Piccola broadband tv (ma fa crescere la pay)

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L’ERA DELLA CONVERGENZA
L’ERA DELLA CONVERGENZA
Il report. ITMedia Consulting: mercato digitale al 95%
SENTIERIdelVIDEO
Piccola broadband tv
(ma fa crescere la pay)
In via di affermazione i servizi video Web-based forniti tramite televisore
Per la prima volta nella storia il
mercato tv italiano segna il passo. La
pubblicità è in fuga anche dal piccolo schermo: e chi sostiene l’intera
giostra non sono più gli inserzionisti
ma le famiglie italiane grazie anche
alla crescente offerta di prodotti pay
a basso costo e ai nuovi modelli ibridi
di pagamento al consumo. È quanto
emerge dal rapporto annuale 2011 stilato dalla società ITMedia Consulting
guidata da Augusto Preta, che fotografa un mercato, in questo finale
de ancora, per quanto riguarda l’Iptv,
dai contenuti delle altre piattaforme,
sia satellitare, che digitale terrestre.
Tuttavia nei prossimi anni la componente Iptv lascerà il posto in maniera
progressiva alle nuove offerte lineari
e non lineari (catch-up Tv) dell’Over
the top tv. Ma la Iptv presenta grosse
prospettive di crescita: perché offre
maggiore flessibilità e ricchezza di offerta rispetto alle piattaforme tradizionali e una crescente integrazione con i
servizi Internet. La penetrazione della
banda larga e la crescente qualità dei
video hanno portato ad un aumento
del consumo di contenuti video su Internet, facendo ritenere che la naturale
evoluzione della fruizione dei servizi
online sia il televisore. Gli operatori
si attrezzano aggiungendo servizi di
tipo web-based alla televisione intesa nel senso più classico del termine,
rendendo così possibile l’Ott e la
connected Tv. Questi servizi ibridi
broadcast-broadband hanno attualmente un impatto limitato nel mercato televisivo italiano, ma si prevede
un certo sviluppo nei prossimi anni.
à
Il trend
Pubblicità in fuga
Cresce l’offerta
pay a basso costo
digitale terrestre. Dopo il picco a ridosso
dello switch off inizierà a partire dal 2012
la riduzione della penetrazione
a favore di altre piattaforme
[ brand ]
Italia, solo metà aziende su Fb
Aziende italiane e Facebook: una “liason” ancora fragile. È la fotografia scattata
da Blogmeter che fa il punto sulla presenza delle nostre imprese sul social network,
sottolineando come la metà dei brand ancora non abbia una pagina dedicata sulla
piattaforma. Partendo dall’analisi degli 88 prodotti finalisti al premio “Brand Awards
2011” di Gdo Week e Mark Up (periodo gennaio- settembre 2011), lo studio ha
messo a confronto l’efficacia della comunicazione dei brand sulle fan page del social network, facendo leva su parametri oggettivi (fan, post, commenti e like) e analizzando lo scenario competitivo attraverso benchmark di riferimento per categoria
di mercato. La metà dei brand non ha una propria pagina Facebook: degli 88 brand
considerati il 57% non ha aperto una fan page ufficiale in italiano, mentre il restante
43% si divide quasi equamente tra fan page di brand (23%) e di prodotto (20%).
DELLE
di 2011, “sostanzialmente” del tutto
digitalizzato (analogico presente solo
nel 5% di abitazioni italiane).
Comincia a prendere piede l’Over
the top tv (video web-based forniti in
tv grazie alla banda larga) come modalità alternativa di distribuzione di
contenuti, e i dispositivi di connected
Tv, tramite i quali i contenuti a banda larga vengono offerti direttamente
dai fornitori di apparati Tv (Samsung,
Sony, ecc..), attraverso gli widget. La
presenza della broadband tv (tutti i
servizi tv che viaggiano su rete Ip)
è ancora marginale però: supera di
poco il 2% delle abitazioni, salirà al
3% nel 2013.
Dopo il picco a ridosso dello
switch off il Dtt inizierà nel 2012
a ridurre la propria penetrazione a
vantaggio delle altre piattaforme.
Ne approfitterà la sat-tv mentre la
broadband Tv continuerà a costituire
una modalità secondaria, ma, grazie
allo sviluppo della banda larga, a una
maggiore qualità e varietà dei servizi
offerti rispetto al passato, e prezzi più
competitivi, sarà scelta da 800mila di
famiglie nel 2013.
La pay-tv raggiungerà nel 2013
il 39% delle abitazioni tv contro il
37% attuale. La sat tv continua ad
essere la prima piattaforma di paytv raggiungendo oltre la metà (53%)
delle abitazioni pay (contro la Dtt
che raggiunge il 41% delle abitazioni
pay). La broadband Tv, che raccoglie
il restante 6% del mercato, rimane,
invece, sostanzialmente una piattaforma emergente il cui successo dipen-
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Claudia Lavia, Patrizia Licata, Alessandro Longo
Alessandra Ritondo, Giampiero Rossi
Mario Sette
n°17. 31 ottobre 2011
C’è anche una categoria che prevede
l’uso del linguaggio mutuato
dai social media all’interno del
premio letterario curato dal Comune
e dall’Università di Pavia
Multimedia
robertachiti
DELLE
28
Suocera uccisa?
È stata la televisione
Tira ancora il moralismo di retroguardia
(anche se il nuovo bersaglio è Internet)
R
icercatori dell’Università di Queensland,
Australia, riportati con grande enfasi da
“Le Monde” affermano senza paura di sbagliare che ogni ora passata davanti alla tv riduce di
21,8 minuti le speranze di vita. Ma davvero? L’ultimo
numero del “Journal of the American Medical Association” riporta un’altra ricerca. Due ore di televisione
al giorno aumentano la mortalità del 13%, il rischio
di diabete del 20 e di infarto del 15. A me sembrano
completamente matti e allora vado a guardare meglio.
I contenuti della tv in queste ricerche non c’entrano
per niente. Vedere la tv è uno dei possibili marcatori
di sedentarietà. Se uno per due ore al giorno legge la
“Divina Commedia” seduto in poltrona, non fa sport
e mangia solo spaghetti alla matriciana, rischia ugualmente: però nessuno dice che Dante fa male.
Altri continuano a studiare gli effetti della televisione, dimenticando che già negli anni Settanta il Surgeon
General americano (diciamo il Ministero della salute)
compì una monumentale serie di inchieste (due scaffali
di biblioteca, che oggi nessuno consulta), cercando
gli effetti a lungo termine della violenza televisiva sui
minori, che era il tormentone dell’epoca.
Gli esperimenti compiuti allora dal noto psicologo Albert Bandura ci appaiono oggi puerili; vedi la ricostruzione in: www.youtube.com/
watch?v=hHHdovKHDNU. La correlazione era molto
difficile: se mangio un fungo e sei ore dopo muoio è
molto probabile che il fungo fosse velenoso, ma se vedo
un film horror in tv e dopo sei mesi ammazzo la suocera è difficile provare che sono stato indotto dalla tv e
non dalla terribile antipatia della vecchia, o da tante
altre cose.
La catena di cause ed effetti è così fragile e dubbia
che si spezza ogni momento. L’American Pediatric
Association invece continua a sostenere che, secondo 2.000 ricerche, l’esposizione a contenuti violenti
aumenta il rischio di comportamenti aggressivi nei
bambini e negli adolescenti. Se le ricerche sono fatte
tutte come quella celebre di Bandura, stiamo freschi.
In realtà, si tratta di iniziative di retroguardia. I
critici dei media e i moralisti, dopo aver abbandonato
come loro bersaglio preferito il cinema per il fumetto
ed essere passati poi alla televisione, adesso stanno
tutti migrando verso il digitale: una parte teme i videogiochi, l’altra Internet e tutte le sue ombre.
Questi ricercatori sono esponenti di comunità scientifiche a caccia di visibilità (questi temi hanno elevata
probabilità di essere veicolati dai media, soprattutto quelli concorrenti della televisione come la carta
stampata). Esponenti marginali: altrimenti si sarebbero
già accorti che fanno molto più notizia con i rischi di
Internet e dei videogames.
di Enrico Menduni
Professore di Media e Comunicazione
all’Università Roma Tre
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