Salve ragazzi e ragazze!
La volta scorsa abbiamo visto come nascono le stelle,
adesso parleremo della loro evoluzione, di come
producono la luce che emettono, di come
invecchiano.
Come abbiamo visto, le stelle si formano all’interno di regioni “polverose” delle
galassie, in cui la densità di materia è minima, circa una particella per
centimetro cubo. La densità sembra bassissima, ma lo spazio tra le stelle è così
grande che nel volume di una di queste nubi è contenuta lo stesso una massa
enorme di materia. (Pensa che una nube interstellare può avere le dimensioni di
un cubo di centinaia di migliaia di anni luce di lato e anche di più!)
In queste nubi primordiali le varie particelle si attraggono l’un l’altra, grazie
all’attrazione gravitazionale, la stessa che fa sì che una penna che ci scivola dalle
mani cada a terra. Si formano così delle sfere di gas che continuano ad attirare
altro materiale. Lo spazio per le particelle si riduce e, riducendosi, aumenta la
densità. Man mano che il processo va avanti, gli urti fra particelle aumentano e di
conseguenza aumenta la temperatura. Quando la temperatura al centro ha
raggiunto i 5 o 6 milioni di gradi si innescano le reazioni termonucleari, la fusione
nucleare che noi stiamo invano (almeno per il momento) cercando di riprodurre
sulla Terra.
È in quel momento che si forma la stella
La stella si può schematizzare come un’enorme sfera di gas incandescente.
Questa sfera possiede una struttura a strati, un po’ come quella di una cipolla per
capirci.
In ogni strato deve essere
soddisfatta la condizione
fondamentale
dell’equilibrio tra le forze.
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Le forze che agiscono, in questo nostro modello semplificato ma corretto, sono
due:
1) la forza che tende a far collassare la stella, dovuta all’attrazione gravitazionale
che spinge tutte le particelle della stella verso il centro più denso
2) la forza di espansione, che viene dal centro (dove avvengono le reazioni
nucleari) e dovuta alla dispersione dell’energia prodotta dalle reazioni nucleari,
che “preme” per uscire all’esterno.
Possiamo pensare alla stella come a un gigantesco pallone su cui molte “mani”
premono dall’esterno per comprimerlo e altrettante spingono dall’esterno per
espanderlo.
Le varie fasi di evoluzione delle stelle, fin dalla loro formazione, possono essere
interpretate proprio come una continua ricerca di equilibrio fra la pressione
degli strati esterni, dovuta alla gravità e che tende a comprimere la stella, e la
pressione della energia prodotta nel centro, che tende ad espanderla.
Le stelle si formano quindi dalla contrazione di enormi nubi di gas e polveri che,
lentamente ma inesorabilmente, si contraggono sotto l’azione della forza
gravitazionale. Durante questa fase, la nube si chiama protostella, cioè stella in
formazione.
Le reazioni nucleari avvengono nelle parti centrali delle protostelle a temperature
di milioni di gradi e densità elevatissime. Tramite queste reazioni, in cui nuclei di
elementi più leggeri si fondono in nuclei di elementi più pesanti, vengono rilasciate
enormi quantità di energia.
Questa energia incomincia subito il suo cammino verso l’esterno della stella,
attraversando, e riscaldando, strati della stella via via sempre meno densi e caldi.
Il viaggio è assai lungo: l’energia prodotta nell’interno di una stella impiega milioni
di anni per arrivare in superficie.
Per fare un esempio, ogni secondo il nostro Sole brucia 600 milioni di tonnellate di
idrogeno e le trasforma, tramite le reazioni nucleari, in 596 milioni di tonnellate di
Elio. La differenza di massa, cioè 4 milioni di tonnellate, è la massa che è stata
convertita in energia durante la fusione nucleare, secondo la famosa equazione
di Einstein E=mc2, dove E è l’energia prodotta, m la massa trasformata e c la
velocità della luce.
Le principali reazioni che avvengono nel cuore di stelle come il nostro Sole sono la
fusione di 4 nuclei di idrogeno (protoni) in un nucleo di Elio e la successiva fusione
di 3 nuclei di Elio in un nucleo di Carbonio.
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Possiamo, a questo punto della loro evoluzione, immaginare le stelle come sfere di
gas luminose che brillano perché generano da sole la propria energia e la
propagano nello spazio. Il “combustibile” per la produzione di energia è il
materiale stesso di cui sono composte: in grande maggioranza idrogeno, ma
anche elio, carbonio e piccolissime quantità di altri elementi. La produzione di
energia è dovuta al bruciamento nucleare di questi elementi in altri più pesanti,
come abbiamo visto nel caso di idrogeno ed elio.
È da sottolineare che il “bruciamento”, in questo caso, non ha nulla a che fare
con il bruciare cui siamo abituati, come quello del legno, della carta o anche del
gas, dovuto a un processo chimico di ossidazione, che sfrutta l’ossigeno che è
nell’aria.
Il bruciamento nucleare invece è il processo fisico di fusione di nuclei di atomi di
un elemento in nuclei di un elemento più pesante. Poiché cambia continuamente
il materiale di cui è composta, la stella stessa cambia continuamente e si evolve;
alla fine, una volta terminato il combustibile al suo interno, può “spegnersi” ,
ovvero smettere di produrre energia nucleare.
Quando le stelle iniziano la loro evoluzione, sono composte soprattutto di idrogeno
ed elio. Il bruciamento dell’idrogeno e la sua trasformazione in elio, iniziano
quando la temperatura della regione centrale ha raggiunto qualche milione di
gradi.
La produzione di energia scalda ulteriormente la parte centrale della stella, che
quindi tende ad espandersi e contrastare ed equilibrare la pressione verso
l’interno dovuta alla forza di gravità degli strati più esterni. In questa situazione di
equilibrio la maggior parte delle stelle trascorre circa il 90% della propria
evoluzione.
Per fare un esempio si pensa che il Sole abbia già passato in questo stato circa 5
miliardi di anni, e ne passerà altri 5 miliardi, prima di passare alla fase evolutiva
successiva.
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L’energia prodotta dal nucleo della stella si dirige verso l’esterno scaldando lo
strato superiore di materiale, che a sua volta riscalda i successivi. La temperatura
della stella decresce andando verso l’esterno: dai milioni di gradi del nucleo si
passa alle migliaia di gradi della superficie stellare. Ad esempio la superficie visibile
del Sole è a circa 6000 gradi.
Il cammino dell’energia per uscire dalla stella può richiedere milioni di anni.
In un certo senso possiamo dire che la luce che ci proviene ora dal Sole dipende
dalla energia che è stata prodotta dalle reazioni nucleari nel suo “core” (nucleo)
milioni di anni fa!
Le stelle, come abbiamo visto, una volta raggiunto l’equilibrio dalle fasi di
contrazione iniziale e assestamento, bruciano, tramite reazioni nucleari, il gas di
idrogeno di cui sono principalmente composte. Una volta esaurito l’idrogeno nel
nucleo della stella, le reazioni nucleari vengono a mancare. Di conseguenza
manca la pressione, dovuta alla radiazione prodotta che cerca di uscire: la
pressione degli strati più esterni prende il sopravvento, premendo sul nucleo. La
compressione aumenta la densità e, di conseguenza, la temperatura del nucleo.
Di nuovo, a temperature e densità assai più elevate, si riaccendono le reazioni
nucleari, questa volta fra nuclei di Elio che si fondono per dare luogo ad un
nucleo di Carbonio. La pressione dovuta all’energia sviluppata dalle nuove
reazioni nucleari riporta la stella nuovamente in equilibrio. Ma anche l’elio finirà, e
il meccanismo si ripeterà fra nuclei di carbonio.
In ogni fase evolutiva, insomma, la stella brucia elementi via via più “pesanti”, il cui
nucleo, in altre parole, è composto da un maggior numero di particelle. Ancora
una volta l’evoluzione stellare è una questione di equilibrio, anche se le stelle non
seguono tutte, come vedremo, la stessa evoluzione che dipende, principalmente,
dalla loro massa iniziale.
Furono i due astrofisici Hertzprung, e Russel, all’inizio del secolo scorso, ad
accorgersi che è possibile rappresentare le varie fasi evolutive delle stelle in un
unico diagramma, che mette in relazione le proprietà fondamentali delle stelle:
massa, luminosità, temperatura superficiale.
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Ejnar Hertzsprung (1873-1957)
Henry Norris Russell (1877-1957)
Esaminando un gruppo di stelle, per esempio un ammasso stellare della nostra
Galassia, queste stelle non si dispongono “a caso” in questo diagramma, ma
lungo percorsi ben definiti, detti “sequenze”.
Nel diagramma di Hertzprung e
Russel è evidente una relazione tra
temperatura e luminosità di una
stella. La maggior parte delle stelle
ricade in una fascia molto precisa,
la “sequenza principale” che
attraversa
in
diagonale
il
diagramma stesso.
Le stelle più calde sono anche le più luminose e si vede come la luminosità di
quelle in sequenza principale è legata anche alla loro massa.
Anzi, l’intero ciclo vitale di una stella dipende dalla sua massa iniziale.
Vediamo quale sarà, secondo le teorie attuali, il futuro del Sole.
Quando l’idrogeno al centro di una stella come il nostro Sole, si esaurisce, il nucleo
comincia a contrarsi e gli strati esterni della stella si espandono, aumentando il
volume della stella anche di migliaia di volte: è lo stato di gigante rossa.
In seguito l’inviluppo (cioè gli strati più esterni) di idrogeno viene perso e forma
intorno alla stella una nebulosa, mentre al centro rimane una stella calda,
densissima e molto piccola, circa 10.000 chilometri di diametro, come la nostra
Terra: è lo stato di nana bianca. Questa sarà anche la evoluzione del nostro Sole.
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Nello stadio di gigante rossa gli strati esterni si espandono e quindi si raffreddano;
la stella appare più grande, fino a centinaia di volte il Sole, e più luminosa, perché
aumenta la superficie che emette radiazione. Dato che il colore dipende
sostanzialmente dalla temperatura, la diminuzione di quest’ultima determina il
nuovo colore della stella, che si sposta dal giallo al rosso.
Nelle varie fasi della propria vita, infatti, le stelle presentano anche colori diversi,
cui corrisponde principalmente una temperatura superficiale diversa. Una stella di
temperatura superficiale di 40.000 gradi appare blu, una di 10.000 gradi bianca,
una gialla, come il nostro Sole, arriva a 5.500 gradi, infine sui 2-3.000 gradi appare
rossa. L’evoluzione di queste stelle termina con l’espulsione del mantello esterno
dalla fase di gigante rossa e la produzione di una nebulosa planetaria, forse fra gli
oggetti più belli e colorati che il cielo ci presenti.
Le nebulose planetarie sono state classificate per la prima volta da Herschel nel
1785. Nonostante il nome non hanno nulla a che fare con i pianeti o con i sistemi
planetari, sono chiamate così perché, con gli strumenti dell’epoca, sembravano
simili a pianeti molto deboli. L’interpretazione delle planetarie come fasi finali
della evoluzione delle stelle di massa medio - piccola, come il nostro Sole, è
relativamente recente: all’inizio del loro studio erano confuse con le nebulose in
cui si formano le stelle, delle quali abbiamo parlato nelle pagine precedenti.
Vediamo ora due casi particolari di evoluzione stellare, sulle quali c’e’ un po’ di
confusione dovuta ai nomi con cui si designano.
Con “Novae” e “Supernovae”, nomi imparentati fra loro, indichiamo, per ragioni
storiche, due fenomeni diversissimi fra loro.
Le Novae sono note fin dall’antichità, una sorta di moderata “esplosione” di una
stella e il suo repentino aumento di splendore, fino a un milione di volte la
luminosità del Sole, fanno apparire sulla volta celeste una “stella nuova”, dove
prima l'occhio nudo non poteva scorgere nulla. Fenomeni non distruttivi, dovuti a
scambio di massa fra le componenti molto diverse di un sistema stellare binario,
possono essere ricorsive, ovvero ripresentare periodicamente lo “sbuffo” di
luminosità che le fa apparire alla ribalta del cielo per qualche tempo. Ad esempio
si ritiene che la Nova del Cigno, molto studiata, si ripeta ogni 100.000 anni.
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Si pensa che la maggioranza delle
stelle Novae sia costituita da un
sistema binario, formato da una
stella nana bianca e da una stella
rossa con atmosfera molto estesa e
ricca di idrogeno ma di massa
minore.
A causa della loro vicinanza,
l’attrazione gravitazionale
reciproca è forte e si innesca un
flusso di materiale dalla atmosfera
della stella rossa alla nana bianca.
Questo materiale si posiziona lungo un anello attorno alla nana bianca e ,
successivamente, va ad arricchire la stella stessa. Questo rischia di far perdere la
condizione di equilibrio alla nana bianca, che reagisce espellendo
periodicamente il materiale in sovrappiù con una esplosione non distruttiva.
Le Supernovae, conosciute solo dal 1885, sono visibili solo al telescopio nelle
galassie esterne alla nostra. Eventi catastrofici e distruttivi, sono fra i più energetici
dell’Universo: una supernova che esplode può emettere in pochi istanti una
quantità di energia pari a 10 miliardi di volte quella del Sole e mantenere
quest’emissione anche per un mese.
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L’esplosione di una supernova
è dovuta sostanzialmente alla
rottura improvvisa
dell’equilibrio stellare. Nel
susseguirsi delle reazioni
nucleari si arriva a dover
bruciare, nel nucleo della
stella, il ferro. Ma questa
reazione, a differenza delle
altre, invece di sviluppare
energia la richiede! Senza più
pressione dall’interno la stella
collassa in balia della forza di
gravità, gli strati esterni
precipitano sul nucleo e
questo dà luogo ad una
esplosione catastrofica.
Gli strati esterni vengono
espulsi a velocità elevatissima,
anche 30.000 chilometri al
secondo e iniziano a
espandersi. Al centro rimane
una piccolissima stella di
neutroni superdensa.
Con questo abbiamo dato una panoramica completa anche se essenziale della
“vita” delle stelle, come viene chiamata in genere erroneamente, la loro
evoluzione, dal formarsi iniziale da una nube di gas al rimettere allo spazio
interstellare, dopo milioni o miliardi di anni, lo stesso gas, ovviamente “elaborato”
dal motore centrale della stella. Da questo gas, che va a formare nuove
nebulose, si potranno formare successive “generazioni” di stelle.
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