IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS Associazione tra sintetasi degli acidi grassi, resistenza insulinica, diabete di tipo 2 e tumori Javier A. Menendez1, Alejandro Vazquez-Martin1, Francisco Jose Ortega2, Jose Manuel Fernandez-Real2 1Catalan Institute of Oncology, Girona Biomedical Research Institute, Hospital Universitari de Girona Josep Trueta, Girona, Catalonia, Spain 2Department of Diabetes, Endocrinology, and Nutrition, Girona Biomedical Research Institute, Ciberobn Fisiopatología de la Obesidad y Nutrición, Girona, Catalonia, Spain Traduzione a cura di Andrea Mosca ABSTRACT Fatty acid synthase: association with insulin resistance, type 2 diabetes, and cancer. An emerging paradigm supports the notion that deregulation of fatty acid synthase (FASN)-catalyzed de novo FA biogenesis could play a central role in the pathogenesis of metabolic diseases sharing the hallmark of insulin-resistance. We reviewed pharmacological and genetic alterations of FASN activity that have been shown to significantly influence energy expenditure rates, fat mass, insulin sensitivity, and cancer risk. This new paradigm proposes that insulin-resistant conditions such as obesity, type 2 diabetes, and cancer arise from a common FASN-driven “lipogenic state”. An important question then is whether the development or the progression of insulin-related metabolic disorders can be prevented or reversed by the modulation of FASN status. If we accept the paradigm of FASN dysfunction as a previously unrecognized link between insulin resistance, type 2 diabetes, and cancer, the use of insulin sensitizers in parallel with forthcoming FASN inhibitors should be a valuable therapeutic approach that, in association with lifestyle interventions, would concurrently improve energy-flux status, ameliorate insulin sensitivity, and alleviate the risk of lipogenic carcinomas. Although the picture is currently incomplete and researchers in the field have plenty of work ahead, the latest clinical and experimental evidence that we discuss illuminates a functional and drug-modifiable link that connects FASN-driven endogenous FA biosynthesis, insulin action, and glucose homeostasis in the natural history of insulin-resistant pathologies. INTRODUZIONE Gli acidi grassi (FAs) del metabolismo animale derivano da due fonti, quelli di provenienza esogena (dieta) e quelli endogeni sintetizzati de novo. Quest'ultima via metabolica è catalizzata dalla sintetasi degli acidi grassi (FASN), che è in grado di sintetizzare FAs a lunga catena usando l'acetil coenzima A (CoA) come templato, il malonil-CoA come donatore di unità a 2 atomi di carbonio e NADPH come agente riducente. Il prodotto principale della FASN è costituito da un FA a 16 atomi di carbonio, il palmitato, ma la FASN può anche produrre piccole quantità di miristato, laureato e anche di altri FAs a catena ancor più breve (1, 2). A seconda della localizzazione intracellulare, due tipi diversi di FASN vengono generalmente identificati: la FASN citosolica (FASN I) e quella mitocondriale (FASN II). Mentre la FASN citopla- smatica è principalmente responsabile per la biogenesi de novo degli FAs, la FASN mitocondriale fornisce il precursore octanoilico necessario per la via metabolica essenziale di lipoilazione (3). Inoltre, molti studi hanno dimostrato che le FASN possono essere anche presenti nello spazio extracellulare di cellule neoplastiche umane (4-6). Ci sono tipicamente 2 tipi di strutture molecolari della FASN. La FASN prototipica (FASN I) si trova nei mammiferi e consiste di un polipeptide prodotto da un singolo gene, che contiene tutti i centri di reazione necessari per produrre un FA (7). Nei procarioti e negli eucarioti più elementari, come lieviti, batteri, piante e parassiti, la biosintesi degli FAs viene realizzata grazie ad una serie di proteine monofunzionali che nell'insieme costituiscono un sistema dissociato (FASN II). E' interessante sottolineare che un sistema FASN II è stato scoperto e parzialmente *Questo articolo è stato tradotto con il permesso dell’American Association for Clinical Chemistry (AACC). AACC non è responsabile della correttezza della traduzione. Le opinioni presentate sono esclusivamente quelle degli Autori e non necessariamente quelle dell’AACC o di Clinical Chemistry. Tradotto da Clin Chem 2009;55:425-38 su permesso dell’Editore. Copyright originale © 2009 American Association for Clinical Chemistry, Inc. In caso di citazione dell’articolo, riferirsi alla pubblicazione originale in Clinical Chemistry. 618 biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS caratterizzato nei mitocondri degli eucarioti (8, 9); tuttavia, il possibile ruolo di questa FASN II mitocondriale nell'obesità e nella resistenza insulinica non è ancora stato studiato. Attraverso una serie di manipolazioni farmacologiche e genetiche della FASN, si stanno ora accumulando evidenze che indicherebbero che la lipogenesi de novo catalizzata dalla FASN nell'ipotalamo ha un effetto importante sull'assunzione di cibo e sull'omeostasi del peso corporeo (10-13). In questa rassegna ci occuperemo invece del ruolo della FASN nella resistenza insulinica periferica e nella patogenesi di alcuni sottotipi aggressivi di tumori maligni umani, che hanno in comune alcune alterazioni nel metabolismo lipidico. STRUTTURA DELLA FASN: UNA GIGANTESCA LINEA DI ASSEMBLAGGIO MOLECOLARE A differenza della FASN II, le FASN di tipo I dei funghi e degli animali sono enormi polipeptidi multifunzionali, che integrano tutti i passaggi della sintesi degli FAs in un grande aggregato macromolecolare. Le FASN dei mammiferi consistono di 2 catene polipeptidiche identiche di 270 kDa, ognuna comprendente tutti i 7 domini necessari (la β-chetoacil sintetasi, la malonil/acetiltransferasi, la deidratasi, la enoil reduttasi, la β-chetoacil reduttasi, la proteina carrier di acili e la tioesterasi), che si assemblano a formare omodimeri enzimaticamente attivi (14–21). Come primo step, un gruppo malonilico derivante dal malonil-CoA si condensa con un gruppo acetilico proveniente dall'acetil-CoA. Il β-chetoacil derivato che ne risulta è poi ridotto in tre passaggi consecutivi (riduzione β-chetoacilica, deidratazione β-idrossiacilica e riduzione enoilica) a derivato acilico saturo, che agisce come “primer” per successivi cicli di allungamento e riduzione per produrre alla fine il derivato palmitoilico. Quest'ultimo è infine idrolizzato dalla tioesterasi a palmitato libero. Studi iniziali hanno suggerito che il complesso enzimatico della FASN I contiene 7 diverse zone enzimatiche arrangiate come dimeri “testa-coda” con i domini β-chetoacil sintetasi e malonil/acetiltransferasi del primo monomero che lavorerebbero insieme ai domini deidratasi, enoil reduttasi, β-chetoacil reduttasi, proteina carrier di acili e tiioesterasico del monomero adiacente (14–17). In altre parole, due monomeri FASN nella forma omodimerica dell'enzima sono arrangiati in un orientamento antiparallelo pienamente esteso, che permette la creazione di interazioni funzionali attraverso l'interfaccia dei monomeri. Nel 2005, Asturias et al. hanno proposto un modello “testa-testa” alternativo per la organizzazione della FASN, che prevede che i domini β-chetoacil sintetasico e malonil/acetiltransferasico di entrambi i monomeri siano più vicini al centro del dimero FASN, dove possono avere accesso alla proteina carrier di acili di ogni subunità (19). Nel 2006, Maier et al. hanno descritto l'architettura della FASN di mammifero da una mappa di densità elettronica a 4,5 Å, nella quale si possono assegnare le posizione della maggior parte dei domini, ma senza particolari dettagli (20). La mappa di Maier è sostanzialmente in accordo con il modello di Asturias e suggerisce che la FASN di mammifero sia costituita da un dimero intercalato dotato di una grande interfaccia di dimerizzazione che corre attraverso tutta la molecola, perpendicolare all'interfaccia proposta nello schema classico (20). Le FASN di mammifero assumerebbero quindi una struttura a forma di X con un intero set di siti attivi presenti in ognuna delle 2 "camere di reazione" semicircolari su entrambi i lati della molecola. Questi Autori hanno recentemente determinato la struttura cristallina della FASN di mammiferi a 3,2 Å di risoluzione, che fornisce sufficienti dettagli per capire sia il ripiegamento che la interconnettività di almeno 5 diversi domini catalitici (21). Sebbene i domini della proteina carrier di acili flessibilmente incatenata e della parte tioesterasica non sian stati risolti, la struttura rivela chiaramente una architettura complessa di domini alternati di congiunzione e di attività enzimatica. Quindi, l'architettura della FASN può essere ora distinta in 2 "bracci": un "braccio di selezione/condensazione" per l'aggiunta di nuovi segmenti in costruzione e un "braccio di modifica" per il processamento chimico di intermedi di allungamento della catena [alcune vignette su questa nuova struttura della FASN sono elegantemente presentate nelle pubblicazioni (21) e (22)]. Inoltre, la struttura della FASN mette in evidenza un disegno aperto e flessibile, che è l'ideale per l'inserzione o la delezione di domini catalitici, soprattutto nel “braccio di modifica”. Sorprendentemente, la struttura di Maier ha portato alla identificazione di due ulteriori domini non enzimatici, uno pseudo-chetoreduttasico e uno periferico pseudo-metiltransferasico, che è probabilmente un residuo molecolare di un dominio ancestrale metiltransferasico che si è mantenuto in alcune sintetasi polichetoniche tra di loro correlate. Come risultato di questa architettura modulare, che permette una certa variazione della composizione dei domini, le FASN di mammifero devono essere viste come linee di montaggio modulari, altamente adattabili a nuove funzioni, dal momento che sarebbero in grado di produrre diversi composti biosintetici. FASN E ASSE GLUCOSIO-INSULINA NEL FEGATO E NEL TESSUTO ADIPOSO LIPOGENICO FASN epatica La steatosi epatica nonalcolica (NAFLD) è associata all'obesità, alla resistenza insulinica e al diabete di tipo 2. Studi recenti su modelli animali hanno dimostrato che la modulazione dell'attività FASN nel fegato potrebbe essere importante nella fisiopatologia della NAFLD (23). Dal momento che FASN catalizza l'ultimo passaggio della biosintesi degli FAs, si ritiene che essa possa costituire un determinante della capacità massima di un tessuto, del fegato in particolare, di sintetizzare FAs tramite la lipogenesi de novo. In effetti, la delezione del gene che codifica per la FASN porta a mortalità già nello stato embrionale (24). Il “knockout” della FASN epatospecifica nel topo genera topi mutanti che mostrano un fenotipo simile agli animali di controllo quando sono alimentati con un pasto normale. Sorprendentemente, la mancanza di FASN non protegge dallo sviluppo della steatosi, biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 619 IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY ma piuttosto la esacerba in seguito a specifiche condizioni nutrizionali (25). Infatti, quando topolini FASN“knockout” venivano alimentati con una dieta povera di grassi e ricca di carboidrati per 4 settimane, essi sviluppavano steatosi epatica per una riduzione della β-ossidazione, evidenziata da un aumento di 3 volte delle concentrazioni di malonil-CoA epatico e da una significativa riduzione dei corpi chetonici nel sangue (25). Di fatto, questo modello animale ha portato ad un nuovo e interessante concetto, secondo il quale il “grasso nuovo" sintetizzato grazie all'attività FASN (principalmente palmitato saturo) attiverebbe specificamente un pool di recettori nucleari (ad es., il recettore α attivato dal proliferatore dei perossisomi), con conseguente stimolo della β-ossidazione. Fino a poco tempo fa si riteneva che la velocità lipogenetica de novo nel fegato umano (valutata tramite calorimetria indiretta) fosse generalmente piuttosto bassa (26). La disponibilità di metodi isotopici per valutare l'incorporazione di [13C]-acetato o acqua deuterata negli FAs ha permesso una più accurata determinazione della lipogenesi de novo epatica nell'uomo. Donnelly et al. (27) hanno dimostrato che il contributo della lipogenesi de novo epatica alla massa di grasso intraepatico è <5% in buono stato di salute, ma può aumentare fino al 26% nei soggetti con NAFLD. E' stato anche dimostrato che la sintesi de novo degli FAs nell'uomo viene stimolata da una dieta eucalorica povera di grassi e ricca di carboidrati (28) e che individui, sia magri che obesi, alimentati in questo modo mostrano un aumento della lipogenesi de novo epatica rispetto a soggetti alimentati con una dieta ricca di grassi e povera di carboidrati (29). Di fatto, dal momento che il glucosio è costantemente richiesto in elevate quantità da parte di molti tessuti, i mammiferi hanno sviluppato meccanismi per percepire i livelli di glucosio e adattare l'espressione genica alla disponibilità del glucosio stesso e quindi adattare il loro metabolismo al tipo di nutrizione (30). Quando sono disponibili abbondanti risorse di cibo, gli elementi nutrizionali vengono immagazzinati per essere poi utilizzati quando il cibo scarseggia. Studi molto recenti hanno associato la lipogenesi epatica al consumo di specifici nutrienti. Ouyang et al. (31) hanno studiato il tipo di dieta di pazienti con NAFLD senza cirrosi, confermata all'esame bioptico, rispetto a quella di controlli appaiati per sesso, età e indice di massa corporea. Il consumo di fruttosio nei soggetti con NAFLD era ~2-3 volte più alto che nei controlli (365 kcal vs. 170 kcal; P <0,05). Nei pazienti con NAFLD erano aumentate sia l'espressione epatica del mRNA della fruttochinasi, un importante enzima del metabolismo del fruttosio, che l'attività FASN (31). FASN nel tessuto adiposo L'importanza delle relazioni tra l'azione insulinica e la FASN è esemplificata da una serie di studi e scoperte sui topolini “knockout” per un recettore insulinico specifico del tessuto adiposo. Questi animali hanno una massa adiposa ridotta, sono protetti contro l'obesità e hanno una vita media più lunga. Il tessuto adiposo bianco dei 620 biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS topolini “knockout” per recettore insulinico specifico del tessuto adiposo è caratterizzato da una polarizzazione in due popolazioni principali di adipociti, una di piccole (<50 μm) e una di grandi dimensioni (>100 μm), che differiscono per i livelli di sintesi basale dei trigliceridi e lipolisi, come anche per l'espressione della FASN e di altri geni lipogenici (32). Precedenti studi avevano dimostrato una sintesi di FAs marcatamente ridotta negli adipociti più grandi di ratti anziani e suggerito che questa diminuzione nella sintesi degli FAs, che era un difetto primario nella resistenza insulinica di queste grandi cellule, poteva essere almeno in parte dovuta ad un ridotto contenuto cellulare di FASN (33). Il contributo del tessuto adiposo umano alla intera lipogenesi si ritiene sia basso e comunque inferiore a quello epatico (34, 35). Tuttavia, il tessuto adiposo rimane un sito importante di sintesi endogena di FAs (36). Ricerche in soggetti alimentati con una dieta ricca di carboidrati hanno provato che la sintesi di grassi nell’intero corpo è significativamente maggiore della lipogenesi de novo epatica, suggerendo che il tessuto adiposo sia il sito principale per la sintesi dei grassi, coprendo fino al 40% della lipogenesi totale in queste condizioni (37, 38). Il gene della FASN risulta essere sovratrascritto nel tessuto adiposo di ratti geneticamente obesi (39), mentre è stato recentemente dimostrato che nell'uomo il gene FASN e la lipogenesi de novo sono regolati in maniera coordinata nel tessuto adiposo (40). Inoltre, l'espressione del gene FASN nel tessuto adiposo appare correlata all'accumulo di grasso viscerale (41). Tenendo presente che l'inibizione farmacologica dell'attività della FASN blocca la differenziazione adipocitaria e porta ad una riduzione del numero degli adipociti, due importanti parametri che determinano la massa del tessuto adiposo, sembrerebbe ragionevole suggerire che l'induzione della lipogenesi adipocitaria catalizzata dalla FASN possa contribuire allo sviluppo dell'obesità (42). E' stato recentemente dimostrato che entrambe le espressioni degli mRNA della FASN viscerale e sottocutanea sono strettamente correlate ai livelli di proteina FASN in entrambi i depositi, a una riduzione della sensibilità all’insulina e a un'alterazione del profilo delle adipochine (aumento delle citochine proinfiammatorie) (41). Tuttavia, risultati contrastanti sono stati ottenuti da studi precedenti sulla espressione della FASN in soggetti magri rispetto a quella in soggetti obesi. Altri Autori hanno trovato diminuite capacità lipogeniche del tessuto adiposo sottocutaneo e una minore espressione della FASN in soggetti obesi a digiuno con grande e durevole eccesso di massa corporea (43-45). Osservazioni simili sono state riportate nei topolini ob/ob con obesità conclamata (46, 47). Questo scenario potrebbe essere differente nell'obesità dinamica di recente sviluppo. Infatti, durante la fase di obesità dinamica con riserve adipose in rapida espansione, i ratti Zucker mostrano un grande aumento della capacità lipogenica del tessuto adiposo (39). Sebbene resti da dimostrare l'eventualità che l'espressione dei geni lipogenici possa essere aumentata anche nel tessuto adiposo dell'uomo che sviluppa una obesità dinamica (41), la diminuita espressione dei geni CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS lipogenici potrebbe costituire un processo tardivo e adattivo focalizzato ad evitare o prevenire un ulteriore aumento della massa adiposa. La diminuzione dell'espressione del gene FASN nel tessuto adiposo contrasta con l'aumento della lipogenesi epatica e il meccanismo definitivo che starebbe dietro a questa discrepanza deve essere ancora chiarito. L'insulina stimola la trascrizione dei geni lipogenici negli epatociti e adipociti di ratto, e anche negli adipociti umani (48, 49). E' possibile che la differenza nella concentrazione insulinica tra plasma portale e periferico possa giocare un ruolo in alcuni studi in cui si è osservata una differenza in vivo tra la capacità lipogenica epatica e del tessuto adiposo in soggetti obesi. Anche i livelli aumentati di leptina negli individui obesi potrebbero avere un qualche significato e infatti ci sono dati che supportano l'azione soppressiva della leptina sulla trascrizione di FASN (50). Il “tumor necrosis factor α”, la cui espressione e secrezione negli adipociti aumenta nell'obesità (51), potrebbe anche spiegare la diminuzione dei livelli di mRNA FASN, perchè esso può ridurre l'espressione di diversi geni, tra i quali FASN, negli adipociti (52). Numerosi studi hanno valutato l'effetto di una sovralimentazione con carboidrati sulla lipogenesi de novo totale indotta da glucosio, ma solo 4 di questi hanno valutato simultaneamente l'espressione della FASN del tessuto adiposo di soggetti magri e in sovrappeso. In uno di questi studi, la lipogenesi de novo totale in seguito a sovralimentazione era inferiore nei soggetti sovrappeso rispetto ai controlli, mentre la sintesi di glicogeno era più alta nei primi rispetto ai secondi. La sovralimentazione con carboidrati per 4 giorni portava ad una significativa stimolazione del mRNA FASN in entrambi i gruppi (magri e in sovrappeso), con un aumento medio dei livelli di mRNA FASN nel tessuto adiposo di 1,8 volte e una percentuale di stimolazione simile nei magri e nei soggetti sovrappeso (45). Gli Autori concludevano che la stimolazione degli enzimi lipogenici del tessuto adiposo non era particolarmente più alta nei soggetti sovrappeso. Inoltre, la sovralimentazione con carboidrati non sembrava stimolare la lipogenesi de novo nel totale del corpo e nemmeno l'espressione di enzimi lipogenici nel tessuto adiposo in misura maggiore nei soggetti sovrappeso rispetto ai magri (45). In un altro studio, a 12 volontari magri e 7 obesi venivano somministrate due diete eucaloriche (10% vs. 30% di grassi; 75% vs. 55% di carboidrati; rapporto zucchero/amido 60:40), ognuna per due settimane, nell'ambito di uno studio randomizzato “cross-over” (53). I livelli di mRNA FASN nei tessuti adiposi addominali e glutei erano paragonati ai livelli di lipogenesi de novo epatica, misurati nel siero mediante metodi isotopici e non isotopici. La dieta povera di grassi e ricca di carboidrati induceva un aumento di 4 volte della lipogenesi de novo epatica, ma solo di 1,3 volte dei livelli di mRNA FASN nel tessuto adiposo e nessun cambiamento nei livelli di mRNA delle citochine (“tumor necrosis factor α” e interleuchina-6). C’era inoltre una correlazione lievemente significativa tra i cambiamenti del mRNA FASN e la lipogenesi de novo epatica (P = 0,039). Rispetto agli individui magri, quelli obesi mostravano livelli inferiori di IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY mRNA FASN e più elevati livelli di mRNA delle citochine (53). In altri due studi, non si evidenziavano cambiamenti nell'espressione del mRNA FASN in seguito a sovralimentazione con carboidrati dopo un periodo di digiuno (54, 55). FASN NELLA PATOGENESI DEI TUMORI UMANI Il paradosso di un comportamento fenotipico comune delle cellule neoplastiche (cioè quello di una crescita inarrestabile con invasione dei tessuti sani circostanti), alla luce delle principali diversità genotipiche, suggerisce che in quasi tutti i tumori aggressivi umani il fenotipo si manifesti in seguito a un numero molto limitato di modulazioni. Una di esse è nota fin dal 1920, quando Otto Warburg trovò che le cellule neoplastiche umane consumano avidamente glucosio e producono acido lattico anche in condizioni aerobiche. Un flusso elevato di carbonio attraverso la glicolisi aerobica è quindi emerso come un indicatore del fenotipo trasformato, perchè può permettere alle cellule cancerose un vantaggio di crescita nel microambiente tumorale (56). E' di rilievo osservare che le cellule tumorali catabolizzano il glucosio ad una velocità che eccede i loro bisogni bioenergetici, passando da un metabolismo ossidativo a uno glicolitico. A tal proposito, una glicolisi esacerbata non solo costituisce una importante fonte energetica per i tumori, ma anche fornisce loro precursori importanti per la sintesi degli FAs attraverso la via dei pentosofosfati. In questo scenario, le cellule tumorali indirizzano il piruvato, prodotto in eccesso dalla glicolisi, verso lo sintesi de novo degli FAs, processo necessario per mantenere un rifornimento costante di lipidi e loro precursori per la produzione di membrane e di modifiche post-traduzionali su base lipidica delle proteine all'interno di una popolazione cellulare che si riproduce velocemente (Figura 1). La concentrazione della FASN normalmente resta a livelli molto bassi nelle cellule non cancerose. Sebbene non sia noto se l'attività della FASN sia regolata da effettori allosterici o da modificazioni covalenti, la sua espressione dipende molto dalle condizioni nutrizionali nei tessuti lipogenici. Come già precedentemente descritto, la sintesi endogena degli FAs catalizzata dalla FASN nel fegato e nel tessuto adiposo viene stimolata da una dieta ricca in carboidrati, mentre è inibita dalla presenza di piccole quantità di FAs nella dieta e dal digiuno. La FASN è anche marcatamente espressa nelle cellule sensibili agli ormoni. Durante il ciclo mestruale, l'espressione della FASN nell'endometrio è strettamente associata all'espressione dell'antigene di proliferazione Ki-67, al recettore per gli estrogeni e al recettore per il progesterone, fatto che suggerisce una connessione funzionale tra FASN e il sistema di segnalazione estradiolo (E2)/recettore per gli estrogeni nel controllo fisiologico della proliferazione cellulare dell'endometrio (57). Nella normale ghiandola mammaria, la stimolazione della espressione FASN e della sua attività nel periodo di allattamento si ritiene dovuta all'effetto stimolatorio del cortisolo, della prolattina e dell'insulina, facilitate da una diminuita probiochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 621 IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS Figura 1 Metabolismo del glucosio e biosintesi degli acidi grassi. Circa 25 enzimi sono coinvolti nel metabolismo del glucosio per la produzione di acidi grassi (FAs). La figura illustra gli elementi chiave delle principali vie metaboliche e le loro interrelazioni. In seguito all'incorporazione del glucosio mediata dai suoi trasportatori, il glucosio viene fosforilato dalle esochinasi (HK) a glucosio-6-fosfato. La maggior parte del glucosio-6-fosfato entra nella via glicolitica per generare piruvato e ATP. Il piruvato è convertito ad acetil-CoA, che viene processato dal ciclo dell'acido citrico all'interno dei mitocondri. A seconda della disponibilità di ossigeno, il citrato può essere completamente ossidato per generare ATP attraverso la fosforilazione ossidativa o può essere trasportato al citoplasma dove viene riconvertito ad acetil-CoA (il "mattone" essenziale per la FA sintetasi) per mezzo dell'ATP-citrato liasi (ACLY). In condizioni anaerobie il piruvato può anche essere usato come accettore di elettroni, con conseguente produzione di lattato, per mezzo della lattato deidrogenasi (LDH), che viene quindi secreto dalla cellula. Una certa quantità di acetil-CoA è carbossilata a malonil-CoA per mezzo della acetil-CoA carbossilasi α (ACACA), enzima chiave nella regolazione della via metabolica. La FASN, il principale enzima biosintetico, effettua la condensazione dell'acetilCoA e del malonil-CoA per produrre il palmitato e altri FAs saturi a catena lunga, tramite un procedimento che è dipendente dalla disponibilità di NADPH come equivalente riducente. Il NADPH (che è essenziale per la sintesi degli FAs) viene fornito tramite una reazione catalizzata dall'enzima malico (non riportata in figura) o può essere prodotto attraverso la via dei pentosofosfati. Gli FAs saturi a lunga catena possono essere ulteriormente modificati da parte delle elongasi o delle desaturasi per formare FAs più complessi, che sono utilizzati per la sintesi di diversi lipidi cellulari, quali i fosfolipidi, i trigliceridi e gli esteri del colesterolo, o per l'acilazione proteica. duzione di ormoni progestinici. Sebbene gli esatti meccanismi responsabili per la sovraespressione della FASN in corso di tumore non siano completamente delucidati, 4 meccanismi principali sono stati finora dimostrati: un aumento della trascrizione del gene FASN, un guadagno nel numero di copie del medesimo gene, un aumento della traduzione del mRNA FASN e, infine, un aumento della stabilità della proteina FASN (Figura 2). Questi modi di regolazione della FASN, che non necessariamente si escludono l'un l'altro e che possono avvenire simultaneamente nelle cellule tumorali, fanno sì che FASN non risponda più ai regolatori fisiologici, risultando in una sovraespressione e iperattività costitutivamente associate al tumore (Figura 3). Sopratutto, la classica considerazione che la biogenesi endogena degli FAs promossa dalla FASN costituisca una via anabolica minore di accumulo di riserva energetica non è più valida parlando di tumori, poichè il fenotipo lipogenico promosso da FASN, che conferisce significativi vantaggi di crescita e sopravvivenza anche in condizioni di stress 622 biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 extracellulari biofisici e/o metabolici, appare necessariamente accompagnare la patogenesi e la storia naturale della maggior parte dei tumori umani (58, 59). FASN: UN TARGET TERAPEUTICO PER SPEZZARE L'ASSOCIAZIONE PANDEMICA TRA RESISTENZA INSULINICA, DIABETE DI TIPO 2 E CANCRO A dispetto del riconosciuto contributo dell'obesità all'aumento dell'incidenza e/o alla morte per vari tipi di tumori nell'uomo, ci sono scarse informazioni sugli esatti meccanismi in base ai quali l'obesità possa contribuire alla formazione dei tumori e alla loro progressione metastatica. L'evidenza empirica più forte indicherebbe che l'aumento dei livelli insulinemici (ad es., nell’iperinsulinemia cronica o nel diabete di tipo 2) e degli ormoni steroidei (E2, testosterone, progesterone) associati all'obesità siano i principali attori che connettono obesità e tumori (60). Alla luce di questa classica visione, la relazione tra sovrappe- CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY Figura 2 Meccanismi molecolari che regolano l'espressione della sintetasi degli agidi grassi (FASN) nelle cellule cancerose. (A) Aumentata trascrizione del gene FASN. I fattori di crescita (GF) e i recettori dei fattori di crescita (GFR) sono risultati essere i principali determinanti, a livello trascrizionale, della sovraespressione di FASN nelle cellule tumorali. Gli ormoni steroidei (SH), incluso l'estradiolo (E2), i progestinici (P) e gli androgeni (A) hanno anch'essi un ruolo importante nel regolare l'espressione del gene FASN e la biosintesi di FASN in quanto parte della risposta cellulare SH-guidata, che porta alla proliferazione cellulare nei tumori che rispondono agli ormoni. Gli effetti del sistema GF/GFR su FASN sono complessi e coinvolgono l'attivazione e/o l'interazione tra molteplici vie di trasduzione del segnale, inclusa la via fosfatidilinositolo-3 chinasi (PI3K)/proteinchinasi B (AKT) e la via della proteinchinasi attivata da mitogeni (MAPK)/chinasi extracellulare regolata da segnali (ERK1/2). Gli effetti regolatori degli SH sull'espressione del gene FASN, a valle dei recettori degli SH (SHR), del recettore degli estrogeni (ER), del recettore del progesterone (PR) e del recettore degli androgeni (AR), comportano anche l’aberrante attivazione delle vie di trasduzione del segnale PI3K/AKT e MAPK ERK1/2. Queste infine stimolano l'espressione di FASN attraverso la modulazione dell'espressione e/o la maturazione nucleare della proteina legante l'elemento regolatorio del fattore di trascrizione degli steroli (SREBP)-1c, che si lega e attiva gli elementi regolatori degli steroli nella regione del promotore del gene target FASN. L'interrelazione tra GF/GFR e SH/SHR che convergono sulle cascate PI3K/AKT e MEK/ERK amplifica le risposte dell'espressione di FASN nelle cellule tumorali responsive agli ormoni. (B) Incremento delle copie del gene FASN. La regione 17q22-17q24, dove è stato mappato il gene umano FASN, è suscettibile di marcata amplificazione nelle cellule tumorali e, di conseguenza, una iperproduzione di copie del gene FASN è stata recentemente riscontrata in tessuti di neoplasia prostatica. Resta da dimostrare se l'amplificazione del gene FASN avviene analogamente anche in altri tipi di tumore. (C) Aumentata traduzione del mRNA di FASN. Le regioni 5'- e 3'- non tradotte del mRNA di FASN sono coinvolte in una induzione selettiva della traduzione, che è mediata nei mammiferi dal target della rapamicina (mTOR) e dal suo effettore a valle p70S6K1. (D) Aumentata stabilizzazione della proteina FASN. E' stato riscontrato che la proteina FASN interagisce con USP2a, una proteasi preproteasomica specifica per l'ubiquitina. USP2a rimuove da FASN l'ubiquitina (che funge da etichetta per la distruzione regolata dal proteasoma), aumentando quindi la stabilità dell'enzima. Va sottolineato che queste quattro vie metaboliche che regolano FASN possono operare contemporaneamente nelle cellule tumorali. biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 623 IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS Up-stream cascade Up-stream cascade Up-stream cascade Figura 3 Controllo molecolare dei livelli di FASN endogeni nelle cellule normali e neoplastiche: similitudini e differenze. Una similitudine tra la biogenesi endogena degli acidi grassi catalizzata da FASN nei tessuti lipogenici (A), ormono-sensibili (B) e nelle cellule tumorali (C) è che il controllo dei livelli endogeni di FASN viene effettuato preferenzialmente attraverso la modulazione dell'espressione e/o della maturazione della proteina-1c legante l’elemento regolatorio del fattore di trascrizione degli steroli (SREBP-1c), un intermedio critico delle azioni pro- e anti-lipogeniche di nutrienti e ormoni che stimolano la trascrizione del gene FASN interagendo con il complesso SREBP-sito di legame a livello del promotore endogeno del gene FASN. E' ovvio, tuttavia, che i meccanismi a monte che controllano l'espressione di FASN nelle cellule tumorali potrebbero essere differenti, dal momento che la FASN associata ai tumori non è sensibile ai segnali nutrizionali. Notare che la cascata a monte mostrata nei riquadri (A–C) interagisce totalmente con la cascata a valle mostrata in (D), a monte della trasduzione lipogenica. Nei tessuti lipogenici come gli epatociti e gli adipociti (A), l'espressione del gene FASN è stimolata da una dieta ricca di carboidrati, mentre risulta inibita dagli acidi grassi alimentari e dal digiuno. Tale regolazione nutrizionale dell'espressione di FASN nelle cellule lipogeniche è parzialmente mediata dagli ormoni che, attraverso una modificazione dei livelli di espressione e/o di maturazione di SREBP-1c (vedi sotto) attraverso le cascate di traduzione PI-3'→KAKT e/o Ras/Raf/MEK1/MEK2→ERK1/ERK2 MAPK, alla fine stimolano (insulina, triiodotironina, glucocorticoidi) o inibiscono (leptina, glucagone, AMP ciclico) la lipogenesi FASN-dipendente. Nei tessuti ormono-sensibili, quali il polmone fetale, l'endometrio fertile e la mammella in allattamento (B), gli ormoni steroidei (SH) incluso l'estradiolo (E2), i progestinici (P), gli androgeni (A), e la prolattina (PRO) indirizzano l'espressione del gene FASN e la via bisosintetica FASN a valle dei rispettivi recettori (SHR) convergendo, almeno in parte, sulle vie di trasduzione del segnale PI3K/AKT e MAPK ERK1/2. Nelle cellule tumorali (C), la espressione e/o la maturazione di SREBP-1c saranno essenzialmente guidate da una iperattivazione aberrante delle vie PI3K/AKT e/o MAPK ERK1/2 in risposta ad una moltitudine di cambiamenti oncogenici, inclusi la sovraproduzione di GF (ad es., EGF, IGF-1, eregulina), l'iperattivazione ligando-dipendente o indipedente dei GFR (ad es., EGFR, ERBB2) e/o l'aumento o perdita di funzione di componenti della cascata di segnale (ad es., perdita di funzione di PTEN). Gli SH possono anche stimolare l'espressione del gene FASN nelle cellule tumorali ormono-dipendenti sovraregolando l'espressione e/o la maturazione nucleare di SREBP-1c, un processo che sembra anche essere guidato dall'attivazione delle cascate di segnale PI3K/AKT e MAPK ERK1/2, che può avvenire in risposta a specifico legame degli SH come A, P ed E2 ai loro rispettivi recettori (AR, PR e ER, rispettivamente). Bisogna anche tener presente che l'interazione tra GF, GFR, SH e SHR assicura ulteriori decise risposte del gene FASN nelle cellule tumorali. Questo modello non esclude che differenze fondamentali nell'abilità del gene FASN associato al tumore di rispondere a segnali nutizionali possano anche interagire singergisticamente con segnali oncogenici per mantenere ulteriormente e/o rafforzare un fenotipo lipogenico nelle cellule tumorali a dispetto, ad esempio, di alti livelli di acidi grassi circolanti di origine alimentare. 624 biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY La trasduzione lipogenica a valle. L'aspetto caratteristico della via metabolica SREBP è il rilascio proteolitico del fattore di trascrizione SREBP legato alla membrana (D). Il clivaggio proteolitico lo rende libero di muoversi dal citoplasma al nucleo, dove SREBP si può legare a specifiche sequenze di DNA (il sito di legame di SREBP), che costituisce la regione di controllo del promotore del gene FASN. Tale legame al sito di legame di SREBP porta ad un aumento della trascrizione del gene FASN. Il precursore trascrizionale inattivo di SREBP è una proteina di circa 120 kDa, ancorata alla membrana del reticolo endoplasmico (ER) e alla sacca nucleare per mezzo di due eliche che attraversano la membrana, site nella parte centrale della proteina. Sia il dominio ammino (N)-terminale del fattore trascrizionale che il dominio COOH (C)-terminale regolatorio sono rivolti verso il citoplasma, mentre le due eliche che attraversano la membrana sono separate da un segmento di giunzione che giace nel lume dell’ER. Due diversi clivaggi proteolitici sito-specifici sono necessari per il rilascio del dominio N-terminale attivo per la trascrizione. Questi tagli sono effettuati da due proteasi distinte, chiamate proteasi del sito 1 (S1P) e proteasi del sito-2 (S2P). Il rilascio regolato degli SREBP attivi per la trascrizione richiede anche la proteina che attiva il clivaggio di SREBP (SCAP), che forma un complesso con SREBP. Quando la richiesta cellulare di acidi grassi endogeni aumenta, il complesso SREBP:SCAP fuoriesce dall’ER e viaggia verso l'apparato di Golgi per incontrare la S1P attiva, che taglia SREBP al sito-1 in due metà che restano unite alla membrana. L'estremità N-terminale della metà neogenerata di SREBP è quindi clivata da S2P al sito-2 che giace all'interno dell'elica che attraversa la membrana. Ne consegue il rilascio della porzione citoplasmica di SREBP, che quindi si muove verso il nucleo, dove attiva il fattore di trascrizione del gene FASN. In accordo con questo modello, gli inibitori della PI3K e della MAPK si sono dimostrati efficaci nel modulare SREBP-1c e diminuire la trascrizione del gene FASN, riducendo infine la lipogenesi endogena. La sovraespressione di FASN da parte di stimoli oncogenici può anche essere eliminata per mezzo della delezione del sito principale di legame di SREBP dal promotore FASN. Inoltre, l'AKT attiva può stimolare la sintesi e l'accumulo nucleare della SREBP-1c attivata che, a sua volta, sovraregola la trascrizione del gene FASN. Gli SH possono anche sovraregolare l'attivazione proteolitica di SREBP1c, stimolando quindi direttamente l'espressione di uno dei suoi target lipogenici principali (FASN). so/obesità e cancro è associata al tessuto adiposo come "organo" attivo e metabolico, che agisce con processi endocrini, autocrini e paracrini per promuovere la crescita tumorale. Perciò, sia la genesi che la progressione del tumore possono essere causate da differenti fattori biologici correlati all'obesità, che agirebbero attraverso diversi meccanismi, inclusi cambiamenti nella sintesi e nella biodisponibilità degli ormoni sessuali, resistenza insulinica, rilascio di fattori di crescita e/o di citochine proinfiammatorie ed eccessi di produzione e consumo energetici. Tuttavia, la biosintesi endogena degli FAs catalizzata dalla FASN è stata sovente dimenticata come possibile "ponte" molecolare attivamente coinvolto nell'associazione pandemica obesità-tumori. A tal fine, va sottolineato che recenti evidenze sperimentali ed epidemiologiche potrebbero essere prese in esame come prova di fatto per stabilire definitivamente un ruolo causale della disfunzione della FASN nei disordini metabolici correlati all'insulina, incluso il cancro. Alterazioni dell'attività FASN: evidenze genetiche e farmacologiche Una buona prova sul campo per caratterizzare la sintesi endogena di FAs promossa da FASN come connessione molecolare che collega le epidemie mondiali di obesità e tumori potrebbe essere quella di considerare una nuova mutazione “missense” nel gene FASN, che, recentemente, è stato suggerito possa esercitare un ruolo protettivo nei confronti dell'obesità negli indiani Pima, una delle popolazioni più obese del mondo e che ha anche la maggiore prevalenza di diabete di tipo 2, e nei bambini tedeschi (61, 62). Questa sostituzione Val→Ile al codone 1483 del gene FASN, posizionata all'interno del picco di associazione con la percentuale del grasso corporeo sul cromosoma 17q25, sembra essere associata con una piccola percentuale di grasso corporeo e basso indice di massa corporea, con un’aumentata velocità di ossidazione dei substrati e un effetto protettivo nello sviluppo dell'obesità nei ragazzi di razza bianca, ma non nelle ragazze. La sostituzione si colloca all'interno della regione interdominio della proteina FASN vicina ai due centri attivi del dimero FASN. Per tale moti- vo, questo cambiamento nella struttura della proteina FASN può alterare la configurazione dell'enzima cataliticamente attivo e quindi alterarne l'attività biologica. Recentemente, abbiamo valutato l'attività FASN del tessuto adiposo in base a questo polimorfismo del gene FASN e l'associazione di questa variante genetica FASN con l'adiposità e la sensibilità all’insulina in soggetti adulti di razza bianca. I risultati preliminari suggeriscono fortemente che i soggetti con il polimorfismo Val1483Ile nel gene FASN potrebbero essere protetti dai disordini metabolici associati all'obesità. Pertanto, l'attività FASN nei tessuti adiposi di soggetti portatori della variante FASN Val1483Ile è significativamente diminuita e questi soggetti con diminuita attività FASN associata a questo polimorfismo hanno anche una aumentata sensibilità all’insulina. Tenendo presente che sovrappeso e obesità si associano ad un aumentato rischio di sviluppo di tumori e che elevati livelli di biosintesi de novo degli FAs FASN-mediata correlano positivamente col comportamento aggressivo e con prognosi più sfavorevole in diversi tipi di carcinomi umani, ulteriori studi potrebbero esaminare se alterazioni nel gene FASN che portino ad una ridotta attività biosintetica dell’enzima non solo proteggano dall'obesità, ma anche possano modificare differenzialmente l'incidenza e/o la mortalità per tumori in soggetti magri, sovrappeso e obesi. Resistenza insulinica, tumori e FASN: una lezione dalla metformina L'iperinsulinemia che si sviluppa in pazienti neodiagnosticati per il tumore alla mammella è strettamente associata all'obesità, che costituisce un ben noto fattore prognostico avverso in questo tipo di tumore. Ricerche effettuate su donne non diabetiche con tumore al seno in stadio precoce hanno dimostrato che le donne con i valori insulinemici più alti a digiuno hanno un rischio di recidiva della malattia e di morte 3 volte superiore alle donne con i valori insulinemici più bassi (63). D'altra parte, recenti studi clinici hanno dimostrato che il trattamento con metformina, un farmaco di primo livello per la cura dei pazienti con diabete di tipo 2, è significativamente associato a una riduzione del rischio di cancro biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 625 IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY (64, 65). In uno studio con più di 10.000 pazienti diabetici trattati con metformina o altre sulfaniluree, quelli trattati con sulfaniluree avevano un rischio di mortalità associata ai tumori più elevato dei pazienti trattati con metformina. In un secondo studio effettuato su una coorte più limitata, è stato osservato che i pazienti trattati con metformina avevano una incidenza inferiore di tumori rispetto a quelli trattati con altri farmaci. Questo effetto protettivo sembrava aumentare quanto più alte erano le dosi di metformina. Questi due studi indipendenti hanno portato all'idea di valutare la metformina come agente antineoplastico. Sebbene il meccanismo in base al quale l'insulina e i farmaci insulino-sensibilizzanti come la metformina influenzino lo sviluppo del carcinoma della mammella sia oggetto di intense ricerche, sembra che, almeno in parte, l'insulina possa inviare segnali attraverso il proprio recettore per attivare una cascata di eventi proliferativi e antiapoptotici. Ma come può il trattamento con metformina ridurre il rischio di cancro? Tipicamente, si ritiene che la metformina agisca come sensibilizzante all'insulina, promuovendo una riduzione dei livelli di insulina circolante e della glicemia in pazienti iperglicemici e iperinsulinemici. E' interessante osservare che la metformina ha molteplici altri effetti benefici, quali l'assenza di aumento di peso o anche una moderata riduzione del peso corporeo, se paragonata ad altre sulfaniluree, che funzionano attraverso l'attivazione delle proteinchinasi attivate da AMP (AMPK), indicatori molto sensibili dello stato energetico della cellula (66). L'abilità della metformina di attivare le AMPK si ritiene costituisca un meccanismo diretto (cioè non insulino-dipendente) della metformina contro le cellule cancerose, poichè alla fine risulta inibire l'effettore a valle delle AMPK, il “target” della rapamicina nei mammiferi (mTOR) (67). E' altresi' importante osservare che un recente studio mirato a valutare gli effetti della metformina sulla crescita di cellule tumorali umane nei topi alimentati con una dieta di controllo o con una dieta ad alto contenuto energetico (che porta ad aumento di peso e ad una resistenza insulinica sistemica con iperinsulinemia) ha dimostrato che la metformina era in grado di attenuare in maniera significativa gli effetti della dieta sulla crescita tumorale (le masse tumorali dei topi alimentati con la dieta ad alto contenuto energetico erano quasi doppie rispetto a quelle dei topi controllo) (68). Tuttavia, la metformina si dimostrava incapace di modulare la crescita tumorale nei topi con dieta di controllo. Causalmente, la metformina era in grado di ridurre l'aumento dell'attivazione del recettore insulinico tipico della dieta ad alto contenuto energetico e inoltre portava ad un aumento della fosforilazione delle AMPK, due azioni che ci si aspetterebbe portino ad una diminuzione della proliferazione neoplastica. Tali risultati epidemiologici e sperimentali sono in accordo con gli studi epidemiologici precedenti che avevano suggerito che la metformina potesse ridurre il rischio di cancro e migliorare la prognosi del tumore, contribuendo a supportare la valutazione dell'attività antineoplastica associata alla FASN della metformina in soggetti neoplastici iperinulinemici. Tenendo presente che l'attivazione delle AMPK è nota inibire l'espressione dei geni gluconeo626 biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS genici e promuovere l'espressione degli enzimi richiesti per l'ossidazione degli FAs, la soppressione del fenotipo lipogenico potrebbe spiegare, almeno in parte, l'effetto protettivo della metformina sul rischio e la progressione dei tumori. Le AMPK attivate diminuiscono l'espressione del regolatore trascrizionale SREBP-1c (“sterol regulatory element binding protein 1c”); quindi, la soppressione dell'espressione trascrizionale dell'inibizione di mTOR correlata a FASN e AMPK potrebbe funzionare in sinergia per sopprimere ulteriormente l'espressione di FASN regolata da mTOR a livello trascrizionale (69). Goodwin et al. hanno recentemente terminato uno studio clinico prospettico di fase II su 32 pazienti non diabetici con tumore alla mammella nell'ambito del quale si è visto che la metformina riduceva del 22% i livelli insulinemici a digiuno; questo stesso gruppo sta ora pianificando uno studio multicentrico randomizzato di fase III, in doppio-cieco con controlli placebo, per valutare l'uso della metformina in pazienti con tumore al seno in stadio precoce (70). In aggiunta a valutare gli effetti dei trattamenti con metformina sulle neoplasie, sarebbe interessante affrontare altre questioni biologiche, quali l'impatto dei livelli basali insulinemici e di FASN sul beneficio terapeutico, gli eventuali effetti differenziali in accordo con lo stato p53 e/o HER2 e i meccanismi molecolari in base ai quali la metformina agirebbe. FASN COME PRINCIPALE CONTROLLORE DELLO STATO DI SENSIBILITÀ INSULINICA: DAL DIABETE AL CANCRO E RITORNO? La biogenesi de novo degli FAs catalizzata da FASN potrebbe giocare un ruolo centrale nella patogenesi dei disordini metabolici aventi in comune una caratteristica di insulino-resistenza. Da una parte, la biogenesi endogena di FAs catalizzata dalla FASN sembra essere necessaria per integrare una varietà di vie di segnale che regolano il metabolismo lipidico, la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule epiteliali umane. Dall'altra, l'attività lipogenica di FASN potrebbe regolare in maniera coordinata l'espressione e/o lo stato di attivazione di geni e/o proteine strettamente correlati alla storia naturale dei disordini metabolici legati all'insulina. Questa sorprendente abilità dell'attività FASN di modulare lo stato di espressione di geni chiave coinvolti nell'asse glucosioinsulina è fortemente supportata se si considerano i dati dei profili di espressione genica ottenuti per studiare globalmente i processi cellulari influenzati dal blocco di FASN e le associazioni tra l'espressione del gene FASN e la glicemia nell'uomo. Un elenco di alcuni geni bersaglio di FASN coinvolti nell'asse metabolico insulina-glucosio è riportato nella Tabella 1. Una valutazione globale del ruolo definitivo dell'espressione FASN e/o della sua attività nell'uomo è ampiamente preclusa dal fatto che gli studi immunoistochimici e/o del mRNA dovrebbero essere effettuati su biopsie tissutali ottenute da singoli soggetti. A tal proposito, la determinazione quantitativa delle molecole FASN nel sangue potrebbe essere considerata un metodo non invasivo e obiettivo per identificare facilmente e rapidamente nell'uomo condizioni metaboliche di alterata sen- IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS Tabella 1 Alcuni geni bersaglio di FASN coinvolti nell'asse metabolico insulina-glucosioa Gene Entità dell’aumento Funzione CAV1 (caveolina 1, proteina delle caveole, 22 kDa) +6,6 L’efficacia del segnale insulinico nel tessuto adiposo può essere strettamente dipendente dalla localizzazione di almeno due elementi responsivi all'insulina (recettore insulinico e trasportatore del glucosio GLUT-4) alle caveole, come anche dall’interazione funzionale diretta tra caveolina 1 e recettore insulinico. ITGB1 [integrina, beta 1 (recettore della fibronectina, polipeptide beta, antigene CD 29 che include MDF2 e MSK12)] e ITGA6 (integrina, alfa 6) +6,0-7,0 Membri dei recettori della famiglia dell'integrina che regolano la migrazione cellulare tramite interazioni con i fattori di crescita dell'insulina (IGFs) e con le proteine di legame degli stessi (IGFBPs). TNC (tenascina C) +7,3 TNC contribuisce alla capacità delle IGFBPs di modificare le azioni degli IGFs dipendente dalla quantità che è associata alla matrice extracellulare. SPP1 (fosfoproteina 1 secreta) +7,6 Un fattore di origine ossea che ha un posto chiave nel ruolo recentemente emerso dello scheletro come organo endocrino con effetti sul controllo del peso corporeo e sull'omeostasi glucidica. IGFBP3 (proteina di legame 3 dei fattori di crescita insulino-simili) +7,9 IGFBP-3, la principale proteina di trasporto circolante per gli IGFs, modula l'azione degli IGFs e possiede anche attività intrinseche. Dati in vitro e in vivo suggeriscono che IGFBP-3 possiede una potente capacità insulino-antagonista, a supporto del suo ruolo nella resistenza insulinica indotta da citochine e in altri meccanismi coinvolti nello sviluppo del diabete di tipo 2. THBD (trombomodulina) +8,0 THBD giuoca un ruolo nell'associazione tra resistenza insulinica e aterosclerosi accelerata, specialmente nella malattia coronarica. La THBD plasma-solubile appare indicare danno endoteliale in condizioni di resistenza insulinica nei pazienti con diabete di tipo 2. THBS1 (trombospondina 1) +8,9 Un fattore antiangiogenico e regolatore dell'attività del “transforming growth factor β”, dell'obesità, dell'infiammazione adiposa e della resistenza insulinica; THBS1 è una vera adipochina che risulta altamente espressa nei soggetti obesi, negli individui insulino-resistenti e che è altamente correlata con l'infiammazione del tessuto adiposo. TGFB1 (fattore di crescita trasformante, β 1) +9,3 TGFB1 è un potente inibitore della crescita dell'epitelio normale della mammella, capace di mediare indirettamente i suoi effetti inibitori sulla crescita inducendo la secrezione di IGFBP3, che a sua volta sequestra e previene gli IGFs dal legarsi e trasferire segnali mitogenici attraverso i recettori degli IGFs. IGF2 [fattore di crescita insulino-simile 2 (somatomedina A)] +9,9 Questo peptide produce marcati effetti insulino-simili in vari tessuti bersaglio. IGFBP1 (proteina di legame 1 dei fattori di crescita insulino-simili) +10,0 IGFBP-1 è regolato negativamente da parte dell'insulina. Pertanto, elevati livelli di insulina e il grasso corporeo sono associati con diminuiti livelli di IGFBP-1, ad indicare che i livelli di IGFBP-1 possono essere alterati da cambiamenti dell'insulina nel tempo e possono rappresentare un potenziale indicatore sierico di insulino-resistenza. GPC3 (glipicano 3) +11,2 GPC3 è un eparansolfato proteoglicano della superficie cellulare che agisce come soppressore della crescita sequestrando o sottoregolando IGF2. GPC3 potrebbe avere un ruolo nel trasporto del glucosio attraverso una sua diretta interazione con GLUT4. SPARC [proteina secreta, acida, ricca in cisteina (osteonectina)] +11,3 Espressioni elevate di SPARC nel tessuto adiposo, tipiche di differenti modelli animali di obesità, costituiscono un nuovo fattore autocrino/paracrino che potrebbe influenzare alcune funzioni chiave alla base della fisiologia e della patologia di tale tessuto. aGeni modificati più di 6 volte rispetto a cellule di controllo non trattate, in seguito al trattamento per 6 ore con cerulenina bloccante la FASN. Il valore dell’aumento è espresso come media di due replicati. biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 627 CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY sibilità insulinica correlate a FASN. Numerosi studi hanno provato che FASN, una proteina citoplasmatica, può anche localizzarsi nello spazio extracellulare di cellule neoplastiche umane e nel sangue di soggetti con tumori (3-5). Il dogma attuale è che la FASN circolante può essere misurata solamente nel siero di pazienti neoplastici e può quindi essere usata come marcatore diagnostico. Le concentrazioni di FASN circolante aumentavano in parallelo al diverso stadio clinico quando confrontate a quelle trovate nei soggetti sani e questi dati hanno supportato l'idea che la forma extracellulare di FASN dovrebbe essere considerata un marcatore tumorale, che può permettere una valutazione della virulenza del tumore, dal momento che la sua sovraregolazione appare più pronunciata nei tumori in stadio terminale (35). In altre parole, l'eccesso intracellulare di FASN, che aumenta durante la progressione delle cellule umane verso la malignità, è attivamente eliminato dalle cellule tumorali in una modalità stadio-dipendente. Negli studi prima menzionati, non sono state riportate le caratteristiche cliniche o antropometriche dei soggetti volontari sani, al di là della loro età e sesso. Abbiamo recentemente immaginato che, poichè il metabolismo energetico, e soprattutto le alterazioni del metabolismo glucidico/lipidico, sono aspetti caratteristici precoci e quasi universali in quasi tutte le neoplasie maligne umane, concentrazioni aumentate di FASN extracellulare e/o circolante potrebbero anche trovarsi in altri disordini metabolici nei quali la resistenza insulinica abbia un ruolo prominente, come l'obesità, il diabete di tipo 2 o l'alterata tolleranza glucidica. E' avvincente considerare che abbiamo osservato una marcata correlazione tra elevate concentrazioni di FASN e gradi più pronunciati di resistenza insulinica in assenza di alcuna evidente concomitante neoplasia, e che il miglioramento nell'azione insulinica a seguito della perdita di peso portava anche a concentrazioni più basse di FASN circolante. Questi nuovi dati clinici erano anche supportati dalle seguenti evidenze sperimentali: la somministrazione di sensibilizzanti dell'insulina sottoregolava il rilascio di FASN da espianti di tessuto adiposo umano coltivato e, sincronizzando la resistenza insulinica dopo trattamento di adipociti isolati con stimoli infiammatori, si sovraregolava la quantità di FASN extracellulare. Tali osservazioni rompono quindi il dogma che concentrazioni aumentate di FASN circolante possono essere osservate solo durante la progressione di tumori maligni umani. Studi recenti, che hanno esaminato l'espressione di recettori che appartengono alla sottofamiglia recettoriale dei fattori di crescita epidermici nella linea cellulare di fibroblasti murini Swiss 3T3L1, che va incontro ad una differenziazione adipocitaria naturale o indotta da ormoni, hanno provato che questi fibroblasti esprimono HER2, oltre a HER1, in quantità paragonabile o anche superiore a quella prodotta dalla linea cellulare T47D di tumori della mammella (71). Attualmente stiamo studiando se questi recettori per fattori di crescita, che sono tra i principali fattori che contribuiscono alla sovraesressione di FASN associata ai tumori, possano parimenti giocare un ruolo attivo in un meccanismo mediato da FASN, che, durante l'adipogenesi, cambi le 628 biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6 vie di segnale da quelle mitogeniche a quelle differenziative (72). PROSPETTIVE FUTURE Se stati di resistenza insulinica quali l'obesità, il diabete di tipo 2 e il cancro possono avere origine un comune stato lipogenico promosso dalla FASN, allora interventi mirati a modulare l'espressione e/o l'attività di FASN dovrebbero poter influire significativamente sulla velocità di consumo energetico, sulla massa grassa, sulla sensibilità insulinica e sulla suscettibilità al rischio di tumori. Un ruolo per gli enzimi lipogenici nella omeostasi glucidica è ulteriormente supportato dal fatto che i topi mutanti per l'enzima lipogenico acetil-CoA carbossilasi α sono protetti nei riguardi dell'obesità e del diabete indotto da diete ad alto contenuto calorico. Ulteriori indagini sono necessarie per chiarire definitivamente se lo sviluppo e/o la progressione di disordini metabolici correlati all'insulina possano essere prevenuti o fatti regredire dalla modulazione dello stato della FASN. Se si accetta il nuovo paradigma che una disfunzione della FASN possa essere il tramite che lega tra loro la resistenza insulinica, il diabete di tipo 2 e il cancro, allora l'utilizzo di molecole sensibilizzatrici all'insulina insieme a nuovi inibitori della FASN potrebbe rappresentare un valido approccio terapeutico che, in associazione ad interventi sullo stile di vita, potrebbe contribuire a migliorare lo stato del flusso energetico e la sensibilità insulinica e diminuire il rischio di carcinomi lipogenici. Stiamo cominciando ad accumulare dati sperimentali ed evidenze cliniche che supportano l'idea che la riduzione dei livelli insulinemici possa essere sfruttata come nuova modalità terapeutica in alcuni tumori umani, in particolare nel carcinoma della mammella. Da questo punto di vista, alcuni studi con la metformina nei pazienti con diabete di tipo 2 e in pazienti con tumori al seno che ricevono metformina come trattamento adiuvante, principalmente mirato alla sua capacità di ridurre l'insulinemia, potrebbero rappresentare una buona opportunità per dimostrare la rilevanza clinica di interrompere l'asse insulinaFASN nella prevenzione e/o nel trattamento del diabete di tipo 2 e dei tumori. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. Hillgartner FB, Salati LM, Goodridge AG. Physiological and molecular mechanisms involved in nutritional regulation of fatty acid synthesis. Physiol Rev 1995;75:47–76. Semenkovich CF. Regulation of fatty acid synthase (FAS). Prog Lipid Res 1995;36:43–53. Witkowski A, Joshi AK, Smith S. Coupling of the de novo fatty acid biosynthesis and lipoylation pathways in mammalian mitochondria. J Biol Chem 2007;282:14178–85. Wang Y, Kuhajda FP, Li JN, et al. 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