VENERDÌ SANTO tratto da Servizio della Parola Sobrietà, silenzio, stupore. Sono i tre atteggiamenti che la solenne ed essenziale liturgia della passione vuole promuovere per contemplare il mistero del Crocifisso. «Ecco il legno della Croce, al quale fu appeso il Cristo, Salvatore del mondo» - «Venite, adoriamo». Questa acclamazione rompe il silenzio prima dell’adorazione della croce, così come all’inizio solo la proclamazione delle letture interrompe il silenzio della prostrazione dei ministri. • Tutto è sobrio, ridotto all’essenziale, l’altare è spoglio come il corpo del Signore, i riti sono solenni e intensi senza alcun bisogno di altro che di un loro svolgimento composto e partecipato interiormente. • Tutto è silenzio perché possa emergere l’inesauribilità del mistero che contempliamo. Il silenzio è lo svuotamento di ogni parola vana per far posto solo alla “parola della croce”; il silenzio è la spoliazione da tutto ciò che è superfluo per far posto solo al silenzio del “dare la vita”. • Tutto è stupore, è contemplazione intima di un mistero inesauribile. La croce apre l’abisso del cuore di Dio di quel cuore trafitto. «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto»: gli occhi e i cuori di tutti sono attratti dal Crocifisso. PERCORRENDO LE LETTURE Il percorso che le letture ci fanno compiere in questa liturgia è un invito alla contemplazione. Tutti i testi sono molto rappresentativi per la vista. Il Servo di Dio descritto dal profeta viene delineato pennellata dopo pennellata (prima lettura), il salmo ci accosta al servo sofferente ponendo sulle sue labbra le parole della preghiera. La lettera agli Ebrei è il ponte di passaggio nel portarci davanti al Cristo che compie l’alleanza per noi (seconda lettura). La passione secondo Giovanni ha un ritmo solenne e luminoso, quasi come un’immagine ad altissima definizione dove osservare ogni dettaglio ▶ Isaia 52,13–53,12 (prima lettura). Il quarto carme del Servo del Signore lo descrive come uomo che per la sua testimonianza subisce il dolore e la sofferenza in modo intenso, crudele e innocente. Nella passione del Servo descritta in modo vivido e con un ritmo insistente ogni persona può affidare le sue sofferenze percependo una solidarietà strettissima. Sarà il legame indissolubile tra il Servo di Dio e il popolo a renderlo segno della salvezza e porta della speranza perché «si compirà per mezzo suo la volontà del Signore». ▶ Salmo responsoriale (Sal 30). È la supplica fiduciosa di un uomo che pur nella fatica si abbandona a Dio e scorge in lui la sua speranza: «i miei giorni sono nelle tue mani». La fortezza di questa preghiera diventa esortazione all’abbandono in Dio per tutti coloro che ascoltano queste parole intrise tanto di passione quanto di patimento: «Siate forti, rendete saldo il vostro cuore». ▶ Ebrei 4,14-16; 5,7-9 (seconda lettura). All’interno dell’ampia e raffinatissima meditazione della lettera agli Ebrei che evidenzia partendo dalla teologia ebraica la differenza sostanziale della storia di Gesù, questo testo riflette ancora una volta sulla scelta della solidarietà totale del Figlio di Dio con l’umanità. Inizialmente viene evidenziata la differenza tramite il riferimento allo stile dei sommi sacerdoti ebraici che sceglievano il distacco e la ieraticità sacrale, mentre Gesù sceglie di essere un sommo sacerdote che «prende parte alle nostre debolezze». Questa affermazione viene confermata in modo supremo con la passione e la croce, gesto massimo di prossimità e solidarietà con gli uomini: «pur essendo Figlio». Pur con un linguaggio che può essere percepito un po’ astratto, questo testo punta l’attenzione in modo radicale sull’umanità di Gesù, via della nostra salvezza. ▶ La passione secondo Giovanni. Il racconto giovanneo delle ultime ore di Gesù è modulato secondo alcune accentuazioni teologiche, in particolare tre: la regalità di Gesù, la relazione tra croce e gloria, il paradosso della rivelazione. – La regalità di Gesù viene evidenziata nel suo sapere ciò che gli sta accadendo, nell’essere sovrano del suo destino, scelto liberamente, accettato fino in fondo, con dignità e determinazione. La croce è il vero trono del Messia dove egli rivela la sua identità profonda, dove si compie la sua rivelazione. – La relazione tra croce e gloria percorre tutto il quarto vangelo e nella passione giunge l’«ora» della rivelazione della gloria nella croce. L’insistenza delle domande sull’identità di Gesù, sulla natura del suo regno, la sottolineatura della tunica senza cuciture, l’affidamento di Giovanni a Maria. Questi e molti altri dettagli continuamente evidenziano la compresenza e la reciproca rivelazione di croce e gloria. – Il paradosso insieme alla finissima ironia costituiscono la sottolineatura della dimensione rivelativa della passione e morte di Gesù. Nelle ultime ore abbiamo la definitiva rivelazione del volto di Dio. L’evangelista esprime questo profondissimo livello teologico con uno stile ironico, legando potenti affermazioni di rivelazione a semplici domande o esclamazioni che emergono nel corso della narrazione. Davanti a Colui che ha detto di essere la verità Pilato domanda: «Che cos’è la verità?». Presentando Gesù alla folla Pilato afferma la più grande verità di antropologia teologica: «Ecco l’uomo». Poco dopo sempre Pilato dice chi è Gesù, semplicemente presentandolo: «Ecco il vostro re!». Il quarto evangelista pone sulle labbra di un amministratore romano le affermazioni teologiche più rilevanti. Gesù è la verità, l’uomo, il nostro re.