CHIRURGIA introduzione Con il termine comunicazione oro-antrale (COA) si definisce una soluzione di continuità del pavimento del seno mascellare che si apre nel cavo orale. Le cause di tale condizione sono molteplici: l’avulsione dentaria è la più frequente (dal 48 al 85,7% dei casi) (1-4), in particolare l’avulsione del secondo molare superiore (44,4%) e del primo molare (39,7%). Altre cause possono essere la rimozione di impianti falliti, soprattutto quelli a lama, l’infezione e l’osteonecrosi del mascellare superiore, il trattamento chirurgico di lesioni endosinusali odontogene o non, traumi facciali e l’abuso di cocaina. Secondo la letteratura internazionale non sembrerebbe esistere correlazione tra età del paziente e incidenza delle COA (5). Clinicamente vi sono diverse forme di COA: alcune hanno l’aspetto di soluzioni di continuo di vario diametro in corrispondenza del processo alveolare (Figura 1), altre sono fini fissurazioni evidenziabili solo tramite un’attenta ispezione (Figura 2). Altre ancora si presentano come interruzioni ossee nella porzione apicale degli alveoli postestrattivi, oppure come lesioni esofitiche di consistenza molle a partenza dal processo alveolare. In quest’ultimo caso la lesione consiste nella membrana di Shneider erniata nel cavo orale. Radiograficamente vi è sempre un’interruzione della base ossea del seno mascellare associata a un ispessimento della membrana di Shneider (Figura 3), un livello idroaereo oppure un completo opacamento del seno mascellare. All’esame delle radiografie non è raro osservare un coinvolgimento delle cellule etmoidali o una reazione a carico di altri seni paranasali. Non tutte le COA necessitano di un trattamento immediato: le COA postestrattive relative a radici pescanti nel seno mascellare, se sono di diametro inferiore a 5 mm, tendono a risol- comunicazioni oro-antrali: utilizzo del lembo palatino ruotato Andrea Nicali DDS n Premessa: Le comunicazioni oro-antrali (COA) sono condizioni patologiche relativamente frequenti. Le principali cause sono l’estrazione dentaria, la rimozione di impianti, l’osteonecrosi del mascellare superiore e la chirurgia oncologica resettiva. In questo articolo verrà proposto e analizzato un protocollo chirurgico che prevede la chiusura delle COA mediante la rotazione di un lembo palatino. n La tecnica chirurgica: Dopo aver descritto vantaggi e svantaggi di alcune tra le più documentate tecniche per la chiusura chirurgica delle COA vengono presentati e discussi quattro casi clinici risolti con lembo palatino, descrivendo nel dettaglio la procedura dalla preparazione del paziente fino al post-operatorio. n concLusioni: Nonostante la procedura chirurgica descritta presenti alcuni considerevoli rischi e l’esecuzione sia tecnicamente più delicata, il lembo palatino ruotato offre la possibilità di chiudere le COA in maniera altamente predicibile, con ottime percentuali di successo a lungo termine e senza apportare rilevanti modificazioni anatomiche. Per queste ragioni il lembo palatino ruotato rappresenta in molti casi il trattamento di prima scelta nel trattamento delle COA. versi spontaneamente nel giro di 2-3 settimane (3). Quando una COA non viene diagnosticata o non viene trattata, il tramite viene rivestito da un epitelio con la formazione di una fistola. Una volta creatasi la fistola, una COA difficilmente potrà andare incontro a guarigione spontanea. Anno V - n°3 - giugno 2011 15 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Figura 1 Ampia COA causata da osteonecrosi del mascellare superiore. Figura 2 Fistole oro-antrali dalle quali fuoriesce pus. Figura 3 Immagini da tomografia computerizzata. È evidente l’interruzione della base del seno mascellare di sinistra associata all’ispessimento della mucosa di Shneider. 16 Il trattamento delle COA è chirurgico, spesso coadiuvato dall’uso di farmaci quali antibiotici, anti-congestionanti e fluidificanti delle secrezioni mucose. Le indicazioni al trattamento sono: n rischio di infezione del seno mascellare Anno V - n°3 - giugno 2011 legato al passaggio di batteri e alimenti dal cavo orale al seno mascellare; n difficoltà fonatorie; n problemi nel posizionamento di protesi. Le tecniche chirurgiche proposte in letteratura sono numerose, tuttavia le più documentate ed efficaci sono tre: 1. la chiusura con lembo vestibolare di scorrimento (tecnica introdotta da Rehrmann nel 1936) (6); 2. la tecnica di chiusura con lembo peduncolato di bolla adiposa (descritto dapprima da Bichat nel 1802 e poi da Egyedi nel 1977) (7,8); 3. il lembo palatino ruotato (descritto per la prima volta da Ashley nel 1939) (9). È possibile combinare fra loro queste tecniche, soprattutto nel caso in cui si debba trattare una COA di ampie dimensioni. In questo articolo verrà analizzata nel dettaglio la sola tecnica del lembo palatino ruotato. CHIRURGIA La tecnica chirurgica In letteratura sono descritti due tipi di lembo palatino ruotato per la chiusura di COA: peduncolato assiale e peduncolato random. Per lembo peduncolato assiale si intende una porzione di tessuto che contenga lungo tutto il suo asse maggiore un vaso arterioso. Un lembo peduncolato random, al contrario, non possiede un asse vascolare principale, ma una rete artero-venosa randomizzata secondo il tipo di disegno dell’incisione. Quest’ultima tecnica è stata introdotta per la chiusura di COA molto posteriori ed è basata su evidenze scientifiche, secondo cui vi sono rilevanti anastomosi tra i vasi arteriosi del palato molle (alimentati dall’arteria palatina discendente) e l’arteria palatina maggiore (5,10,11). Secondo questi autori, tali anastomosi sono responsabili, in vivo, del mantenimento dell’irrorazione di lembi palatini anche quando l’arteria palatina maggiore viene legata. Tuttavia, in caso di lembo palatino randomizzato, diviene fondamentale il rapporto tra lunghezza del lembo e larghezza del peduncolo; tale rapporto, secondo gli stessi autori, non dovrebbe essere superiore a 2,15. A conferma di questo dato si è osservato che rapporti lunghezza/larghezza maggiori o uguali a 2,40 sono associati a necrosi del lembo e fallimento chirurgico. Questi limiti non sono presenti in caso di lembo assiale, che, come già detto, si sviluppa lungo l’asse dell’arteria palatina maggiore, e quindi la larghezza del lembo è a discrezione del chirurgo (1,2,12,13). In letteratura è segnalata una variante: il lembo assiale peduncolato insulare (14). Questa variante prevede il prelievo di un’isola di mucosa masticatoria del palato, la quale viene lasciata connessa a un peduncolo ristretto in larghezza, così da contenere solo il tronco principale dell’arteria palatina maggiore. Si tratta di una variante tecnicamente più difficile da eseguire, ma che permette contemporaneamente una maggiore mobilità del Figura 4 Scomparsa del fornice a seguito di intervento per la chiusura di una COA con tecnica di Rehrmann. lembo e un’ampia disponibilità di tessuto per la chiusura della COA. In tutti i casi la tecnica prevede una guarigione di prima intenzione nell’area di chiusura della COA, ma al contrario una guarigione di seconda intenzione dell’area di palato che rimane scheletrizzata. A parziale protezione di quest’area di esposizione ossea è utile posizionare, mediante una sutura a legaccio, uno zaffo di garza di cellulosa ossidata e rigenerata (Tabotamp®), che inoltre esercita un utile effetto emostatico. Per la soluzione dei casi clinici da noi presentati abbiamo adottato la tecnica classica del lembo assiale con alcune variabili nel disegno, come vedremo. Punto chiave In letteratura sono descritti due tipi di lembo palatino ruottato: peduncolato assiale e peduncolato random. Vantaggi rispetto alle altre tecniche (Rehrmann e Bichat) n Tessuto del lembo spesso e ben irrorato. n Nessuna alterazione del fornice vestibolare (Figura 4). Anno V - n°3 - giugno 2011 17 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Punto chiave Facile mobilizzazione del lembo. Adattamento agevole anche in un’area di monoedentulia intercalata. n Correzione di COA anche di ampio diametro. n Trattamento di COA crestali e palatali. n Assenza di tensioni. n Nessun rischio di danni a carico di nervi. n Alta predicibilità. n n Prima dell’intervento è opportuno trattare ogni causa di infiammazione, poichè ne riduce la percentuale di successo. Punto chiave Il trattamento postoperatorio è fondamentale per il successo dell’intervento e per evitare sinusiti o infezioni della ferita. 18 Anno V - n°3 - giugno 2011 Svantaggi n Difficile adattamento in caso di COA molto posteriori (area dell’ottavo e del tuber). n Limitazioni nel trattamento di COA molto vestibolari. n Maggiore dolore e discomfort postoperatorio. n Tempo di guarigione aumentato. n Rischi maggiori di sanguinamento. Preparazione del paziente Prima dell’intervento chirurgico, oltre alle valutazioni anamnestiche di routine, occorre indagare, mediante radiografie ed esame clinico, la presenza di sinusite, di corpi estranei nel seno mascellare, osteonecrosi, sequestri, ascessi o neoformazioni endosinusali. È opportuno infatti trattare prima ogni causa di infiammazione, poiché la presenza di una o più di queste manifestazioni riduce la percentuale di successo della terapia chirurgica. A tale scopo sono utili trattamenti antibiotici e antinfiammatori associati a lavaggi endosinusali. Inoltre, è importante verificare che l’ostio mascellare sia pervio, requisito fondamentale per la corretta fisiologia del seno mascellare. In caso contrario si possono utilizzare decongestionanti spray associati a fluidificanti delle secrezioni mucose, oppure occorrerà prevedere l’apertura chirurgica dell’ostio per via nasale. Le radiografie di primo livello sono l’ortopantomografia (OPT) e la proiezione di Waters (comparativa dei seni mascellari); la tomografia computerizzata rappresenta il secondo livello diagnostico. Infine, è molto utile sottoporre il paziente a una seduta di detartrasi almeno una settimana prima dell’intervento e prescrivere collutori antisettici che riducano la carica batterica (clorexidina). Postoperatorio Il trattamento postoperatorio è fondamentale per la buona riuscita dell’intervento e consiste sostanzialmente nell’assunzione corretta di farmaci e nelle manovre di igiene al fine di evitare sinusiti postoperatorie e infezioni della ferita. In primo luogo, una copertura antibiotica nella prima settimana di guarigione, meglio se individuata mediante antibiogramma, accompagnata dall’utilizzo costante di antisettici (clorexidina, preferibilmente senza alcol). Gli antisettici topici devono essere utilizzati fino a quando non sia stata riepitelizzata l’area palatina scheletrizzata. Al fine di evitare congestione di muco nel seno mascellare è indicato l’uso di fluidificanti delle secrezioni mucose come l’acetilcisteina (per via orale o anche per aerosol), combinando l’assunzione di decongestionanti nasali in spray come la nafazolina. Infine, è opportuno prescrivere antinfiammatori analgesici (FANS) per contrastare il dolore e l’eccessivo edema della ferita. Il paziente operato deve mantenere una igiene orale domiciliare scrupolosa, evitare alimenti che possano interferire con i fenomeni di coagulazione della ferita o con i punti di sutura. A tale scopo è utile un’alimentazione liquida a temperatura ambiente tramite cannuccia. Nei primi 15 giorni dall’intervento sono vietate inoltre tutte quelle manovre e attività che possono alterare rapidamente la pressione dell’aria nel seno mascellare o nel cavo orale: compiere sforzi fisici, trattenere starnuti, soffiarsi il naso, volare o fare immersioni. CHIRURGIA Non è indicato l’uso di impacchi parodontali o dispositivi protettivi analoghi a quelli utilizzati per la guarigione delle aree di prelievo dal palato per innesti mucogengivali, così come l’utilizzo di protesi mobili anche se attentamente scaricate. Non è infatti prevedibile l’entità dell’edema dei tessuti molli nei giorni successivi all’intervento, e un’eccessiva compressione del lembo potrebbe causare ischemia e necrosi del peduncolo. La rimozione della sutura può essere effettuata già a 5 giorni per quanto riguarda il legaccio chirurgico emostatico sull’area scheletrizzata, mentre in decima giornata per il resto dei punti. L’epitelizzazione completa dell’area scheletrizzata del palato si completa in 3-4 settimane, senza alterazioni anatomiche, a eccezione del viraggio a un colore più scuro. È nostra abitudine sottoporre il paziente a un controllo alla settima, quindicesima e trentesima giornata dall’intervento, salvo complicazioni. A distanza di 6 mesi vengono quindi ripetute una OPT e una rx del cranio con proiezione di Waters per la verifica della guarigione. CASO 1 (Figure 5 e 6) Si tratta di un uomo di 41 anni, forte fumatore (20 sigarette/die), in buone condizioni di salute generale. A seguito dell’estrazio- Figura 5 Lembo palatino preparato cruentando la porzione terminale così da poterla intascare vestibolarmente. ne del primo e del secondo molare superiori di destra si è sviluppata una COA, che il dentista ha chiuso mediante un lembo vestibolare di scorrimento. Tale manovra non ha avuto successo, e da circa 2 anni il paziente avverte passaggio di liquidi dal cavo orale al naso. All’esame obiettivo è presente una fistola di circa 1mm di diametro in zona 26. Non ci sono segni di suppurazione. In questo caso la difficoltà è maggiore a causa del pregresso fallimento del lembo di Rhermann. Vestibolarmente alla COA, infatti, il tessuto era sottile e poco cheratinizzato. Al fine di garantire la chiusura di prima intenzione, per questo caso il disegno del lembo palatino è stato eseguito comprendendo un asse più lungo e cruentando la porzione terminale per una superficie di circa 1 cm2. In questo modo è possibile sollevare un lembo in grado non solo di ruotare, ma anche di essere intascato vestibolarmente così da ottenere l’ispessimento del tessuto vestibolare, diminuendo al contempo il rischio di deiscenze. L’area della COA è stata preparata asportando il tragitto fistoloso e creando una tasca sufficientemente spessa e profonda da accogliere l’apice disepitelizzato del lembo palatino. Per favorire la rotazione della base del lembo, senza che questa si sollevi arricciandosi, è stata eseguita una piccola Punto chiave L’epitelizzazione completa dell’area scheletrizzata del palato si completa in 3-4 settimane, senza alterazioni anatomiche. Figura 6 Guarigione a una settimana. Anno V - n°3 - giugno 2011 19 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Punto chiave L’indicazione all’utilizzo della tecnica del lembo palatino è dettata dalla presenza di una protesi mobile. 20 Anno V - n°3 - giugno 2011 Figura 7 Incisione del lembo e dell’area della fistola. Figura 8 Sollevamento del lembo palatino: notare il foro della mucosa sinusale. Figura 9 Il lembo viene attentamente mobilizzato. Figura 10 Guarigione a una settimana. incisione a V sul margine laterale, e successivamente suturati i margini della V. Il caso è completato con una sutura in seta e materiale riassorbibile. CASO 2 (Figure 7-11) Si tratta di un uomo di 65 anni, forte fumatore (25 sigarette/die), in buone condizioni di salute generale. È stato sottoposto un anno prima della nostra visita a estrazioni dentarie multiple dell’arcata superiore e riabilitazione mediante protesi parziale mobile. Riferisce instabilità della protesi ed è inviato a noi dal collega protesista per il trattamento di una COA sviluppatasi nel 2° quadrante a seguito delle avulsioni. All’esame obiettivo si rileva la presenza di una fistola oro-antrale in zona 25 di circa 4 mm di diametro e un’area simile più anteriore, ma senza traccia di COA. Eseguendo la manovra di Valsalva a protesi inserita, la Figura 11 Controllo a distanza di un mese. flangia che appoggia sulla COA viene rapidamente distaccata dalla base di appoggio. L’indicazione all’utilizzo della tecnica del lembo palatino ruotato è dettata proprio dalla presenza di una protesi mobile; in tal modo non è stato modificato il fornice, peraltro scarso, aumentando invece la quota di gengiva aderente a supporto della protesi mobile. L’area della fistola è stata CHIRURGIA cruentata e il seno mascellare revisionato. Dalle immagini è possibile notare come i margini ossei della COA siano più ampi rispetto a quelli mucosi e abbiano un’estensione crestale-palatale. Per questo caso il disegno del lembo è molto regolare, la base e l’apice sono della stessa dimensione e i margini laterali di incisione sono paralleli. La costruzione e la mobilizzazione del lembo palatino è facilitata dall’assenza degli elementi dentari diatorici omolaterali. Dopodichè, è stato possibile suturare passivamente con filo in seta e garza di cellulosa ossidata e rigenerata. CASO 3 (Figure 12-15) Si tratta di una donna di 62 anni, non fumatrice, affetta da osteoporosi. Ha assunto Zometa® per via orale per 6 mesi. Al momento della visita ha sospeso da un mese la terapia con bifosfonati. Riferisce di essersi sottoposta a un trattamento implanto-protesico caratterizzato da numerosi fallimenti implantari e terminato circa tre mesi prima con la consegna di una protesi mobile superiore supportata da cinque impianti solidarizzati con segmenti di barra. Al momento della visita lamenta un continuo dolore irradiato alla zona temporale destra e all’orecchio destro, suppurazione e mobilità degli impianti. All’esame obiettivo clinico si rileva mobilità di tutti gli impianti, perdita di supporto osseo perimplantare, suppurazione ed esposizione della corticale vestibolare agli impianti nel primo quadrante. Dall’esame tomografico computerizzato si rilevano l’interruzione della corticale della base del seno mascellare di destra e la presenza di cospicue porzioni di fixture implantari nel seno stesso, oltre l’invasione da parte degli impianti del 1° quadrante degli spazi muscolari pterigoidei. La paziente è stata quindi sottoposta a rimozione degli impianti in anestesia locale. Dopo la rimozione degli impianti nel 1° quadrante si rende evidente la COA, attraverso la quale è stato possibile operare la revisione del seno mascellare. Ne risulta quindi una ferita impossibile da chiudere Figura 12 Gli impianti nel 1° quadrante sono stati rimossi: disegno del lembo palatino per la chiusura della COA. Figura 13 Sollevamento del lembo a tutto spessore. Figura 14 Intervento terminato: notare lo zaffo di garza di cellulosa ossidata e rigenerata a copertura dell’osso palatino. Figura 15 Guarigione a una settimana. Anno V - n°3 - giugno 2011 21 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Punto chiave Il fallimento dell’allestimento del lembo palatino causa la mancata chiusura della COA e l’esposizione di osso del palato. Punto chiave L’alta predicibilità e i numerosi vantaggi rendono il lembo palatino ruotato la terapia di prima scelta in molti casi clinici. 22 Anno V - n°3 - giugno 2011 passivamente con semplice sutura. Nonostante la COA non fosse di grandi dimensioni, si è optato per una chiusura di prima intenzione. La mancanza completa di fornice e la sottigliezza del tessuto vestibolare ci ha costretti a un approccio palatale. In questo caso l’intervento di lembo palatino ruotato è stato poco indaginoso poiché è stata sufficiente una rotazione di pochi gradi. Il caso è stato completato con una sutura a punti staccati e posizionamento di Tabotamp®. Considerando anche la pregressa terapia con farmaci bifosfonati abbiamo ritenuto di primaria importanza la chiusura della comunicazione oro-antrale rispetto alla modesta esposizione ossea palatina conseguente la rotazione del lembo. A distanza di una settimana non vi erano segni di infezione, deiscenze o esposizione diretta di tessuto osseo. CASO 4 (Figure 16-21) Si tratta di un uomo di 45 anni, non fumatore, in buone condizioni di salute generale. Riferisce la presenza da circa 20 anni di un foro in corrispondenza del sito postestrattivo di 16. Negli ultimi anni ha avuto diversi episodi di sinusite per i quali si è rivolto all’otorinolaringoiatra, il quale ha diagnosticato la COA e ne ha richiesto la chiusura chirurgica. Il paziente riferisce di essere stato sottoposto, poco tempo dopo l’avulsione di 16, a un intervento per la chiusura della COA. Tale intervento non è andato a buon fine, e pertanto il paziente ha ritenuto di dover convivere con la COA. L’esame obiettivo conferma la presenza di una COA epitelizzata di circa 3mm di diametro, il tessuto vestibolare alla fistola presenta i segni dell’intervento di chiusura mediante lembo vestibolare. Gli esami radiografici evidenziano l’ispessimento delle mucose di rivestimento di entrambi i seni mascellari e la pervietà degli osti. In particolare, si nota l’ipertrofia del turbinato medio di destra. L’interruzione del pavi- mento del seno mascellare ha un’estensione maggiore, circa 2 cm2. Anche in questo caso abbiamo preferito la tecnica del lembo palatino ruotato proprio perché il tessuto vestibolare era insufficiente e la deiscenza del pavimento del seno si estendeva palatalmente. Il disegno del lembo è stato eseguito prevedendo incisioni assiali all’arteria parallele fra loro con un andamento curvo nella parte terminale, così da accentuare l’effettiva rotazione senza aumentare la torsione del lembo stesso. La fistola viene rimossa e l’area della COA viene sottoposta a courettage chirurgico. Si completa con sutura ermetica a punti evertenti della porzione terminale del lembo con il margine della mucosa vestibolare, punti staccati lungo il margine laterale e posizionamento di garza di cellulosa ossidata e rigenerata sull’area mediale di esposizione ossea. Discussione e conclusioni La tecnica del lembo palatino ruotato per la chiusura delle COA è senz’altro meno utilizzata in ambito ambulatoriale rispetto alla tecnica del lembo vestibolare di scorrimento introdotta da Rehrmann. Questo probabilmente a causa delle più ampie applicazioni del lembo vestibolare in altri ambiti della chirurgia orale (chiusura di ferite dopo innesti ossei o guided bone regeneration, GBR) e quindi a una maggiore confidenza del chirurgo con l’approccio vestibolare rispetto a quello palatale. In letteratura sono disponibili dati confortanti circa le percentuali di successo del lembo palatino ruotato, anche se a oggi non è stato ancora pubblicato un trial clinico randomizzato e controllato ma solo case series. Se da un lato è vero che l’allestimento del lembo palatino non prevede grandi diffi- CHIRURGIA Figura 16 Caso iniziale, la COA si presenta ben epitelizzata. Figura 17 Incisione del lembo assiale: notare l’andamento curvo nella zona terminale. Figura 18 Il lembo palatino si adatta perfettamente al letto ricevente. Figura 19 Intervento terminato: notare la sutura evertente dei margini vestiboalri. Figura 20 Fistola, pezzo operatorio. Figura 21 Guarigione a distanza di sei mesi. coltà tecniche, dall’altro è vero che il fallimento comporta rischi rilevanti per il paziente. Infatti, in caso di perdita completa del lembo (necrosi) non solo fallisce la chiusura della COA, ma si espone una porzione cospicua di osso del palato. La più temibile causa di fallimento è la eccessiva rotazione del lembo che compor- ta inevitabilmente una torsione dell’arteria e quindi il rischio di ischemia e necrosi. Altra insidiosa causa di fallimento è la sottostima dell’area di interruzione del pavimento osseo del seno mascellare, e quindi la vicinanza di questa con i limiti mediali o laterali del lembo. In questo caso non si ottiene la chiusura, ma solo il cambiamenAnno V - n°3 - giugno 2011 23 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE to di posizione della fistola. Tuttavia, se preceduta da un attento esame clinico e da una corretta progettazione, questa metodica ha un’alta predicibilità e, come abbiamo visto nei casi clinici presentati, esistono situazioni in cui i vantaggi del lembo palatino ruotato lo rendono il trattamento di prima scelta. Bibliografia 1. Anavi Y, Gal G, Silfen R, Calderon S. Palatal rotation-advancement flap for delayed repair of oroantral fistula: a retrospective evaluation of 63 cases. 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