Wes Anderson, ritratto di un regista indipendente

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Wes Anderson, ritratto di un regista indipendente
Inviato da Antonino Fazio
venerdì 10 luglio 2015
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Wes Anderson, ritratto di un regista indipendente
Texano. Classe 1969, Wesley Mortimer Wales Anderson, meglio noto come Wes, con il suo stile unico e sempre più
apprezzato, è da quasi due decenni uno dei maggiori registi di un certo tipo di cinema, innovativo ed indipendente.
Da Bottle Rocket a The Grand Budapest Hotel, dal 1996 al 2014, in un continuo flusso cinematografico composto da otto
film-pellicole-lungometraggi, Anderson sembra aver creato un unico film antologico, dove il tema sono i rapporti, spesso
e quasi sempre imperfetti, nel nucleo familiare.
La famiglia Andersoniana è disfunzionale, piena di vecchi rancori ventennali, conflitti tra genitori – figli, coppie in crisi o
separate, e personaggi tanto surreali quanto esistenti. In particolare il tema del divorzio è un punto ricorrente nei film, egli
stesso ha più volte affermato che “Il divorzio dei miei genitori ha segnato profondamente la mia vita, come accade per
qualsiasi bambino.
I miei film tornano diverse volte su questo argomento ma non saprei dire esattamente con quanta intenzionalità».
Personaggi.
Il mondo di Wes Anderson è un mondo realizzato sui suoi personaggi, ognuno di loro possiede le proprie miniature, i
propri posti, oggetti e scenari. Ogni luogo diventa tale in funzione della psicologia del protagonista: come la casa dei
Tenenbaum non è una semplice casa newyorchese di fine anni settanta, ma è lo specchio delle persone che vi abitano;
oppure l’istituto Rushmore, “casa” del protagonista Max Fisher, da cui non riesce a distaccarsene perché è il suo posto
felice. I personaggi che si muovono in questi luoghi, Max Fisher, Margot e Richie Tenenabaum, Steve Zissou e la sua
ciurma, l’animato Mr. Fox e Monsieur Gustave, sono tra i più conosciuti. Di film in film, Anderson ha creato un tratto
psicologico dove far rientrare i suoi protagonisti.
Ognuno di loro si distingue da una caratteristica specifica interiore che si riflette esteriormente, che sia un paio di
occhiali, un taglio di capelli, un dito che manca, o magari una voglia a forma di Messico sulla guancia. Ma ognuno di loro
si costruisce la propria realtà attorno a sé, usando mezzi per esprimersi come il teatro, la poesia, il tennis e quant’altro.
Personaggi complessi, carichi di amore e odio allo stesso tempo, che si trovano a vivere in contesti spesso lontani dal
reale ma che poi, alla fine del film, ci si ritrova a pensare che in fondo non sono così distanti da noi, e che molto spesso ci
troviamo in situazioni analoghe.
Dicevamo complessi, ma è l’insoddisfazione che dà il vero lato umano ai suoi personaggi, la severità delle proprie
autocritiche che li isola dal tutto, ma che allo stesso tempo li porta a entrare in contatto con qualcuno che poi li aiuti a
perdonare se stessi. Basti pensare a un personaggio a caso dei suoi film e la risposta arriva subito.
Musica.
Le musiche. Nella filmografia di Anderson, le musiche sono un punto focale, spesso fulcro fondamentale per evidenziare
una scena. La presentazione della famiglia Tenenbaum, lo strepitoso lavoro di Seu Jorge che reinterpreta David Bowie in
portoghese ne Le avventure acquatiche di Steve Zissou, passando per Moonrise Kingdom e Grand Budapest Hotel dove
troviamo il grande Alexandre Desplat, considerato uno dei compositori cinematografici più affascinanti del panorama
attuale.
Dal rock alla lirica, con la complicità di scenografia e fotografia, la musica si salda sempre alla narrazione, generando una
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specie di lunga sinfonia che accompagna per tutto il film.
Scenografia.
Ogni scena sembra un quadro. Nessun dettaglio è mai lasciato al caso, colori sempre vivaci e soft, la disposizione degli
oggetti, e il posizionamento dei personaggi in un dato punto in quell’esatto momento, fanno sì che si possa
tranquillamente dire che i suoi film siano una lunga sequenza di dipinti curati nei minimi dettagli, ognuno dotato di
tavolozza precisa e schema intrinseco. Fondamentale è l’uso di obiettivi grandangolo, usati sempre perché deformano
leggermente l'immagine ai lati, dando quell’effetto che si riscontra in ogni suo film, dove i personaggi stessi guardano
dentro alla camera di ripresa, così da creare un maggiore legame empatico con il pubblico.
Le riprese seguono uno schema orizzontale o verticale, dando così modo di “seguire” il protagonista, divenendo così un
osservatore stesso del suo percorso narrativo, dandone una visuale teatrale della ripresa.
Andreson ha più volte affermato di essersi ispirato al lavoro e allo stile di registi del calibro di Kubrick, Scorsese, e
Truffaut.
Cast.
Come molti registi, anche Anderson ha degli attori-feticcio. Su tutti spicca l’amico di sempre Owen Wilson, che appare in
quasi tutte le pellicole, Jason Schwartzman e naturalmente Bill Murray, che Anderson ha reso tragico, triste, dolce e
melanconico allo stesso tempo. A loro si accompagnano sempre schiere di volti noti del grande schermo, come Natalie
Portman, Angelica Houston, Edward Norton, Bruce Willis, Gwyneth Paltrow, Willem Dafoe, Ralph Fiennes, per citarne
alcuni.
L’evoluzione di Anderson come regista e sceneggiatore è di pari passo ai suoi personaggi, se prendiamo Bottle Rocket
(1996), la prima pellicola del regista, dove il rapporto di famiglia andersoniana ha inizio, vediamo dei genitori
completamente assenti; proseguendo con Rushmore invece, i ruoli grandi-piccoli sono opposti ed invertiti; in The Royal
Tenenbaums troviamo due generazioni, genitori e figli, disastrati per colpa di un padre immaturo ed irresponsabile; tutto
si conclude con Moonrise Kingdom, dove l’angoscia del distacco è incarnata in Sam e Suzy, e nella loro tormentata storia
d’amore, fatta di fughe, capi scout e genitori contrari. Con la sua ultima opera, Grand Budapest Hotel, Wes Anderson
abbandona il legame con la famiglia biologica, ma aggiunge al suo rapporto genitori-figli uno spunto in più, il rapporto tra
Zero e Mr. Gustave, un rapporto tra padre–figlio più che capo e sottoposto. Qui non ci sono famiglie contro bensì è proprio
la storia stessa a mettersi in mezzo al rapporto tra il brillante Mr. Gustave e il giovane Lobby boy Zero.
Quindi si può affermare, con dato di fatto, come i Tenenbaum, come il capitato Zissou e il giovane Zero, anche Wes
Anderson è cresciuto, diventato un vero e proprio regista di culto.
Antonino Fazio
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