SACRO, BACINO E DOLORE LOMBARE Spesso pazienti che si presentano con dolori a livello lombare risentono di disfunzioni sacrali o instabilità del bacino. Anatomicamente l’articolazione sacro iliaca è liscia alla nascita e man mano si conforma con la crescita dell’individuo, assumendo via via una forma funzionale alla funzione che riveste. In definitiva la sacroiliaca assume una forma spiraliforme adeguata a ripartire le forze ascendenti e discendenti che su di essa gravano e allo stesso tempo a garantire il fisiologico movimento di cui necessitiamo quotidianamente, anche solo per camminare. A livello biomeccanico il sacro articola sulle iliache mediante l’asse trasverso medio, identificabile con il metamero sacrale S2; il sacro a questo livello presenta una superficie che converge posteriormente di circa 40°. A livello di S3 si crea il punto di massima articolazione dell’iliaco sul sacro; a questo livello la superficie articolare converge anteriormente di circa 10°. È intuibile che la funzione del sacro è fondamentale e per mantenere la stabilità di tutto il rachide in qualsiasi momento e consentire allo stesso temo un adeguata ripartizione delle forze. Da questo punto di vista vanno tenute in considerazione le strutture anatomiche, siano esse legamentose o muscolari che rendono efficiente tale sistema, garantendone la funzione di - ripartire ed assorbire le forze stabilizzare il rachide ( in particolare quello lombare) permettere il movimento necessario alla vita quotidiana (per esempio nella deambulazione) Se prendiamo in considerazione il sacro nell’ ottica di esaminare un dolore basso alla schiena, allora dobbiamo considerare i sistemi legamentosi di stabilizzazione il legamento sacro tuberoso (A), per la nutazione (FLESSIONE) ed il legamento sacro iliaco dorsale (B) per la contro nutazione (ESTENSIONE). La valutazione di questi legamenti è fondamentale, in quanto eventuali infiammazioni, irritazioni o presenze di dolore che ivi si localizzano sono certamente sinonimo di un mal funzionamento della cintura pelvica, o in quanto persiste una disfunzione sacrale o per la presenza di una mal ripartizione delle forze che gravano sul bacino o per una instabilità del bacino. Analizzando la struttura anatomica non si può prescindere dalla valutazione del piano muscolare, molto rappresentato a questo livello. Bisogna infatti tener presente come la componente ossea sia la FORMA che garantisce la possibilità di una chiusura, la componente muscolare invece è la componente della FORZA che garantisce la chiusura, mentre la componente legamentosa e tendinea sono un sistema di controllo che garantisce l’unione e l’integrazione di tutte queste componenti. La componente muscolare troviamo su un piano più superficiale A lamina superficiale B fascia del medio gluteo C fascia dell'obliquo esterno D gran dorsale 1 sips 2 cresta sacrale Lr fusione tra obliquo interno e trasverso dell'addome Dl Aponeurosi dorso lombare DL In uno strato più profondo: B medio gluteo E connessione con gli estensori F fascia obliquo interno G dentato postero inferiore H sacrotuberoso 1 sips 2 cresta sacrale Lr connessione tra il dentato postero inferiore e l'obliquo interno Andando a considerare nel suo insieme questa struttura non si può prescindere dall’affermare che le componenti muscolari e legamentose si compenetrino e si fondano assieme, così da formare dei sistemi di tensione che entrano in gioco per garantire sia la stabilità locale che la stabilità generale. Tale sistema si può definire catena posturale e catena cinetica, ma le variabili che entrano in gioco per garantirne la corretta funzionalità sono molteplici, dal livello propriocettivo periferico, all’ integrazione riflessa midollare, alle integrazioni e mediazioni dei centri superiori, alla corretta nutrizione dei tessuti e al loro allenamento, all’ integrità della fascia, alla pressione intra addominale ecc. a tutti questi e a molti altri spetta il complesso ruolo di mantenere stabile la struttura pur in una situazione dinamica. In virtù di quanto affermato sopra si possono evidenziare delle connessioni dei legamenti sopra descritti con le componenti muscolari che troviamo a questo livello, in particolare evinciamo che - il muscolo bicipite femorale presenta il tendine del capo lungo in continuità anatomica con il legamento sacro tuberoso; - Il legamento ileo sacrale dorsale è in continuità con i muscoli multifidi. - I muscoli estensori sono strettamente connessi alla struttura legamentosa e al sacro mediante l’aponevrosi dorso lombare In questa figura si nota come la componente del legamento ileo sacrale dorsale sia in stretta continuità con il muscolo multifido ed estensore della colona, palpatoriamente il legamento lo si trova subito inferiormente e appena lateralmente alla sips, mentre il muscolo si palpa appena medialmente al legamento. Per le sue connessioni fasciali, un approfondito trattamento di questo tratto da notevoli benefici a livello occipito atlanto epistrofeico, migliorando la mobilità della zona e risolvendo condizioni di disagio. Tutto il sacro risente delle tensioni dei muscoli riportati sopra, notevole importanza la riveste anche il tensore della fascia lata, il piriforme ed in generale i muscoli che governano il bacino. Qualora sussistano problematiche alla cintura pelvica e l’instabilità del rachide lombare si evidenzia una scarsa o assente capacità a contrarre il muscolo obliquo interno. Sarà quindi necessario procedere ad una rieducazione di tale muscolo, indicando al paziente di portare l’ombelico in basso ed in dentro. All’atto pratico si proceda con il testare l’attivazione muscolare, in particolare del gluteo e del gran dorsale, procedendo con un indagine differenziale. 1- In ortostasi, il paziente proceda ad una triplice flessione a 90° dell’arto inferiore e tenerlo sollevato per 30” in modo da utilizzare le fibre toniche, l’osteopata in questo caso non valuta la qualità e la quantità del movimento, ma si focalizza: a. Sull’attivazione dei muscoli posteriori (gluteo dell’arto poggiato a terra e gran dorsale controlaterale) b. Sulla fatica che il paziente fa nel tenere l’arto alzato In questa immagine si evidenzia il gioco di forze che tale operazione genera e si intuisce il lavoro muscolare necessario per compensare l’instabilità che viene a crearsi, è quindi evidente che più è instabile il complesso articolare più questa posizione genera stress muscolo legamentoso, causando quindi infiammazione e dolore che si ripercuotono su tutto il tratto basso del rachide. 2- Il paziente in decubito supino, l’osteopata alza un arto alla volta del paziente di circa 20 cm, e chiede al paziente di tenerlo su, ancora una volta l’obbiettivo è quello di valutare con quale arto il paziente fa più fatica. 3- L’osteopata esegue un inibizione bilaterale a livello di a. Estensori b. Cresta iliaca c. Appena sotto al gran trocantere Le inibizione vanno eseguite contemporaneamente sui due emi-lati, durante la stessa faccio fare un estensione della gamba (20-30°) e valuto quale gamba è più leggera, se una gamba risulta facilitata rispetto al test n°2 Raccolgo quindi i dati, in base ai risultati ottenuti, tratto i muscoli la cui inibizione hanno prodotto un miglioramento della condizione. Sono utilissimi tutti i trattamenti che lavorano sulla fascia e sul rilascio posturale del muscolo, la digitopressione e la miofibrolisi sono indicate nel trattare i legamenti e i muscoli della zona, in presenza di un rachide in fase di acuto non è consigliabile un trattamento così profondo ed invasivo, si proceda dunque a trattare il segmento dolente con tecniche funzionali od indirette, onde evitare inutile dolore al paziente. NOTE: a. Instabilità della cintura pelvica danno trigger points sulla fascia sotto la cresta iliaca b. Sono da valutare in maniera approfondita tutti i compensi che possono derivare da componenti ascendenti e discendenti, in primo luogo l’appoggio podalico e la distribuzione delle forze nel ginocchio e nell’anca.