G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 185-235 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 Atti del Convegno “STRESS E ATTIVITÀ LAVORATIVA” Monza, 4 aprile 2009 a cura di Franco Toffoletto e Raffaele Latocca G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 187 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 L. Macchi Introduzione Unità Organizzativa Governo della Prevenzione - Direzione Generale Sanità - Regione Lombardia Sono particolarmente grato agli organizzatori di questo convegno per avermi dato la possibilità di portare i saluti dell’Assessorato alla Sanità e dell’Assessore Luciano Bresciani, della Direzione Generale Sanità e del suo Direttore Carlo Lucchina. Come è ormai consuetudine, Regione Lombardia anche in questi ultimi anni ha mantenuto alta l’attenzione verso le problematiche della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, ne sono testimonianza i due ultimi piani dedicati a questa complessa tematica. In particolare con il piano in vigore 2008-2010 “Piano regionale per la promozione della sicurezza e salute negli ambienti di lavoro”, vengono riaffermate con rilievo la centralità della persona all’interno dell’impresa in cui opera ed una visione del lavoro nel suo significato positivo, espressivo della persona, pieno di frutto e soddisfazione. Tutto ciò nell’intento di affermare il lavoro quale espressione della vita dell’uomo, intesa come azione che persegue un progetto di miglioramento della società e delle persone che la compongono. Ritengo infatti che il lavoro debba rappresentare per tutti noi una significativa esperienza, necessaria a soddisfare i bisogni superiori di appartenenza e di autostima sia dell’imprenditore che dei lavoratori, quindi non già come tempo “rubato” vissuto in modo alienato e separato al solo scopo di ricavare le risorse utili a soddisfare i bisogni di sopravvivenza, ma come desiderio di libertà e dignità degli uomini. Lavoratore inteso dunque non più solo come forza lavoro o risorsa economica da inserire in processi produttivi parcellizzati, ma persona appartenente ad un progetto lavorativo di cui comprenda il senso. Ritengo infatti che nel lavoro, il singolo debba avere la possibilità di esprimere un proprio progetto, di essere e sentirsi protagonista, di condividere con altri un percorso di conoscenza continua. In buona sostanza sono del parere che non si lavora per dover essere o dover fare, non solo per il profitto e per il successo, ma perché si crede nel significato del lavoro, di ciò che ci viene richiesto, con la capacità da parte di tutte le persone di creare qualcosa di vero e buono. Sotto questa luce la vita lavorativa indipendentemente dal ruolo che in essa si esercita, imprenditore o lavoratore, diventa ragione di valorizzazione personale, premessa imprescindibile alla realizzazione dell’attuale concetto di salute, quale stato di equilibrio psichico, fisico e sociale e non di semplice assenza di malattia, in sostanza benessere da perseguire laddove le persone vivono e lavorano. La tematica che oggi verrà affrontata è già da diversi anni obiettivo strategico regionale, tant’è che è stata tema di un progetto speciale iniziato nel 2004 e conclusosi nel 2007, poi ripreso negli obiettivi del Piano in vigore, che ha attivato un apposito laboratorio di approfondimento, che si sta sempre più caratterizzando per la vivacità del confronto. Ringrazio dunque tutti i componenti il gruppo di lavoro a partire da Latocca e Cesana, oltre che tutti coloro, rappresentanti di parti sociali, operatori di ASL e Aziende Ospedaliere, Università, che con elevata competenza forniscono il loro contributo e la loro preziosa collaborazione alla Direzione Generale Sanità e alla UO Governo della prevenzione. Gli stimoli, le proposte, i suggerimenti che emergeranno dal convegno, saranno oggetto di particolare attenzione da parte della Direzione Generale Sanità e anche in questo senso auguro a tutti buon lavoro. Grazie! 190 ciò andrà valutato in termini di rapporto rischio/beneficio per ciascuna persona. Tutto ciò viene sostanzialmente indicato dall’Accordo Europeo sullo stress sul lavoro sottoscritto dalle parti sociali il 08.10.2004, al quale rimanda il D. Lgs. 81/2008, che invita a mettere in atto “varie misure per prevenire, eliminare o ridurre i problemi da stress da lavoro … che possono essere collettive, individuali o tutte e due insieme”. “Queste misure possono comprendere ad esempio: - misure di gestione e comunicazione, in grado di chiarire gli obiettivi aziendali e il ruolo di ciascun lavoratore, di assicurare un sostegno adeguato da parte della direzione ai singoli individui e al team di lavoro, di portare coerenza, responsabilità e controllo sul lavoro, di migliorare l’organizzazione, i processi, le condizioni e l’ambiente di lavoro; - la formazione dei dirigenti e dei lavoratori, per migliorare la loro consapevolezza e la loro comprensione nei confronti dello stress, delle sue possibili cause e del modo in cui affrontarlo e/o adattarsi al cambiamento; - l’informazione e la consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, in conformità alla legislazione europea e nazionale, ai contratti collettivi e alle prassi.” Bibliografia Belkic KL, Landsbergis PA, Schnall Pl, Baker D. Is job strain a major source of cardiovascular disease risk? A critical review of the empirical evidence, with a clinical perspective. Scandinavian Journal of Work, Environment & Health 2004; 30(2): 85-128. CBI. Absence bill of £10 billion for business in 1998 - CBI survey. Confederation of British Industry, London, 1999. G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it Cooper CL Ed. Handbook of Stress Medicine. Boca Raton, CRC Press, 1996. Cooper CL, Payne R (eds). Causes, Coping and Consequences of Stress at Work. New York, John Wiley & Sons, 1988. Cousins R, MacKay S, Clarke S, Kelly C, Kelly P. Management Standards’ and work-related stress in the UK: Practical development. Work & Stress 2004; 18(2): 113-136. Cox T, Griffiths A, Rial-Gonzales E. Research on Work-related Stress. European Agency For Safety And Health At Work, Issue 203, Bilbao 2000. de Lange AH, Taris TW, Kompier MAJ, Houtman ILD, Bongers PM. 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Vaccani Prevenzione organizzativa dello stress SDA Bocconi Milano, Milano RIASSUNTO. Il percorso cronologico/logico parte dalla distinzione di fondo che classifica i fenomeni stressanti nelle due categorie eustressanti e di distressanti. Si passa poi a sottolineare la caratteristica soggettiva (non solo oggettiva) dei processi stressanti, alla costatazione che ciò che è distressante per alcuni individui può essere eustressante per altri. L’ambiente organizzativo viene considerato come area privilegiata d’intervento preventivo. Viene perciò suggerita una categorizzazione di cause organizzative dello stress come segue: – cause legate all’impianto organizzativo (incoerenze o sottodimensionamento di risorse strutturali, incoerenze procedurali); – cause legate al disallineamento di competenze; – cause legate al disallineamento delle attitudini; – cause legate a dinamiche sociali di sopraffazione. Le categorie di differenziazione delle cause organizzative dello stress sono proposte al fine di fornire un glossario causale, utile alla progettazione di diverse azioni di prevenzione: – Azioni preventive sull’architettura organizzativa; – Azioni preventive di formazione; – Azioni preventive di riposizionamento di ruolo; – Azioni preventive miranti a favorire processi di convivenza sociale etica. In conclusione si ribadisce che l’approccio allo stress organizzativo richiede una prospettiva di analisi olistica ed interdisciplinare in grado di legare la caratteristica qualitativa ed etica dei mercati (mercati chiusi - mercati aperti), alla architettura organizzativa, alla soggettività al lavoro ed ai suoi impatti con i ruoli lavorativi, alle dinamiche sociali indotte dai ruoli gerarchici, ai climi organizzativi, alle reazioni percettive individuali, alle traiettorie cliniche dei soggetti. Parole chiave: prevenzione, organizzazione del lavoro, stress. ABSTRACT. The chronological/logical path goes from the base distinction that classify the stressing phenomena between the two categories, eu-stress and dis-stress. It is underlined the subjective characteristic of stressing processes, the statement that what might be eu-stress for someone can be dis-stress for others. The organizational setting can be considered as a privileged preventive intervention area. Therefore it is suggested this categorization for the stress organizational causes: Causes connected to the organizational system (Incoherencies or structural understaffing, procedural incoherencies); Causes connected to the wrong alignment of competencies; Causes connected to the wrong alignment of aptitudes; Causes connected to the social dynamics of abuse of power. The categories to differentiate the stress organizational causes are proposed to give a useful glossary to design various preventive actions: Preventive actions on the organizational setting; Preventive actions through education; Preventive actions about role redesign; Preventive actions aimed at sustaining ethical social cohabitation. Finally, it is assessed that the approach to organizational stress requires an holistic, multi disciplinary perspective analysis, able to connect the ethic and qualitative characteristic of the markets (closed and open markets) to the organizational setting, to the subject peculiar character at work and its impact with working roles, to the social dynamics derived from hierarchical roles, to the organizational moods, to the individual perceptions, to the clinical paths. Key words: prevention, work organisation, stress. Bivalenza del fenomeno stress Il fenomeno stress mette in rapporto gli eventi e le situazioni ambientali, la percezione soggettiva di tali situazioni o eventi e l’attivazione di processi dell’organismo individuale in grado di influenzare stati di salute diversi. Si può così parlare di eustress (stress positivo) quando un individuo canalizza la sua energia vitale in direzione di condotte percepite positive e vincenti. L’eustress innesca circuiti psico - neuro - endocrino - immunitari positivi per l’individuo. Si parla di distress (stress negativo) quando i soggetti stanziano parte della loro energia in modo entropico in presenza di condizioni percepite disagevoli o perdenti. I processi di eustress o di distress dipendono dal contesto ambientale oggettivamente minacciante o motivante, ma anche dai paradigmi percettivi soggettivi maturati nell’esperienze di vita degli individui (ciò che appare eustressante per un individuo può essere di distressante per un altro individuo, nei confronti di medesime situazioni un soggetto può vivere sentimenti di piacevole sfida, un altro può nutrire paure difensive soggettive). L’esperienza positiva, maturata e la convinzione individuale di possedere strategie che consentono di governare esperienze ritenute significative, pur se caratterizzate da rischi e fatiche anche estreme, può maturare nell’individuo il concetto soggettivo di sfide eustressanti. Sono le esperienze personali (e la percezione emotiva, positiva o negativa, che le caratterizza) a tracciare i sentieri attitudinali (eustressanti) o antiattitudinali (distressanti) peculiari dei singoli individui. È l’esperienza emotiva, positiva o negativa, ad edificare i sentieri intimi dello stress individuale. Resta il fatto che, oltre alle caratteristiche soggettive, esistono condizioni oggettive ambientali in grado di mettere gran parte della popolazione in situazioni psicofisiche vincenti o perdenti, con evidenti ripercussioni sulla salute. Sono soprattutto le situazioni di contesto oggettivamente minaccianti che permettono, se rintracciate, di orientare le azioni preventive rispetto allo stress negativo, con particolare riferimento agli ambienti lavorativi. Dimensione del fenomeno Le cause ambientali dello stress negativo non sono di facile individuazione poiché tale fenomeno ha confini che 192 si dilatano nel tempo e nello spazio. Nel tempo, in quanto l’organismo individuale tende a rispondere a condizioni disagiate, con segnali forti di non salute, in tempi anche molto differiti. Rendendo a volte labile la lettura delle cause prime o più operanti. Nello spazio poiché le cause possono essere: – di sistema socioeconomico (precarietà delle professioni e del mercato del lavoro); – di sistema culturale aziendale (cultura chiusa/monopolistica, cultura aperta concorrenziale); – di architettura organizzativa (aziende: destrutturate, rigide, flessibili); – d’impatto con ruoli organizzativi non coerenti con competenze ed attitudini; – di dinamiche sociali e climi indotti dai ruoli gerarchici; – di natura motivazionale individuale. Pertanto la comprensione dei fenomeni di stress richiede un approccio globale ed olistico interdisciplinare, in grado di leggere contesti di mercato, strutture organizzative, impatti soggettivi con i diversi mestieri, psicologie individuali, stili di leadership, dimensioni cliniche ed aspetti giuslavoristici. Circoscrivere l’approccio allo stress in ambiti solo clinici o di giustizia del lavoro può significare restringere il campo all’intervento tardivo sugli individui patologizzati o sulle ragioni postume di risarcimento del danno (danno che, a volte, risulta soggettivamente irreversibile). La prevenzione dei fenomeni in termini di stress lavorativi negativi si gioca anticipando le cause radicate negli ambienti patologici, prima che le stesse siano introiettate dagli individui in modo tale da tramutarsi, da deficit ambientali in patologia individuale. Per larga parte i fenomeni di prevenzione organizzativa dello stress dovrebbero rivolgersi alle predisposizioni patogene degli ambienti lavorativi, più che alle predisposizioni soggettive dei lavoratori. Proverò a suggerire in modo didascalico alcune classificazioni di cause generalizzabili di stress negativo in ambito organizzativo, con la finalità di fare luce sulle diverse ipotesi d’intervento. 1. Cause legate all’impianto organizzativo L’impianto organizzativo può indurre disagi di diversi livelli di sopportabilità nella misura in cui la struttura architettonica presenta incoerenze o sottodimensionamento strutturale sui seguenti aspetti: A) un organigramma (divisione di potere) ed un funzionigramma (divisione dei mandati e dei ruoli) non coerente con gli obiettivi esplicitati dall’organizzazione; B) un evidente dotazione sottodimensionata di risorse economiche (budget) a fronte degli obiettivi lavorativi imposti; C) un evidente sottodimensionamento d’organico rispetto al carico di lavoro; D) un evidente sottodimensionamento di spazio fisico utile a svolgere il mandato organizzativo; E) un evidente sottodimensionamento di risorse tecnologiche necessarie all’attività lavorativa; F) un evidente sottodimensionamento di tempo rispetto alle prestazioni richieste. La carenza significativa di tali aspetti strutturali dell’organizzazione spinge implicitamente gli individui a G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it compensare le incoerenze aziendali attivando dedizione stressante individuale. Oltre certi limiti, un tale fenomeno, costringe chi lavora a convivere con il fallimento. Fallimento non dovuto all’impossibilità di raggiungere gli obiettivi lavorativi per incapacità personali, ma per mancanza di risorse stanziate dall’organizzazione. L’impianto organizzativo può causare fenomeni di stress negativo anche attraverso gli aspetti normativi e procedurali del suo funzionamento. Ciò accade quando norme e procedure di lavoro e di funzionamento invece di rendere snelli, trasparenti ed il più possibile lineari i processi organizzativi provocano inciampi, allungamento di tempi, e ingessano inutilmente la flessibilità individuale e l’utilizzo del buon senso lavorativo. Norme e procedure lavorative sono causa di stress negativo anche quando mostrano incoerenze interne o contraddicono altre normative aziendali contemporaneamente vigenti. Le cause legate all’impianto organizzativo sono in prima istanza ascrivibili a chi dirige l’organizzazione e richiedono competenze diagnostiche manageriali, focalizzate sulle tematiche di progetto e sviluppo organizzativo. 2. Cause legate al disallineamento di competenze Per competenze si intendono, in questo scritto, le conoscenze validate (il saper fare) di mestiere. Il disallineamento tra ruolo affidato e competenze coerenti a ricoprirlo, può creare disagi stressanti. Tali disagi possono essere superati riallineando il ruolo alle competenze degli individui o dotando gli individui di competenze coerenti, attraverso lo strumento della formazione e dell’aggiornamento professionale (previo analisi, in età lavorativa adulta, delle predisposizioni attitudinali). La lettura del disallineamento tra competenze e ruolo è, in prima istanza affidata alle competenze ed alle sensibilità dei responsabili del personale. 3. Cause legate al disallineamento delle attitudini Per attitudini si intendono i tratti di personalità dell’individuo, che si sono edificati con l’esperienza emotiva dei soggetti, prevalentemente in età giovanile, e si sono stabilizzati in età post-adolescenziale. In ogni individuo l’avventura di vita sperimentata e percepita, edifica psicologicamente i punti di forza ed i punti di debolezza che caratterizzano i suoi tratti di personalità. Le attitudini (tratti di personalità vincenti) sono nell’intorno del principio del piacere soggettivo e rappresentano il faro che illumina l’area dell’attività eustressante individuale. Le basse attitudini (tratti di personalità deboli) gravitano nell’ambito del principio soggettivo di disagio e di difensività e caratterizzano l’area dell’attività distressante peculiare degli individui. Le attitudini degli individui possono andare in sintonia (eustressante) o in collisione (distressante) con i comportamenti richiesti dai ruoli aziendali. Le ricerche neuroscientifiche testimoniano la notevole anelasticità dei tratti di personalità, una volta che si è superata l’età d’imprinting attitudinale (18/20 anni). Per tali ragioni è sconsigliabile, sia per la salute individuale che per l’efficienza dell’organizzazione, proporre a chi lavora un profilo di ruolo e di mestiere evidentemente disallineato con il suo profilo attitudinale. Risulta perciò vano il tentativo di sa- G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 194-196 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 M.G. Cassitto Modalità di risposta individuale allo stress Stress e Disadattamento Lavorativo - Clinica del Lavoro “L. Devoto” Fondazione Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena, Milano RIASSUNTO. Lo stress è uno stato di malessere “che si manifesta con sintomi fisici, psichici o sociali legati all’incapacità delle persone di colmare uno scarto tra i loro bisogni e le loro aspettative e la loro attività lavorativa”, ma “non è una malattia”, anche se “una esposizione prolungata allo stress può diminuire l’efficienza lavorativa e causare problemi di salute”. Così riporta il testo dell’accordo europeo quadro firmato l’8 ottobre 2004 dalle quattro maggiori organizzazioni europee di lavoratori ed imprenditori. Per definire questo stato di malessere, indipendentemente dalle teorie sullo stress, dai determinanti o facilitatori, possiamo adottare quattro possibili livelli di osservazione del fenomeno e precisamente i dati riportati in letteratura, la sintomatologia soggettiva, le disfunzionalità comportamentali osservabili, le alterazioni della performance occupazionali e/o sociali. L’analisi di questi quattro livelli consente di meglio inquadrare e delimitare “lo stato di malessere” stress correlato e individuarne le caratteristiche più frequentemente osservate. Parole chiave: stress, indicatori di distress, livelli di osservazione. ABSTRACT. “Stress is a state which is accompanied by physical, psychological or social complaints or dysfunctions and which results from individuals feeling unable to bridge the gap with the requirements or expectations placed on them……stress is not a disease but prolonged exposure to it may reduce effectiveness at work and may cause ill health”. This is the stress definition reported by the EU Framework Agreement on Work Related Stress signed 8 October ’04 by four workers and employers signatory parties. In order to describe this state of distress, four observation levels can be used, namely data from literature, the subjective symptoms, the related or observed behaviour dysfunctions and the occupational, social performance dysfunctions. Analysis of and interrelations among these four areas can help a better identification of the stress effects and characterize the most frequently observed aspects. Key words: stress, distress indicators, observation levels. Lo stress è uno stato di malessere “che si manifesta con sintomi fisici, psichici o sociali legati all’incapacità delle persone di colmare uno scarto tra i loro bisogni e le loro aspettative e la loro attività lavorativa”, ma “non è una malattia”, anche se “una esposizione prolungata allo stress può diminuire l’efficienza lavorativa e causare problemi di salute”. Così riporta il testo dell’Accordo Europeo Quadro firmato l’8 ottobre 2004. Molta e differenziata è la produzione di studi ed articoli sulle cause determinanti stress negativo per le popolazioni al lavoro così come sui fattori di facilitazione o, al contrario, sui fattori protettivi dalle conseguenze causate da situazioni stressanti. A livello individuale, indipendentemente dalle teorie sullo stress e sui determinanti e/o facilitatori delle reazioni stress-correlate, la valutazione della presenza o meno degli effetti e della loro gravità non può che basarsi su quanto il soggetto, eventualmente portatore di disagio, ci riferisce sia sui disturbi risentiti che sulle cause che ritiene responsabili del suo disagio. Ci sono naturalmente situazioni che possono essere considerate oggettivamente stressanti per chiunque (p.e. eccessivi livelli di rumore, elevata, violenta e protratta conflittualità, ritmi operativi incompatibili con le caratteristiche degli operatori, e molti altri), tuttavia anche in questi casi l’intensità del disagio risentito implica comunque sia un giudizio soggettivo sulla sostenibilità della situazione (se io posso sopportare un disagio per tempi molto lunghi, altri disporranno di una tenuta psicofisica molto più breve) sia sulla positività o negatività della stessa nell’economia di vita del soggetto. In ogni caso, solo il suo giudizio contestualizzato avrà valore identificativo di una specifica situazione come stressante per uno specifico soggetto. È però evidente che in una comunità di lavoro quanti più soggetti definiranno una situazione fonte di disagio, tanto più ci avvicineremo al vero definendola realtà oggettivamente determinante lo stato soggettivamente risentito di disagio/disturbo/malattia. Quali possono essere i dati cui fare riferimento. Possiamo citare quattro livelli di osservazione, i dati riportati in letteratura, la sintomatologia soggettiva così come riferita dal soggetto o rilevata dai questionari specifici, le disfunzionalità comportamentali da lui denunciate e/o rilevate dall’osservazione e le alterazioni della performance occupazionale e/o sociale evidenziate sia da misure psicometriche che dalla qualità e quantità del lavoro svolto. G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it La letteratura tuttavia, mentre è ricca in dati riguardanti gli effetti dello stress, utili per orientare indagini, necessari per sollecitare un’aumentata attenzione ad alterazioni del benessere anche lievi o moderate e ritrovabili in altre patologie ma ignorate poiché sperimentate da chiunque in determinati momenti della vita, è però complessivamente generica in quanto poca distinzione viene fatta tra sintomi e sindromi, c’è poca integrazione tra articoli provenienti dall’area psichiatrica e/o psicologica e quelli della medicina del lavoro. Per quanto riguarda il secondo livello di osservazione, la sintomatologia soggettiva dello stato di malessere stress-correlato si configura come un’insieme di disturbi, un complesso sintomatologico che determina l’insorgenza di reazioni emozionali, cognitive, comportamentali, fisiologiche. Non va dimenticato però che, essendo la risposta dell’organismo globale, molte reazioni psicofisiche sono identiche in situazioni positive e negative ed è la lettura che ne da il soggetto che le tipizza. Inoltre, non necessariamente la risposta allo stress coinvolge contemporaneamente tutti questi aspetti che possono mostrare disfunzioni in tempi, intensità e modalità diverse. Ad esempio, soggetti con buone capacità di tolleranza, elevato controllo delle emozioni o meccanismi attivi di razionalizzazione delle situazioni disturbanti possono reagire inizialmente soprattutto a livello somatico e rispondere con reazioni neurovegetative in base al principio dell’organo compiacente” (il primo che reagisce alle sollecitazioni e che è caratteristico di ogni persona) mentre soggetti più reattivi o emotivamente più vulnerabili possono presentare un quadro intermedio tra il disturbo somatico e il disturbo emozionale. Come suaccennato, le reazioni emozionali possono essere identiche nelle varie situazioni di vita o lavoro emotivamente pregnanti, ad esempio l’ansia può riguardare una situazione temuta ma anche una situazione attesa e lo stesso vale per molti altri sintomi come le gastralgie; ugualmente si può piangere di dolore ma anche di gioia ecc. Le reazioni emozionali più frequentemente osservate sono lo stato di tensione, la reazione ansiosa situazionale e/o anticipatoria, la caduta del tono dell’umore, lo stato di irritabilità e/o insofferenza, la facilità al pianto, il vissuto d’impotenza, l’insicurezza, la caduta motivazionale, il distacco emotivo. Lo stesso discorso vale per le disfunzioni cognitive, la scarsa concentrazione, la difficoltà di memorizzazione, la difficoltà ad apprendere cose nuove, la facilità a dimenticare, il senso di confusione, l’incertezza decisionale, la polarizzazione ideativa. I soggetti vittime di strain occupazionale denunciano anche disfunzionalità comportamentali, quali l’abuso di alcolici, il tabagismo, l’uso aumentato di sostanze tranquillanti, stimolanti, stupefacenti, la tendenza ad evitare i rapporti sociali, le reazioni di intolleranza, le turbe del comportamento alimentare (bulimia, anoressia), la riduzione del desiderio sessuale. Il coinvolgimento somatico è sempre presente con disturbi del sonno e, a seconda dei soggetti, vengono riferite anomalie cardiovascolari/picchi ipertensivi, dispnea, cefalea, aumento della glicemia, sudorazione, parestesie, tic nervosi, tremori, disfunzioni gastrointestinali (disturbi digestivi, gastriti, coliti), patologie muscoloscheletriche (lombalgie, tensione muscolare), 195 manifestazioni dermatologiche, disfunzioni sessuali, ginecologiche ed effetti immunodepressivi. Negli anni la psicodiagnosi e altre discipline hanno sviluppato strumenti per la rilevazione dei disturbi soggettivi, alcuni molto generici altri più dettagliati. La tabella allegata ne elenca solo alcuni di diversa tipologia, alcuni brevissimi, come la Mood Scale che si limita a dare indicazione del livello di stress e attivazione di un dato soggetto, altre più dettagliate con sviluppo delle varie categorie dei disturbi quando se ne vogliano conoscere la caratteristiche specifiche come l’SSQ che ad esempio non chiede solo se il soggetto dorme bene o male ma chiede di specificare gli aspetti sia qualitativi che quantitativi che disturbano il sonno. E lo stesso vale per le altre categorie di disturbi, astenia, memoria, attenzione, gli aspetti psicomotori, l’umore, l’identità, i disturbi psicosomatici, disturbi neurologici (formicolio alle dita, crampi ai polpacci, equilibrio, parestesie), i disturbi sessuali. Le reazioni emozionali, cognitive, fisiologiche e comportamentali stress-correlate possono avere carattere transitorio ma l’intensità e durata delle stimolazioni stressogene possono portare allo strutturarsi di sindromi quali, ad esempio il disturbo depressivo, i disturbi da panico, le fobie, le ossessioni, i disturbi dell’adattamento interpersonale e sociale, il burnout, la sindrome mobbing-correlata, le ipertensioni e le cardiopatie, la patologia gastrointestinale. Il terzo livello di osservazione riguarda le disfunzionalità comportamentali, quali gli atteggiamenti di “fuga” dal lavoro (assenteismo e/o ritardo cronico, il prolungamento delle pause, l’intolleranza del posto di lavoro assegnato, la sonnolenza sul lavoro, il ritardato ritorno da vacanze, permessi, missioni, infortuni ripetuti), le difficoltà nelle relazioni interpersonali (incapacità a motivare i sottoposti, incapacità a collaborare con i colleghi, rifiuto delle regole, esagerata critica dei superiori, eccessivo appoggio sui supervisori, mancanza di socializzazione, insufficiente comunicazione di informazioni, eccesso di competitività), le manifestazioni morbose dello stress (comparsa di atteggiamenti trasandati, recrudescenza di disturbi psicofisici, disordini dermatologici persistenti, convalescenze lunghe e con complicazioni e ricadute, abuso di sostanze, atteggiamenti autodistruttivi e compulsivi, reazioni ossessive) così come la comparsa di comportamenti antisociali, comportamenti sleali, isolamento sociale, eccessivo ricorso alla tutela assicurativa, problemi in famiglia. Al quarto livello di osservazione vi sono i vari aspetti del decremento della performance, ossia aumentata insicurezza nel fare e nel decidere, aumentato numero di errori, aumentato numero di prodotti inadeguati, distruzione di strumenti di lavoro, incapacità a completare il lavoro, incapacità a rispettare i termini di consegna, diminuita capacità direttiva dei manager. Sia i disturbi del comportamento che della performance possono essere indagati con gli strumenti delle psicodiagnosi di cui la tabella allegata ne dà un piccolo esempio. Si è detto che lo stress negativo si sviluppa quando le richieste dell’ambiente di lavoro superano le capacità del lavoratore di affrontarle o controllarle e si crea uno stato di disarmonia fra il lavoratore ed il suo lavoro. È un meccanismo complesso multifattoriale in cui agiscono sia le caratteristiche del soggetto che quelle della situazione vissu- 198 I questionari presenti in letteratura possono essere grossolanamente distinti in “generalisti” (“umbrella questionnaires”), in quanto valutano i potenziali fattori di stress attraverso domande applicabili a qualsiasi contesto lavorativo, e “occupazione-specifici”, in quanto dedicati alla valutazione del problema in categorie lavorative particolari (si veda per esempio il questionario NEXT per lo studio dello stress negli infermieri; Camerino et al., 2004). Il problema comune per la maggioranza di questi questionari è la non disponibilità di versioni validate in lingua italiana (Magnavita, 2008). Nell’economia del presente contributo, vengono dunque brevemente illustrati alcuni questionari di tipo generalista che, oltre ad avere una versione accettata in lingua italiana (o essere stati sviluppati direttamente in italiano, come il MOHQ), sono anche i più frequentemente utilizzati nel contesto nazionale. Senza dubbio, i questionari generalisti più impiegati, in Italia come nella maggioranza dei paesi esteri, sono quelli tratti dai modelli di stress lavorativo Job Demands-ControlSupport (J-DCS) di Karasek e Effort/Reward Imbalance (ERI) di Siegrist, denominati rispettivamente Job Content Questionnaire (JCQ; Karasek et al., 1998) e ERI-Q (Siegrist et al., 2004). Il modello J-DCS, sviluppato alla fine degli anni Settanta (la dimensione “supporto sociale” è stata aggiunta successivamente da Johnson e Hall, 1988), si concentra sulle caratteristiche dei compiti lavorativi, legando l’insorgenza dello stress a quelle situazioni caratterizzate dalla contemporanea presenza, così come percepita dal soggetto, di un carico di lavoro psicologico eccessivo, di scarso controllo (inteso come autonomia decisionale e possibilità di usare le competenze), e, nella versione estesa del modello, di basso supporto sociale (da parte di colleghi e/o superiori). Per un’illustrazione più approfondita del modello e delle diverse versioni del questionario JCQ, si rimanda all’articolo di Ferrario su questo stesso numero. Secondo il modello Effort/Reward Imbalance, sviluppato a metà degli anni ’90, lo stress rappresenta invece il prodotto di uno sbilanciamento percepito tra gli sforzi immessi nel lavoro (“effort”) e le ricompense ricevute in cambio (“reward”), in termini di stima, riconoscimenti economici e di carriera, e sicurezza lavorativa. A differenza del primo, si tratta di un modello di matrice sociologica, in quanto pone l’accento su fattori di rischio per lo stress lavoro-correlato associati a cambiamenti rilevanti avvenuti di recente nel mondo del lavoro, come l’intensificazione della pressione lavorativa, l’aumento della precarietà, il restringimento delle possibilità di carriera e l’insoddisfazione per i livelli retributivi (soprattutto per le fasce di popolazione con elevati profili formativi), e l’erosione del clima sociale sul posto di lavoro dovuta all’aumento della competitività. L’ERI-Q è un questionario breve, composto in totale da 23 domande, sei per la misurazione della componente “effort”, undici per la componente “reward” e sei per la componente “overcommitment” (recentemente, è stata proposta una versione abbreviata dell’ERI-Q a 16 item; vedi Siegrist et al., 2008). La componente “reward”, sebbene la netta maggioranza degli studi la consideri come fattore unidimensionale, può essere utile scomporla nelle sue sottodimensioni (stima, carriera G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it e stipendio, sicurezza lavorativa), in modo da definire con più precisione, in uno specifico contesto occupazionale, quali siano gli aspetti della ricompensa che pesano maggiormente nel determinare eventuali situazioni di sbilanciamento. L’“overcommitment” (traducibile in italiano con “impegno eccessivo”) rappresenta invece una variabile di personalità, tipica di persone caratterizzate da un’esorbitante ambizione lavorativa accompagnata da un elevato bisogno di approvazione e stima. Il modello assume che questo profilo motivazionale possa ulteriormente incrementare il grado di sbilanciamento percepito tra sforzo e ricompensa. La versione italiana dell’ERI, raccomandata dall’autore, è disponibile su richiesta sul sito internet http://www.uni-uesseldorf.de/MedicalSociology/Effort_ reward_imbalance_at_wor.112.0.htm. Un altro questionario utilizzato frequentemente in Italia è l’Occupational Stress Indicator (OSI), basato sul modello transazionale di stress di Cooper (Cooper et al., 1988). L’OSI, che presenta un adattamento ufficiale in lingua italiana (Sirigatti e Stefanile, 2002), è dotato di valori normativi nazionali, calcolati su 853 soggetti provenienti da categorie occupazionali diverse, risalenti tuttavia al periodo 19962001. Include anche misure per la valutazione degli effetti dello stress e di alcuni fattori di modificazione del rischio. Si tratta di uno strumento relativamente lungo (167 item), rivolto soprattutto alla valutazione dello stress in quadri e manager. Sebbene poco nota nel contesto nazionale è stata elaborata anche una versione più breve e solida (dal punto di vista della validità fattoriale) dell’OSI, denominata Pressure Management Indicator (PMI). Questa versione ridotta non è stata tuttavia ancora validata in lingua italiana. Recentemente, in Italia è stato sviluppato da Avallone e Paplomatas (2005) uno strumento denominato Questionario Multidimensionale della Salute Organizzativa (MOHQ), basato sul costrutto di “salute organizzativa”. Il MOHQ sposta l’attenzione valutativa dagli aspetti negativi del contesto psicosociale di lavoro (ossia i fattori di stress negativo), al grado complessivo di benessere presente in una determinata realtà lavorativa. Il MOHQ valuta quattordici dimensioni di salute organizzativa (per es. chiarezza degli obiettivi, equità, cultura della sicurezza e prevenzione) e tre indicatori di esito (positivi, negativi e sintomi psicosomatici), ed è stato validato su un campione di 18.000 soggetti, provenienti prevalentemente dalla pubblica amministrazione. Al di là dello specifico strumento utilizzato, è opportuno, al fine di garantire un uso consapevole e appropriato dei questionari sopra descritti, soprattutto quando impiegati nelle indagini di valutazione del rischio stress lavoro-correlato effettuate in contesti lavorativi specifici, tenere conto di alcuni aspetti, qui di seguito brevemente illustrati: – I questionari generalisti, proprio perché ideati allo scopo di valutare lo stress in categorie occupazionali eterogenee, possono, se applicati a singoli contesti lavorativi, trascurare fattori di rischio determinanti. È dunque importante complementare i questionari generalisti con misure che consentano una valutazione più individualizzata dei fattori di rischio psicosociale presenti in un determinato contesto (“approccio ecologi- G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it co”), identificabili grazie ad un’accurata analisi organizzativa, consistente in una fase valutativa preliminare condotta tramite sopralluoghi e interviste “campione” ai lavoratori. – È opportuno evitare l’errore, spesso commesso, di far coincidere lo strumento con il modello di riferimento. Infatti, i questionari basati su modelli teorici rappresentano declinazioni operative generali di costrutti quali “autonomia decisionale”, “ricompensa”, “salute organizzativa”, ecc. Ciò significa che, mentre il modello può essere valido, non è pacifico che le domande contenute in questionari come il JCQ e l’ERI-Q siano adeguate per una valutazione esaustiva dei fattori di rischio rilevanti in situazioni specifiche. Per esempio, il questionario JCQ non contempla, tra gli aspetti del carico di lavoro indagati, le richieste di tipo emotivo, con la conseguente perdita di informazioni potenzialmente rilevanti in settori come quello dei servizi (per esempio sanità, scuole, call-center, ecc.), dove il contatto degli operatori con gli utenti è frequente. – È opportuno, se fattibile, basare la valutazione sul principio della “triangolazione metodologica”, ossia combinare dati auto-riportati con dati “oggettivi”, i quali hanno il vantaggio di permettere l’identificazione di aspetti pratici del compito e dell’organizzazione del lavoro associati alle maggiori criticità emerse dalla valutazione soggettiva, così da supportare l’attuazione di interventi concreti di gestione del rischio stress lavoro-correlato. 199 Bibliografia Avallone F, Paplomatas A. Salute Organizzativa. Psicologia del benessere nei contesti lavorativa. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2005. Karasek RA, Brisson C, Kawakami N, Houtman I, Bongers P, Amick B. The Job Content Questionnaire (JCQ): An instrument for Internationally Comparative Assessments for Internationally Comparative Assessments of Psychosocial Job Characteristics. Journal of Occupational Health Psychology 1998; 3: 322-355. Siegrist J, Starke D, Chandola T, Godin I, Marmot M, Niedhammer I, Peter R. The measurement of Effort-Reward Imbalance at work: European comparisons. Social Science & Medicine. 2004, 58: 1483-1499. Sirigatti S, Stefanile C. OSI Occupational Stress Indicator, il Manuale. Firenze, Organizzazioni Speciali Firenze, 2002. Johnson JV, Hall EM. Job strain, work place social support, and cardiovascular disease: A cross-sectional study of a random sample of the Swedish working population. American Journal of Public Health. 1988; 78: 1336-1342. Magnavita N. Strumenti per la valutazione dei rischi psicosociali sul lavoro. Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia; 2008. Tabanelli MC, Depolo M, Cooke RMT, Sarchielli Guido, Bonfiglioli R, Mattioli S, Violante FS. Available instruments for measurement of psychosocial factors in the work environment. International Archives of Occupational and Environmental Health 2008; 82:1-12. D. Camerino, Lusignani M, Conway PM, Bertazzi PA. Il gruppo NEXT. L’intenzione di lasciare la professione infermieristica. La Medicina del Lavoro 2004; 95: 354-364. Cooper CL, Sloan SJ, Williams JS. Occupational stress indicator: Management guide. NFER-Nelson, Windsor, 1988. Siegrist J, Wege N, Pühlhofer e Wahrendorf M. A short generic measure of work stress in the era of globalization: effort-reward imbalance. International Archives of Occupational and Environmental Health. Published online at: http://dx.doi.org/10.1007 /s00420-008-0384-3. Richiesta estratti: Paul Maurice Conway, Dipartimento di Medicina del Lavoro “Clinica del Lavoro L. Devoto”, Via San Barnaba, 8, 20122 Milano, Italy - E-mail: [email protected], 02 503 20 112 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 200-202 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 G. Cesana1, M.M. Ferrario2 Stress e salute nei luoghi di lavoro: verso quali scenari. Dalla medicina del lavoro alla medicina nei luoghi di lavoro 1 Centro Studi Sanità Pubblica, Università di Milano Bicocca, Villa Serena (Osp. San Gerardo), Monza di Scienze Cliniche e Biologiche - Scuola di Specializzazione di Medicina del Lavoro - Università degli studi dell’Insubria, Varese 2 Dipartimento RIASSUNTO. Viene presentata una breve revisione dei principali risultati ottenuti dalla ricerca biomedica sullo stress occupazionale. Lo stress attiva il sistema simpatico e adrenocorticale con possibili conseguenze dannose sull’apparato cardiovascolare. Negli studi sul campo le relazioni tra stress e malattia coronarica sono controversi, anche se nel contesto clinico e sperimentale la relazione tra disadattamento e disordine cardiovascolare è un fatto assodato. Risultati più stabili sui fattori psicosociali come determinanti di un incremento del rischio cardiovascolare si osservano in relazione al basso stato socio-economico di persone e gruppi. Per meglio descrivere i fattori in gioco è stato introdotto il nuovo concetto di “capitale sociale”, versione più sofisticata dei tradizionali costrutti di supporto, integrazione e coesione sociale. Per il futuro viene raccomandato un approccio interdisciplinare delle attività di sorveglianza sanitaria delle condizioni di vita e di lavoro. Parole chiave: stress occupazionale, capitale sociale. ABSTRACT. A short review of main results obtained in occupational stress research is presented. Stress activates the sympato-adrenal system with possible dangerous consequences on the cardiovascular apparatus. In field studies the relation between stress and coronary diseases is controversial. However, from a clinical and experimental perspective the relation between breakdown in adaptation and cardiovascular disorder is a fact. More consistent results on the psychosocial determinants of an increased cardiovascular risk are obtained when stress is studied in relation to the socio-economic condition of groups and individuals. To better embrace and describe such factors, a new theoretical contribution has been introduced: social capital. This is a more sophisticated version of social cohesion, social integration and social support. For the future, an interdisciplinary approach is recommended in health surveillance of life and work environmnent. Key words: occupational stressors, social capital. Introduzione La parola stress, come si sa, proviene dall’inglese e indica l’azione di una forza che deforma un corpo. È stata introdotta in medicina sull’onda del movimento “fisicalista” (Scuola di Vienna) che, nella prima metà del secolo scorso, intendeva applicare alla biologia l’esattezza delle leggi matematiche. L’idea dello stress, centrata sulla problematica adattativa, è stata sviluppata con il contributo del fisiologo americano Walter Cannon, che, con i suoi studi sullo shock traumatico (Bodily changes in Pain, Hunger, Fear and Rage, 1915), mise per primo in evidenza il ruolo di emergenza dell’adrenalina. Ciò permise ad Hans Selye (1907-1982) di riprendere il concetto di omeostasi di Claude Bernard, formulando l’ipotesi della General Adaptation Sindrome (GAS), quale sistema almeno inizialmente adattativo a uno spettro molto ampio di stimoli. Nella ricerca fisiologicamente orientata, l’attivazione del sistema simpatico neurovegetativo e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene costituisce il nucleo della “definizione operazionistica” della reazione di stress, ovvero degli eventi organici -”operazioni”- che la pongono in atto (1). Le ricerche fisiologiche si sono accompagnate alle osservazioni sulle conseguenze disadattive dei traumi psicologici nella genesi dei disturbi mentali, soprattutto a sfondo neurotico. Grandi sforzi sono stati compiuti per mettere insieme la considerazione della percezione soggettiva con lo svolgimento di meccanismi geneticamente determinati allo scopo di far fronte alla usura esistenziale. Il concetto di coping, sviluppato da Lazarus e Folkman (2) è la miglior rappresentazione di tali sforzi, per cui la risposta biologica è fortemente influenzata dalle risorse, capacità e conoscenze dei singoli individui. Pur nell’ambito di una visione che rimane fondamentalmente comportamentista, la personalità non è considerata solo come un recipiente di stimoli, ma come un fattore potentemente interattivo con la realtà. A seguito degli sviluppi del concetto di salute come “benessere” - stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, secondo l’OMS (1946) - la pericolosità dello stress si è imposta, fino a diventare una delle folk illness più pervasive della nostra società. In tale concetto si tendono a racchiudere gli effetti biologici negativi del 202 2) Lazarus RS, Folkman S. Strass, appraisal and coping. New York, Springer, 1984. 3) Cesana GC. Uomo e lavoro: un sistema compatibile? Problematiche attuali di salute e benessere lavoro correlati. G Ital Med Lav Erg 1998; 20: 157-162. 4) Osler W. Lectures on angina pectoris and allied states. New York, D. Appleton & C, 1897. 5) Cesana GC, Menni C. Cardiovascular risk as a paradigm of the negative consequences of stress at work: a “conflicting evidence”. In G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it Sher L: Psychological factors and cardiovascular disorders. New York, Nova Sciece Publishers, 2008. 6) Cesana G. Physiological reactions in epidemiological studies. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe; 1993. p. 283-301. 7) Szreter S, Woolcock M. Health by association? Social capital, social theory, and the political economy of public health. Intern J Epidemiol 2004; 33: 650-667. 8) Macdonald KI. Commentary: social epidemiology. A way? Intern J Epidemiol 2001; 30: 46-47. Richiesta estratti: Giancarlo Cesana - Centro Studi Sanità Pubblica, Università di Milano Bicocca, Villa Serena (Osp. San Gerardo), Via Pergolesi 33, 20052 Monza, Italy - Tel. 039-2333097, E-mail: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 203-206 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 M.M. Ferrario1, G. Cesana2 Aspetti metodologici nella valutazione del rischio stress da lavoro. Dall’esperienza italiana dell’applicazione del JCQ di R Karasek, una proposta di approccio multifase 1 2 Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese Centro Studi Sanità Pubblica, Università di Milano Bicocca, Villa Serena (Osp. S. Gerardo) RIASSUNTO. Il DL 81/09 indica la valutazione dello stress lavoro correlato. Lo stress da lavoro rappresenta un problema emergente in tutta Europa. Si dispone di due principali differenti approcci valutativi: i metodi oggettivi e quelli soggettivi. Sono brevemente considerati pregi e difetti di entrambe. Tra i metodi di valutazione dello stress lavorativo percepito, il JCQ di Karasek nel nostro Paese ha visto numerose applicazioni, ed i risultati indicano che l’affidabilità del questionario è buona. Inoltre si dispone di standard di riferimento nazionali utili per confronti. Sulla base delle esperienze maturate, si riportano alcuni consigli d’uso. Infine, consci della complessità della valutazione di questa peculiare forma di rischio, si propone un approccio a tre fasi successive: prima un’analisi dei dati disponibili in azienda relativamente a: turnover, down-sizing, outsourcing, straordinari, turni, assenteismo per malattia, cambi di mansione, infortuni lavorativi e denuncie di malattie professionali. Quindi su campioni “a rischio” e di controllo, l’utilizzo del JCQ per raccogliere informazioni sul percepito dai lavoratori. Infine, qualora emergesse la necessità di ulteriori approfondimenti, sono consigliabili: analisi dell’organizzazione del lavoro tramite check-list strutturate da parte di esperti, valutazione clinica da parte del Medico Competente dei dipendenti afferenti alle “aree a rischio”, una valutazione psico-diagnostica standardizzata. Parole chiave: stress correlato al lavoro, valutazione del rischio, Italia. ABSTRACT. Due to a new legislation, the assessment of work stress has become compulsory in Italy for all the enterprise. Work stress is become a leading health problem in work settings all over Europe. The two major approaches, the expert-based direct observations and the measurements of the perceived job strain, are briefly introduced emphasizing on strengthens and weaknesses. Among the methods to assess perceived job stress, the Karasek’s Job Content Questionnaire has been extensively used in Italy, and the available results support its use because reliable and able to pick up major constrictiveness at work. In addition, because it is now possible to have reference levels, comparisons are possible for either public or private enterprises. Acknowledging the complexity of carrying out reliable assessment of work stress, a multiphase approach is emphasised: first an analysis or current data can be used to estimate the levels of turnover, down-sizing, outsourcing, extra hours, shift work, sickness absenteeism, changes of job titles, work accidents and work-related diseases. At a second step, on groups of workers selected because recognised at risk at the first phase and on control groups, the JCQ can be used to assess workers stress perception. Finally, when constrain conditions emerge, further investigations are required, including: intervention of experts in work organisation analysis, clinical psychological examinations of selected workers, to separate between work-related and personal psychological problems and health consequences. Key words: work stress, risk assessment, Italy. Introduzione Lo stress correlato al lavoro è al secondo posto tra i problemi di salute da causa lavorativa, interessando il 22% dei lavoratori in Europa (2005), percentuale di cui è previsto l’aumento nei prossimi anni, con un costo stimato in 20 bilioni di euro nel 2002 (European Agency for Safety and Health at Work). La legislazione italiana ha recepito le direttive europee attraverso il D.Lgs. 9 Aprile 2008, n. 81, che all’art. 28 prevede la valutazione di tutti i rischi, compreso il rischio stress lavoro-correlato, definito secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. In particolare l’accordo definisce lo stress come “uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti”. L’accordo chiarisce inoltre che non tutte le manifestazioni di stress in ambito lavorativo sono da considerarsi causate dal lavoro stesso, in quanto altri fattori, esterni all’ambito professionale, sono spesso implicati nel determinare reazioni di stress in grado di influire negativamente sulla performance lavorativa. Si considera come stress lavoro-correlato lo stress causato da disfunzioni proprie dell’organizzazione del lavoro, ad esempio inerenti i carichi, i ritmi lavorativi e gli orari di lavoro, la formazione inerente l’attività lavorativa, l’adeguatezza degli strumenti lavorativi e dei dispositivi di protezione individuale, i rapporti con capi e colleghi di lavoro, la sicurezza e la stabilità del posto di lavoro. L’individuazione di un problema di stress da lavoro può avvenire attraverso un’analisi di fattori quali l’organizzazione e i processi di lavoro (pianificazione dell’orario di lavoro, grado di autonomia, grado di coincidenza tra esigenze imposte dal lavoro e capacità/conoscenze dei lavoratori, carico di lavoro, ecc.), le condizioni e l’ambiente di lavoro (esposizione ad un comportamento illecito, al rumore, al calore, a sostanze pericolose, ecc.), la comunicazione (incertezza circa le aspettative riguardo al lavoro, prospettive di occupazione, un futuro cambiamento, ecc.) e i fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di una mancanza di aiuto, ecc.). Una ricognizione di tutti questi aspetti e dinamiche prevede la disponibilità di più fonti di 204 dati e pertanto diventa indispensabile un percorso che a tappe possa affrontare aspetti prioritari in grado di orientare razionalmente i successivi. Tra i settori e le mansioni ad elevato livello di stress meritano particolare menzione quelle attività lavorative in cui è elevato soprattutto il rischio di conseguenze gravi o disastrose in relazione alla riduzione della attenzione e della vigilanza e/o sviste, errori o ritardi decisionali. Ai fini di una valutazione dello stress in ambito lavorativo, deve essere predisposta una esplicita politica aziendale, sviluppando misure specifiche ed efficaci. È necessario effettuare una ricognizione delle esperienze che hanno affrontato la valutazione dello stress lavoro-correlato nel nostro Paese. Scopo del presente contributo è di riportate i risultati ottenuti in termini di affidabilità e di stima dei livelli di strain del Job Content Questionnaire (JCQ) di Robert Karasek, utilizzato in indagini realizzate in Italia, e di proporne un utilizzo per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, ai fini del D.L. 81/08, tenendo conto di quanto indicato nell’Accordo Europeo del 8 settembre 2004. Principali orientamenti di valutazione dello stress lavoro-correlato Tra le principali difficoltà inerenti la valutazione dello stress lavoro-correlato si sottolineano quelle legate alla complessità, multifattorialità ed aspecificità delle reazioni individuali comportamentali ed organiche allo stesso. A tutt’oggi ancora non sono stati proposti modelli valutativi considerabili di riferimento, per diffusione e sufficiente validazione degli stessi. I principali approcci di valutazione dello stress in ambito lavorativo sono riconducibili a metodi considerati “oggettivi” e “soggettivi”. Per quanto riguarda i primi, si fa riferimento a tecniche di osservazione diretta oppure ad interviste, realizzate comunque da “esperti” dell’organizzazione del lavoro, prevedendo la collaborazione delle maestranze della realtà lavorativa in esame. Queste tecniche consentono di ottenere informazioni riferite alle caratteristiche dei compiti lavorativi e del contesto socio-organizzativo, e sono utili per compiere una puntuale valutazione del rischio, in grado di poter essere sufficientemente ripetibile e quindi precisa. Gli svantaggi sono almeno due: il primo è di non tener conto del vissuto dei lavoratori; il secondo di essere parecchio onerosi in ambiti lavorativi complessi ed articolati. I metodi soggettivi sono rappresentati da questionari strutturati, solitamente a domande predefinite e chiuse, che raccolgono le percezioni dei lavoratori sulle caratteristiche organizzative del lavoro. I questionari sono somministrati in modo anonimo alla popolazione lavorativa presa in esame, od a campioni di soggetti selezionati secondo predefinite regole. In ogni caso si richiede la partecipazione diretta di un consistente numero di lavoratori, per massimizzare il potere statistico nell’analisi dei risultati. Solitamente sono considerati i costrutti che connotano le principali variabili connesse allo stress percepito, come medie e proporzioni di gruppo. È anche possibile poter identificare le distribuzioni dei valori consi- G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it derati per capire se l’eventuale problematica sia da ascrivere all’intero gruppo esaminato oppure a singoli individui o sottogruppi. In aggiunta a queste metodologie, si sono sviluppati metodi per identificare i fattori di vulnerabilità del soggetto e dell’organizzazione lavoro, di valutazione delle capacità di coping, e più recentemente di resilience. Si usano all’uopo questionari ed interviste a cura di specialista psicologo, che è in grado di intervenire con gruppi di formazione o counseling individuale. Lo stress lavorativo percepito Il Job Content Questionnaire di Robert Karasek rappresenta lo strumento più diffuso di valutazione dello stress lavorativo percepito (11, 12, 14). In Italia l’utilizzo del JCQ è stato introdotto con il Progetto MONICA e lo Studio PAMELA (2, 3, 10). Nelle indagini dei fattori di rischio cardiovascolare su ampi campioni della popolazione lombarda (circa 7200 soggetti di entrambe i sessi), realizzati tra la metà degli anni ‘80 e la metà degli anni ’90, è stata introdotta una short form di 13 domande (adottata dal progetto internazionale) in grado di rilevare due costrutti: la Decisione Latitude (DL, 6 domande) ed il Psychological Job Demand (PJD, 5 domande). Successivamente (1992-96), lo stesso gruppo di lavoro ha adottato una forma più estesa di 35 domande nello Studio SEMM (Surveillance of Employees of the Municipality of Milan), parte della European Concerted Action JACE (Job stress, Absenteeism and Coronary Events) Study (4, 6, 7, 13). In questa versione sono state indagate, in aggiunta a DL (9 domande) e PJD, anche il Social Support at Work (SSW, 8 domande su rapporti con capi e colleghi). Rispetto a questa versione, un Gruppo di Lavoro Italiano ha proposto una versione JCQ a 49 domande (1), che estende il numero di item per la valutazione della PJD (9 item), desumendole dalla versione PJD adottata nella Studio Framigham ed aggiunge tre costrutti su: Physical Exertion (3 domande), Physical Isometric Load (3 domande), e Job Insecurity (3 domande). Studi italiani che hanno utilizzato il JCQ hanno contribuito a comprender le relazioni tra job strain ed i livelli di pressione arteriosa (2, 3, 10) e di cortisolo salivare (15), le assenze per malattia ed infortuni (5, 16), il burnout in gruppi selezionati di lavoratori (9, 17). Nello Studio SEMM (8) sono stati arruolati tra il 1992 e il 1996 un totale di 7871 soggetti dipendenti del Comune di Milano, di cui 2601 uomini e 5270 donne. In occasione del controllo sanitario offerto dall’azienda, è stato proposto un protocollo di accertamento volto a valutare i livelli di stress lavorativo percepito mediante la somministrazione del JCQ. L’analisi dell’affidabilità del questionario è stata effettuata con tecniche di valutazione del grado di compilazione delle risposte, della consistenza interna tra item omogenei ed esterna tra costrutti principali (7). Complessivamente è possibile ritenere che la compilazione sia stata di buon livello: la percentuale di mancata risposta ad oltre un item è stata in- 206 7) Ferrario M, Fornari C, Borchini R, Merluzzi F, Cesana G. La percezione dello stress nel terziario: utilità e indicazioni del Job Content Questionnaire. Med Lavoro 2005; 96: 191-9 8) Ferrario M, Merluzzi F, Cesana GC, et al per il Gruppo di Ricerca dello Studio SEMM. Valutazione del rischio coronarico in collettività lavorative. Risultati dello Studio SEMM (Surveillance of Employees Municipality of Milan) e prospettive di prevenzione in Italia. Italian Hearth J 2000; 1(Suppl); 664-73. 9) Forcella L, Di Donato A, Coccia A et. al. Anxiety, job stress and job insecurity among teachers with indefinite or definite time contract. G Ital Med Lav Ergon 2007; 29(3 Suppl): 683-6. 10) Fornari C, Ferrario M, Menni C, Sega R, Facchetti R, Cesana G. Biological consequences of stress: conflicting findings on the association between job strain and blood pressure. Ergonomics 2007; 50, 11: 1-10. 11) Johnson JV, Hall EM. Job strain, work place, social support, and cardiovascular disease: A cross-sectional study of a random sample of the Swedish working population. Am J Public Health 1988; 78: 1336-42. G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 12) Karasek RA. Job Content Questionnaire and User’s Guide (Revision 1.1). Univ. of Massachusetts at Lowell: Job Content Questionnaire Center; Lowel (MA), 1985. 13) Karasek R, Choi B, Ostergren P-O, Ferrario M, de Smet P for the JACE Study Group. Testing two methods to create comparable scale scores between the Job Content Questionnaire (JCQ) and JCQ-like questionnaires, in the European JACE* study. Intern J Behavioral Med, 2007; 14, 4: 189-201. 14) Karasek RA, Theorell T. Healthy Work: Stress, productivity, and the Reconstruction of working life. Basic Books; New York, 1990. 15) Maina G, Palmas A, Bovenzi M, et al. Salivary cortisol and psychosocial hazards at work. Am J Ind Med 2009; 52(3): 251-60. 16) Mastrangelo G, Mattioli S, Baldasseroni A, et. al. Occupational injuries and sickness absence: association with job demand, decision latitude, and life style in 2174 workers in the Veneto Region. Med Lav 2008; 99 Suppl 1: 31-41. 17) Pisanti R. An empirical investigation of the demand-control-social support model: effects on burnout and on somatic complaints among nursing staff. G Ital Med Lav Ergon 2007; 29 (1 Suppl A): A30-6. Richiesta estratti: Professor Marco M. Ferrario, Medicina del Lavoro e Preventiva, Ospedale di Circolo - Fondazione Macchi, Viale Borri 57 - 21100 Varese, Italy - Tel +39.0332.3936069, Fax +39.0332.278986 - E-mail address: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 207-211 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 M.E. Magrin Dalla valutazione dei rischi psicosociali alla promozione del benessere Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano RIASSUNTO. I recenti sviluppi teorici in materia di benessere personale e organizzativo si inseriscono efficacemente nello scenario aperto alla riflessione sul tema della valutazione di rischio psicosociale e alla sua più ampia implicazione relativa alla promozione del benessere nei luoghi di lavoro. Il livello avanzato della riflessione teorica consente oramai di potersi declinare in modelli operativi al servizio del sistema di promozione della salute e sicurezza per la realizzazione di programmi di intervento concretamente finalizzati a salvaguardare e migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori; si potrà così attuare infine un passaggio dal modello della cura al modello della salute negli ambienti di lavoro. Viene proposto un intervento esemplificativo della possibile applicazione del nuovo modello teorico. Parole chiave: rischio psico-sociale, promozione del benessere, modelli operativi. ABSTRACT. Recent developments in the studies on personal and organizational well-being efficaciously fit the issue of psycho-social risk assessment and its inherent implication for well-being promotion in the workplace. The advance in theory permits to define operative models for health and safety promotion and to project interventions directed to protect and to enhance workers’ health and safety conditions. It will than be possible to move from the ‘treatment model’ to the ‘health model’ in workplaces. An example of the application of the new model is presented. Key words: psychosocial risk, well-being promotion, operative models. In un’intervista rilasciata una decina di anni fa dal Prof. Karasek nell’ambito della International Conference on Psychology & Health (1998), l’autore del più affermato modello teorico in materia di stress lavorativo considerava giunto il momento di procedere nella direzione di un ampliamento dello stesso, integrando nuove dimensioni che consentissero di aumentarne la portata euristica1. In particolare Karasek sottolineava l’opportunità di estendere l’indagine all’ipotesi active del modello, per lungo tempo trascurata in favore di una vastissima produzione relativa all’ipotesi high strain. In effetti, l’indagine in materia di stress lavorativo si è prevalentemente orientata verso la comprensione dei processi di deterioramento del benessere psicofisico. Solo in tempi recenti l’attenzione della ricerca si sta allargando a considerare i processi ‘salutogenici’ che definiscono il movimento delle persone verso una ricerca attiva di benessere, coerentemente agli sviluppi della Positive Psychology (1). Numerosi sono attualmente i contributi teorici che sembrano raccogliere la sfida lanciata da Karasek. In psicologia si assiste infatti ad un rinnovato interesse per una ricerca orientata all’identificazione delle risorse psicosociali funzionali ai processi di stress-resistence e di protezione/sviluppo del benessere (2). Sotto il profilo delle risorse personali, un costrutto particolarmente rilevante in relazione al problema dello stress lavoro-correlato è quello di resilienza in età adulta (3), con il quale si fa riferimento a quell’insieme di processi che facilitano un adattamento efficace e promuovono lo sviluppo della persona anche in contesti di vita altamente stressanti (4). Analogamente, sul fronte degli studi organizzativi, si registra un’attenzione crescente per l’indagine dei fattori sottesi alla promozione e allo sviluppo dei contesti e delle persone; quasta “Emerging positive agenda in organizations” (5) segue due trends di sviluppo, rispettivamente denominati Positive Organizational Behavior (POB) e Positive Organizational Scholarship (POS). 1 I think it was good for a while, because it was important to be able to confirm in a consistent way across many studies. But now this has gone on for quite some time and the active hypothesis have almost never been tested, none of the person-dynamic linkages have been tested….Somehow, more sophisticated integrations are not being made and I hope this will happen in the future.” (www.fss.uu.nl/penh/karasek.htm). G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it contesti organizzativi e la conseguente necessità di procedere ad una loro misura adeguata ai fini di una puntuale valutazione del rischio stress-correlato. Tale prospettiva non coincide però con la considerazione dei fattori rilevanti in termini di promozione del benessere lavorativo, con riferimento al quale nulla si è detto finora. Comprendere i fattori critici per lo sviluppo di esaurimento emotivo non equivale a comprendere quali fattori sono implicati ad esempio nella soddisfazione lavorativa. Sotto questo profilo, fondamentale è la scelta dell’indicatore di benessere. L’esaurimento emotivo, al pari di altre misure di disadattamento psicologico, non copre la dimensione più propriamente ‘positiva’ del benessere. Nel caso esemplificativo riportato in questa sede, i dati rilevano come la considerazione dell’indicatore ‘realizzazione personale’ (sottoscala del MBI) in sostituzione dell’esaurimento emotivo, porti ad una diversa identificazione del fattore critico; emerge infatti in questo caso il ruolo prioritario delle due risorse - qualità delle relazioni (OR 0,96) e chiarezza di ruolo (OR 0,95) - mentre viene meno il peso associato al carico lavorativo. Conclusioni I cambiamenti ormai da tempo in atto nel mondo delle organizzazioni e l’estrema variabilità delle condizioni e dei contesti di lavoro suggeriscono l’opportunità di privilegiare un approccio alla valutazione di tipo contesto-specifico tale per cui, pur utilizzando strumenti di rilevazione standardizzati, si preveda una fase di analisi dei dati diretta ad identificare i fattori critici della particolare realtà entro cui vengono utilizzati. La possibilità di utilizzare un indicatore standard, quale esso sia, appare forse più consona 211 ai ritmi di trasformazione sociale e conseguentemente alle caratteristiche della realtà organizzativa degli anni ’70, epoca alla quale risalgono la maggior parte degli approcci teorici e dei modelli operativi attualmente utilizzati nella valutazione dello stress. Si profila quindi la necessità e l’opportunità di un aggiornamento dei modelli e degli strumenti che può attingere, almeno in parte, all’ampia riflessione teorica maturata sul fronte del benessere personale e delle organizzazioni e che si sta attualmente declinando in modelli operativi efficaci e ‘praticabili’. Bibliografia 1) Linley PA, Joseph S. eds. Positive psychology in practice. Hoboken, NJ: Wiley, 2004. 2) Hobfoll SE. Social and psychological resources and adaptation. Review of General Psychology 2002; 6: 307-24. 3) Roisman G. Conceptual clarifications in the study of resilience. American Psychologist 2005; 60(3): 264-265. 4) Magrin ME. Dalla resistenza alla resilienza: promuovere benessere nei luoghi di lavoro. G Ital Med Lav Erg 2008; 30: A1-A19. 5) Wright TA, Quick JC. The emerging positive agenda in organizations: Greater than a trickle, but not yet a deluge. J. of Org Behavior 2009; 30: 147-159. 6) Luthans F, Avolio BJ, Avey JB, Norman SM. Positive psychological capital: measurement and relationship with performance and satisfaction. Personnel Psychology 2007; 60: 541-572. 7) Cameron KS, Dutton JE, Quinn RE. Positive organizational scholarship: Foundation of a new discipline. San Francisco: BerrettKoehler, 2003. 8) Demerouti E, Bakker AB, Nachreiner F, Schaufeli WB. The job demands-resources model of burnout. J. of Applied Psy 2001; 86: 499-512. 9) Kristensen TS, Hannerz H, Hogh A, Borg V. The Copenhagen Psychosocial Questionnaire. Scandinavian J. of Work Environment and Health 2005; 31: 438-449. 10) Maslach C. Burnout: The cost of caring. New York: Prentice Hall, 1982. Richiesta estratti: Maria Elena Magrin - Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca, P.za dell’Ateneo Nuovo, 1, Edificio U6, 20126 Milano, Italy - E-mail: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 212-216 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 R. Latocca1, C. Fornari2, F. Madotto2, G.C. Cesana2 Risultati del Progetto Regionale “Stress ed Attività Lavorativa” 2004-2006 1 2 Unità di Medicina Occupazionale e Ambientale A.O. San Gerardo di Monza Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica Università degli Studi Milano Bicocca RIASSUNTO. Scopo dell’indagine epidemiologica è stata la rilevazione di tendenze e la distribuzioni dei disagi e dei sintomi di malattia stress-lavoro-correlati in un campione rappresentativo della popolazione lavorativa lombarda. Sono stati esaminati macroindicatori aziendali quali assenze per malattia, infortuni ed infortuni ripetuti, ed è stata rilevata la prevalenza di disturbi somatoformi e l’abitudine al fumo. L’indagine effettuata, pur non permettendo considerazioni finali, evidenzia distribuzioni del disagio stress-lavorocorrelato e dei rischi correlati alle condizioni ambientali ed ergonomiche per settore, ben sovrapponibili a quelle evidenziate dalla Fondazione Europea nel Report per Profili Settoriali (2002). Si rilevano inoltre maggiori livelli di assenteismo nelle aziende con più alta componente femminile e nelle mansioni a basso livello socioeconomico. Parole chiave: stress e lavoro, sintomi stress-lavoro-correlati, report profili settoriali. ABSTRACT. The present epidemiological study aimed to investigate prevalence and trends of stress-job-related uneasiness and symptoms on a representative sample of Lombardia’s working population. Data on occupational events (absenteeism and accidents at work), psychosomatic symptoms and smoke habit have been collected. Prevalence and trends of stress-job-related uneasiness are similar to those reported by the European Foundation in the Report for Sectorial Profiles (2002). The study confirms higher levels of absenteeism in corporations with high prevalence of women and in low socioeconomic level works. Key words: work-related stress, stress-job-related symptoms, report for sectorial profiles. Introduzione Nell’ambito del Progetto Regionale della Regione Lombardia “Stress ed Attività Lavorativa” triennio 20042006 è stata effettuata un’indagine epidemiologica, a livello sperimentale, per la valutazione di alcuni indicatori significativi, fattuali e socio-biologici (ovvero che rappresentano non l’effetto biologico “puro”, ma la sua combinazione con fattori soggettivi e sociali), in un campione tendenzialmente rappresentativo della popolazione lavorativa lombarda. Scopo di questa fase, non ancora indirizzata a uno studio psico-fisiologico del rapporto stress e lavoro, è stato lo studio delle tendenze e la distribuzioni di disagi e sintomi di malattia, così da poter indirizzare futuri approfondimenti. Materiali e metodi L’indagine epidemiologica è stata focalizzata sulla rilevazione di alcuni indicatori significativi, la cui correlazione con lo stress è insieme riconosciuta e da approfondire. In particolare la raccolta dati è stata suddivisa in due parti. La prima parte ha previsto la rilevazione di macroindicatori quali assenze per malattia ed infortuni / infortuni ripetuti sul lavoro riferiti all’anno 2005. La raccolta è stata effettuata dai Servizi PSAL delle ASL tenendo conto della necessità di acquisire dati relativi ad un campione che fosse rappresentativo di almeno l’1% dei lavoratori occupati in Lombardia, stimato in 40.000 soggetti. La seconda parte ha avuto come oggetto la valutazione dei disturbi somatoformi tramite questionario validato dall’OMS (Screener dei Disturbi Somatoformi) e dell’abitudine al fumo. Il questionario è stato somministrato ai singoli lavoratori a cura del medico competente nell’ambito di un controllo sanitario effettuato negli anni 20062007, con supervisione delle UOOML e delle ASL. La numerosità campionaria minima indicata di 4000 soggetti è rappresentativa dello 0,1% della popolazione lavorativa lombarda. I campioni sono stati individuati rispettando la rappresentatività della realtà produttiva locale e la distribuzione indicativa per tipologia di attività con il 70% di operatori 214 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it Tabella II. Settore Terziario, differenze tra pubblico e privato. Analisi dei macroindicatori per settore lavorativo: assenze per malattia, infortuni e infortuni ripetuti Settore lavorativo Prevalenza donne (%) Uffici Scuole – Pubblico 60,90 11,11 10,11 10,03 10,63 – Privato 50,45 6,40† 10,44 16,13† 11,23 60,90 36,09 15,79 112,76 28,14 50,45 7,90† 10,30 77,24 41,39 – Pubblico 60,90 1,91 0,25 8,90 1,27 – Privato 50,45 0,11 0,00 6,22 3,05 Macroindicatori Terziario Servizi Assenze malattia° Infortuni ^ – Pubblico – Privato Infortuni ripetuti ^ *Giorni di malattia per lavoratore. ^ Numero infortuni/infortuni multipli per 1000 lavoratori. † T-Test: p-value <0,05 vs Pubblico. zioni di rischio per problemi stress-lavoro-correlati sono già state evidenziate dalla Fondazione Europea (FE) in uno studio settoriale delle condizioni di lavoro (settore pubblico, scuole, settore servizi- alberghiero, serviziimprese di pulizia) (1, 2). Il numero di infortuni, come prevedibile, è più alto nelle aree produttive (Industria, Artigianato) e nell’ambito del Terziario nei Servizi (Municipalizzate, Alberghi, Supermercati); il settore pubblico del Terziario è inoltre più a rischio rispetto a quello privato. Gli infortuni ripetuti risultano concentrati soprattutto nei servizi (Municipalizzate, Alberghi, Supermercati) e nel manifatturiero (Tabella I, II, III). L’andamento infortunistico conferma i dati dello studio settoriale della FE (3) che evidenziano come le condizioni sfavorevoli di rischio (condizioni ambientali ed ergonomiche) siano concentrate soprattutto nei settori manifatturieri ed in alcuni settori dei Servizi (alberghiero, poste). Tabella III. Settore Manifatturiero. Analisi dei macroindicatori per settore lavorativo: assenze per malattia, infortuni e infortuni ripetuti Macroindicatore Prevalenza donne (%) Assenze per malattia* – Meccanica 16,69 16,53 49,37 3,46 – Plastica e gomma 24,42 8,21 35,66 0,54 – Tessile 66,15 13,37 40,79 2,21 – Chimica 18,18 9,12 17,54 0,43 – Elettrica 28,95 9,22 39,47 3,10 – Edilizia 14,90 10,37 42,55 11,82 – Altro1 40,03 10,54 52,39 0,78 Settore lavorativo Infortuni^ Infortuni ripetuti^ Industria Artigianato – Meccanica 14,21 5,42† 41,31 3,44 – Plastica e gomma 37,77 13,75 53,19 5,32 – Tessile 65,77 10,89 13,42 0,00 – Chimica 22,68 6,29 10,31 0,00 – Elettrica 29,52 8,79 20,69 0,00 – Edilizia 9,86 4,49† 62,50† 4,81† – Legno 13,64 4,88 19,48 0,00 – Altro2 29,98 9,52 12,07† 0,00† Manifatturiero 23,39 13,57 42,83 2,76 *Giorni di malattia per lavoratore. Numero infortuni/infortuni multipli per 1000 lavoratori. Industria Altro: aziende agricole, alimentari, calzaturiere, altre industrie manifatturiere e artigianali con più di 30 dipendenti. 2 Artigianato Altro: imprese calzaturiere, grafiche, agricole, della lavorazione del vetro, parrucchieri, idraulici, altre imprese artigianali con al più 30 dipendenti. † T-Test: p-value <0,05 vs Industria. ^ 1 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 215 Tabella IV. Associazione (ρ2) tra prevalenza di donne e macroindicatori nei settori lavorativi: assenze per malattia, infortuni e infortuni ripetuti Settore lavorativo Terziario Prevalenza donne (%) Macroindicatore Assenze per malattia* Infortuni^ Infortuni ripetuti^ 54,08 0,323° 0,164° 0,049° – Uffici 44,61 0,483° 0,590° 0,132° – Scuole 69,60 0,049° 0,026° 0,118° – Servizi 59,85 0,081° –0,327° – 0,156° 22,88† 0,076° –0,153° –0,150° Manifatturiero – Industria 22,90 0,084° –0,140° –0,166° – Artigianato 22,70 –0,002 –0,213° –0,123° 45,84 0,171° 0,047° 0,007° Totale Prevalenza e coefficiente di correlazione lineare di pearson aggiustato per area geografica (ASL). † T-Test: p-value <0,05 vs Terziario. ° ρ2 =0:p-value<0,05. L’analisi della relazione tra macroindicatori stresscorrelabili e genere evidenzia che al crescere della prevalenza di donne nell’organico dell’azienda, aumenta la frequenza di assenze di malattia (Servizi, Uffici pubblici) e diminuisce il numero di infortuni (Servizi, Artigianato, Uffici privati) ed infortuni ripetuti (Servizi, Manifatturiero) (Tabella IV). L’aumento dei giorni medi di assenza per malattia conferma la letteratura scientifica (4) che attribuisce un maggior carico sociale extralavorativo-familiare alle lavoratrici. La diminuzione del numero di infortuni / infortuni ripetuti è imputabile alla maggior concentrazione di lavoratori maschi nei settori e nelle mansioni produttive ad alto rischio infortunistico (settore manifatturiero). Per quanto riguarda i disturbi somatoformi non esistono differenze significative fra settori; vi sono differenze significative in alcune aree territoriali che necessitano di ulteriori verifiche. La prevalenza di soggetti “stressati” nel campione indagato (32%) è sovrapponibile alla prevalenza di stressati individuata in Italia (33%) nel 3° Survey sulle Condizioni di Lavoro della Fonda- zione Europea (5). Il genere femminile è positivamente associato alle categorie con disturbi di salute (disturbi fisici, disturbi somatoformi) (Tabella V). L’abitudine al fumo non si differenzia nei tre gruppi suddivisi sulla base delle condizioni psicofisiche ed è ben sovrapponibile alla distribuzione di abitudine al fumo della popolazione lombarda derivante dai dati ISTAT - Anno 2005 (6). L’analisi stratificata per mansioni evidenzia una maggior frequenza media di assenze per malattia nelle mansioni con grado di qualifica più basso (Figura 1). Il livello socio-economico risulta pertanto essere il fattore psico-sociale più strettamente correlato sia ai disturbi di salute che giustificano la malattie, sia alla demotivazione ed al disagio lavorativo che fa aumentare l’assenteismo (7). “Dirigenti” e “quadri” del settore Terziario risultano mediamente più stressati delle figure omogenee del settore Manifatturiero (rispettivamente 34% e 20% nei “dirigenti”, 41% e 18% nei “quadri”); questo configurerebbe un maggior disagio stress-lavoro-correlato dei ruoli di rilievo gerarchico (dirigenti, quadri) nel settore Terziario rispetto a quello Manifatturiero. Tabella V. Disturbi somatoformi. Caratteristiche demografiche dei rispondenti in base alla tipologia di disturbo rilevato N (%) Età (media ± DS) Sani Disturbi fisici Stressati 2634 (45,33) 117 (19,22) 2060 (35,45) 39,35 ± 9,628 43,78* ± 8,716 42,45*° ± 9,071 64,62 44,67^ 45,53^ – A tempo determinato (%) 55,88 17,65 26,47 – A tempo indeterminato (%) 44,88 19,29 35,83 Maschi (%) Tipologia di contratto: Abitudine al fumo Fumatore attuale (%) 26,84 29,19 27,52 Ex-fumatore (%) 18,68 20,59 20,39 Mai fumato (%) 51,10 46,28 48,64 Mancante (%) 3,38 3,94 3,45 * ANOVA: p-value<0,05 vs Sani. ° ANOVA: p-value<0,05 vs Disturbi Fisici. ^ Test χ2: p-value<0,05 vs Sani. 216 Conclusioni L’indagine effettuata pur non permettendo considerazioni finali, evidenzia un andamento ed una distribuzione del disagio stress-lavoro-correlato e del rischio correlato alle condizioni ambientali ed ergonomiche per settore ben sovrapponibile a quello evidenziato dalla FE nel Report2c0irofitalSetdi- G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 218 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it visa in sezione maschile e femminile (complessivamente 6 sub-unità, denominate A, B, C, D, E, F). Sono state raccolte alcune variabili socio-demografiche, ovvero: età, sesso, titolo di studio, stato civile, numero di figli, mansione, anzianità di lavoro, lavoro a turni. Per la valutazione soggettiva dello stress occupazionale, ai partecipanti sono stati somministrati tre questionari: a) il Job Content Questionnaire (JCQ) nella sua versione italiana (7), composto da 47 item per la valutazione di tre dimensioni: il Job Demand (JD), la Decision Latitude (DL) ed il Social Support (SS); b) lo State-Trait Anxiety Inventory- adattamento italiano (8), composto da 20 item per la valutazione dell’ansia di tratto (STAI-t) e di altri 20 per la valutazione dell’ansia di stato (STAI-s); c) il Maslach Burnout Inventory (MBI)-adattamento italiano (9), per indagare il grado di burnout, attraverso le scale dell’Esaurimento Emotivo (EE), della Depersonalizzazione (DP) e della Realizzazione Personale (RP). L’identificazione dei parametri oggettivi, è avvenuta in seguito ad analisi della letteratura (focalizzata sui fattori stress- correlati in ambito sanitario), a discussione e confronto con diverse figure professionali (medici del lavoro, assistenti sanitarie, RSPP) ed all’individuazione dei fattori di stress, raccoglibili in modo oggettivo. Sono stati dunque identificati 7 parametri oggettivi: 1) “lavorare sotto organico”: indica la differenza tra il numero di operatori attesi in servizio sulla base degli organici previsti e quelli effettivamente presenti; 2) “n. di pazienti/n. di operatori in servizio”: il rapporto tra il numero totale dei pazienti ricoverati ed il numero di operatori, in ogni sub-unitài; 3) “numero di operatori assenti per malattia/operatori in servizio”; 4) “n. di salti riposo”, dovuti ad una richiesta e/o carico lavorativo inaspettati; 5) “n. di giorni di assenza per malattia”; 6) “n. di pazienti deceduti”, durante o immediatamente dopo il periodo di ospedalizzazione; 7) “n. di infortuni lavorativi”, determinanti esposizione a rischi biologici. I sette parametri sono stati raccolti con la collaborazione degli uffici amministrativi e delle caposala di ogni sub-unità di degenza, e fanno riferimento ad un periodo indicativo di tre mesi, precedenti l’inizio dell’indagine. Risultati Sono stati valutati 230 lavoratori, con un’età media complessiva di 37.4 anni (DS 9.3). Il 67.8% del campione è di sesso femminile, con un’età media di 35.1 anni (DS 7.9), il restante 42.3% di sesso maschile ha un’età media di 42.3 anni (DS 10.3). L’anzianità lavorativa media è di 6.7 anni (DS 6.8). Considerando l’organizzazione del lavoro, il 71% degli operatori effettua turni notturni, il 18, 2% turni diurni ed il 10.8% lavora part-time. In riferimento alla mansione, il campione è così composto: 47.4% sono infermieri, 32.6% ausiliari e 20% medici. Il campione è stato suddiviso in 6 sottogruppi in relazione alle 6 subunità di afferenza. Non sono state osservate differenze significative tra i 6 sotto gruppi, rispetto a: età, tipologia di turno, mansione, stato civile, numero di figli e scolarità. Sono state riscontrate differenze relativamente alla distribuzione di genere (percentuale di maschi significativamente più elevata in A) ed anzianità di lavoro (più alta nella sub-unità A). Parametri soggettivi La Tabella I indica i valori medi, la mediana ed il range dei punteggi del JCQ. L’analisi ANOVA ha evidenziato differenze statistiche significative tra Job Demand (F=3.511; p=0.0045) e Social Support (F=3.046; p=0.0112), nelle sei sub-unità. Il confronto post-hoc ha mostrato valori più elevati del Job Demand nella sub-unità E. I punteggi della subscala Decision Latitude sono più elevati nella sub-unità B; il Social Support è più basso in E ed F. Considerando la mansione, i punteggi della Decision Latitude e del Social Support sono risultati inferiori nel personale ausiliario, seguiti dal personale infermieristico; nessuna differenza è emersa per quanto riguarda il Job Demand. I medici hanno riportato valori più alti nella scala della Realizzazione Personale. I valori medi, la mediana ed il range del MBI sono indicati nella Tabella II. L’ANOVA ha evidenziato differenze significative dell’Esaurimento Emotivo nelle varie subunità (F=8.740; p<0.0001). Il confronto post-hoc indica livelli più alti di Esaurimento Emotivo nella sub unità E ed F rispetto a tutte le altre. La scala della Depersonalizzazione è risultata più alta in E; la Realizzazione Personale in D. Tabella I. Punteggi medi, mediana e range del JCQ nelle sub-unità Sub Unità Decision latitude Job demand Social support Media Range Mediana Media Range Mediana Media Range Mediana A 67.8 46-94 70 37.5 28-49 37 22.7 17-28 23 B 68.4 44-84 68 39.7 27-51 40 23.7 18-29 24 C 63.5 30-90 63 40.0 29-52 38 22.7 13-44 22 D 68.1 50-78 69 38.0 25-45 38 24.0 17-29 24 E 66.5 30-90 70 42.3 29-56 42 21.6 13-38 23 F 66.8 48-82 66 40.4 31-54 40 22.1 15-28 23 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 219 Tabella II. Punteggi medi, mediana e range del MBI nelle sub-unità Sub Unità Esaurimento Emotivo Depersonalizzazione Realizzazione Personale Media Range Mediana Media Range Mediana Media Range Mediana A 16.7 1-49 14 5.0 0-21 3 39.1 13-48 41 B 16.2 1-41 13 4.2 0-17 2.5 37.3 15-48 39 C 21.1 0-52 17 6.9 0-28 5.0 36.8 7-46 39 D 15.0 0-35 12 4.1 0-17 2.5 39.9 22-48 41 E 29.1 1-54 27 7.3 0-29 6.0 37.2 10-47 41 F 26.4 4-48 28 6.7 0-19 6.0 36.0 27-48 36 I valori medi, la mediana ed il range dello STAIt e STAIs sono riportati nella Tabella III. Il confronto posthoc ha mostrato livelli più elevati di ansia tra i soggetti delle sub-unità E ed F rispetto alle altre sub-unità. L’analisi della correlazione tra i questionari soggettivi, ha mostrato un’alta inter-correlazione tra gli strumenti (Tabella IV). Tabella III. Punteggi medi, mediana e range dello STAI nelle sub-unità Sub Unità STAIt Media Range STAIs Mediana Media Range Mediana A 48.0 2-99 50 40.1 4-88 41 B 38.4 1-97 30 38.1 1-89 34.5 C 45.3 12-99 42 39.9 4-89 38.0 D 36.4 1-96 32 33.3 1-89 34.0 E 57.4 3-99 61 51.2 1-99 50.5 F 61.3 5-97 64 48.3 3-90 44.0 Tabella IV. Correlazioni statisticamente significative tra i punteggi dei questionari soggettivi Coeff. P value MBI-EE STAIs STAIt JD MBI-DP 0.223 0.408 0.255 0.573 <0.0267 <0.0001 <0.0001 <0.0001 MBI-DP STAIt MBI-PA 0.153 –0.132 0.0022 0.0180 MBI-PA STAIs DL STAIt –0.163 0.228 –0.136 0.0265 <0.0001 0.0255 STAIs SS STAIt –0.294 0.510 0.0348 <0.0001 STAIt DL JD SS –0.147 0.216 –0.749 0.0287 0.0006 0.0004 DL SS 1.217 <0.0001 MBI-EE: Maslach Burnout Inventory, Emotional Exhaustion MBI-DP: Maslach Burnout Inventory, Depersonalization MBI-PA: Maslach Burnout Inventory, Personal Accomplishment STAIs: State Trait Anxiety Inventory,-state STAIt: State Trait Anxiety Inventory-trait DL: Decision Latitude JD: Job Demand SS: Social Support Parametri oggettivi I punteggi medi dei parametri oggettivi, suddivisi per sub-unità, sono elencati nella Tabella V. Dal confronto post-hoc è emerso che il primo parametro (lavorare sotto organico) è risultato inferiore in F, il secondo (pazienti/operatori) non ha mostrato differenze significative tra reparti. Il terzo (operatori in malattia/in servizio) è risultato più alto in F rispetto a quasi tutte le altre unità. Il quarto parametro (salti riposo) è più basso in E confrontato con tutte le altre unità; il quinto (assenze per malattia) è più elevato in E ed F rispetto alla maggior parte delle altre unità, più basso in D rispetto alle altre unità. Gli ultimi due parametri (n. di pazienti deceduti e n. di infortuni), non sono stati inseriti nell’analisi poiché i valori erano troppo bassi e non significativi. Il rapporto pazienti/operatori è risultato più alto nel personale ausiliario rispetto a quello infermieristico e nei medici rispetto alle altre categorie. Il parametro “numero di operatori assenti per malattia/operatori in servizio”ed il “n. di salti riposo” è risultato più alto nei medici. Il numero medio di giorni di assenza per malattia è risultato più basso tra gli infermieri. Relazione tra questionari soggettivi e parametri oggettivi Al fine di verificare l’influenza di fattori confondenti sugli indicatori soggettivi ed oggettivi di stress, è stata condotta una regressione multipla stepwise. Tale analisi ha evidenziato una correlazione positiva significativa tra Esaurimento Emotivo e turni di lavoro, e tra Job Demand ed età. Inoltre il parametro oggettivo “n. di pazienti/n. di operatori in servizio” è risultato correlato con sesso, età e tipologia di turno; “numero di operatori assenti per malattia/operatori in servizio” con turni ed età; “n. di salti riposo” con sesso, età, e turni; “n. di giorni di assenza per malattia” con età e turni. Nell’analisi della correlazione tra indicatori soggettivi ed oggettivi (Tabella VI), i punteggi delle variabili soggettive ed oggettive sono stati pertanto aggiustati per i fattori confondenti risultati correlati. Dall’analisi è emersa un’associazione significativa tra Esaurimento Emotivo e “lavorare sotto organico”, “n. di pazienti/n. di operatori in servizio” e “n. di salti riposo”. Lo STAIt e la Decision Latitude correlano con il “lavorare sotto-organico”; il Job Demand con “n. di pazienti/n. di operatori in servizio”, “n. di salti riposo” e “n. di giorni di assenza per malattia”. 220 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it Tabella VI. Correlazioni statisticamente significative tra i punteggi dei questionari soggettivi e i parametri oggettivi lavorare sotto organico EE n. di pazienti/n. di operatori in servizio n. di salti riposo n. di giorni di assenze per malattia R coeff p R coeff p R coeff p 0.378 2.597 <0.0001 0.378 2.597 <0.0001 0.378 0.357 0.0422 0.530 0.263 0.0368 0.530 0.295 0.0206 JD DL 0.229 1.238 0.0041 STAIt 0.294 1.642 <0.0001 R coeff p 0.549 0.534 <0.0001 EE: Maslach Burnout Inventory, Emotional exhaustion STAIt: State Trait Anxiety Inventory-trait DL: Decision Latitude JD: Job Demand Discussione Nel nostro studio, è stata innanzitutto osservata una forte inter-correlazione tra gli strumenti soggettivi utilizzati, concordi nell’identificare le sub-unità E ed F come le più critiche. I parametri oggettivi non mostrano un andamento altrettanto univoco, anche se le stesse due sub-unità mostrano i risultati peggiori per quanto riguarda il numero di assenze dal lavoro. Dallo studio sono inoltre emerse alcune correlazioni tra indicatori oggettivi e soggettivi, suggerendo dunque l’importanza di utilizzare un metodo integrato di indagine negli studi inerenti lo stress occupazionale. Bibliografia 1) Greiner BA, Ragland DR, Krause N, Syme SL. Objective measurement of occupational stress factors- an example with San Francisco urban transit operators. J Occup Health Psychol 1997; 4: 325-342. 2) Fox ML, Dwyer DJ, Ganster DC. Effects of stressful job demands and control on physiological and attitudinal outcomes in a hospital setting. Accad Manage J 1993; 36: 289-318. 3) Bourbonnais R, Mondor M. Job strain and sickness absence among nurses in the province of Quebec. Am J Ind Med 2001; 39: 194-202. 4) Rahuala A, Kivimäki M, Fagerström L, Elovainio M, Virtanen M, Vahtera J, Rainio AK, Ojaniemi K, Kinnunen J. What degree of work overload is likely to cause increased sickness absenteeism among nurses? Evidence from the RAFAELA patient classification system. J Adv Nurs 2007; 57(3): 286-95. 5) Stanfeld SA, Rael EGS, Head J, Shipley M, Marmot M. Social support and psychiatric sickness absence: a prospective study of British civil servants. Psychol Med 1997; 27: 35-48. 6) Parks. Shiftwork, job type, and the work environment as joint predictors of health-related outcomes. J Occup Health Psychol 1999; 4(3): 256-268. 7) Baldasseroni A, Camerino D, Cenni P, Cesana G, Fattorino E, Ferrario M, Mariani M, Tartaglia R. La valutazione dei fattori psicosociali. Il Job Content Questionnaire. Fogli di Informazione ISPESL 2001; 3: 20-32. 8) Pedrabissi L, Santinello M. State-Trait Anxiety Inventory adattamento italiano. Firenze Organizzazioni Speciali. Ed 1996. 9) Sirigatti S., Stefanile C. Maslach Burnout Inventory adattamento italiano. Firenze Organizzazioni Speciali. Ed 1993. Richiesta estratti: Silvia Zoni, Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro e Igiene 222 Per superare queste limitazioni, è stato proposto di far ricorso all’analisi di alcuni dati aziendali disponibili (ad esempio: numero di infortuni, livello di assenteismo, percentuale di turnover, numero di malattie professionali); tuttavia, questi dati aziendali non costituiscono che generici indicatori della presenza di stressor organizzativi, poiché possono risentire di alt uenumalielemriseiciterlcuoer- G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 223 plici e alcuni di questi già validati per un uso nel nostro Paese, per compiere la valutazione “obiettiva” (Fase 1) è stato necessario sviluppare una procedura standardizzata e originale, articolata nei seguenti punti: a) Identificazione delle aree lavorative omogenee; b) Scelta di un panel di lavoratori esperti, identificati in base alla loro esperienza aziendale ed effettiva conoscenza della realtà di lavoro (possono essere, ad esempio: lavoratori anziani, responsabili aziendali, RLS, RSPP, medici competenti); c) Conduzione delle interviste strutturate individuali, per richiedere valutazioni obiettive e motivate in merito alle condizioni di lavoro proprie della realtà esaminata. L’obiettivo delle interviste strutturate è ottenere elementi di valutazione indipendenti dalle elaborazioni cognitive dei lavoratori, dalle loro percezioni o reazioni personali all’ambiente di lavoro. Si acquisiscono unicamente informazioni riferite alle caratteristiche dei compiti lavorativi e del contesto socio-organizzativo entro cui sono svolti e che sono utili per compiere una prima valutazione dei fattori di rischio stress presenti nel luogo di lavoro. Gli aspetti presi in considerazione sono quelli che la letteratura riconosce come potenzialmente dannosi per la salute psicofisica dei lavoratori; si è inoltre fatto riferimento alle indicazioni degli organismi internazionali operanti nel campo della sicurezza e della salute sul lavoro, e ci si è avvalsi delle informazioni ricavate da medici del lavoro e psicologi del lavoro che hanno integrato i dati di letteratura con la propria esperienza professionale. Complessivamente, l’intervista include 72 item, per ciascuno dei quali gli intervistati devono indicarne l’effettiva presenza o assenza sul loro luogo di lavoro. In particolare, viene richiesto di indicare se l’elemento preso in considerazione è presente, è presente in parte, non è presente o non è applicabile alla specifica azienda. Nella Tabella I vengono indicate le quattro aree indagate, il numero di item inclusi e alcuni item di esempio. Oltre ai 72 item “chiusi”, per ogni area dell’intervista si richiede di esprimere eventualmente, in maniera libera, ulteriori osservazioni e valutazioni in merito a specifiche condizioni lavorative non previste dall’intervista strutturata, che possano avere una rilevanza ai fini della valutazione delle condizioni di stress; d) Controllo del grado di accordo tra valutatori. Dopo aver ricavato le valutazioni individualmente espresse dai diversi valutatori viene calcolato un indice di concordanza delle risposte ottenute. Nel caso in cui si riscontrino evidenti divergenze le persone sono coinvolte in una fase di confronto finalizzata all’approfondimento e alla discussione delle diverse posizioni, al fine di pervenire a una valutazione conclusiva condivisa; e) Scoring. Una volta ricavate le valutazioni si procede alla fase di scoring; a ogni risposta data viene assegnato un punteggio nel modo seguente: – se è stata indicata la presenza di un fattore critico vengono attribuiti 2 punti; – se è stata indicata la presenza parziale di un fattore critico viene attribuito 1 punto; – se è stata indicata l’assenza di un fattore critico vengono attribuiti 0 punti. Per ciascun valutatore viene calcolato un punteggio complessivo per le quattro aree dell’intervista sommando i punteggi dei relativi item. Vengono quindi calcolati, per ciascuna area, i punteggi percentuali (secondo la formula: punteggio percentuale = punteggio complessivo/punteggio massimo teorico * 100). Infine, calcolando il valore medio dei dati riferiti alle quattro aree esaminate, è possibile ottenere un indice totale del rischio stress lavoro-correlato. A questo punto, dopo aver ottenuto i punteggi riferiti a ogni singolo valutatore, è possibile calcolare il punteggio medio ottenuto complessivamente dal gruppo di valutatori, che costituisce il risultato finale della valutazione; f) Raccolta dati statistici aziendali. Gli elementi raccolti con le interviste vengono integrati con l’esame di alcuni dati statistici in possesso dell’azienda relativi, ad esempio: assenze, assenteismo, richieste di trasferimento e cambio mansioni, dimissioni volontarie. Vengono anche presi in considerazione i contenuti dell’ultimo aggiornamento del documento di valutazione del rischio e le informazioni sanitarie fornite dal medico competente; g) Stesura del documento di valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Questo documento finale è articolato nei seguenti punti: descrizione della metodologia OSFA, risultati Parte A-dati aziendali, risultati Parte Banalisi delle condizioni di rischio, priorità emerse, misure da adottare per eliminare o ridurre i fattori di rischio stress lavoro-correlato, tempistiche degli interventi migliorativi. Tabella I. Aree esaminate e item di esempio AREA N. DI ITEM ITEM DI ESEMPIO Aspetti organizzativi 36 “È richiesto il lavoro notturno”; “Sono previste trasferte di più giorni senza rientro al domicilio durante tali periodi”; “Vengono assegnati più compiti contemporaneamente”; “Il tempo per eseguire le attività è adeguato”. Aspetti sociali 11 “Vi sono persone che lavorano in condizioni di isolamento”; “Si sono verificati casi di calunnie o diffamazioni”; “I lavoratori stranieri o le donne sono oggetto di comportamenti discriminatori”. Aspetti correlati alla sicurezza 12 “Vi è la necessità di mantenere posture fisse coatte”; “Il lavoro svolto presenta intrinseche caratteristiche di pericolosità”; “È richiesta una particolare concentrazione o vigilanza continua”. Aspetti gestionali 13 “È presente una chiara e nota struttura gerarchica aziendale”; “Si verificano ripetuti trasferimenti ingiustificati”; “Le procedure operative aziendali sono chiaramente definite e consultabili”. 224 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it Prime esperienze applicative del metodo OSFA per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato1 In questa parte del lavoro vengono presentati i risultati delle prime applicazioni del metodo OSFA per evidenziarne vantaggi, condizioni di utilizzo e possibilità di miglioramento futuro. Campione La sperimentazione è stata condotta su 13 aziende della Lombardia nel periodo novembre 2008 - febbraio 2009. In prevalenza si tratta di aziende di dimensioni medio-piccole, con un numero di dipendenti compreso tra 5 e 107 (valore mediano=37). I settori di appartenenza sono indicati nella Tabella II. Tabella II. Settori di appartenenza Settore N Metalmeccanico 4 Servizi 3 Edile 2 Gomma-plastica 1 Chimico 1 Sanitario-assistenziale 1 Commercio 1 Totale 13 Soggetti In funzione delle dimensioni e della complessità delle aziende i panel di lavoratori esperti coinvolti nella valutazione sono risultati composti da 3-6 elementi, operanti in diversi ruoli aziendali: RSPP, RLS, direttore di stabilimento, capo reparto, responsabile di funzione o di area produttiva, medico competente; in ogni caso si tratta di persone in grado di fornire informazioni dettagliate e attendibili sulle attività svolte e sulle condizioni di contesto. Complessivamente sono stati coinvolti 45 soggetti. Materiali e metodi Così come previsto per la valutazione di tutti i rischi fisico-ambientali presenti sui luoghi di lavoro, prima di procedere alla fase di valutazione del rischio stress è stato chiesto alle aziende coinvolte nella sperimentazione di creare un gruppo di lavoro aziendale composto da: datore di lavoro, rappresentante del servizio di protezione, rappresentante aziendale per la sicurezza, psicologo consulente e medico competente, al fine di coordinare il processo di valutazione. Si è poi proceduto ad affrontare la Fase 1 di valutazione, precedentemente descritta. 1 Analisi dei dati Per ciascun soggetto è stato calcolato un punteggio complessivo per le quattro aree dell’intervista sommando i punteggi dei relativi item. Sono stati quindi calcolati, per ciascuna area, i punteggi percentuali, ed è stata infine calcolata per ciascuna area il punteggio medio del panel di valutatori. I dati statistici aziendali ricavati nella sotto-fase A e le informazioni relative alle condizioni di lavoro raccolte nella sotto-fase B sono state elaborate e condivise con il medico competente. Risultati Nella Tabella III sono riportati i valori medi dei dati statistici richiesti alle aziende partecipanti alla sperimentazione; come si può notare risultano molto bassi sia gli indicatori di tipo “sanitario” (malattie e infortuni) sia quelli di tipo “comportamentale” (assenteismo, turnover, lamentele e richieste di cambio mansione). Nella Tabella IV vengono riportate le statistiche descrittive dei risultati grezzi ottenuti nelle quattro aree indagate per tutte le aziende. Per consentire un migliore confronto tra i risultati delle quattro aree sono stati calcolati i punteggi percentuali, che vengono riportati, per ciascuna delle 13 aziende, nella Tabella V. Come si può osservare in quest’ultima tabella, i punteggi variano in misura sensibile da azienda ad azienda, evidenziando le specificità delle diverse realtà. Ad esempio l’azienda n. 1, che complessivamente riporta i valori più elevati, denota una situazione critica soprattutto per gli aspetti gestionali e organizzativi, mentre evidenzia valori relativamente bassi per quanto riguarda l’area della sicurezza. Al polo opposto, nell’azienda n. 13 si sono Tabella III. Dati statistici aziendali riferiti all’ultimo anno (valori medi) 1. Numero infortuni maggiori nell’anno (durata superiore a 40 giorni) 0,08 2. Numero infortuni minori nell’anno (durata inferiore a 40 giorni) 1,00 3. Numero di malattie professionali negli ultimi 5 anni 0,00 4. Numero di giorni totali persi nell’anno per malattia/infortuni 118,85 5. Percentuale annuale di turnover involontario (per licenziamento, mobilità, dimissioni incentivate) 0,08 6. Percentuale lavoratori in Cassa Integrazione nell’anno 0,00 7. Percentuale annuale di assenteismo 0,62 8. Numero richieste di cambio di mansione/area di lavoro pervenute nell’anno 0,08 9. Numero di lamentele pervenute nell’anno 0,00 Questa parte dell’articolo è stata scritta con la collaborazione di Alessandra Bruni, Elisa Dondi, Fabrizio Scafa e Ilaria Setti. G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 225 riscontrati valori molto bassi o pari a zero in tutte le aree. In altri casi si sono ottenuti valori simili o uguali in un’area, ma il metodo ha messo in luce differenze di rilievo per altri aspetti; ad esempio le aziende n. 4 e 7 hanno registrato il medesimo risultato negli aspetti gestionali (21,79) ma si sono differenziate nettamente per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza (0 per l’azienda n. 7 e 27,78 per la n. 4). Sulla base delle 7c(irmzieon riacclto aztratvers le ain)TjT-.4173 -1.2 TD-.1270 Tw(Stervstre tratteurte n di ruanto) emers lda diti vs Szienda i a dia medeico comettnte pi sèrisenutio chein tutt Stele a13aziende nesaminatele afntridi rilscho ltrassola voro Scorrelto nfossro ilmiltte n dcheiquini rnonnfossrnetcssorig parocdesr azla bFse d2dellmetodo h(aloutzieon piogget 226 Vengono, inoltre, rispettati i criteri di valutazione suggeriti dalla European Agency for Safety and Health at Work (2002, 2007): in maniera analoga a quanto avviene per la valutazione dei rischi fisico-ambientali, il metodo OSFA (che prevede il coinvolgimento attivo non solo del datore di lavoro e del medico competente, ma anche dei lavoratori e dei loro rappresentanti) consente di individuare i fattori di rischio stress e di attribuire loro un ordine di priorità, in modo da pianificare degli interventi migliorativi mirati ed efficaci. L’approccio obiettivo e per gradi che viene seguito risulta inoltre in linea con i suggerimenti contenuti nella circolare di Confindustria n. 19133 del 11 novembre 2008; dall’esperienza fatta è emerso come sia stato favorevolmente accettato anche sul piano sindacale, poiché garantisce rispetto della privacy e analisi esclusiva delle condizioni di lavoro senza alcun riferimento alle opinioni dei lavoratori. Il metodo OSFA infine ha dimostrato la sua applicabilità in aziende appartenenti a settori produttivi diversi, discriminando le specifiche condizioni organizzative e individuando i particolari aspetti lavorativi su cui intervenire per eliminare o ridurre le situazioni fonti di stress. L’esperienza tratta dalle prime applicazioni ha permesso di migliorare modalità di somministrazione e i contenuti dell’intervista, al fine di aumentare l’attendibilità dei risultati ottenuti e la facilità di applicazione aziendale (attualmente è in uso la quinta versione dello strumento). Pare tuttavia opportuno, nel futuro, estendere le sperimentazioni del metodo a contesti organizzativi caratterizzati da una maggiore complessità, nonché raccogliere dati su un numero più elevato di aziende al fine di poter ope- G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it rare dei confronti sulla base delle dimensioni aziendali e della loro tipologia produttiva. Bibliografia European Agency for Safety and Health at Work (2002) Prevenzione pratica dei rischi psicosociali e dello stress sul lavoro, http://osha.europa.eu/it/publications/reports/104/view European Agency for Safety and Health at Work (2007) Risk assessment essentials, http://osha.europa.eu/en/publications/other/rat2007/view Evans GW, Carrere S. Traffic congestion, perceived control and psychophysiological stress among urban bus drivers. Journal of Applied Psychology 1991; 76: 658-663. Frese M, Zapf D. Methodological issues in the study of work stress: Objective vs. subjective measurement of work stress and the question of longitudinal studies. In C.L. Cooper e R. Payne (Eds.), Causes, coping, and consequences of stress at work (375-411). Chichester, England: Wiley. 1988. Greiner BA, Leitner K. Assessment of job stress: the RHIA-instrument. In K. Landau e W. Rohmert (Eds.), Recent Developments in Work Analysis, 5366. London: Taylor e Francis. 1989. Greiner BA, Krause N, Ragland DN, Fisher JM. Objective stress factors, accidents and absenteeism in transit operator: a theoretical framework and empirical evidence. Journal of Occupational Health Psychology 1998; 3: 130-146. Jenkins GC, Nadler DA, Lawler EEI, Camman C. Standardized observations: an approach to measuring the nature of jobs. Journal of Applied Psychology 1975; 60: 171-181. Kasl SV. Methodologies in stress and health: past difficulties, present dilemmas and future directions. In S.V. Kasl e C.L. Cooper (Eds.), Stress and Health: Issues in Research Methodology, 307-318. New York: Wiley. 1993. Spector PE. A consideration of the validity and meaning of self-report measures of job conditions. In C.L. Cooper e I.T. Robertson (Eds.), International review of industrial and organizational psychology, 7: 123-151. New York: Wiley. 1992. Richiesta estratti: Piergiorgio Argentero, Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Psicologia, P.za Botta, 6 - 27100 Pavia, Italy - E-mail: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 227-229 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 A. Ferranti1, S. Spada1, G. Mosconi2 Stress nel settore autotrasporti tra pregiudizio e realtà 1 2 USSD Psicologia Clinica - OORR Bergamo UOOML - OORR Bergamo RIASSUNTO. Nell’Unione Europea ogni anno muoiono per incidenti stradali circa 800 autisti. Solo in Italia si stimano circa 200 infortuni mortali. All’interno di questo scenario nasce il progetto di Tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti di società di autotrasporti in provincia di Bergamo, realizzato dalla UOOML degli Ospedali Riuniti di Bergamo. La stretta collaborazione tra UOOML e USSD Psicologia Clinica, ha favorito la realizzazione di un sottoprogetto “Studio del profilo di personalità su un campione di ottanta autisti del settore autotrasporti”, le cui finalità sono: individuare e segnalare le situazioni di significativa vulnerabilità psicologica; mappare la situazione attuale discriminando tra i fattori percepiti come fonte di stress e i fattori protettivi; sensibilizzare le aziende ad interventi di prevenzione; segnalare agli autisti un interesse circa i loro vissuti e le aspettative connesse al lavoro. Gli strumenti utilizzati sono l’intervista semi- strutturata e l’Inventario di personalità MMPI-2 versione cartacea. Il campione, reclutato in modo random, è costituito da 80 autisti che volontariamente si sottopongono all’intervista e all’Inventario MMPI-2. Il progetto è ancora in corso. I risultati sono parziali e descrittivi (33 unità). Ad oggi le situazioni di vulnerabilità psicologica evidenziate sono state sette. Si presentano i fattori percepiti come fonte di stress e come fonte di protezione. Lo studio condotto sino ad oggi ha permesso di mettere in luce l’importanza di un’azione di Sorveglianza Sanitaria integrata, che si prenda cura del lavoratore in tutta la sua complessità. In una politica di tutela della salute non si può prescindere da un’azione di prevenzione allo stress, che coinvolga le aziende. Parole chiave: stress negli autisti, incidenti stradali, profilo di personalità. ABSTRACT. Every year in the UE about 800 drivers die in road accidents. In Italy the average is around 200 deaths per year. Based on this context the Occupational Medicine Department (OMD) of Bergamo Hospital has sponsored a new project dedicated to the healthcare and safety of all employees of road haulage in the province of Bergamo. Furthermore the collaboration between UMD and the Clinical Psychology Department of the hospital has allowed the fulfillment of another project aiming to evaluate the personality profile of around 80 drivers employed in the road haulage sector”. The aims of the projects is to identify and to point out dangerous situations of significant psychological vulnerability; to know the current situation and to discriminate stress factors from protective ones; to make companies more aware of prevention activities; to inform the drivers about their companies’ policy in order to grant safety in their job. The psychological tools used were: half open interview and Personality Inventory MMPI2. The population was selected randomly from volunteers. Now we know the results in 33 tested drivers. So far seven cases have been classified as psychological vulnerable and stress and protective factors have been identified. Results underline the relevance of an integrated approach able to take care of the employees and involving the companies in the prevention programs. Key words: driver’s stress factors, road accidents, personality profile. Introduzione Nell’Unione Europea ogni anno muoiono per incidenti stradali circa 800 autotrasportatori. solo in Italia si stimano circa 200 infortuni mortali. L’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro ha indicato una serie di misure preventive rivolte ai datori di lavoro, fra cui “assumere conducenti qualificati” e “verificare la modalità di ottenimento della patente e il mantenimento nel corso del tempo dei requisiti di idoneità alla guida”. All’interno di questo scenario nasce il progetto di Tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti di società di autotrasporti in provincia di Bergamo, promosso da Ebitral e realizzato dal personale della UOOML (Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro) degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che ha la finalità di promuovere e migliorare le condizioni di salute dei lavoratori. La stretta collaborazione che negli anni si è costruita tra la UOOML e l’USSD Psicologia Clinica degli Ospedali Riuniti di Bergamo, ha favorito la realizzazione di un sottoprogetto “Studio del profilo di personalità su un campione di ottanta autisti del settore autotrasporti”. In un’ottica di attenzione e di tutela della salute non si può prescindere dalla componente psicologica: “la salute mentale è un concetto ampio. Una concezione globale della salute mentale va al di là della sola cura delle malattie mentali. La salute mentale è una risorsa positiva per l’individuo e la società che ha origine in tutti gli ambiti dell’attività umana: nelle scuole, sulle strade, nei posti di lavoro e in famiglia. La salute mentale è inoltre una componente essenziale della sanità pubblica e concorre a determinare la qualità della vita e le prestazioni economiche. Non vi è salute senza la salute mentale”, così scrive la Commissione Europea in associazione con l’OMS sull’Agenda Europea (1999). Si ritiene che i fattori di rischio correlati all’attività dell’autotrasporto siano molteplici e rappresentativi sia della complessità del contesto socio-economico-culturale odierno (innovazioni apportate all’organizzazione e alla gestione del lavoro, aumento del ritmo di lavoro, elevate pressioni emotive esercitate sui lavoratori) sia delle caratteristiche intrinseche al lavoro stesso (orari di guida prolungati, un incremento notevole del traffico, ore di guida notturne e ritmi di vita poco regolari che possono G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 230-232 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2009 G. Tangredi1, M. Monaco2, B. Perfetti3, S. Perego4 Esperienze di valutazioni del rischio stress in realtà lavorative di varia tipologia: riflessioni sull’attendibilità e riproponibilità del metodo anche in riferimento all’accordo europeo del 2004 A.O. “G. Salvini” Garbagnate Milanese 1 Medico Responsabile Unità Operativa di Medicina del Lavoro 2 Psicologa Responsabile Servizio di Psicologia Clinica 3 Psicologa 4 Tecnico della Prevenzione RIASSUNTO. L’interesse per le problematiche legate allo stress negli ambienti di lavoro è stato finora limitato alla considerazione degli effetti sulla salute. Il presente studio, in assenza di strumenti validati e reperibili in letteratura, si propone di sperimentare e validare un criterio per l’identificazione delle cause, mettendo a punto un modello di valutazione del rischio, anche secondo le indicazioni dell’Accordo Europeo 08/10/2004. Il modello di valutazione del rischio psicosociale (come da art. 28 D.Lgs. 81/2008), oggetto del presente studio, è stato sperimentato in un campione composto da 1470 lavoratori appartenenti a 19 aziende lombarde. Il rischio valutato è stato quindi introdotto nel documento di VDR e sono state formulate le indicazioni per la sorveglianza sanitaria. Parole chiave: stress sul lavoro, accordo Europeo, modello di valutazione dello stress. ABSTRACT. Interest in problems of work-related stress has been limited, till now, to its effects on health of workers. The aim of our study, lacking valid literature’s instruments, is to experiment and to evaluate a risk’s evaluation model to identify and prevent or manage problems of work-related stress also according to indications published in “European Framework Agreement on work-related stress” (08/10/2004). Our evaluation model (even according to art. 28 D.Lgs. 81/2008) has been sperimented in a sample composed by 1470 employers in 19 Lomabardia’s factories. Valued risk’s results have been introduced in the risk assesment and they have been used to sanitary surveillance indications. Key words: work related stress, European framework agreement, stress evaluation model. Introduzione L’interesse per le problematiche legate allo stress negli ambienti di lavoro è stato finora limitato alla considerazione degli effetti sulla salute. Il presente studio, in assenza di strumenti validati e reperibili in letteratura, si propone di sperimentare e validare un criterio per l’identificazione delle cause, mettendo a punto un modello di valutazione del rischio, anche secondo le indicazioni dell’Accordo Europeo del’08 ottobre 2004 e del D.Lgs. 81/2008 Materiale e metodi Il modello è stato sperimentato in un campione di 1470 lavoratori appartenenti a 19 aziende lombarde e prevede: – Un incontro formativo/informativo preliminare alla valutazione, rivolto a tutti gli “attori” (datore di lavoro, dirigenti, lavoratori, RSPP, RLS, RSU, ecc) per definire i criteri di valutazione e favorire l’acquisizione di un linguaggio e conoscenze comuni riguardo l’argomento stress. – La raccolta di dati aziendali/sintomi indiretti (assenze, infortuni, richieste al MC, lamentele) e di dati soggettivi (disturbi somatoformi e abitudine al fumo) attraverso il MC. – Incontri di spiegazione e di somministrazione degli strumenti: un’intervista semistrutturata per rilevare gli elementi caratterizzanti l’organizzazione effettuata ai responsabili dell’organizzazione di ogni reparto/area, e un questionario sulla percezione del clima organizzativo M_DOQ10 somministrato al gruppo dei lavoratori; – Una prima valutazione del rischio attraverso la formula R=PxD dove D=3 (Infortunio o episodio di esposizione acuta con effetti di invalidità parziale; esposizione cronica con effetti irreversibili e/o parzialmente invalidanti) e P= esito intervista + esito M_DOQ10 (per lo schema di confronto v. Tabella I). – Nei casi in cui dalla prima valutazione è emerso un rischio R ≥ 3, si è proceduto con l’indagine attraverso la somministrazione (a tutto il personale dirigente e non) di un questionario per la valutazione dello stress occupazionale OSI. G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 231 Tabella I. Caratteristiche psicometriche degli strumenti non validati per la popolazione italiana AREE CHIAVE INTERVISTA M_DOQ10 1) le richieste provenienti dall’ambiente che riguardano aspetti quali il carico di lavoro, le procedure e l’ambiente di lavoro – Carichi di lavoro – Orari di lavoro – Retribuzione e carriera – Equità, sensibilità sociale e sentimento di imparzialità (Reward) – Procedure – Chiarezza dei ruoli e dei compiti (Job description) 2) le possibilità di controllo da parte dei singoli sulle modalità ed i tempi di esecuzione del lavoro – Autonomia – Autonomia 3) il grado di supporto dato da superiori e colleghi che riguarda l’incoraggiamento, il sostegno e la messa a disposizione di risorse da parte dell’organizzazione, dei diretti superiori e dei colleghi – Responsabilità – Relazioni e comunicazioni con i superiori (Leadership) – Coerenza – Coerenza – Valutazione della soddisfazione del lavoratore e dell’azienda – Coinvolgimento nel lavoro nell’organizzazione (Job involvement) 4) la qualità dei rapporti interpersonali tra cui un atteggiamento di positività nello svolgimento del lavoro con esclusione di conflittualità e comportamenti inaccettabili – Team – Team – Comunicazione – Comunicazione 5) la chiarezza dei ruoli nell’ambito della organizzazione e l’esclusione di ruoli incompatibili – Mansioni – Job description 6) la gestione dei cambiamenti e il livello di partecipazione ai cambiamenti previsti – Innovatività – Innovatività – Formazione – Dinamismo/sviluppo – È stato quindi ricalcolato il rischio attraverso la formula R=PxD (D=3 e P=esito intervista + esito M_DOQ10 + K % soggetti stressati emersi dal questionario OSI). – Identificate le fonti di stress e i soggetti sofferenti, sono state proposte misure di intervento specifiche, sia a livello organizzativo, sia personale. Risultati /Discussione Il metodo illustrato, applicabile a realtà lavorative differenti tra loro, come richiesto dall’Accordo Europeo 8/10/08 permette di sensibilizzare e aumentare la consapevolezza di responsabili e lavoratori rispetto al problema stress lavoro-correlato. Fornisce, inoltre, la possibilità di misurare il rischio attraverso step successivi e l’integrazione di elementi legati sia all’organizzazione del lavoro, sia alla percezione dei singoli soggetti, al fine di individuare le strategie di intervento a livello aziendale ed individuale (agire sulle fonti, agire sui soggetti, agire su entrambi). Nello specifico, dall’analisi illustrata sono emerse alcune criticità nelle organizzazioni indagate; tra le più frequenti segnaliamo: la necessità di effettuare maggiori incontri tra responsabile e lavoratori per sostenerne la motivazione, di avere un luogo di scambio relazionale, di coinvolgere maggiormente il personale nelle decisioni delle procedure e degli obiettivi aziendali, di valutare la soddisfazione dei lavoratori. A tale proposito sono stati proposti interventi immediati specifici per le esigenze emerse nei singoli settori/re- parti (es: riorganizzazione della formazione, aggiornamento/creazione di protocolli procedurali, ecc.) e interventi mirati ai singoli soggetti che lamentano disagio (circa il 25% dei lavoratori considerati), attraverso la valutazione dei parametri fisiologici dello stress (monitoraggio della pressione arteriosa nelle 24 ore e determinazione del livello di cortisolo salivare) oltre all’inquadramento psicologico con possibilità di presa in carico da parte del servizio di Psicologia Clinica, nell’attesa che le modifiche organizzative proposte vengano attuate e ottengano i primi risultati. Dall’analisi del metodo proposto emergono anche alcune criticità, come la necessità di intraprendere maggiori azioni formative preliminari che aumentino la consapevolezza e il consenso dei lavoratori allo svolgimento dell’indagine (dove sono stati effettuati incontri informativi preliminari la percentuale dei rispondenti è notevolmente maggiore); la necessità di definire insieme il percorso di valutazione (valutatori + lavoratori + datori), al fine di delineare le possibili aspettative ed infine impostare il metodo e discutere i risultati con tutti gli attori al fine di personalizzare l’intervento esplorando le cause specifiche e gli interventi necessari a fronte delle aree chiave emerse come critiche, partendo dal ciclo lavorativo. In conclusione, gli strumenti utilizzati hanno il merito e l’utilità di riferirsi alla logica consolidata di un metodo valutativo (pericolo, rischio, danno), di essere riproducibili e coerenti con la prassi in uso in materia prevenzionale oltre a rispondere al principio della valutazione dell’interazione tra individuo, contesto relazionale e contenuto del lavoro. 232 Bibliografia Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, volume XXIX - N° 3, luglio-settembre 2007. Argentero P. Psicologia del Lavoro e interventi organizzativi. Franco Angeli Editore. 2007. Baggio G. Il Counseling organizzativo. Raffaello Cortina Editore, 2007. G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it Majer_D’amato. Organizational Questionnaire 10, 2005, O.S. A. D’amato, V. Majer, Organizzazioni Speciali - Firenze. Cooper CL, Sloan SJ, Williams S. Occupational Stress Indicator, 2002, Organizzazioni Speciali - Firenze. Accordo Europeo sullo stress e sul lavoro, Bruxelles 8 ottobre 2004. D.Lgs. 9 aprile 2008, n° 81. attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n° 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Documento per un Consenso sulla Valutazione, prevenzione e Correzione degli Effetti Nocivi dello Stress da Lavoro. Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, 2005. Richiesta estratti: Giovanni Tangredi UOOML Medicina del Lavoro, Garbagnate Milanese Viale Forlanini 121, 20024 (MI), Italy G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2, 233-235 http://gimle.fsm.it V. Viganò Stress lavorativo nei lavoratori della sanità: valutazione dei benefici a breve-medio termine di un corso di formazione in ambito ospedaliero Unità di Medicina Occupazionale e Ambientale, A.O. San Gerardo dei Tintori, Monza © PI-ME, Pavia 2009 234 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it strata la versione a 12 item del General Health Questionnaire (Politi et al., 1994). Il questionario, validato e tarato sulla popolazione italiana, indaga la presenza di sintomi stress-correlati allo scopo di misurare il distress psicologico minore. È stato utilizzato il cut-off 5 per distinguere le condizioni di assenza di distress psicologico (punteggio < 5) dalle condizioni di presenza di distress psicologico (punteggio >= 5). • livello delle risorse personali: 1. senso di coerenza (SOC): consiste in una capacità generale di utilizzare efficacemente le risorse a propria disposizione e di rispondere positivamente alle situazioni stressanti (Antonovsky, 1987). Per la rilevazione dei livelli di SOC è stata somministrata la versione italiana del Sense of Coherence Questionnaire a 13 item (Antonovsky, 1993). 2. self-efficacy generalizzata (GSE): si riferisce ad un ampio e stabile senso di competenza personale nell’affronto di una gran varietà di situazioni stressanti (Schwarzer, 1992). Per la rilevazione dei livelli di GSE è stata somministrata la versione italiana a 10 item della Scala di Self-efficacy Generalizzata di Schwarzer e Jerusalem (1995). La somministrazione del questionario è avvenuta in tre rilevazioni sia sul gruppo sperimentale (GS), formato dai lavoratori che hanno partecipato all’intervento formativo (N= ~ 300), sia su un gruppo di controllo (GC), omogeneo per caratteristiche e numerosità al GS, formato da lavoratori che non hanno partecipato all’intervento formativo. Le rilevazioni sono state effettuate come segue: 1. t0: baseline, prima dell’intervento formativo; 2. t1: post-test, subito dopo la fine dell’intervento formativo, a circa un mese di distanza dalla baseline; 3. t2: follow-up, a circa sei mesi di distanza dalla baseline. Risultati Per quanto riguarda le caratteristiche socio-anagrafiche GS e GC sono risultati omogenei e rappresentativi del- la popolazione dei dipendenti in organico presso la struttura ospedaliera [GS: età media 39.5 (ds 8.1); femmine 72.4%; licenza media superiore 35.4%, infermiere professionale 47.1%]. In Tabella I sono riportati i risultati ottenuti nei diversi strumenti nelle tre rilevazioni. Il confronto tra gruppi al t0, effettuato tramite confronti Chi-square e/o t test, ha consentito di verificare l’assenza di differenze statisticamente significative tra i due gruppi nelle diverse variabili; GS e GC possono pertanto considerarsi omogenei. Gruppo sperimentale Il confronto tra fasi effettuato tramite test di McNemar, ANOVA, e t test, nei diversi indicatori sul GS ha consentito di rilevare quanto segue: • l’assenza di cambiamenti significativi nella percezione delle caratteristiche del contesto organizzativo tra fasi; • un incremento del livello di adattamento psicologico tra la baseline ed il post-test (t1); • un incremento di risorse psicologiche tra la baseline ed il post-test (t1); • una tendenza al ritorno ai livelli della baseline per quanto riguarda il livello di adattamento psicologico e le risorse psicologiche al follow-up (t2). Gruppo di controllo Il confronto tra fasi nel GC ha rilevato l’assenza di cambiamenti significativi nel tempo su tutti gli indicatori considerati che rimangono stabili nel tempo. Adattamento psicologico e risorse personali: quale nesso? Per verificare l’esistenza di nessi significativi tra i cambiamenti riscontrati nel GS nei livelli di adattamento psicologico e risorse personali nel corso del tempo si è proceduto regredendo il livello di adattamento psicologico sui livelli di risorse psicologiche. In Tabella II sono riportati i risultati. Emergono legami statisticamente significativi tra entrambe le risorse psicologiche considerate e l’adattamento Tabella I. Risultati ottenuti nel Gs e nel GC nelle diverse scale nelle tre rilevazioni GS GC t0 t1 t2 t0 t1 t2 High strain 18.5 15.8 17.8 20.8 21.9 23.2 Passive 34.9 41.8 36.3 35.7 29.8 29.9 Contesto organizzativo (JDC) (%) Active 21.9 24.0 18.5 18.3 19.5 25.8 Low strain 24.7 18.5 27.4 25.3 28.8 21.1 Assenza di distress psicologico 19.3 8.5 ** 17.6 °° 23.9 20.7 20.1 Presenza di distress psicologico 80.7 91.5 ** 82.4 °° 76.1 79.3 79.9 SOC (media; ds) 7.81 8.17 * 8.05 7.96 8.00 7.87 GSE (media; ds) 9.86 10.23 * 10.10 9.97 9.90 9.97 Adattamento psicologico (GHQ) (%) * p<.05 vs t0; ** p<.01 vs t0; °° p<.01 vs t1 G Ital Med Lav Erg 2009; 31:2 http://gimle.fsm.it 235 Tabella II. Coefficienti di regressione lineare delle variabili SOC e GSE come predittori dell'adattamento psicologico nel GS nelle tre rilevazioni t0 R2 SOC GSE .25 t1 β p –.37 <.000 –.24 <.001 R2 .21 t2 β p –.46 <.000 –.07 ns R2 .16 β p –.40 <.000 –.11 ns ns = non significativo psicologico a t0; mentre a t1 e t2 è il livello di SOC ad avere l’unico nesso significativo con il livello di adattamento psicologico. In tutte e tre le fasi al crescere delle risorse psicologiche si rileva un incremento di adattamento psicologico e viceversa una diminuzione nei livelli di distress. la presenza di un gruppo di controllo con cui confrontare i dati raccolti sui partecipanti agli interventi; laddove questo non fosse possibile la rilevazione follow-up sul solo gruppo sperimentale consente, comunque, di raccogliere dati attendibili. Discussione e conclusioni Bibliografia I risultati, nel caso specifico, rilevano la presenza di un effetto significativo dell’intervento sugli indicatori di adattamento psicologico e sulle risorse personali nel breve periodo; non si riscontrano effetti significativi per gli indicatori organizzativi. Il follow-up rileva solo una parziale permanenza dell’effetto riscontrato a breve termine dovuta presumibilmente alla non completa aderenza dell’intervento al suo modello teorico, ed in particolare all’assenza di interventi organizzativi che avrebbero dovuto supportare e rafforzare i suoi effetti. L’esperienza condotta dimostra, quindi, la rilevanza di effettuare valutazioni di efficacia degli interventi formativi che consentano di progettare in modo più oculato gli interventi e, conseguentemente, di destinare al meglio le risorse economiche disponibili. La condizione ottimale ai fini della valutazione di efficacia, è Antonovsky A. Unravelling the mystery of health: how people manage stress and stay well. San Francisco, Jossey-Bass Publishers 1987. Antonovsky A. The structure and properties of the Sense of Coherence scale. Soc Sci Med 1993; 36 (6): 725-733. Ferrario M, Cecchino C, Chiodini P, Ragno G, Merluzzi F, Borchini R, Taborelli S, Cesana G. Reliability of the Karasek scale in the assessment of perceived occupational stress and gender-related differences in scores. The SEMM study. G Ital Med Lav Ergon 2003; 25 (3): 204-205. Politi PL, Piccinelli M, Wilkinson G. Reliability, validity and factor structure of the 12-item General Health Questionnaire among young males in Italy. Acta Psychiatr Scand 1994; 90 (6): 432-437. Schwarzer R. Self-efficacy: thought control of action. Washington DC: Hemisphere 1992. Schwarzer R, Jerusalem M. Generalized Self-Efficacy scale. In: Weinman J, Wright S, Johnston M. Eds. Measures in health psychology: A user’s portfolio. Causal and control beliefs. United Kingdom: Nfer-Nelson, 1995, 35-37 (adattamento italiano di Sibilia L.). Richiesta estratti: Veronica Viganò - Unità di Medicina Occupazionale e Ambientale, A.O. San Gerardo dei Tintori, Via Pergolesi 33, 20052 Monza, Italy - Tel. +39.039.233.3097, Fax +39.039.365378, E-mail: [email protected]