Interferometro di Michelson - Giovanni Pelliccioni Homepage

Corso di Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni
Sede di Fermo
A.A. 2004-2005
Laboratorio di
Circuiti e componenti ottici
Interferometro, principio di funzionamento e
applicazioni.
Studente Giovanni Pelliccioni.
Per realizzare un interferometro si deve avere una sorgente ottica coerente (laser), il fascio ottico
prodotto dalla sorgente, deve essere diviso in due fasci ottici di uguale ampiezza, che percorrendo
lunghezze differenti vengono poi sommati; questa somma produce un interferenza o fenomeno di
battimento che può essere sfruttato come principio per numerose applicazioni, tra i quali l’
intercettazione di vibrazioni o movimenti che altrimenti sarebbero impercettibili con sensori di
pressione, la modulazione di segnali su fasci ottici, e altre varie applicazioni di sensoristica.
SET UP DELL’ INTERFEROMETRO DI MICHELSON
Specchietto M2
Photodetector
POWER METER
LASER
driver
Lamina λ/2
Specchietto M1
Materiale
Piezoelettrico
Lente
Collimante
BSP
Lamina λ/4
BSI
Generatore
di segnale
Sorgente
LASER
OSCILLOSCOPIO
ISOLATORE OTTICO
Photodetector
INTERFEROMETRO DI MICHELSON
Nell’esperienza vengono usate, una sorgente ottica laser funzionante a una lunghezza d’onda di
850nm, un laser driver necessario a fornire la corrente di alimentazione del laser, un fotorivelatore
collegato ad un misuratore di potenza per calibrare l’isolatore ottico, un generatore di segnale per
pilotare un materiale piezoelettrico che a sua volta viene collegato ad uno specchietto per la
modulazione del fascio ottico, un beam splitter di polarizzazione, un beam splitter di intensità, un
fotorivelatore veloce(più sensibile), connesso ad un oscilloscopio per la visualizzione del segnale
modulato sull’intensità del fascio ottico.
Vediamo nel dettaglio come realizzare i vari componenti che formano l’interferometro.
I dispositivi usati in ottica come sorgenti di luce sono i laser che inviano un segnale luminoso, con
una certa estensione spettrale centrata ad una certa lunghezza d’onda, ad un mezzo di trasmissione
ottica.
Questo segnale viene poi ricevuto da un ricevitore photodetector che tratta opportunamente il
segnale ottico, generando una corrente proporzionale alla potenza ottica incidente su di esso.
2
Le sorgenti ottiche ideali dovrebbero avere degli spettri monocromatici, ovvero il loro spettro
dovrebbe essere una singola armonica(delta di dirac) centrata ad una determinata frequenza f(o
pulsazione ω) ovvero nel caso ottico
ad una data lunghezza d’onda λ,
dato che
vp
c 1
c
c
f =
e quindi λ =
.
=
⋅ =
λ
f ⋅n
εr λ n⋅λ
Dato che le le sorgenti ottiche reali sono i laser a semiconduttore, il loro spettro è caratterizzato da
un impulso molto stretto ma non ideale centrato ad una data lunghezza d’onda; per poter affermare
Δω
che uno spettro è molto stretto si deve verificare questa ipotesi
<< 1 .
ϖ0
Il problema vero e proprio nell’emissione si manifesta a causa delle riflessioni del fascio ottico che
torna verso la sorgente, deformando lo spettro ottico che tende ad allargarsi per un fenomeno di
battimento (sovrapposizione di 2 segnali sinuosoidali).
Per superare l’inconveniente delle riflessioni che comportano l’allargamento dello spettro ottico
della sorgente, bisogna inserire tra la sorgente e la fibra (o qualsivoglia mezzo di trasmissione
ottica), un dispositivo che permetta all’onda di passare indisturbata nel verso della propagazione, e
che attenui o faccia deviare l’onda che proviene dalla direzione opposta.
L’isolatore ottico è un dispositivo che permette di far passare il fascio ottico in una direzione e lo
devia se questo viene riflesso dal mezzo di propagazione, e viene interposto tra la sorgente e il
mezzo di trasmissione. L’isolatore ottico si realizza sfruttando le caratteristiche di alcuni materiali
anisotropi, i cristalli.
3
I mezzi isotropi reagiscono allo stesso modo per onde che arrivano da direzioni diverse, come ad
esempio la fibra ottica, mentre i mezzi anisotropi presentano caratteristiche diverse in funzione
della direzione presa in considerazione. Nel caso ottico, i mezzi anisotropi presentano un indice di
rifrazione che varia a seconda della direzione con cui l’onda incide su di essi.
Cambiando la direzione dell’onda incidente il materiale cambia la propria permettività elettrica
relativa, che è legata all’indice di rifrazione con la seguente relazione n = ε r ; questo significa
che il fascio ottico polarizzato, non vede lo stesso mezzo se arriva da direzioni diverse.
Isolatore ottico
I cristalli sono materiali che hanno una struttura molecolare regolare, ovvero la disposizione degli
atomi e delle molecole è regolare e periodica nello spazio, mentre nei materiali isotropi la struttura
molecolare può essere regolare ma non periodica, cioè le molecole possono essere localizzate nello
spazio in maniera casuale.
Per caratterizzare il comportamento elettrico dei mezzi anisotropi si usano i tensori di permettività
dielettrica che sono matrici di nove elementi nello spazio a tre dimensioni.
Prendendo un qualsiasi sistema di riferimento si otterrà un tensore di questo tipo:
⎛ ε 11 ε 12 ε 13 ⎞
⎟
~ε = ⎜ ε
⎜ 21 ε 22 ε 23 ⎟
⎟
⎜ε
⎝ 31 ε 32 ε 33 ⎠
Essendo i cristalli e i materiali anisotropi, strutture periodiche e geometricamente regolari essi
avranno degli assi di simmetria; posizionando il sistema di riferimento in modo tale esso che
coincida con le direzioni degli assi di simmetria del cristallo, si riuscirà ad ottenere un tensore di
permettività elettrica in questa forma più semplice:
⎛ε1 0 0 ⎞
⎟
~ε = ⎜ 0 ε
0⎟
⎜
2
⎜0 0 ε ⎟
3⎠
⎝
Dove i tre elementi rappresentano le tre costanti di permettività elettrica nelle tre direzioni
principali.
I cristalli si dividono in due categorie, cristalli uniassici e cristalli biassici; nei cristalli uniassici si ha
che due delle tre costanti sono uguali e si dicono costanti ordinarie, mentre la restante si chiama
costante exstraordinaria o straordinaria.
Nei materiali isotropi il tensore di permettività elettrica può essere visto come uno scalare del valore
della costante di permettività moltiplicato per la matrice identità.
Per trovare i modi di propagazione al’interno di un cristallo si usano due metodi, un metodo
analitico che si basa sullo studio delle equazioni di Maxwell e un metodo geometrico che si basa
sull’ellissoide degli indici.
4
Usando il metodo geometrico si sfrutta il tensore di permettività, che determina una particolare
superficie nello spazio, la superficie che mi permette di determinare gli indici nelle tre coordinate
principali è un ellissoide, e ha in se le informazioni del cristallo preso in considerazione. Un mezzo
isotropo avrebbe come superficie nello spazio una sfera.
z
z’
ne
no
x
y
y’
x’
Se facciamo coincidere il sistema di riferimento con i 3 assi di simmetria del cristallo si otterrà
x2
y2
z2
+
+
=1
l’ellissoide centrato nell’origine e si avrà la seguente espressione:
2
2
2
n1
n2
n3
z
z
ne
no
n3
y
n1
n2
x
x
Cristallo monoassico
Cristallo biassico
5
y
A questo punto caratterizzato il cristallo si devono determinare i modi di propagazione al suo
interno; fissiamo una direzione di propagazione k nello spazio passante per l’origine e dobbiamo
consideriamo la direzione normale a k e passante per l’origine. Facciamo l’intersezione tra il piano
e la superficie, l’intersezione non è altro che un ellisse, avente semiasse minore na e semiasse
maggiore nb questi due indici rappresentano gli indici di rifrazione che ciascuna onda vede quando
si propaga in un cristallo. Quando un onda incide su un cristallo possiamo scomporla nella somma
di due onde ortogonali che vedono i due indici indicati, per cui all’interno del cristallo si hanno due
modi di propagazione.
Quando cambia la direzione di propagazione cambiano rispettivamente gli indici di rifrazione che
l’onda vede.
z
ne
nb
k
no
na
y
x
Ellissoide degli indici rappresentazione di ne e no e loro variazione in
funzione della direzione di incidenza dell’onda
Questo ci porta a fare la seguente considerazione, nel cristallo si hanno due direzioni privilegiate per
le onde incidenti, infatti se facciamo incidere l’onda nella stessa direzione di na o di nb all’interno
del cristallo si avrà un solo modo di propagazione.
Il fatto che un onda incidente all’interno del cristallo veda due indici di rifrazione ha un importante
conseguenza; le due onde che si propagano nel cristallo si propagano con velocità diverse, ciò
significa che dopo un certo spazio un onda arriverà prima dell’altra, e quindi le due onde che
inizialmente avevano la stessa fase risulteranno sfasate di una certa quantità che dipenderà dagli
indici di rifrazione e dalla distanza percorsa.
c
v pa =
na
c
v pb =
nb
6
Nei cristalli monoassici si ha che na = no ed no ≤ nb ≤ ne, essendo l’indice di rifrazione ordinario più
piccolo dell’indice di rifrazione exstraordinario, l’onda nel modo di propagazione a (o
analogamente nel modo ordinario) si propaga più velocemente che nel modo di propagazione b
(exstraordinario), per cui possiamo anche indicare le direzioni come direzione Fast e direzione
Slow. Dato che le due onde hanno uno sfasamento che dipende dalla distanza percorsa, l’onda
cambia il suo stato di polarizzazione in funzione della lunghezza percorsa; se l’onda che incide sul
cristallo aveva una polarizzazione lineare, essa in generale alla fine di esso avrà polarizzazione
ellittica.
Da
Db
L
Attraversando il mezzo anisotropo lo stato di polarizzazione dell’onda cambia
I cristalli presentano anche un fenomeno di birifrangenza o rifrangenza doppia; se pensiamo al
principio di conservazione del numero d’onda:
k X 1 + β 2 = k IN = k 0 n1
2
2
2
2
k X 2 + β 2 = k OUT = k 0 n 2
2
2
2
2
Possiamo ricavare la legge di Snell:
nei materiali isotropi
nin ⋅ senθ in = nout ⋅ senθ out
nei materiali anisotropi
nin ⋅ senθ in = no ⋅ senθ o = ne ⋅ senθ e
Questo significa che si ha un angolo di rifrazione per l’onda ordinaria e un angolo di rifrazione per
l’onda extraordinaria.
Su questo importante principio si basano i beam splitter di polarizzazione BSP, che dividono il
fascio ottico in due polarizzazioni ortogonali.
E’ importante in questo fenomeno quale sia la
direzione dell’asse ottico, dato che l’asse ottico mi da la direzione del taglio del cristallo.
7
k0 n1 sen θin =β
kin = k0 n1
θin
k0 n1 cos θin = kX
kin
θo
Direzione dell ‘onda con
coefficiente ordinario
k0 nO sen θo =β
θe
ke ne sen θe =β
Direzione dell ‘onda con
coefficiente straordinario
Se facciamo incidere un onda polarizzata linearmente con una direzione che coincide con la
direzione con cui si propaga il modo ordinario otteniamo questa situazione.
Ki
Ks
Ko
Polarizzazione lineare Polarizzazione lineare
verticale
orizzontale
In questo modo si riescono a separare l’energia di una polarizzazione lineare in due energie di
polarizzazioni ortogonali ovvero si realizza un filtro di polarizzazione.
8
Ci sono due importanti applicazioni legate ai beam splitter di polarizzazione, il commutatore ottico
di fascio che devia il fascio in base alla polarizzazione, e l’isolatore ottico che evita che la potenza
torni indietro a perturbare la sorgente ottica.
BSP
Per realizzare l’isolatore ottico in aggiunta al BSP dobbiamo inserire una lamina a λ/4 che permette
di modificare lo stato di polarizzazione, ad esempio da polarizzazione lineare attraverso la lamina
λ/4 si passa a polarizzazione circolare sotto opportune condizioni; in generale si passa da
polarizzazione lineare a ellittica. La lamina non è altro che un cristallo per cui valgono le
considerazioni fatte in precedenza.
La condizione per cambiare lo stato di polarizzazione da lineare a circolare, è che le componenti dei
campi proiettate sugli assi ottici (asse Fast e asse Slow), siano di uguale ampiezza.
Per ottenere questa condizione dobbiamo ruotare il campo incidente, o la lamina rispetto al campo,
in maniera tale che l’angolo α tra l’asse ottico e la lamina sia di 45°.
Analizziamo cosa succede ad un onda che incide in questo modo su di essa.
Espressione del campo in aria prima di incidere sulla faccetta:
r
E = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ) ⋅ e − jkoz
Espressione del campo all’interno della lamina dopo una lunghezza L
r
E = E1 ⋅ ( xˆ ⋅ e − jkfast ⋅L + yˆ ⋅ e − jkslow⋅L )
r
E = E1 ⋅ ( xˆ ⋅ e − jkfast ⋅L ⋅ e jkfast ⋅L + yˆ ⋅ e − jkslow⋅L ⋅ e jkfast ⋅L ) ⋅ e − jkfast ⋅L = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ⋅ e − j ( kslow⋅L − kfast ⋅L ) ) ⋅ e − jkfast ⋅L
r
E = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ⋅ e − j ( Δφ ) ) ⋅ e − jkfast ⋅L
Δφ = ( kslow − kfast ) ⋅ L
9
Per avere una polarizzazione circolare in uscita dalla lamina si deve avere uno sfasamento tra le
componenti pari a π/2 ovvero pari a multipli dispari di π/2.
x
Asse ottico
Fast
z
E1
x’
E1
α
E1
Einc
E1
y
Slow
y’
no
ne
Δ φ = ( kslow
− kfast ) ⋅ L = ( 2 k + 1 ) ⋅
π
2
In questo modo si ha il seguente campo all’uscita dalla lamina λ/4:
π
r
− j ( 2 k +1)
2
E = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ⋅ e
) ⋅ e − jkoz = E1 ⋅ ( xˆ + (−1) ( k +1) ( j ⋅ yˆ ) ⋅ e − jkoz
Che rappresenta un onda che si propaga lungo la direzione z con polarizzazione circolare antioraria
se k è pari e polarizzazione oraria se k è dispari).
Infatti se k è pari, ad esempio se k = 0, si ottiene:
π
r
−j
E = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ⋅ e 2 ) ⋅ e − jkoz = E1 ⋅ ( xˆ − j ⋅ yˆ ) ⋅ e − jkoz
Che corrisponde ad un onda in polarizzazione circolare antioraria.
Se invece k è dispari, ad esempio k=1, si ottiene:
3π
r
−j
E = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ⋅ e 2 ) ⋅ e − jkoz = E1 ⋅ ( xˆ + j ⋅ yˆ ) ⋅ e − jkoz
Che corrisponde ad un onda in polarizzazione circolare oraria.
In generale si passa da una polarizzazione lineare ad una polarizzazione circolare cioè viene
cambiato lo stato di polarizzazione dell’onda.
[
]
π
2π
π
Avere un Δ φ = 2 significa che Δφ = ( kslow − kfast ) ⋅ L = λ ⋅ Δn ⋅ L = ( 2 k + 1) 2
10
Considerando
Δφ =
λ' =
λ
Δn
come la lunghezza d’onda all’interno della lamina otteniamo
π
2π
⋅ L = ( 2 k + 1)
λ'
2
da questa uguaglianza possiamo ricavare che la lunghezza della lamina deve risultare
L = ( 2 k + 1)
π ⋅λ '
λ'
= ( 2 k + 1)
4
2⋅2π
A questo punto per capire il funzionamento del isolatore supponiamo di porre uno specchio dopo la
lamina λ/4.
Y
Slow
α
X
Fast
Lamina λ/4
specchio
Z
Il campo polarizzato in modo circolare subirà uno sfasamento di 180° dovuto alla riflessione totale
del campo sullo specchietto e tornerà verso la lamina.
π
π
3π
r
−j
−j
−j
E rifl = E1 ⋅ ( xˆ + yˆ ⋅ e 2 ) ⋅ e jkoz ⋅ e − jπ = E1 ⋅ ( xˆ ⋅ e − jπ + yˆ ⋅ e − jπ ⋅ e 2 ) ⋅ e jkoz = E1 ⋅ (− xˆ + yˆ ⋅ e 2 ) ⋅ e jkoz
Attraversando la lamina, tra le componenti in x̂ e ŷ si ha nuovamente uno sfasamento pari a π/2;
3π
π
r
−j
−j
2
E rifl = E1 ⋅ (− xˆ + yˆ ⋅ e
⋅ e 2 ) ⋅ e jkoz = E1 ⋅ (− xˆ + yˆ ⋅ e − j 2π ) ⋅ e jkoz = E1 ⋅ (− xˆ + yˆ ) ⋅ e jkoz
che è una polarizzazione lineare.
Si ottiene questa situazione:
Fast
Y
X
Slow
Ei
E1
E1
Er
-E1
A questo punto il campo riflesso viene mandato sul beam splitter di polarizzazione che devia
completamente l’onda riflessa che non va ad interferire con la sorgente ottica
11
Y
Slow
X
α = 45°
Fast
Lamina λ/4
specchio
Z
Per calibrare l’isolatore ottico basta ruotare una speciale rondella che controlla la direzione dell’asse
ottico della lamina, ruotando la rondella viene ruotato l’asse ottico rispetto al piano su cui giace la
polarizzazione e cambia l’angolo α.
Se mentre ruotiamo la rondella andiamo a visualizzare la potenza intercettata dal fotorivelatore
connesso al power meter, notiamo che raggiunge dei valori di massimo e di minimo. Quando si
raggiungono valori di massimo vuol dire che la potenza riflessa è massima e viene tutta deviata dal
BSP.
Per continuare la trattazione dell’interferometro supporremo che le polarizzazioni che incidono sul
beam splitter d’intensità BSI e sugli specchietti M1 ed M2 siano lineari.
Un beam splitter di intensità, è un dispositivo formato da un materiale isotropo; non fa altro che
dividere il fascio ottico di intensità I, in due fasci ottici di intensità I/2. Il fenomeno di interferenza
infatti necessita di due fasci che vadano a sovrapporsi.
Il fotorivelatore che intercetta i due fasci ottici che si sovrappongono, è un fotorivelatore ad alta
velocità, esso genera una corrente proporzionale all’intensità ottica che lo investe, questo
fotorivelatore veloce, rispetto agli altri, ha una banda passante più grande, infatti viene anche detto a
larga banda.
Il materiale che ci permette di agire sul fascio ottico per poterlo così modulare, è un materiale
piezoelettrico, se a questo viene applicata una differenza di potenziale tra i suoi capi, esso subisce
una deformazione. In base alla polarità questo materiale si espande o si contrae.
+
r
-
r+Δr
r- Δr
-
+
Si espande
Si contrae
Questi materiali sono materiali risonanti ed hanno una certa banda passante, questo è dovuto a dei
limiti meccanici.
La variazione spaziale del materiale vale Δr = d ⋅ V dove d è un coefficiente del materiale
piezoelettrico e V è la tensione applicata.
Per 1 V di tensione Δr varia di 10 −10 m . Per ogni mV varia invece di 10 −7 m .
12
Quindi lo spostamento è dell’ordine di decimi di μm. Essendo lo specchietto M1 collegato al
materiale piezoelettrico, applicando una tensione variabile nel tempo ai capi del materiale si
otterranno delle oscillazioni dello specchietto.
Per analizzare cosa succede nel sistema , consideriamo che i due specchietti M1 ed M2 siano fissi e
nessuno dei due vari nel tempo.
M2
L
L2 = L + Δ
L2
M1
BSI
S
Power
meter
Rivelatore
Supponiamo di essere in condizioni ideali di lavoro e cioè:
-Sorgente monocromatica(spettro molto stretto)
-Fascio ottico polarizzato linearmente
Nel caso ideale tutto avviene tra campi polarizzati linearmente valutati nel dominio del tempo
E proporzionale a cos(ω 0 t + φ ) nel tempo, nel dominio dei fasori si avrebbero termini esponenziali
come e jφ .
Subito dopo il beam splitter di intensità si avrà una intensità di potenza che è metà di quella che
entra, pertanto il campo sullo specchietto M1 sarà:
r
E
E1 = 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − βL) xˆ
2
mentre il campo sullo specchietto M2 :
r
E
E
E
E 2 = 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − β L2 ) xˆ = 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − β ( L + Δ )) xˆ = 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − βL − β Δ) xˆ
2
2
2
Sul fotorivelatore si otterrà:
r
E
E
Etot = E 1 + E 2 = 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − β (2 L + S )) xˆ + 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − β (2 L + 2Δ + S )) xˆ
2
2
13
r
E
⎡E
⎤
Etot = ⎢ 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − 2βL − βS ) + 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − 2β L − 2β Δ − βS )⎥ xˆ
2
⎣ 2
⎦
E’ la somma di due campi di uguale ampiezza che percorrono lunghezze differenti e che quindi
hanno fasi diverse. Sul fotorivelatore otteniamo due onde che si sovrappongono, di conseguenza si
avranno punti in cui le onde sono in fase e generano dei massimi di campo e punti in cui le onde
sono in opposizione e generano minimi di campo. Questo significa che avremo punti dove
l’intensità di campo e massima, e punti dove essa è minima.
Se infatti supponiamo α = 2 βL + βS , e Δφ = 2 βΔ si ha un espressione di questa forma:
r
E
⎡E
⎤
Etot = ⎢ 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − α ) + 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − α − Δφ )⎥ xˆ
2
⎣ 2
⎦
Utilizzando la formula trigonometrica cos( A ± B) = cos A cos B m senAsenB , si ottiene
r
E
⎡E
⎤
Etot = ⎢ 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − α ) + 0 ⋅ cos(ϖ 0 t − α ) ⋅ cos Δφ − sen(ϖ 0 t − α ) ⋅ senΔφ )⎥ xˆ
2
⎣ 2
⎦
r
E
Etot = 0 {cos(ϖ 0 t − α ) ⋅ [1 + cos Δφ ] − sen(ϖ 0 t − α ) ⋅ senΔφ )}xˆ
2
Se vogliamo calcolare la potenza media dobbiamo integrare l’espressione in un periodo e dividerla
per il periodo T.
T
1
2
I = ∫ E tot dt
T 0
Supponiamo che Δφ = 2β Δ sia una quantità costante e che non vari nel tempo.
1 E
I= ⋅ 0
T 2
∫ {cos (ω t −α) ⋅ [1+ cosΔφ]
2 T
2
2
0
}
+ sen2 (ω0 t −α ) ⋅ sen2 Δφ − 2 cos(ω0 t −α ) ⋅ [1+ cosΔφ ]⋅ sen(ω0 t −α ) ⋅ senΔφ dt
0
I primi due membri all’interno dell’integrale sono i valori medi di potenza di termini sinuosoidali e
T
T
1
1
1
2
cos (ω 0 t − α )dt = ∫ sen 2 (ω 0 t − α )dt =
valgono
∫
2
T 0
T 0
[
]
2
T
⎫
1 E0 ⎧ 1
2
2
I= ⋅
⋅ ⎨ (1 + cos Δφ ) + sen Δφ − 2 ∫ cos(ω 0 t − α ) ⋅ [1 + cos Δφ ] ⋅ sen (ω 0 t − α ) ⋅ senΔφ ⋅ dt ⎬
T 2 ⎩2
0
⎭
Il terzo membro diventa:
T
2 ⋅ [1 + cos Δφ ] ⋅ senΔφ ⋅ ∫ cos(ω 0 t − α ) ⋅ − sen(ω 0 t − α ) ⋅ dt =
0
2 ⋅ [1 + cos Δφ ] ⋅ senΔφ ⋅
1
ω0
T
⋅ ∫ ω 0 cos(ω 0 t − α ) ⋅ − sen(ω 0 t − α ) ⋅ dt =
0
T
1 ⎡ cos 2 (ω 0 t − α ) ⎤
1
⋅⎢
⋅ cos 2 (ω 0T − α ) − cos 2 (−α ) =
2 ⋅ [1 + cos Δφ ] ⋅ senΔφ ⋅
⎥ = 2 ⋅ [1 + cos Δφ ] ⋅ senΔφ ⋅
ω0
ω0 ⎣
2
⎦0
1 ⎡ 2 2π
⎤
2 ⋅ [1 + cos Δφ ] ⋅ senΔφ ⋅
⋅ ⎢cos ( ⋅ T − α ) − cos 2 (−α )⎥ = 0
ω0 ⎣
T
⎦
Si ottiene così;
2
1 E0 1
2
I= ⋅
⋅ (1 + cos Δφ ) + sen 2 Δφ = k ⋅ 1 + cos 2 Δφ + 2 cos Δφ + sen 2 Δφ
T 2 2
[
]
[
[
]
]
14
I = k ⋅ [1 + 2 cos Δφ + 1] = k ⋅ [2 + 2 cos Δφ ] = 2 ⋅ k [1 + cos Δφ ] = I 0 [1 + cos Δφ ]
Questa è un espressione ideale in quanto abbiamo supposto che, i campi siano polarizzati
linearmente, le ampiezze siano le stesse, e che la sorgente sia monocromatica (sinusoide pura).
I = I 0 [1 + cos Δφ ] è la curva caratteristica dell’interferometro.
CURVA CARATTERISTICA DELL’INTERFEROMETRO
massimi di intensità (luce)
I( Δφ)
minimi di intensità (buio)
Frange di luminosità
nette e visibili
Δφ = 2 β Δ = 2 ⋅
2π
λ
Δφ
⋅Δ
La curva caratteristica dell’interferometro lega l’andamento dell’intensità ottica in uscita con lo
sfasamento Δφ che è legato alla distanza Δ.
La caratteristica non è lineare.
Δφ
Δ=
⋅λ
4π
Δφ
0
π/2
π
3π/2
2π
Δ
0
λ/8
λ/4
3λ/8
λ/2
Come si può vedere dalla figura si hanno dei massimi di intensità per Δφ = 2kπ e minimi per
Δφ = (2k +1)π .
In questa situazione ideale con la sorgente monocromatica e coerente, si hanno che i massimi
valgono 2I0 e i minimi valgono 0, cioè ci sono punti di alta luminosità e punti di buio, per cui se
mettessimo un sensore C.C.D. a raggi infrarossi riusciremmo a visualizzare delle frange di
luminosità nette.
15
Come si può notare variazioni di 0.1λ modificano il Δφ facendo variare l’intensità del fascio
ottico. Per cui se la sorgente lavora ad una lunghezza d’onda di 850nm si ha che variazioni di 0.1λ
corrispondono a variazioni di 85nm che sono estremamente piccole.
Questo comporta che la grandezza da rilevare sia sempre confrontabile con la lunghezza d’onda del
fascio ottico.
Quando varia l’intensità del fascio ottico, il fotorivelatore veloce varia la corrente di uscita, che è
proporzionale alla corrente ottica che incide su di esso. Questa corrente viene visualizzata attraverso
l’oscilloscopio.
Per questo motivo l’interferometro può essere usato per rilevare movimenti impercettibili, questo lo
rende uno strumento estremamente sensibile alle piccole variazioni di spostamento che sarebbero
impercettibili da altri sensori.
Se varia l’intensità del fascio ottico significa che sta variando lo sfasamento Δφ e quindi lo
spostamento Δ.
Più è grande la pendenza della curva caratteristica e più facilmente si potranno captare le variazioni
di spostamento Δ, questo significa che dove la pendenza è maggiore si ha una elevata sensibilità.
Definiamo la sensibilità come:
ΔI
dI
e la funzione di sensibilità come S =
.
S=
Δ(Δφ )
d (Δφ )
dI
La sensibilità dell’interferometro è S =
= − I 0 senΔφ .
d (Δφ )
Per poter sfruttare al meglio la sensibilità dell’interferometro dobbiamo fare in modo che il punto di
lavoro (punto dove è situato il Δ ) si trovi nel punto di massima sensibilità della curva caratteristica.
Se la caratteristica fosse stata lineare in qualunque punto avremmo avuto la stessa sensibilità.
I
Caratteristica di trasferimento lineare; se cambio il
punto di lavoro da 1 a 2 non ho nessun cambiamento
sulla sensibilità, la sensibilità rimane costante
2
S=
dI
=costante
d (Δφ )
1
Δφ
Per trovare i punti di massima sensibilità dell’interferometro dobbiamo derivare la funzione di
sensibilità uguagliarla a 0.
dS
= − I 0 cos Δφ = 0
d (Δφ )
I massimi di sensibilità si hanno per Δφ = (2k + 1)
dell’interferometro.
16
π
2
, e corrispondono ai punti di lavoro migliori
Se colleghiamo ai terminali del materiale piezoelettrico il generatore di segnali avremo che il
materiale piezoelettrico, e quindi lo specchietto, oscilleranno come il segnale che viene loro
applicato dal generatore di segnale. Se ad esempio il generatore di segnale è impostato con un onda
sinusoidale ad una frequenza di 800Hz lo specchietto comincerà ad oscillare con una frequenza di
800Hz. Nello studio fatto in precedenza avevamo supposto che il nostro Δ fosse costante, adesso Δ
non è più costante ma è una funzione che varia nel tempo, Δ = Δ(t ) = Δ 0 + δ (t ) .
Δφ (t ) = 2βΔ = 2 βΔ 0 + 2 βδ (t ) = Δφ 0 + Δδ (t )
Se la frequenza del segnale fδ è di 800Hz significa che il suo periodo
1
Tδ =
= 0,00125s = 1,25ms ; quando andiamo a trovare l’espressione dell’intensità ottica
800 Hz
T
1
2
I = ∫ E tot dt , è vero che dobbiamo integrare Δφ (t ) che è funzione del tempo, ma lavorando a
T 0
una
lunghezza
d’onda
di
850nm,
una
frequenza
dell’ordine
di
si
avrà
8
1
c
3 ⋅ 10
f = =
= 3.53 ⋅ 1014 Hz , a cui corrisponde un periodo T =
= 0.283 ⋅ 10 −14 s .
−6
14
λ 0.85 ⋅ 10
3.53 ⋅ 10 Hz
Andando ad integrare la funzione nel periodo T che è estremamente più piccolo del periodo Tδ , la
funzione Δφ (t ) rimane praticamente invariata. Δφ (t ) può essere considerata costante nel periodo T,
e si ottiene l’espressione I = I 0 [1 + cos Δφ (t )]
Applicando questo segnale sul materiale piezoelettrico che pilota lo specchietto produciamo una
modulazione di fase sul segnale ottico. Infatti il segnale del generatore provoca delle fluttuazioni del
punto di lavoro.
Se il punto di lavoro non è stabilizzato e se le fluttuazioni sono troppo elevate, si può verificare una
distorsione non lineare del segnale, ed esso può risultare deformato.
17
Una distorsione non lineare del segnale comporta che in uscita vengono generate armoniche che
non erano presenti nel segnale di ingresso.
Esistono vari metodi per stabilizzare il punto di lavoro. Uno dei migliori si basa sul controllo di Δ
mediante feedback; si deve fare in modo che il punto di lavoro sia nel punto di massima sensibilità
(detto anche punto di quadratura) tramite un sistema micrometrico a retroazione.
Quando abbiamo tracciato la curva caratteristica dell’interferometro abbiamo supposto che la
sorgente fosse monocromatica e coerente. Analizziamo cosa succede quando la sorgente non risulta
più monocromatica e coerente.
Per fare ciò basta abbassare la corrente con cui viene alimentato il laser; i laser alimentati con una
corrente superiore della corrente di soglia forniscono un emissione stimulata e coerente.
18
Potenza
Ottica
Emissione
coerente
Emissione
spontanea
Ith
Corrente di
soglia
I(mA)
La corrente che alimenta i laser sotto questa soglia produce un emissione che assomiglia a quella del
led, che non è molto coerente; il livello di corrente di soglia è di circa 30mA.
Fornendo al laser una corrente sottosoglia, rendiamo l’emissione poco coerente, e lo spettro laser si
allarga. Se andiamo a vedere cosa succede alla caratteristica dell’interferometro noteremo che ora
le frange di interferenza sono meno visibili e non ci sono più punti di buio.
Massimi di intensità
I2( Δφ)
Minimi di intensità
Frange di luminosità
poco nette
Δφ
Viene stabilito un coefficiente γ per stabilire il grado di coerenza della sorgente questo coefficiente
mi da un indice sulla bonta di coerenza del laser, 0 ≤ γ ≤ 1 .
19
La curva caratteristica è legata al grado di coerenza.Tenendo conto di questo coefficiente la curva
caratteristica dell’interferometro diventa:
I = I 0 [1 + γ ⋅ cos Δφ ]
Il coefficiente serve a caratterizzare il fenomeno della coerenza nella realtà pratica; se il grado di
coerenza è γ = 0 (basso grado di coerenza), si ha I = I 0 [1 + 0 ⋅ cos Δφ ] = I 0 e non si vedono frange
d’interferenza.
Se i campi E1 ed E 2 sono tra loro ortogonali non ci saranno ugualmente frange d’interferenza
visibili perché l’intensità risulterà costante nello spazio, per cui è necessario anche esplicitare
l’angolo compreso tra i due fasci ottici.
E1
θ
E2
Ecco perché infatti viene interposta una lamina a λ/2 vicino allo specchietto M2, essa non fa altro
che ruotare il piano su cui è polarizzato il campo.
Possiamo quindi tener conto anche dell’ angolo compreso tra le due polarizzazioni, nella curva
caratteristica dell’interferometro, e la sua espressione diviene I = I 0 [1 + γ ⋅ cos θ ⋅ cos Δφ ] .
I = I 0 [1 + V ⋅ cos Δφ ]
V prende il nome di visibilità ed è funzione della sorgente ottica, del grado di coerenza dell’angolo
di polarizzazione tra i 2 vettori e delle ampiezze dei fasci che interferiscono.
V = V (γ , θ , I 1 , I 2 )
La visibilità rappresenta un parametro che caratterizza la sorgente reale.
Nella figura che segue sono rappresentate le curve caratteristiche dell’interferometro per una
sorgente ideale (monocromatica) in blu, sorgente laser in verde e sorgente led in rosso.
I( Δφ)
I1( Δφ)
I2( Δφ)
Δφ
Si potrebbe usare un interferometro proiettando i fasci su un sensore C.C.D. ad infrarossi, per
stabilire appunto la bontà di una sorgente ottica; più essa è coerente è più è facile distinguere le
frange che si formano.
20
Un altro tipo di interferometro realizzabile nei casi pratici è l’interferometro di Mach-Zender, esso è
formato da una sorgente ottica laser, una lente collimante, due beam splitter d’intensità, 2
specchietti e un mezzo che cambia costante di propagazione sotto l’effetto di un campo
elettromagnetico.
Il BSI divide il fascio in due fasci di uguale intensità, uno viene mandato su un mezzo con un certo
indice di rifrazione e quindi con una propria costante di propagazione, e l’altro fascio su un mezzo
con un altro indice di rifrazione (un’altra costante di propagazione), per cui le due onde vengono
sfasate proprio come se percorressero lunghezze differenti; i raggi vengono rilflessi da due
specchietti e mandati ad un altro beam splitter d’intensità che non fa altro che sommare i due fasci
ottici che formano un segnale con frange d’interferenza a seconda delle caratteristiche della sorgente
viste in precedenza. Il mezzo di propagazione può anche essere un mezzo che cambia la fase
dell’onda sotto l’azione di un campo elettromagnetico.
LASER
Driver
Lente
collimante
Mezzo che introduce uno
sfasamento sul fascio
ottico
BSI
I/2
specchietto
I
I/2
Sorgente
LASER
specchietto
Fascio ottico
di riferimento
INTERFEROMETRO DI MACH ZENDER
21
L’interferometro di Mach-Zender, può essere realizzato in forma integrata con accoppiatori
direzionali e fibre ottiche; il funzionamento è analogo a ciò che è stato illustrato in precedenza, se
viene perturbata una delle due fibre, il segnale subisce uno sfasamento.
Fibra 1
perturbata
Sorgente
I
I0/2
I0
Uscita
I0/2
Fibra 2
Segnale di
riferimento
Accoppiatore
direzionale in
fibra ottica
Accoppiatore
direzionale in
fibra ottica
Interferometro di Mach-Zender realizzato in forma integrata con fibre ottiche
L’interferometro è un sistema utile per molte applicazioni; ci permette di capire come riuscire a
modulare un segnale su di un fascio ottico, e come realizzare numerosi dispositivi come sensori
sensibili a variazioni dell’ordine di alcuni nm, per cui si possono realizzare sensori ad elevata
sensibilità, molto precisi e accurati. Si potrebbero costruire sensori di pressione, di temperatura, ad
esempio sfruttando la dilatazione termica di una fibra ottica che ad un aumento di pochi nm fa
corrispondere un aumento di poche frazioni di grado.
22