Introduzione del Direttore Diocesano della Pastorale della Salute

DIOCESI DI RIETI
Ufficio per la Pastorale della Salute
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IL DIRETTORE
Saluto a nome del Vescovo
Oggi ci troviamo qui riuniti per il II Convegno Formativo di Psicologia e
Spiritualità. Il titolo: Verso un Pieno Umanesimo. Il sottotitolo: Come la
psicologia e la spiritualità aiutano ad affrontare la sofferenza.
In qualità di Direttore Diocesano per la Pastorale Sanitaria e Delegato del
Vescovo di Rieti per la Pastorale Sanitaria, questo incontro non può farmi
che piacere.
Perché sono anni che nei vari incontri ad ogni livello, di medici,
amministratori, dirigenti vari dicono sempre che l’uomo deve essere
curato nella sua interezza, anima e corpo. E quando mi viene detto “Tu
pensa all’anima che al corpo ci pensiamo noi”, allora veramente mi
preoccupo e comprendo che quella persona, medico o alto dirigente
sanitario è fuori dal mondo, è fuori dal tempo. Ecco perché è così
importante questo nostro convegno. Dico nostro convegno ….. con piena
cognizione di causa …..
Nella vita dei nostri giorni attuali e moderni, molto di frequente si sente
dire una parola: Resilienza, anzi Resilienza psicologica. Io uso sempre un
termine più semplice, la forza di camminare contro vento. Il termine
“Resilienza” è stato coniato per descrivere la capacità dei materiali di
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resistere agli urti senza rompersi. Nella letteratura psico-pedagogicosociale descrive un processo attivo di resistenza, di autoriparazione e di
crescita in risposta alle crisi e alle difficoltà della vita. Ma perché dico
questo in un convegno dove tutti voi ne sapete più di me di psicologia?
Voglio portarvi ad un ragionamento, che spero questo convegno lo
sviluppi e lo faccia suo.
Perché alcune persone crollano di fronte a piccole o medie difficoltà e
altre invece riescono a resistere di fronte a esperienze traumatiche? Un
costrutto psicologico per rispondere a questa domanda è quello della
Resilienza, in cui convergono e si intrecciano fattori di varia natura, che
con la loro azione congiunta e interattiva mobilitano le risorse dei singoli,
delle famiglie, dei gruppi e delle comunità e li rendono capaci di resistere
ai traumi, agli stress e alle avversità della vita, di contrastarli, di
fronteggiarli e di trovare risposte positive e flessibili di adattamento, di
crescita e di ricostruzione di sé, progettando positivamente il proprio
futuro.
La religione, la spiritualità, la preghiera aiuta a camminare controvento
insieme alla psicologia?
L’antropologia cristiana ha una sua singolare maniera d’intendere la
spiritualità. Che deriva dalla teologia trinitaria, addirittura. Non è un
mistero per nessuno che spiritualità derivi da Spirito; così come tutti
sanno la funzione che lo Spirito svolge nella dinamica trinitaria: lo Spirito
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è la relazione, la comunione, il bacio, dicevano i Padri, tra il Padre e il
Figlio, ovvero è l’amore che intercorre tra i due, amore così grande e
intenso da diventare persona. Mistero Grande!
La storia dei rapporti tra la spiritualità e le diverse discipline che hanno
come obiettivo la cura della psiche umana (psichiatria, psicologia,
psicoanalisi, psicoterapia), a mio parere, non è mai stata facile, ne lineare
né pacifica. Per constatarlo in prima persona è sufficiente affrontare i
temi psicologici negli ambienti religiosi e, dall’altro canto, quelli spirituali
nei contesti preposti alla cura della mente. L’impressione che spesso si
può avere, sia nel primo sia nel secondo caso, è di un certo imbarazzo e,
soprattutto, di essere fuori posto.
Di conseguenza si presentono alcuni interrogativi: Come mai questo
rapporto così particolare e non facile tra la spiritualità e le terapie della
mente? E’ possibile un ravvicinamento, un maggiore dialogo, una
integrazione, una sintonia? E in maniera ancor più esplicita: le terapie
della mente, se vogliono veramente contribuire alla “guarigione”
psicologica ed emotiva, possono permettersi di evitare o di escludere la
spiritualità e la religione? Gli esperti della spiritualità e della teologia, dal
loro canto, se desiderano una reale ed effettiva crescita spirituale delle
persone che accompagnano, possono concedersi il lusso di ignorare del
tutto il contributo della psicologia e della psichiatria?
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IL DIRETTORE
La riflessione di oggi è un tentativo di abbozzare, visti gli eminenti relatori
della giornata, delle risposte a tali interrogativi, sottolineando la necessità
di tentare un incontro tra la spiritualità e le terapie della mente e del
corpo.
Molto spesso nel mio quotidiano lavoro di Pastorale Sanitaria, trovo tra i
medici, Infermieri, volontari, cappellani, operatori sanitari in genere, una
grandissima confusione nell’uso comune di Spiritualità e Religione che
vengono identificate e sovrapposte nello stesso modo, dando lo stesso
significato. E’ vero che in diverse forme di spiritualità, vorrei aggiungere
per precisione, cristiane e non cristiane, si esprimono in modo
preferenziale nella religione, ma si tratta di due realtà, pur nella loro
vicinanza e affinità, ben distinte e differenti.
Fondamentalmente, la spiritualità riguarda il vissuto soggettivo ed
individuale della persona e si riferisce ai suoi bisogni di significato a
prescindere da un contesto comunitario. La religione, invece, è una
espressione oggettiva, esterna e strutturata, connessa ad un contesto
comunitario. I suoi contenuti trovano espressione in specifici rituali così
come l’aspetto morale viene solitamente tradotto in precise norme
comportamentali.
Perché dico tutto questo, soprattutto per voi ragazzi e ringrazio della
vostra presenza. In questi anni di servizio nella Pastorale Sanitaria, ho
compreso in maniera chiara, che l’essere umano è sempre più solo,
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dentro di noi siamo sempre più soli: questa è sofferenza, al punto che se
non siamo in grado di affrontare la solitudine ci porta alla disperazione
(parlare delle persone sole e anziane ……) disperazione = mancanza di
speranza. La speranza nelle nostre forze, nel risollevarle la propria
autostima, nella fede e, se volete anche nella tecnologia. Quando un
individuo perde la speranza è un “DIS-SPERATO).
Sento a questo punto, e concludo, che è necessario e affermare che la
sofferenza va sopportata in qualche modo, ma se non ne sono capace
come devo fare? In che modo posso sopportare la sofferenza?
Uno spunto forte ci viene dal Libro di Giobbe. Questo libro ci racconta che
nella vita non si deve mai cedere, ne alle lusinghe ne alla disperazione.
Sarebbe molto bello poterne parlare ma in questa mattina non abbiamo il
tempo sufficiente . ……………………….
Un'altra cosa che mi ha fatto
riflettere e non credo che sia avvenuta per caso, è che questo convegno
era stato programmato per il 4 febbraio scorso, proprio quando la Chiesa
proclama, nella celebrazione eucaristica il Vangelo di Marco 1,29-39 (la
guarigione della suocera di Pietro). Che cosa voglio dire: La guarigione
della suocera di Pietro ci presenta il miracolo del servizio. Può sembrare
un miracolo insignificante. Ma i miracoli non sono spettacoli di potenza,
ma segni della misericordia di Dio. In questo racconto la piccolezza del
segno è un vantaggio della grandezza del significato. Un miracolo più
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straordinario avrebbe attirato la nostra attenzione a scapito di ciò di cui è
segno.
Che cosa centra questo Vangelo con la nostra giornata? Con questo
piccolissimo segno l’evangelista ci da il significato di tutti i miracoli:(si
proprio così) i miracoli sono delle guarigioni che Gesù opera per restituire
a ciascuno di noi la capacità di servire, che è la nostra somiglianza con Dio.
Noi tutti, siamo raffigurati nella suocera di Pietro: incapaci di servire,
costretti a farci servire o a servirci degli altri. Il contatto con Gesù ci rende
come Lui. Che è venuto per servire.
Cari ragazzi, mi rivolgo ancora a voi per dirvi che nella vita sono
indispensabili 5 ingredienti: PAZIENZA – COSTANZA – PERSEVERANZA –
FORZA DI VOLONTA – SPERANZA NEL SIGNORE. Siamo un mondo che ha
perso la speranza, questo è il problema vero e reale.
Come dunque la Spiritualità e la Psicologia deve aiutarci a:
 Divenire esseri umani completi e realizzati dal punto di vista fisico,
mentale e spirituale;
 Creare comunità sane e complete sia a livello locale sia planetario;
 Includere ogni elemento e dimensione più adatti al singolo individuo;
 Stabilire una connessione con tutti gli individui di buon volere e
percepire che tutti siano parte del pieno significato e del mistero
dell’esistenza della vita umana.
Che cosa possiamo fare?
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IL DIRETTORE
La sofferenza fisica e morale in modo particolare quella di vecchia data
va dunque utilizzata ed orientata verso lo sviluppo e l’attivazione
spontanea e/o guidata alla creatività a livello personale nei campi più
consoni alla personalità ed alle motivazioni del soggetto prendendo in
debita considerazione il suo tipo di intelligenza.
(Questo è il mio povero pensiero.
Medicina, Psicologia (le scienze)
insieme alla preghiera aiuta alla cura completa dell’uomo. Come l’una
aiuta l’altra ………. Cosa voglio dire: Curare tutto l’uomo. Alla base della
cura integrale, così io la chiamo per praticità, va posto un modello
antropologico che guardi all’uomo nelle sue molteplici dimensioni: Fisicobiologica, psichica, sociale, culturale e spirituale.
Concludo con una piccola frase di un grandissimo medico, del Prof.
Angelico Brugnoli che cosi dice:
“Il dolore cronico e la sofferenza in tutte le loro varietà quando si
presentano senza senso e senza scopo come succede molto più spesso di
quanto non si creda logorano il corpo e feriscono l’Anima ma – in
momenti particolari e densi di significato pregnante innalzano lo spirito
verso realtà di norma sconosciute”.
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IL DIRETTORE
Mi rivolgo ancora a voi carissimi ragazzi, non va mai, mai, mai dimenticato
che il malato conserva sempre il suo valore di persona, anche nelle
situazioni estreme, con la sua inviolabile dignità di essere umano e di
figlio di Dio; senza questo ampio sguardo di considerazione, condivisione
e amore, ogni gesto di cura risulta incompleto. Questo ricordatelo sempre.
Grazie, e buona giornata a tutti.
IL DIRETTORE DIOCESANO
(Diac. Nazzareno Iacopini)
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