Rimini, canzone di Sergio Endrigo accompagna

Rimini, canzone di Sergio Endrigo accompagna cerimonia
di ricordo vittime delle foibe
Attualità - 10 febbraio 2016 - 13:46
Con la deposizione delle corone d’alloro alla “Biblioteca di Pietra”, il monumento sul porto
dedicato alle vittime del Confine Orientale, si sono concluse a Rimini le celebrazioni del Giorno
del Ricordo, la solennità civile istituita dal Parlamento in memoria delle vittime delle foibe e
dell’esodo giuliano-dalmata.
Una cerimonia aperta da Monica Paliaga e Giovanni Ruzier, a nome delle associazioni degli
esuli, ad aprire gli interventi che hanno preceduto la deposizione vera e propria a cui, oltre al
Sindaco di Rimini Andrea Gnassi, hanno partecipato il Prefetto Giuseppa Materia, le autorità
civili e militari, i rappresentanti delle associazione degli esuli e, in rappresentanza di tutti gli
studenti riminesi, i ragazzi della VA del Marco Polo, accompagnati dalla prof.ssa Maura
Plachesi, che hanno dato lettura di alcuni brani tratti dai testi di autori istriano - dalmati giuliani, frutto del lavoro di ricerca e approfondimento su cui si sono impegnati negli ultimi tre
anni. Al termine degli interventi una studentessa ha cantato una canzone di Sergio Endrigo,
esule proveniente da Pola, ispirata al dolore delle persone che hanno vissuto quei terribili
momenti.
La “Biblioteca di Pietra” è dovuta all’estro dell’artista riminese nato a Fiume Vittorio
D’Augusta. Composta da trenta opere letterarie, il cui titolo e autore è ora inciso su targhe in
ottone posizionate sui grandi blocchi di pietra del nuovo molo proprio in pietra d’Istria, è aperta
da un leggio musicale che si protende verso il mare, per sottolineare con la semplicità e la
leggerezza il rispetto dei luoghi.
Un semplice leggio su cui è inciso: “questa scogliera come biblioteca di pietra, questi massi di
pietra come libri, il Comune di Rimini dedica agli esuli istriani, fiumani, dalmati e alle vittime dei
conflitti di confine e delle foibe ultima tragedia dell’alto adriatico, area plurale di lingue,
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tradizioni, genti diverse, sconvolta in passato da nazionalismi e scontri ideologici tornata oggi
cuore d’Europa e mosaico di culture”.
Il discorso del Sindaco di Rimini Andrea Gnassi
“ Ricordo è una parola bellissima, se la si guarda attraverso la lente dell’etimologia. Viene dal
latino ‘re’ che significa ‘indietro’ e ‘cor’ che vuol dire ‘cuore’. Dunque, richiamare nel
cuore. Che non vuol dire scappare dal presente ma non perdere nulla delle nostre esperienze,
dei nostri sentimenti, consentendoci grazie a questi di avere cura e responsabilità nel presente
e nel futuro. Rimini ha scelto un luogo naturale per celebrare la sua Giornata del Ricordo. Un
luogo che oggi, proprio grazie a condizioni metereologiche avverse, mostra ancor più la sua
struggente ed evocativa bellezza.
Dentro la Storia ci sono le storie, che quasi mai finiscono nei libri di testo. E quando si parla di
guerra sono storie tragiche, dolorose, che non finiscono con una vita. Molte di queste storie
sono incise sui massi qui davanti. Donne e uomini richiamati nel nostro cuore perché testimoni
dell’assurdità dei conflitti, della violenza, della prevaricazione. Lastre graffiate a sfidare tutti i
giorni la forza della natura, che si abbatte e si ritrae a ritmo incessante su di loro. Ma
nonostante tutto ciò quei nomi continuano a leggersi e raccontano ogni giorno la loro essenza.
Il Comune di Rimini dedica le pagine di questo libro agli esuli istriani, fiumani, dalmati e alla
vittime dei conflitti di confine e delle foibe. Il vento e la pioggia che sferzano i nostri visi sono in
questo momento amplificatori di emozioni che proviamo. Richiamare nel cuore, ricordare, per
non perdere nulla di quelle vite e di quel dolore, facendone il sale delle esistenze che viviamo
tuttora. Settanta anni dopo non accenna ad esaurirsi il mortale filone dei conflitti etnici né
dell’ideologia della violenza né dell’inganno razzistico. Sono stati alla base delle morti delle
persone i cui nomi sono incisi in queste pietre. Sono alla base delle tante violenze, piccole e
grandi, che punteggiano purtroppo ancora la nostra quotidianità. Lasciamo questo luogo
portandoci indietro il suono del vento, serbandolo stretto nel cuore.”
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