve essere nulla.
224
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
y
x
x+dx
z
x
Figura 11.2: Un cubetto di fluido all’interno di un recipiente contenente fluido.
Le forze agenti sono le forze di pressione esercitate dal fluido circostante e la forza peso. Consideramo dapprima le forze di pressione esercitate sulle facce verticali.
Tali forze sono uguali e contrarie a coppie poichè lungo gli assi y e z non agisce alcuna forza esterna
e quindi per il principio di Pascal le pressioni esercitate dal fluido devono essere uguali. Essendo uguali
anche le aree delle facce saranno uguali e contrarie le forze.
Ne consegue che le forze di pressione potranno essere diverse solo nella direzione verticale. Avremo
allora che, per l’equilibrio, dovrà essere che la forza agente sulla faccia inferiore (diretta verso l’alto)
sarà uguale alla forza peso sommata alla forza di pressione agente sulla faccia superiore (dirette verso
il basso).
In formula avremo:
p (x + dx) dy dz = p (x) dy dz + ρ g dx dy dz
ovvero:
dp = p (x + dx) − p (x) = ρ g dx
e quindi
dp
=ρg=γ
dx
In parole diremo che la pressione esercitata da un fluido aumenta man mano che si va in profondità
ed il gradiente verticale della pressione è pari al prodotto della densità per l’accelerazione di gravità
(tale prodotto prende il nome di peso specifico). Abbiamo ottenuto il principio di Stevino.
Applichiamo la formula ora ottenuta a due casi diversi: all’acqua ed all’aria.
Nel caso dell’acqua abbiamo a che fare con un liquido, con una sostanza cioè difficilmente comprimibile, e possiamo quindi ritenere costante la densità. Abbiamo allora:
∆p = p (x2 ) − p (x1 ) =
Z
x2
x1
ρ g dx = ρ g (x2 − x1 )
od anche
p (h) = p0 + ρ g h
ove p0 è la pressione al pelo libero ed h è la profondità.
Poichè la densità dell’acqua è ρ = 10 3 kg/m3 risulta che la pressione, all’interno dell’acqua, aumenta
di 1 atmosfera ogni 10 metri circa.
Questa sovrapressione dovuta al peso del liquido sovrastante prende il nome di pressione idrostatica.
Applichiamo ora il principio di Stevino all’aria, per calcolare la pressione al suolo dovuta alla
atmosfera terrestre. In questo caso il calcolo risulta abbastanza complesso poichè la densità dell’aria,
in quanto gas, non è costante ma dipende dalla pressione.
225
11.2. I PRINCIPI DELLA FLUIDOSTATICA.
Pressione (atm)
1.00
0.75
0.50
0.25
0
2000
4000
6000
8000
Quota (m)
Figura 11.3: Andamento della pressione atmosferica in funzione della quota.
L’atmosfera è una struttura abbastanza complessa e in essa variano continuamente sia i valori di
temperatura che quelli di densità. Per questo motivo occorre costruirsi un modello di atmosfera.
Supponiamo allora che l’atmosfera sia tutta a temperatura costante e che quindi la variazione
di densità sia dovuta soltanto alla variazione di pressione. Dalla legge di Boyle (che studieremo in
termodinamica) possiamo allora ricavare che il rapporto tra densità e pressione è costante, cioè:
ρ (h) =
ρ (0)
p (h)
p (0)
Invertendo il verso dell’asse x il principio di Stevino si scrive come:
ρ (0)
p (h) g dx
p (0)
dp = − ρ g dx = −
od anche:
ρ (0)
dp
=−
g dx
p
p (0)
ed infine, integrando dalla quota 0 alla quota h, si ha:
Z
p(h)
p(0)
dp
ρ (0)
=−
p
p (0)
Z
h
g dx = −
0
ovvero:
p (h) = p (0) exp −
ρ (0)
gh
p (0)
ρ (0)
gh
p (0)
Ricordando ora che:
p (0) = 1.01 × 105 Pa
ρ (0) = 1, 29 kg/m3
g = 9.81 m/s2
otteniamo:
h
p (h) = p (0) exp − 1.25 × 10−4 h
i
che esprime l’andamento della pressione nell’atmosfera in funzione della quota, mostrato in Fig. 1.3.
Questa formula è stata ottenuta con un modello abbastanza semplicistico dell’atmosfera ma non si
discosta molto, almeno per i primi kilometri, dall’andamento reale della pressione atmosferica.
Il principio di Stevino permette di costruire un semplice misuratore di pressione.
226
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
p
h
Figura 11.4: Il tubo manometrico
Consideriamo infatti un tubo, che chiameremo tubo manometrico, riempito da un fluido incompressibile avente densità ρ. Spesso il fluido adoperato è il mercurio per il quale risulta
ρHg = 1.35 × 104 kg/m3
Prendiamo ora il tubo e capovolgiamolo in modo che la parte terminale, chiusa, sia in alto e la
parte aperta sia invece immersa in un recipiente contenente lo stesso fluido. Accade che parte del fluido
inizialmente contenuta nel tubo esce da questo riversandosi nel recipiente ma in ogni caso l’altezza
raggiunta dal fluido nel tubo sarà superiore a quella raggiunta nel recipiente (vedi Fig. 1.4).
Determiniamo ora le condizioni di equilibrio all’interno del tubo, in corrispondenza del pelo libero
del fluido nel recipiente.
Per il principio di Pascal la pressione diretta dal basso verso l’alto sarà uguale alla pressione esercitata dall’alto verso il basso sul pelo libero del recipiente e quindi sarà pari alla pressione ambientale.
Invece la pressione esercitata dall’alto sarà pari, per il principio di Stevino, al peso della colonna di
fluido soprastante. Si ha quindi:
p (h) = p0 + ρHg g h
Poichè il tubo era inizialmente pieno e poi è stato capovolto in modo da non farvi entrare aria,
nella parte tra pelo libero superiore del mercurio e fondo della canna non vi è aria ma solo vapori di
mercuirio la cui pressione è però trascurabile. Possiamo pertanto scrivere p 0 = 0ed in definitiva
p = ρHg g h
che permette di misurare la pressione dell’ambiente per mezzo dell’altezza raggiunta nella canna dal
mercurio.
Se si elimina il recipiente e si considera un tubo piegato a forma di U con entrambe le estremità
aperte avremo che una differenza di pressione alle due estremità del tubo produrrà una differenza di
quota del mercurio nei due rami con:
p2 − p1 = ρHg g h
Tale dispositivo prende il nome di manometro differenziale mentre il primo viene detto manometro od anche barometro.
Adoperando un barometro a mercurio per misurare la pressione ambientale si trova che in corrispondenza della pressione standard di 1 atmosfera l’altezza del mercurio è:
h = 736 mmHg
227
11.2. I PRINCIPI DELLA FLUIDOSTATICA.
p1
p2
h
Figura 11.5: Il manometro differenziale
p(x)
p(x+dx)
Figura 11.6: Un cubo immerso in un fluido subisce l’azione di una presione dal basso e di una pressione
dall’alto
11.2.3
Il principio di Archimede.
Avendo visto come si influenzano le diverse particelle di un fluido possiamo iniziare a trattare il caso
di corpi immersi in un fluido. A tale scopo consideriamo un recipiente contenente un fluido a densità
ρ0 e sul pelo libero del quale agisca una pressione p 0 . All’interno di tale fluido sia immerso un corpo
che per semplicità supporremo di forma cubica, con spigoli dx, dye dz.
Affinchè il sistema sia in equilibrio occorre che la somma delle forze applicate al corpo sia nulla.
Sulle pareti laterali del cubo agiscono quattro forze di pressione che, per il principio di Pascal e
per la uguaglianza delle aree, sono a due a due uguali e contrarie e quindi la loro risultante è nulla.
Sulla faccia superiore agisce invece una forza diretta verso il basso e data da:
dFs = p(x) dy dz
mentre sulla faccia inferiore agirà una forza verso l’alto data da:
dFi = p(x + dx) dy dz
La risultante delle forze di pressione è allora diretta verso l’alto ed ha modulo:
dS = dFi − dFs = [p(x + dx) − p(x)] dy dz
che per Stevino si scrive
dS = ρ0 g dx dy dz = ρ0 g dV
228
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
r < r0
Il corpo galleggia
r = r0
Il corpo è dovunque
r > r0
Il corpo affonda
Figura 11.7: A seconda del rapporto tra densità del corpo e densità del fluido si ha che il corpo
galleggia, è in equilibrio dovunque oppure affonda.
ove con dV abbiamo indicato il volume del cubo. Questa forza prende il nome di spinta idrostatica.
Dalla sua formula possiamo dire che la spinta idrostatica è pari al peso del volume di fluido spostato.
Essa è applicata nel baricentro del fluido mancante.
Questo è il contenuto del principio di Archimede.
La spinta idrostatica deve bilanciare la forza peso che, indicando con ρ s la densità del cubetto, è
data da:
dP = ρs g dV
ed è applicata nel baricentro del corpo immerso.
Quando immergiamo un corpo in un fluido abbiamo quindi il bilanciamento di due forze: il peso
del corpo, applicato nel baricentro del corpo, e la spinta idrostatica, applicata del baricentro del fluido
mancante. L’equilibrio si avrà solo se le due forze sono uguali. Si possono pertanto avere tre casi:
a) ρs <ρ0 : il corpo è più leggero del fluido e quindi esso tenderà ad assumere una posizione tale da
non essere completamente immerso: il corpo galleggia sul fluido.
b) ρs =ρ0 : il corpo pesa quanto il fluido e quindi resterà in equilibrio in qualunque posizione viene
posto, purchè completamente immerso.
c) ρs >ρ0 : il corpo pesa più del fluido e quindi non si può mai ottenere l’equilibrio. Il corpo si
immerge sempre più nel fluido sino a raggiungere il fondo del recipiente.
Un esempio di applicazione del principio di Archimede lo si può avere dallo studio delle imbarcazioni
marine o degli aerostati. In tutti questi casi il posizionamento verticale del sistema è proprio basato
sull’equilibrio della spinta idrostatica e del peso del corpo.
11.3
Forze intermolecolari e tensione superficiale.
Sinora abbiamo studiato i fluidi senza interessarci della loro struttura interna poichè, come abbiamo
detto all’inizio, le sole grandezze che ci interessano sono quelle macroscopiche.
Esistono però dei fenomeni macroscopici che sono strettamente legati alla struttura microscopica della materia e che pertanto devono essere studiati osservando appunto le singole molecole che
costituiscono il sistema.
Sappiamo che la materia è costituita da molecole, strutture elettricamente neutre e di piccola
massa ma che tuttavia sviluppano delle forze di interazione che sono molto importanti per il verificarsi
di alcuni fenomeni fisici, anche nei fluidi.
229
11.3. FORZE INTERMOLECOLARI E TENSIONE SUPERFICIALE.
V
f
r0
r
r0
r
Figura 11.8: Andamento delle forze intermolecolari e del potenziale di interazione intermolecolare in
funzione della distanza
Consideriamo una molecola qualsiasi. Detta rla distanza a cui poniamo un’altra molecola risulta
che su questa agisce una forza il cui andamento in funzione della distanza r è del tipo illustrato dalla
curva f (r) indicata in Fig. 1.8. Poichè tale forza dipende solo dalla distanza possiamo determinare
l’energia potenziale V (r), anch’essa illustrata nella figura.
Dal grafico osserviamo che, sinchè una molecola si trova ad una distanza r > r 0 , la forza agente su
di essa è attrattiva.
Al contrario, se la distanza diviene minore di r 0 , la forza è fortemente repulsiva. Per tale motivo
la distanza r0 rappresenta il raggio molecolare ovvero la distanza a cui si pongono due molecole in
condizioni di equilibrio. Tale raggio è dell’ordine di 10 −10 m ovvero di 1Å.
La forza attrattiva tra due molecole tende a diminuire con la distanza tanto che per distanze
superiori a circa 10−7 m essa può ritenersi nulla. Tale distanza viene allora detta raggio d’azione
delle forze intermolecolari.
Data una molecola possiamo allora dire che essa subisce la interazione di tutte le molecole che
si trovano entro una sfera di raggio pari al raggio d’azione. Tale sfera viene detta sfera d’azione
molecolare.
Per semplicità di trattazione si usa dire che le forze molecolari scambiate da due molecole dello
stesso tipo sono forze di coesione mentre nel caso di molecole di tipo diverso si parla di forze di
adesione.
Consideriamo ora un liquido in un recipiente. Se prendiamo una molecola posta all’interno del
fluido abbiamo che tutta la sfera d’azione intorno a tale molecola è interna al fluido e pertanto esiste
una completa simmetria delle forze intermolecolari agenti sulla molecola. Ne consegue che la risultante
delle forze applicate alla molecola è nulla.
Al contrario se consideriamo una molecola vicina al pelo libero del liquido abbiamo che la parte
superiore della sfera d’azione di tale molecola è esterna al liquido. Pertanto non sarà più vero che ad
ogni molecola situata nella parte inferiore della sfera d’azione corrisponde una molecola, in posizione
simmetrica alla prima e situata nella parte superiore.
L’effetto di tale asimmetria è che sulla molecola vicina al pelo libero esisterà una componente
diversa da zero della forza risultante. In particolare tale forza sarà diretta verso il basso e quindi
le molecole del pelo libero del liquido possiederanno una energia potenziale di interazione molecolare
diversa da zero.
Nei capitoli precedenti abbiamo già detto che un sistema tende a disporsi nello stato di minima
energia e quindi abbiamo che un liquido tenderà ad assumere la minima superfice esterna compatibile
con il suo volume e col recipiente che lo contiene.
In altre parole possiamo dire che una qualunque sostanza possiede una energia potenziale costituita
230
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
Figura 11.9: Per una molecola totalmente immersa la risultante delle forze agenti è nulla al contrario
di quel che accade per le molecole sul pelo libero
F
F
dx
D
D
Figura 11.10: Un filo piegato ad U viene immerso in un fluido e poi tirato via. Una forza tende ad
allargare la lamina formata al fluido.
da due termini: il primo dipende dal suo volume (ad esempio l’energia gravitazionale) ed il secondo
dipende dalla sua superfice libera:
U =k V +τ S
Il coefficiente τ prende il nome di coefficiente di tensione superficiale del liquido in presenza
del gas sovrastante (in genere tale fluido è l’aria e quindi non viene presa in considerazione).
Un dispositivo molto semplice per studiare l’effetto della tensione superficiale è costituita da un
filo rigido piegato a forma di U con l’aggiunta di un filo rettilineo, detto cavalletto. Immergiamo
in un liquido il sistema costituito dal filo rigido e dal cavalletto. Estraendo dal liquido il nostro
corpo osserviamo la formazione di una lamina i cui bordi sono appunto costituiti dal filo rigido e dal
cavalletto.
Applichiamo ora una forza F al cavalletto nel tentativo di allontanare il cavalletto dalla base della
U. Sperimentalmente si osserva che, sinchè non si raggiunge una valore determinato della forza, non
si ha alcuno spostamento mentre per un valore specifico della forza si ha lo spostamento e per valori
della forza ancora superiori la lamina si spezza.
Analizziamo quantitativamente ciò che succede.
11.3. FORZE INTERMOLECOLARI E TENSIONE SUPERFICIALE.
231
La lamina è costituita da due superfici esposte (il piano superiore e quello inferiore) e quindi la
lamina possiede una determinata energia potenziale. Se vogliamo allontanare il cavalletto dal filo di
un tratto dx dobbiamo incrementare tale superfice esposta di una quantità:
dS = 2 D dx
ove D è la larghezza del cavalletto.
L’aumento di superfice esposta provoca una aumento dell’energia potenziale del liquido a spese del
lavoro compiuto dalla forza applicata. Abbiamo quindi:
dL = F dx = τ dS = τ 2 D dx
ovvero:
F =2D τ
che determina appunto il valore della forza per la quale si ha l’allargamento della lamina.
Per poter misurare la tensione superficiale di un liquido si usano contagocce, opportunamente
tarati. La grandezza di una goccia è infatti determinata dal bilanciamento tra forze peso e forze
di tensione superficiale. Ne consegue che, con opportune tarature, la misura del numero di gocce
formabili con un volume fisso da liquido permette la determinazione del valore di tensione superficiale
del liquido stesso.
Come abbiamo detto precedentemente la tensione superficiale fa sı̀ che un liquido tenda ad assumere la minima superfice esposta. Ciò, ad esempio, spiega la superficie piana assunta da un liquido
sottoposto alla sola forza peso e contenuto in un recipiente. In questo caso il bilanciamento della forza
peso e della tensione superficiale impongono una superfice piana, orizzontale.
Nel caso di un liquido non sottoposto ad alcuna forza peso, o quando la forza peso sia trascurabile,
si assume, invece, la forma sferica che appunto è quella cui corrisponde la minima superfice esposta in
relazione al volume.
Un esempio è fornito dalle bolle di sapone che assumono appunto una forma sferica.
Il caso della bolla di sapone permette di eseguire un semplice calcolo. Supponiamo di avere una
bolla avente raggio R e di voler aumentare tale raggio sino ad R + dR. Per far questo occorre
introdurre dell’aria all’inerno della bolla esercitando una pressione in modo da vincere le forze di
tensione superficiale.
Nell’aumentare di raggio la superficie esposta della bolla (sia la faccia interna che quella esterna)
che all’inizio è:
Si = 2 × 4 π R 2
diviene:
Sf = 2 × 4 π (R + dR)2 ' 2 × 4 π R2 + 2 × 8 π R dR
con un incremento dato quindi da:
dS = Sf − Si = 2 × 8 π R dR
mentre il volume aumenta da
Vi =
4
π R3
3
sino a
Vf =
4
4
π (R + dR)3 ' π R3 + 4 π R2 dR
3
3
232
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
con un incremento
dV = Vf − Vi = 4 π R2 dR
Anche qui il lavoro fatto per gonfiare la bolla deve uguagliare l’aumento di energia potenziale della
bolla e quindi:
p dV = τ dS
ovvero:
4 π R2 dR p = 2 × 8 π R dR τ
da cui otteniamo che la sovrapressione esercitata dalle forze di tensione superficiale è:
p = 2×2
τ
R
Abbiamo preferito lasciare in evidenza il primo 2 per ricordare che esso è dovuto alle due superfici
libere della bolla.
La formula cui siamo pervenuti è un caso particolare della formula di Laplace secondo la quale,
data una superfice curva, la sovrapressione dovuta alla tensione superficiale è data da:
p=
1
1
+
R1 R2
τ
dove R1 ed R2 sono i raggi dei due cerchi osculatori ottenuti intersecando la superfice con due qualsiasi
piani mutuamente ortogonali.
11.4
I menischi e la capillarità.
Nel paragrafo precedente ci siamo occupati di cosa accade al pelo libero di un liquido. In questo
paragrafo tratteremo invece le interazioni tra diversi fluidi.
Nel definire il coefficiente di tensione superficiale abbiamo notato come esso dipendesse dalla interazione tra due fluidi (nel caso più comune uno dei due fluidi è l’aria). Ne consegue che quando
poniano a contatto tre fluidi si genereranno tre distinte forze di tensione superficiale, una per ogni
coppia di fluidi.
Per l’equilibrio statico dovrà accadere che la somma di queste tre forze dia un risultato nullo e
pertanto le tre superfici dei fluidi, in corrispondenza del punto di contatto, si disporranno in modo
tale che le tre forze di tensione superficiale formino un triangolo chiuso.
Dalla definizione di tensione superficiale si può ricavare che le forze di tensione superficiale sono
proporzionali al coefficiente τ e che, d’altra parte, tali forze sono tangenti alle superfici di contatto tra
i fluidi.
Date tre sostanze possiamo allora costruire tre vettori, le cui direzioni siano tangenti alle tre
superfici ed i cui moduli siano proporzionali ai coefficiente di tensione superficiale.
Applicando al triangolo costituito dai tre vettori, il teorema dei seni si ricava che:
τab
τbc
τac
=
=
sin θbc
sin θac
sin θab
mentre d’altra parte deve risultare:
θab + θbc + θac = 2 π
Queste tre equazioni permettono di determinare i valori dei tre angoli e quindi la forma delle
superfici di contatto.
233
11.4. I MENISCHI E LA CAPILLARITÀ.
tac
qbc
qac
tab
qab
tab
tbc
qab
tbc
qbc
tac qac
Figura 11.11: Contatto tra tre superfici fluide
A titolo di esempio determiniamo i valori dei tre angoli per il caso di contatto tra tre diverse
sostanze aventi i seguenti valori dei coefficienti di tensione superficiale:
τab = 101.4 mJ/m2
τbc = 80.4 mJ/m2
τac = 31.9 mJ/m2
e quindi, detti θab l’angolo esprimente la porzione di spazio occupata dalla prima sostanza, θ bc quello
relativo alla seconda sostanza e θac quella corrispondente alla terza, si ha:
τac
τbc
τab
τbc
sin θab =
sin θbc =
sin θac
sin θac
θab + θbc + θac = 2 π
Questo sistema di tre equazioni può essere risolto con vari metodi, tra i quali uno dei più semplici
è quello numerico, basato cioè sulla prova ripetuta di diverse soluzioni sino ad ottenere una soluzione
abbastanza esatta. Tale tecnica è abbastanza semplice da adoperare specie se si può disporre di
calcolatori o di calcolatrici programmabili, in grado di eseguire rapidamente molti calcoli. Mostriamo,
a titolo d’esempio, una tecnica grafica con la quale si può ottenere il risultato di questo problema.
Nella Fig. 1.11 è appunto disegnato il caso numerico che qui vogliamo risolvere. Si osserva che gli
angoli θab e θac sono maggiori di 90 per cui si deve terner conto che nel calcolare il valore dell’arcoseno
si determina non il valore dell’angolo ma quello del suo supplementare.
Risulta allora che
Trasformiamo le precedenti equazioni in:
θab = π − arcsin
θbc = arcsin
τab
τbc
τac
τbc
sin θac
sin θac
θab + θbc = 2 π − θac
ed ancora, sommando la prima e la seconda
y = θab + θbc = π − arcsin
y = θab + θbc = 2 π − θac
per cui
τac
τbc
sin θac + arcsin
τab
τbc
sin θac
τab
τac
arcsin
sin θac − arcsin
sin θac − π + θac = 0
τbc
τbc
234
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
0.3
0.2
0.1
qac
0 120
130
140
150
160
-0.1
-0.2
q
q
Fa
Fc
Fa
FT
Fc
FT
Menisco concavo Menisco convesso
Figura 11.12: Un fluido a contatto di una parete solida: menisco concavo e menisco convesso
Ora tracciamo i due grafici delle due funzioni, al variare dell’angolo θ ac
Dal grafico possiamo vedere che la soluzione per l’angolo θ ac è θac = 138◦ . Possiamo allora ricavare
che
θab = 165◦
θbc =
57◦
θac = 138◦
Un caso particolarmente semplice ed anche molto utile nella pratica è quello di un liquido in
contatto con un gas e con un solido. In tal caso il problema si semplifica molto perchè una delle
superfici è fissa e quindi si riduce il numero delle variabili del problema.
In tal caso la superfice di separazione tra liquido e gas formerà un angolo, θ, con la superfice del
solido. Tale angolo prende il nome di angolo di raccordo. Se risulta che esso è inferiore a 90 ◦ si dice
che il liquido bagna il solido mentre se è superiore si dirà che il liquido non bagna il solido.
Il fenomeno può interpretarsi utilizzando la terminologia delle forze di coesione e di adesione.
Su una particella che si trova nello spigolo del liquido, vicino al pelo libero ed alla parete del
recipiente, agirà una forza di coesione F c che tende a tirare la particella verso l’interno del liquido ed
una forza di adesione Fa che tenderà a portare la particella verso la parete.
Se la prima forza è prevalente la forza totale F T sarà diretta verso l’interno e quindi il pelo libero
del liquido curverà in modo da ridurre al minimo il numero di particelle che bagnano la parete e si
avrà una concavità verso il basso: si parla di menisco convesso.
Se, al contrario, la forza di adesione prevale sulla forza di coesione la forza totale F T sarà diretta
235
11.4. I MENISCHI E LA CAPILLARITÀ.
p
R
p
h
2r
Figura 11.13: Il fenomeno della capillarità
verso l’esterno e pertanto la superfice del liquido piegherà facendo aderire il liquido alla parete: si ha
il menisco concavo.
Il caso tipico del liquido che bagna la parete è quello dell’acqua che, posto in un recipiente di vetro,
aderisce alle pareti. Al contrario se la poniamo in un recipiente di plastica vediamo che l’acqua tende
a formare delle goccioline, in modo da non bagnare la superfice del recipiente.
Il formarsi dei menischi provoca il verificarsi di un fenomeno, detto capillarità.
Se consideriamo un liquido all’interno di un recipiente vediamo che sulle pareti laterali si formano
le curvature dei menischi. Se il recipiente è abbastanza largo la superfice dei menischi è piccola ed il
liquido si dispone in modo che la parte centrale della la superfice libera sia piana. In tal caso la curvatura assume il valore infinito e, dalla formula di Laplace, vediamo che non vi è alcuna sovrapressione
dovuta alle forze di tensione superficiale.
Al contrario, se le dimensioni trasversali del recipiente sono molto piccole (in tal caso parleremo di
capillari) i menischi occupano tutta la superfice libera del fluido e quindi avremo che tutta la superfice
libera del fluido è curva. Se il capillare ha sezione circolare tale superfice libera sarà allora una porzione
di sfera, avente un raggio R che è legato al raggio r del capillare ed all’angolo di contatto θ tramite la
formula:
r
R=
cos θ
Dalla formula di Laplace avremo quindi la generazione di una sovrapressione ad opera delle forze
di tensione superficiale, data da:
p=2
τ cos θ
τ
=2
R
r
Tale sovrapressione sarà positiva se il liquido bagna la parete (θ > 90 ◦ ) e negativa se il liquido non
bagna la parete (θ < 90◦ ).
La sovrapressione p provocherà un innalzamento od un abbassamento del livello del liquido nel capillare, rispetto al valore atteso per il principio di Pascal, sinchè non si otterrà una pressione idrostatica
che bilanci tale sovrapressione. Risulterà allora che:
ρg h=2
τ cos θ
r
e quindi la variazione di quota sarà:
h=2
τ cos θ
ρgr
236
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
che esprime la legge di Jurin.
Tale variazione di quota risulterà in un innalzamento se il liquido bagna la parete ed in un
abbassamento se, al contrario, il liquido non bagna la parete.
Per fare un esempio numerico consideriamo il caso dell’acqua in un capillare di vetro. E’
τ = 73 × 10−3 J/m2
ρ = 103 kg/m3
e quindi, assumendo per θ un valore molto piccolo (come è realistico) si ottiene:
h = 15 × 10−6
1
r
per cui in un capillare avente un raggio di 0.1 mm l’innalzamento dell’acqua è di 15 cm.
237
11.5. ESERCIZI
11.5
ESERCIZI
Esercizio 11.1 :
All’interno di un cilindro di raggio r = 0.6 m esiste una pressione p 1 = 2000
2
N/m . Determinare quale forza occorre applicare per togliere il coperchio del cilindro se la pressione
esterna è p0 = 1 atm.
Esercizio 11.2 :
Una pressa idraulica è costituita da una leva che comanda un pistone. Idraulicamente collegato a questo pistone vi è poi un altro pistone che viene comandato a pressare. Si
supponga che il braccio motore della leva sia di b 1 = 0.7 m mentre il braccio resistente sia di b 2 = 0.1
m ed inoltre che il diametro del primo pistone sia d 1 = 0.01 m e quello del secondo sia d2 = 0.1 m. Si
determini il vantaggio complessivo di questa macchina.
Esercizio 11.3 : In una officina auto viene adoperato un sollevatore idraulico avente un vantaggio
V = 700. Determinare quale deve essere la forza da applicare per poter sollevare un’auto di massa
M = 889 kg.
Esercizio 11.4 :
Quale dovrebbe essere l’altezza dell’atmosfera se essa avesse dappertutto la
densità che ha al suolo (ρ = 1.29 kg/m 3 )?
Esercizio 11.5 :
Calcolare la pressione atmosferica ad una quota di 800 m.
Esercizio 11.6 :
Si calcoli la differenza di pressione idrostatica nel sangue di una persona alta
1.71 m, nell’ipotesi che la densità del sangue sia di 1060 kg/m 3 .
Esercizio 11.7 :
In una diga di larghezza L = 90 m, l’acqua ha una profondità H = 6 m.
Determinare la forza totale agente sulla parete della diga.
Esercizio 11.8 : Un manometro differenziale è riempito di mercurio (la cui densità è ρ m = 16.6×103
kg/m3 ). Da un lato del manometro viene versata dell’acqua, per una altezza h = 8.4 cm sopra il livello
del mercurio. Determinare di quanto sale, rispetto alla posizione iniziale, il livello di mercurio nell’altro
ramo del manometro.
Esercizio 11.9 :
Quale percentuale di un cubo di ghiaccio è immersa in acqua se la densità del
ghiaccio vale ρg = 920 kg/m3 e quella dell’acqua liquida è di ρl = 1030 kg/m3 ?
Esercizio 11.10 : Una sfera cava costituita da ferro, la cui densità è ρ f = 7.8 × 103 kg/m3 , ha il
raggio esterno R = 74 cm. Sapendo che esso galleggia sull’acqua, affiorando appena, si determini lo
spessore della sfera.
Esercizio 11.11 : Un dirigibile è riempito di idrogeno (gas con densità ρ i = 0.09 kg/m3 mentre
per l’aria è ρa = 1.29 kg/m3 ). Si determini il volume necessario affinchè il carico totale innalzabile sia
pari a 12 × 104 N.
Esercizio 11.12 :
Una bolla di sapone ha raggio r = 6 cm ed una pressione interna inferiore di
238
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
2.0 Pa rispetto a quella esterna. Determinare il valore della tensione superficiale.
Esercizio 11.13 :
Determinare quale deve essere il lavoro fatto per introdurre bolle di aria
nell’acqua, se tali bolle hanno un raggio r = 0.4 mm e la quantità totale di aria miscelata è di 2 cm 3
(la tensione superficiale dell’acqua è 0.0727 J/m 2 ).
Esercizio 11.14 : Determinare di quanto discende il livello del mercurio in un capillare di raggio
pari a 30 micron, supponendo che il mercurio non bagni assolutamente il vetro e sapendo che la
tensione superficiale del mercurio è τ = 0.465 J/m 2 e che la sua densità è ρHg = 1.35 × 104 kg/m3 .
239
11.6. SOLUZIONI
11.6
SOLUZIONI
Svolgimento dell’esercizio 11.1 :
La forza da applicare deve essere pari alla differenza di pressione tra interno ed esterno, moltiplicata
per l’area della superfice. Abbiamo quindi che, essendo:
p = 1 atm = 1.0136 × 105 Pa
è:
F = π r 2 (p0 − p1 ) = 11.23 × 104 Pa
Svolgimento dell’esercizio 11.2 :
Questa macchina è costituita dall’unione di due macchine semplici: la leva ed il torchio idraulico. Per
la leva il vantaggio è dato dal rapporto tra i due bracci mentre per il torchio è dato dal rapporto
tra le due aree dei pistoni, ovvero dal rapporto tra i quadrati dei loro diametri. Risulta quindi che il
vantaggio complessivo è:
b1 d1 2
= 700
V =
b2 d2
Svolgimento dell’esercizio 11.3 :
Poichè il vantaggio di una macchina non è altro che il rapporto tra la forza resistente e la forza motrice
si ha che la forza motrice è data dal rapporto tra la forza resistente ed il vantaggio. Si ottiene allora:
F =
P
M g
8890
=
=
= 12.7 N
V
V
700
Svolgimento dell’esercizio 11.4 :
Poichè stiamo supponendo che la densità sia costante possiamo applicare il principio di Stevino nella
sua formulazione per i fluidi incomprimibili:
p=ρg h
e quindi abbiamo
h=
1.0136 × 105
p
=
= 7857 m
ρg
1.29 × 10
ove si è tenuto conto che la densità dell’aria al livello del mare è pari ad 1.29 kg/m 3 .
Svolgimento dell’esercizio 11.5 :
Nel testo si è ricavato che la pressione atmosferica varia con la quota h secondo la legge:
p(h) = p0 exp(−1.25 × 10−4 h)
e quindi nel nostro caso è
p(h) = exp(−1.25 × 10−4 × 800) = 0.9 atm
Svolgimento dell’esercizio 11.6 :
Poichè il sangue è un liquido, cioè ha densità costante, possiamo scrivere:
p = ρ g h = 1060 × 10 × 1.71 = 18126 Pa
240
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
Svolgimento dell’esercizio 11.7 :
In questo caso, essendo l’acqua incompressibile, abbiamo:
p(x) = ρ g x
ove x è la distanza dal pelo libero dell’acqua.
La forza totale è allora:
F =
Z
H
p (x) dx = ρ g
0
Z
H
x dx = ρ g
0
"
x2
2
#H
=ρg
0
H2
= 14.4 × 106 N
2
Svolgimento dell’esercizio 11.8 :
La pressione dovuta alla colonna di acqua deve essere bilanciata dalla pressione dovuta all’innalzamento
del mercurio. D’altra parte occorre tener presente che, se da un lato il mercurio si innalza, dall’altro
esso si abbassa di una eguale quantità e quindi, detta ρ a la densità dell’acqua ed h il dislivello cercato,
è:
ρa g l = 2 ρ m g h
Si ha pertanto:
h=
ρa l
1
=
2 ρm
2 ρm
Svolgimento dell’esercizio 11.9 :
Detto Vg il volume del cubo il suo peso sarà:
Pg = ρ g g V g
mentre detto Vl il volume di acqua liquida spostata, ovvero il volume immerso, la spinta idrostatica
vale:
S = ρ l g Vl
Per l’equilibrio deve essere:
ρg g V g = P g = S = ρ l g V l
per cui:
Vl
ρl
920
=
=
= 0.89
Vg
ρg
1030
che rappresenta proprio la frazione richiesta.
Svolgimento dell’esercizio 11.10 :
Se la sfera galleggia vuol dire che il suo peso è pari al peso del liquido spostato, ovvero alla spinta.
Tale spinta è pari al volume della sfera per il peso specifico dell’acqua:
S=
4
π R 3 ρl g
3
mentre il peso della sfera, detto r il raggio interno, è:
P =
4
π R 3 − r 3 ρf g
3
241
11.6. SOLUZIONI
Per l’equilibrio tali forze devono essere uguali e quindi:
4
4
π R 3 ρl g = S = P = π R 3 − r 3 ρf g
3
3
che, semplificando, porta a:
R 3 ρl = R 3 − r 3
per cui:
r 3 = R3
ρf = R 3 ρf − r 3 ρf
ρf − ρ l
ρf
e, numericamente:
r=R
s
3
ρf − ρ l
= 0.74 ×
ρf
s
3
7.8 × 103 − 103
= 70.7 m
7.8 × 103
Svolgimento dell’esercizio 11.11 :
Occorre applicare il principio di Archimede, con l’aria atmosferica che spinge verso l’alto il dirigibile.
Il peso del dirigibile, idrogeno e carico, è:
P = ρi g V + C
mentre la spinta è:
S = ρa g V
Per l’equilibrio si deve avere:
ρa g V = S = P = ρ i g V + C
per cui
(ρa − ρi ) g V = C
e di conseguenza
V =
C
12 × 104
=
= 104 m3
(ρa − ρi ) g
(1.29 − 0.09) × 10
Svolgimento dell’esercizio 11.12 :
Per la formula di Laplace avremo che le due superfici libere della bolla generano una sovrapressione:
p=4
e quindi
τ=
τ
r
pr
2 × 0.06
=
= 0.03 J/m3
4
4
Svolgimento dell’esercizio 11.13 :
Poichè ogni bolla ha un volume:
v=
4
π r3
3
il numero totale di bolle formate è:
n=
V
3V
=
v
4 π r3
242
CAPITOLO 11. LA STATICA DEI FLUIDI
Il lavoro fatto per creare una singola bolla di raggio r, partendo da una bolla di raggio nullo, è
dato da:
L1 = τ S = 4 π r 2 τ
e quindi il lavoro totale è:
LT = τ S n =
3V τ
3 × 2 × 10−6 × 0.0727
=
= 1.1 × 10−3 J
r
4 × 10−4
Svolgimento dell’esercizio 11.14 :
La formula di Jurin va applicata tenendo conto che l’angolo di contatto vale 180 ◦ e quindi:
h=−
2τ
ρHg g r
Numericamente abbiamo:
h=−
1.35 ×
2 × 0.465
= 0.23 m
× 10 × 30 × 10−6
104