NAPOLEONE BONAPARTE Enciclopedia dei ragazzi (2006

NAPOLEONE BONAPARTE
Enciclopedia dei ragazzi (2006) - Treccani
di Massimo L. Salvadori
Un genio militare salito al trono imperiale
Nella storia del mondo occidentale la figura di Napoleone Bonaparte, imperatore dei
Francesi e re d’Italia, è paragonabile solo a quella di Giulio Cesare. Come questi,
Napoleone fu un genio militare senza pari e un grande legislatore in un momento di
trapasso da un’epoca storica a un’altra profondamente segnata dagli sconvolgimenti della
Rivoluzione francese. Ma Napoleone fu anche l’artefice, nell’Europa continentale, tra
Settecento e Ottocento, della definitiva trasformazione della società di antico regime in
società borghese
Un giovane ufficiale in un mondo che cambia
Napoleone nacque nel 1769 ad Ajaccio, in Corsica, da una famiglia della piccola nobiltà.
Dedicatosi fin da ragazzo alla carriera delle armi, terminò la sua formazione nella scuola
militare di Parigi. Nel 1785 fu nominato sottotenente di artiglieria. Abbandonate le iniziali
simpatie per Pasquale Paoli, che vagheggiava l’indipendenza della Corsica dalla Francia,
nel 1793 in piena Rivoluzione francese il capitano Bonaparte, schieratosi decisamente a
favore del governo giacobino (giacobinismo), ebbe un ruolo decisivo nella riconquista di
Tolone, occupata dagli Inglesi. Fu premiato con la nomina a generale di brigata.
Dopo la fine del governo di Robespierre (1794), cadde in disgrazia, ma si risollevò quando
Paul Barras gli affidò nel 1795 l’incarico di reprimere i gruppi realisti che miravano alla
restaurazione della monarchia. Ottenne i gradi di generale di divisione e comandante
d’armata. Nel 1796, dopo che il governo francese del Direttorio lo aveva scelto, a poco più
di ventisei anni, come comandante dell’armata d’Italia, Napoleone sposò un’amica di
Barras, la bella e intrigante Giuseppina Beauharnais, in grado di favorire la sua carriera.
Era l’inizio di un folgorante destino.
La conquista dell’Italia
Nel 1796, mandato a operare su un fronte ritenuto secondario, quale quello italiano, con
un esercito di 38.000 uomini quanto mai male in arnese, contro tutte le aspettative mise
rapidamente in rotta gli eserciti austro-piemontesi, inducendo Vittorio Amedeo III a firmare
in aprile l’armistizio di Cherasco. Il 15 maggio entrò in Milano, abbandonata dagli Austriaci.
Occupò quindi le legazioni pontificie e sottomise i ducati di Modena e Parma. Nel 1797,
dopo aver sconfitto nuovamente gli Austriaci, imposto al papa Pio VI la pace di Tolentino,
indotto l’arciduca d’Austria Carlo a firmare i preliminari di pace di Loeben e piegato la
Repubblica di Venezia, Napoleone si trovò a essere il padrone assoluto dell’Italia
settentrionale e centrale.
Mentre da un lato fece saccheggiare senza scrupolo alcuno i territori conquistati a
vantaggio della Francia, dall’altro li riorganizzò, sostenendo gli elementi moderati contro la
sinistra, costituita dai giacobini italiani, con la creazione della Repubblica Cisalpina e la
Repubblica Ligure. Il nuovo ordine venne sancito il 17 ottobre 1797 dalla pace di
Campoformio con l’Austria, la quale ottenne Venezia, l’Istria e la Dalmazia.
La campagna d’Egitto
Napoleone fece, poi, accettare dal Direttorio un piano di invasione dell’Egitto rivolto a
tagliare le vie del commercio inglese con l’Oriente. Nel luglio 1798, sbarcato ad
Alessandria, vinse nella battaglia delle Piramidi i Mamelucchi (le milizie turche che
governavano l’Egitto), ma in agosto la flotta francese venne completamente distrutta
dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson. Agli inizi del 1799 Napoleone penetrò in Siria.
Intanto però in Europa e in Italia la guerra stava avendo un esito sempre più negativo per
gli eserciti della Francia, dove era in corso una grave crisi politica. Allora egli decise di
tornarvi e vi approdò in ottobre dopo un viaggio fortunoso. Con il determinante aiuto del
fratello Luciano, presidente del Consiglio dei Cinquecento, mediante il colpo di Stato del
18 brumaio (9 novembre), pose fine al governo del Direttorio e assunse il potere con la
formazione di un triumvirato formato da tre consoli.
Il legislatore
Nel febbraio 1800 un plebiscito approvò una nuova costituzione che di fatto conferiva tutti i
poteri al primo dei tre consoli, cioè a Napoleone, che ottenne l’appoggio della borghesia e
anche degli strati popolari, desiderosi di un governo retto da un uomo forte. Assunto il
potere, Napoleone si volse ad affrontare la gravissima situazione militare, il che fece con
mosse fulminee. In giugno, penetrato in Lombardia, sconfisse gli Austriaci presso
Marengo. La pace di Lunéville del febbraio 1801 assegnò alla Francia la riva sinistra del
Reno e pose sul trono di Toscana, con il titolo di re dell’Etruria, Ludovico di Borbone. Nel
1802 la Repubblica Cisalpina fu ricostituita come Repubblica Italiana e il Piemonte venne
annesso alla Francia. Napoleone, dominatore dell’Europa continentale, ormai mostrava
inclinazioni apertamente monarchiche e tendenze politiche e sociali conservatrici.
Col concordatodel 1801 cercò l’intesa con la Chiesa, accordando una serie di privilegi al
cattolicesimo.
Nelle vesti di legislatore prese importanti misure. Le finanze dello Stato migliorarono
nettamente, anche in seguito alla creazione nel 1800 della Banca di Francia.
L’amministrazione del paese venne saldamente tenuta nelle mani di Parigi mediante una
rete di giudici, prefetti, sottoprefetti, sindaci nominati dal governo. Il coronamento
dell’opera fu il varo nel 1804 del Codice civile (detto anche Codice napoleonico), cui fecero
seguito altri codici, i quali diedero alla Francia ordinamenti coerenti tesi a proteggere e a
favorire lo sviluppo della proprietà borghese, conferendo un ruolo centrale alla famiglia
posta sotto il dominio paterno. Il codice garantiva la libertà delle persone, l’eguaglianza
giuridica, l’autonomia dello Stato dalla Chiesa, la libertà di impresa. Ma agli operai fu
vietato di costituire coalizioni e di agire collettivamente e fu assegnato un libretto di lavoro
che aveva insieme il carattere di una carta di identità e di una carta di polizia. Inoltre,
indice di una grave involuzione, nelle colonie venne ripristinata la schiavitù, che era stata
abolita dai giacobini.
L’imperatore dei Francesi
Nel 1802 Napoleone, monarca ancora senza corona, era stato nominato console a vita.
Infine il Senato, con un atto poi sancito da un nuovo plebiscito, il 18 maggio 1804
proclamò Napoleone imperatore dei Francesi. La Francia venne retta dalla Costituzione
dell’anno XII (dodici anni, infatti, erano trascorsi dal settembre 1792, quando i rivoluzionari
francesi avevano abolito la monarchia e proclamato la repubblica). In dicembre, con la
benedizione di Pio VII, Napoleone cinse la corona imperiale, alla quale seguì nel maggio
1805 quella del Regno d’Italia. La trasformazione della Francia da repubblica in impero era
dovuta alla sua convinzione che la rivoluzione avesse fatto il suo corso, che occorresse
tornare alla normalità e che questa sarebbe stata servita al meglio da una nuova dinastia,
che sancisse le conquiste sociali ed economiche della rivoluzione in un quadro politico
conservatore. Napoleone divenne una sorta di Cesare moderno. Ma l’impero non portò la
pace, che trovò un ostacolo insormontabile nei contrasti anzitutto con la Gran Bretagna,
ferita nei suoi interessi dalla politica economica francese.
La nuova carta politica europea
Nel 1805 l’imperatore dovette fronteggiare una coalizione (la terza) formata da Gran
Bretagna, Austria, Russia e Regno di Napoli. Il progetto napoleonico di invadere
l’Inghilterra dovette essere accantonato per la superiorità preponderante della flotta
inglese. Dopo che la vittoria di Napoleone a Ulma portò l’Austria alla resa, la flotta
francese venne distrutta in ottobre da Nelson a Trafalgar. La disfatta degli Austro-russi ad
Austerlitz in dicembre indusse l’Austria alla pace di Presburgo. L’imperatore diede allora
mano a ridisegnare la carta politica europea. Nel 1806 il Regno di Napoli fu assegnato al
fratello di Napoleone, Giuseppe Bonaparte (poi sostituito nel 1808 da Gioacchino Murat).
Gli staterelli tedeschi, ridotti a 38, vennero organizzati nella Confederazione del Reno.
Obbedendo ormai a una sistematica politica di potere familiare, Napoleone affidò l’Olanda,
costituita in regno, a un altro fratello, Luigi; il principato di Massa e Carrara alla sorella
Elisa; quello di Guastalla alla sorella Paolina.
Il dominatore dell’Europa
Nell’ottobre 1806 Napoleone piegò la Prussia, dopo averla duramente sconfitta. Poco
dopo da Berlino, mostrando come il confronto tra Francia e Gran Bretagna fosse quello
decisivo, proclamò il blocco commerciale contro quest’ultima. Nel 1807 a essere
nuovamente battuto fu l’esercito russo, il che indusse l’imperatore Alessandro I ad
accettare un’intesa con Napoleone, col quale si incontrò concludendo nel luglio 1807 i
trattati di Tilsit, che sancirono un’alleanza in funzione anti-inglese e la costituzione del
Regno di Vestfalia – sul cui trono fu posto Girolamo, fratello di Napoleone – e del
Granducato di Varsavia.
Tra il 1808 e il 1810 Napoleone era al culmine della sua potenza. La Francia dominava
l’Europa continentale. Nella parte costituita dall’Impero e dagli Stati a esso soggetti
l’imperatore mise in atto profonde riforme che segnarono un passo decisivo nella direzione
della modernizzazione istituzionale ed economico-sociale. Nel 1808 le Marche entrarono a
far parte del Regno d’Italia e la Toscana fu annessa direttamente all’Impero; nel 1809
venne annesso anche lo Stato della Chiesa e Pio VII fu deportato per avere scomunicato
l’imperatore; nel 1810 fu la volta dell’Olanda.
Nel 1809 la Gran Bretagna e l’Austria formarono una nuova coalizione, ma nella battaglia
di Wagram Napoleone annientò gli Austriaci.
A un’Austria prostrata egli, desideroso di legittimarsi anche agli occhi delle dinastie
europee, inflisse l’umiliazione di chiedere la mano della figlia dell’imperatore Francesco I,
Maria Luisa. Nel 1810, dopo aver divorziato da Giuseppina, la sposò e da lei ebbe un
erede, Napoleone Francesco, nominato re di Roma. Questo matrimonio costituiva il punto
culminante di una politica diretta ad amalgamare l’antica nobiltà con quella nuova creata
dall’Impero.
La società francese durante la monarchia dei ‘notabili’
Negli anni dell’Impero il potere di Napoleone assunse il carattere di una dittatura
personale, alla quale erano soggetti gli altri poteri (il legislativo e il giudiziario) e il cui perno
erano le autorità amministrative e in particolare i prefetti a capo dei dipartimenti. Questo
sistema fu una forma di vero e proprio ‘cesarismo’ (termine che deriva da Cesare, il titolo
distintivo degli imperatori romani a sua volta derivato dal cognomen di Caio Giulio
Cesare). La stampa e la cultura erano asservite, l’istruzione improntata ai valori del
regime, il sistema fiscale organizzato così da sostenere anzitutto le esigenze belliche.
L’imperatore cercò di dare al suo potere una salda base fondata sul consenso attivo dei
ceti alti e medi e su quello passivo delle classi inferiori. La religione venne considerata uno
strumento essenziale per ottenere l’obbedienza politica. La formazione di una nuova
nobiltà legata all’Impero ebbe il significato di un compromesso fra l’eredità della
rivoluzione e il recupero del principio monarchico. La borghesia napoleonica si presentava
come un ceto di notabili composto dai proprietari terrieri, dagli industriali, dai professionisti
e dagli intellettuali di spicco. Fondamento dell’economia francese restava l’agricoltura.
Le prime crepe
Proprio quando Napoleone pareva conoscere il massimo trionfo, in un quadro che vedeva
la società francese stabile, la grande proprietà terriera e la borghesia dell’industria e degli
affari protette nei loro interessi, gli alti quadri militari (in cima ai quali stavano i marescialli
di Francia) carichi di onori e di prebende, la rete burocratica e quella poliziesca, guidata da
Joseph Fouché, in grado di controllare con efficacia il paese, gli Stati vassalli proni al
volere dell’imperatore, si delinearono le prime serie crepe. La deposizione nel 1808 dei
Borbone dal trono di Spagna aveva dato vita a una sollevazione armata, largamente
appoggiata dalle masse popolari; nonostante Napoleone avesse riconquistato Madrid nel
dicembre di quell’anno, la Spagna, aiutata dagli Inglesi, non fu mai realmente sottomessa.
Gli enormi sforzi militari per assoggettarla non ebbero successo, sicché la piaga spagnola
rimase aperta. Inoltre l’alleanza con la Russia, la cui economia soffriva gravemente per gli
effetti del blocco continentale, rivelò presto la sua precarietà. Nei paesi soggiogati, a
partire dalla Germania, l’oppressione francese alimentava movimenti nazionalistici.
La campagna di Russia
Convinto di essere imbattibile, Napoleone prese la decisione di aggredire la Russia,
piegata la quale la Gran Bretagna sarebbe rimasta isolata e ridotta all’impotenza. Raccolta
a Dresda una Grande armata di oltre 600.000 uomini, Napoleone attaccò nel maggio 1812
l’impero degli zar. Vinta la battaglia di Borodino a duro prezzo, in settembre entrò a
Mosca, abbandonata dai Russi e data alle fiamme. Le truppe russe, comandate dal
generale Michail I. Kutuzov, avevano fatto terra bruciata, lasciando l’armata napoleonica
priva di risorse alimentari. Ebbe allora inizio in ottobre, di fronte alla volontà dei Russi di
non venire a patti, una ritirata presto trasformatasi in rotta e tragedia, soprattutto per le
sofferenze causate dall’inverno.
Perduta la partita, Napoleone fece un precipitoso ritorno a Parigi, anche per far fronte alle
cospirazioni. Nel 1813 Russia, Austria, Prussia, Svezia si unirono per dare il colpo
definitivo alla Francia. Dopo alcune vittorie, Napoleone in ottobre venne sconfitto a Lipsia
in quella che è stata definita la battaglia delle nazioni. Fu l’inizio della rivolta degli Stati
satelliti, che coinvolse persino il re di Napoli, Murat. Nel marzo 1814 gli eserciti alleati
occuparono Parigi e Napoleone fu dichiarato decaduto dal Senato, preparando così le
condizioni del ritorno sul trono di Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI. Firmata in aprile
l’abdicazione, Napoleone, abbandonato anche dalla moglie, venne confinato nell’isola
d’Elba.
La fuga dall’Elba, Waterloo e la prigionia a Sant’Elena
Ridotto a piccolo sovrano dell’isola d’Elba, Napoleone, sollecitato dai suoi fedeli a tentare
l’avventura del ritorno in Francia, riuscì il 1° marzo 1815, sfuggendo alle navi inglesi, a
sbarcare a Golfe-Juan. Il maresciallo Michel Ney, già suo generale, inviato per arrestarlo,
passò con i soldati entusiasti dalla parte di Napoleone, che entrò a Parigi appoggiato da
quanti, avversi al governo regio o delusi da esso, speravano in una svolta liberale. Ma,
raccolto un esercito, Napoleone venne definitivamente sconfitto il 18 giugno a Waterloo.
Così finì l’avventura dei Cento giorni. Dopo aver tentato invano di imbarcarsi per l’America,
si consegnò agli Inglesi, i quali lo deportarono a Sant’Elena, un’isoletta nell’Atlantico
meridionale. Qui morì il 5 maggio 1821.
Il mito di Napoleone
Già in vita Napoleone era diventato una leggenda. Da quando negli anni 1796-97 aveva
condotto la sua vittoriosa campagna d’Italia, egli era apparso come una personalità
eccezionale, e dopo di allora il suo mito si era imposto ad amici e nemici.
Dopo la sua morte, la leggenda del generale vittorioso, del genio militare pari solo ai
maggiori della storia, del piccolo ufficiale corso salito sul trono imperiale, del grande
legislatore che aveva dato ordine all’Europa, non è mai venuta meno. Il primo a costruire
tale leggenda fu Napoleone stesso, che negli anni del suo potere favorì in tutti i modi la
propria esaltazione e il culto della sua personalità. Ma alla leggenda, in chiave negativa,
contribuì in modo determinante anche la propaganda dei paesi ostili, a partire
dall’Inghilterra che lo denunciò come un tiranno mai sazio delle sue prede, un sovvertitore
della pace, un distruttore delle più venerande istituzioni, il carceriere di un papa.
Negli anni della prigionia, ben conscio del suo ruolo storico, Napoleone provvide a darne
un’interpretazione stendendo il Memoriale di Sant’Elena, pubblicato poco dopo la sua
morte, nel 1822-23, nel quale rivendicava il merito di aver portato alla sua unica
conclusione possibile la Rivoluzione francese e l’Europa a un livello più alto di modernità
politica, civile e sociale. La leggenda di Napoleone, gigante che aveva imposto la sua
indelebile presenza nella storia, venne poi alimentata e tramandata, con una varietà di
accenti, improntati vuoi a simpatia vuoi a ostilità, da tutta una serie di grandi letterati tra cui
Ugo Foscolo, Madame de Stäel, Stendhal, Alessandro Manzoni, Honoré de Balzac, Lev N.
Tolstoj