Gruppi di lavoro in sanità. Strumenti e competenze

Corso: Gruppi di lavoro in sanità. Strumenti e competenze per una corretta
gestione
Autori: Dr Duilio Loi, Infermiere, Pedagogista, Consulente di Formazione e Management.
Esperto in Direzione Aziendale e Clinical Risk Management
Dr Andrea Vettori, Esperto in management sanitario e clinical governance
Si ringrazia per la collaborazione:
Emanuela Cattaneo, Infermiera, Responsabile Ambulatori, U.O. Cardiologia Riabilitativa - Fondazione
Maugeri, Pavia. Esperta in Clinical Risk Management
Alessandra Crescimbeni, Infermiera, Unità Scompenso Cardiaco - Fondazione Maugeri, Montescano (PV).
Esperta in Clinical Risk Management
Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a
fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.
Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività
ECM.
Inizio evento: 01/07/2012; ID evento: 12-36447
Modulo 4 – Gli strumenti di operatività di un gruppo di lavoro
Obiettivi
Al termine del modulo il partecipante sarà in grado di:

conoscere i principali strumenti per il corretta gestione di un gruppo;

identificare le potenzialità di utilizzo organizzativo dello strumento “delega”;

applicare i principi fondamentali per la preparazione dello strumento “riunione”.
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gestione – Modulo 5
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Keyword
Riunione, Delega, Brainstorming
Introduzione
"Non esiste alcun nesso tra come il problema si è formato e come il problema può essere risolto,
mentre esiste una casualità circolare tra come un problema persiste
e ciò che le persone fanno per risolverlo, senza successo."
Giorgio Nardone. 1998
A una organizzazione sanitaria che si orienta e persegue il processo di modernizzazione, viene sempre più
richiesto di passare da una struttura ad impianto verticistico-piramidale, a uno aziendalistico-manageriale,
improntato sulla responsabilità e orientato alla crescita e sviluppo continuo delle risorse umane.
Al fine di rispondere in maniera adeguata a questa impostazione, la stessa, deve sapersi dotare degli
strumenti idonei, pena l’impossibilità di reggere il confronto con le diversificate esigenze sempre più
complesse e pressanti, che il sistema richiede.
In questa sessione prenderemo in esame diversi strumenti che possono agevolare le dinamiche e rendere
possibile o maggiormente fluido il funzionamento dei sistemi, ovvero modalità che possono favorire lo
sviluppo organizzativo, riducendo l’incidenza delle criticità.
Strumenti a supporto, e non in sostituzione, della competenza progettuale e decisionale dell’Uomo.
Le esperienze della vita e quelle professionali mi portano sempre più a pensare che le persone sono in
grado di raggiungere obiettivi superiori alle loro potenzialità, se è data loro l’opportunità e se vengono
stimolate a dare il meglio di se stesse.
Naturalmente alla base deve esserci un buon livello di motivazione intrinseca, la quale diventa un ottimo
elemento prognostico nella valutazione delle probabilità di successo in un compito complesso o addirittura
rischioso, quale può essere il governare a vario livello un’organizzazione aziendale.
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Su questa, il sistema deve essere in grado di edificare attraverso rinforzi e stimoli coerenti, che si legano a
una progettualità “matura”, non occasionale e tantomeno improvvisata.
Se penso, ad esempio, alla “tradizionale” gestione delle riunioni, trovo difficile che si possa sviluppare un
modello rispondente ai requisiti sopra richiamati.
Diventa fondamentale pensare alla “riunione” come uno strumento di razionalizzazione organizzativa,
orientato allo sviluppo professionale e alla motivazione dei collaboratori e non a un momento poco
produttivo dove si ha netta la sensazione di “perdere del tempo”.
Ecco allora che il brainstorming acquisisce legittimità e spazio operativo, in quanto strumento tendente alla
produzione elaborativa di idee, proprio quelle idee che spesso vengono a mancare sia nella progettualità
“macro” sia nella gestione “micro” della singola riunione.
Questi due strumenti potranno servire a qualcosa, se segue nell’organizzazione il decentramento capillare e
distribuito delle responsabilità.
Un modo ottimale per ottenerlo è proprio attraverso lo strumento “delega”, ma anche qui, se si osservano i
classici comportamenti organizzativi, si potranno notare notevoli discrepanze rispetto a quanto avrete
modo di confrontare con i contenuti di questo modulo.
L’idea di sviluppare competenze manageriali, che possano gradatamente aiutare le organizzazioni a
superare la staticità del modello gerarchico – burocratico, sarà forse ambiziosa, ma non impossibile
soprattutto se si mettono le persone nelle condizioni di acquisire motivazione e strumenti.
Dott Duilio Loi
La Riunione come strumento di operatività
L’operatività della U.O. si basa sull’introduzione di strumenti operativi come le procedure, i protocolli, le
linee guida e i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA), ma anche sull’introduzione di
metodologie e dinamiche del lavoro di gruppo.
Le procedure sono disposizioni scritte che descrivono i processi (insieme di attività), specificando il tipo di
attività che deve essere svolta (che cosa), identificando l’operatore che deve svolgerla (chi) e definendo il
livello di responsabilità dello stesso.
I protocolli sono disposizioni scritte che descrivono la modalità di esecuzione di una attività (come),
indicando i metodi e i materiali da impiegare e definendo la sequenza delle operazioni da eseguire.
Le linee guida sono un insieme di indicazioni procedurali suggerite, prodotte attraverso un processo
sistematico, finalizzate ad assistere gli operatori nel decidere quali siano le modalità clinico-assistenziali più
adeguate in specifiche circostanze (evidenza scientifica).
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La costruzione di linee guida si basa sulla valutazione dei rischi e dei benefici ottenibili, sulla scelta della
prassi operativa più appropriata, sulla valutazione dei costi, della fattibilità e delle modalità
comportamentali, con attenzione agli errori, alle esigenze e alle aspettative degli assistiti.
I PDTA sono piani interdisciplinari di cura creati per rispondere a bisogni complessi di salute del cittadino.
Sono altresì strumenti di gestione clinica nati da chi eroga prestazioni sanitarie per definire la migliore
sequenza di azioni nel tempo ottimale degli interventi efficaci, rivolti a pazienti con particolari patologie.
Lo scopo dei PDTA è di centrare l’assistenza dei bisogni complessi di salute, promuovere la continuità
assistenziale, favorire l’integrazione tra gli operatori, ridurre la variabilità clinica, diffondere la medicina
basata sulle prove e utilizzare in modo congruo le risorse. Per poter essere declinati in forma concreta
nell’organizzazione, è necessario che vengano pensati, discussi, elaborati gestiti e veicolati in forma
dinamica nel sistema.
Per fare tutto ciò serve lo strumento “riunione”.
Le riunioni sono uno strumento di operatività per il lavoro di gruppo. Una riunione è l’atto o il processo
dell’incontrarsi per uno scopo comune. Alcuni scopi possono essere:
mettere a disposizione informazioni;
ricevere informazioni;
suscitare idee nuove;
analizzare e risolvere problemi;
prendere decisioni di gruppo;
spiegare problemi oppure obiettivi e cercare appoggio;
dare consigli;
motivare gli operatori.
Le funzioni di una riunione possono essere sintetizzate in:

stabilizzatrice: occasione in cui ognuno percepisce se l’intero gruppo raffronta, misura;

educativa e di crescita: dove è possibile sviluppare momenti in cui il gruppo rivede, aggiorna,
aggiunge conoscenze, giudica, aumenta la rapidità e l’efficacia delle comunicazioni;

produttiva: “mente sociale”, dove il gruppo con spirito creativo produce idee, piani, decisioni
migliori di quelle elaborate dal singolo individuo;

supporto: in aiuto al singolo nel comprendere la finalità collettiva del gruppo e come il proprio
lavoro possa contribuire al successo del gruppo stesso;

identitaria: il creare impegno in tutti i partecipanti, un impegno per le decisioni da prendere e per
gli obiettivi da raggiungere
La riunione è quindi uno strumento per migliorare le attività. Come tutti gli strumenti se non sono utilizzati
correttamente divengono inefficaci. Perché non diventi uno strumento inefficace:
dobbiamo sapere come rendere le riunioni interessanti e fruttuose; l’agenda dell’ordine del giorno deve
contenere pochi punti e avere un tempo ben definito;
dobbiamo dare idee e ricevere idee;
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è necessario condurre i partecipanti a comprendere queste idee, motivarli ad accettarle e convincerli a
usarle.
Vi sono vari tipi di riunione. Le più comuni sono:
la conferenza;
il dibattito;
il seminario;
la riunione libera, che serve per risolvere un problema o al fine di ricercare informazioni;
la riunione controllata; il suo scopo è quello di vagliare accuratamente i pro e i contro, rispondere alle
possibili obiezioni, raccogliere consensi dal gruppo e adottare tutti i suggerimenti proposti dal gruppo su un
determinato argomento, dare comunicazioni.
Una riunione è una occasione in cui tutti partecipano alla discussione di un determinato argomento sotto la
guida di una persona che gestisce la discussione e che ha determinato lo scopo da raggiungere. La riunione
richiede quindi una precisa tecnica per la sua conduzione. Esistono due fasi che conducono a una buona
tecnica di guida della riunione:
la preparazione alla conduzione della riunione;
il metodo e i mezzi con i quali condurre la riunione.
La preparazione alla conduzione della riunione richiede:
il preparare un programma attraverso un ordine del giorno;
il preparare lo svolgimento della riunione;
il preparare in modo conveniente il luogo della riunione.
La conduzione di una riunione richiede alcune regole di carattere generale, quale il cosa fare e il cosa non
fare.
Il cosa fare è mettere a proprio agio, non parlare eccessivamente ma utilizzare il gruppo coinvolgendolo,
proporre un solo argomento per volta, dare il proprio parere solo quando vi è la necessità o quando è
necessario sapere dal gruppo una certa notizia, riassumere frequentemente e assicurarsi che esista
l’accordo di gruppo, fissare lo scopo e far rimanere i partecipanti in argomento, essere puntuali nell’iniziare
e soprattutto nel terminare.
Cosa non fare è imporre il proprio pensiero ai partecipanti, dare troppi concetti, perdere il controllo della
riunione con scatti di ira, manipolare.
In una riunione possiamo avere vari tipi di partecipanti. In realtà è meglio definirli stati d’animo individuali
in quanto il comportamento di un partecipante a una riunione è in relazione all’argomento che viene
trattato e a come lo stesso viene condotta. Ad esempio: un partecipante può rivelarsi polemico in relazione
a un argomento che si sta trattando e sul quale si sente esperto, ma la stessa persona in altre occasioni può
mostrare un altro comportamento.
La gestione di una riunione utilizza una metodologia precisa. Essa prevede la messa a proprio agio dei
partecipanti, l’apertura della riunione, la presentazione dell’argomento o argomenti da discutere, la
conduzione e il riepilogo della discussione e i punti da tenere bene presente. Si può ottenere la messa a
proprio agio dei partecipanti:
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facendo domande al gruppo (esempio: quali sono i motivi per cui…? Quali esperienze vi suggeriscono…?);
facendo parlare tutte le persone;
non usando l’argomento della messa a proprio agio come aggravio all’obiettivo che vuol raggiungere la
riunione;
facendo un uso parsimonioso delle domande dirette alle persone.
L’apertura della riunione prevede di:
definire sempre il concetto;
scrivere l’obiettivo; ciò significa impedire di uscire fuori tema sull’argomento;
definire il procedimento da seguire, cioè cosa significa, che tipo, a cosa serve, quando serve;
comunicare il tempo di inizio e di fine della riunione.
La presentazione dell’argomento o degli argomenti da discutere necessita di non iniziare mai con domande
dirette. Formulare sempre domande al gruppo. Iniziare con una domanda indiretta al gruppo può spesso
introdurre l’argomento da discutere.
La conduzione della discussione prevede:
far intervenire tutti, altrimenti chi non interviene può distrarsi;
prepararsi uno schema con i nomi di tutti i partecipanti e segnare l’intervento di ognuno; valutare e
identificare ogni tanto chi interviene poco;
ignorare chi interviene troppo e servirsene per riepilogare alla fine;
non rimproverare direttamente ma, se per esempio qualcuno si distrae, la soluzione può essere quella di
far riassumere a un collega e porre al diretto una domanda alternativa;
non cadere mai in discussione con uno dei partecipanti;
impedire che lo stesso partecipante si distragga più volte; suggeriamo di fargli una domanda e invitarlo ad
analizzare un problema; se la situazione si prolunga, è necessario trovare un argomento da messa a proprio
agio o ancora meglio capire perché si distrae;
non parlare mai più del dieci per cento del tempo;
intervenire a riassumere quando il punto e l’argomento ha raggiunto un punto di arrivo;
scrivere il punto;
trovare il modo di far intervenire tutti.
Il riepilogo della discussione prevede:
fare, nell’esporre i punti, degli esempi pratici;
stare attenti al tempo;
ringraziare il gruppo alla fine della riunione.
I punti da tenere bene presente sono:
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pianificare prima quello che si vuol dire;
dire esattamente ciò che si vuole;
a domande rispondere chiarendo bene;
riepilogare spesso;
fare esempi pratici;
redigere un verbale che ha lo scopo di codificare e ricordare ciò che è stato deciso dal gruppo di lavoro.
I vari tipi di partecipanti (comportamenti) che si possono avere in una
riunione di gruppo
I comportamento dei partecipanti a una riunione possono essere di diverse tipologie.
Lo “zelante”:
cerca davvero di essere utile, in realtà complica le cose;
esclude gli altri.
Che cosa fare
bloccarlo gentilmente, facendo delle domande agli altri;
ringraziarlo, chiarendo di dovere dare spazio agli altri;
dargli l’incarico di riepilogare la discussione.
Il “divagatore”:
parla di tutto meno che dell’argomento in discussione;
usa analogie improprie, si perde per strada.
Che cosa fare
ringraziarlo, richiamando la sua attenzione sul vero argomento della riunione e proseguendo;
dirgli che le sue osservazioni sono molto interessanti e fargli cortesemente capire che la discussione è
andata fuori tema.
Il “brontolone”:
è affezionato a certi argomenti;
è un contestatore di professione;
ha dei motivi legittimi di reclamo.
Che cosa fare
fargli notare che non si possono cambiare le politiche aziendali in quella sede e che il problema è operare
nel migliore dei modi all’interno del sistema;
dirgli che il tutto potrebbe essere discusso in un altro luogo;
fargli rispondere da uno dei partecipanti;
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fargli capire che il tempo a disposizione è poco.
La “conversazione appartata”
può avere a che fare con l’argomento della riunione;
può essere di carattere personale;
distrae tutti.
Che cosa fare
non metterli in imbarazzo; richiamarne uno per nome facendogli una domanda semplice;
chiamarne uno per nome, ripetendogli l’ultima osservazione o idea del gruppo e chiedendogli la sua
opinione.
“Quello che vuole sapere l’opinione dei presenti”:
cerca di far scoprire le persone;
cerca di farsi appoggiare riguardo un certo punto di vista.
Che cosa fare
far risolvere il problema dai partecipanti e non prendere le parti di nessuno;
sottolineare che il punto di vista importante è quello dei partecipanti;
sentire che cosa ne pensano alcuni dei presenti.
“Quello che non parla”:
Diverse possono essere le motivazioni del mutismo, quali:
annoiato, indifferente;
timido, insicuro;
si sente superiore.
Che cosa fare
cercare di risvegliare il suo interesse sollecitando la sua opinione;
far parlare la persona che gli sta accanto e poi chiedere al tipo silenzioso di dire la propria opinione su ciò
che è stato detto;
se si considera superiore, domandare la sua opinione dopo avergli detto come tutti comunque rispettino la
sua esperienza;
se di solito non parla, complimentarsi con lui la prima volta che interviene.
L’“incongruo”
non è capace di trasformare i pensieri in parole;
ha un’idea ma non sa esprimerla;
ha bisogno di aiuto.
Che cosa fare
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ripetere quello che ha detto ma in modo più chiaro;
rigirare le sue parole il meno possibile, ma in modo che il senso sia chiaro.
“Quello assolutamente in errore”
Dice qualcosa che è palesemente sbagliato.
Che cosa fare
riferire che quello che riporta potrebbe essere un altro modo di vedere il problema;
interromperlo chiedendo il pensiero degli altri;
fare intervenire i partecipanti.
Il “polemico”
ha un carattere aggressivo
è un destabilizzatore;
in alternativa, normalmente è una persona tranquilla ma nel momento della riunione è turbato da problemi
personali o di lavoro.
Che cosa fare
fare in modo che il resto del gruppo non si faccia trascinare;
sforzarsi di individuare qualcosa di positivo in una delle affermazioni da lui fatte dichiarandosi d’accordo
per passare a un altro argomento;
se fa affermazioni chiaramente sbagliate, lasciare che sia il gruppo a smontarle;
cercare la sua collaborazione.
Il “conflitto di personalità”
Quando due o più persone si scontrano, possono dividere il gruppo in fazioni.
Che cosa fare
sottolineare i punti su cui l’accordo è generale, minimizzando i punti di attrito.
L’“ostinato’”
non si spiega;
ha dei pregiudizi;
non ha capito il vostro punto di vista.
Che cosa fare
girare al gruppo le sue affermazioni e fare in modo che sia il gruppo a convincerlo;
dirgli che il tempo è limitato, che si sarebbe lieti di discuterne con lui più tardi e che per il momento accetti
il punto di vista del gruppo.
Il “fuori tema”:
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non è un divagatore, esce fuori dal seminato.
Che cosa fare
riformulare il problema, scrivendolo alla lavagna.
Il “logorroico”:
può essere uno “zelante” o uno che ama mettersi in mostra;
può anche essere eccezionalmente ben informato e volerlo dimostrare;
può essere semplicemente prolisso.
Che cosa fare
non essere né scortesi, né sarcastici; si potrebbe avere bisogno più tardi delle sue qualità;
frenarlo con qualche domanda difficile.
La Delega
Il modello organizzativo dell’unità operativa richiede anche l’utilizzo del processo di delega.
Significato di Delega
La delega è la condivisione del potere nell’esecuzione delle attività. Più estesamente è il processo che porta
chi gestisce ad affidare alcune delle proprie attività a una o più collaboratori con l’autorità necessaria per
poterle effettuare. È una modalità con cui si affida parte della responsabilità a un collaboratore per
raggiungere un obiettivo, mantenendo la responsabilità in toto. La responsabilità complessiva rimane
quindi di chi la delega anche se il delegato sbaglia.
La delega consente ai collaboratori di crescere e di svilupparsi, imparando anche dai loro stessi errori. La
delega consta di quattro fasi:

si assegnano determinati obiettivi concordati con un proprio collaboratore;

il collaboratore accetta la delega assumendosene la responsabilità;

si conferisce al collaboratore l’autorità occorrente al conseguimento di quegli obiettivi;

si valuta l’azione del collaboratore secondo i risultati che questi ottiene in tale responsabilità.
Si possono delegare attività tattiche quali:

le attività tecnico-operative (ad esempio: assistenza tecnica, verifiche operative, ecc…);

le attività di relazione (riunioni, gruppi di lavoro, telefonate, ecc…);

le attività burocratico-amministrative (coordinamento amministrativo, contabilità, ecc..);

ma si possono delegare anche attività manageriali quali:

parti di management quali le decisioni di investimenti, le strategie aziendali o altro;

parti di integrazione organizzativa quali il reporting o i rapporti interfunzionali o altro;

parti di sviluppo professionale quali la formazione del personale o l’ aggiornamento o altro.
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Due sono le variabili principali: l’urgenza e l’importanza. È urgente ciò che deve essere portato a termine
entro un lasso di tempo definito; è importante ciò che, se fatto, comporta risultati significativi per la
struttura, però con un tempo lungo.
Per avere successo è importante concentrare l’attenzione su ciò che è importante e meno su ciò che è
urgente. Di solito si reagisce all’urgenza (tempo) a scapito dell’importanza (risultati). Questo è un concetto
ispiratore sulla necessità di delegare.
Natura della delega e elementi costituenti
La natura della delega può essere organizzativa (istituzionale) o per obiettivi (manageriale). L’organizzativa
è in termini di finalità; aree di responsabilità; compiti ed è stabile nel tempo. Quella per obiettivi è in
termini di obiettivi specifici; responsabilità; autorità ed è a tempo determinato.
I fattori che la delega ha in sé sono: l’autorità, il potere e la responsabilità; dalla loro interazione risulta
l’efficacia o l’inefficacia della delega. L’autorità è il diritto di fare qualcosa in ordine al conseguimento degli
obiettivi dell’organizzazione. Il potere è la facoltà di influire sugli individui, sui gruppi, sugli eventi e sulle
decisioni. Il potere è molto legato alla leadership.
È importante ricordare che non si perde il proprio ruolo se si fa partecipare gli altri al potere. L’apertura alla
partecipazione è addirittura il modo migliore per aumentare il proprio potere. Condividere il potere non è
gettarlo via, così come delegare non è abdicare. La responsabilità è l’obbligo per chiunque di accettare
un’autorità che viene delegata.
La delega è costituita da alcuni elementi importanti:

la responsabilità che è l’impegno contratto dal collaboratore nei confronti di colui da cui è gestito
di conseguire obiettivi o realizzare attività;

il reporting che è l’impegno del collaboratore di informare il manager degli sviluppi delle attività
oggetto della delega;

l’autorità che è il riconoscimento di disporre delle risorse;

l’autorità formale che è l’ambito definito di azione per l’utilizzo delle risorse necessarie
all’assolvimento della responsabilità;

l’autorità personale che è il possesso delle capacità necessarie ad ottenere la disponibilità delle
risorse;

l’autorità effettiva che è utilizzo delle risorse.
Una decisione, non importa quanto grave e difficile, dovrebbe essere presa al più basso livello direttivo
possibile. Se è vero che tutte le persone ottengono più o meno risultati dal loro lavoro, se sono motivati
allora otterranno non solo risultati ma successo. La miglior motivazione al successo è quindi la delega. Le
capacità gestionali delle persone si valutano anche dalle loro capacità di delegare attività e dal modo in cui
le delegano.
L’essenza della gestione consiste nel fare in modo che le persone più adatte svolgano il lavoro che si è
programmato e nell’assicurarsi che esse continuino a farlo bene. Esistono delle ragioni inconsce del perché
spesso non si delega. Esse sono:

paura di non essere all’altezza del proprio compito; senso di insicurezza di chi gestisce, che gli rende
insopportabile il pensiero di doversi assumere la responsabilità degli errori dei collaboratori;

esagerato senso della perfezione;

mancanza di fiducia nella capacità altrui;
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
difficoltà di ammettere, anche a se stessi, che altri possano essere migliori e che si possono avere
dei collaboratori più bravi di noi stessi: la delega da parte di chi gestisce e l’accettazione della
medesima da parte del collaboratore richiede che fra i due esista una relazione leale e solida basata
sulla fiducia reciproca;

paura, da parte di chi gestisce, che delegando troppo non gli rimanga molto da fare;

timore di non ottenere credito personale per i risultati positivi ottenuti dalla propria equipe di
collaboratori;

lassitudine, desiderio di essere benvoluti, mancanza di fermezza; tutti questi fattori impediscono
cioè di esigere dalla risorsa umana impegno nelle attività che si potrebbero delegare.
La Delega efficace e i suoi vantaggi
Esiste una prassi precisa per delegare efficacemente. Essa è costituita:

dallo spiegare il perché degli obiettivi e delle attività;

dal verificare la disponibilità e la professionalità del collaboratore;

dal delegare per gradi crescenti;

dal tollerare un margine di errore;

dal verificare “durante” la delega;

dal non “scavalcare il delegato” per salvare la situazione, ma agire attraverso lui;

dal negoziare lo stile di supervisione.
Imparare a delegare e farlo realmente è una delle abilità più complesse. La corretta applicazione della
delega non è assicurata dalla profonda conoscenza dell’insieme delle tecniche, che vengono formulate a
questo riguardo, né dal desiderio o dalla convinzione che conviene farne uso. Non si tratta principalmente
del possesso di certe conoscenze, ma di uno stato d’animo e di un modo di fare. Delegare, dunque, più che
una modifica dell’organigramma o una redistribuzione delle attività è uno stato d’animo. Chi non penetra in
questo stato d’animo non potrà delegare con probabilità di successo.
Per riuscirvi si dovrà modificare certi atteggiamenti personali e poi aspettare con pazienza che la propria
disposizione d’animo venga avvertita dai propri collaboratori, i quali risponderanno all’appello con un
mutato atteggiamento nei propri riguardi. Il successo di chi gestisce sta proprio nell’abilità di moltiplicare se
stesso in altre persone. La delega contribuisce a rafforzare sia l’individuo, sia l’azienda. Poiché il materiale
con cui si ha a che fare è l’uomo, lo strumento più utile per lavorarlo è la delega.
Attraverso la delega le energie e le capacità di ciascun individuo vengono imbrigliate e organizzate in modo
da poter ottenere che le cose vengano fatte con l’intervento dei collaboratori. L’organizzazione senza
delega è un pezzo di carta inutile, mentre il delegare senza esercitare controllo equivale a trascurare i
propri compiti e quindi ad abdicare. Non esistono “delegatori nati”. L’abilità si acquisisce, ma poiché si
tratta più di un’arte che di una scienza, studiarla a tavolino non basta.
È indispensabile l’applicazione pratica, per gradi e a lungo prima di potersene impadronire appieno.
Occorre esercitare il proprio potere tramite le persone, anziché sulle persone. Occorre ricordare che:

la fiducia genera fiducia;

è necessario motivare e non giustificare;

è importante lasciare le persone libere di agire;
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
è indispensabile lodare in pubblico e se necessario rimproverare in privato;

il successo incoraggia, mentre la paura inibisce;

la partecipazione favorisce la motivazione;

è fondamentale comunicare e non scontrarsi.
Il processo di delega porta notevoli vantaggi in un’U.O.; essi possono essere così elencati:

moltiplica la produttività, una motivazione per risultati produce il successo;

dà, permette e offre tempo per chi gestisce;

elimina lavori inutili;

promuove l’efficienza dell’organizzazione;

facilita il decentramento e la diversificazione;

agevola la partecipazione;

aumenta la flessibilità;

aumenta la soddisfazione;

fornisce varietà e novità;

sviluppa le capacità;

permette la valutazione personale;

aumenta la managerialità.
È possibile favorire il processo di delega? Innanzitutto il delegare presuppone l’impiego di caratteristiche
umane positive. Per delegare efficacemente, si deve essere preparati a sacrificare tempo, interessamento e
sforzi, senza avere la sicurezza della resa immediata. Occorre molta umiltà e semplicità. La persona che
delega deve accettare il fatto che altri possano essere capaci di fare tutto o parte del suo lavoro altrettanto
bene o ancora meglio di quanto non possa fare egli stesso. Il clima deve essere ispirato all’ottimismo e
proiettato nel futuro.
Una persona che delega deve essere pronta a scommettere sulle persone che da lui dipendono, fino
all’ultimo gradino della responsabilità. In tutto questo processo si deve avere fiducia e autocontrollo. Si
deve credere a sufficienza nel proprio collaboratore per lasciarlo liberamente operare. Nello stesso tempo,
ci si deve trattenere dal fornire consigli o suggerimenti eccessivi, per non dare la sensazione di volere far
prendere la decisione prediletta.
Gli obiettivi della delega e le situazioni in cui è necessaria
Gli obiettivi della delega, cioè i risultati che si vogliono raggiungere più che i modi, devono essere stabiliti e
comunicati al collaboratore in termini ben precisi. Occorre stabilire un preciso sistema di verifiche per
valutare se la delega è nella direzione giusta e se dà i frutti desiderati. Quando si è sicuri di aver istituito
verifiche efficaci, ci si sentirà più inclini a delegare.
È importante scegliere con cura la persona a cui si intende delegare. Il modo più certo, comunque, per
determinare se la persona è in grado di svolgere un determinato compito, è di metterla alla prova. Si è
detto più sopra che la delega si dà per gradi; si potrà quindi mettere alla prova un collaboratore prima con
una attività non troppo gravosa, poi con una un po’ più difficile e, se dimostrerà di essere capace, con una
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ancor più complessa. Occorre inoltre stabilire con la persona a cui s’intende delegare quali siano le risorse a
sua disposizione e quali i limiti entro i quali goda di assoluta libertà di azione.
Già nella fase preparatoria si fisseranno col collaboratore:

gli obiettivi da raggiungere;

le altre persone alle quali può rivolgersi per aiuto; queste devono essere a loro volta avvertite;

le istruzioni che egli può emanare e a chi; anche in questo caso le persone interessate devono
essere avvertite;

la facoltà di prendere provvedimenti;

la data limite entro la quale la delega ha un termine nel caso si tratti di una delega temporanea;

i rapporti che deve inviare alla persona a cui risponde e con quale frequenza.
Le persone alle quali ci si accinge ad affidare un compito vanno sempre motivate in modo che lo svolgano
con entusiasmo e buona volontà. La motivazione è di estrema importanza nel processo di delega. Occorre
essere sempre preparati ad ammettere errori.
Ciò deve essere previsto in modo che le conseguenze dell’eventuale errore possano essere gestite. Il rischio
può essere elevato se è la prima volta che si delega quell’individuo.
È necessario dare la massima assistenza alla persona che viene delegata.
Occorre ricordare che delegare non significa abdicare, per cui la nostra presenza morale è necessaria; ciò è
ovvio soprattutto se il collaboratore ha bisogno di aiuto.
Occorrerà dargli la possibilità di discutere quanto e come voglia.
Bisogna poi saper valutare obiettivamente i risultati ottenuti dal collaboratore.
È importante l’aver considerato tutte le attività suscettibili di essere delegate così come il fare in modo che
la delega vada oltre i nostri diretti collaboratori in quanto anch’essi a loro volta possano delegare alcune
attività ai loro collaboratori e che lo facciano secondo le migliori regole.
Ciò aggiungerà forza e flessibilità all’organizzazione.
Esistono alcune situazioni nelle quali la delega è necessaria:

quando l’attività da eseguire è complessa e richiede di essere suddivisa in parti più semplici e più
adatte alle diverse capacità dei singoli;

quando i collaboratori chiedono di essere messi alla prova o dimostrano di meritare maggiori
responsabilità;

quando l’attività in questione può essere organizzata in modo da affidare ad altri alcune parti
definibili con precisione e che non presentano eccessivi rischi;

quando vi sono altri che possono eseguire quella determinata attività meglio, più in fretta o a un
minor costo del delegante;

quando servono più alternative da analizzare;

quando le decisioni sono ormai prese e vanno solamente applicate.
Vi sono invece delle situazioni nelle quali non bisogna delegare. Esse sono:

quando l’attività da eseguire è assolutamente vitale e dovete esser sicuri che venga svolta in tempo
reale;
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
quando i collaboratori resistono alla delega con ostinazione, oppure sono poco motivati ad
assumersi responsabilità più ampie;

quando l’attività in questione richiede grande sensibilità e profonda conoscenza e la vostra
sostituzione da parte di altri sarebbe fuori luogo;

quando la riservatezza è d’obbligo e sarebbe sbagliato aspettarsi che altri se ne assumano la
responsabilità;

quando l’attività è tanto vaga e poco definita da lasciar supporre che i collaboratori sprecherebbero
troppo tempo e troppo risorse nel cercare di decidere che cosa fare.
Chi delegare
Anche l’identificazione del delegato merita un approfondimento; esso può essere trovato tra:

tutti i collaboratori;

tutti i collaboratori con un potenziale;

tutti i collaboratori in sviluppo.
Il concetto è che la delega non si nega a nessuno, a patto che il delegato abbia effettivamente le
conoscenze, le capacità e le motivazioni adatte e adeguate che comunque gli possono anche esser fornite
tramite un processo continuo di crescita e sviluppo situazionale. Potremo concludere dicendo che la delega
genera fiducia.
Con la fiducia verso il collaboratore si favorisce la partecipazione reale, il consenso convinto e la certezza e
la sicurezza delle attività. Questa è la partenza che, se ben percepita e accettata, provoca nel collaboratore
una spinta a un miglioramento dello spirito di iniziativa, maggior dedizione e apertura agli aspetti aziendali
condivisi, che possono tradursi poi in veri risultati apprezzabili, in soddisfazione e orgoglio personale e in
una comunicazione tra chi delega e il delegato aperta, sincera, efficiente e soprattutto efficace. Quando
tutto ciò accade tutti questi elementi portano a una conferma della fiducia reciproca.
Perché delegare
Potremo concludere che anche la non delega crea sfiducia. Il non delegare, infatti, genera sfiducia tra chi
dovrebbe delegare e chi potrebbe assumersi la delega. Con la sfiducia, inconscia o meno, si insinua nella
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mente di chi dovrebbe delegare una serie di azioni che si incentrano sul controllo della persona e non sulla
verifica dei risultati, sull’adozione di uno stile di gestione autoritario che non lascia spazi di apertura e sulla
possibilità di avere infiniti dubbi sull’opportunità di delegare, in quanto si diviene sempre più certi della
incapacità del collaboratore, senza peraltro aver fatto niente per renderlo capace, visto che potenzialmente
lo è.
Questo comporta una serie di reazioni da parte del collaboratore che spesso di estrinsecano nell’apatia, nel
disinteresse, nel risentimento, nell’incertezza e che preludono fatalmente a fallimenti operativi, a operare
con trascuratezza e senza alcuna apertura; ciò porta a confermare la reciproca sfiducia che aggrava il
quadro sempre più intensamente.
Colui che delega attraverso la condivisione della responsabilità, dell’autorità e del potere ha più probabilità
di raggiungere il successo, grazie all’impegno dei suoi collaboratori, e, attraverso un ovvio processo di
verifica, potrà migliorare i contenuti della delega.
È indubbio che l’esercizio della delega ha di riflesso anche quello di elevare la motivazione intrinseca ed
estrinseca del collaboratore che può agire in maniera più impegnativa e diretta per ottenere quei risultati
relativi agli obiettivi dell’U.O. che portano al successo U.O. stessa. Ma il successo dell’U.O. si riflette sul
dipendente, che ha agito con impegno e che ne ha ricevuto riconoscimento e soddisfazione e dall’altra
parte il successo si riflette anche su chi ha efficacemente delegato.
DELEGA
MOTIVAZIONE
PER RISULTATI
SUCCESSO
DIPENDENTE
DELEGATO
COLUI CHE HA
DELEGATO
AZIENDA E
U.O.
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Il Brainstorming (tempesta di cervelli)
Il brainstorming è la tecnica di pensiero creativo più conosciuta e utilizzata; fu proposto da Alex Osborn, un
pubblicitario di New York, il quale notò che nelle riunioni per la definizione degli slogan pubblicitari, l’80%
del tempo era perso per criticare e demolire le idee altrui.
Pensò di dividere la riunione in due momenti: 45 minuti a “ruota libera”, in cui ognuno poteva esprimere
liberamente tutto ciò che gli passava per la testa senza timore di essere “criticato”, e 45 minuti di
valutazione ed analisi critica delle idee emerse.
La tecnica piacque e fu subito adottata localmente ma ebbe il suo apice di visibilità a partire dal 1957,
grazie alla pubblicazione del libro Applied Imagination.
Si basa sul principio che le idee si innescano l'una con l'altra, dando vita a un panorama esteso e
diversificato di opzioni su cui attivare successivamente ipotesi di ragionamento.
Le idee raramente vengono completamente formate e confezionate, si può imparare a sviluppare un’idea, a
prendere gli elementi di successo nell’idea abbozzata da qualcun altro e portarli alla realizzazione.
In una seduta di brainstorming, classicamente, le idee vengono fatte “circolare” coralmente, ma in casi
particolari (situazioni conflittuali), si può usare il metodo scritto, su bigliettini che vengono aperti a caso dai
partecipanti e letti in silenzio per stimolare le proprie idee e aggiungerne altre.
Può essere un efficace strumento di operatività e un momento collettivo in cui il lavoro di ciascuno, eleva
alla massima potenza la creatività di tutti.
Elementi fondamentali del Brainstorming
Per effettuare un corretto brainstorming occorre:

definire il problema;

aiutare le persone a comprendere il problema, evidenziando le informazioni di background e la
storia;

chiarire lo scopo, che è quello di capire quanti modi possono esserci per risolvere un problema;

puntare a generare il maggior numero di idee. Le persone dovrebbero scrivere le idee su una
lavagna. Concedere il tempo per riflettere e verificare che non vengano effettuate osservazioni
critiche;

stabilire i criteri per selezionare le idee fallibili e scegliere le migliori
Linee guida per il Brainstorming
Di seguito si riportano delle linee guida per un brainstorming efficace:
Sospendere il giudizio. Lasciare via libera all’immaginazione, trattenendo la valutazione critica delle idee
fino a un momento successivo. Accettare le idee senza giudicarle.
Andare a ruota libera. Evitare di frenare le menti e seguire il flusso delle idee.
Puntare alla quantità. Più è alto il numero di idee, maggiore è la probabilità di trovare quella giusta.
Combinare e migliorare. Ascoltare le idee di tutti e valutare se si possono sviluppare.
Non rivedere. Le idee non dovrebbero essere elaborate o difese, ma solo formulate rapidamente e
registrate.
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Uno dei motivi principali per cui il brainstorming è utile è che aiuta a liberarsi dalla “fissità funzionale”.
Abbiamo l’idea fissa, ad esempio, che una cosa abbia solo una funzione e che non serva ad altro.
Eliminando l’utilizzo di questa funzione familiare, la mente è libera di considerare altre possibilità.
E dopo il Brainstorming?
pensiero “verticale” e pensiero “laterale”
Attraverso la tecnica del brainstorming, si può sviluppare agevolmente quella parte di pensiero chiamato
“pensiero laterale”.
Solitamente siamo abituati a pensare in maniera logica, sequenziale secondo una modalità che si fonda
sulla programmazione lineare di una serie di gradini logici da affrontare uno dopo l’altro, modalità chiamata
“pensiero verticale”.
Quindi, una forma di pensiero logico-deduttivo, indicatore di una mente che “ragiona” e si orienta verso
risposte ai quesiti in forma precisa e certa, secondo regole codificate e percorsi già presenti sottoforma di
schemi.
A questa modalità, però, se ne può aggiungere, in senso complementare, una seconda molto interessante e
utile alla risoluzione dei problemi, il pensiero così detto “laterale”
Valutare un problema, porsi un quesito e cercarne la risposta secondo il pensiero laterale, prevede la
ricerca deliberata di nuove prospettive, nuovi punti di vista da cui esaminare il problema.
Posizioni altre e visuali, che permettano di smantellare gli schemi percettivi “classici”, spesso cementati e
rinforzati dalle certezze e dalle esperienze.
Diventa un esercizio dove il pensiero diventa “esplorativo” fino a generare nuove idee, nuovi concetti.
Attraverso il pensiero laterale si tende a divergere dal “certo”, dal “noto”, ipotizzando strade diversificate
per raggiungere la meta.
Edward De Bono è considerato la massima autorità nel campo del pensiero creativo e dei meccanismi della
mente (ha scritto numerosi libri ed ha insegnato in prestigiose Università come Cambridge, Oxford, Harvard
e Londra).
A titolo esemplificativo, De Bono propone una metafora utile alla comprensione delle differenze esistenti
tra pensiero laterale e verticale:
“se mettiamo una bottiglia, con dentro delle mosche e delle api, in posizione orizzontale con il fondo rivolto
verso una finestra, noteremo che le api cercheranno ostinatamente la via di uscita in direzione della
finestra senza successo, mentre le mosche agitandosi in tutte le direzioni troveranno la via d’uscita
attraverso il collo della bottiglia.”
Come sintesi conclusiva, possiamo quindi affermare che il brainstorming aiuta pertanto a far circolare le
idee affinché possano essere prodotte risposte multiple e diversificate (creative), tendenti alla risoluzione
dei problemi.
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Glossario
Appropriatezza
Misura della capacità di fornire - al livello di assistenza più idoneo – un intervento efficace per uno specifico
soggetto (paziente) nel rispetto delle sue preferenze individuali e dei suoi valori culturali e sociali.
È utile distinguere tra appropriatezza clinica, intesa come la capacita di fornire l’intervento più efficace date
le caratteristiche e le aspettative di un determinato paziente, e appropriatezza organizzativa, intesa come
capacità di scegliere il livello assistenziale più idoneo alla erogazione delle cure.
Azienda sanitaria
Soggetto giuridico, pubblico o privato, che offre attività o prestazioni sanitarie.
Azienda sanitaria pubblica: azienda senza finalità di reddito (non profit).
Si prefigge come scopo l’acquisizione e/o l’erogazione di servizi di interesse collettivo primario.
Customer Satisfaction
Insieme di metodi e modelli fondati sulla ricerca sociale, sviluppati a partire dagli anni ’90 soprattutto dalle
imprese di mercato, per la rilevazione del grado di soddisfazione del cliente.
Delega
Atto col quale si designa chi agisca per noi in generale o in un singolo rapporto.
Motivazione
Esposizione dei motivi per cui si fa una determinata cosa; capacità intrinseca dell’individuo a recuperare
energie per la realizzazione di un progetto, il soddisfacimento di un obiettivo.
Obiettivo
Particolare elemento del processo manageriale. Meta che ci si propone di raggiungere.
Pensiero Laterale
Modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio indiretto ovvero l'osservazione del
problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su
una soluzione diretta al problema
Pensiero Verticale
Modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio diretto, utilizzando dei schemi mentali
consolidati (lineari e sequenziali)
Pianificazione
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Atto, effetto del pianificare; processo revisionale per tenere monitorate le azioni.
Organizzazione
Componente importante di un sistema, nel quale si aggregano risorse umane, materiali, tecnologiche.
L’organizzare, l'essere organizzato; il modo con cui si organizza qualcosa organismo, associazione.
Bibliografia

Andreani Dentici, O. (2001). Intelligenza e creatività. Roma: Carocci.

Barken A. (2003). Saper creare idee con il brainstorming. Legnano: Edicart.

De Bono, E. (1998). Creatività e pensiero laterale. Manuale di pratica della fantasia. Milano: Rizzoli.

De Sario P. (2010). La riunione che serve. Metodi collaudati per incontri di lavoro a “forterelazione”, costruttivi e concreti. Milano: Franco Angeli.

Goleman, D., Ray, M., Kaufman, P. (2001). Lo spirito creativo. Milano: Rizzoli.

Zatta D. (2008), Management strategico. Milano: Hoepli.
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Questionario ECM
1) Se in una riunione si verifica una situazione di “conversazione appartata” come si interviene?
a) richiamateli alla loro responsabilità
b) fate anche voi una conversazione appartata con altri partecipanti
c) metteteli in imbarazzo con richiesta complessa
d) chiamatene uno per nome e fategli una domanda semplice
2) Cos’è la delega:
a) lo scaricare sugli altri un compito
b) impartire direttive
c) l’essenza della gestione aziendale
d) conferire autorità a uno o più collaboratori
3) La delega è costituita:
a) responsabilità
b) reporting
c) autorità
d) tutte le risposte indicate
4) Si delega solo a:
a) il gruppo
b) alcuni partecipanti del gruppo di lavoro
c) il singolo
d) altra unità operativa
5) Se in una riunione è presente un polemico come si interviene?
a) invitatelo ad uscire
b) richiamatelo all’ordine
c) creategli una situazione di difficoltà
d) individuate qualcosa di positivo in ciò che ha detto
6) L’operatività di una unità utilizza strumenti quali:
a) linee guida, protocolli e procedure
b) riunioni
c) brainstorming
d) tutte le risposte indicate
7) Se in una riunione avviene un scontro di personalità
a) ignorare il conflitto
b) invitarli ad uscire
c) richiamarli fermamente
d) sottolineare i punti in cui l’accordo è generale
8) La delega aumenta:
a) motivazione e comunicazione
b) ambizione e stipendio
c) carriera e incentivi
d) conflitti e discussioni
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9) Si delega:
a) quando il collaboratore è arrivato alla fase di sviluppo
b) quando ci sono tante attività da svolgere
c) quando ci si deve assentare per un convegno
d) quando non si sa chi deve fare le cose
10) “Brainstorming”:
a) significa tempesta di cervelli
b) significa cervello in tempesta
c) è un sinonimo di crisi epilettica
d) nessuna delle risposte indicate
11) Quali attività si possono delegare
a) tecnico-operative
b) attività di relazione
c) parti di management
d) tutte le risposte
12) Quante sono le fasi della delega
a) 4
b) 3
c) 1
d) 2
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