GRANDANGOLO STORIA 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 1 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 2 11/04/16 13:38 37 LA SECONDA GUERRA MONDIALE a cura di Brunello Mantelli 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 3 11/04/16 13:38 I Grandangolo Storia Vol. 37 – La Seconda guerra mondiale © 2015 RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Media, Milano È vietata la riproduzione dell’opera o di parte di essa, con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’editore. Tutti i diritti di copyright sono riservati. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge. Edizione speciale per Corriere della Sera pubblicata su licenza di Out of Nowhere S.r.l. Il presente volume deve essere venduto esclusivamente in abbinamento al quotidiano Corriere della Sera LE GRANDI COLLANE DEL CORRIERE DELLA SERA Direttore responsabile: Luciano Fontana RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Media Via Solferino 28, 20121 Milano Sede legale: via Rizzoli 8, 20132 Milano Reg. Trib. N. 179 del 15/03/2006 ISSN 1828-0501 Responsabile area collaterali Corriere della Sera: Luisa Sacchi Editor: Martina Tonfoni, Fabrizia Spina Focus e pagine scelte a cura di Brunello Mantelli Ideazione e introduzioni di Giorgio Rivieccio Concept e realizzazione: Out of Nowhere Srl Impaginazione: Marco Pennisi & C. Srl Biografie a cura di Laura Pulejo Redazione: Flavia Fiocchi 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 4 11/04/16 13:38 Indice La sconfitta dell’Occidente 7 PANORAMA Lo scenario Il protagonista Altri personaggi I numeri 13 31 41 50 FOCUS a cura di Brunello Mantelli Gli eventi Società, cultura, istituzioni Bilancio ed eredità Luci e ombre 55 113 129 138 APPROFONDIMENTI Pagine scelte Leggere, vedere, visitare 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 5 142 153 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 6 11/04/16 13:38 LA SCONFITTA DELL’OCCIDENTE I cinquanta milioni di morti causati, solo in Europa, dalla Seconda guerra mondiale sono il suggello – infuocato e plumbeo – di un’era dell’Occidente durata secoli, se non millenni, e giunta a una svolta. Una svolta anticipata già agli inizi del secolo, quando per la prima volta una sola nazione, la Germania, iniziò a lavorare per conquistare l’egemonia nel Continente (che all’epoca coincideva semanticamente con il mondo): un progetto che fino a quel momento nessun Paese aveva mai osato intraprendere. Fu un canovaccio ripetuto nel 1939 con l’intenzione di creare un “nuovo ordine” in Europa e “germanizzarla”, allontanando o sopprimendo con ogni mezzo chi, per nascita, etnia, religione, condizioni psicofisiche, non corrispondesse all’archetipo di una perfezione inesistente scaturita da menti corrose da deliri di onnipotenza. Il bilancio diviene infatti ancora più drammatico se si pensa che la maggioranza di questi cinquanta milio7 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 7 11/04/16 13:38 ni di persone era costituita da civili (nella Prima guerra mondiale, in questo senso anticipatrice di tale situazione, i civili uccisi furono inferiori ai morti in battaglia). La guerra guerreggiata ne è stato solo un aspetto: il conflitto ha messo in luce gli abissi in cui può precipitare la crudeltà umana, l’annullamento di ogni diritto naturale dell’uomo, e non solo di quello – fondamentale e intangibile – alla vita, dissoltosi negli stermini di massa: la “pulizia etnica” compiuta tanto dalla Germania di Hitler quanto dalla Russia di Stalin non causò solo milioni di morti, ma molti altri milioni di profughi. Per giungere all’epilogo delle due bombe atomiche sganciate dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki, responsabili dell’annientamento di 280.000 civili attraverso una morte sconosciuta, in parte subitanea, in parte seguita a lunghe agonie e alla devastazione del corpo causata dalle radiazioni. Anche questo fu un evento destinato ad aprire una nuova era nella storia del mondo: la guerra a distanza, la guerra istantanea che rende possibile raggiungere in poco tempo qualsiasi parte della Terra e nella quale nessuno può più dirsi al sicuro. Non è stata una bella eredità quella che l’Occidente ha lasciato ai suoi abitanti quando si spensero gli ultimi focolai di fiamme qua e là in Eurasia: millenni di civiltà, culture, Diritto, incapaci di avere impedito eventi del genere. È stata la grande sconfitta del mondo occidentale, inflitta non da quegli “altri” con cui nella sua storia si è misurato il più delle volte conflittualmente, ma da parte di se stesso. 8 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 8 11/04/16 13:38 L’autoaggressione dell’Occidente avrebbe trasformato profondamente anche la sua geopolitica. Apparentemente, quasi nulla cambiò per quanto riguardava i confini delle sue nazioni, caso unico di una guerra di simile vastità che lasci sostanzialmente inalterate le carte geografiche. A cambiare fu il ruolo degli Stati che entro tali confini si trovavano: nel giro di sei anni, le potenze che per secoli avevano avuto in mano i destini del mondo – Inghilterra, Francia e Germania – furono drasticamente ridimensionate. I nuovi detentori del potere furono le due nazioni, Usa e Urss, che fino a poco prima erano rimaste ai margini dei grandi eventi, più occupate a rafforzarsi internamente che a intervenire nei giochi geopolitici dell’Europa. Da quel momento, nessun europeo, dell’Ovest e dell’Est, si sarebbe più potuto sentire padrone a casa propria. 9 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 9 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 10 11/04/16 13:38 PANORAMA 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 11 11/04/16 13:38 La spiaggia di Omaha Beach all’indomani dello sbarco in Normandia del D-Day. Dalle navi statunitensi sbarcano i camion con i rifornimenti. 7-10 giugno 1944. 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 12 11/04/16 13:38 LO SCENARIO L a Prima guerra mondiale aveva messo in evidenza che la Germania poteva essere, comunque, la maggiore potenza europea; il Trattato di Versailles l’aveva fortemente indebolita ma non piegata nelle sue aspirazioni di dominio. La fine della fragile Repubblica di Weimar, l’arrivo di Hitler e il progressivo annacquamento delle condizioni del Trattato erano tutti segnali che, in breve, gli eredi di Bismarck avrebbero rialzato la testa. Come afferma lo storico inglese Norman Davies, «è sempre più evidente che i due conflitti abbiano fatto parte di un unico processo dinamico: le due guerre mondiali furono due atti consecutivi di un unico dramma […]. Di fatto l’epoca della guerra aperta e generale fu in qualche modo confinata a quei 30 anni insanguinati. Cominciò e finì, in modo del tutto appropriato, nella capitale tedesca, Berlino. Ebbe inizio il 1° agosto 1914, nella cancelleria imperiale, 13 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 13 11/04/16 13:38 Parata di truppe tedesche a Varsavia dopo l’invasione della Polonia. Settembre 1939. con la dichiarazione di guerra del Kaiser alla Russia. Finì l’8 maggio 1945 nel quartier generale sovietico a Berlino-Karlshorst, dove il terzo e ultimo trattato di capitolazione della Germania siglò la resa incondizionata del paese».* Tuttavia, questa escalation avvenne – se non nell’indifferenza – in una scarsa consapevolezza delle altre nazioni europee: la Russia era concentrata sui problemi interni conseguenti alla Rivoluzione; l’Inghilterra si era richiusa nel suo isolamento; la Francia tentò deboli alleanze con deboli Paesi – Polonia, Cecoslovacchia, Romania – per arginare una futura espansione tedesca a Est (come effettivamente avvenne). Gli stessi Stati Uniti, dopo il loro intervento cruciale nella Grande Guerra, erano tornati ai propri affari, anche per fronteggiare la crisi economica iniziata nel 1929. * N. Davies, Storia d’Europa, Bruno Mondadori, Milano 2001 14 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 14 11/04/16 13:38 Lo storico francese Edmond Vermeil, liberale e poi attivo nella Resistenza francese, già negli anni Trenta del secolo aveva messo in guardia dalla minaccia di un prossimo tentativo di dominazione razzista tedesca dell’intero Continente. E, a guerra finita, avrebbe scritto: «Dal 1870 al 1915 nella storia tedesca c’è una costante d’idee e di fatti così insistente che non si può nutrire alcun dubbio sulla volontà dominatrice della Germania. Le due guerre mondiali non sono state determinate da motivi contingenti o da questioni economiche, sociali e politiche, ma da una mentalità di dominio profondamente radicata, sentita e testimoniata da tutta la cultura, filosofia, arte, letteratura e religione del popolo tedesco. Non si possono considerare “accidenti” il costante e sempre vivo credo pangermanista, l’inesorabile militarismo prussiano e la tenacissima presunzione di superiorità di razza, il culto 15 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 15 11/04/16 13:38 della forza, l’autocrazia e la ragion di Stato che sono note sostanziali e permanenti da Bismarck a Hitler». Concludendo: HITLER FU CONDOTTO ALLA GUERRA DAL “ PANGERMANESIMO, DAL MILITARISMO, E DALL’ANTISEMITISMO, CHE SONO ANTERIORI AL 1939; NELL’ULTIMA GUERRA LA GERMANIA MANIFESTÒ AL MONDO IL SUO MODO DI PENSARE DI PRIMA, MA CON MOLTA PIÙ BRUTALITÀ DI PRIMA E SENZA L’ABILE PREPARAZIONE PRECEDENTE.* ” Che fosse questa la causa primaria della guerra, oggi è una convinzione che trova concordi gli storici dopo gli anni di polemiche su questo tema all’indomani della fi* E. Vermeil, La Germania contemporanea, Laterza, Bari 1956 16 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 16 11/04/16 13:38 Adolf Hitler davanti alla Torre Eiffel dopo la conquista di Parigi. 23 giugno 1940. ne delle ostilità, mentre per esempio si discute ancora sull’inevitabilità o meno del Primo conflitto mondiale. Sta di fatto che, come affermava lo storico francese delle relazioni internazionali Pierre Renouvin, fino all’ultimo momento la guerra si sarebbe potuta evitare «se il governo tedesco l’avesse voluto». Ma anche i futuri Alleati anti-Asse ebbero una non piccola responsabilità nel favorire il programma hitleriano. Tra le tante vicende che fecero da prodromi al conflitto, la più significativa è probabilmente la Conferenza di Monaco del settembre 1938, che in sostanza dette il via libera al Führer per annettersi il territorio dei Sudeti, all’epoca parte della Cecoslovacchia. Le potenze europee, l’Inghilterra di Neville Chamberlain, la Francia di Édouard Daladier, l’Italia di Benito Mussolini, organizzarono in fretta e furia l’incontro con Hitler (fu Chamberlain a pregare Mussolini di fare da interme17 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 17 11/04/16 13:38 Un bombardiere statunitense B-17 durante il primo grande raid dell’Air Force Usa sulla Germania. Il raid distrusse gran parte degli stabilimenti aeronautici Focke-Wulf di Marienburg. 9 ottobre 1943. diario con il Führer), sperando di “comprarselo” con la concessione di un territorio che in realtà era di uno Stato sovrano terzo (né la Cecoslovacchia né l’Urss furono invitate alla Conferenza), così da tenerlo a bada per impedirgli future conquiste. Chamberlain e Daladier furono acclamati dalle rispettive popolazioni per aver garantito, così, “la pace in Europa”. Soprattutto Chamberlain, che sarebbe rimasto famoso per la sua politica compromissoria di conciliazione a tutti i costi con la Germania, tornò a Londra orgoglioso e, dopo aver riferito gli esiti della Conferenza alla Corona britannica, pronunciò un discorso rimasto storico. Rifacendosi a quanto aveva detto il suo lontano predecessore Benjamin Disraeli all’indomani del proprio ritorno da Berlino, dopo il famoso Trattato del 1878 che dette un nuovo ordine all’Europa rendendola però fortemente instabile (tanto da essere considerato 18 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 18 11/04/16 13:38 uno dei precursori degli eventi che poi sarebbero sfociati nella Prima guerra mondiale), affermò: MIEI CARI AMICI, QUESTA È LA SECONDA “ VOLTA NELLA NOSTRA STORIA IN CUI SI TORNA DALLA GERMANIA A DOWNING STREET CON UNA PACE ONOREVOLE. CREDO CHE SIA UNA PACE PER LA NOSTRA EPOCA. […] ORA VI RACCOMANDO DI TORNARE A CASA E ANDARE A DORMIRE TRANQUILLAMENTE NEI VOSTRI LETTI.* ” L’Inghilterra così si addormentò tranquilla ed esattamente un anno dopo Hitler invase la Polonia dando inizio alla Seconda guerra mondiale. Poi, come sappiamo, Chamberlain si sarebbe dimesso nel 1940, dopo l’in* N. Chamberlain, discorso del 30 settembre 1938, trad. a cura della redazione 19 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 19 11/04/16 13:38 La tragica ritirata dal Don degli alpini dell’Armir (Armata italiana in Russia) che tra il luglio 1942 e marzo 1943 operò sul Fronte orientale, in appoggio alle forze tedesche della Wehrmacht impegnate sul fronte di Stalingrado. I caduti italiani della Campagna di Russia furono 74.800 (un quarto di tutte le perdite della guerra), la maggior parte morti in combattimento o nella tragica ritirata. vasione tedesca della Norvegia, sostituito da Winston Churchill che invece di «sonni tranquilli» promise «sangue, sudore e lacrime» agli inglesi, ma vinse la guerra. In realtà, la “passività” di Inghilterra e Francia non deve addebitarsi soltanto alla miopia dei suoi leader: i due Paesi non avevano alcuna intenzione di lanciarsi in una nuova guerra mondiale, sia per la secolare inimicizia che li divideva, sia per problemi interni, sia per un sentimento ambivalente nei confronti dei fascismi e del nazismo (in Francia soprattutto da parte della classe dirigente, in Inghilterra anche da parte della popolazione). Come osserva lo storico francese Marc Ferro, «il patto Hitler-Stalin [Patto Molotov-Ribbentrop – ndr] dell’agosto 1939, “Waterloo” della diplomazia franco-britannica, aveva avuto solo l’effetto secondario di riconciliare fra loro quei francesi che, sull’orlo della guerra civile dopo il 1934 e il Fronte popolare, avevano ora il pretesto di 20 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 20 11/04/16 13:38 combattere insieme il comunismo e il nazismo. Tuttavia […] il sentimento anti-inglese gareggiava con il timore del bolscevismo e con l’odio contro ebrei e massoni. In Inghilterra esisteva una forte tradizione antibolscevica […] ma questo antibolscevismo non era controbilanciato, come in Francia, da un antifascismo militante, cosicché nel Paese non regnava un’atmosfera da guerra civile. L’Inghilterra benestante era per la pace».* Lo stesso Patto Ribbentrop-Molotov benedetto da Stalin, che giunse inatteso e lacerò l’opinione pubblica europea, e soprattutto i partiti di sinistra, ha avuto e ha tuttora alcune letture differenti. Quella che trova concordi molti storici, e che si rifà alla stessa visione dell’accordo che tradizionalmente ha dato l’Unione Sovietica, fatta propria da Palmiro Togliatti (nonché ribadita da Vladimir Putin in tempi recentissimi: «del resto doveva* M. Ferro, La Seconda Guerra Mondiale. Problemi aperti, Giunti, Firenze 1993 21 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 21 11/04/16 13:38 mo difenderci») è la motivazione tattica. Lo storico Sergio Romano ricorda a questo proposito che «l’Urss era circondata da potenze che consideravano il comunismo una potenziale minaccia, e non era allora in condizione di combattere. Per due ragioni. In primo luogo perché Stalin, durante le purghe del 1937, aveva quasi interamente incarcerato e soppresso il vertice dell’Armata Rossa. In secondo luogo perché era scoppiata qualche giorno prima, sulla frontiera della Mongolia, una piccola guerra tra l’Urss e il Giappone. Se fosse stata coinvolta nel conflitto europeo, l’Urss avrebbe dovuto battersi su due fronti in condizioni di grande debolezza».* Altre letture pongono invece l’accento sulla volontà imperialista di Stalin e considerano il Patto MolotovRibbentrop l’anticamera di una futura spartizione del­l’Est Europa tra le due potenze. Come osserva lo stesso Romano, * S. Romano, Hitler e Stalin, le affinità elettive di due dittatori, Corriere della Sera, 11 aprile 2005 22 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 22 11/04/16 13:54 Partigiani del distaccamento Buranello sfilano a Sestri Ponente nel 1945. STALIN NON SI LIMITÒ A PROTEGGERE “ IL PROPRIO PAESE. APPROFITTÒ DELLA GUERRA TEDESCA PER IMPADRONIRSI DI UN TERZO DELLA POLONIA, DI UNA PROVINCIA ROMENA, DI UN PEZZO DI FINLANDIA E DI TRE REPUBBLICHE SOVRANE DEL BALTICO.* ” Questa lettura del Patto viene così commentata dagli storici Eugenio Di Rienzo ed Emilio Gin: «I carteggi diplomatici franco-britannici della turbolenta seconda metà del 1939 mostrano le Cancellerie europee disposte a giocare su ogni tavolo, in assoluta libertà, rispetto all’ingessata visione della lotta fascismo-antifascismo».** Peraltro, anche Lev Trockij, il teorico della «rivolu* S. Romano, Hitler e Stalin, le affinità elettive di due dittatori, cit. **E. Di Rienzo, E. Gin, Le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica 1939-1945, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013 23 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 23 11/04/16 13:38 Churchill, Roosevelt e Stalin alla Conferenza di Jalta (4-11 febbraio 1945), nella quali i vincitori della Guerra divisero l’Europa in due aree di influenza, statunitense e sovietica. zione permanente», nella seconda metà degli anni Trenta del secolo, durante l’esilio che si sarebbe concluso nel 1940 con il suo assassinio da parte dei sicari di Stalin, affermava: «Solo degli idioti possono pensare che gli antagonismi imperialistici mondiali siano determinati da una contrapposizione inconciliabile tra democrazia e fascismo». Aggiungendo: DI FATTO, LE CRICCHE DIRIGENTI DI TUTTI “ I PAESI CONSIDERANO LA DEMOCRAZIA, LA DITTATURA MILITARE, IL FASCISMO ECCETERA, COME STRUMENTI E METODI DIVERSI PER SUBORDINARE I LORO POPOLI AI FINI IMPERIALISTICI.* ” Fatto sta che la Seconda guerra mondiale trasformò com*L.Trockij, Guerra e Rivoluzione, Mondadori, Milano 1973 24 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 24 15/04/16 17:31 pletamente le relazioni internazionali dividendo il mondo in due parti, ognuna regolata da due diversi modelli politico-sociali, se non si vuole dire ideologici, con una trasformazione irreversibile. Le nazioni protagoniste della Grande Guerra, Inghilterra, Francia e Germania – ma anche gli altri Paesi europei che avevano fatto la storia dell’Occidente –, risultarono fortemente ridimensionate, perché sovrastate dai due giganti Usa e Urss – uno occidentale ma non europeo, l’altro europeo ma non occidentale – e ricostruite con indirizzi che giungevano in sostanza da questi ultimi. Fu questa la vera cesura che fece sprofondare nel passato tutta la storia dell’Occidente, dai suoi inizi fino alla vigilia della Conferenza di Jalta. 25 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 25 11/04/16 13:38 MONDO PENSIERO 1921 Viene pubblicato il Tractatus logicophilosophicus del filosofo e logico austriaco Ludwig Wittgenstein, il quale sostiene che le proposizioni della filosofia tradizionale, non riconducibili né alle proposizioni elementari di significato empirico, né a quelle logico-matematiche, sono pseudo-proposizioni “senza senso”. Pertanto la filosofia non è una dottrina ma soltanto un’attività chiarificatrice. 1922 Dopo la Marcia su Roma, Benito Mussolini diviene primo ministro. Nel 1925 assumerà il potere assoluto dando inizio alla dittatura fascista. Si forma l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss), il primo Stato comunista ufficiale della storia. 1929 La crisi di Wall Street innesca la Grande Depressione negli Stati Uniti. 1930 Il Mahatma Gandhi dà inizio ufficialmente in India al movimento di disobbedienza civile contro la dominazione britannica. Verrà assassinato nel 1948. 1923 Si forma la cosiddetta Scuola di Francoforte, di impronta filosofica e sociologica neomarxista, che comprende i filosofi influenzati dall’ambiente del­ l’Istituto per la ricerca sociale della città tedesca. Fra i suoi esponenti, Horkheimer, Adorno, Habermas, Pollock. Il filosofo e critico letterario ungherese György Lukács pubblica il saggio Storia e coscienza di classe, testo fondamentale della teoria marxista, in cui vengono sviluppati i concetti di alienazione, reificazione e prassi. 1931 Il Giappone invade la Manciuria 1933 Adolf Hitler diviene cancelliere della Germania. L’anno successivo si autoproclama presidente del Reich e Führer. Ha inizio la dittatura nazionalsocialista e la promulgazione delle prime leggi razziali contro gli ebrei. 1935 L’Italia invade l’Etiopia. 1924 Il filosofo e scienziato tedesco Moritz Schlick, esponente del positivismo logico, fonda il Circolo di Vienna, del quale faranno parte filosofi e logici come Rudolf Carnap, Otto Neurath e occasionalmente Kurt Gödel e Hans Reichenbach. Il circolo resterà attivo fino al 1936, anno in cui Schlick sarà assassinato da uno studente di estrema destra. 1936 Inizio della Guerra Civile Spagnola con una rivolta militare contro la Repubblica. La guerra si concluderà nel 1939 con l’istituzione della dittatura da parte del generale Francisco Franco. 1938 La Germania annette l’Austria. Sono promulgate in Italia le prime leggi razziali. Patto di Monaco: Gran Bretagna e Francia approvano l'invasione della Germania del territorio dei Sudeti (Cecoslovacchia) 1927Esce Essere e tempo del filosofo tedesco Martin Heidegger, considerato il “manifesto della filosofia dell’esistenza” o esistenzialismo, per il quale il problema dell’essere passa necessariamente attraverso lo studio di quell’ente che è l’uomo. 1939 La Germania e l’Italia stringono il Patto d’Acciaio. La Germania e l’Unione Sovietica firmano il Patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop. L’invasione nazista 26 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 26 11/04/16 13:38 LETTERATURA E ARTI SCIENZA ED ESPLORAZIONI 1926 L’inglese John Logie Baird presenta il primo apparecchio televisivo, perfezionato e utilizzabile alla fine del decennio. 1922 L’irlandese James Joyce pubblica Ulysses, romanzo che si allontana da ogni convenzione formale e logica per lasciare libero il flusso del pensiero e che influirà profondamente sulla letteratura del Novecento. Esce La terra desolata, di Thomas Stearns Eliot, rappresentazione della vita quotidiana come epica degradata, di un’umanità fatta di eroi urbani privi di qualunque ideale. 1927 Viene proiettato in pubblico negli Stati Uniti The jazz singer (Il cantante di jazz), primo film interamente sonoro della storia. 1927 Il belga Georges Lemaître elabora la teoria del Big Bang, secondo cui l’universo sarebbe nato da un «superatomo», un concentrato di materia ed energia che esplodendo avrebbe originato le galassie e dato origine all’espansione dell’universo. Lo statunitense Charles Lindbergh compie il primo volo solitario New York-Parigi senza scalo. 1923 Italo Svevo pubblica La coscienza di Zeno, romanzo che smembra l’unità cronologica del racconto, descrive l’assurdità della vita e si inquadra nella confluenza del pensiero negativo e antipositivista di Schopenhauer, di Nietzsche e di Freud. 1924 Viene eseguita la Rapsodia in blu di George Gershwin, primo esempio di unione della classicità musicale con elementi del jazz e del blues. 1928 L’inglese Alexander Fleming scopre la penicillina. 1930 Vola a Ciampino (Roma) il primo elicottero, progettato dall’ingegnere Corradino D’Ascanio. 1927 Esce il film Metropolis dell’austriaco Fritz Lang, tra le opere simbolo del cinema espressionista, ed è universalmente riconosciuto come modello di gran parte del cinema di fantascienza. 1931 Viene realizzata negli Stati Uniti la prima chitarra elettrica, che entrerà in commercio nel 1947, rivoluzionando la scena musicale del mondo e permettendo la nascita della musica rock. 1929 Viene diffuso il Manifesto del Surrealismo di André Breton, che dà vita a questa corrente artistica che avrà i massimi esponenti in Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte, Man Ray. 1932 James Chadwick scopre il neutrone, Harold Urey il deuterio, Carl David Anderson scopre il positrone (elettrone positivo), primo esempio di antimateria. 1932 Viene pubblicato il libro Il mondo nuovo dello scrittore britannico Aldous Huxley. Il testo anticipa temi quali lo sviluppo delle tecnologie della riproduzione, l’eugenetica e il controllo 1935 L’inglese Sir Robert Alexander WatsonWatt inventa il radar. 1937 Negli Stati Uniti esplode l’Hindenburg, 27 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 27 11/04/16 13:38 MONDO PENSIERO della Polonia innesca la Seconda guerra mondiale, con la Dichiarazione di guerra alla Germania da parte di Francia e Gran Bretagna e l’invasione della Polonia orientale da parte di truppe sovietiche. 1931 Il matematico austriaco Kurt Gödel pubblica il teorema di incompletezza sintattica, destinato a scuotere le fondamenta della matematica. Gödel dimostra infatti l’impossibilità di costruire un sistema matematico in grado di offrire una certezza globale: la matematica è nel vero soltanto se è considerata incompleta. 1940 A giugno, l’Italia dichiara guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, schierandosi a fianco della Germania. Tra agosto e settembre si svolge la Battaglia d’Inghilterra A settembre, Italia, Germania e Giappone sottoscrivono il Patto tripartito, detto anche Asse Roma-Berlino-Tokyo. 1942 Il filosofo tedesco Walter Benjamin scrive le Tesi sul concetto di storia nelle quali espone un modello marxista di storia che sapesse reggere alle catastrofi del XX secolo, quale fulcro teorico di resistenza per la lotta a venire. 1941 A giugno la Germania lancia la sua offensiva contro la Russia. A dicembre il Giappone attacca la base Usa di Pearl Harbor e gli Stati Uniti entrano in guerra. 1943 Lo scrittore e filosofo francese JeanPaul Sartre pubblica L’essere e il nulla, testo che riprende la fenomenologia di Husserl e l’esistenzialismo di Heidegger per un’analisi pessimistica dell’esistenza umana, segnata dall’angoscia dovuta alla sua presunta totale libertà, che si rivela in realtà come una libertà falsa, basata sul nulla. 1942 Ondata di vittorie alleate nelle Midway, a Stalingrado e El Alamein. 1943 L’Italia si arrende agli Alleati. 1944 Sbarco in Normandia e liberazione della Francia. 1947 Il filosofo tedesco Max Horkheimer pubblica Eclisse della ragione, testo che rappresenta una spietata critica della società contemporanea occidentale, riassunta nella “logica del dominio”, nella quale fa rientrare anche l’esperienza rivoluzionaria. 1945 Finisce in Europa la Seconda guerra mondiale. La Germania accetta la resa incondizionata. A Jalta i tre vincitori, Churchill, Roosevelt e Stalin, dividono l’Europa in due aree di influenza. Mussolini viene giustiziato. Hitler si suicida. In Estremo Oriente gli Usa lanciano le prime bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki portando alla resa del Giappone. La Conferenza di Potsdam divide l’Europa nel blocco occidentale e quello orientale. 1951Esce Minima Moralia del filosofo e musicologo tedesco Theodor Adorno, che manifesta intuizioni inquietanti sulle tendenze generali della società tardo-industriale, che precipita verso l’inumanità. 28 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 28 11/04/16 13:38 LETTERATURA E ARTI SCIENZA ED ESPLORAZIONI mentale, usati per forgiare un nuovo modello di società, nella quale l’uomo perde ogni connotazione individuale, come in una specie di limbo. decretando la fine dell’èra dei velivoli «più leggeri dell’aria». 1938 I tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann scoprono la fissione dell’atomo. È l’alba dell’èra nucleare che porterà alla pila atomica e alla bomba atomica. 1937 Esce il film Biancaneve e i sette nani di Walt Disney. È il primo lungometraggio di animazione e segnerà l’avvio di un genere che trasformerà alcuni canoni dell’intrattenimento per bambini (e adulti). 1939 Albert Einstein scrive al presidente americano Franklin Delano Roosevelt la lettera in cui lo informa che in Germania potrebbe essere realizzata la bomba atomica. Gli Stati Uniti avviano così il Progetto Manhattan che condurrà al primo ordigno nucleare. Vola in Germania il primo aereo a reazione, un Heinkel 178. 1939 Il presidente americano Franklin Delano Roosevelt inaugura il primo servizio al mondo, regolare e definitivo, di trasmissioni televisive. Nasce un nuovo mezzo di comunicazione che influirà profondamente sui linguaggi e sui connotati socioculturali del mondo. 1942 A Chicago entra in funzione la pila atomica di Fermi. Lancio delle V2: dall’isoletta di Peenemünde sul Baltico l’ingegnere tedesco Wernher von Braun fa volare la V2, primo razzo a propellente liquido pilotato automaticamente, che però non modificherà la sorti del conflitto. Dalla V2 von Braun svilupperà i razzi dei programmi spaziali americani che culmineranno con lo sbarco dell’uomo sulla Luna (1969). 1947 Lo scrittore tedesco Thomas Mann pubblica Doktor Faustus, considerato la summa della sua opera, che è stata rivolta in massima parte alla crisi dello spirito e della nazione germanica, tra la razionalità e la fiducia nel progresso e la dissoluzione sociale e politica dell’ex Impero tedesco. 1949Esce 1984 dello scrittore britannico George Orwell, romanzo che descrive con satirica amarezza l’abisso dei regimi totalitari, tanto da far nascere l’aggettivo “orwelliano”. 1946 Fabbricato in Usa l’Eniac, il primo calcolatore elettronico (computer). 1947 Gli americani Walter Brattain e John Bardeen realizzano il primo transistor, che apre l’epoca della miniaturizzazione dell’elettronica e della portatilità degli apparecchi, dalle radio ai computer. 29 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 29 11/04/16 13:38 Albert Speer, 1933. 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 30 11/04/16 13:38 IL PROTAGONISTA Albert Speer, architetto e uomo politico tedesco. Amico personale di Hitler, principale ispiratore degli ambiziosi progetti architettonici e urbanistici del Terzo Reich nonché della complessa liturgia politica che ne informava adunate e cerimonie ufficiali, fu tra i pochi gerarchi che a Norimberga ammisero le colpe della Germania nazista, scampando così al patibolo. Nato nel 1905 a Mannheim, nel Baden-Württemberg, da una facoltosa famiglia di architetti, benché più incline alla matematica, fu persuaso dal padre a non abbandonare la tradizione familiare. A sua volta, intraprese dunque gli studi di architettura a Karlsruhe, poi al politecnico di Monaco e infine, nel 1925, al politecnico di BerlinoCharlottenburg, dove appena laureato divenne assistente. Intanto, nell’agosto del 1928, incurante della disapprovazione materna, aveva sposato l’amata Margarete Weber, fedele compagna che gli avrebbe dato sei figli e cui avrebbe in seguito dedicato i propri diari di prigionia. 31 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 31 11/04/16 13:38 La vita di Speer giunse a una svolta quando, sul finire del 1930, assistette casualmente a una conferenza tenuta agli studenti del Politecnico da un Hitler calmo e civile, in rassicuranti abiti borghesi quasi «volesse sottolineare la moderazione e il buon senso». Ricordando nelle sue Memorie lo stupore provato nel trovarlo così diverso dalle caricature che se ne facevano all’epoca – e riflettendo su ciò che a quel tempo ancora non conosceva e che solo più tardi avrebbe imparato su Hitler – Speer osserva «che egli sapeva sempre conformarsi, per calcolo o per istinto, all’ambiente che lo circondava». Fu allora che venne conquistato dalla sua oratoria: MI SENTIVO TRASCINATO DALL’ENTUSIASMO “ STESSO DA CUI ERA CONTINUAMENTE SORRETTO IL DISCORSO, UN ENTUSIASMO COSÌ INTENSO CHE MI SEMBRAVA DI POTERLO TOCCARE. ESSO DEMOLIVA OGNI RISERVA, OGNI SCETTICISMO, E FACEVA AMMUTOLIRE GLI AVVERSARI, CREANDO, IN CERTI MOMENTI, L’IMPRESSIONE DI UN’UNANIMITÀ CHE NON ESISTEVA.* ” Tutt’altra impressione ebbe nell’ascoltare, alcune settimane dopo, gli eccessi di Goebbels al palazzo dello Sport. Eppure, forse a seguito del violento intervento con cui la polizia disperse i manifestanti, o forse per ef* Tutte le citazioni, tranne dove espressamente indicato, sono da A. Speer, Memorie del Terzo Reich, trad. di E. e Q. Maffi, Mondadori, Milano 1995 32 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 32 11/04/16 13:38 a o o ì e – r u o o - o fetto dell’appassionato discorso di Hitler, pochi giorni dopo s’iscrisse al Partito. «Nessuna drammaticità nella mia decisione: né allora né poi mi sentii membro di un partito politico. E in verità non avevo scelto la NSDAP. Mi ero semplicemente messo al fianco di Hitler». Iniziò a partecipare alle sfilate delle SA (le Sturmabteilungen, cioè i reparti d’assalto) perché gli trasmettevano sensazione di ordine e fiducia in quei tempi così incerti. Grazie a un giovane dirigente, Karl Hanke, futuro deputato, poi viceministro della Propaganda e infine ufficiale della Wehrmacht, ebbe avvio la sua prima collaborazione come architetto con la risistemazione di una sede del Partito. Ma, a seguito della Grande Depressione economica, gli stipendi dei docenti furono ridotti severamente e decise di lasciare il Politecnico per tornare con la moglie a Mannheim, dove aprì un proprio studio di architettura. Fu nel 1933, anno dell’ascesa al potere del Führer, che Hanke, divenuto capo organizzativo della circoscrizione politico-amministrativa, gli chiese di tornare a Berlino. Goebbels lo incaricò di ristrutturare il palazzo del ministero della Propaganda, opera del grande Karl Friedrich Schinkel, e rimase talmente soddisfatto del risultato che Speer fu chiamato nel luglio dello stesso anno per gli allestimenti del raduno del Partito a Norimberga. Hitler si ricordò di lui quando ebbe bisogno di affiancare un architetto a Paul Troost, direttore dei lavori di rinnovamento della Cancelleria del Reich a Berlino. La sua carriera spiccò il volo quando, in seguito 33 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 33 11/04/16 13:38 all’improvvisa morte di Troost (1934), lo sostituì, appena ventinovenne, nel ruolo di architetto-capo del Partito. Spettò a lui realizzare la nuova tribuna in pietra in sostituzione di quella in legno allo Zeppelinfeld di Norimberga, il campo dove avveniva il raduno annuale del Partito. Per la sua spettacolare scenografia si ispirò all’Ara di Pergamo – ricostruita e inaugurata poco tempo prima a Berlino – le cui dimensioni ingrandì enormemente per accogliere fino a 240.000 persone. La sfilata in notturna, proposta da Speer per nascondere lo scarso physique du rôle dei «gerarchetti» che vi partecipavano, fu illuminata dai fasci di luce verticale di 130 riflettori di contraerea: la “cattedrale di luce” immortalata nel filmato Il trionfo della volontà di Leni Riefenstahl. Le ambiziose visioni di Hitler sembravano pienamente incarnarsi nello stile maestoso del suo architetto, deciso a innalzare edifici che testimoniassero la grandezza del Terzo Reich per migliaia di anni. Il Führer, che in gioventù aveva sognato di diventare un artista, nutriva una vera ammirazione per la geniale creatività di Speer e ben presto tra i due si instaurò un rapporto particolare, privilegiato. In apertura della sua deposizione al Processo di Norimberga, Speer espose il proprio percorso di vita dichiarando: SONO ENTRATO IN STRETTO CONTATTO “ CON HITLER A CAUSA DELLA PASSIONE CHE AVEVA PER L’ARCHITETTURA. 34 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 34 11/04/16 13:38 n l o a o , i - , n a e , i HO FATTO PARTE D’UNA CERCHIA CHE COMPRENDEVA ALTRI ARTISTI E IL GRUPPO DEI PERSONALI COLLABORATORI. SE HITLER FOSSE STATO CAPACE DI AVERE AMICI, IO SAREI STATO SICURAMENTE UNO DEI SUOI AMICI PIÙ STRETTI.* ” Il dittatore, del resto, non celava la propria predilezione per il giovane professionista; passava con lui ore e ore al tavolo da disegno a discutere idee e progetti, lo riceveva in privato in qualsiasi momento e manifestava familiarità nei suoi confronti anche in pubblico; da lui amava farsi accompagnare alle mostre d’arte e in ogni simile occorrenza. Dopo aver progettato lo Stadio per le Olimpiadi del 1936, Speer – nominato nel 1937 ispettore generale per l’edilizia a Berlino – fu incaricato della ristrutturazione urbanistica della città, futura capitale del mondo nei folli piani di onnipotenza del Führer. Ancora una volta diede corpo ai sogni di grandezza di Hitler, disegnando una città monumentale, con palazzi alti come grattacieli e un immenso viale per le parate al centro, lungo più di cinque chilometri e largo 120 metri, ai cui estremi dovevano campeggiare un arco di trionfo alto 120 metri e una cupola di 250 metri di diametro. Per realizzare l’utopico progetto, che rimase sulla carta a causa dello scoppio della guerra, furono requisiti e demoliti circa cinquantamila tra * A. Speer, in G.M. Gilbert, Norimberga, riportato da J. Fest, Speer. Una biografia, Garzanti, Milano 2000 35 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 35 11/04/16 13:38 appartamenti e vani commerciali del centro della città, con un protervo sventramento che assieme agli edifici fece tabula rasa di tutto il tessuto sociale, in barba alle obiezioni dello stesso sindaco nazista di Berlino, Julius Lippert, e dei suoi uffici. Speer non solo aveva assecondato la visione megalomane del Führer, ma lo aveva superato andando, come egli stesso afferma nelle sue Memorie, «molto al di là del concetto hitleriano di colossale, se non altro dal punto di vista dell’estensione della pianificazione urbanistica». Hitler pensava agli edifici, Speer all’intera città, senza darsi cura delle ripercussioni che ciò procurava agli esseri umani: «Mi sentivo l’architetto di Hitler. Gli avvenimenti politici non mi riguardavano». Eppure, persino il padre era inorridito di fronte ai deliranti plastici della città: ANCHE MIO PADRE VENNE A VEDERE I LAVORI “ DEL FIGLIO DIVENUTO CELEBRE. DAVANTI AI MODELLI SCROLLÒ LE SPALLE E DISSE «SIETE DIVENTATI COMPLETAMENTE PAZZI!» ” Sempre nel 1937, disegnò il padiglione tedesco per l’Esposizione universale di Parigi, che fu premiato insieme a quello sovietico ideato da Boris Iofan, e nel 1938 iniziò la costruzione della nuova Cancelleria del Reich, destinata a essere distrutta dall’Armata Rossa (1945). Speer la completò in meno di un anno, secondo i desideri di Hitler. Intanto la sua influenza cresceva. Nel 1942, dopo la misteriosa morte in un incidente aereo, di Fritz Todt, 36 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 36 11/04/16 13:38 ministro per gli Armamenti e la Produzione bellica, accettò di subentrargli nella carica, benché fosse privo di vocazione politica, e divenne inoltre ispettore generale per la viabilità e per le risorse idriche e l’energia. Considerato fino ad allora soltanto un artista, diede prova di straordinarie abilità organizzative oltre che di uno zelo spietato. Per velocizzare il processo produttivo ridusse al minimo la burocrazia e con 14 milioni di lavoratori coatti alle proprie dipendenze, reclutati nei campi di concentramento o rastrellati per le strade d’Europa, in due anni e mezzo riuscì a triplicare le forniture di armi e munizioni, malgrado i danni causati dai bombardamenti alleati. Proprio per evitare le distruzioni, del resto, le fabbriche di armamenti furono in molti casi trasferite in miniere e siti segreti, con gli operai-schiavi costretti a lavorare in condizioni disumane. Ma nonostante l’impegno profuso, la Germania non poteva competere con la produzione bellica degli Alleati e, all’inizio del 1944, lo stesso Speer iniziò a comprendere che la situazione era disperata. Forse logorato dalla consapevolezza dell’imminente sconfitta, si ammalò gravemente ma con grande sorpresa di tutti si riprese e tornò al suo lavoro. Nel 1945 fu uno dei pochi gerarchi a opporsi alla strategia della “terra bruciata”, ultima pazzia di Hitler, che ordinò ai suoi uomini di distruggere durante la ritirata tutto quanto potesse essere utilizzabile dal nemico. Ben consapevole che la guerra era perduta, l’architetto 37 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 37 11/04/16 13:38 disubbidì e negli ultimi giorni del conflitto pensò persino di assassinare il Führer immettendo gas nervino negli impianti di aerazione del bunker sotto la Cancelleria di Berlino che lui stesso aveva progettato. Malgrado ciò, poco prima che Hitler si suicidasse volle incontrarlo e gli confessò di aver sabotato i suoi ordini, ma il dittatore, conscio della fine vicina, lo lasciò andare. Speer raggiunse allora Flensburg, sede del governo fantoccio del grand’ammiraglio Karl Dönitz, nelle cui vicinanze fu arrestato alla fine della guerra. Processato a Norimberga insieme a molti altri gerarchi del regime, di fronte all’accusa di essersi servito di manodopera in stato di schiavitù si dichiarò colpevole, asserendo in sua difesa che fosse l’unico modo per far fronte alle esigenze belliche. Ammise inoltre le proprie responsabilità per il suo ruolo nel governo nazista, di cui riconobbe i crimini, ma dichiarò di non essere a conoscenza dei piani di sterminio degli ebrei. Sfuggì così al patibolo e fu condannato a venti anni di reclusione, che scontò nel carcere berlinese di Spandau. Liberato nell’ottobre 1966 insieme al capo della Gioventù hitleriana, Baldur von Schirach, si stabilì a Heidelberg, dove visse ritirato i suoi ultimi anni, tormentato dai rimorsi e dal sospetto dei tanti che nutrivano dubbi sulla sua sincerità. Pubblicò diverse opere autobiografiche, tra cui le Memorie del Terzo Reich (1969), scritte durante la prigionia, che ottennero un notevole successo editoriale, e collaborò di frequente con storici e giornalisti impegnati 38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 38 11/04/16 13:38 in ricerche sulla Germania nazista. In una dichiarazione del 1977 in cui definiva il Processo di Norimberga e la propria condanna «complessivamente corretti» scrisse: RITENGO TUTTORA GIUSTO ASSUMERMI “ LA RESPONSABILITÀ E QUINDI ANCHE LA COLPA DI QUEI CRIMINI […] COMMESSI SOLO DOPO IL MIO INGRESSO NEL GOVERNO DI HITLER […]. GUARDO TUTTORA ALLA SUPINA ACCETTAZIONE DELLA PERSECUZIONE DEGLI EBREI E AL MASSACRO DI MILIONI DI LORO COME ALLA MIA MAGGIORE COLPA.* ” Albert Speer morì il 1° settembre 1981, colto da un ictus mentre era a Londra per partecipare a un programma della BBC. Di lui scrisse lo storico Sebastian Haffner: Speer «non è un nazista vistoso e pittoresco [ma] l’uomo medio di successo, ben vestito, beneducato, non corrotto […]: il tecnico puro, l’uomo dalle brillanti attitudini che, a prescindere dalle radici sociali e senza disporre d’un suo patrimonio, non ha altro obiettivo che quello di far strada nel mondo […]. Questo è il loro tempo. Degli Hitler e degli Himmler potremo anche sbarazzarcene. Ma gli Speer, qualunque cosa possa loro individualmente accadere, rimarranno ancora a lungo fra di noi».** * A. Speer, in J. Fest, Speer. Una biografia, cit. ** Ibidem 39 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 39 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 40 11/04/16 13:38 ALTRI PERSONAGGI William Henry Beveridge, economista e uomo politico inglese (1879-1963). Nato a Rangpur (Bengala) da un funzionario coloniale, si laureò in Legge a Oxford (1903) ma rinunciò alla carriera forense per dedicarsi allo studio e alla soluzione di problemi sociali legati alla disoccupazione. Accettò allora l’incarico di vicedirettore del Toynbee Hall, centro filantropico nel povero East End di Londra, e curò poi per il Morning Post una rubrica sulle politiche sociali. Avvicinatosi ai coniugi Sidney e Beatrice Webb, esponenti di spicco della Fabian Society e del riformismo socialista inglese, entrò in contatto con Winston Churchill (1908), che lo volle come consulente alla Camera di Commercio e, ispirato dai suoi scritti, istituì un sistema di agenzie di collocamento nazionali, le Labour Exchanges di cui fu in seguito direttore. Divenne segretario permanente al Ministry of Food, dove si distinse tra i fautori del razionamento e del controllo dei prezzi. 41 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 41 11/04/16 13:38 Nel 1919 lasciò la carriera amministrativa per dirigere la London School of Economics (fino al 1937) e poi l’University College di Oxford, ma rimise le sue competenze al servizio del governo durante la Seconda guerra mondiale, quando ideò il celebre Piano Beveridge (1942), un innovativo sistema di sicurezza sociale preludente al Welfare State, che entrò in vigore nel 1948. Deputato liberale, perse le elezioni del 1945 e, creato barone, entrò alla Camera dei Lord. Tra le sue opere: Unemployment (1930); Full employment in a free society (1944). George Catlett Marshall, uomo politico e generale statunitense (1880-1959). Nato a Uniontown (Pennsylvania) da un mercante di carbone, si laureò al Virginia Military Institute di Lexington e iniziò la sua carriera nelle forze armate come sottotenente di fanteria nelle Filippine. Durante la Grande Guerra prestò servizio in Francia (19171918) e fu in seguito aiutante di campo del generale John J. Pershing; trascorse poi alcuni anni in Cina e rivestì vari incarichi presso le scuole militari, tra cui la prestigiosa scuola di fanteria di Fort Benning (Georgia), di cui fu vice­ comandante. Chiamato a dirigere la Sezione per i piani di guerra (1938), divenne infine capo di Stato Maggiore generale (1939-45). Si impegnò allora a riorganizzare e potenziare l’esercito, rinnovandone gli armamenti e semplificando la burocrazia militare, opera che gli valse l’appellativo di “organizzatore della vittoria” da parte del primo ministro inglese Winston Churchill. Durante la Seconda 42 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 42 11/04/16 13:38 guerra mondiale sostenne la necessità dello sbarco in Normandia, in contrasto con la strategia mediterranea degli inglesi, e si mise in luce per la sua abilità diplomatica nelle conferenze di Casablanca (1943), Jalta e Potsdam (1945). Fu poi inviato in Cina dal presidente Harry S. Truman (1945) per un vano tentativo di mediazione tra Chiang Kai-shek e Mao Tse-Tung. Segretario di Stato (1947-49), lanciò l’European Recovery Program, più noto come Piano Marshall, il programma di aiuti per la ricostruzione dell’economia europea prostrata dalla guerra, per cui si meritò il Premio Nobel per la pace (1953). Dimessosi per motivi di salute, fu ancora segretario alla Difesa nel 1950-51. Isoroku Yamamoto, ammiraglio giapponese (18841943). Originario di Nagaoka, appena un anno dopo essere uscito dall’Accademia navale di Yetajuna prese parte alla storica Battaglia di Tsushima (Stretto di Corea), che segnò la vittoria nipponica nella Guerra russo-giapponese (1904-05). Nel 1916 si laureò con tutti gli onori al collegio navale di Stato Maggiore di Tsukiji e fu adottato dall’influente famiglia Yamamoto, di cui acquisì il nome; il suo vero padre infatti era Sadayoshi Takano, che l’aveva avuto all’età di 56 anni e lo aveva perciò chiamato Isoroku, ossia “cinquantasei”. Promosso tenente comandante, studiò inglese a Harvard e insegnò al collegio navale di Stato Maggiore nipponico prima di essere inviato alla scuola di volo di Kasumigaura. Divenne dunque capitano e tornò negli Stati Uniti quale addetto navale presso 43 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 43 11/04/16 13:38 l’ambasciata nipponica di Washington (1926-28). Al suo rientro in patria ottenne il comando della portaerei Akagi e fu delegato alla Conferenza navale di Londra (1935); continuò poi la sua ascesa nei ranghi della marina militare fino a ricoprire il ruolo di viceministro della Marina (1936), che sfruttò per promuovere un piano di riarmo navale imperniato sulla dotazione di efficienti portaerei da combattimento. Comandante in capo della flotta imperiale (1939), progettò e diresse l’attacco aeronavale alla flotta americana di Pearl Harbor (1941), che sancì l’inizio della guerra nel Pacifico. Guidò l’espansione giapponese nell’Asia Sudorientale e comandò le forze impegnate nella Battaglia di Midway (1942), risoltasi in un disastro per le sue portaerei. Morì abbattuto da un caccia americano che intercettò il suo aereo in volo sulle isole Salomone. Ferruccio Parri, uomo politico italiano (1890-1981). Nato a Pinerolo e laureatosi in Lettere a Torino, prese parte alla Prima guerra mondiale come ufficiale di fanteria, meritandosi tre medaglie al valore. Fu tra i primi anti­ fascisti che si opposero attivamente al regime e nel 1927 organizzò con Carlo Rosselli e Sandro Pertini la fuga all’estero del leader socialista Filippo Turati. Condannato al confino e liberato nel 1933, riprese la lotta clandestina quale membro di Giustizia e Libertà e contribuì alla fondazione del Partito d’Azione (1942). Dopo l’8 settembre 1943 ebbe un ruolo di primo piano nell’organizzazione della Resistenza partigiana, dirigendo insieme a Raffaele 44 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 44 11/04/16 13:38 o i ; a o i a o e r o . e ­ 7 a o a e e e Cadorna e Luigi Longo l’attività militare del Corpo volontari della libertà per l’Alta Italia; divenuto consultore nazionale dopo la sconfitta dei nazifascisti, fu il primo presidente del consiglio dell’Italia liberata (19 giugno22 novembre 1945). Lasciò poi il Partito d’Azione (marzo 1946) e diede vita con Ugo La Malfa e altri al Partito della democrazia repubblicana – per il quale fu deputato alla Costituente – confluito in seguito nel Pri. Senatore di diritto nella prima legislatura (1948-53), aderì al movimento di Unità popolare (1953) ma rimase indipendente quando questo si unì al Psi. Di nuovo senatore (1958), a vita dal 1963, fondò e diresse fino alla morte la rivista Astrolabio, che mirava a creare un punto di incontro tra le diverse “anime” della sinistra; nel 1968 divenne infine presidente del gruppo della Sinistra indipendente, accostandosi al Pci. Negli anni Settanta si ritirò gradualmente dalla politica attiva, ma rimase presidente della Federazione italiana associazioni partigiane (Fiap), da lui fondata (1949). Morì a Roma all’età di 91 anni. Arthur Travers Harris, maresciallo dell’aria inglese (18921984). Soprannominato Bomber Harris o The Butcher (il Macellaio), durante la Seconda guerra mondiale inaugurò la strategia dei bombardamenti a tappeto sui centri urbani tedeschi. Nato a Cheltenham, si trasferì in Rhodesia (l’odierno Zimbabwe) nel 1909 e, allo scoppio della Grande Guerra, partecipò alla campagna nell’Africa tedesca del Sudovest (Namibia) con il 1° Reggimento rhodesiano. 45 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 45 11/04/16 13:38 L’anno dopo (1915) tornò in Inghilterra, dove entrò nei Royal Flying Corps, antesignani della Royal Air Force (Raf), e, ottenuto il brevetto di pilota, diresse varie squadriglie di caccia in Francia e in Inghilterra. Fu poi ingaggiato dalla Raf quale comandante di squadriglia e svolse incarichi in Irak, India, Gran Bretagna, Palestina e Transgiordania (anni ’20 e ’30), per poi assumere il ruolo di vicedirettore della Pianificazione (1934-37) al ministero dell’Aeronautica. Promosso Air Commodore (1937), pari al grado di generale di brigata, divenne vicemaresciallo dell’Aviazione (1939), maresciallo (1941) e comandante in capo del Bomber Command della Raf (1942). Sviluppò allora la tattica dei bombardamenti di saturazione su vasta scala, volti a colpire direttamente le popolazioni per abbatterne il morale e la resistenza. Ne derivò la distruzione quasi totale di molte città tedesche, tra cui Amburgo (1943), con 40.000 morti, e Dresda (1945), con 200.000 civili uccisi. Nel dopoguerra numerose voci di biasimo si levarono contro i suoi metodi e Harris, sdegnato, si trasferì in Sudafrica (1946-53), dove diresse la South African Marine Corporation. Rientrato in patria, fu insignito del titolo di baronetto (1953) e si ritirò a Goring-on-Thames. Georgij Konstantinovič Žukov, generale sovietico (1896-1974). Nato a Strelkova (Russia orientale) da un ciabattino e una contadina, durante la Grande Guerra militò nella cavalleria, meritando sul campo la promozione a sergente e la croce di San Giorgio, alta onorificenza 46 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 46 11/04/16 13:38 i , i i a e i l a , e i , i n e i o n a a della Russia zarista. Allo scoppio della guerra civile si arruolò volontario nell’Armata Rossa e aderì al Partito comunista (1919), avviando una rapida carriera che, già nel 1922, lo vide al comando di uno squadrone della 1a Armata di cavalleria, corpo d’élite. Assistente ispettore di cavalleria dell’Armata Rossa (1930), continuò la sua ascesa nei ranghi militari, sfuggendo all’epurazione dei quadri dell’esercito attuata da Stalin negli anni Trenta. Diresse con successo la controffensiva contro i giapponesi al confine con la Manciuria (1939) e durante il secondo conflitto mondiale acquisì fama leggendaria di “generale che non ha mai perso una battaglia”. Comandante d’Armata e poi capo di Stato Maggiore generale (1941), coordinò la difesa di Leningrado (1941-44) e arrestò l’avanzata tedesca su Mosca (1941), per poi ottenere la storica vittoria di Stalingrado (1942-43) e guidare infine il contrattacco (1943-44). Caduta Varsavia, entrò trionfalmente a Berlino alla testa delle sue armate (1945) e divenne comandante delle truppe russe d’occupazione nella Germania orientale (1946), ma fu poi relegato nell’ombra da Stalin, che ne temeva il formidabile prestigio. Alla morte di questi, entrò nel Comitato generale del Pcus (1953-56) e nel Presidium (1957) e fu, infine, ministro della Difesa (1955-57), ma dovette ritirarsi per i dissidi insorti con il nuovo leader sovietico Nikita Sergeevič Chruščëv. Jean Moulin, funzionario governativo francese (18991943), eroe della Resistenza. Figlio di un professore di 47 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 47 15/04/16 17:31 storia legato al Partito radical-socialista, servì brevemente nell’esercito sul finire della Prima guerra mondiale (1918) e, compiuti gli studi di Legge a Montpellier, intraprese la carriera amministrativa. Nel 1925 conobbe il giovane Pierre Cot, militante radical-socialista e futuro deputato della Savoia (1928-40) che, asceso al governo in veste di ministro dell’Aviazione (1933-34 e 1936-38), lo volle al suo fianco come capo di gabinetto; da tale posizione, Moulin sostenne i repubblicani nella Guerra Civile spagnola, inviando aerei e piloti, pur senza ottenere i risultati sperati. Entrato poi nell’amministrazione prefettizia, a 38 anni divenne il più giovane prefetto della Francia (nell’Aveyron) e nel 1940 assunse la prefettura dell’Eure-et-Loir, con sede a Chartres. Quando nel giugno i tedeschi invasero la città, si rifiutò di firmare un documento che denunciava presunte atrocità commesse dall’esercito francese e tentò il suicidio tagliandosi la gola. Tuttavia sopravvisse e maturò la decisione di unirsi alla Resistenza. Destituito dal governo di Vichy, riparò a Londra ma tornò in patria nel gennaio 1942 quale rappresentante del generale Charles De Gaulle nella cosiddetta zona libera. Qui promosse il coordinamento dei vari movimenti della Resistenza, cui diede unità operativa con la fondazione del Conseil national de la Résistance (maggio 1943), di cui fu il primo presidente. Arrestato dalla Gestapo appena un mese dopo vicino a Lione, morì tra atroci torture ma non tradì i compagni. 48 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 48 11/04/16 13:38 e , e l e ; r e . ò o o s e , l e n Marek Edelman, uomo politico polacco e attivista della Resistenza (1919-2009). Nato in una famiglia ebraica di Varsavia, aderì giovanissimo al Bund, l’Unione dei lavoratori ebrei di Russia, Lituania e Polonia, di impronta socialista, e negli anni dell’occupazione tedesca militò nel gruppo di resistenza fondato dal movimento; quando poi sorse la ŻOB – Żydowska Organizacja Bojowa, Organizzazione ebraica di combattimento (1942) – guidata da Mordechaj Anielewicz, si unì a essa, assumendo il comando delle squadre di combattimento del Bund. Come vicecomandante della ŻOB, si distinse per il suo coraggio durante l’eroica insurrezione del ghetto di Varsavia, messa in atto da un pugno di ebrei che con poche decine di armi tenne in scacco le truppe naziste per quasi un mese (19 aprile-16 maggio 1943). Fuggito il 10 maggio 1943, si nascose nella zona ariana della città e con i superstiti della ŻOB prese parte alla sanguinosa rivolta di Varsavia (agosto-ottobre 1944). Nel dopoguerra completò gli studi e divenne medico ma non rinunciò alla sua militanza socialista anticomunista, finendo più volte in carcere. Quando nacque Solidarność (1980), ne fu uno dei consiglieri, fino a partecipare ai cosiddetti negoziati della Tavola rotonda (1989) tra il sindacato e la giunta militare del generale Wojciech Jaruzelski, che aprirono la transizione pacifica dal comunismo alla democrazia. Deputato alla Dieta (1989-93), fu insignito dell’ordine dell’Aquila, la massima onorificenza polacca (1998). Tra le sue opere: Il guardiano (1998); C’era l’amore nel ghetto (2009). 49 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 49 11/04/16 13:38 I NUMERI FORZE MILITARI IN CAMPO Asse 18.860.000 di cui: Germania 10.300.000 (esercito 7.500.000, aviazione 2.000.000, marina 800.000) Giappone 4.360.000 (esercito 3.610.000, aviazione 400.000, marina 350.000) Italia 4.200.000 (esercito 4.065.000, aviazione 60.000, marina 75.000) Alleati 39.574.000 di cui: Urss 13.550.000 (esercito 13.000.000, aviazione 500.000, marina 500.000) Stati Uniti 14.000.000 (esercito 8.300.000, aviazione 2.400.000, marina 3.700.000) Gran Bretagna 4.700.000 (esercito 2.900.000, aviazione 1.000.000, marina 800.000) Commonwealth 4.700.000 (esercito 3.075.000, aviazione 258.000, marina 95.000) Francia 2.830.000 (esercito 2.500.000, aviazione 150.000, marina 180.000) Canada 1.100.000 (esercito 755.000, aviazione 250.000, marina 95.000) PRODUZIONE BELLICA Aerei: Stati Uniti 300.000 Germania 112.000 Gran Bretagna e Commonwealth 115.000 Urss 100.000 Giappone 63.000 Carri armati: Stati Uniti 88.000 Germania 46.000 Gran Bretagna e Commonwealth 30.000 Urss 90.000 50 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 50 15/04/16 17:31 0) ) ) 0) ) PERDITE UMANE COMPLESSIVE DELLA GUERRA* (compresa guerra sino-giapponese) Militari: 22.000.000 civili: 48.000.000 Totale: 70.000.000 Asse 18.860.000 di cui: Germania 7.600.000 (militari 5.500.000, civili 2.100.000) Giappone 2.630.000 (militari 1.930.000, civili 700.000) Italia 443.000 (militari 313.000, civili 130.000) Principali Alleati di cui: Urss 23.000.000 (militari 10.400.000, civili 12.600.000) Stati Uniti 413.000 (militari 405.000, civili 8.000) Gran Bretagna 365.500 (militari 272.000, civili 93.500) Francia 560.500 (militari 210.000, civili 350.000) Guerra sino-giapponese: perdite cinesi militari 4.000.000 civili 15.500.000 totale 19.600.000 PERDITE AEREI Aviazione Usa: in Europa 18.100 in Asia e nel Pacifico 4.200 Raf 35.500 Luftwaffe 79.000 * Fonte: Joseph V. O’Brien, Dipartimento di Storia – John Jay College of Criminal Justice, New York, NY, Usa 51 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 51 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 52 11/04/16 13:38 FOCUS 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 53 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 54 11/04/16 13:38 GLI EVENTI Q uando è effettivamente iniziata la Seconda guerra mondiale? La data canonica, registrata su tutti i manuali scolastici, è il 1º settembre 1939, giorno in cui le forze armate tedesche, la Wehrmacht, attaccarono lo Stato polacco, e tuttavia ne sono pensabili altre, precedenti, se tra le cause principali del conflitto consideriamo la crisi, fattasi acuta negli anni Trenta, dell’ordine – sicuramente asimmetrico e diseguale – nato dalla Grande Guerra e formalizzato nei trattati di pace che la conclusero, nonché la drammatica incapacità a farvi fronte dell’istituzione sovranazionale pensata alla scopo di risolvere pacificamente i contrasti tra gli Stati, la Società delle Nazioni (SdN). Questa, fortemente voluta dall’allora presidente degli Stati Uniti d’America Thomas Woodrow Wilson sulla base di proposte avanzate nel corso della guerra da intellettuali, studiosi e politici ed inserita nel testo del Trattato di Versailles, sarebbe poi nata nel gennaio 1920, ma senza 55 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 55 11/04/16 13:38 la partecipazione statunitense, bloccata dall’opposizione di una parte del Senato all’articolo X della carta istitutiva dell’SdN, che prevedeva l’intervento automatico a difesa di uno Stato membro vittima di un’aggressione esterna. Per effetto dello stallo gli Usa non avrebbero sottoscritto nemmeno i trattati a suo tempo definiti a Parigi con la Germania, l’Austria residuale e l’Ungheria, regolando i propri rapporti con i tre Stati mitteleuropei tramite specifici patti bilaterali siglati nel 1921. Il primo degli episodi che possono essere considerati come l’avvio del processo che avrebbe portato alla guerra mondiale è il cosiddetto “incidente di Mukden” (per i cinesi) o “incidente manciuriano” (per i giapponesi), avvenuto nel 1931: un attentato ai binari della ferrovia mancese meridionale organizzato dai giapponesi stessi, che ne avevano acquisito il controllo in precedenza, fornì il pretesto al governo ed alle forze armate del Sol Levante per invadere la regione staccandola dalla Cina; essa fu eretta l’anno successivo in Stato vassallo sotto il nome di Manchukuo. In tal modo si veniva a concretizzare il caso previsto dall’articolo X prima citato, ma l’unica reazione della SdN fu la costituzione di una commissione d’indagine il cui esito fu una mozione di condanna del Giappone, il quale dal canto suo reagì uscendo dall’organizzazione internazionale. Quella di Tokyo sarebbe stata la prima di una serie di secessioni che avrebbero ulte- 56 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 56 11/04/16 13:38 riormente indebolita la SdN, a cominciare dalla pressoché contemporanea uscita della Germania (che vi era stata ammessa solo nel 1926 in quanto considerata responsabile della Grande Guerra) pochi mesi dopo la salita al potere di Adolf Hitler. Se la contesa tra Cina repubblicana e Giappone imperiale ed espansionista era avvenuta fuori dallo spazio euroatlantico, zona al tempo egemonica, la successiva crisi militare avrebbe visto come Stato aggressore una potenza europea: l’Italia monarchico-fascista. Il 3 ottobre 1935, infatti, il Regio Esercito entra in forze in Etiopia con l’obiettivo di occuparla integralmente; il 9 maggio 1936 l’Etiopia fu ufficialmente annessa. Nonostante la scomparsa dalla carta geografica di uno dei suoi Stati fondatori, la SdN non riuscì ad andare oltre l’approvazione di sanzioni economiche, parziali perché escludevano materie prime strategiche come il petrolio ed il carbone, nonché per la decisione di non applicarle presa sia da Stati non facenti parte delle Società, come gli Usa, o da essa già usciti, come la Germania, sia da Stati membri che si erano astenuti o che, pur avendo votato a favore, poi non interruppero i rapporti commerciali con l’Italia. Nel frattempo, il 7 marzo precedente, altra data cruciale, truppe tedesche erano entrate in Renania, territorio che, secondo il Trattato di Versailles, avrebbe 57 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 57 11/04/16 13:38 dovuto rimanere smilitarizzato. L’operazione, denominata in codice “Winterübung” (esercitazione invernale), avvenne in un contesto internazionale dominato dall’aggressione italiana all’Etiopia; la reazione sotto tono della SdN all’iniziativa mussoliniana confermò il gruppo dirigente del regime nazionalsocialista della sua praticabilità. Le reazioni franco-britanniche all’entrata in Renania di unità della Wehrmacht si sarebbero limitate alle proteste verbali. Di lì a poco, il 17 luglio del 1936 – anno drammatico per il mutamento nei rapporti di forza tra le potenze a cui avrebbe dato luogo – avrebbe avuto inizio la Guerra Civile spagnola. Nata come regolamento dei conti interno tra le forze conservatrici coagulatesi attorno al gruppo di generali golpisti – tra cui sarebbe poi emersa la leadership di Francisco Franco – ed il composito schieramento delle sinistre che facevano riferimento al governo legittimo di Fronte popolare, era destinata a trasformarsi in un confronto fortemente simbolico e per molti versi anche materiale tra fascismo ed antifascismo. Ciò avvenne in seguito all’appoggio dato ai golpisti da Italia e Germania, nonché dal Portogallo salazarista, e al sostegno fornito alle autorità repubblicane – oltre che dall’Unione Sovietica e dal Messico – da un vasto movimento internazionale di solidarietà da cui sarebbero nate le Brigate volontarie internazionali. Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti avrebbero invece scelto la linea del “non intervento”. 58 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 58 11/04/16 13:38 Il rosario di eventi sgranatosi dal 18 settembre 1931 al 17 luglio di cinque anni dopo fece emergere con chiarezza lo schieramento delle potenze ostili all’“ordine di Versailles” e miranti a mandarlo in mille pezzi; ne facevano parte con funzioni di apripista il Giappone, l’Italia e la Germania nazionalsocialista autodefinentesi Terzo Reich, i tre Stati che avremmo poi visto, di lì a qualche anno, combattere assieme legati tra loro da una complessa rete pattizia. Il 7 luglio dell’anno seguente, 1937, il conflitto sinogiapponese, da decenni latente ed acutizzatosi dopo i fatti del 1931, riprese con violenza; le forze armate nipponiche estesero ampiamente il territorio cinese sotto il proprio controllo, occupando nei mesi successivi Pechino, Shanghai, e l’allora capitale Nanchino, che fu teatro di terrificanti violenze compiute dall’esercito del Sol Levante. I combattimenti tra le parti belligeranti sarebbero cessati solo con la resa delle truppe giapponesi avvenuta il 9 settembre 1945, una settimana esatta dopo la conclusione ufficiale della Seconda guerra mondiale. L’ultimo episodio suscettibile di essere considerato come reale inizio di un conflitto generalizzato avvenne il 30 settembre 1938 a Monaco, dove i capi dei governi britannico, Neville Chamberlain, francese, Édouard Daladier, tedesco, Adolf Hitler, italiano, Benito Mus59 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 59 11/04/16 13:38 solini, sottoscrissero l’intesa che di fatto autorizzava la Germania ad annettersi la regione cecoslovacca dei Sudeti, abitata in prevalenza da tedeschi. La Wehrmacht l’avrebbe materialmente occupata all’inizio dell’ottobre successivo. Protocolli aggiuntivi al patto prevedevano la regolazione tramite accordi bilaterali delle contese su alcuni distretti di confine che opponevano la Cecoslovacchia rispettivamente a Polonia ed Ungheria; la prima già il 2 settembre inglobò la Zaolzie e poi un’ulteriore fetta di territorio cecoslovacco; la seconda, sulla base di una mediazione italogermanica (francesi e britannici si chiamarono fuori), si impadronì inizialmente di diverse strisce confinarie, a cui nel marzo 1939, in seguito alla dissoluzione per mano tedesca della Cecoslovacchia residuale, si sarebbe aggiunta l’Ucraina transcarpatica. L’accordo di Monaco fu una tappa chiave della strada verso la guerra generalizzata, segnando l’eclissi definitiva della SdN. Venne sostanzialmente meno la possibilità di costruire un’intesa che, in funzione antitedesca (antinazista), riproponesse lo schieramento che nella Grande Guerra aveva avuto ragione degli Imperi centrali, opzione perseguita dal gruppo dirigente moscovita in particolare dopo il 1933, con l’instaurarsi della dittatura hitleriana in Germania. Imboccata con decisione, alla metà degli anni Venti, 60 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 60 11/04/16 13:38 la strada del “socialismo in un Paese solo” dopo che già in precedenza erano state avviate strette relazioni politiche, economiche e militari con la Repubblica di Weimar sulla base della comune esclusione quali “Stati paria” dalla comunità internazionale, all’inizio del decennio successivo l’Urss venne infatti riconosciuta ufficialmente da numerose potenze e, nel 1934, entrò nella SdN, stringendo nello stesso periodo patti di non aggressione e poi di alleanza anche militare con la Francia e la stessa Cecoslovacchia. Personaggio chiave di questa politica era stato il commissario del popolo agli Affari esteri Maxim Maximovič Litvinov, le cui posizioni risultarono però a quel punto pesantemente indebolite; non solo infatti l’Urss, come la Cecoslovacchia, non era stata invitata a Monaco, ma l’offerta moscovita di intervenire militarmente in difesa di Praga si scontrò da un lato con la non disponibilità francese ad onorare il patto a suo tempo stretto con lo Stato mitteleuropeo, dall’altro con il rifiuto opposto da Polonia ed Ungheria a concedere a truppe sovietiche il passaggio sui propri territori, loro necessario per potersi schierare a difesa dell’Alleato. Se si considera che la visione del mondo dominante a Mosca prevedeva l’inevitabilità della guerra quale necessario portato, sulla scorta delle analisi leniniane, dello sviluppo capitalistico, si può comprendere come i timori circa l’esistenza di una volontà politica franco­ britannica mirante a scagliare il Terzo Reich contro 61 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 61 11/04/16 13:38 l’Urss si fossero ingigantiti vista la sorte imposta alla Cecoslovacchia. Il 3 maggio 1939 Litvinov sarebbe stato sostituito al commissariato del popolo agli Affari esteri da Vjačeslav Michajlovič Molotov, da tempo fautore di un avvicinamento alla Germania in nome di una Realpolitik che mettesse al primo posto gli interessi dello Stato sovietico, sottraendolo ad un possibile attacco tedesco che lo avrebbe visto isolato. Dalla svolta, il cui significato fu immediatamente colto dai diplomatici dell’ambasciata tedesca, sarebbe scaturito il Patto di non aggressione germano-sovietico, firmato il 24 agosto al Cremlino dallo stesso Molotov e dal suo omologo tedesco Joachim von Ribbentrop. All’intesa era allegato un protocollo segreto che definiva le sfere d’influenza reciproche nell’area centro ed esteuropea, oltreché nello spazio baltico. Data la sostanziale identificazione che si era creata negli anni precedenti tra movimento comunista internazionale, coordinato dal Komintern (l’Internazionale comunista) e Urss, il patto, in sé e per sé una scelta razionale dal punto di vista della ragion di Stato sovietica, sarebbe stato presentato ai partiti comunisti come perfettamente conforme agli interessi della classe operaia mondiale, 62 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 62 11/04/16 13:38 cosa che non avrebbe mancato di provocare un diffuso senso di sconforto nello schieramento antifascista internazionale, nonché gravi fratture al suo interno che si sarebbero ricomposte solo dopo il 22 giugno 1941. Col senno di poi ci si è spesso stupiti della passività mostrata da Francia e Regno Unito nei confronti dell’aperta aggressività mostrata in quegli anni dalla Germania nazionalsocialista, tramite la cosiddetta politica dell’“appeasement” (pacificazione, accomodamento), e tuttavia, sebbene rivelatasi miope, quell’opzione aveva, almeno dal punto di vista delle classi dirigenti dei due Paesi, un suo puntuale senso. Va considerato, prima di tutto, che quantunque alleati nella Grande Guerra, i due Stati tornarono ad avere, nel ventennio interbellico, gli stessi interessi divergenti che si erano manifestati nell’anteguerra, puntando Londra a ricostruire un equilibrio tra le potenze europee medie e grandi che le permettesse di fungere da ago della bilancia, ed invece inseguendo Parigi un vecchio sogno egemonico sul Continente secondo schemi che si possono far risalire a Napoleone e, prima di lui, a Luigi XIV. In secondo luogo, le loro élite dirigenti erano assai esitanti, ancorché per motivi diversi, ad accettare di impegnarsi in un nuovo conflitto; quelle britanniche erano perfettamente coscienti di aver sì vinto sul campo di battaglia ma al prezzo della perdita irrimediabile di una posizione egemonica in ambito economico e finanziario che era durata molti anni: nel 1914 il Regno Unito era potenza creditrice, nel 1919 era 63 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 63 11/04/16 13:38 diventata potenza debitrice. Una nuova guerra, per forza di cose non breve né limitata, avrebbe significato andare incontro alla perdita dell’Impero. Le radici dell’analogo atteggiamento francese erano le stesse che sarebbero state alla base della «strana disfatta», come il grande storico Marc Bloch avrebbe definito il collasso verificatosi nell’estate 1940: il timore del comunismo che avrebbe potuto giovarsi di uno scontro con la Germania nazista per forza di cose condotto in alleanza con l’Urss, l’attrazione esercitata dal modello politico fascista nelle sue diverse incarnazioni su settori non trascurabili dell’intelligencija e della politica, il peso della Francia conservatrice. La Germania nazionalsocialista puntava alla costruzione di quel “grande spazio economico” a guida tedesca che l’andamento delle operazioni belliche nell’Europa Centroorientale dal 1914 al 1918 aveva fatto balenare come realizzabile, con la radicale differenza che il piano aveva assunto, accanto alla dimensione economico-militare dominante vent’anni prima, valenze fortemente ideologiche dai chiari toni razzisti. Dal “grande spazio economico” si era passati allo “spazio vitale”, al cui interno si presupponeva la costruzione di una gerarchia verticale di popoli-razza. 64 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 64 11/04/16 13:38 L’Italia aveva dovuto, per il primo decennio postbellico, fare i conti con la netta sproporzione tra le proprie aspirazioni egemoniche rivolte verso lo spazio mediterraneo, danubiano-balcanico, e coloniale-africano ed i propri mezzi materiali. Da ciò aveva avuto origine l’oscillazione di Roma tra l’appoggio ad ogni spinta antiVersailles e la ricerca di buoni rapporti con Londra, che dell’ordine di Versailles si presentava come la garante principe. L’arrivo al potere di Hitler ed il conseguente rovesciarsi della democratica Repubblica di Weimar nel dittatoriale Terzo Reich, debitore in molti campi, sia materiali sia simbolici, del primigenio regime fascista, avevano rappresentato per Mussolini ed il suo entourage il materializzarsi della leva, a lungo bramata, che avrebbe permesso loro di scardinare l’ordine scaturito dai Trattati di pace del 1919-1920. Qui sta una delle radici, non l’unica ma neppure la meno importante, del movimento centripeto che avrebbe portato Roma e Berlino verso alleanze sempre più strette. La serie ininterrotta di vittorie militari ottenute dall’Impero giapponese successivamente all’avvio di modernizzazione ed industrializzazione accelerate nella seconda metà del XIX secolo (Prima guerra sino-giapponese 1894-95; Guerra russo-giapponese 1904-1905; Prima guerra mondiale) aveva rafforzato le aspirazioni di im65 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 65 11/04/16 13:38 portanti circoli intellettuali e gruppi di pressione che, in nome della dottrina del panasiatismo, ritenevano necessaria un politica di espansione nella terraferma asiatica. Con l’andar del tempo il maggior ostacolo alla realizzazione di quell’obiettivo iniziò ad essere individuato da quei settori dell’élite nella presenza sempre più visibile degli Usa nell’area del Pacifico. Contemporaneamente la fragile democrazia parlamentare affermatasi all’inizio del XX secolo perse progressivamente terreno di fronte alle correnti nazionaliste che promossero la trasformazione del Giappone in una dittatura militare dotata però di una propria ideologia, lo “spirito nazionale giapponese” (kokutai), una mescolanza di razzismo, ultranazionalismo, espansionismo, lealtà assoluta verso il potere imperiale considerato d’origine divina. Si andava definendo, intanto, il progetto della “Grande sfera di prosperità comune dell’Asia Orientale”, affine a quanto andava negli stessi anni prendendo forma a Berlino ed a Roma, con cui Tokio stava entrando in una forte relazione sia per la comune aspirazione revisionistica, sia per l’anticomunismo che era elemento costitutivo delle rispettive visioni del mondo. Un elemento particolarmente enfatizzato dalla propaganda nipponica fu l’idea dell’“Asia agli asiatici”, una sorta di “dottrina Monroe” nelle intenzioni destinata a far presa sui movimenti anticolonialisti che si erano sviluppati e si stavano sviluppando nei possedimenti britannici, francesi, olandesi dell’area. Nel periodo interbellico prevalse negli Stati Uniti 66 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 66 11/04/16 13:38 una forte e radicata spinta isolazionista che, nonostante nella seconda metà degli anni Trenta si fossero manifestate le tendenze aggressive cui si è in precedenza accennato da parte di Germania, Giappone ed Italia, avrebbe trovato espressione in quattro successive leggi sulla neutralità (Neutrality Acts, 1935, 1936, 1937, 1939) ed il connesso divieto di intervenire in qualunque modo, anche tramite rifornimenti, nei conflitti in corso votate a maggioranza dal Congresso. La cosa però non avrebbe impedito all’allora presidente Franklin Delano Roosevelt di avviare in segreto, nel 1937, la costruzione di una flotta di sommergibili d’altura in grado, se necessario, di bloccare il traffico marittimo giapponese. Dal 1938, inoltre, un programma di riarmo sarebbe stato, sia pur lentamente, avviato alla luce del sole. Nel luglio 1939 Washington dichiarò che il trattato commerciale con Tokio, risalente al 1911, avrebbe perso la propria validità dal gennaio successivo; esattamente un anno dopo, proibì l’esportazione di materiali strategicamente rilevanti, tra cui benzina avio, macchine utensili, ferro e acciaio, verso il Giappone, che non aveva allo stato altre possibilità di procuraseli. L’INIZIO DELLA GUERRA Era questa la situazione internazionale quando il primo settembre 1939 la Wehrmacht entrò in forze in Polonia 67 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 67 11/04/16 13:38 senza che alle autorità di Varsavia fosse stata presentata, come d’uso sino ad allora, alcuna dichiarazione di guerra. L’attacco fu condotto su tre direttrici convergenti su Varsavia, una delle quali prese le mosse dalla Slovacchia, dal marzo 1939 Stato indipendente e vassallo del Terzo Reich. Il piano difensivo predisposto dalle autorità polacche prevedeva di concentrare le proprie forze immediatamente alle spalle del confine occidentale, nelle cui regioni erano collocate le maggiori concentrazioni produttive ed industriali del Paese, necessarie per il proseguimento della guerra, e faceva gran conto sull’intervento al proprio fianco di Francia e Gran Bretagna, sulla base della garanzia accordata a Varsavia il 31 marzo. Il 3 settembre 1939 Londra e Parigi dichiararono effettivamente guerra a Berlino, decisione che però fu priva di effetti pratici immediati: né alla Polonia sotto attacco giunsero aiuti, né lungo il confine franco-tedesco ci furono significativi attacchi. L’inazione franco-britannica e l’evolvere rapido degli eventi sul terreno indussero la Romania, sebbene legata alla Polonia da un trattato di alleanza, a dichiararsi, il 6 settembre 1939, neutrale, isolando così vieppiù Varsavia. Nelle due settimane successive gran parte dell’apparato militare polacco fu messo fuori combattimento e vaste estensioni delle regioni centrali ed occidentali del Paese occupate, compresi molti importanti centri urbani. Le operazioni avevano assunto inaspettatamente carattere di guerra di movimento, smentendo le aspettative comuni delle cancellerie fran68 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 68 11/04/16 13:38 cese e britannica, del governo di Varsavia e delle stesse autorità moscovite che si aspettavano scenari da Grande Guerra con il connesso stabilizzarsi del fronte su campi trincerati e perciò contavano su tempi relativamente più lunghi per agire gli uni, per resistere il secondo, per intervenire, giusto il patto appena siglato con Berlino, le terze. Vista la situazione, Mosca si affrettò a chiudere il conflitto di frontiera che da alcuni mesi vedeva contrapposte proprie, consistenti, truppe in appoggio alle forze armate dell’alleata Mongolia Esterna, che nel 1924 si era costituita in una Repubblica popolare dopo la presa del potere, tre anni prima, da parte del Partito popolare mongolo. La vicenda avrebbe avuto un peso nella scelta delle autorità giapponesi di concentrarsi sulla penetrazione verso sudovest in territorio cinese, tralasciando la direttrice settentrionale che avrebbe comportato nuovi scontri con l’Urss. Appena quarantott’ore dopo, il 17 settembre, l’Armata Rossa, liberata dal rischio di una guerra su due fronti, varcava il confine orientale della Polonia. Grosso modo, l’avanzata delle truppe sovietiche si fermò, come prescritto dal protocollo segreto allegato al Patto MolotovRibbentrop, alla linea Curzon, così chiamata dal nome del ministro degli Esteri britannico George Nathaniel Curzon, che l’aveva proposta nell’ambito della Conferenza di Pace di Parigi quale confine tra il rinato Stato polacco e la Russia sovietica sulla base di considerazioni di natura linguistica e nazionale. 69 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 69 11/04/16 13:38 Solo grazie al conflitto polacco-sovietico durato dal 1919 al 1921 Varsavia aveva potuto spostare il confine orientale 250 chilometri più ad est. Entro la fine del settembre 1939 lo Stato polacco avrebbe cessato di esistere; il governo e una parte delle forze armate avrebbero trovato rifugio nei Paesi confinanti, dove sarebbero stati internati. Le due parti in cui il Paese era stato diviso ed occupato conobbero sorti parimenti drammatiche ma tra loro diverse: i territori sotto occupazione tedesca furono in parte annessi, ricostituendo così quella continuità territoriale del Reich guglielmino che il Trattato di Versailles aveva spezzato, in parte assoggettati ad un regime di tipo coloniale. In ambedue le aree, comunque, vennero applicate dalle autorità tedesche politiche violentemente oppressive sia nei confronti degli ebrei, che vennero rinchiusi in quartieri trasformati in ghetti, sia verso il resto dei polacchi, destinati nei piani della dirigenza nazionalsocialista ad essere ridotti alla condizione di iloti, cui fornire solo una minima istruzione di base utile ad obbedire. Di conseguenza vennero chiuse università e scuole superiori, mentre l’intelligencija, dai professori universitari ai maestri, dai sacerdoti ai giornalisti venne sistematicamente perseguitata e spesso fisicamente eliminata. Nelle regioni orientali occupate dall’Urss la politica di sovietizzazione forzata e di “socializzazione” dei mezzi di produzione colpì in modo prevalente la minoranza 70 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 70 11/04/16 13:38 polacca, il cui status sociale era spesso più elevato, e fu condotta con mezzi assai brutali, tra cui spiccarono deportazioni di massa verso la Siberia o l’Asia centrale e fucilazioni su vasta scala. Non necessariamente, tuttavia, i rapporti tra la Germania nazionalsocialista e la Polonia governata dai militari dovevano sfociare in un conflitto bellico. Per parecchio tempo Berlino cercò di trovare in Varsavia un alleato contro l’Urss. Poi le cose andarono diversamente. Ha inizio a quel punto la “strana guerra” (drôle de guerre), un periodo di alcuni mesi durante il quale di fatto non si combatte, sebbene Germania da un lato, Francia e Gran Bretagna dall’altro siano reciprocamente in armi, e le profferte di pace avanzate ad ottobre da Berlino siano state seccamente respinte da Londra e Parigi. Dal canto loro i principali alleati del Terzo Reich, Giappone ed Italia, stavano per il momento a guardare: il primo, pur essendosi nel 1935 legato a Berlino tramite il Patto anticomintern, cui due anni dopo avrebbe aderito pure Roma, era impegnato con alterne vicende nella campagna in Cina, la seconda aveva optato per la “non belligeranza”. Sebbene a partire dal 1934 avesse intrecciato la propria economia con quella germanica tramite un regime di scambi bilanciati (clearing) e due 71 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 71 11/04/16 13:38 anni dopo avesse rafforzato la cooperazione bilaterale tramite quell’insieme di accordi a cui Mussolini avrebbe dato la fortunata definizione di Asse Roma-Berlino, l’Italia fece tale scelta in considerazione sia del consumo di armamenti provocato dalla Campagna di Etiopia sia dei tempi previsti dal suo gruppo dirigente per la preparazione di un conflitto che spostasse a proprio favore gli equilibri tra le potenze, visto come auspicabile non prima del 1942. Se la decisione tedesca di avviare nel settembre 1939 una campagna militare suscettibile, con forte probabilità, di innescare una guerra di ampie dimensioni colse di sorpresa Mussolini ed il suo entourage, essa aveva però solide motivazioni, se non costrizioni, da ricercare nella sfera della politica economica e nella politica del commercio estero messa in atto dal Terzo Reich. La crisi mondiale del 1929, infatti, oltre a colpire molto duramente l’economia tedesca, aveva provocato la frantumazione del mercato mondiale in segmenti separati; la Germania, non autosufficiente nel settore alimentare ed il cui apparato industriale era essenzialmente di trasformazione, non poteva fare a meno del commercio estero. Per superare la stasi produttiva interna si fece ricorso dopo il 1933 al finanziamento statale in deficit. A ciò si aggiunse l’esigenza per il gruppo dirigente nazionalsocialista di essere sempre in grado, anche in caso di una futura e prevista guerra, di produrre “e burro e cannoni”, cosa che fece avviare una politica aggressiva 72 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 72 11/04/16 13:38 verso l’esterno, sfociata dal 1938 in una serie di conquiste territoriali. Da questo punto di vista l’annessione dell’Austria, poi dei Sudeti, la successiva trasformazione della Boemia e della Moravia in un protettorato e la seguente occupazione della parte centro-occidentale della Polonia vanno anche viste come un modo per mettere le mani sulle riserve valutarie, sulle scorte di materie prime, sugli apparati produttivi industriali e sulla produzione agroalimentare dei territori invasi. Mentre ad Occidente tutto sembrava fermo, qualcosa si stava muovendo invece ad Oriente. Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre 1939, l’Urss chiese ultimativamente a Lituania, Lettonia ed Estonia di concederle basi militari, motivando la richiesta con esigenze di sicurezza del proprio territorio. I tre Stati baltici erano diventati indipendenti nel 1918, in seguito alla crisi dell’Impero zarista culminata nella Rivoluzione d’Ottobre; stretti tra Germania, Unione Sovietica e Polonia, per motivi essenzialmente geopolitici si legarono strettamente alla Gran Bretagna, che dopo la Grande Guerra aveva ripreso la propria tradizionale politica mirante ad ottenere un equilibrio tra le varie potenze europee. Ma date le circostanze non poterono fare altro che cedere alla pressione sovietica. Diversa fu l’evoluzione delle cose in Finlandia, in73 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 73 11/04/16 13:38 dipendente dal 1917, a cui già nel 1938 Mosca aveva avanzato proposte di rettifica territoriale allo scopo di migliorare le difese di Leningrado; ripresentate all’inizio di ottobre 1939 sotto la forma dello scambio di territori, esse furono sostanzialmente respinte da Helsinki. A novembre ebbe inizio il conflitto armato; sebbene originato da motivi prettamente strategico-militari, il gruppo dirigente sovietico cercò di attribuirgli un colore politico rivoluzionario dando vita ad un governo popolare finlandese guidato dall’esponente comunista Otto Kuusinen. L’aggressione valse all’Urss l’espulsione dalla SdN, votata il 14 dicembre 1939. Fu l’ultima sua azione di qualche importanza. Nonostante l’Armata Rossa disponesse di forze preponderanti per numero di armamenti, la strenua difesa finlandese riuscì a tenerla in scacco per oltre quattro mesi, infliggendole pesanti perdite. Solo verso la fine dell’inverno una rinnovata offensiva sovietica e il rifiuto degli altri tre Paesi scandinavi (Danimarca, Norvegia e Svezia) di permettere il passaggio sui propri territori di contingenti francobritannici, che Londra e Parigi intendevano mandare in appoggio ai finlandesi, costrinse Helsinki ad accettare le rettifiche di confine volute da Mosca, ratificate nel Trattato di Mosca del marzo 1940. La “guerra d’inverno”, come è usualmente definita, ed il suo andamento non positivo per l’Urss ebbero conseguenze non trascurabili sull’immediato futuro, contribuendo a convincere sia le cancellerie occidentali sia la dirigenza tedesca 74 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 74 11/04/16 13:38 sulla natura di “gigante dai piedi di argilla” dell’Unione Sovietica, il cui apparato militare era parso scarsamente motivato e mal guidato, presumibilmente, si riteneva, per effetto della violenta epurazione che aveva colpito, in diverse forme, quasi quarantamila quadri militari tra il 1937 ed il 1938, decapitando l’Armata Rossa. Analogamente, ancorché non si fosse realizzato, il progetto franco-britannico, mirante a sostenere la Finlandia con un proprio corpo di spedizione nella regione scandinava, mise in allarme Berlino inducendola a mettere in sicurezza quell’area prima di avviare una offensiva ad occidente. Non si dimentichi infatti che nel Nord della Svezia, Stato neutrale ed in sé strategicamente non così importante perché le sue coste si affacciano in gran parte sul mar Baltico, sono collocate le importantissime miniere di ferro di Kiruna, cruciali per l’economia di guerra tedesca che continuò ad importare in grande quantità il minerale per tutto il corso del conflitto; la possibilità che, sia pur in violazione della neutralità svedese, esse passassero sotto controllo britannico non poteva ovviamente essere accettata dalla Germania. Non per caso il 9 aprile 1940 la Wehrmacht attaccò Danimarca e Norvegia, l’una porta del Baltico, l’altra finestra sull’Atlantico; mentre le forze armate danesi non opposero praticamente alcuna resistenza, permettendo agli invasori di controllare tutto il Paese in meno di una settimana, quelle norvegesi continuarono a combattere in modo organizzato sino al 10 giugno, ed anche 75 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 75 11/04/16 13:38 successivamente attraverso azioni di guerriglia condotte da piccoli gruppi. Diverse anche le scelte dei sovrani: Haakon VII di Norvegia si trasferì con i suoi ministri in Gran Bretagna, dove venne istituito un governo norvegese in esilio, mentre Cristiano X di Danimarca rimase a Copenhagen. Per inciso i due erano fratelli. In seguito all’azione tedesca il mar Baltico passò sotto controllo germanico; i restanti Stati scandinavi, Svezia e Finlandia, rimasti neutrali, erano di fatto sotto costante minaccia ed obbligati ad accettare le richieste, all’inizio principalmente economiche, poi anche riguardanti servitù militari come transiti di truppe, di Berlino. La reazione franco-britannica puntò a prendere il controllo del porto di Narvik, nel Nord della Norvegia, collegato alla miniere svedesi di Kiruna da una linea ferroviaria, attraverso l’azione congiunta di marina, aviazione e fanteria ma, dopo averne cacciato i tedeschi il 28 maggio, le truppe alleate furono costrette a ritirarsi in seguito all’attacco sferrato dalla Wehrmacht ad occidente. Pressoché in contemporanea, il 10 maggio precedente, truppe britanniche erano sbarcate a Reykjavík, capitale dell’Islanda, imponendo al governo locale la propria presenza in funzione antigermanica, nonostante le autorità dell’Isola, al tempo regno autonomo in unione personale con la Danimarca, avessero dichiarato la propria neutralità; dopo l’entrata nel conflitto degli Usa, alla fine del 1941, nell’Isola oceanica si sarebbe installato anche un presidio statunitense. 76 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 76 11/04/16 13:38 La dimensione globale che la guerra stava assumendo fece infatti prevalere ovunque le esigenze strategico-militari su ogni altra considerazione. Nello stesso giorno, denso di svolte, a Londra Winston Churchill avrebbe sostituito Neville Chamberlain alla testa del governo, e la Wehrmacht avrebbe lanciato un attacco avvolgente contro la Francia (in codice Fall Rot, Operazione Rosso) attraverso Belgio e Paesi Bassi (in codice Fall Gelb, Operazione Giallo), Stati neutrali che vennero coinvolti per motivi banalmente geografici. La campagna, che vide l’abbondante impiego da parte tedesca di mezzi corazzati ed aerei, assunse quasi subito, sebbene ciò non fosse stato pianificato a tavolino, il carattere di una rapida guerra di movimento. I Paesi Bassi cedettero le armi dopo appena quattro giorni, il Belgio si arrese il 28 maggio; nei giorni seguenti le unità tedesche si spinsero verso il canale della Manica, intrappolando in una gigantesca sacca gran parte del corpo di spedizione britannico e un consistente numero di unità francesi. Il 4 giugno i reparti della Wehrmacht raggiunsero la costa. Oltre 300.000 militari alleati poterono mettersi in salvo da Dunkerque diretti in Gran Bretagna, altre decine di migliaia caddero prigionieri. A quel punto i reparti tedeschi mossero verso sud-est, intrappolando le restanti forze francesi schierate alle spalle della Linea Maginot. 77 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 77 11/04/16 13:38 Il 14 giugno occuparono Parigi, nei giorni successivi conclusero l’accerchiamento. La Francia era debellata. A governo ed assemblea nazionale, trasferitisi a Bordeaux, non restavano che due possibilità: continuare la lotta dai territori francesi del Nordafrica o adattarsi ad un armistizio. Dopo convulse discussioni che coinvolsero tanto Londra quanto Parigi, il governo britannico propose l’immediata formazione di una Unione franco-britannica; il progetto piacque al primo ministro francese, Paul Reynaud, ed al suo sottosegretario alla Guerra, il generale Charles De Gaulle, riparato in Gran Bretagna con i reparti francesi postisi in salvo dalla sacca di Dunkerque, ma si scontrò con l’opposizione della maggioranza del gabinetto. Reynaud si dimise lasciando la carica di primo ministro all’anziano maresciallo Philippe Pétain, eroe della Grande Guerra, il quale decise di trattare con la Germania; l’Armistizio fu firmato il 22 giugno ed entrò in vigore tre giorni dopo. L’ITALIA ENTRA IN GUERRA Il 10 giugno anche l’Italia, ponendo fine alla propria non belligeranza, entrò in guerra, iniziando immediatamente un’offensiva sulle 78 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 78 11/04/16 13:38 Alpi occidentali, alla quale le truppe francesi schierate a difesa del confine reagirono, nonostante la catastrofe incombente, con inaspettata durezza. La campagna durò tuttavia pochi giorni; già il 24 a Roma sarebbe stato firmato il cessate il fuoco. Molto è stato scritto sulla non belligeranza, sulle sue motivazioni e sui suoi possibili sbocchi; si è sostenuto che essa avrebbe potuto protrarsi nel tempo e che solo il repentino crollo della Francia di fronte alle colonne corazzate tedesche abbia determinato Mussolini ed i suoi gerarchi ad abbandonarla decidendo di entrare in guerra. In realtà Roma si lega mani e piedi a Berlino ben prima dell’estate 1940: in seguito all’annuncio, dato da Londra il 1° febbraio, che la Royal Navy avrebbe sequestrato tutte le merci tedesche o dirette in Germania anche se trasportate da naviglio neutrale, bloccando perciò l’80 per cento delle forniture di carbone tedesco all’Italia, che viaggiavano per mare, prevalentemente via Rotterdam, e quindi mettendo in crisi il Paese, le autorità italiane reagiscono chiedendo all’Alleato germanico di garantire la copertura di tutto il fabbisogno dell’Italia, circa un milione di tonnellate al mese, con la clausola che il trasporto avvenisse per ferrovia. Contemporaneamente rifiutano sdegnosamente la proposta britannica di sostituire con proprio carbone la percentuale finita sotto embargo, che Londra aveva 79 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 79 11/04/16 13:38 avanzato nella ovvia speranza di trasformare la non belligeranza in neutralità. Berlino si dichiara disponibile, rimarcando che il conseguente onere, pesantissimo, era giustificato in primis da motivi politici, al fine cioè di rendere l’Italia totalmente indipendente dalla Gran Bretagna. All’inizio di marzo 1940 l’accordo è sottoscritto. Con esso le possibilità di autonomia dell’Italia scendono a zero. Nonostante ciò, nei mesi seguenti la Germania dosa col bilancino i rifornimenti, in modo che l’Alleato italico percepisca costantemente sul collo la gelida stretta della scarsità. D’altro canto, la conquista della Polonia prima, della Francia, del Belgio e del Lussemburgo dopo (con i ricchi bacini carboniferi di cui essi dispongono) contribuiscono a rendere più rigida la dipendenza italiana dai flussi il cui ritmo è deciso a Berlino. La prosecuzione della non belligeranza, cioè, era da questo punto di vista possibile solo se l’Italia mussoliniana si adattava a svolgere un ruolo meramente gregario del Terzo Reich, per di più con la prospettiva di non guadagnarci un bel nulla in caso di vittoria finale hitleriana. L’unica alternativa radicale, va sottolineato, era il rovesciamento drastico delle alleanze, prospettiva incompatibile con la permanenza al potere di quel gruppo dirigente in quel contesto storico preciso. L’entrata in guerra dell’Italia apre nuovi fronti di guerra, proprio nel momento in cui 80 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 80 11/04/16 13:38 sul continente europeo stanno cessando i combattimenti: il Mediterraneo, da quel momento solcato da flotte ostili, la sua sponda meridionale ed il corno d’Africa, dove iniziano a fronteggiarsi reparti di fanteria italiani e britannici, con da entrambi i lati truppe coloniali. Le sorti della Francia sconfitta sono paradigmatiche di quanto succederà ad altri Paesi occupati dalle forze dell’Asse: l’Alsazia Lorena torna a far parte della Germania; larga parte del territorio, comprendente Parigi con quasi tutto il Nord-ovest e le zone prospicienti l’Oceano, viene sottoposta ad un amministrazione militare germanica; i distretti carboniferi dell’estremo Nord vengono staccati dal resto della Francia e congiunti col Belgio sotto un’altra amministrazione militare tedesca, mentre sul resto i vincitori consentono rimanga la sovranità francese, incarnata però non più in una République, ma in un État dai tratti decisamente autoritari e fascistizzanti, con a capo Pétain e capitale la città termale di Vichy. Negli stessi giorni in cui quest’ultimo chiedeva l’armistizio al Terzo Reich, però, a Londra Charles De Gaulle lanciava il suo appello ai francesi invitandoli a resistere ed a unirsi alle forze francesi libere. All’epoca la Francia possedeva un grande impero coloniale, che si estendeva dall’Africa araba e nera, al Vicino Oriente, all’Indocina; in termini formali le amministrazioni 81 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 81 11/04/16 13:38 coloniali dipendevano dal governo di Vichy, ma la sua presa su di esse era tutt’altro che sicura, cosa che lasciava spazio agli sforzi gaullisti. Ampi possedimenti coloniali li avevano anche Belgio e Paesi Bassi; se la sorte delle metropoli fu analoga a quella della Francia di Vichy, quella delle Colonie fu varia: l’amministrazione belga del Congo si mise infatti pressoché subito a disposizione della Gran Bretagna, mentre i territori dipendenti dall’Olanda, localizzati in parte significativa in Asia, avrebbero dovuto in seguito fare i conti con il progetto egemonico giapponese. Trattandosi di due monarchie, i loro sovrani fecero scelte analoghe e parallele a quelle dei reali di Norvegia e Danimarca: Guglielmina d’Olanda si rifugiò a Londra, e costituì in terra britannica un governo in esilio; Leopoldo III del Belgio preferì rimanere in patria nonostante il suo governo avesse deciso di rifugiarsi prima a Parigi e poi a Londra. A contrastare le potenze dell’Asse, ed in primo luogo la Germania, era rimasta la sola Gran Bretagna, da cui pure dipendeva un sistema imperiale di dominions e colonie di impressionante dimensione ed estensione; non solo, ma Londra era divenuta la sede di governi in esilio dei Paesi occupati dalle armi tedesche: Polonia, Norvegia, Francia, Paesi Bassi, Belgio, mantenendo così in vi- 82 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 82 11/04/16 13:38 ta, almeno sul piano simbolico, l’idea di una coalizione antifascista plurinazionale. Nei confronti del Regno Unito, però, i progetti nazionalsocialisti erano più complessi rispetto a quelli riservati agli Stati continentali; l’obiettivo di fondo rimaneva costringere Londra ad accettare il fatto compiuto, cioè il dominio tedesco sul continente europeo, stipulando una pace di compromesso. La successiva mossa militare del Terzo Reich, l’attacco all’Isola noto come Battaglia d’Inghilterra, aveva infatti quello scopo, da raggiungere prima di tutto attraverso il dominio dell’aria. Avviate all’inizio di luglio 1940, le operazioni della Luftwaffe, che si sarebbero protratte sino all’ottobre successivo e che potevano giovarsi, a quel punto, di basi di partenza collocate in Francia, Belgio e Paesi Bassi, si proponevano tre obiettivi: la conquista della supremazia aerea, da perseguire tramite la messa fuori combattimento della Royal Air Force (Raf ); l’indebolimento dell’apparato produttivo britannico attraverso bombardamenti distruttivi sui suoi centri industriali, lo spargimento del terrore tra la popolazione civile mediante attacchi terroristici sulle città, secondo una modalità teorizzata come in grado di avere un peso decisivo sugli esiti dei conflitti del tempo dall’ufficiale superiore italiano Giulio Douhet, che l’aveva esposta nel 1921 nel suo volume Il dominio dell’aria. 83 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 83 11/04/16 13:38 In stretta connessione con l’offensiva aerea, il gruppo dirigente nazionalsocialista avviò i preparativi per un’eventuale sbarco, sotto il nome in codice di Operazione Otaria (Seelöwe). L’operazione Otaria non avrebbe però mai avuto luogo, non essendo state Luftwaffe e Kriegsmarine, che partecipavano alla campagna antibritannica puntando a bloccare le vie di comunicazione marine di Londra, in grado né di debellare la Raf, né di interrompere in modo decisivo le linee di rifornimento del Regno Unito; nonostante un costo umano tutt’altro che irrilevante, in particolare tra i civili (circa 40.000 morti), le perdite britanniche in velivoli e piloti furono non poco inferiori a quelle tedesche. Va tenuto presente che le squadre aeree della Luftwaffe avevano pagato un prezzo consistente nelle campagne appena concluse in Europa Occidentale, grazie in particolare all’attività della contraerea dei Paesi Bassi, che era riuscita a mettere fuori combattimento oltre 500 aerei tedeschi, quantità consistente che perciò sarebbe venuta a mancare nell’immediatamente seguente Battaglia d’Inghilterra. Se di un suo lascito duraturo si può parlare, questo riguarda semmai la pratica del bombardamento terroristico sulle aree urbane, anche prive di rilevanza militare, allo scopo di spezzare il morale dei civili. Douhet aveva effettivamente fatto scuola, e gli attacchi indiscriminati della Luftwaffe nell’estate del 1940 sarebbero divenuti un modello anche per le forze aeree dei nemici del Terzo Reich. 84 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 84 11/04/16 13:38 Le aspettative di Berlino circa la possibilità che Londra si adattasse ad una pace separata non mancavano di basi consistenti; una parte del gabinetto di Guerra britannico, a cominciare dal ministro degli Esteri, Lord Halifax (Edward Frederick Lindley Wood), convinto fautore dell’appeasement, non disdegnava l’opportunità di uscire dal conflitto attraverso un accordo con la Germania nazionalsocialista che, in cambio del riconoscimento dell’egemonia di Berlino in Europa, permettesse al Regno Unito la conservazione dell’Impero coloniale, tanto più che la recente entrata in guerra dell’Italia costituiva per quest’ultimo una ulteriore minaccia. Lo scontro interno al governo fu però vinto da Churchill e dai suoi fautori; di lì a qualche mese Halifax fu sollevato dall’incarico ministeriale ed inviato quale ambasciatore a Washington, la capitale degli Usa il cui presidente, Franklin Delano Roosevelt, pur dovendo fare i conti con una forte opzione neutralista ed isolazionista, maggioritaria sia nella pubblica opinione sia al Congresso, stava iniziando a rivedere la propria politica estera in senso progressivamente filobritannico. Nel frattempo, la radicalità della scelta churchilliana di continuazione della guerra si era espressa anche nell’attacco distruttivo alla flotta francese, all’ancora nel porto algerino di Mers-el-Kebir, portato da una squadra navale britannica il 3 luglio 1940. La decisione, che non mancò di scavare un solco tra i due Paesi, rafforzando almeno temporaneamente il 85 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 85 11/04/16 13:38 consenso della disorientata opinione pubblica francese al governo Pétain, fu presa nel timore che le navi da battaglia francesi cadessero in mano tedesca, mettendo così a gravissimo rischio la Mediterranean Fleet che già doveva fare i conti con la Marina militare italiana, sulla carta potenzialmente superiore. La mancata debellatio o comunque uscita dal conflitto per via negoziale del Regno Unito rappresentò sicuramente un punto di svolta decisivo nel suo andamento – sebbene ciò sia sfuggito alla quasi totalità dei commentatori coevi – costringendo in seguito il Terzo Reich ed i suoi alleati a dividere significativamente le loro forze. ATTACCO ALL’URSS Proprio mentre infuriava lo scontro nei cieli britannici, infatti, il complesso rapporto tra Germania ed Unione Sovietica stava per entrare definitivamente in crisi; attraverso un articolato processo decisionale ai vertici del Terzo Reich prese forma, tra l’inizio di giugno e la fine di luglio 1940, un piano di attacco generalizzato contro l’Urss: Hitler era tornato a dare la priorità all’Oriente quale luogo in cui trovare il desiato “spazio vitale” (Lebensraum). 86 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 86 11/04/16 13:38 Il 31 luglio il Führer espresse ai membri del comando della Wehrmacht la propria decisione di muovere guerra all’Unione Sovietica prima che fosse risolta la partita con il Regno Unito, motivandola con la necessità di togliere a Londra l’ultimo potenziale supporto continentale al proprio rifiuto di intavolare trattative di pace. Secondo il punto di vista hitleriano, Mosca avrebbe dovuto essere schiacciata tramite un attacco in forze condotto da almeno 120 divisioni (il che significa, a ranghi completi, oltre 1.800.000 uomini) in una sorta di guerra lampo (Blitzkrieg) della durata di quattro sei settimane. I vertici della Wehrmacht fecero presente che un assalto del genere, da condurre su di un fronte vastissimo, dal mar Baltico al Mar Nero, richiedeva come minimo quattro mesi di preparazione, quindi l’offensiva non poteva aver luogo precedentemente alla primavera del 1941. Immediata conseguenza del cambio di rotta fu l’interruzione del programma di costruzione di armamenti finalizzato alla Battaglia d’Inghilterra, che prevedeva di concentrare le risorse su aviazione e marina, e la sua sostituzione con una direttiva che invece dava la priorità all’esercito. La preferenza accordata dal gruppo dirigente del Terzo Reich a campagne militari brevi condotte dopo aver accumulato vasti stock di armamenti ad hoc, sal87 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 87 11/04/16 13:38 vo poi, ad offensiva ancora in corso, spostare materie prime, fonti di energia e manodopera sulle produzioni necessarie alla campagna successivamente programmata, va ricondotta in larga parte al radicato timore di un possibile ripetersi della crisi del 9 novembre 1918. Questa aveva portato al collasso del Kaiserreich, alla rivoluzione ed alla nascita dell’odiata, ai loro occhi, Repubblica detta di Weimar. L’Impero guglielmino non era infatti crollato sotto l’urto di catastrofiche sconfitte militari, bensì, principalmente, per il dissolversi del fronte interno a causa del secco peggioramento del tenore di vita della popolazione, causato in primo luogo dal blocco navale britannico verso gli Imperi centrali. Qui sta inoltre una delle radici della decisione di Hitler e dei suoi paladini, come sono stati definiti dalla storiografia, di puntare ad Oriente; avendo cessato la Germania, sul finire dell’Ottocento, di essere autosufficiente per quanto riguardava le derrate alimentari, la soluzione definitiva del problema andava cercata nelle “terre nere” dell’Ucraina allora sovietica. Analogamente, mettere le mani sulle riserve petrolifere dell’Azerbaigian avrebbe reso il Terzo Reich, già ricco in proprio di carbone e per di più impadronitosi nel mesi precedenti dei distretti carboniferi polacchi, belgi e 88 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 88 11/04/16 13:38 francesi, del tutto indipendente sotto l’aspetto dell’approvvigionamento energetico. Nello stesso arco di tempo in cui si apriva concretamente la prospettiva di un nuovo ed esteso fronte ad Oriente, una serie di strutture scientifiche e di ricerca che facevano capo ai vertici dell’apparato SS elaboravano il cosiddetto Generalplan “Ost” (Piano generale per la riorganizzazione dello spazio orientale) che prevedeva un pesante intervento sulla composizione demografica dei territori occupati, prima quelli polacchi, e poi i sovietici, finalizzato alla loro germanizzazione, da condurre attraverso deportazioni di massa ed eliminazioni pianificate della popolazione considerata in eccesso che fosse colà residente. La presenza ebraica, storicamente consistente in quelle aree, andava ovviamente “rimossa” in toto, ma con essa anche parte notevole degli abitanti di lingua e cultura slava. Unito al virulento antibolscevismo che faceva parte integrante della visione del mondo dei fascismi, di cui il nazionalsocialismo non rappresenta altro che una versione estremamente radicale, fu questo complesso di obiettivi a far assumere alla successiva Operazione Barbarossa il carattere di guerra di annientamento. Dal canto loro, nella seconda metà di giugno 1940, truppe sovietiche avevano occupato i tre Paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia), già messi sotto tutela nel settembre precedente. Se da un punto di vista strettamente strategico-militare questa mossa del Cremlino, 89 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 89 11/04/16 13:38 come anche la precedente guerra d’inverno contro la Finlandia, aveva un suo ben chiaro senso, mirando a consolidare le spalle di un possibile fronte di guerra dell’Urss nei confronti della Germania, altra questione fu, anche in questo caso, il travestimento della ragion di Stato moscovita con la causa e gli interessi del movimento operaio e comunista mondiale, in modo da portare avanti con rapidità la “bolscevizzazione” dei tre Stati divenuti nuovi membri dell’Unione Sovietica. LA GUERRA IN AFRICA E NEI BALCANI Come già ricordato, l’entrata in guerra dell’Italia aprì un nuovo fronte nell’Africa Settentrionale ed orientale; da un punto di vista strategico sarebbe stato cruciale per l’Italia il Fronte dell’Africa Settentrionale; la rapida conquista dell’Egitto e del canale di Suez avrebbe permesso di mettere sotto controllo il Mediterraneo privando la flotta britannica della sua base di Alessandria e riducendo praticamente a zero l’importanza di Malta, di cui del resto gli stessi comandi inglesi avevano previsto la caduta nei primi mesi di guerra. Alla Mediterranean Fleet sarebbe così rimasta solo la disponibilità di Gibilterra. Non solo, nella misura in cui a Mussolini ed ai suoi gerarchi premeva condurre una guerra “parallela” ed autonoma rispetto a quella della Germania hitleriana, pro90 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 90 11/04/16 13:38 prio il Nordafrica rappresentava l’opportunità migliore. È questo il senso di importanti scelte della dirigenza del regime, quali il rifiuto opposto, nell’aprile 1940, alla proposta tedesca di partecipare all’imminente offensiva contro la Francia trasferendo una propria armata sul Reno, e la non accettazione dell’offerta di Hitler, avanzata nell’agosto dello stesso anno e ripetuta più volte nelle settimane seguenti, di mettere a disposizione unità corazzate tedesche per le operazioni contro l’Egitto. Unicamente nella Battaglia d’Inghilterra ci sarebbe stata una certa partecipazione italiana, tramite l’invio, tra settembre ed ottobre 1940, in supporto alla Luftwaffe di un Corpo aereo italiano (Cai), forte di 178 aeroplani da bombardamento, da caccia e di appoggio. Il 19 agosto 1940 Mussolini in persona scrisse al generale Rodolfo Graziani, governatore e comandante delle truppe italiane della Libia, di prepararsi ad attaccare le forze britanniche in Egitto. Sulla carta la sproporzione delle forze era enorme e decisamente a favore degli italiani: Graziani aveva ai suoi ordini oltre centocinquantamila uomini, a cui il comandante supremo inglese in Egitto, il generale Archibald Wavell, poteva opporne solo trentamila, tra reparti metropolitani e coloniali. È vero che Wavell aveva a disposizione carri armati pesanti, che mancavano a Graziani, tuttavia il loro numero era limitato (una cinquantina), mentre per quanto riguardava i mezzi corazzati medi e leggeri erano gli italiani ad essere quantitativamente in vantaggio. 91 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 91 11/04/16 13:38 L’11 settembre successivo iniziarono le ostilità; colonne italiane varcarono il confine tra Libia ed Egitto ed avanzarono, praticamente senza incontrare resistenza, poiché gli inglesi, consci della propria inferiorità, si erano ritirati su linee più arretrate, sino all’oasi di Sidi el Barrani, dove Graziani ordinò di assestarsi fortificando il terreno ed apprestandosi alla difensiva. Gli italiani erano così riusciti a costituire una testa di ponte in territorio egiziano, sicuramente fastidiosa per i loro avversari ma di per sé non decisiva, se non nell’ipotesi di proseguire l’avanzata. Nulla invece si verificò fino ai primi di dicembre, e quando qualcosa di nuovo accadde fu per iniziativa dei britannici. Il 9, infatti, cominciò una controffensiva dei reparti di Wavell, che aveva inizialmente un obiettivo limitato: la riduzione del territorio sotto controllo italiano. Lo schieramento difensivo italiano a Sidi el Barrani crollò invece di schianto, lasciando agli attaccanti via libera verso il territorio libico. In poche settimane i britannici presero le piazzeforti di Tobruk e Bardia, ed occuparono, il 6 febbraio 1941, la capitale della Cirenaica, Bengasi. Le dimensioni della catastrofe sono rese ancor più evidenti dall’altissimo numero di prigionieri caduti in mano britannica: oltre centomila. Esito non diverso, anzi se possibile ancora più catastrofico, lo ebbero i progetti aggressivi del regime, portati avanti nello stesso periodo, verso i Balcani. 92 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 92 11/04/16 13:38 Tanto la Grecia quanto la Jugoslavia costituivano da tempo un obiettivo dell’espansionismo fascista, ma nell’estate del 1940 Roma dovette fare i conti con la volontà tedesca di non turbare l’equilibrio nell’area, in cui Berlino puntava semmai a conseguire l’egemonia attraverso la penetrazione economica e l’influenza politica. Ciò non impedì tuttavia alle autorità italiane di sviluppare svariati piani militari offensivi verso Atene, la cui messa in pratica però fu più volte rinviata, su pressione di Berlino, finché, il 12 ottobre 1940, Mussolini non fu informato dell’entrata di truppe tedesche in Romania allo scopo di mettere in sicurezza i campi petroliferi di Ploesti, cosa che lo decise a porre nuovamente quelle ipotesi all’ordine del giorno per motivi sia di prestigio sia di riequilibrio dei rapporti di forza interni all’Asse, ordinando di attaccare la Grecia dalla testa di ponte albanese, già sotto controllo italiano dal 1939. Il piano strategico, per altro, si limitava a prevedere l’occupazione dell’Epiro da parte di tre divisioni, valutando che a quel punto Atene avrebbe chiesto l’armistizio. Il 28 ottobre 1940 gli italiani passarono il confine; quattro giorni dopo ebbe inizio la controffensiva greca, che costrinse i reparti del Regio Esercito ad una ritirata tanto precipitosa quanto inaspettata. Le truppe elleniche penetrarono profondamente in Albania, occupando circa un terzo del suo territorio e costringendo gli italiani sulla difensiva; questi ultimi riuscirono a stabilizzare il fronte solo a dicembre inoltrato, trasfor93 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 93 11/04/16 13:38 mando però quella che doveva essere una passeggiata militare contro un esercito dall’efficienza mediocre in una replica della guerra di trincea sull’Isonzo e sul Carso del 1915-1918. L’impatto sull’opinione pubblica mondiale, ed in particolare su quella dei Paesi belligeranti, fu enorme; per la prima volta una campagna di guerra condotta da forze dell’Asse non si risolveva in una travolgente avanzata ma veniva spezzata e per poco non si risolveva in una rotta; l’Italia, inoltre, si rivelava come il punto debole dello schieramento nazifascista, come il suo “ventre molle”, come ebbero occasione di rilevare non solo i britannici, ma anche alti funzionari del governo di Berlino. Con ogni probabilità l’emergere della fragilità italiana, del cui apparato militare tanto alleati quanto avversari avevano largamente sopravvalutato efficienza e capacità operativa, costituì un ulteriore punto di svolta all’interno del conflitto. Per tutto l’inverno 1940-1941 il Fronte greco-albanese rimase fermo; perché la situazione si sbloccasse fu necessario, il 6 aprile 1941, l’intervento tedesco, che terminò di appiccare il fuoco all’intera penisola balcanica. Per Berlino era una decisione ormai non più rinviabile, dopo che, tra il 29 ottobre ed il 3 novembre 1940, 94 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 94 11/04/16 13:38 unità britanniche avevano occupato Creta e preso terra nei pressi della capitale ellenica, e il 27 marzo 1941 un colpo di Stato militare aveva rovesciato il governo jugoslavo che due giorni prima aveva accettato, sotto le pressioni tedesche, di aderire all’Asse. Ungheria e Bulgaria si unirono all’attacco contro Atene e Belgrado, che furono costrette a cedere le armi; il corpo di spedizione britannico si ritirò a Creta, occupata dai tedeschi soltanto alla fine del maggio successivo. Intanto, erano sbarcati in Tripolitania i primi reparti dell’Afrika Korps, inviato da Hitler in soccorso. Si trattava di un corpo di spedizione non particolarmente numeroso, ma completamente meccanizzato. Fu allora possibile fermare l’avanzata britannica e poi, il 30 marzo 1941, passare alla controffensiva rioccupando la Cirenaica e spingendosi oltre il confine fino a Sollum. Le forze italogermaniche erano però troppo esigue per un’offensiva in grande stile verso l’Egitto che avrebbe effettivamente costituito una seria minaccia per lo schieramento britannico in Medio Oriente, tanto più che il 1° aprile un colpo di Stato aveva portato al potere in Irak esponenti arabi favorevoli all’Asse. Né l’Italia, vista la sua debolezza militare, né la Germania, che aveva impegnato gran parte delle sue risorse nella preparazione dell’attacco all’Urss, furono però in grado di soccorrere i potenziali alleati irakeni, i quali non poterono fare altro che cedere le armi di fronte al contrattacco del British Army. Intanto, i bri95 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 95 11/04/16 13:38 tannici erano passati all’offensiva nel Corno d’Africa; nell’arco di appena quattro mesi, dal 19 gennaio al 18 maggio 1941, Eritrea, Somalia, Etiopia vennero occupate. L’Impero italiano, per la cui conquista era stata necessaria una guerra appena sei anni prima, non esisteva più. Nei mesi precedenti il piano di attacco tedesco all’Urss aveva preso forma definitiva; la campagna in preparazione era lì descritta come di esecuzione rapida, da condurre attraverso l’impiego in grande stile di mezzi corazzati in modo da occupare rapidamente gran parte del territorio europeo dell’Urss. Si prevedeva altresì la partecipazione fin dall’inizio degli eserciti rumeno e finlandese. Il giorno successivo all’attacco all’Urss, 23 giugno 1942, un documento riservato steso dall’Ufficio del Piano quadriennale, guidato da Hermann Göring, espresse a chiare lettere il senso delle misure che si intendeva intraprendere, spiegando che nel terzo anno di guerra non solo la Wehrmacht ma anche la popolazione civile tedesca avrebbe dovuto essere nutrita con i cereali prelevati nelle aree occupate dell’Urss, cosa che pre- 96 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 96 11/04/16 13:38 sumibilmente avrebbe provocato, fu scritto, la morte per fame di decine di milioni di persone. Che, di fronte ad un’offensiva su vasta scala della Wehrmacht, l’Armata Rossa e con essa lo Stato guidato da Josif Stalin fossero destinati a crollare in pochi mesi era, come si è rilevato, convinzione diffusa anche nelle cancellerie occidentali; le aspettative in tal senso di Berlino risultano confermate dalla richiesta che l’ambasciata tedesca presso il Quirinale trasmette alle autorità italiane nello stesso mese di dicembre 1940: il governo del Terzo Reich chiede all’Alleato mediterraneo oltre 250.000 lavoratori industriali qualificati, che si sarebbero dovuti recare oltre il Brennero con contratti di lavoro semestrali. Roma accetta e l’arruolamento ha inizio dai primi mesi del 1941. Negli stessi mesi non poco stava mutando dall’altra parte dell’oceano Atlantico: nel settembre 1940 gli Usa introducono la leva obbligatoria; il 29 dicembre successivo il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, appena rieletto per la terza volta, dichiara in un importante discorso radiofonico che gli Stati Uniti sono «l’arsenale della democrazia», promettendo perciò sostegno sia al Regno Unito, unica potenza ancora combattente contro le forze nazifasciste, sia alla Cina, faticosamente impegnata nel tener testa all’espansionismo nipponico. Nel marzo successivo, Washington si 97 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 97 11/04/16 13:38 impegnava a fornire alla Gran Bretagna, alla Cina, alle forze degaulliste della Francia Libera rifornimenti in armamenti, materie prime, carburante, derrate alimentari e tutto quello che fosse utile alla loro condotta della guerra, rinviando alla fine delle ostilità il pagamento di quanto messo a disposizione. Pur restando formalmente potenza non belligerante, con questa disposizione gli Stati Uniti posero di fatto fine alla propria precedente neutralità. Preparato con cura nei mesi precedenti, l’assalto tedesco all’Urss, l’Operazione Barbarossa, sarebbe scattato il 22 giugno 1941 su un fronte lungo 2130 chilometri, dal mar Baltico al Mar Nero. A confrontarsi furono da un lato circa 3.500.000 uomini sotto le bandiere dell’Asse, dall’altro i circa 3 milioni di effettivi dell’Armata Rossa. Assai squilibrati invece i rapporti di forza a favore dei sovietici per quanto riguardava carri armati, aerei e cannoni con rapporti rispettivamente di tre ad uno, oltre due ad uno e circa due ad uno. Nonostante l’asimmetria, l’avanzata di tedeschi ed alleati nelle tre direzioni previste, Leningrado, Mosca, il bacino del Donec, apparve per alcuni mesi inarrestabile: all’inizio di dicembre la città voluta da Pietro il Grande era sotto assedio, vi sarebbe rimasta per 900 giorni; le avanguardie tedesche erano a pochi chilometri 98 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 98 11/04/16 13:38 dalla Capitale; il medio corso del Donec era stato raggiunto; unità della Wehrmacht erano vicine all’estremità orientale del mar d’Azov. L’Ucraina, la Bielorussia, i Paesi baltici, la Crimea, le aree più occidentali della stessa Russia erano state occupate dagli invasori. Oltre 3 milioni di militari sovietici erano caduti prigionieri; di loro più di 2 milioni sarebbero morti nei campi di prigionia della Wehrmacht, in stragrande maggioranza di fame, entro il febbraio 1942. A provocare la strage conversero più fattori: il carattere di guerra di annientamento nei confronti di un nemico stigmatizzato quale slavo, asiatico, bolscevico ed in larga misura ebraico o influenzato dall’ebraismo che venne conferito ab origine all’Operazione Barbarossa dai decisori politici del Terzo Reich; la volontà esplicita di trarre dalle terre orientali le risorse alimentari necessarie per reggere lo sforzo bellico, cosa che rendeva inconcepibile “sprecare” parte di quelle risorse per nutrire proprio i prigionieri di guerra sovietici; la pervicace convinzione che la campagna potesse concludersi entro l’autunno o poco più oltre, con la conseguente smobilitazione dei richiamati, il che fece al momento apparire irrilevante l’eventuale uso dei prigionieri di guerra sovietici quale manodopera coatta. Il gruppo dirigente staliniano, preso inizialmente di sorpresa dalla vastità dell’azione tedesca, ordinò alle proprie truppe di contrattaccare immediatamente, cosa che portò ad una serie di disfatte sul campo. Nel99 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 99 11/04/16 13:38 le settimane successive, tuttavia, sebbene a prezzo di altissime perdite umane, in termini di caduti, feriti e prigionieri, e territoriali, la resistenza strenua dei reparti dell’Armata Rossa costrinse gli ufficiali comandanti delle grandi unità della Wehrmacht a rendersi conto che la Campagna d’Oriente non sarebbe stata una passeggiata, a rallentare il proprio procedere ed a riflettere sulla propria sottovalutazione della tenuta dello Stato sovietico e del suo apparato militare. Appena due mesi dopo l’inizio dell’offensiva, la Wehrmacht avvertì il Führer dell’impossibilità di concludere entro l’anno, come inizialmente previsto, l’Operazione Barbarossa, cosa che avrebbe trovato qualche settimana dopo una indiscutibile conferma nell’esito della Battaglia di Mosca. All’offensiva tedesca in direzione della Capitale, sviluppatasi dal 30 settembre al 5 dicembre, avrebbe fatto seguito una pesante controffensiva sovietica che, per la prima volta in modo così evidente, costrinse la Wehrmacht ad arretrare, attestandosi su una linea difensiva spostata assai più ad occidente della città. Il significato più profondo della vittoria sovietica nello scontro stava, però, nell’aver fatto definitivamente tramontare l’ipotesi nazionalsocialista di una guerra lampo. Hitler ed i suoi paladini dovettero a questo punto adattarsi ad una non prevista guerra d’usura, che li avrebbe costretti a decisivi mutamenti nella condotta del conflitto e a una radicale riorganizzazione della produ100 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 100 11/04/16 13:38 zione di armamenti. Contemporaneamente iniziò il potenziamento del ministero delle Armi e Munizioni, destinato a diventare la chiave di volta dell’economia di guerra e della sua pianificazione, che dopo la morte in un incidente aereo, l’8 febbraio 1942, di Fritz Todt, suo primo responsabile, fu affidato ad Albert Speer. Ci sono pochi dubbi sul fatto che proprio la Battaglia di Mosca abbia costituito un cruciale punto di svolta, costituendo per lo schieramento di potenze egemonizzato dalla Germania l’inizio della fine. L’ENTRATA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI Proprio mentre lo scontro era al suo apice, il 7 dicembre 1941, la guerra divenne definitivamente mondiale attraverso l’apertura di un altro gigantesco fronte, questa volta sull’Oceano Pacifico, tramite l’attacco aeronavale sferrato dal Giappone contro il porto militare statunitense di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii. Tra il 1940 ed il 1941 i rapporti, già tesi in precedenza per la penetrazione giapponese in territorio cinese, conobbero una fase di ulteriore peggioramento a causa del tentativo nipponico di approfittare dello stato di crisi in cui versavano potenze coloniali quali la Francia 101 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 101 11/04/16 13:38 ed i Paesi Bassi, sconfitte ed occupate dalla Germania, per mettere sotto controllo l’Indocina francese e le Indie orientali neerlandesi, puntando successivamente ai possedimenti della Gran Bretagna, impegnata allo spasimo nella lotta al Terzo Reich, quali la Malesia, sotto sovranità britannica, e in prospettiva l’India, ed alle Filippine, che erano all’epoca una sorta di protettorato statunitense. Nel luglio 1941 la decisione di Washington di bloccare le forniture di petrolio al Giappone, essenziali per l’economia del Paese e per il mantenimento dell’efficienza delle sue forze armate, aprì una convulsa trattativa bilaterale conclusa da un nulla di fatto, mentre il gruppo dirigente nipponico continuava i preparativi per mettere in sicurezza, tramite un esteso attacco militare, le basi materiali della “Grande sfera di prosperità comune della Asia Orientale”. Obiettivo del piano era mettere fuori gioco, attraverso successivi colpi aeronavali, la flotta statunitense del Pacifico. Anche il Giappone, come la Germania nei confronti del Regno Unito, puntava strategicamente in tempi futuri ad una pace di compromesso con Washington basata sull’accettazione del fatto compiuto e sulla divisione delle sfere d’influenza. L’Operazione Barbarossa prima, l’attacco giapponese alla Hawaii dopo, oltre ad estendere enormemente il teatro delle operazioni, 102 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 102 11/04/16 13:38 provocarono la fine dell’isolamento britannico e l’avvio nei mesi successivi della Grande alleanza antifascista che avrebbe sostanzialmente legato, sia pur non senza contrasti e divergenze di vedute anche assai consistenti, Londra, Mosca e Washington sino al 1945. Dato il potenziale produttivo dei tre Paesi e le forme di collaborazione anche economica oltre che militare che essi furono in grado di costruire, il tempo lavorava a loro favore. Tuttavia, nell’inverno 1941-1942 la situazione appariva per i nemici dell’Asse niente affatto rosea: il Terzo Reich e, sia pure con un ruolo minore, l’Italia erano padroni di quasi tutta l’Europa Continentale e di una parte significativa dell’Africa Settentrionale, mentre il Giappone dominava il Pacifico occidentale ed il Mar Cinese Meridionale. Il peso della guerra guerreggiata sulla terraferma era a quel punto sostenuto pressoché dalla sola Unione Sovietica, che si ritrovava per di più le unità nemiche profondamente incuneate nel proprio territorio. L’apertura di un secondo fronte terrestre, che mettesse Germania ed Italia nella sgradevole situazione di dover dividere le proprie forze combattenti, avrebbe preso corpo solo quasi tre anni dopo, con lo sbarco in Normandia attuato il 6 giugno 1944, ma la cui pianificazione iniziò un anno prima. 103 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 103 11/04/16 13:38 LA BATTAGLIA DI STALINGRADO Nel frattempo il 1942 aveva visto una nuova spinta offensiva della Wehrmacht, rafforzata da un cospicuo schieramento di forze italiano, nel quadrante meridionale sovietico in direzione dei campi petroliferi del Caucaso. L’avanzata si spinse sino a Stalingrado, importantissimo centro industriale e nodo strategico di comunicazione, scontrandosi, a partire dal 17 luglio, con le unità sovietiche schierate a protezione. Dopo una lunga fase, durata sino alla metà di novembre, di combattimenti nella città casa per casa, fu avviata da parte sovietica una serie di operazioni nella cui conduzione ebbero un ruolo decisivo i reparti corazzati, e che portò all’accerchiamento della 6a Armata tedesca, che si sarebbe poi arresa il 2 febbraio successivo, ed alla rotta delle truppe rumene, italiane ed ungheresi, che erano state collocate a difesa delle lunghissime linee di collegamento tra l’Armata e le retrovie. La Battaglia di Stalingrado divenne famosa per le sue caratteristiche e per il suo valore simbolico: da quel 2 febbraio 1943 la linea del fronte avrebbe cessato di muoversi verso est. Il colpo definitivo alle velleità nazionalsocialiste di spazzare via dalla carta geografica la Russia sovietica lo avrebbe poi dato la Battaglia di Kursk (580 chilometri 104 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 104 11/04/16 13:38 a sud di Mosca), dove era presente un saliente sovietico che si incuneava profondamente nelle linee tedesche. Avviatosi il 5 luglio 1943, il combattimento ebbe termine il 14 successivo; i tedeschi dovettero ritirarsi, mentre i sovietici riuscirono a mantenere il controllo del saliente e della zona circostante. In Oriente, come avrebbero cominciato a capire non pochi alti ufficiali della Wehrmacht, la guerra era persa. Esito analogo si era nel frattempo profilato sul Fronte nordafricano, dove nell’autunno del 1942 si era definitivamente consumata la sconfitta delle forze dell’Asse. Dopo la riconquista della Cirenaica e l’occupazione di Sollum (marzo-aprile 1941) da parte delle forze italogermaniche, il fronte era rimasto sostanzialmente immobile fino al novembre del 1941, quando unità britanniche passarono all’offensiva, penetrando profondamente in Cirenaica ma senza riuscire a disorganizzare i reparti dell’Asse, che, il 28 dicembre, fermarono l’avanzata nemica sul confine con la Tripolitania e, dopo un primo contrattacco attuato con successo alla fine di gennaio 1942, il 26 maggio successivo sfondarono le linee inglesi. Un mese dopo, l’importante base di Tobruk cadde in mani italiane e tedesche; sembrava loro aperta la strada verso Alessandria, ed inoltre appariva vicino l’isolamento di Malta, destinata, nei piani dell’Asse, ad essere presa attraverso un’azione aeronavale. In tal modo si sarebbero poste le premesse per espellere i britannici dal Medi105 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 105 11/04/16 13:38 terraneo; era però essenziale che tutto avvenisse molto in fretta, prima cioè che le forze nemiche stanziate in Egitto potessero giovarsi del supporto statunitense, ed approfittando altresí dello spostamento di parte della Mediterranean Fleet britannica nell’Oceano Pacifico per far fronte all’espansionismo giapponese, cosa che di per sé favoriva l’iniziativa italogermanica nell’Africa del Nord. Convinto di poter facilmente arrivare al Cairo, il Comando delle forze dell’Asse (dalla primavera del 1941 di fatto nelle mani del generale tedesco Erwin Rommel) decide di avanzare in Egitto; il 30 giugno 1942 viene raggiunta la depressione di El Alamein, che dista appena cento chilometri da Alessandria. A quel punto, però, la spinta offensiva si esaurisce, per la riorganizzazione dei britannici e per la carenza da parte italogermanica di rinforzi e rifornimenti adeguati. Nonostante gli attacchi condotti da italiani e tedeschi da luglio a settembre 1942, costati moltissimo in caduti, feriti, e prigionieri, la linea del fronte rimane immobile fino al 23 ottobre seguente, quando l’iniziativa ritorna agli inglesi. Dopo una settimana di combattimenti, i reparti dell’Asse sono costretti ad una frettolosa ritirata che li riporterà, un mese dopo, sulle posizioni di partenza. Ma c’è una novità: tra il 7 e l’8 novembre 1942 una forza d’invasione mista angloamericana ha preso terra in Marocco ed in Algeria, colonie francesi; per le unità 106 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 106 11/04/16 13:38 italiane e tedesche che operano in Nordafrica sussiste ora il concreto rischio di essere prese tra due fuochi. Berlino trasferisce immediatamente le proprie unità in Tunisia, per garantirsene il controllo; nei mesi successivi gli sforzi dell’Asse si concentrano sul tentativo di farne un’imprendibile testa di ponte, mentre viene progressivamente abbandonata la Tripolitania: alla fine di gennaio 1943 tutto quanto il territorio libico è in mani britanniche. Per l’Italia la situazione è a dir poco disperante: non solo non si è affatto riusciti a sottrarre il Mediterraneo al controllo degli inglesi, ma ora lo stesso territorio metropolitano è sottoposto alla minaccia aerea degli Alleati, che possono usufruire degli aeroporti francesi in Marocco ed in Algeria, nonché delle stesse installazioni costruite dagli italiani in Libia. È chiaro, inoltre, che l’arroccamento tunisino non potrà essere tenuto a lungo; una volta che esso sia caduto, verrà all’ordine del giorno uno sbarco angloamericano nell’Italia meridionale, il “ventre molle” dell’Asse. L’11 maggio 1943 i reparti superstiti dell’Asse in Africa del Nord cessano di combattere. All’inizio di giugno l’isola fortificata di Pantelleria, baluardo della Sicilia, è investita da un uragano di fuoco. Nella notte tra il 9 ed il 10 luglio 1943 truppe angloamericane prendono terra in Sicilia; il 24 luglio su tutta intera l’Isola sventolano l’Union Jack e la bandiera a stelle e strisce. 107 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 107 11/04/16 13:38 Il giorno dopo a Roma cade il regime monarchico-fascista, aprendo la strada al governo militare di Pietro Badoglio ed alla successiva occupazione tedesca, coadiuvata da un rinato fascismo che si proclama, questa volta, repubblicano. L’AVANZATA FINALE DEGLI ALLEATI Nel Pacifico, intanto, i rapporti di forza si erano alterati irrimediabilmente a favore degli statunitensi e delle forze del Commonwealth britannico loro alleate già dal giugno 1942, in seguito allo scontro aeronavale delle Midway, avvenuto tra il 4 ed il 6 del mese. Pensata dal Comando supremo della Marina nipponica come l’ideale continuazione dell’attacco a Pearl Harbor, la manovra offensiva che sarebbe sfociata nella battaglia avrebbe dovuto portare all’annientamento della residua capacità militare della flotta d’altura statunitense; in realtà, terminò con la distruzione di quattro grandi portaerei nipponiche, oltre a naviglio minore e a parecchi velivoli da caccia e da bombardamento. Pesanti furono anche le perdite americane, ma a risultarne irrimediabilmente danneggiata fu la capacità di proiezione di potenza che era fondamentale per Tokio e per la realizzazione dei suoi piani egemonici. Da allora in poi le si prospettava solo una lunga 108 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 108 11/04/16 13:38 guerra di resistenza, senza alcuna possibilità di uscirne vincitrice. Fu di conseguenza non arduo per Washington in un certo qual modo incapsulare il conflitto nel Pacifico, dando la priorità alla situazione europea ed al conseguente contrasto di Germania ed Italia. Una volta conclusa quella partita ci si sarebbe nuovamente occupati del Sol Levante. Sarebbe a quel punto giunta l’ora dei bombardamenti atomici di Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945). Lo Sbarco in Normandia (6 giugno 1944) e quello successivo in Provenza (15 agosto 1944) posero le premesse per la rapida liberazione della Francia, dove Charles De Gaulle, capo riconosciuto della Francia Libera, giunto a Parigi il 26 agosto, appena 24 ore dopo la presa di possesso della città da parte delle truppe corazzate ai suoi ordini, avrebbe costituito un nuovo governo espressione della Resistenza, ma anche per l’attacco finale al territorio metropolitano tedesco, finora vulnerabile solo dall’aria. Reparti dell’Armata Rossa, reduci dalla riconquista di Ucraina e Bielorussia, sarebbero penetrati in Prussia orientale e avrebbero raggiunto il corso dell’Oder, che distava poche decine di chilometri da Berlino, all’inizio di gennaio 1945; dal canto loro reparti statunitensi passarono il Reno a Remagen due mesi dopo. L’8 maggio 1945 quel che restava del governo tedesco si arrende, accettando di firmare la 109 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 109 11/04/16 13:38 resa incondizionata, secondo la formula decisa, su proposta di Franklin Delano Roosevelt, alla conferenza tripartita tenuta a Casablanca nel gennaio 1943. Inizialmente pensata come da applicarsi anche al Giappone, arresosi formalmente il 2 settembre successivo, e all’Italia, dove il conflitto aveva avuto termine nell’ultima settimana di aprile dopo che per venti mesi larga parte del Paese era divenuta un campo di battaglia, la formula cara al presidente degli Stati Uniti fu però applicata in questi due ultimi casi con modalità assai più moderate rispetto a quelle utilizzate nei confronti della Germania. Secondo gli studi disponibili ed in base ai differenti parametri di cui i loro autori si sono serviti, il numero di esseri umani che persero la vita nella Seconda guerra mondiale è calcolato tra i 50 e gli 80 milioni; il numero dei civili risulta essere stato più o meno il doppio di quello dei militari. Oltre 26 milioni erano cittadini sovietici, circa 10 milioni i militari, e oltre 16 milioni i civili (il calcolo è per forza di cose approssimativo a causa dei mutamenti territoriali intervenuti dopo il 1945). In tutto perì pressoché il 13,7% della popolazione registrata in Urss nell’ultimo anno di pace, il 1940, (ma la percentuale superò il 25% in Bielorussia e il 16% in Ucraina) a fronte di una percentuale di circa l’8,5% per la Germania, quota analoga a quella jugoslava; di poco 110 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 110 11/04/16 13:38 più del 3% in Cina; del 2,5% in Finlandia; dell’1,5% circa per la Francia (però nell’Indocina allora francese si raggiunse approssimativamente il 6%), rispettivamente dello 0,9% e 0,3% per Regno Unito e Usa. L’Italia perse poco più dell’1% della popolazione. Solo la Polonia, considerata nei confini del 1939, ebbe, con il 17%, perdite umane maggiori di quelle sovietiche. 111 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 111 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 112 11/04/16 13:38 SOCIETÀ, CULTURA, ISTITUZIONI L e politiche di occupazione condotte dalle potenze dell’Asse e del Tripartito e dai loro alleati minori si caratterizzarono per una fortissima carica ideologica: non si voleva soltanto espandere il proprio spazio attraverso conquiste territoriali, ma altresì intervenire pesantemente sulla struttura demografica dei territori occupati, spostando popolazioni, modificando il loro peso reciproco nelle aree miste, eliminando gruppi giudicati indesiderabili se non francamente deleteri, primo tra tutti – ma non unico – quello ebraico, giudicato corpo ontologicamente estraneo a prescindere dal grado di assimilazione ed integrazione che si era verificato sia pure in misura diversa da Paese a Paese nel periodo successivo alla Rivoluzione francese. Proprio i principi fondativi di quest’ultima, che nel corso del XIX secolo e nei decenni successivi, con particolare accentuazione dopo la Grande Guerra, si erano 113 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 113 11/04/16 13:38 trasfusi nelle costituzioni formali e materiali degli Stati, erano l’opposto della visione del mondo fascista; autorità contro libertà; gerarchia contro eguaglianza; asimmetria contro fratellanza. Un esempio lampante dell’opposizione antitetico-polare tra la prima e la seconda terna concettuale salta agli occhi se solo si prende in mano una delle monete coniate tra il 1940 ed il 1944 a Vichy: scomparsa la dizione République Française, sostituita da un neutro (presuntamente tanto virile quanto autoritario) État Français; cancellata la ben nota triade liberté, égalité, fraternité, al suo posto compare il trinomio, dal sapore clericale, conservatore e nazionalista travail, famille, patrie; espulsa dal recto l’immagine femminile della Marianne, simbolo inequivocabilmente repubblicano e potenzialmente sovversivo dell’ordine patriarcale, a pro’ di una celtica ascia bipenne. Assieme alle colonne della Wehrmacht, delle Regie Forze armate, del Dai-Nippon Teikoku Rikugun (esercito dell’Impero del Grande Giappone) ed alle portaerei della Dai-Nippon Teikoku Kaigun (marina dell’Impero del Grande Giappone) viaggiavano infatti progetti di riorganizzazione per linee razziali e gerarchiche del consesso umano convergenti, sebbene non sempre identici. Questi non potevano non esercitare un impatto spesso devastante sulle società degli Stati occupati, già traumatizzate pesantemente dalle sconfitte incassate in tempi brevissimi e con esiti anche umanamente disastrosi in termini di perdite umane, avvii 114 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 114 15/04/16 17:31 ai campi di prigionia militare di migliaia di giovani in divisa, fughe precipitose di civili, donne, bambini, anziani, uomini esonerati dall’arruolamento davanti agli invasori trionfanti. Il risultato fu la crisi delle certezze, già in precedenza traballanti, sulla solidità e sulla stessa ragionevolezza degli assetti democraticoparlamentari che i Trattati di pace conclusivi della Grande Guerra avevano creduto di poter fondare o consolidare nella nuova Europa uscita dal conflitto. Messe sempre più in discussione dal progressivo estendersi sul Continente di regimi autoritari ispirati dal modello politico fascista, le democrazie europee interbelliche temono altresì il comunismo così come si era organizzato nell’Urss, una sorta di Giano bifronte da un lato Stato tra Stati, dall’altro centrale del movimento comunista internazionale tramite il Komintern, e comunque percepito da intellettuali, politici e movimenti di orientamento conservatore come, tutto sommato, assai più pericoloso dei fascismi. La demoralizzazione conseguente alla sconfitta sul campo ed alla successiva occupazione militare, unita alla capacità dimostrata dai regimi fascisti, diventati forza occupante, di aderire alle faglie presenti nelle società occupate, crea un campo di tensione dove tra i poli 115 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 115 11/04/16 13:38 idealtipici contrapposti, rappresentati da resistenza e collaborazione, si colloca una gamma estremamente variegata di posizioni e di atteggiamenti oscillanti, il cui progressivo ricollocarsi nel corso del tempo è strettamente in rapporto con l’andamento del conflitto. Schierarsi con la Resistenza nel 1940 è assai diverso dall’assumere siffatta posizione nel 1944; lo stesso vale per la collaborazione. I COLLABORAZIONISMI Per comprendere e valutare la natura e le modalità con cui si manifestarono, nei diversi Stati occupati dalle forze dell’Asse, atteggiamenti, comportamenti ed attività politiche collaborazioniste, occorre tener preventivamente conto che la possibilità d’azione del collaborazionismo era rigidamente predeterminata dalla forma di occupazione di volta in volta scelta dalla potenza fascista occupante. La collaborazione poté svilupparsi solo là dove l’occupante le concesse uno spazio più o meno grande in base alle sue scelte politiche di fondo. Tali scelte furono sempre in stretto rapporto con i progetti e le ipotesi di riorganizzazione dei futuri ambiti egemonici, in cui si intrecciarono saldamente le due 116 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 116 11/04/16 13:38 logiche che guidavano il loro agire: conseguire il predominio economico, gerarchizzare la società per linee razziali. Schematizzando, per quanto riguarda il Terzo Reich possiamo distinguere differenti modelli di gestione dei territori occupati e non annessi o ridotti alla condizione di protettorato (Boemia e Moravia) o di colonia in senso stretto (Generalgouvernement): l’organizzazione di una rete di controllo amministrativa, militare, economica e di polizia che lasciasse però sussistere un simulacro di governo nazionale semiautonomo (Francia, a parte il territorio amministrato dagli italiani, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Croazia, dopo l’8 settembre 1943 l’Italia, e dall’estate 1944 l’Ungheria), o l’amministrazione militare diretta (territori greci non occupati dall’Italia, Serbia, territori occupati dell’Urss: Ucraina, Bielorussia, Paesi baltici, Caucaso, regioni della Russia cadute in mano germanica). All’interno di questa tipologia occorre poi introdurre ulteriori distinzioni, da ricondurre o all’applicazione del principio della gerarchizzazione razzista, o a scelte politiche di opportunità da parte delle autorità d’occupazione; per quanto riguarda i polacchi, per esempio, venne loro attribuito uno status nella scala razziale talmente basso da ridurre pressoché a zero la possibilità che si strutturassero forze autoctone disposte alla collaborazione politica. Nell’ambito della prima alternativa, talvolta gli oc117 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 117 11/04/16 13:38 cupanti preferirono appoggiarsi ai gruppi conservatori indigeni affidandogli la gestione dell’amministrazione e degli apparati pubblici del Paese conquistato, come accadde in Belgio, nei Paesi Bassi, in Francia ed in parte anche in Danimarca, che costituisce però un caso particolarissimo poiché vennero lasciati sussistere legalmente – anche sotto l’occupazione – il parlamento ed i principali partiti politici, escluso quello comunista. In altri casi conferirono il potere politico (pur con rigide limitazioni) a forze ideologicamente affini al fascismo ed al nazionalsocialismo, come in Norvegia, Croazia e in seguito in Italia e in Ungheria. Al di là di questa pur importante differenza, gli Stati qui richiamati vennero comunque sottoposti, senza eccezione alcuna, ad una triplice struttura di controllo germanica, costituita da una rappresentanza politica del Reich, una delegazione della Wehrmacht, un’istanza superiore della SS e della polizia, a cui era in particolare demandata la lotta contro i movimenti di resistenza. All’estremo dello spettro collaborazionista troviamo gli alfieri e vessilliferi del collaborazionismo ideologico: i membri dei gruppi e partiti modellati sul PNF o sulla NSDAP e che ad essi si rifacevano per ideologie e programmi. In una vasta palude contigua, ma ad essi non riconducibile, si collocavano tutti coloro che assunsero atteggiamenti intermedi, ovviamente assai diversificati l’uno dall’altro: si andava infatti dal compromesso accettato in mancanza di migliori alternative, alla 118 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 118 11/04/16 13:38 collaborazione non ideologica ma invece motivata da consonanze puramente politiche con l’occupante o da interessi materiali, od ancora dalla convinzione che solo tramite e con l’appoggio dell’invasore fosse possibile la realizzazione di quegli obiettivi politici, economici, sociali che apparivano desiderabili. Si collaborava con il Terzo Reich e con il suo junior partner fascista mussoliniano per micronazionalismo, ma anche in nome di un europeismo nostalgico delle gerarchie tradizionali, clerico-reazionario ed antisemita. Ne sortì un miscuglio composito, confuso e contraddittorio ma assai facile da plasmare, nelle forme desiderate, da parte delle istanze d’occupazione e delle gerarchie supreme del Terzo Reich, le quali riveleranno una luciferina abilità nel servirsi, giocandole spesso l’una contro l’altra, delle sue varie componenti. Così, per esempio, nelle zone occupate dell’Urss verranno di volta in volta attizzati i nazionalismi dei popoli non russi, esaltate le reciproche differenze linguistiche, culturali e religiose, ma non si mancherà di solleticare il nazionalismo grande-russo nostalgico dello zarismo e lo si utilizzerà in chiave antibolscevica. Analogamente nei Balcani, si punterà a scagliare croati contro serbi, ed entrambi contro i musulmani di Bosnia, a cui si offrirà d’altro canto una pelosa protezione. È una partita sanguinaria a cui parteciperanno fino in fondo anche le autorità d’occupazione politiche e militari italiane operanti in Slovenia, Dalmazia, in territorio croato, in 119 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 119 11/04/16 13:38 Montenegro e nel Kossovo. Solo la relativa debolezza del suo apparato militare, e di conseguenza l’esiguità sostanziale dei territori occupati dall’Italia, ne limitò la possibilità di attivare istanze collaborazioniste, che furono tuttavia presenti. Maggiore rilevanza ebbe il tentativo, condotto in comune da Germania ed Italia, e consonante in questo caso con le politiche portate avanti dal Giappone, di sollevare le popolazioni arabe contro le potenze coloniali britannica e francese. Oltre all’arruolamento di volontari di origine algerina, tunisina e marocchina nel Maghreb, le potenze dell’Asse riuscirono ad accattivarsi la simpatia dell’importante uomo politico irakeno, più volte presidente del consiglio dei ministri, Rašid ’Ali al-Kailani, e dell’influente notabile di origine gerosolimitana e convinto militante nazionalista panarabo Muhammad Amin al-Husaini, nominato nel 1921 dai britannici Gran Muftì di Gerusalemme. Entrambi univano alla spinta antibritannica un forte sentimento antiebraico, accresciutosi con lo sviluppo dell’immigrazione sionista in Palestina. Dopo il fallimento della rivolta indipendentista dell’aprile 1941, in quel contesto necessariamente contro il Regno Unito e a favore dell’Asse, di cui venne apertamente sollecitato il sostegno, entrambi trovarono rifugio a Berlino, da dove svolsero un’attiva propaganda indirizzata al mondo arabo ed islamico a favore dell’Asse. Con assai maggiore intensità la carta dell’anticolo120 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 120 11/04/16 13:38 nialismo, sotto lo slogan “l’Asia agli asiatici”, fu giocata dal Giappone quale ad un tempo giustificazione del proprio espansionismo e tentativo di trarre dalla propria parte i movimenti di liberazione che, in varie forme, si stavano strutturando nell’Asia Sudorientale. Il caso forse più significativo fu quello, in India, di Subhas Chandra Bose, esponente di primo piano e leader dell’ala sinistra del Partito del Congresso. Rifugiatosi a Berlino nel 1940, Chandra Bose avrebbe raggiunto nel 1943 l’isola di Sumatra, allora in mano nipponica, dove organizzò un’Armata nazionale indiana posta sotto il comando dell’autoproclamatosi governo provvisorio dell’India libera, guidato da egli stesso. Le forze del governo provvisorio non furono però mai in grado di contrastare seriamente il dominio britannico sulla Penisola; dal canto suo la maggioranza del Partito del Congresso, sotto la guida indiscussa di Mohandas Karamchand Gandhi, aveva preso da tempo le distanze da Chandra Bose, schierandosi con l’Alleanza antifascista anche se parte costitutiva di essa era la potenza coloniale britannica. Ciò non di meno, la figura di Chandra Bose resta per l’autocoscienza storica e l’opinione pubblica indiana odierna assai controversa ed oggetto di dibattito. Ancora più complessa fu la situazione birmana, dove i movimenti di opposizione al dominio coloniale di Londra inizialmente si schierarono in maggioranza a favore dei giapponesi, i quali occuparono il Paese nel 121 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 121 11/04/16 13:38 1942, dando vita ad un esercito per l’indipendenza del Paese e tentando di formare un governo provvisorio che prefigurasse un libero Stato birmano. Le scelte dei vertici nipponici furono però diverse, preferendo appoggiarsi su forze maggiormente conservatrici, scontentando così la leadership nazionalista che finì nel 1944 per cambiare campo passando dalla parte della coalizione antifascista. In Indocina, territorio coloniale francese e quindi sottoposto formalmente al governo di Vichy, le autorità nipponiche, che già di fatto controllavano la Penisola dopo la disfatta della République nell’estate 1940, cercarono solo nel marzo 1945, dopo la completa liberazione della Francia in seguito allo sbarco alleato in Normandia, di dar formale vita a tre Stati vassalli, rispettivamente l’Impero del Vietnam ed i regni di Cambogia e Laos, destinati a durare solo pochi mesi. Assai più protratta nel tempo fu invece l’occupazione nipponica nelle Indie orientali neerlandesi (l’attuale Indonesia), iniziata nel marzo 1942 e protrattasi sino alla fine del conflitto. Accolti come liberatori dalla maggioranza della popolazione indonesiana, i giapponesi attuarono una politica dalle molte facce, mirando da un lato ad aprire agli autoctoni l’amministrazione e la burocrazia, fino ad allora in mano esclusivamente agli olandesi, che vennero internati in campi di concentramento, dall’altro esercitando però sulla popolazione indigena forme assai dure di asservimento, dall’ar122 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 122 11/04/16 13:38 ruolamento forzato di manodopera alla prostituzione coatta di numerose giovani donne nei bordelli militari nipponici. Nei fatti, tuttavia, lo smantellamento delle strutture coloniali olandesi, lo spazio d’azione, seppure subalterno, accordato agli esponenti nazionalisti locali, e l’addestramento militare a cui le autorità nipponiche sottoposero reparti volontari autoctoni nell’ottica di servirsene come truppe ausiliarie diedero grande impulso al movimento indipendentista, che nell’immediato dopoguerra sarebbe riuscito ad affrancarsi dal dominio coloniale. Nelle Filippine, all’epoca una sorta di protettorato statunitense avviato però verso l’indipendenza, le profferte degli occupanti, sbarcati subito dopo l’attacco a Pearl Harbor, produssero invece risultati maggiormente divaricati: nonostante la parziale trasmissione dei poteri ad un Consiglio di Stato formato da autoctoni e poi, nell’ottobre 1943, la proclamazione di una Repubblica filippina indipendente, unicamente settori consistenti delle élite e una parte non maggioritaria della popolazione accettarono di collaborare, mentre fin dalle prime settimane di occupazione fu rilevante l’attività di resistenza portata avanti sia da unità dell’esercito regolare passate alla guerra di guerriglia, sia da reparti partigiani di vario orientamento, appoggiati alcuni direttamente dagli Usa; altri, come gli Huk, di tendenza comunista; altri ancora, come le formazioni Moro, di matrice islamica. La struttura fisica delle Fi123 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 123 11/04/16 13:38 lippine, un arcipelago, favoriva del resto la frammentazione del movimento antigiapponese. In sintesi, come era d’altro canto avvenuto anche nell’Europa occupata, il tentativo nipponico di inserirsi in linee di frattura già esistenti (in questo caso prevalentemente tra colonizzati e colonizzatori) si scontrò con la volontà di Tokio di costruire la propria sfera egemonica sulla base di una gerarchia di popoli, favorendo così implicitamente il costituirsi delle resistenze organizzate. Vero rimane, tuttavia, che la complessa, e non di rado drammatica, esperienza di occupazione vissuta dai popoli dei Paesi coinvolti dalle campagne del Sol Levante avrebbe finito col rafforzare le correnti indipendentiste, contribuendo in tal modo al collasso postbellico del dominio coloniale nell’area, non differentemente d’altronde dall’appello che la Gran Bretagna fu costretta a fare alla mobilitazione delle popolazioni di colonie e dominions, chiamate a combattere il blocco fascista in nome della libertà. Come si è notato in precedenza, nei Paesi occupati dalle forze dell’Asse di frequente ai gruppi ideologicamente più affini alle case madri fascista e nazionalsocialista viene riservato un ruolo prevalentemente di propaganda ed agitazione, mentre si preferisce affidare a forze 124 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 124 11/04/16 13:38 conservatrici le quote di potere non gestite direttamente dall’occupante. La conseguente frustrazione, trasmessaci da molte fonti, che non tarda a diffondersi tra partiti e formazioni apertamente fasciste o fascistizzanti trova tre vie di sfogo: la crociata antibolscevica, veste che il regime nazionalsocialista dà all’Operazione Barbarossa, la persecuzione antiebraica, la lotta all’ultimo sangue contro le insorgenze partigiane. Per quanto riguarda il primo aspetto, il Terzo Reich puntò a costruire un’armata di volontari provenienti da tutti i Paesi d’Europa caduti sotto il suo controllo; occorre anche in questo caso fare una distinzione tra ciò che accadde nell’Europa Occidentale e lo svolgersi degli eventi nell’area meridionale ed orientale del Continente. Nella prima l’arruolamento di volontari avvenne prevalentemente sotto la spinta di motivazioni politico-ideologiche (l’anticomunismo in primo luogo); nelle seconde ad ingrossare le file della Waffen SS o dei reparti ausiliari della Wehrmacht fu essenzialmente un aggressivo nazionalismo antirusso (e, talvolta, la volontà di sottrarsi con l’arruolamento alle tremende condizioni dei campi di prigionia nazionalsocialisti). La persecuzione antiebraica era consustanziale al regime nazionalsocialista che la fa diventare legge dello Stato subito dopo la salita al potere, appesantendola col passare del tempo; a partire dal 1938 essa avrebbe fatto un salto di qualità a livello continentale per l’introduzione di norme antiebraiche nel corpus legislativo di altri Sta125 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 125 11/04/16 13:38 ti (Bulgaria, Italia, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria) sulla base di scelte del tutto autonome da quelle precedenti tedesche dei rispettivi regimi, tutti fascisti o fascistizzanti. Con lo scoppio della guerra, nel 1939, e poi con l’apertura del Fronte orientale, nel 1941, si sarebbero create le condizioni perché dall’originario programma di emigrazione forzata si passasse all’eliminazione fisica delle comunità ebraiche presenti nello spazio sottoposto al controllo, diretto od indiretto, del Terzo Reich. Da oltre 5 milioni ad oltre 6 milioni il totale delle vittime. Ovunque fossero rimasti in funzione brandelli delle istituzioni preesistenti all’occupazione ed anche dove fosse stato concesso di insediarsi a governi collaborazionisti gli apparati dello Stato, le polizie in primo luogo, ma anche le milizie, a cui partiti e raggruppamenti ideologicamente vicini a fascisti e nazionalsocialisti diedero vita, svolsero un ruolo centrale nello schedare, rastrellare e concentrare gli ebrei, consegnandoli nelle mani degli apparati che stavano realizzando la “soluzione finale del problema ebraico”, cioè l’attuazione della Shoah, irrealizzabile senza la zelante partecipazione delle burocrazie dei Paesi occupati, dai poliziotti ai commissari, dagli ufficiali d’anagrafe ai direttori ministeriali e l’attivo so126 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 126 11/04/16 13:38 stegno delle organizzazioni politiche che vedevano nel PNF e nella NSDAP modelli da imitare. Non solo, era frequente che le strutture dell’amministrazione pubblica controllata dai collaborazionisti non si limitassero a rispondere positivamente a richieste e pressioni antiebraiche provenienti dagli uffici tedeschi, ma prendessero esse stesse in prima persona iniziative persecutorie, come accadde a Vichy e, qualche anno più tardi, a Salò. 127 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 127 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 128 11/04/16 13:38 BILANCIO ED EREDITÀ N onostante i colossali sconvolgimenti intervenuti nel corso del conflitto ed i drammatici lutti da esso provocati, primo tra tutti la distruzione di una parte significativa dell’ebraismo europeo e la parallela scomparsa di quel tessuto di comunità ebraiche che per secoli avevano caratterizzato in particolare la parte centrale ed orientale del Vecchio Continente, la mappa politica d’Europa conobbe variazioni assai minori di quelle intervenute dopo la Grande Guerra: la Polonia venne respinta verso Occidente, inglobando ad Ovest i territori orientali della Germania prebellica e perdendo ad Est terre che sarebbero diventate ucraine, bielorusse, lituane; la Germania, ridimensionata ad Oriente, dopo un periodo di sospensione della propria statualità, unico caso di applicazione integrale del concetto di «resa incondizionata», risparmiato invece ad Italia e Giappone, fu scissa, nel 1949, in due Stati. A parte ciò, se si escludono 129 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 129 11/04/16 13:38 rettifiche di confine di non eccessiva entità, tutto restò, dal punto di vista della geografia politica, come prima, e così sarebbe rimasto fino al biennio 1989-1991. Va però detto che, come ha sottolineato lo storico britannico a lungo docente negli Usa Tony Judt, ALLA FINE DELLA PRIMA GUERRA “ MONDIALE SI REINVENTARONO E RIDISEGNARONO I CONFINI, MENTRE I POPOLI FURONO IN GENERE LASCIATI DOVE SI TROVAVANO. DOPO IL 1945, INVECE, ACCADDE IL CONTRARIO: CON UNA SOLA IMPORTANTE ECCEZIONE, LE FRONTIERE RIMASERO SOSTANZIALMENTE INALTERATE, MENTRE FURONO SPOSTATE LE PERSONE . ” «Tra gli strateghi occidentali dominava la convinzione che la Società delle Nazioni e le clausole sulle minoranze del Trattato di Versailles si fossero rivelate un fallimento e sarebbe stato un errore cercare di risuscitarle: per questo motivo accettarono di buon grado i trasferimenti. Se non era possibile garantire una adeguata protezione internazionale alle minoranze dell’Europa centrale ed orientale, allora era meglio che fossero trasferite in luoghi dove sarebbero state più accette. L’espressione “pulizia etnica” non era stata ancora coniata, ma era già una realtà concreta e non suscitava affatto disapprovazione od imbarazzo. A parte qualche eccezione, il risultato fu 130 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 130 11/04/16 13:38 , e o e o . e d a e u la creazione di un’Europa di Stati-nazione più etnicamente omogenei che in precedenza».* Il collasso di molte statualità preesistenti, in particolare quelle che avevano subito nei due decenni precedenti una torsione identificatoria verso il modello politico fascista, non si sarebbe tradotto, dopo la conclusione delle ostilità, in crisi potenzialmente rivoluzionarie. Da un lato mancavano le parole per dirlo, posto che tanto il lessico quanto le speranze in un rinnovamento per via rivoluzionaria erano stati per così dire “sequestrati” dal comunismo realizzato come esso si presentava, incarnato nell’Urss e nei partiti comunisti che a Mosca facevano (e non potevano non fare) riferimento, sia pur con diversi e differenti gradi di autonomia; dall’altro, il vuoto fu rapidamente riempito, nell’Est come nell’Ovest del Vecchio Continente, dalle proiezioni militari dei due “grandi ordinatori”, le superpotenze che hanno avuto in dote dalla Seconda guerra mondiale l’egemonia planetaria, gli Usa e l’Urss. E non si trattò solo di una presenza militare, data la crisi alimentare che si era abbattuta sull’Europa intera negli ultimi mesi del conflitto e nel periodo immediatamente successivo, aggravata per di più dagli enormi spostamenti di popolazione. Rifacendoci nuovamente a Tony Judt, «il problema di nutrire, vestire, alloggiare e confortare la disperata popolazione civile (nonché i milioni di soldati prigionieri delle ex potenze dell’Asse) era * T. Judt, Dopoguerra. Come è cambiata l’Europa dal 1945 ad oggi, Mondadori, Milano 2007 131 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 131 11/04/16 13:38 complicato e moltiplicato dalla crisi dei profughi, che aveva una portata senza precedenti. Quasi tutte le operazioni iniziali di assistenza ai profughi e rifugiati furono svolte dagli eserciti alleati. Soltanto l’esercito possedeva risorse e capacità organizzative per gestire i bisogni di un numero di persone equivalente a quello di una nazione di media grandezza. Una volta messo in piedi il sistema di campi di accoglienza, la responsabilità per la cura e l’eventuale rimpatrio o reinsediamento di milioni di profughi fu assunta in misura sempre maggiore dall’UNRRA [acronimo per United Nations Relief and Rehabilitation Administration, struttura fondata il 9 novembre 1943 a Washington dai rappresentati di 44 Stati tra quelli che in seguito avrebbero dato vita all’Onu – ndr]. Nel momento del suo massimo impegno (settembre 1945) i civili liberati appartenenti all’Onu (ossia ad esclusione dei cittadini degli ex Paesi dell’Asse assistiti o rimpatriati dall’UNRRA e da altre agenzie alleate) erano 6.795.000, ai quali vanno aggiunti altri 7 milioni sotto l’autorità sovietica, nonché parecchi milioni di tedeschi». Non per caso, del resto, il proponente del piano per il rilancio economico dell’Europa, noto come piano Marshall, fu George C. Marshall, nel 1947 segretario di Stato a Washington, ma dal 1939 al 1945 capo di Stato Maggiore dell’esercito statunitense. Nel corso del conflitto, ed in particolare nella sua ultima fase, furono assai diffuse le prospettive di un generale rinnovamento, orizzonte ben presente all’interno 132 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 132 11/04/16 13:38 dei movimenti di Resistenza che si erano sviluppati in tutte le aree del mondo occupate dalle armi dell’Asse e dei suoi alleati minori e che ne fondava le capacità di mobilitazione, al di là di quali fossero i loro riferimenti politici, ideali e morali. Tuttavia, spiega con chiarezza lo storico britannico da decenni docente in Italia David W. Elwood, «nel 1945 la questione del rinnovamento politico aveva ormai cambiato aspetto, in confronto ai presupposti prevalenti durante gli anni centrali del conflitto. Il motivo di questo venne spiegato da Stalin in una famosa dichiarazione resa a una delegazione di comunisti jugoslavi in visita in Russia all’inizio del 1945: “Questa guerra non è come in passato: chiunque occupa un territorio vi impone il proprio sistema sociale. Ognuno impone il proprio sistema nella misura in cui il suo esercito ha il potere di farlo. Non può essere altrimenti”. Dunque gli alleati non erano più soltanto responsabili della “liberazione” dei territori che si trovavano sul percorso della propria avanzata militare: da allora in poi non sarebbe stato tanto facile distinguere tra liberazione e occupazione; alla fine della guerra era ormai chiaro che i concetti di democrazia portati dagli eserciti erano ridotti a due, e che i popoli liberati sarebbero stati obbligati a adottare la versione sostenuta dalla potenza o dalle potenze cui erano debitori per la loro salvezza. Nell’Occidente le classiche formulazioni del liberalismo parlamentare e della sovranità popolare avrebbero chiaramente riportato in auge un modello, 133 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 133 11/04/16 13:38 sia pure profondamente modificato nei suoi metodi e nei suoi obiettivi, di tradizionale collaborazione di classe, basato sul consenso e sulla legalità. Nelle zone liberate dall’Armata Rossa, la democrazia sarebbe stata quella incarnata dalle forze antifasciste che avevano guidato la lotta contro il nemico».* Va precisato, a questo proposito, che l’opzione staliniana, oggettivamente condivisa anche se meno esplicitamente dagli altri partner della Grande alleanza antifascista, partiva dall’assunzione dell’irreversibilità di una trasformazione delle relazioni internazionali che proprio lo sviluppo dei maggiori fascismi europei e dell’imperialmilitarismo giapponese aveva avviato. Ben lungi dall’essere la mera riproposizione delle politiche di alleanza precedenti la Grande Guerra, tanto il Nuovo Ordine Europeo propugnato dalla Germania, quanto la Grande sfera di prosperità comune dell’Asia Orientale portata avanti dal Giappone, quanto il Nuovo Ordine Mediterraneo a cui aspirava l’Italia contenevano in sé un’idea di aree egemoniche organizzate politicamente, culturalmente, demograficamente in modo omogeneo. Appare perciò lecito sostenere che l’egemonismo bipolare sovietico-statunitense è in qualche misura figlio di quelle aspirazioni a * D.W. Elwood, L’Europa ricostruita. Politica ed economia tra Stati Uniti ed Europa occidentale 1945-1955, il Mulino, Bologna 1994 134 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 134 11/04/16 13:38 cui il conflitto aveva posto fine, ancorché esso si sia servito di strumenti, metodi, forme di dominio del tutto diverse e di gran lunga meno distruttive. Ovviamente a determinare un bipolarismo che non avrebbe lasciato spazio, quantomeno in Europa, ad alcuna “terza via”, come gli eventi avrebbero implacabilmente dimostrato nei decenni successivi, avrebbero concorso anche elementi che provenivano dal passato, in particolare dagli sviluppi intercorsi nel periodo di “guerra dopo la guerra” successivo al Primo conflitto mondiale, quali, per esempio, la concezione della “politica di sicurezza” fatta propria dal gruppo dirigente staliniano. A Mosca, infatti, ha scritto lo storico dell’Europa Orientale Silvio Pons, «si affermò una visione delle “sfere d’influenza” quali sfere di dominio e quale unico strumento regolativo dei rapporti di potenza, ora definito non solo dagli interessi geopolitici ma dai “modelli” politici e sociali. Si formò compiutamente una concezione della sicurezza imperniata sulle acquisizioni territoriali».* D’altro canto a Washington si verificò la contesa per l’egemonia sulla cerchia dei massimi decisori politici tra due diversi paradigmi, il primo dei quali, di conio più recente e definito “di Jalta”, vedeva nell’Urss una grande potenza che aspirava ad avere una sua propria sfera d’influenza all’interno del sistema delle relazioni inter* S. Pons, Stalin e la guerra inevitabile 1936-1941, Einaudi, Torino 1995 135 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 135 11/04/16 13:38 nazionali così come si era recentemente assestato, mentre il secondo, risalente agli anni Venti e detto “di Riga”, la considerava non come una potenza tradizionale, ma piuttosto come un’entità mirante sempre e comunque alla rivoluzione mondiale, di conseguenza non interessata a coesistere pacificamente con altri Stati, pervasa da un’ideologia messianica di dominio globale, da perseguire attraverso un riarmo senza fine. Mentre il paradigma di Jalta, frutto di un approccio non ideologico di natura realpolitisch, aveva rappresentato la linea prevalente sotto la presidenza di Franklin Delano Roosevelt, con l’avvento al potere del suo successore, Harry Truman, si sarebbe imposto il paradigma di Riga. Il fatto che esiti tellurici indotti dal conflitto paragonabili a quelli verificatisi dopo la Grande Guerra non potessero verificarsi per la superiore presenza ordinatrice delle superpotenze non può tuttavia nascondere che lo scenario postbellico fosse caratterizzato dalla necessità di ricostruire ex novo entità statuali che, anche quando non geograficamente mutate, avevano subito drammatiche amputazioni demografiche, distruzioni culturali, azzeramenti dei tradizionali assetti politici ed istituzionali. La ricostruzione fu guidata dall’alto e quindi – in qualche misura, anche se con modalità ben diverse da 136 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 136 11/04/16 13:38 blocco a blocco – eterodiretta, ed i nuovi gruppi dirigenti che se ne dovettero fare carico si trovarono a fare i conti con modalità di gestione dei conflitti preesistenti e di ricerca del consenso diverse da quelle precedentemente usuali. Ne sarebbe sortito il cosiddetto “equilibrio del terrore”, a lungo oggetto di deprecazione ma capace, nonostante tutto, di garantire al Nord del mondo la pace e al suo Sud, cui pur non risparmiò gli orrori della guerra, i percorsi già avviati verso la formazione di Stati indipendenti, nonché a tutti gli esseri umani un periodo di progressivo miglioramento, sebbene in nuce asimmetrico, delle condizioni di vita mai in precedenza vissuto, in simili dimensioni, dall’umanità. 137 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 137 11/04/16 13:38 MONDO IMMATERIALE LUCI E OMBRE CON DI P • PROFUGHI • UCCISIONI DI MASSA • OLOCAUSTO • VIOLENZE CONTRO I CIVILI • CAMPI DI STERMINIO • GENOCIDI DI “NON ARIANI” • RAZZISMO • BOMBA ATOMICA • “NUOVO ORDINE MONDIALE” HITLERIANO • MASSACRI DI CIVILI 138 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 138 11/04/16 13:38 POL DELL’“APP • PATT DI MON MONDO IMMATERIALE E RI LI • LIBERAZIONE DELL’ITALIA MONDO MATERIALE • CONFERENZA DI POTSDAM • POLITICA DELL’“APPEASEMENT” • • PATTO PATTO DI MONACO TRIPARTITO • SOTTOVALUTAZIONE DEL REGIME HITLERIANO • PATTO RIBBENTROP-MOLOTOV 139 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 139 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 140 11/04/16 13:38 APPROFONDIMENTI 141 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 141 11/04/16 13:38 COMMENTI L’origine del sistema del clearing, attraverso cui la Germania nazionalsocialista riuscì nel corso della guerra a drenare risorse non solo dai Paesi occupati e sottomessi, come qui sottolinea in particolare Milward, ma anche da quelli alleati (Italia compresa, ben prima dell’8 settembre 1943), va ricercata negli anni successivi alla Grande Crisi del 1929, allorché l’economia tedesca si trovò a dover fare i conti con una radicale carenza di valuta che le impediva di acquistare fonti di energia, materie prime e derrate alimentari. La soluzione, proposta e messa in atto da Hjalmar Schacht, dal 1933 presidente della Reichsbank e dal 1934 ministro dell’economia, fu il bilateralismo, fondato sul principio “compra solo da chi acquista i tuoi prodotti, e vendi solo a colui le cui merci tu acquisti”. Invece di un quadruplice flusso orizzontale di merci e denaro nelle due direzioni, si ottenne che solo le merci oltrepassassero la frontiera, mentre il denaro rimaneva nei confini nazionali: chi acquistava versava il corrispettivo in una cassa di compensazione istituita dallo Stato, che provvedeva a retribuire chi vendeva. Presupposto indispensabile era la fissazione di un rigido rapporto di cambio tra le due valute coinvolte. Il meccanismo richiedeva che il valore dell’import fosse sostanzialmente uguale a quello dell’export; se in un Paese coinvolti l’import superava invece l’export, creando contabilmente una passività, ne venivano conseguenze sgradevoli per l’altro, formalmente in attivo ma impossibilitato a retribuire i propri esportatori. In tempo di pace erano possibili aggiustamenti, ma con lo scoppio della guerra la Germania poté far valere il suo peso politico, militare ed economico costringendo i partner, tutti in attivo, a continue anticipazioni di cassa. Da un lato quindi si procurò merci senza pagarle, dall’altro spostò inflazione oltre frontiera. 142 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 142 11/04/16 13:38 i , e , e e a a o , a e a e a o l n ò PA G I N E S C E LT E LO SFRUTTAMENTO ECONOMICO TEDESCO TANTO DEI PAESI OCCUPATI QUANTO DEI PROPRI ALLEATI Lo sfruttamento dei territori conquistati dalla Germania fu regolato dalla strategia tedesca. Fintantoché la strategia si basò sull’idea di una guerra lampo, lo sfruttamento […] fu una questione di breve termine. Esso consisté principalmente nell’accaparramento delle riserve di prodotti di carattere strategico e nell’assicurarsi la possibilità d’impiego di particolari beni o impianti in grado di offrire un sostegno immediato allo sforzo bellico tedesco. Quando al principio del 1942 la strategia mutò e si accettò la certezza di una lunga guerra, cambiò anche il modo di considerare il problema dello sfruttamento […]. Gli occupanti tedeschi da allora concentrarono il proprio interesse sull’organizzazione di un sistema di consistenti e continui contributi da parte dei territori occupati […]. In ciascuno dei primi quattro anni di guerra l’aumento dei contributi esterni al prodotto totale disponibile della Germania fu di fatto maggiore dell’aumento del contributo interno. Questo tradizionale metodo d’imposizione dei contributi di occupazione fu tuttavia accompagnato da un più sofisticato sistema di sfruttamento. I contributi furono pagati per mezzo del meccanismo di clearing (compensazione) creato per regolare gli scambi tra la Germania e i territori occupati. Ciascun Paese fu obbligato a negoziare con la Germania, da posizioni di netta inferiorità, un accordo bilaterale […]. La bilancia commerciale fu regolata da un sistema di clearing, mentre ciascun Paese versava ai propri esportatori il corrispettivo dei crediti aperti a proprio favore. In sostanza, in tutti i territori occupati la Germania godette di un potere d’acquisto illimitato, tanto più che non ci fu alcun sistema per costringerla a porre un freno al proprio indebitamento. Alan S. Milward “Guerra, economia e società 1939-1945” trad. di Guido Abbattista, Etas Libri, Milano 1983 143 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 143 11/04/16 13:38 COMMENTI Solo una rapida vittoria tedesca sul Fronte orientale apertosi nel giugno 1941 avrebbe forse potuto imprimere un diverso andamento al conflitto, poiché i tempi lunghi resero invece possibile alla coalizione antifascista mettere in campo la propria superiorità in risorse e capacità produttive. Come ha scritto Adam Tooze, ne Il prezzo dello sterminio. Ascesa e caduta dell’economia nazista, in riferimento al triennio 1942-1944 – un periodo cioè in cui gli schieramenti erano già stati definiti e il conflitto aveva assunto, dopo la Battaglia di Mosca e l’attacco a Pearl Harbor, quelle dimensioni di guerra d’usura, totale e geograficamente mondiale richiamate da Overy – il rapporto tra produzione di fucili da parte degli Alleati e dell’Asse era di 2,7 a favore dei primi; saliva a ben 15,6 per quanto riguardava le pistole automatiche; era a 3,2 per le mitragliatrici, a 3,1 sui cannoni, a 5,3 circa i mortai, a 4,7 sui carri armati, a 2,6 a proposito degli aerei militari, a 5,5 in riferimento alle navi da guerra. Più in generale, il Pil complessivo degli Alleati era nel 1941 2,4 volte maggiore di quello dell’Asse, e sarebbe salito a 3,1 volte nel 1944. La produzione d’acciaio, che già nel 1939 era per i componenti futuri della coalizione antifascista 2,9 volte quella dei membri dell’Asse belligeranti o meno, nel 1944 aveva raggiunto 3,5 volte. Ancora più impressionante il confronto tra la produzione di armamenti della sola Unione Sovietica e della Germania nel periodo: oltre il 50% in più di fucili, quasi 8 volte superiore il numero di pistole automatiche, quasi una volta e mezza quello di mitragliatrici e cannoni, più del quadruplo i mortai, più del doppio i carri armati, il 30 per cento in più di aerei. Solo nella cantieristica la Germania predominò con 703 navi a fronte di appena 5, ma, date le caratteristiche del Fronte orientale, ciò fu irrilevante. 144 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 144 11/04/16 13:38 o , a . n o , e i r , a . e a i e a e o a e PA G I N E S C E LT E PERCHÉ GLI ALLEATI VINSERO LA GUERRA Poiché risorse colossali furono mobilitate su distanze enormi, al punto che il campo di battaglia fu mondiale in un senso veramente letterale, per gli alleati non si trattava di vincere la guerra in qualche area delimitata: essa doveva essere vinta in ogni teatro e in ogni dimensione, in terra come in mare e nei cieli. Ciò fece del raggiungimento della vittoria un’impresa assai costosa, imponente e, soprattutto, lenta. La guerra impose un prezzo esorbitante agli stati belligeranti delle due parti, ciascuna delle quali impiegò in battaglia un terzo (o più) delle proprie forze umane e convertì i due terzi dell’economia in modo da rifornire una prima linea insaziabile di risorse. Si trattava di un modo di fare la guerra su una scala che l’Ottocento non avrebbe potuto nemmeno immaginare, […] che trasse la propria giustificazione dalla disperata visione darwiniana del mondo propagandata dai profeti di sventura degli anni Trenta. Tutti gli stati, fascisti, comunisti o democratici, condividevano l’assunto comune ma spaventoso che la guerra dovesse essere «totale», […] che aveva per posta la sopravvivenza. L’esito della guerra dipese dall’efficace mobilitazione delle risorse economiche, scientifiche e morali della nazione almeno tanto quanto dai combattimenti stessi: questa spiegazione può non essere altrettanto affascinante di quella che si basa sulla pura e semplice efficacia dei combattimenti, ma rende giustizia al fatto che fu una guerra combattuta anche dai civili oltre che dai soldati. Il successo alleato nelle lunghe campagne di logoramento può essere spiegato in maniera convincente solo tenendo conto del ruolo della produzione e delle innovazioni tecnologiche. Richard Overy “La strada della vittoria. Perché gli alleati hanno vinto la seconda guerra mondiale” trad. di N. Rainò, il Mulino, Bologna 2002 145 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 145 11/04/16 13:38 COMMENTI Il 23 luglio 1941 l’articolo di fondo della Pravda, dell’intellettuale e giornalista Emel’jan Michajlovič Jaroslavskij, portava come titolo: La grande guerra patriottica del popolo sovietico, che richiamava esplicitamente la “Guerra patriottica”, definizione con cui era nota la campagna di Russia del 1812, conclusasi con la ritirata della Grande Armée, che avrebbe innescato il crollo del sistema imperiale napoleonico; il termine sarebbe stato ripreso dallo stesso Stalin nel suo primo discorso radiofonico ai popoli dell’Urss il 3 luglio successivo. Nel testo non compare mai il termine “socialismo”, mentre la parola “patria” ricorre ben dodici volte. Analogamente, nell’orazione che egli avrebbe tenuto il 6 novembre successivo la “patria” viene nominata nove volte, ed il socialismo solo tre, due delle quali però in riferimento al nazionalsocialismo di cui viene contestato il carattere “socialista”. Il giorno successivo, 7 novembre, nell’usuale discorso di saluto alla rivista militare sulla Piazza Rossa, Stalin non fa alcun cenno al “socialismo” e, oltre ad evocare per tre volte la “patria”, cita quali ispiratori della resistenza antitedesca “le figure ardimentose dei nostri grandi antenati”, nell’ordine Aleksandr Jaroslavič Něvský, signore di Novgorod, santo per la Chiesa ortodossa russa; Dmitrij Ivanovič Donský, principe di Mosca, anch’egli sugli altari; Kuzma Minin e Dmitrij Michajlovič Požarskij mercante il primo, principe il secondo, che combatterono nella guerra tra Polonia e Moscovia all’inizio del XVII secolo; Aleksandr Vasiljevič Suvorov e Michail Illarionovič Kutuzov, entrambi generali zaristi. Palese la scelta da parte di Stalin e dell’intero gruppo dirigente sovietico di appellarsi prima di tutto al patriottismo, in particolare russo. Una scommessa che si rivelò vincente. 146 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 146 11/04/16 13:38 e a , e i e o , , e č j n , I - n PA G I N E S C E LT E L’«ECCEZIONALE IMPRESA» DELL’URSS Forse non sarà vero che l’«eccezionale impresa non svanirà mai dalla memoria di una umanità riconoscente», come era stato insegnato a generazioni di cittadini sovietici, ma lo sforzo bellico sovietico resta ancora un’impresa ineguagliata, storica e mondiale nel vero senso della parola. Stalin aveva ragione quando diceva che la guerra era «un esame per l’intero sistema sovietico» e sapeva, forse meglio di chiunque altro, che lo Stato era arrivato ad un passo dal fallire la prova. Le probabilità che l’Urss battesse la Germania hitleriana erano molto scarse ancor prima che il conflitto scoppiasse, e dopo i primi mesi si ridussero ulteriormente. All’estero l’immagine tradizionale dell’Urss era quella di un sistema reso inerte da una burocrazia soffocante e da una feroce repressione. Contro questo Paese si erano schierate le forze armate più pericolose del mondo, che avevano già conquistato gran parte dell’Europa in soli diciotto mesi. L’Urss ottenne la vittoria nonostante le quasi unanimi aspettative contrarie. Questo fatto impone agli storici una difficile quadratura del cerchio: l’Unione Sovietica aveva mille ragioni per essere sconfitta, ma vinse in modo trionfante e completo. Naturalmente l’Urss non era sola: senza la suddivisione delle energie tedesche imposta dalla campagna di bombardamenti aerei o dalle operazioni nel teatro mediterraneo, il risultato avrebbe potuto essere meno sicuro, forse molto diverso. Tuttavia, fu sul fronte orientale che le forze tedesche subirono il grosso dei danni (l’80% dei caduti in battaglia) e fu sempre sul fronte orientale che si concentrò il peso schiacciante della Wehrmacht fino al 1944. Richard Overy “Russia in guerra 1941-1945” trad. di P. Modola, Il Saggiatore, Milano 2000 147 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 147 11/04/16 13:38 COMMENTI È diffusa la lettura della Seconda guerra mondiale come termine di una “guerra civile europea”, o “seconda Guerra dei Trent’anni”, iniziata nella Grande Guerra. Secondo alcuni, tra cui Eric John Hobsbawm, il punto di partenza andrebbe collocato nell’agosto 1914, quando cioè l’Europa precipitò nel baratro, secondo altri, tra cui Ernst Nolte, la data corretta è invece il 1917, anno della rivoluzione bolscevica, che avrebbe provocato il costituirsi di uno Stato il cui fine esplicito era la rivoluzione comunista mondiale. Diverse, se non divergenti, nell’impostazione, queste ottiche concordano nel ritenere il ventennio interbellico 1919-1939 una fase intermedia e di conseguenza nel sottovalutare il peso della crisi del Ventinove, ancorché senza i suoi catastrofici effetti ben difficilmente la NSDAP sarebbe riuscita a sfondare elettoralmente in Germania ed Hitler a diventare cancelliere. Diner richiama invece una prospettiva differente, dove sarebbe stata semmai l’opzione dell’ “unconditional surrender” cara a F.D. Roosevelt a trasformare la Seconda guerra mondiale in una “guerra civile”, cioè in un conflitto in cui una delle due parti deve scomparire. L’opzione rooseveltiana dovette scontrarsi, nel momento in cui fu enunciata, con i generali statunitensi Marshall ed Eisenhower, con Winston Churchill, e con Josif Stalin, i quali ritenevano che la formula avrebbe rischiato di prolungare la guerra indebolendo le forze interne alla Germania che stavano prendendo posizione contro la politica di Hitler. Essa tuttavia prevalse; la sua genesi ed il suo successo sono da ricondurre all’autorappresentazione dominante negli Usa, come ricorda lo stesso Diner: «nella Prima guerra mondiale gli americani intervennero per rendere il mondo “safe for democracy”. La Seconda guerra mondiale fu per loro una “crusade for freedom”». 148 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 148 15/04/16 17:32 a a o a a e 9 i e d a e e n n a e i a a o e PA G I N E S C E LT E LA NECESSARIA «RESA INCONDIZIONATA» Nel gennaio del 1943 Roosevelt e Churchill annunciarono alla conferenza di Casablanca lo unconditional surrender, la «resa incondizionata». Si escludeva la possibilità di trattare con il nemico, pretendendo che le potenze dell’Asse si arrendessero senza condizioni. Durante una conferenza stampa i signori della guerra fornirono la spiegazione dell’espressione «resa incondizionata». Il presidente americano illustrò la tradizione che stava alla base dello unconditional surrender. Parlò di Ulysses S. (U.S.) Grant – “unconditional surrender Grant” – il capo supremo delle armate del Nord durante la guerra civile americana, eletto in seguito presidente degli Stati Uniti, l’uomo che aveva imposto al Sud la resa incondizionata. La resa incondizionata è una forma di sottomissione a cui si assiste generalmente alla fine delle guerre civili. Queste guerre escludono un compromesso che permetta ad entrambe le parti in causa di continuare ad esistere, e ciò con la stessa logica che vieta la presenza contemporanea di due governi in un unico stato. Un’unica comunità sociale non può avere più di una fazione che eserciti i poteri dello stato e del governo. Il partito sconfitto deve abbandonare le sue rivendicazioni oppure soccombere. In una guerra civile le rivalità si acuiscono sino alla sconfitta totale, anzi fino all’annientamento di uno degli avversari. Generalmente le guerre civili sono caratterizzate da un antagonismo tra contenuti di fede, valori, e diverse forme ideologiche, e tale antagonismo può contribuire ad accendere e a legittimare la violenza; l’intensità di tale violenza è dovuta però esclusivamente a quella costellazione che esclude a priori qualsiasi compromesso. Dan Diner “Raccontare il Novecento. Una storia politica” trad. di F. Reinders, Garzanti, Milano 2001 149 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 149 11/04/16 13:38 COMMENTI Sebbene l’orientamento originale di F.D. Roosevelt fosse ritenere che gli Stati Uniti avessero un ruolo da giocare su scala mondiale, sulla falsariga di quanto avevano sostenuto Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, da un lato le condizioni di dura crisi economica in cui gli Usa versavano allorché nel 1932 egli fu eletto per la prima volta presidente, dall’altro la presenza, sia nell’opinione pubblica, sia all’interno del Congresso e senza distinzione tra i due partiti che vi erano rappresentati, di un forte orientamento isolazionista lo costrinsero per anni a concentrarsi sulla politica interna e procedere con i piedi di piombo nello scacchiere internazionale. Significativo tuttavia il ristabilimento, nel 1933, delle relazioni diplomatiche con l’Urss, interrotte dal dicembre 1917 in seguito alla rivoluzione bolscevica. Frutto di colloqui tra Roosevelt e il commissario del popolo agli Affari esteri sovietico Maxim Maximovič Litvinov, agli occhi del presidente statunitense l’intesa aveva un duplice valore: porre un ulteriore limite all’espansione imperiale del Giappone in Asia Orientale, preoccupante per gli Stati Uniti il cui baricentro strategico iniziava a spostarsi dall’Atlantico al Pacifico, ed aprire il grande mercato sovietico al commercio statunitense. Anche nessuno di questi scopi fu allora raggiunto, l’idea rooseveltiana di trovare nell’Unione Sovietica un partner importante aveva preso forma. Essa avrebbe fatto decisivi passi in avanti nel giugno 1941, quando, lo stesso giorno in cui fu lanciata dai tedeschi l’Operazione Barbarossa, gli Stati Uniti estesero all’Unione Sovietica i rifornimenti inizialmente previsti per il Regno Unito, la Francia Libera degaullista e la Repubblica di Cina dalla legge “Affitti e prestiti”, del marzo precedente. L’embargo sul Giappone posto nel luglio successivo fu perciò un rischio calcolato. 150 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 150 11/04/16 13:38 i a a o a a a i a o i e a o r i i i a l u PA G I N E S C E LT E LA CENTRALITÀ DEL PACIFICO PER F.D. ROOSEVELT La risposta di Roosevelt all’occupazione dell’Indocina meridionale da parte del Giappone, i cui vertici ritenevano di avere già allora, a prescindere dalla Cina, le spalle al sicuro a causa dell’impegno della Russia nella guerra contro la Germania portava in sé l’imminente scatenamento di una guerra nel Pacifico. Il 26 luglio 1941 Roosevelt annunciò il blocco dei beni giapponesi negli Usa e rese nota inoltre la costituzione di un alto comando in Estremo Oriente. Lo stesso giorno la Gran Bretagna ed i suoi dominions ruppero i rapporti commerciali col Giappone. Il 28 luglio le Indie olandesi si associarono alla misura di embargo. Le forniture di stagno, caucciù e petrolio al Giappone vennero sospese da parte di tutti questi Paesi. L’impero perciò, per la sua totale dipendenza dall’importazione di petrolio, si trovò di fatto di fronte all’alternativa della capitolazione politica all’America o di prendere con la forza le materie prime in Asia Sudorientale, scatenando un attacco contro gli Usa e i suoi alleati. A prescindere da tutto il resto, le misure di embargo avevano conseguenze catastrofiche anche per la guerra contro la Cina. Poiché nel governo giapponese era convinzione comune che il conflitto con la Cina doveva essere concluso solo con una completa vittoria, questa minaccia alla conduzione della guerra in Cina rappresentò un fattore essenziale per la linea di congiunzione del conflitto cino-giapponese in atto dal 1931 e della guerra del Pacifico del 1941. Alla fine del 1941 era stata per così dire innescata una «spoletta a tempo» che prevedibilmente a breve tempo avrebbe fatto scattare la decisione di attaccare gli Usa. Andreas Hillgruber “La distruzione dell’Europa. La Germania e l’epoca delle guerre mondiali (1914-1945)” trad. di G. Mandarino, il Mulino, Bologna 1991 151 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 151 15/04/16 17:33 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 152 11/04/16 13:38 LEGGERE, VEDERE, VISITARE BIBLIOGRAFIA TESTI PRIMARI La banalità del male di H. Arendt, Feltrinelli, Milano 2013 Alle origini del welfare state Il rapporto su assicurazioni sociali e servizi assistenziali di W.H. Beveridge, Franco Angeli, Milano 2010 La libertà solidale. Scritti 1942-1945 di W.H. Beveridge, a cura di M. Colucci, Donzelli, Roma 2010 Dialoghi con Albert Speer di J.C. Fest, Garzanti, Milano 2008 153 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 153 11/04/16 13:38 I taccuini di Norimberga di L. Goldensohn, a cura di R. Gellately, trad. di P. Budinich, Il Saggiatore, Milano 2008 Memorie del Terzo Reich di A. Speer, trad. di E. e Q. Maffi, Mondadori, Milano 1996 SAGGI Stalin e la guerra inevitabile 1936-1941 di S. Pons, Einaudi, Torino 1995 Il fascismo giapponese di F. Gatti, Cafoscarina, Venezia 1997 Stalingrado di A. Beevor, Bur, Milano 2000 Il prezzo dello sterminio Ascesa e caduta dell’economia nazista di A. Tooze, Garzanti, Milano 2008 Il ghetto di Varsavia. Diario (1939-1944) di M. Berg, Einaudi, Torino 2009 Guerra assoluta La Russia sovietica nella seconda guerra mondiale di C. Bellamy, Einaudi, Torino 2010 154 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 154 11/04/16 13:38 Russia in guerra 1941-1945 di R.J. Overy, trad. di P. Modola, Il saggiatore, Milano 2011 La strada della vittoria Perché gli alleati hanno vinto la seconda guerra mondiale di R.J. Overy, trad. di N. Rainò,il Mulino, Bologna 2011 Il ghetto di Varsavia lotta di M. Edelman, Giuntina, Firenze 2012 STORIA Storia militare della seconda guerra mondiale di B.H. Liddell Hart, Mondadori, Milano 1970 Storia generale della guerra in Asia e nel Pacifico 1937-1945 di A. Santoni, STEM-Mucchi, Modena 1977-1979 Fronte orientale Le truppe tedesche e l’imbarbarimento della guerra (1941-1945) di O. Bartov, il Mulino, Bologna 2003 Storia della 2ª guerra mondiale Obiettivi di guerra e strategia delle grandi potenze di A. Hillgruber, trad. E. Grillo, Laterza, Roma-Bari 2004 La seconda guerra mondiale I sei anni che hanno cambiato la storia di A. Beevor, Rizzoli, Milano 2013 155 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 155 11/04/16 13:38 Una guerra al tramonto (1944-1945) Dallo sbarco in Normandia alla vittoria degli alleati in Europa di R. Atkinson, Mondadori, Milano 2015 Controstoria della seconda guerra mondiale di E. Bauer, Edizioni Res Gestae, Milano 2015 GERMANIA Hitler. Una biografia di J.C. Fest, Garzanti, Milano 2005 Hitler e l’enigma del consenso di I. Kershaw, trad. di N. Antonacci, Laterza, Roma-Bari 2007 La disfatta. Gli ultimi giorni di Hitler e la fine del Terzo Reich di J.C. Fest, Garzanti, Milano 2007 Operazione Valchiria di I. Kershaw, trad. di A. Catania, A. Silvestri, Bompiani, Milano 2009 Heydrich e la soluzione finale. La decisione del genocidio di E. Husson, Einaudi, Torino 2010 Il Terzo Reich al potere. 1933-1939 di R.J. Evans, Mondadori, Milano 2011 156 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 156 15/04/16 17:33 Il volto del Terzo Reich Profilo degli uomini chiave della Germania nazista di J.C. Fest, Ugo Mursia Editore, Milano 2011 La fine del Terzo Reich. Germania 1944-45 di I. Kershaw, Bompiani, Milano 2013 ITALIA Il nuovo ordine mediterraneo Le politiche di occupazione dell’Italia fascista (1940-1943) di D. Rodogno, Bollati Boringhieri, Torino 2003 La nazione perduta. Ferruccio Parri nel Novecento italiano di L. Polese Remaggi, il Mulino, Bologna 2004 La Resistenza in Italia. Storia e critica di S. Peli, Einaudi, Torino 2004 Una nazione allo sbando. 8 settembre 1943 di E. Aga-Rossi, il Mulino, Bologna 2006 Le guerre italiane 1935-1943 Dall’Impero d’Etiopia alla disfatta di G. Rochat, Einaudi, Torino 2008 La gabbia infranta. Gli Alleati e l’Italia dal 1943 al 1945 di E. Di Nolfo, M. Serra, Laterza, Roma-Bari 2010 157 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 157 15/04/16 17:33 EUROPA L’Europa ricostruita Politica ed economia tra Stati Uniti ed Europa occidentale 1945-1955 di D.W. Elwood, trad. di M. Innocenti, il Mulino, Bologna1994 L’Europa nazista Il progetto di un nuovo ordine europeo 1939-1945 di E. Collotti, Giunti, Firenze 2002 Il sogno del “grande spazio” Le politiche d’occupazione nell’Europa nazista di G. Corni, Laterza, Roma-Bari 2005 Dopoguerra Come è cambiata l’Europa dal 1945 ad oggi di T. Judt, trad. di A. Piccato, Mondadori, Milano 2007 La guerra dell’ombra. La Resistenza in Europa di H. Michel, Ugo Mursia Editore, Milano 2010 La seconda guerra mondiale in Europa di S.P. MacKenzie, il Mulino, Bologna 2011 Terre di sangue. L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin di T. Snyder, trad. di L. Lanza, S. Mancini, P. Vicentini, Rizzoli, Milano 2011 158 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 158 11/04/16 13:38 BIOGRAFIE Speer. Una biografia di J.C. Fest, Garzanti, Milano 2004 In lotta con la verità. La vita e i segreti di Albert Speer di G. Sereny, Bur, Milano 2009 Un segreto ricomporsi Albert Speer, dalla memoria individuale alla storia di P. Lombardi, Le Lettere, Firenze 2013 Albert Speer e Marcello Piacentini L’architettura del totalitarismo negli anni Trenta di S. Scarrocchia, Skira, Milano 2013 FILM Roma città aperta, di Roberto Rossellini, Italia 1945 I dannati di Varsavia, di Andrzej Wajda, Polonia 1957 Il ponte sul fiume Kwai, di David Lean, Usa 1957 La ciociara, di Vittorio De Sica, Italia 1960 Il giorno più lungo, di Ken Annakin, Usa 1962 La grande fuga, di John Sturges, Usa 1963 Quella sporca dozzina, di Robert Aldrich, Usa 1967 Patton, generale d’acciaio, Usa 1970 Tora! Tora! Tora!, di Richard Fleischer, Usa 1970 159 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 159 11/04/16 13:38 La croce di ferro, di Sam Peckinpah, Uk, Germania 1977 Schindler’s List, di Steven Spielberg, Usa 1993 La sottile linea rossa, di Terrence Malick, Usa 1998 Salvate il soldato Ryan, di Steven Spielberg, Usa 1998 Il nemico alle porte, di Jean-Jacques Annaud, Germania, Uk, Irlanda 2000 U-571, di Jonathan Mostow, Usa 2000 El Alamein – La linea del fuoco, di Enzo Monteleone, Italia 2002 Flags of Our Fathers, di Clint Eastwood, Usa 2006 Lettere da Iwo Jima, di Clint Eastwood, Usa 2006 Operazione Valchiria, di Bryan Singer, Usa, Germania 2008 Bastardi senza gloria, di Quentin Tarantino, Usa, Germania 2009 Fury, di David Ayer, Usa 2014 WEB www.anpi.it http://avalon.law.yale.edu/subject_menus/wwii.asp www.bbc.co.uk/history/worldwars/wwtwo www.ildday.it www.instoria.it/home/politica_alleata_italia_seconda_guerra_ mondiale_I.htm www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/albert-speer/1194/default.aspx www.ushmm.org/it www.kingsacademy.com/mhodges/03_The-World-since-1900/07_ World-War-Two/07_World-War-Two.htm http://digilander.libero.it/secondaguerra 160 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 160 15/04/16 17:39 LUOGHI DI INTERESSE LA LINEA MAGINOT E LE SPIAGGE DEL D-DAY In Francia sono oggi visitabili alcuni tratti della Linea Maginot, l’imponente sistema di fortificazioni costruito negli anni Trenta lungo il confine franco-tedesco e considerato inespugnabile, ma rivelatosi vano poiché le truppe d’invasione tedesche si limitarono ad aggirarlo (1940), passando attraverso il Belgio. In Lorena vi è una dozzina di siti aperti al pubblico, tra cui il più imponente baluardo della linea difensiva, il Fort du Hackenberg, posto 30 km a nordest di Metz e capace di accogliere fino a mille soldati. Al forte erano connessi ben 10 km di tunnel sotterranei, destinati a garantirgli l’autosufficienza per un periodo di tre mesi; la visita guidata, della durata di due ore, si svolge a bordo di un trenino elettrico che conduce i turisti lungo una galleria sotterranea di 4 km. Si ricordano inoltre il Fort de Guertrange, vicino Thionville, e il Fort du Simserhof, nel comune di Siersthal, una delle più importanti postazioni di artiglieria della Linea Maginot. Nella parte alsaziana si consiglia invece una visita al Musée de la ligne Maginot di Schoenenbourg, circa 45 km a nord di Strasburgo, una fortezza ritenuta indistruttibile, servita da 3 km di gallerie a 30 m sotto terra. Al suo interno si possono osservare gli equipaggiamenti caratteristici della Linea Maginot con le cucine, una centrale elettrica, un’infermeria e le caserme, dove potevano soggiornare fino a 650 uomini. Degni di nota anche il Forte del forno di calce (Fort du Four à Chaux) di Lembach e il Museo del rifugio (Musée de l’Abri) di Hatten, poco più a sud, che offre un’interessante ricostruzione della vita quotidia- 161 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 161 11/04/16 13:38 na nei bunker e ricrea lo scenario di una delle più violente battaglie fra mezzi corazzati della Seconda guerra mondiale, avvenuta proprio qui. L’esposizione comprende inoltre una serie di veicoli militari e armamenti. Da non perdere infine il Mémoriale de l’Alsace-Moselle, situato a Schirmeck, a poca distanza dal campo di concentramento di Natzweiler-Struthof, l’unico creato sul suolo francese. Un coinvolgente allestimento scenografico interattivo ripercorre la drammatica storia dell’Alsazia e della Mosella – i cui abitanti hanno cambiato nazionalità per ben quattro volte in 75 anni – dal 1870 fino alla riconciliazione franco-tedesca, soffermandosi in particolare sul periodo della Seconda guerra mondiale e dell’annessione. In luogo del campo di concentramento di Struthof, risalente al 1941, sorge oggi il Museo del Memoriale Nazionale della Deportazione di Struthof, a ricordo dei 52.000 prigionieri che qui furono costretti al lavoro forzato, molti dei quali vi morirono di fame e di stenti. La visita inizia negli spazi espositivi del Centro Europeo del Resistente Deportato, dove si conserva ancora la Kartoffelkeller, la “cantina delle patate”, un deposito seminterrato costruito dai deportati del campo. Sono molti i turisti che ogni anno si recano sul litorale a nord della Normandia per scoprire i luoghi che fecero da sfondo alla più imponente offensiva militare della storia, in codice Operation Overlord, il grande sbarco in Normandia (6 giugno 1944), che segnò il principio della liberazione dell’Europa e, nelle parole di W. Churchill, «l’inizio della fine della guerra». La sanguinosa battaglia durò 76 giorni e si risolse in un vero e proprio massacro: gli Alleati persero 210.000 uomini, mentre i tedeschi registrarono 200.000 morti e altrettanti prigionieri; morirono inoltre 14.000 civili francesi. Il magnifico 162 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 162 15/04/16 17:34 tratto di costa detto Côte de Nacre, ossia “di madreperla”, è letteralmente disseminato di campi di battaglia, buche lasciate dai bombardamenti, musei e cimiteri di guerra, a testimonianza del duro prezzo pagato per la liberazione dell’Europa dal giogo nazista. Il più grande è il Normandy American Cemetery and Memorial, sopra Omaha Beach, fondato sul finire degli anni Quaranta per i caduti americani, mentre 18 cimiteri militari del Commonwealth sorgono lungo la linea di avanzata delle forze britanniche e canadesi, il più importante dei quali è situato a Bayeux. La gran parte dei soldati alleati approdò sugli 80 km di spiagge a nord di Bayeux, i cui nomi in codice – da ovest a est – erano Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword Beach. Tappe obbligate per una ricostruzione dettagliata degli eventi del D-Day sono il Mémorial de Caen, uno dei principali centri europei della memoria, sorto in una città che fu quasi completamente rasa al suolo dai bombardamenti dell’estate 1944, e il Musée Mémorial Bataille de Normandie di Bayeaux, che con i suoi 2300 mq di superficie illustra con cura lo svolgimento delle operazioni dal momento dello sbarco fino alla loro conclusione, il 29 agosto 1944. Altri luoghi memorabili sono Quinéville con il suo Mémorial de la Liberté retrouvée, proprio di fronte alla cosiddetta Utah Beach, e Pointe du Hoc (Cricqueville– en–Bessin), piccolo promontorio sede di una roccaforte tedesca che fu conquistata a caro prezzo dai Rangers del colonnello J. E. Rudder, decimati durante l’assalto. Le battaglie più cruente avvennero lungo i 7 km della costa nei pressi di Vierville-sur-Mer, Saint-Laurent-sur-Mer e Colleville-sur-Mer, nota ai veterani americani con il nome di Bloody Omaha; da vedere il Musée D-Day Omaha (Vierville-sur-Mer) con reperti originali e ri- 163 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 163 11/04/16 13:38 costruzioni di situazioni reali in tempo di guerra e il Musée Mémorial Omaha Beach (Saint-Laurent-sur-Mer), che espone una ricca collezione di uniformi, armi, oggetti personali, veicoli e fotografie. A Longues-sur-Mer si conservano invece le uniche armi di grosso calibro rimaste in Normandia, un’imponente batteria tedesca di cannoni che costituiva parte integrante del Vallo atlantico nazista. Si ricorda poi Arromanches, uno dei luoghi simbolo dello sbarco, dove si trovano ancora i resti di uno dei due porti prefabbricati utilizzati dagli Alleati e l’interessante Musée du Débarquement. A Ver-surMer, infine, il Musée America Gold Beach illustra la minuziosa preparazione dello sbarco da parte dell’Intelligence britannica mentre il Centre Juno Beach (Courseulles-sur-Mer), unico museo canadese della zona, accoglie una notevole mostra multimediale imperniata sul ruolo rivestito dal Canada nel D-Day. NORIMBERGA Seconda città della Baviera per dimensioni, già fiorente in epoca medievale, Norimberga fu prescelta da A. Hitler quale città dei congressi del Terzo Reich e il suo nome rievoca tuttora nella memoria collettiva l’immagine inquietante delle parate militari naziste. Le colossali adunate presso il Reichsparteitagsgelände (Complesso per i Raduni del Partito nazista) facevano parte di una strategia di propaganda delineata fin dal 1927 per accrescere i consensi intorno al nazismo, che aveva un forte seguito a Norimberga, ma fu nel 1933 che Hitler decise di allestire uno spazio apposito per le manifestazioni del Partito a Luitpoldhain, una zona periferica a 164 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 164 11/04/16 13:38 sudest della città. Qui, a circa 4 km dal centro, sorgono ancora alcune delle imponenti strutture architettoniche – in parte incompiute – realizzate da A. Speer e sfuggite ai bombardamenti degli Alleati, che nel 1945 distrussero buona parte del complesso. Tra questi vi è la vasta spianata dello Zeppelinfeld, dove, di fronte a una tribuna di 350 m, la Zeppelintribüne, aveva luogo la gran parte dei raduni e delle sfilate nazionalsocialiste; oggi accoglie invece manifestazioni sportive e concerti rock. Seguendo poi la Große Straße, che con i suoi 60 m di larghezza taglia in due l’area, si giunge al Märzfeld (Campo di Marte), posto 2 km più a sud, allora adibito alle esercitazioni militari. L’odierno lago artificiale Silbersee, a ovest della Große Straße, si trova invece proprio dove avrebbe dovuto innalzarsi il Deutsches Stadion, che secondo il progetto era destinato a ospitare oltre 400.000 spettatori; tuttavia i lavori di costruzione si arrestarono allo scavo iniziale e la buca fu colmata in seguito dalle acque della falda. Si ricorda poi la Luitpoldarena, posta al margine nordoccidentale del complesso, un tempo impiegata per le parate delle SS e oggi trasformata in un parco pubblico. Poco distante si trova infine la Kongresshalle (Sala dei Congressi), costruita solo in parte, che nelle ambizioni di A. Speer avrebbe dovuto raggiungere proporzioni superiori al Colosseo. L’ala nord dell’edificio è ora sede del Dokumentationszentrum, un centro di documentazione sul nazismo che ripercorre attraverso fotografie, documenti e filmati l’ascesa al potere di Hitler, gli anni del regime e il crollo della Germania nazionalsocialista. In particolare, la sala 6 è dedicata a Norimberga e al suo ruolo quale sede del quartier generale del Partito, mentre nella sala 7 un film illustra i monumentali progetti architettonici ideati da A. Speer per il Reichsparteitagsgelände; nella sala 8 si scopre infine 165 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 165 15/04/16 17:34 come buona parte dei materiali edili venisse realizzata dai prigionieri dei campi di concentramento, costretti a lavorare in disumane condizioni di schiavitù. Dalla parte opposta della città, a circa 2 km dall’Altstadt, sorge il Palazzo di Giustizia, l’attuale Landgericht Nürnberg-Fürth (Bärenschanzstraße 72), dove nel 1945-46 si tennero i processi di 24 gerarchi nazisti, ritenuti i principali responsabili degli orrori del regime, 19 dei quali furono condannati a morte per crimini contro la pace e l’umanità. Oltre alla Schwurgerichtssaal 600, la Sala 600 della Corte d’Assise dove operò il Tribunale Militare Internazionale, dal 2010 è aperta al pubblico una mostra permanente chiamata Memorium Nürnberger Prozesse, che con l’ausilio di filmati storici e registrazioni audio offre una vivida rievocazione del Processo di Norimberga, rimarcandone il grande valore esemplare nell’ambito della giustizia internazionale. 166 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 166 11/04/16 13:38 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 167 11/04/16 13:38 Finito di stampare nel mese di aprile 2016 a cura di RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Media presso Grafica Veneta, Trebaseleghe (PD) Printed in Italy 37_GrSt_IIGuerra 5.indd 168 11/04/16 13:38