STORIA DEL CINEMA (parte seconda) L'invenzione del cinema viene attribuita convenzionalmente ai fratelli Lumière, ma sul finire dell'800, diverse persone sono in grado di produrre apparecchi simili a quello dei Lumière: l'inglese William Friese‐Greene, Thomas Alva Edison, l'italiano Filoteo Albertini, i tedeschi Max ed Emil Skladanowski ecc. È difficile stabilire a chi tocchi effettivamente il merito di tale intuizione: grande è la confusione che avvolge le informazioni su quel periodo e, può succedere, che diverse persone, in varie parti del mondo, seguendo percorsi autonomi, siano arrivate nello stesso periodo alla medesima invenzione. Del resto, tante invenzioni scaturiscono dall'apporto creativo di più persone, anche, in tempi e luoghi diversi. La stessa invenzione dei Lumière è il risultato di precedenti invenzioni: la pellicola di cellulosa, il sistema di avanzamento intermittente della macchina per cucire, il Kinetoscopio di Edison ecc. Tra il 1897 e il 1908 in varie nazioni del mondo si svolgono diverse centinaia di processi riguardanti la proprietà del brevetto del cinematografo; in molti si erano resi conto di come il cinema possa essere un'industria potente, redditizia e influente. Louis e Auguste Lumière collaborano nell'industria paterna dove si producono lastre e carte fotografiche. Partendo dal Kinetoscopio di Edison ricercano e trovano il sistema per proiettare su di uno schermo le immagini in movimento: si tratta di un meccanismo capace di far scorrere la pellicola ad intermittenza, sfruttando un principio di funzionamento della macchina da cucire. In realtà, il merito dell'invenzione spetterebbe al solo Louis che però associa il padre ed il fratello nel brevetto. L'apparecchio serve sia come macchina da ripresa che da proiezione e permette anche la riproduzione di copie. Viene azionata da una manovella che arrotola la pellicola al ritmo di 15 fot/sec; nel tempo si passa ai 16 fot/sec, per giungere ai 24 fot/sec dei film sonori. Il primo film dei fratelli Lumière è Sortie de l'usine Lumière à Lyon, girato, probabilmente nell'autunno del 1894. La prima proiezione a pagamento (il biglietto costava 1 franco) avviene a Parigi il 28 dicembre del 1895, nel seminterrato del Gran Café, alla presenza di 33 spettatori. Il programma prevede alcuni brevi film (un minuto l'uno circa): la cena del bambino; una barca che esce dal porto, la demolizione di un muro; il giardiniere con l'idrante; l'arrivo del treno. Quest'ultimo episodio suscita grande impressione: la vista della locomotiva che corre verso gli spettatori provoca in alcuni panico e svenimenti tanto che la direzione della sala, in seguito, è costretta ad assumere un infermiere per soccorrere chi si sente male. Georges Méliès (1861‐1938) di professione fa il mago e l'illusionista; dirige il teatro Robert Houdin di Parigi. Inizia l'attività cinematografica girando scene che mostrano fatti reali: treni, fabbriche, navi in partenza. Tutto già visto. Mèliés, però, si rende conto che il cinema è uno strumento straordinario di magia. Realizza circa 4.000 film di breve durata non più limitandosi a riprendere la realtà, ma a inventare storie e situazioni dove, più che la narrazione, sono importanti i trucchi e gli effetti speciali via via più complicati. Capisce, per primo, l'effetto dell'arresto di manovella, che gli consente di effettuare le riprese al ritmo di un fotogramma per volta, base del cinema di animazione. Méliès crea la messa in scena cioè organizza il set, il luogo dove realizzare le riprese. Produce anche i primi film a colori: si colora la pellicola in bianco e nero, fotogramma per fotogramma, ma non in tutta la sua superficie, solo qualche elemento (il cielo, i mobili, gli alberi ecc.) per mezzo di finissimi pennelli usati da operaie. Nelle opere di Méliès ci è dato di assoporare il clima ottimista di una fine secolo esaltata dal continuo succedersi di conquiste tecniche e scientifiche. Si fa risalire al film Arrivo del treno alla stazione di Milano la nascita del cinema italiano, nel 1896. Il regista è Italo Pacchioni. Il francese Emile Cohl crea il primo cartone animato; tra il 1906 e il 1909 complessivamente ne realizza un centinaio. Lo spagnolo Segundo de Chomon realizza i suoi primi film di animazione [Hotel elettrico (1908)]. Il russo Vladislav Starevich a partire dal 1910 gira numerosi e straordinari film di animazione utilizzando insetti e pupazzi. Nei primi 15 anni della sua esistenza, il film non è altro che un interessante ritrovato della tecnica che dà la possibilità di riprodurre immagini in movimento. I primi film si limitano, infatti, a fissare sulla pellicola il movimento di treni, di passanti sulla via, di navi ecc.; a registrare cioè dei movimenti reali. Alle sue origini il cinema non è altro che fotografia vivente. La macchina da presa è posta davanti ad uno spazio fisso, che non muta mai di dimensioni, una specie di scena teatrale che veniva impressa sulla pellicola. Oggetti, personaggi e scena sono mostrate sempre nelle stesse proporzioni: è come se la cinepresa sia piazzata in teatro in una poltrona di prima fila, standosene tranquilla ad osservare quanto succede sul palcoscenico. Le immagini poi venivano riprese nell'ordine in cui effettivamente si mostravano: non si pensava ancora che riprese effettuate in tempi e luoghi diversi, opportunamente unite, avrebbero potuto dare film più originali e creativi. Il primo tentativo di portare il film nel campo dell'arte lo mette, naturalmente, in contatto col teatro: si riprendono delle rappresentazioni teatrali. Con la macchina da presa è possibile trasformare la produzione artigianale degli attori in teatro, in una di tipo industriale, data la possibilità di riprodurre in un numero infinito di copie l'opera cinematografica, a prezzi più bassi e con una diffusione assai più ampia. Il primo contratto di questo tipo, stipulato in Francia tra la casa cinematografica Pathé Frères e la Société des Auteurs Dramatiques, stabilisce di riprendere le prime teatrali e di diffonderle in tutto il mondo. Questo rapporto con il teatro non porta alla nascita dell'arte cinematografica, si tratta soltanto di piatte riprese dell'arte dell'attore teatrale. In questi anni il cinema è ancora in una fase artigianale, anche se si organizzano alcune produzioni in grande. Con la proiezione dei film entrano nelle sale di spettacolo degli elementi che non era possibile rappresentare realisticamente in teatro: la natura ed il movimento in grandi spazi (cow‐boy al galoppo su cavalli, automobili lanciate a folle velocità, inseguimenti di persone ecc.). La tecnica cinematografica prende forma agli inizi del XX sec.; ciò è dovuto al trasformarsi della pratica artigianale dei pionieri, in una organizzazione di tipo industriale. Questa trasformazione non è un caso: in questo periodo, anche altri prodotti artistici, entrano nel processo di produzione seriale (in gran numero di copie uguali): nascono le prime grandi case editrici, le società dei concerti, i trust giornalistici, il commercio in grande stile dei quadri. Furono i cineasti statunitesi i primi a comprendere che il film non poteva limitarsi a riprendere solamente e semplicemente persone e cose poste dinanzi all'obiettivo ma che poteva esprimersi con un linguaggio particolare. Consideriamo, ad esempio, di voler osservare una dimostrazione. Per avere una chiara ed esatta idea di cosa stia accadendo, bisognerà arrampicarsi su un tetto per vedere il passaggio di tutto il corteo; poi scendere a guardare dal secondo piano i cartelli e gli striscioni dei dimostranti. Infine occorrerà mescolarsi con la folla dei partecipanti per cogliere il loro aspetto. L'osservatore cambierà tre volte il suo punto di osservazione, stando ora più lontano, ora più vicino, in modo da avere un'idea il più possibile ampia e viva dell'avvenimento. I cineasti statunitesi furono i primi a sostituire un tale attivo osservatore con la camera. La macchina da presa, fino ad allora immobile spettatore, venne a prendere una vera e propria vita. Tutto questo avviene a Hollywood (un sobborgo di Los Angeles dove sono sorti degli studi cinematografici, nel 1908) intorno al 1914, per merito di David Wark Griffith, anche se in anni precedenti altri registi (Edwin S. Porter, ad es.) avevano intuito diverse soluzioni che Griffith userà consapevolmente. Le innovazioni introdotte sono: 1) variazione della distanza tra spettatore e scena (intesa come l'insieme degli attori e delle scenografie), nell'ambito della stessa scena (insieme di inquadrature); 2) suddivisione della scena complessiva in inquadrature particolari; 3) angolazione variabile delle inquadrature, all'interno della stessa scena; 4) il montaggio. In questo periodo i film sono muti, accompagnati dal suono di un piano, posto sotto lo schermo, in un libero accompagnamento. Solo per grosse produzioni si predispone un commento musicale da eseguirsi in sincronia con le immagini; addirittura da un'orchestra. Lo statunitense Edwin S. Porter nel film Vita di un pompiere americano (1902), inventa il montaggio in parallelo di due azioni contemporanee: madre e figlio imprigionate in una casa in fiamme e i pompieri che accorrono. Nel 1903 gira La grande rapina al treno, il primo film western; in esso usa diversi trucchi e le panoramiche; una scena consiste in un primo piano, frontale, di un cow‐boy che punta la pistola verso l'obiettivo della macchina da presa e spara: la scena non si collega con quanto si narra nel resto del film e addirittura, secondo il catalogo, poteva essere posta all'inizio o alla fine del film. David Wark Griffith (1875 ‐ 1948) scrive numerosi copioni e interpreta vari film, prima di passare alla regia nel 1908. Dirige Nascita di una nazione (1915), Intolerance (1916), Giglio infranto (1919) America (1924) ecc. Oltre ad introdurre gli elementi di linguaggio cinematografico sopra ricordati, è il primo ad utilizzare il flashback, il piano americano, le luci artificiali, la sceneggiatura rigorosa. Per più di 30 anni il cinema rimane muto. Ciò comporta l'uso delle didascalie; per non appesantire il compito dello spettatore, si cerca di non metterne troppe, sostituendo le parole con i gesti e le espressioni facciali. Per far capire meglio quello che accade, gli attori esagerano i loro gesti e, vedendoli oggi, fanno ridere. La nascita di un linguaggio cinematografico autonomo (cioè un modo di narrare originale, proprio del cinema e non copiato dal teatro o dalla fotografia) provoca uno choc nel pubblico; Si racconta che negli anni '20 una ragazza siberiana, trasferitasi in città, va a vedere il suo primo film: al ritorno a casa dice: Che orrore! ho visto uomini fatti a pezzi; la testa, i piedi, le mani: un pezzo qui e uno là. Ovviamente aveva visto un film con primi piani e dettagli del corpo, che la ragazza ha interpretato come parti separate. Quando assistiamo a una proiezione cinematografica con gli occhi vediamo le varie inquadrature, ma non basta per capire quello che ci viene mostrato: occorre che il cervello compia un lavoro di selezione, di relazione, di analisi per smontare e di sintesi per ricostruire quello che gli occhi percepiscono. È difficile rendersi conto del complicato processo di adattamento che è necessario, alle persone, per familiarizzare con tali novità, perché per noi spettatori di oggi vedere film è una consuetudine fin da quando eravamo bambini e perciò non facciamo grossi sforzi per seguirlo. Nell'arco dei primi 20 anni di cinema, si assiste alla nascita di una nuovo modo di rappresentare (di mostrare) e di una nuova cultura visiva. Questo fenomeno di adattamento avviene grazie a diversi meccanismi rappresentativi del cinema: flashback, mascherini, dissolvenze ecc. Nei primi del '900, le sale cinematografiche esistono solo nei maggiori centri abitati. Nei paesi e nelle piccole città il cinema arriva su carri, dai quali i film sono proiettati nelle piazze, spesso in occasione di fiere. Dal 1910 in poi le sale cominciano a diffondersi dappertutto. Nel corso degli anni '10 in Francia, i fratelli Pathé intraprendono la trasformazione del cinematografo da baraccone da fiera in industria. Con casa madre parigina e agenzie e filiali in mezzo mondo, i Pathé creano per primi quella che è ancora oggi la struttura commerciale del cinema, passando dalla vendita delle copie dei film al loro noleggio. In Italia, dal 1909 al 1915, si producono, soprattutto, film di grande spettacolarità, di ambientazione storica, in cui si esaltavano personalità eccezionali e le gesta eroiche: La Gerusalemme Liberata (1911), Marcantonio e Cleopatra (1912), diretti da Guazzoni; Spartaco o il Gladiatore della Tracia (1912) di Pasquali. Il film italiano più importante di questo periodo è Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone; costa più di un milione di lire (una cifra enorme per i tempi). Questi film riscuotono successo in tutto il mondo e rendono famose alcune attrici italiane: Eleanora Duse, Lydia Borelli, Francesca Bertini; che possono essere considerate le prime star del cinema. Nel 1915 il francese Abel Gance dirige La folie du Docteur Tube, nel quale applica coscientemente effetto flou, deformazioni ottiche e sovraimpressioni, usando lenti e specchi particolari. Qualche anno dopo, nel 1922, nel film La roue Gance effettua delle inquadrature di visione soggettiva, già sperimentata l'anno prima da L'Herbier nel film El Dorado. Con la visione soggettiva l'immagine non riproduce solo il punto di vista del personaggio, ma rappresenta anche l'oggetto visto dal personaggio, per cui allo spettatore viene mostrato come il personaggio vede la realtà; così una taverna era vista attraverso la deformazione ottica di un ubriaco. Verso gli inizi degli anni '20, alcuni film sono colorati (per imbibizione) sull'intera superficie del fotogramma: tutta la scena è tinta uniformemente, secondo delle convenzioni: blu per le scene notturne, rosso per le battaglie ed i tramonti, giallo per gli esterni al sole, violetto per gli interni cupi ecc. Tale sistema non incontra molta fortuna e presto viene abbandonato. Tra il 1919 e il 1929, in Germania, si assiste a una feconda produzione artistica: pittura, musica, cinema. Il film Il Gabinetto del Dottor Caligari (1919) di Robert Wiene, segna l’avvio di una corrente cinematografica detta espressionismo tedesco; in questo film, considerato una satira dell'autoritarismo (comportamento rigido, dispotico) prussiano, per la prima volta le scenografie (quasi tutte dipinte su tela) assumono un valore considerevole. La corrente pittorica del cubismo (Picasso e Braque in modo particolare) influenzano molti film espressionisti: strade e case sono composte da elementi geometrici distorti. Altre radici dell'espressionismo cinematografico tedesco si trovano nella corrente pittorica futurista: la civiltà delle macchine e la paura da esse suscitata sono raccontati da Fritz Lang in Metropolis (1926). Molti film di questa corrente sono segnati da un misticismo esaltato (atteggiamento profondamente spirituale, in cui la persona si dedica in modo assoluto a dio e alla religione) tipico del medioevo tedesco; Golem (1920) di Paul Wegener è un esempio di film in cui si sviluppa il senso del fantastico e del leggendario nella cornice di vecchi miti ebraico‐germanici. Da ricordare Nosferatu (1921‐22) di Friederich Wilhelm Murnau, che con atmosfere lugubri e spettrali, racconta la storia del vampiro Dracula e la produzione del regista austriaco Georg Wilhelm Pabst. L'austriaco Erich von Stroheim (1885 ‐ 1957) emigra negli USA, dove dirige diversi film, tecnicamente perfetti e i cui contenuti sono ispirati ad una violenta e radicale analisi della società contemporanea: avida, corrotta, in disfacimento. I suoi film sono tagliati e censurati dai produttori, perché ritenuti troppo critici; non gli affidano più film da dirigere e allora Stroheim è costretto a lavorare come attore, fornendo indimenticabili interpretazioni in La Grande Illusione (1937) di Jean Renoir e in Viale del Tramonto (1950) di Billy Wilder. Dei suoi film ricordiamo: Femmine Folli (1921), Greed ‐ Rapacità ‐ (1924), Sinfonia Nuziale (1928). Negli Usa, verso gli anni '10, si girano diversi film comici, il cui successo induce a realizzarne tanti altri. È la nascita di un genere che, nei primi tempi, si distingue per le corse e gli inseguimenti frenetici, le battaglie a colpi di torte in faccia, il ritmo serrato. Alcune individualità emergono dal gran numero di attori e registi che vi lavorano: Charlie Chaplin (1889‐1977), dalla natia Gran Bretagna, emigra negli USA, dove lavora come attore e dirige quasi tutti i suoi film. Tra il 1914 ed il 1921 gira una sessantina di cortometraggi che hanno per protagonista il personaggio di Charlot (Charlot Soldato, Charlot Emigrante, Charlot Pompiere ecc.), un disoccupato che passa attraverso lavori precari ed espedienti per guadagnarsi da mangiare, come gli emigranti in USA di allora. Successivamente Chaplin realizza diversi lungometraggi (La febbre dell'oro nel 1925, Luci della città nel 1931, Tempi moderni nel 1936, Il grande dittatore nel 1940 ecc.) pieni di poesia e di acuta critica sociale, che accrescono la sua celebrità. Anche lo statunitense Buster Keaton (1895‐1966) dirige e interpreta quasi tutti i suoi film (Come vinsi la guerra nel 1922, Io e la vacca nel 1925, Io e il ciclone nel 1928 ecc.). È un comico finissimo, celebre perché sullo schermo non si vede mai ridere, mantenendo una maschera di impassibilità con la quale sfugge e tiene lontani gli sconvolgimenti che lo minacciano. Stan Laurel (Arthur Stanley Jefferson, emigrato dalla natia Gran Bretagna, 1890‐1965) e Oliver Hardy (statunitese, 1892‐1957) sono protagonisti in numerosi film (Muraglie nel 1931, Fra' Diavolo nel 1933 ecc.) divenendo celebri in tutto il mondo; in Italia sono chiamati Stanlio ed Ollio; con loro figure inconfondibili, il magrolino ed il ciccione, provocano danni irreparabili e risate inarrestabili. Sergey Michailovic Eiseinstein (1898‐1948), nasce nella ex URSS dove è attivo come regista e scenografo. Fondamentale anche la sua attività di teorico del cinema. Adoperando un'audace tecnica di montaggio dirige film di grande potenza narrativa: La corazzata Potemkin (1925), Ottobre (1927), Aleksandr Nevskij (1938), Ivan il terribile (1943/44) ecc. Molte sue opere sono commissionate dal partito bolscevico per celebrare avvenimenti o per propagandare messaggi politici; Eiseinstein, nonostante le difficoltà evidenti, riesce ad evitare la piattezza e la retorica costruendo film considerati universalmente tra i migliori di tutti i tempi. Parigi negli anni '20 è il centro di numerose ed originali correnti artistiche: letterarie, pittoriche, teatrali; esponenti delle correnti Dada e Surrealista, fanno anche dei film. Dei diversi lavori ricordiamo: Entr'acte (1924) di Renè Clair (1898‐1981) di ispirazione dadaista; Un chien andalou (1928) e L'age d'or (1930) di Luis Bunuel e Salvador Dalì (1900‐1983) di ispirazione surrealista. Questi film, composti da immagini simboliche dal forte impatto visivo, appaiono come riflessi inquietanti della vita contemporanea. Renè Clair dirigerà in seguito altri importanti film come: Sotto i tetti di Parigi (1930), A me la libertà (1931). Anche lo spagnolo Bunuel realizzerà numerosi film: L'angelo sterminatore (1962), Bella di giorno (1967), La via lattea (1969) ecc. Fritz Lang (1890‐1976) nasce in Austria e lavora in Germania, durante gli anni '20: Oltre al già ricordato Metropolis, dirige I Nibelunghi nel 1924, M il mostro di Dusseldorf (1930). Ai primi degli anni '30 emigra negli USA perché in disaccordo con la politica del partito nazista andato al potere. Continua la sua attività e dirige Furia (1936), Il grande caldo (1953) ecc. Lang è abilissimo nella messa in scena, nel montaggio e in tutta la tecnica cinematografica; nei suoi numerosi film, potremmo scorgere l'affermazione che i sistemi (politici, sociali, economici) sono falsi e ingiusti e che i delitti nascono dai desideri pressanti il cui compimento provoca solo infelicità e frustrazione. Il 6 ottobre del 1927 esce il film Il cantante di jazz, diretto da Alan Crosland, interpretato da Al Jonson; si tratta del primo film sonoro in senso proprio: la colonna sonora è incisa sulla pellicola cinematografica. Necessità tecniche riguardanti la registrazione e la riproduzione dei suoni, impongono l'adozione di un motore (al posto della manovella) per trascinare la pellicola e la cadenza di 24 fot/sec invece di 16. Questo è un film men che mediocre ma, costato mezzo milione di dollari, ne fa incassare 5. Da tale successo trae origine la nutrita produzione hollywoodiana di commedie musicali (musical) negli anni '30. Fred Astaire e Ginger Rogers formano la coppia di attori‐ballerini più noti, protagonisti di questo genere. Nella realizzazione dei musical vengono usate per la prima volta le cineprese montate su gru per effettuare suggestive riprese aeree dei movimenti coreografici, assai frequenti in questo tipo di film. Si deve al sociologo scozzese John Grierson la nascita del film documentario. Alla sua scuola si forma, tra gli altri, Robert Flaherty (USA 1884‐1951), autore di documentari di interesse artistico e antropologico: Nanuk l'esquimese (1922), Industrial britain (1931. Sull'industria artigiana delle Midlands inglesi), L'uomo di Aran (1934. In cui si narra la terribile povertà della rocciosa isola di Aran e di come i suoi abitanti si industrino per mangiare), Lousiana story (1948). Un altro importante autore di documentari è l'olandese Ioris Ivens (1898‐1989) il quale realizza numerose opere in tutti gli angoli del mondo per mostrare la lotta di popoli, le grandi rivoluzioni, le guerre di liberazione. Ivens è un testimone degli eventi notevoli del XX secolo. Per lui fare film è partecipare alle lotte che riprende. Maestro di analisi, sintesi e ritmo, ci ha lasciato: Il ponte (1928), Pioggia (1929), Zuiderzee (1934) e tante altre opere realizzate fino agli ultimi giorni della sua vita. Nati a New York da genitori ebrei di origine alsaziana, i Fratelli Marx recitano in spettacoli di rivista, passando, poi, al cinema. Interpretano diversi film , esibendosi in 5: Leonard detto Chico (1891‐1961), Adolph detto Harpo (1893‐1964), Milton detto Gummo (1894‐1977), Julius detto Groucho (1895‐1977) e Herbert detto Zeppo (1891‐1979). In seguito si staccano Zeppo e Gummo, la cui presenza nei film non è rilevante. I tre rimasti sono protagonisti e, spesso autori, di Animal Crackers (1930), The Coconuts (193 ), Zuppa d'anitra (1933) ecc. pieni di gag a getto continuo e di sfrenata libertà dalle convenzioni e dagli usi. In Italia, il regime fascista si rende conto dell'importanza del cinema per la propaganda politica e istituisce nel 1932 la prima mostra del cinema di Venezia e crea l'Istituto Luce nel 1937, che produce e distribuisce numerosi film. Nello stesso periodo si inaugura Cinecittà, a Roma, dove, ancora oggi, si preparano, si girano, si montano, quasi tutti i film italiani. Tra il 1930 e il 1943, nel nostro Paese, si producono 722 film: Gli uomini che mascalzoni (1932), Scarpe al sole (1935), Cavalleria (1938), Luciano Serra, pilota (1938), sono alcuni titoli. I registi più noti del periodo sono: Mario Soldati, Renato Castellani, Alessandro Blasetti, Carmine Gallone, Raffaello Matarazzo; l'attore più famoso è Vittorio De Sica, quasi sempre nel ruolo del giovanotto simpatico e bene educato, rispettoso delle regole sociali e bravo a cavarsi fuori dagli impicci con il fascino di un sorriso. Molti di questi film esaltano vicende militari che vedono protagonisti i soldati italiani impegnati nelle guerre di conquista coloniale in Africa o nella guerra di Spagna al fianco dei franchisti; tanti altri film sono delle commedie spensierate ed evasive che mostrano situazioni e personaggi fittizi, da operetta: questo filone di film è detto telefoni bianchi perché, in essi, non manca mai questi apparecchi. È da sottolineare il buon livello professionale dei numerosi tecnici che hanno lavorato a questi film. Durante gli anni '30 diventano celebri in tutto il mondo i film a cartoni animati realizzati negli studi di Walt Disney (1901‐1966), negli Usa. Sul finire degli anni '20, si erano visti dei cortometraggi con protagonisti Topolino, Pluto ecc. Nel 1937 esce Biancaneve e i 7 nani, il primo lungometraggio della Disney, che si affermerà negli anni a venire con altre opere: Fantasia (1940), Lily e il vagabondo (1954), La carica dei 101 (1961) ecc. Il danese Carl Theodor Dreyer (1889‐1968), attivo dai tempi del muto, dirige diversi film adottando una tecnica di tipo realistico. Tra i temi più frequentemente trattati : il rapporto tra l'uomo e la religione, la lotta tra i sentimenti umani ed i principi morali. Tra le sue opere: Vampyr (1930/31), Ordet (1954), La passione di Giovanna d'Arco (1927), un film muto costruito con numerosi primi piani dell'attrice protagonista, che creano un forte impatto emotivo e un senso di dinamismo nella poco movimentata situazione narrata. I decenni dal 1930 al 1960 sono tra i migliori per il cinema statunitese. Hollywood accresce il suo ruolo guida della cinematografia mondiale: gli attori nord americani (Gary Cooper, Clark Gable, Vivien Leigh, Ingrid Bergman, Humphrey Bogart, Laureen Bacall, Robert Mitchum, James Dean, Marlon Brando, Marylin Monroe ecc.) sono ammirati e conosciuti da tutti e addirittura nascono i primi giornali che si occupano esclusivamente della loro vita privata. Molti film sono scritti in base all'attore che li interpreteranno. È questo il cosiddetto star system. I film girati spaziano nei diversi generi: western, horror, musical, commedie, comici, polizieschi, bellici, avventura ecc. Ci limitiamo a citare: Via col vento (1939) di Victor Fleming e Casablanca (1942) di Michael Curtiz. Tra i registi non possiamo fare a meno di ricordare: John Ford (1895‐1973), irlandese di origine, è autore di tantissimi western e di film di altro genere: Furore (1940), Sfida infernale (1946) ecc. Il suo Ombre rosse (1939) rimane un esempio perfetto di costruzione filmica, in cui non si avverte la presenza della cinepresa. Orson Welles (1915‐1985) esordisce come attore e regista a 25 anni con il suo capolavoro, Quarto potere (1940), girato con stile giornalistico, è composto di numerosi tasselli che vanno ad incastrarsi, creando un ritmo serrato. Welles cerca di produrre i suoi film per evitare le imposizioni dei produttori, ma subisce diversi tracolli finanziari. Dirige una dozzina di film: L'infernale Quinlan (1958), Il processo (1962), Campane a mezzanotte (1966) e ne interpreta tanti altri. Billy Wilder (1906‐2002), d'origine austriaca, è il regista di numerosi film: drammatici a sfondo pessimistico, agli inizi della sua attività: Giorni perduti (1945), Viale del tramonto (1950); di commedie sarcastiche e corrosive, in seguito: A qualcuno piace caldo (1959), Prima pagina (1974) ecc. Dal 1930 al 1967, nel cinema statunitense, vige il codice Hays (dal nome del suo creatore Will H. Hays), che detta le regole dell'autocensura che registi e autori cinematografici devono praticare. Il codice, ad esempio, prescrive che nei film realizzati: • non si deve far credere che siano diffuse o accettate forme di relazioni sessuali al di fuori di quelle tra marito e moglie e tra uomo e donna; • è vietata la rappresentazione di scene di seduzione e stupro; se necessari alla trama devono essere appena accennati; • è vietato rappresentare relazioni tra persone di diversa razza; • le malattie sessuali non sono soggetti idonei per i film; • non si devono mostrare gli organi sessuali dei bambini. L'immediato dopoguerra vede in Italia la realizzazione di numerosi film che fanno conoscere il nostro cinema in tutto il mondo. Neorealismo è il nome dato a questi film che raccontano semplici episodi di vita quotidiana di tanta povera italiani. Questi temi e questo tipo di personaggi non erano mai stati raccontati dal nostro cinema e perciò film come Roma città aperta (1945) e Paisà (1946) di Roberto Rossellini, Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica suscitano grande impressione e commozione. Spesso gli attori impiegati era gente comune presa dalla strada. Cesare Zavattini è il più famoso sceneggiatore del Neorealismo, mentre Renato Castellani, Luigi Zampa, Alberto Lattuada, Giuseppe De Sanctis sono alcuni dei più noti registi. Una citazione particolare meritano Ossessione (1942), La terra trema (1948) e Bellissima (1951) di Luchino Visconti. Alfred Hitchcock (1899‐1980) è un regista inglese che dopo aver girato diversi film (già dagli anni '20) senza ottenere particolare successo, si trasferisce, nel 1940, negli USA, dove dirige i suoi film più noti: Intrigo internazionale (1959), Psycho (1960), Gli uccelli (1963) ecc. Tutti i suoi film sono dei gialli che riescono ad avvincere lo spettatore per il ritmo e le attese create; a volte risultano briosi e descritti con senso del bizzarro e un finissimo humour. Durante gli anni '50 diventano numerosi i film girati a colori, ma proprio in questo periodo si diffonde velocemente la TV, costringendo il cinema a cercare soluzioni tecniche particolari per frenare la perdita di spettatori. Ci si prova con il cinema in rilievo (a tre dimensioni), nel 1952, con il film Bwana, the devil di Arch Oboler. Ma ben presto si abbandona questa sistema per via dei costi elevati e della scomodità di realizzazione. Si riprova con il cinerama (utilizza tre pellicole contigue che proiettano le immagini su di un gigantesco schermo concavo), con il cinemascope (le riprese e le proiezioni sono realizzate applicando una lente speciale che mostra le immagini con il lato orizzontale dello schermo più lungo del normale) e con l'aromarama od odorama (cinema odoroso). Solo il cinemascope ottiene dei risultati apprezzabili, gli altri sistemi sono ben presto abbandonati. Ingmar Bergman (1918‐2007) è il regista svedese che dirige con gusto personale e una tecnica raffinata diversi film in cui analizza lucidamente le angosce dell'uomo: il senso della vita, l'esistenza di Dio, la solitudine, la difficoltà nella comunicazione tra le persone. Il settimo sigillo (1956), Il posto delle fragole (1957), Sussurri e grida (1973), Fanny ed Alexander (1981) sono i titoli di alcuni suoi film. In Francia, alla fine degli anni '50, si girano dei film, i cui registi hanno in comune: la giovane età, il fare film a basso costo, il cercare temi e stili diversi da quelli comuni, l'essere collaboratori di una rivista di critica cinematografica. Nouvelle vague è il nome dato a questo folto gruppo di registi: Jean‐Luc Godard, Francois Truffaut, Alain Resnais, Claude Chabrol ecc. Tra i protagonisti ricordiamo: Jean‐Paul Belmondo, Alain Delon, Annie Girardot, Jean Moreau, Brigitte Bardot, Michel Piccoli. In Italia, negli anni '50, nasce un genere detto Commedia all'italiana, che vive il suo momento migliore negli anni '60, per tramontare nel decennio successivo. Questi film sono di tono leggero, brillante, a volte, proprio comico, la cui riuscita è spesso basata sulla presenza di un certo attore; il loro intento è di divertire, senza pretese artistiche. Questi film ottengono grande successo in Italia; all'estero sono meno conosciuti. Tra i titoli più significativi: I soliti ignoti (1958) e Amici miei (1975) di Mario Monicelli, Divorzio all'italiana (1961) di Pietro Germi, Il sorpasso (1963) di Dino Risi. Importante il contributo di una coppia di sceneggiatori: Age e Scarpelli. Gli attori più popolari sono: Alberto Sordi, Totò, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Adriano Celentano, Monica Vitti, Marcello Mastroianni, Paolo Villaggio, Renato Pozzetto, Enrico Montesano ecc. Il 1955 segna il tetto massimo dell'affluenza di pubblico nelle sale cinematografiche: vengono venduti 819 milioni di biglietti. Da allora in poi il dato subirà un lento e continuo calo che porterà alla cifra attuale di circa 100 milioni. Il cinema italiano degli anni ’60 e ’70 è segnato dalla presenza di 4 registi di forte personalità Luchino Visconti (1906‐1976) dirige, tra gli altri, Il gattopardo (1963) e La morte a Venezia (1974). Da un primo periodo realista in cui sono protagonisti i poveri e gli oppressi, passa a girare film in cui descrive e analizza ambienti e personaggi di alto livello sociale. Michelangelo Antonioni (1912‐2007) affronta le difficoltà di comunicare, la fragilità dei rapporti umani, la crisi dei sentimenti nella moderna civiltà industriale, nei suoi film: Le amiche (1955), L'avventura (1960), L'eclisse (1962), Identificazione di una donna (1982) ecc. Pier Paolo Pasolini (1922‐1975) è anche scrittore e poeta. È dotato di una personalità complessa, spesso provocatoria e ricca di intuizioni originali. Diversi suoi film degli anni '60 sono imperniati su figure di emarginati sociali a Roma: Accattone (1961), Mamma Roma (1962); negli anni '70 invece realizza film ispirati a classici della letteratura mondiale, raccontando società pre‐industriali e pre‐
consumistiche, ritenute da Pasolini più equilibrate di quella nostra attuale: Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fiore delle Mille e una notte (1974). Federico Fellini (1920‐ 1993) ha diretto La dolce vita (1959), Otto e mezzo (1963), Amarcord (1973) ecc. Gira con uno stile personalissimo commedie che mettono in risalto vizi e cattive abitudini della borghesia, che esprimono dubbi e riflessioni sull'esistenza e sul proprio lavoro di cineasta, che ricordano con ironica malinconia gli anni giovanili, che dichiarano un netto disprezzo per la volgarità dell'attuale civiltà occidentale, dominata dalla TV e dalla smania del consumo. Durante gli anni '60, Hollywood produce film molto costosi che raccolgono successi in tutto il mondo: Il dottor Zivago (1963), Lawrence d'Arabia, entrambi dell'inglese David Lean. Prende l'avvio la serie dei film che ha protagonista l'agente segreto James Bond, di genere avventuroso e nota per la quantità di trucchi tecnologici esibita. Lo statunitese Stanley Kubrick (1928) dirige, tra gli altri, Orizzonti di Gloria (1958), Il dottor Stranamore (1963), 2001: odissea nello spazio (1968), Arancia Meccanica (1971), Barry Lindon (1975), Shining (1980). Comincia a fare film negli anni '50 e nel 1960 si trasferisce a Londra producendo tutti i suoi film, per evitare il controllo di altri sul suo lavoro. Realizza film di tutti generi: bellico, fantascientifico, horror, in costume, commedia satirica, gangster ecc.; dimostrando originalità, profondità e accuratezza nell'indagare personaggi e ambienti. Tra i temi da lui trattati citiamo: i diversi aspetti della violenza, l'individuo come ingranaggio dell'organizzazione sociale, politica ed economica, i meccanismi perversi della guerra. Nel corso degli anni '70 si assiste alla circolazione di un buon numero di film realizzati nell'allora Repubblica Federale Tedesca, ad opera di una dozzina di giovani registi: Alexander Kluge (1932), Reiner Werner Fassbinder (1946‐1982), Wim Wenders (1945), Werner Herzog (1942) ecc. accomunati: • dal rifiuto del cinema di consumo, condizionato dall'industria dello spettacolo, vecchio nei temi affrontati e nel modo di raccontare; • all'esigenza di affrontare la realtà o di narrare il proprio mondo con linguaggio assai personale. A metà degli anni '70, inizia, in Italia, il declino dello spettacolo cinematografico. Il numero degli spettatori cala in maniera vistosa e molte sale cinematografiche sono costrette a chiudere. I motivi della crisi sono diversi: 1) innanzi tutto, la concorrenza della televisione: nel 1975 nascono le reti televisive private e negli anni successivi crescono di numero e di ore di programmazione offrendo gratuitamente la visione di decine di film al giorno. Nel corso degli anni '80 è cominciano a diffondersi i videoregistratori e la disponibilità dei film in cassetta, sostituiti nei decenni successivi dai supporti digitali, che permettono di vedere numerosi film spendendo poco, comodamente sdraiati nella poltrona di casa. 2) Le grandi sale cinematografiche hanno sempre più finito col condizionare la distribuzione (e quindi anche la produzione) scegliendo di programmare solo film di sicuro incasso, rifiutando i film di minor richiamo. I film di successo sicuro sono quelli prodotti negli USA: interpretati da attori noti, spettacolari, pubblicizzati; i film di scarso richiamo sono quelli prodotti dalle altre cinematografie del mondo, che, in questa situazione, trovano poche sale disponibili a proiettarli. Il cinema italiano si trova, ancora oggi, in una situazione di sopravvivenza: si girano un centinaio circa di pellicole all'anno; il pubblico va poco al cinema e sceglie soprattutto film statunitesi, concentrando le presenze durante le feste di Natale quando escono film girati proprio per tale momento; i giovani registi hanno difficoltà a trovare finanziamenti per i loro film. Andrej Arsenevic Tarkowskij (1932‐1986) è un sensibilissimo regista sovietico che ha affrontato con delicatezza e poesia temi come il rapporto tra l'individuo e la propria terra d'origine; la difficoltà di riuscire a comprendere persone e situazioni attraverso l'uso delle sole facoltà mentali. Dei suoi non numerosi film ricordiamo: Andrej Rublev (1969), Solaris (1972), Stalker (1979). Il cinema dagli anni '80 ad oggi vede confermato lo strapotere delle produzioni statunitensi in tutto il mondo e una timida scoperta delle cinematografie periferiche. Il cinema hollywoodiano produce film costosissimi, soprattutto di genere avventuroso in cui sono impiegati attori notissimi, trucchi in quantità ed effetti speciali complicatissimi; tra i film più noti ricordiamo i cicli di Guerre stellari e Indiana Jones del duo Lucas‐Spielberg, quelli che hanno per protagonisti Batman e i vari supereroi. Questi film, che raccolgono i maggiori incassi nei cinema del mondo intero, non possiedono particolari qualità artistiche e si rivolgono a un pubblico vasto e indifferenziato. Un ruolo piccolo, ma significativo, si sono ritagliati diversi film provenienti da nazioni prive di grandi tradizioni cinematografiche: Tunisia, Senegal, Iran, Corea, Cina, ecc: Questi film, girati con scarsissimi mezzi, sono presentati nei vari festival del cinema e alcuni di loro sono riusciti ad essere proiettati nelle sale di alcune grandi città, riscuotendo un buon consenso di pubblico. I temi trattati sono i più vari ma sempre fortemente legati alle realtà del luogo d'origine.