28 febbraio 2011 Per l’Italia lo shock può arrivare dall’Algeria Matteo Verda (*) Gli approvvigionamenti di gas naturale costituiscono un aspetto fondamentale della sicurezza energetica italiana. Il gas, infatti, soddisfa oltre un terzo del fabbisogno complessivo di energia del paese ed è impiegato sia per usi domestici e industriali sia per la generazione di energia elettrica. Inoltre, la produzione interna è andata costantemente diminuendo nei decenni passati e ora copre circa il 10% della domanda: ne deriva una sostanziale dipendenza da fornitori stranieri, con importanti ricadute in termini di sicurezza. A differenza di petrolio e carbone, commerciati via nave su un mercato di fatto mondiale, il gas naturale ha richiesto la costruzione di grandi infrastrutture – i metanodotti – che legano strettamente produttori e consumatori. Se da un lato questa situazione rappresenta un vincolo a cooperare, dall’altro rende ciascuna parte direttamente dipendente dall’altra. Le possibili implicazioni di questa vulnerabilità sono evidenti quando – come nel caso della Libia oggi – i flussi sono interrotti unilateralmente. La vulnerabilità che deriva da un ampio ricorso alle importazioni non può essere completamente eliminata, ma i suoi effetti possono essere contenuti ricorrendo alla diversificazione dei fornitori. Nei fatti, questa è stata la strategia seguita da Eni fin dai primi progetti di importazione, negli anni Settanta. I primi gasdotti a essere costruiti furono quelli destinati a importare gas proveniente da due fornitori geograficamente – e non solo – lontani tra loro: i Paesi Bassi (attraverso la Germania e la Svizzera, coi gasdotti Tenp e Transitgas) e l’Unione Sovietica (attraverso l’Europa orientale e l’Austria, col gasdotto Tag). Sempre a inizio anni Settanta entrò in funzione il primo impianto di rigassificazione italiano, quello di Panigaglia, realizzato per ricevere gas naturale liquefatto da un terzo fornitore: la Libia. Lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto proseguì con l’inclusione di un quarto paese destinato ad assumere un ruolo centrale: l’Algeria. La costruzione del gasdotto (Transmed) fu completata nel 1983, passando per la Tunisia e il canale di Sicilia, e fu poi raddoppiata nel 1997. Infine, l’ultimo gasdotto di importazione realizzato fu quello che collega direttamente la Libia occidentale all’Italia (Greenstream), entrato in funzione nel 2004 e divenuto l’unico canale di esportazione di gas libico. Negli ultimi anni si è anche assistito allo sviluppo di nuova capacità di rigassificazione, cruciale per compensare le rigidità della rete di gasdotti. In particolare, nel 2009 è già entrato in funzione il terminale Edison di Porto Levante, destinato a ricevere gas prevalentemente dal Qatar. Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. (*) Matteo Verda PhD, Associate Researcher ISPI e Università di Pavia. 2 Nel tempo, dunque, il sistema di approvvigionamento di gas naturale nazionale è andato diversificandosi, mitigando gli effetti della dipendenza dalle importazioni. Nondimeno, esiste una chiara gerarchia tra i paesi esportatori: Russia e Algeria forniscono ciascuna circa il 30% dei consumi nazionali di gas; seguono i Paesi Bassi, il Qatar e la Libia con circa il 10% e la Norvegia con meno del 5%. Considerando gli stoccaggi attualmente disponibili (15-20% del fabbisogno annuo) e il tasso di utilizzo delle infrastrutture (circa 90% della capacità), solo l’interruzione prolungata dei flussi provenienti da uno dei due fornitori principali porrebbe gravi problemi di approvvigionamento di gas. Come dimostrato dalla completa interruzione dei flussi da Paesi Bassi e Norvegia nel 2010, dovuta a una frana in Svizzera, gli altri fornitori sono invece sostituibili senza particolari problemi. L’interruzione dei flussi dalla Libia di febbraio 2011, dunque, è destinata a non porre a rischio la capacità degli operatori nazionali di far fronte alla domanda del mercato italiano. Dal punto di vista degli approvvigionamenti di gas, il principale rischio causato dall’ondata di instabilità nel Nord Africa è che un peggioramento della situazione in Algeria o in Tunisia – in quanto paese di transito – possa causare un’interruzione prolungata dei flussi del gasdotto Transmed. A differenza del caso libico, questa situazione porrebbe direttamente a rischio la sicurezza energetica nazionale. ISPI - Commentary La ricerca ISPI analizza le dinamiche politiche, strategiche ed economiche del sistema internazionale con il duplice obiettivo di informare e di orientare le scelte di policy. I risultati della ricerca vengono divulgati attraverso pubblicazioni ed eventi, focalizzati su tematiche di particolare interesse per l’Italia e le sue relazioni internazionali. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. ISPI Palazzo Clerici Via Clerici, 5 I - 20121 Milano www.ispionline.it © ISPI 2011 Si tratta in ogni caso di un’ipotesi remota: considerando l’importanza economica dei proventi delle esportazioni di gas naturale verso l’Italia, è infatti probabile che le eventuali interruzioni dovute a instabilità o a cambî di governo siano destinate a rientrare in tempi brevi.