Michele Cicconetti

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ANALISI CONGIUNTURALE DELLE PRINCIPALI
VARIABILI MACROECONOMICHE DELLA SPAGNA
DI
MICHELE CICCONETTI
SOMMARIO: Introduzione (pag. 1) – Domanda aggregata (pag. 3) – Offerta aggregata (pag. 4) – Problemi politici (pag. 7) – Problemi economici (pag. 9)
L’ obiettivo principale del lavoro è presentare un’analisi congiunturale
della Spagna riferita ad un arco temporale che va dalla metà degli anni
2000 all’intero 2010, con un’accurata investigazione dei trimestri che lo
compongono, la quale permetterà di proporre una panoramica dello stato
di salute dell’economia spagnola.
Per svolgere tale compito si è fatto ricorso ai maggiori siti internet
a disposizione, in particolar modo quelli della Banca di Spagna dell’INE,
dell’istituto statistico spagnolo, della Banca Centrale Europea e dell’OCSE.
Non esigui sono poi i riferimenti ad importanti testate economiche
quali il Financial Times ed Il Sole 24 Ore.
Il metodo utilizzato è stato quello della ricerca e comparazione: da
una raccolta delle statistiche riferite alle variabili macroeconomiche esaminate si è passati, grazie all’uso di appositi grafici, al raffronto di questi
ultimi tra i vari anni e i vari trimestri, tracciando per ciascun istogramma
le relative considerazioni e conclusioni.
Normalmente per analisi congiunturale si intende l’osservazione del
presente in rapporto al recente passato, al fine di identificare la fase ciclica
caratterizzante il sistema economico e prevedere il punto di inversione
ciclica, attraverso l’ analisi delle seguenti variabili:
33
•
•
•
Reali
Monetarie
Finanziarie
Con il termine congiuntura si tende ad indicare la coesistenza, in ogni momento, di elementi diversi, la cui composizione dà luogo ad un’evoluzione o ad un fatto specifico.
Se dalla congiuntura in senso generale si passa alla congiuntura economica, allora questa può definirsi come il combinarsi, in ogni momento, di fenomeni socio-economici che determinano una particolare evoluzione del sistema economico.
Tale combinazione varia continuamente per il manifestarsi di nuovi eventi anche ad intervalli di tempo molto ravvicinati, sicché ogni congiuntura economica può essere diversa dalla precedente e produrre, quindi, evoluzioni e tendenze differenti.
Questa estrema variabilità nelle combinazioni di eventi, unita allo stretto
legame istituito tra tendenza (futuro) e combinarsi di eventi (passato), implica che ogni congiuntura economica racchiuda in sé prospettive diverse
ed incerte, vere, quindi, solo al momento in cui si determina quella specifica combinazione di eventi.
Nellacongiuntura,ilpassatorecente(ossiailmodoincuisisonocombinatii
fenomenisocio-economici)sifondecontinuamenteconilfuturoprossimo(ossia
con la evoluzione che si determinerà nel periodo immediatamente successivo).
In effetti la congiuntura economica è essenzialmente analisi del «presente», ossia di quel momento temporalmente indefinibile, certamente mai fisso, punto di congiunzione mobile tra il passato ed il futuro.
Questa forte attenzione al presente fa dell’analisi congiunturale una scienza delle decisioni, contrariamente a quanto è solito pensare chi considera
un congiunturalista come un mero osservatore di fenomeni sui quali non si
è in grado di intervenire.
Come precedentemente affermato, l'analisi congiunturale si basa
soprattutto sull'identificazione della fase ciclica di un sistema economico;
tale ciclicità è caratterizzata al suo interno da 4 momenti, che individuiamo come ripresa, espansione, recessione e depressione, e 2 punti di svolta,
precisamente il picco ( peak ) e la valle ( trough ).
34
Tra un picco e una valle abbiamo una situazione di recessione e
depressione, mentre tra una valle e un picco troviamo una situazione di
ripresa ed espansione.
Una variabile che risulta necessario introdurre ai fini di un più accurato raffronto è l'output gap, il quale misura lo scostamento tra reddito
effettivo e reddito potenziale (o di pieno impiego).
In questo contesto, se il gap è negativo avremo una capacità produttiva sottoutilizzata (quindi vi sarà presenza di disoccupazione); se invece
il gap dovesse essere positivo, avremo una capacità produttiva sovrautilizzata (quindi saremo in presenza di una tensione sul mercato del lavoro).
Fonti: Proff. D. Delli Gatti, G.Femminis, M. Lossani (ITEMQ Università
Cattolica)
Dopo aver accennato ad alcune nozioni di base per meglio comprendere il presente lavoro, si passerà ora ad un'analisi più dettagliata dell'economia e dell'analisi congiunturale del sistema economico spagnolo.
Per parlare di analisi congiunturale e trarre le debite conclusioni è
opportuno dapprima prendere in esame le variabili che portano al nascere
di tale congiuntura, ovvero:
•
•
la domanda aggregata
l’ offerta aggregata
LA DOMANDA AGGREGATA
La domanda aggregata rappresenta la domanda di beni e servizi formulata dal
sistema economico nel suo complesso, in un certo periodo temporale;
come tale essa rappresenta la potenzialità di sfruttamento della capacità
produttiva globale di un certo sistema economico.
Essa è anche nota come domanda effettiva, ed è spesso designata
con la sigla AD (acronimo dell’inglese aggregate demand)
Questa variabile macroeconomica presenta al suo interno altre
quattro variabili, che in modo più o meno consistente, contribuiscono alla
sua costituzione. Esse sono:
35
A) Consumi (C)
I consumi, che rappresentano il 70% del totale della domanda aggregata,
sono influenzati positivamente dal reddito disponibile (cioè al netto delle
imposte) e dalle aspettative di reddito (disponibile) futuro e negativamente dal tasso di interesse. Essi, inoltre, possono essere divisi in consumi
pubblici e privati.
B) Investimenti (I)
Gli investimenti sono composti dall’acquisto di macchinari e attrezzature
da parte delle imprese. Essi sono normalmente influenzati positivamente
dal reddito futuro atteso e negativamente dal tasso di interesse. Possiamo
dire inoltre che rappresentino il terzo elemento in ordine di importanza e
di volumi quantitativi nella composizione della domanda aggregata, dato
che il loro valore si aggira intorno al 12% del totale.
C) Spesa Pubblica (G)
La spesa pubblica, la quale altro non è che l’insieme di beni e servizi acquistati dallo Stato e dalle pubbliche amministrazioni, costituisce il 15% della
domanda aggregata, andando così a costituire il secondo elemento più
influente dopo i consumi.
D) Esportazioni Nette ( NX=EX-IM)
Infine le esportazioni nette sono costituite dalle esportazioni spagnole al
netto delle importazioni. Le esportazioni dipendono positivamente dal
reddito “del resto del mondo” e le importazioni positivamente dal reddito
del paese interno, componendo circa il 3% della domanda aggregata. Inoltre le esportazioni e le importazioni dipendono anche dalla competitività
delle merci nazionali, misurata dal tasso di cambio reale (RER = real
Exchange rate).
36
Se il RER aumenta, si deprimono le esportazioni, si incrementano
le importazioni e di conseguenza si riduce NX.
L'OFFERTA AGGREGATA
La seconda variabile macroeconomica che compone il quadro è l’offerta
aggregata. Essa rappresenta l’ammontare di output che le imprese sono disposte a produrre (tale livello di output è il PIL dal punto di vista dei
produttori di beni e servizi finali); in ultima analisi rappresenta la capacità
produttiva di un sistema economico nel suo complesso.
L’offerta aggregata è influenzata positivamente dal tasso di inflazione, quindi graficamente è rappresentata da una retta crescente, che prende
il nome di retta AS (acronimo dell’inglese aggregate supply), la quale lega
l’inflazione all’output.
Giunti sin qui, risulta ora possibile esaminare le variabili macroeconomiche che determinano l’offerta aggregata; esse sono due, e
precisamente:
A) Prezzi delle materie prime
I prezzi delle materie prime sono i prezzi collegabili a quei materiali che
stanno alla base della fabbricazione e della produzione di altri beni, normalmente manifatturieri, tramite l’utilizzo di opportune lavorazioni e opportuni processi industriali che permettono di ottenere il prodotto finale.
B) Salari
Il salario è il compenso o retribuzione ricevuto da un lavoratore dipendente per le proprie prestazioni professionali.I salari sono da sempre una delle
principali grandezze macroeconomiche utilizzate per effettuare un’accurata analisi congiunturale: in particolare esso appare di vitale importanza
nel determinare l’offerta aggregata.
Dall’intersezione dell’analisi dei prezzi delle materie prime e dei
salari possiamo giungere alla più importante analisi dell’inflazione (la
quale si definisce come l’aumento costante dei prezzi dei beni e dei ser37
vizi che riducono il potere d’acquisto). Il dato riguardante l’inflazione è
molto importante perché rappresenta una delle variabili chiave dell’economia e perché attraverso di essa è possibile analizzare lo stato di salute
di quest’ultima. Si stima infatti che una corretta inflazione sia quella che
si attesta al 3%, dal momento che un valore eccessivamente alto o basso
di essa potrebbe generare problemi. Se l’ economia possiede un’inflazione
al di sotto del 3%, non cresce, mentre se è al di sopra di tale soglia vede
aumentare i prezzi dei prodotti in modo spropositato.
In Spagna l’inflazione ha avuto il seguente andamento:
Fonte: www.ecb.int
Dal grafico si evince come nel 2000 e nel 2002 il tasso di inflazione
risulti più alto del livello base del 3%. In questa situazione l’indice dei
prezzi dei beni e servizi aumenta (non per la crescita
dell’economia, bensì a causa dell’ inflazione), creando uno scompenso con i salari. Negli anni 2001, 2003, 2004 e 2006 l’inflazione presenta
invece un valore che si attesta sul livello del 3%, denotando quindi un sostanziale sviluppo dell’economia, in cui salari e prezzi di beni e servizi crescono alla pari. In questo contesto fanno eccezione le statistiche del 2005,
in quanto mostrano un’inflazione del 3,7 %, ripresentando una situazione
simile a quella del 2000 e del 2002. Successivamente, con l’avvento della
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crisi, il tasso di inflazione crolla dapprima all’ 1,4% nel 2008 e poi allo 0,9
% nel 2009. Con un tasso di questo genere l’economia sperimenta una crescita pari a zero, causando quindi un immobilismo economico. Nel 2010
infine, il livello di inflazione è tornato a valori ottimi (3%), riportando così
una crescita pari a quella che si è avuta negli anni centrali del decennio.
La presente analisi, ovviamente, non si esaurisce con lo studio e l’elencazione delle variabili che compongono la domanda e l’offerta aggregata, ma intende anche offrire uno sguardo circa le opinioni e la percezione
che la popolazione spagnola manifesta con riguardo alle questioni odierne
più importanti, ossia quelle relative alla politica e all’economia.
Grazie alle statistiche rese disponibili dal CIS (Centro di Investigazione Sociale spagnolo) relative al mese di dicembre 2010, è possibile costruire un prospetto di tale percezione, distinguendo i principali problemi
affrontati dalla Spagna in:
•
problemi politici
•
problemi economici
PROBLEMI POLITICI
Per quanto concerne la politica, ci si trova oggi di fronte ad una situazione
molto precaria, dal momento che l’indice di fiducia nei confronti sia del
governo sia dell’opposizione (ma forse, più in generale, della politica tutta), è
ai minimi storici. Infatti solo il 31,5% del campione in esame pensa che i politici spagnoli stiano svolgendo diligentemente il proprio compito; sempre
secondo la popolazione intervistata, il 30,8 % pensa che il governo di Zapatero stia svolgendo a pieno il proprio mandato mentre, per quanto riguarda
l’opposizione, i dati sono leggermente più alti e si stabiliscono al 32,2%.
Tutto questo è indice di un sostanziale allontanamento della popolazione dalla classe politica e dalle decisioni da essa adottate; ciò comporta
una conseguenza ancor più grave, ossia che la stragrande maggioranza
della popolazione non si identifica con i propri rappresentanti politici e
ciò non può che rappresentare un problema rilevante per una democrazia
come quella della Spagna.
39
Uno dei motivi principali di questo forte malumore è rappresentato
dall’elevato debito pubblico che si è innalzato in forma esagerata a partire
dal 2008 e sino ad oggi, ma anche dal malcontento per come è stato investito il denaro della spesa pubblica, tenendo conto che quest’ultima è una
della principali variabili che compongono il debito pubblico.
Infatti:
ANDAMENTO SPESA PUBBLICA E DEBITO PUBBLICO
(a.b. 2001)
70
60
%
50
40
30
20
10
0
2004
2005
2006
2007
SPESA PUBBLICA
2008
2009
2010
DEBITO PUBBLICO
Fonte: www.bde.es
Negli anni antecedenti la crisi, debito e spesa pubblica mantengono
le stesse percentuali, anche se con andamenti diversi. Dallo scoppio della
crisi, invece, assistiamo ad una vera e propria biforcazione dal momento che il debito pubblico aumenta in maniera spropositata (superando il
60%), a causa della necessità di finanziamento della Spagna. La spesa pubblica si attesta invece su valori meno accentuati.
Il debito pubblico, che la BCE stima essere di 611,19 milioni di
euro, ha subito cosi un rapido aumento a causa delle misure di stimolo
dell’economia, della maggior spesa per gli assegni di disoccupazione,
ma anche a causa delle spese per le regioni. Tutto ciò ha comportato un
rialzo della morosità dei crediti concessi dalle banche, dalle cajas e dagli
istituti fi nanziari ai privati e alle aziende. (Fonti: www.eleconomista.com www.ilsole24ore.com).
40
Una simile situazione certamente non si è generata dal nulla, ma è
sorta a causa di innumerevoli difficoltà che la classe politica non è riuscita
a fronteggiare, come ad esempio l’elevata evasione fiscale e la perdita di
molti diritti dei lavoratori, la quale a sua volta ha portato ad una forte
insicurezza per l’orizzonte lavorativo e quindi minori consumi.
Di fatto quest’ultimo problema è l’anello di congiunzione tra le questioni politiche e le questioni economiche.
PROBLEMI ECONOMICI
Venendo ora all’analisi di ciò che la popolazione giudica essere, con il
52% delle preferenze, il più impellente problema della Spagna, ovvero
quello economico (ricordiamo poi che per il 19,3% il secondo più grave
problema è quello politico), le statistiche a noi fornite dicono che solo il
30,9 % degli intervistati mostra fiducia nell’economia spagnola, mentre,
a detta del 39,7% del campione, la situazione economica potrà avere un
risvolto positivo in futuro. Questa sfiducia deriva molto dall’insicurezza
nel campo lavorativo. A tale proposito riportiamo le statistiche relative al
numero e alle tipologie dei contratti di lavoro:
TIPOLOGIE DI CONTRATTO LAVORATIVO
14000
11543
migliaia di persone
12000
9944
10333
11801
11698
11533
11541
10691
11507
11514
10000
8000
6000
4777
5169
5517
5307
4880
3982
4000
3721
3822
3950
3800
Q1 10
Q2 10
Q3 10
Q4 10
2000
0
2004
2005
2006
2007
2008
CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO
Fonte: www.cis.es
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2009
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
Dal grafico riportato è possibile notare come i contratti a tempo
indeterminato crescano sino alle soglie della crisi, momento in cui viene
raggiunto il picco (2008), per poi diminuire fino alla fine del quarto trimestre del 2010 senza raggiungere il punto di valle. Questo andamento
sta ad indicare che, con l’ avvento della crisi e con l’instabilità ad essa
connessa, molti dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono
stati licenziati. Licenziamenti ancor più frequenti se si considerano i contratti a tempo determinato: essi, come i primi, aumentano sino al 2006,
diminuiscono nei successivi due anni, crollando in maniera inequivocabile
nel 2009. In questo caso il numero di licenziati è in proporzione maggiore perché, nella logica del mercato, in un momento di difficoltà i primi
a perdere il posto di lavoro sono coloro che possiedono un contratto a
tempo determinato. È tuttavia opportuno precisare che l’aumento di tale
tipologia contrattuale non è di per sè un fattore positivo poiché è sempre
sintomo di instabilità lavorativa e sociale per il lavoratore. Sempre per
quanto riguarda i contratti a tempo determinato, caso a sè è costituito dal
terzo trimestre (qui è stato riportato quello del 2010, ma più in generale
ci si riferisce ai Q3 dei vari anni), poiché esso è incentrato sui mesi estivi,
in cui sovente si procede ad assunzioni stagionali le quali si esauriscono
appunto con la chiusura della stagione.
In particolar modo tale perdita di fiducia è attribuibile al fatto che
oggi le banche non svolgono più la loro funzione sociale, quella cioè di
prestare denaro ai risparmiatori; inoltre di grande importanza attuale è i
tema delle cajas de ahorros (istituti di risparmio non quotati).
Infatti le cajas, dopo aver attinto dallo Stato milioni di euro grazie
al FROB (Fondo per la Ristrutturazione e Ordinazione Bancario), a causa
delle ricapitalizzazioni imposte dal sistema bancario si stanno oggi trasformando in banche private. Il problema sorge proprio a questo livello
poiché, trasformandosi in enti privati, possono essere acquisiti da gruppi
di maggiori dimensioni, sempre privati, dopo che per anni hanno prosperato grazie al denaro statale.
Un ruolo non trascurabile in tale prospettazione è poi quello rivestito dal peso attribuito alle imprese per il crollo della fiducia nei confronti
del settore economico.
Infatti la colpa che più frequentemente viene loro imputata è quella
di aver promosso e attivato un sistema nel quale si lavora per più ore,
42
percependo tuttavia un salario minore. Tutto ciò ha portato ad un’elevata
perdita della produttività, la quale a sua volta ha contribuito ad accrescere
gli effetti della crisi in atto in questi anni.
Tutti i fattori di crisi che si sono presentati nel corso degli ultimi
anni hanno portato alcuni settori ad affrontare, più di altri, una serie di
difficoltà, come si tenterà di argomentare nel prosieguo.
Nella fattispecie ci apprestiamo ad analizzare l’andamento macroeconomico che i settori in difficoltà hanno avuto nel corso degli ultimi
cinque anni.
Per quanto riguarda i settori in crisi al momento, possiamo annoverarne fondamentalmente tre:
•
•
•
Settore auto
Settore edilizio
Settore del turismo
1. SETTORE AUTO
Il settore automobilistico, a differenza di quanto si possa ritenere, rappresenta una delle attività più importanti per l’economia iberica; questo
perché, anche se la Spagna non possiede grandi case automobilistiche, 8
macchine su 10 in circolazione in Europa sono di costruzione spagnola.
Molte sono infatti le case automobilistiche europee che pongono le proprie fabbriche di produzione in territorio spagnolo.
Oggi però il settore automobilistico, sebbene abbia ricevuto sussidi
dal proprio governo (in special modo nel 2008, nel 2009 nel 2010, come
mostra il grafico sulla spesa pubblica) al pari di Italia, USA e Germania,
ha sperimentato una drastica perdita di punti percentuali per quanto riguarda le immatricolazioni, sia in Spagna che in Europa (come mostra il
grafico di seguito riportato, riferito ai quattro trimestri del 2010):
43
Fonte: www.bde.es
Come si può vedere, le immatricolazioni di auto prodotte in Spagna
hanno, nel 2008 e nel 2009, patito in modo drastico la difficile congiuntura economica; difatti entrambe le statistiche, negli anni considerati, hanno
valori che si aggirano intorno al 20%. Nel 2010, invece, le immatricolazioni riprendono ad assumere valori positivi, arrivando nel primo trimestre
al proprio picco; negli altri nove mesi esse scendono di nuovo, dapprima
mantenendo percentuali positive, per poi tornare a valori negativi nel Q3
e nel Q4. Praticamente il sistema di immatricolazione di auto di produzione spagnola in Spagna e in Europa ha lo stesso andamento, l’unica
distinzione essendo il livello delle percentuali, sempre più alte (sia con il
segno positivo che con il segno negativo) in tutti i periodi di tempo esaminati, eccezion fatta per il 2008. Inoltre il grande balzo in avanti che le
immatricolazioni in Spagna riportano rispetto alle altre immatricolazioni,
è da ricollegarsi agli ingenti sussidi che lo Stato ha concesso a tale settore,
per sopperire alla crisi: esso infatti era solito erogare un contributo di
2000 euro per la rottamazione delle auto usate. Questi sussidi vanno sotto
il nome di PLAN 2000E.
2. SETTORE EDILIZIO
Anche se più volte è stato citato precedentemente, l’analisi del settore edilizio merita ulteriori approfondimenti.
44
Anzitutto, per poter disporre di dati concreti, si può richiamare il
grafico che prende in esame l’andamento dei salari.
Il settore edilizio è stato sicuramente quello che più di tutti ha sofferto e sta soffrendo la crisi perché, come è stato affermato dalle maggiori
istituzioni in materia economica, nel corso dell’ultimo decennio si è assistito ad una vera e propria speculazione edilizia, terminata con l’esplosione della bolla del settore immobiliare scoppiata nel 2007.
La crisi del settore immobiliare dapprima ha colpito l’edilizia abitativa di tipo residenziale, per poi passare al settore degli immobili ad
uso commerciale. Dal 2008 inoltre, la Banca di Spagna è impegnata nel
valutare l’affidabilità creditizia di 50000 piccoli imprenditori e di circa 15
imprese di più grandi dimensioni.
Si pensa che i prestiti concessi potrebbero presto trasformarsi in
debiti inesigibili, le stime abituali valutando questo danno compreso tra i
40 e i 90 miliardi di euro.
Tale difficile situazione è riassumibile con le statistiche seguenti,
che riportano le percentuali del settore dal 2006 (anno precedente lo scoppio della bolla) al 2010:
Fonte: www.bde.es
45
Sebbene nel precedente grafico siano riportati ben quattro diversi
rami del settore delle costruzioni, la sua analisi può essere condotta in
modo unitario, dal momento che l’andamento nei quattro ambiti in esame
è identico, cambiando ovviamente le percentuali.
Assistiamo, nell’intero settore, ad un progressivo crollo del numero
delle costruzioni, in particolare per quanto riguarda le abitazioni, le quali
raggiungono per prime statistiche negative, arrivando nel Q1 del 2010 quasi
a -60%. Proprio in questo trimestre tutti e quattro i rami di costruzione
toccano il loro punto a valle per poi giungere immediatamente nel Q2 ai rispettivi picchi, tutti con percentuali negative ad eccezione delle costruzioni
industriali. Nel terzo trimestre i dati tornano ad essere negativi, maggiorandosi ancor di più nell’ultimo trimestre esaminato, Emerge qui un dato
interessante: il ramo delle costruzioni abitative, dopo aver toccato il suo
secondo punto minimo nel Q3, riprende a salire, in contrasto con gli altri
settori, con percentuali discrete (che si aggirano intorno al 15%) nel Q4.
Il ramo delle costruzioni ha sempre rappresentato un’attività molto
importante e di peso per l’economia iberica poiché costituisce all’incirca il
10% del PIL, secondo solo ai servizi (65% del PIL) e all’industria (11,5%
del PIL). Certamente anche in questa circostanza si è registrata un’evoluzione temporale, come si può notare di seguito:
PESO DEL SETTORE EDILIZIO SUL PIL (a.b. 1997)
12
10
%
8
6
4
2
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Q1 10 Q2 10 Q3 10 Q4 10
% SETTORE EDILIZIO NEL PIL
Fonte: www.oecd.org
46
Si è passati infatti dal 7,8% del 2000 al picco del 10,4% nel 2006,
all’8,2% del quarto trimestre del 2010. Il dato interessante è che dallo
scoppio della crisi, il peso del settore delle costruzioni sul PIL è andato
ovviamente diminuendo a vantaggio del settore agricolo, il quale negli ultimi anni ha acquistato sempre maggiore importanza. (Fonte: www.ft.com)
3. SETTORE TURISTICO
In conclusione un’opportuna analisi deve essere svolta anche con riguardo
al settore turistico. Esso rappresenta, o meglio rappresentava, una delle
forze trainanti dell’economia iberica, in particolar modo nel periodo estivo e nelle zone turistiche, divenute negli anni vere e proprie mete di culto.
FLUSSI TURITICI
centinaia di persone
60000
58004
58666
57192
58000
56000
54000
52178
52665
2009
2010
52000
50000
48000
2006
2007
2008
FLUSSI DI ENTRATA
Fonte: www.tourespain.es
Anche se i flussi turistici restano comunque elevati (si ricordi che la
Spagna è stata nel 2007 il secondo paese al mondo, dopo la Francia, per
flussi turistici in entrata grazie ai suoi 60 milioni di ingressi), essi hanno
subito un’inflessione nel corso degli ultimi due anni, a causa più della crisi
degli altri paesi che ai problemi inerenti alla penisola iberica, dato che la
maggior parte dei visitatori proviene dall’estero.
47
Il grafico riporta l’andamento del turismo che, come già affermato,
mantiene sempre ottimi valori, soprattutto considerando il trimestre dei
mesi estivi, ma che ha subito una fortissima inflessione nel 2009 e nel 2010.
Come si può infatti vedere, i flussi di entrata sono elevati sia nel 2006 che
nel 2007; nel 2008 poi essi hanno una leggera diminuzione, passando da
58666 turisti nel 2007 (anno che peraltro rappresenta il punto massimo) ai
57192 turisti del 2008. Ma è nel 2009 che si assiste all’inesorabile crollo dei
flussi di entrata, arrivando a toccare quota 52178 (punto a valle). Tali flussi
miglioreranno poi nel corso del 2010, ma in maniera non rilevante, ponendo
di fatto il settore turistico in una situazione di seria difficoltà, anche a causa
del fatto che esso non realizza le proprie entrate nell’arco dell’intero anno,
ma praticamente quasi esclusivamente nei mesi estivi.
Non tutti i settori dell’economia iberica mostrano tuttavia di trovarsi in situazioni difficili, dal momento che divisioni come quella agricola
ed alimentare non sembrano aver risentito più di molto della crisi, come
mostrano i dati seguenti riportanti il peso di quest’ultima nei confronti del
prodotto interno lordo della Spagna:
%
PESO DEL SETTORE AGRICOLO SUL PIL
(a.b. 2004)
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
2005
2006
2007
2008
2009
% SETTORE AGRICOLO NEL PIL
Fonte: www.oecd.org
48
2010
Il settore agricolo, come si può osservare, a differenza di molti
altre attività ha avuto un’evoluzione diversa (e si potrebbe dire anomala)
durante il periodo di crisi. Ovviamente, sebbene non abbia un peso sul
PIL paragonabile a quello degli anni ‘50-’60, in cui ammontava al 25%,
ha in ogni caso sperimentato una ripresa dal 2005, partendo da una
percentuale del 2,4% e arrivando al termine del Q4 del 2010 al 3,4%,
affermandosi sempre più come uno dei pochi odierni settori consolidati.
Questo però rappresenta un dato confortante solo in parte perché,
benché ci troviamo di fronte ad un settore in espansione, certamente non
è quello più adatto a cercare di risollevare le sorti dell’economia spagnola;
esso infatti rappresenta poca cosa, come dimostra il suo impatto sul PIL
del 3,5%, a differenza di altre attività con una percentuale ben maggiore. Inoltre il settore agricolo ha sì al suo interno una buona percentuale
di prodotti destinati all’esportazione, ma la maggior parte è destinata a
soddisfare la domanda interna. Soprattutto, secondo un recente studio
effettuato dal Ministero dell’Agricoltura, la produzione di materie prime
agroalimentari ecologiche è cresciuta del 520% tra il 2000 e il 2010, passando da un valore stimato in origine nel 2000 di 100 milioni di euro ad
un valore di 650 milioni nel 2010, di cui il 75% di provenienza vegetale e
il 25% di provenienza animale.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Terminata la nostra ricerca, è possibile vedere come la situazione spagnola, nell’arco degli anni e dei trimestri esaminati, abbia avuto una
propria evoluzione caratterizzata da statistiche che hanno oscillato da
valori positivi a negativi. Infatti si è partiti da una situazione, a metà
degli anni 2000, di espansione e prosperità che man mano è venuta
meno, in particolare dal biennio 2008-2009, soprattutto nel settore immobiliare e investendo successivamente tutto il sistema economico della
Spagna, a causa del quale essa si è vista declassare i propri titoli di Stato
dalle agenzie di rating.
In un secondo momento, considerando un’analisi più strettamente
congiunturale riferita ai quattro trimestri del 2010, abbiamo assistito ad
una ripresa e ad una espansione dell’economia, la quale però si è arresta49
ta molto rapidamente raggiungendo il picco nel terzo trimestre dell’anno
2010; in particolar modo tale impennata ha coinvolto il settore turistico
ed il settore agricolo e le principali variabili della domanda aggregata.
Sebbene ci sia stata ripresa, essa non ha inciso in modo significativo sull’economia della Spagna per tre motivi fondamentali: prima di
tutto si tratta di una ripresa con una durata molto ridotta; in secondo
luogo la maggior parte dei valori in campo conducono certamente a miglioramenti, ma comunque molto lontani dai livelli antecedenti la crisi;
infi ne l’effetto connaturato a tale ripresa è da ricollegarsi al fatto che
solo i settori turistico, agricolo e alimentare ne hanno beneficiato, mentre settori sicuramente di maggior rilievo, quali quello edilizio e degli
autoveicoli, continuano ad imperversare in una fase negativa.
Nell’ultimo trimestre dell’anno inizia poi una nuova fase di depressione e recessione che non si è ad oggi ancora arrestata dal momento
che, dai dati a nostra disposizione, non si è ancora potuto scorgere il
punto di valle e ciò fa ragionevolmente ipotizzare che le prospettive future per quanto riguarda l’economia iberica risultano alquanto incerte,
dal momento che la nuova fase di recessione non sembra terminata.
Ad ogni modo è doveroso sottolineare che questa seconda ondata
di depressione non ha una grandezza paragonabile a quella del 20082009, inducendo alcuni economisti ad affermare che “il peggio è passato”; non tutti sono però d’accordo con tale prospettiva. Infatti secondo
alcuni essa è vera solo se si procede ad un’analisi di breve periodo; se
invece si dovesse effettuare un’analisi di lungo periodo emerge che tutti
i disagi prodotti dalla crisi dovranno essere ripagati e graveranno irrimediabilmente sulle future generazioni.
Il presente lavoro non ha evidentemente la pretesa di proporre una
soluzione al problema spagnolo o di fornire valutazioni certe sul futuro,
in virtù peraltro delle difficoltà riscontrate nella raccolta dei dati e nel
loro sviluppo.
La difficoltà maggiore è stata quella di cercare di accorpare dati
riferiti ad anni e trimestri diversi; in questo caso infatti, spesso non si
è potuti venire a conoscenza dei valori relativi al quarto trimestre del
2010, perché ancora non formalizzati dalle istituzioni; mentre per altre
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variabili si è dovuto partire da anni differenti, non essendoci una linea
guida e una correlazione tra le fonti a cui si è attinto.
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