Giovedì 5 Febbraio 2015 Marketing Oggi 15 È IN EDICOLA L’EVOLUZIONE DI www.classabbonamenti.com IL QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI DI MARKETING, MEDIA E PUBBLICITÀ Oracle: le aziende non usano tutti i dati dei consumatori che hanno, serve il Modern marketing Il brand ha un messaggio per te Comunicazione personalizzata: si vende 20 volte di più I DI ANDREA SECCHI l venditore non l’ha mai vista prima, però sa che la signora che sta entrando nella sua concessionaria d’auto è molto attenta all’ambiente, preferisce una vettura di taglia piccola e ha già in mente tutti gli optional che vorrebbe. Non gli resta che toccare le giuste corde parlando del modelli eco-friendly, proporre una prova su strada e presentarle l’offerta personalizzata. La vendita è a un passo. Che cosa è successo in precedenza? Che il marchio d’auto ha capitalizzato tutti i dati del consumatore-utente raccolti ed è riuscito a preparare un’esperienza in grado di coinvolgerlo realmente. Prima che la signora andasse in concessionaria, infatti, aveva fatto una ricerca sul web per capire quale fosse l’auto più adatta alle sue preferenze ed era arrivata al sito del produttore di auto. Una visita ancora anonima, ma sufficiente per innescare un primo contatto, con l’azienda pronta a registrare tutto. È probabile, poi, che la signora abbia deciso di condividere l’auto dei sogni su un social network o che sia passata a fare altro, per esempio a consultare la e-mail: comunque è possibile che si sia imbattuta ancora nell’auto dei suoi sogni, mostrata su un banner o un messaggio che le ricorda quanto è bella (grazie ai cookies memorizzati sul suo pc). Se a questo punto decide di cliccare sul messaggio, arriva su una pagina speciale costruita «su misura» per i suoi gusti, si registra sul sito (o ci entra grazie al suo account di facebook) e il gioco è fatto. Da lì in poi l’azienda non solo avrà conoscenza di un utente anonimo a cui piacciono le auto eco e compatte, ma gli avrà dato un nome e un indirizzo email e potrà fargli un invito a una prova su strada. Ecco come mai il venditore che si trova in concessionaria conosce tutto in fatto di gusti di auto della signora che varca la soglia con un appuntamento. La storia è un esempio di integrazione online-offline, ma ancora di più di utilizzo integrato dei dati sulla customer experience che arrivano all’azienda. Oracle, la società americana di soluzioni informatiche, si è buttata a pesce sul business delle soluzioni che permettono tutto questo e molto altro, con una serie di acquisizioni da 3 miliardi di dollari in due anni e mezzo. Chiama tutto ciò Modern marketing: un processo con cui si coinvolgono i clienti sia attuali che potenziali, li si profila attraverso l’analisi del loro comportamento digitale mettendo insieme tutti i dati, gli si propongono i contenuti più appropriati e nel momento più opportuno e poi si analizzano i risultati in tempo reale. Soluzioni sofisticate e utilizzabili già da subito perché forniti nella nuvola (il cloud), che però permettono di parlare «uno a uno» con i clienti e quindi di essere più efficaci rispetto alla comunicazione «uno a molti», grazie all’interpretazione di quello che Oracle definisce «digital body language». «Succede spesso», spiega Giovanni Ravasio, applications country leader di Oracle, «che dopo aver cercato un prodotto su un sito di e-commerce lo stesso ci viene riproposto nelle pubblicità degli altri siti che visitiamo. Anche se lo abbiamo appena comprato. È un esempio di come il marketing spesso sia incapace di gestire silos di dati aziendali separati sui consumatori e ciò impedisce di raggiungere i clienti target con messaggi e tempi corretti». Nella pratica si è verificato che i messaggi di comunicazione che pescano nel mucchio hanno un 3% di conversione (la vendita o comunque un’azione del consumatore), mentre quelli uno a uno aumentano di venti volte questa possibilità. Salone del mobile, installazione e app per raccontare il fare italiano Al Salone del mobile 2015 una installazione multimediale e una app per raccontare il «fare italiano». Per la prima volta, 70 aziende decidono di fare sistema e raccontarsi al mondo attraverso un’iniziativa di Federlegno Arredo Eventi che debutterà all’interno del prossimo Salone del Mobile a Milano, in calendario dal 14 al 19 aprile, con uno speciale progetto di installazione. Il progetto prevede un filmato che diventa anche un’installazione che a sua volta diventa una app per esplorare cinque appartamenti (a Roma, Milano, sulle colline senesi, Lecce e Venezia) per cinque stili d’interni. Al Salone del mobile l’allestimento di questo racconto rappresenterà una delle mostre tematiche dell’edizione 2015. Nella app sarà possibile navigare attraverso cinque stili dell’Italian Style dove la narrazione degli interni e degli elementi d’arredo si interseca con la visione di luoghi emblematici della bellezza italiana. Sarà inoltre possibile interagire con i video e gli oggetti che compongono ogni singola ambientazione e scoprire la storia, la vicenda umana e imprenditoriale che si cela dietro a ognuno. Il progetto è di Four in the Morning a cura dell’architetto Dario Curatolo, gli interni sono stati realizzati da Carolina Nisivoccia Studio di Architettura, interior design ravaiolisilenzistudio, Candida Zanelli Studio, Cameranesi Pompili. Dopo il Salone il progetto sarà diffuso grazie a piattaforme media internazionali, alle ambasciate e alle rappresentanze italiane nel mondo che saranno coinvolte in un road show per portare l’applicazione nelle principali capitali internazionali. In Italia queste soluzioni si stanno pian piano diffondendo, ma gli esempi di un utilizzo ormai avanzato arrivano dagli Stati Uniti o da altri paesi. Come quello di Whole Foods, la catena di supermercati di alimenti naturali e di prodotti biologici che utilizza la suite Responsys di Oracle per quello che viene definito un marketing orchestrato. Whole Foods incentiva i propri clienti a condividere le proprie preferenze sul sito: di lì si possono iscrivere alle newsletter, accedere alle informazioni sugli store locali e ai coupon con le promozioni. Così la catena può rivolgersi a ciascun cliente con contenuti appropriati evitando, per esempio, di mettere in homepage o sulla newsletter la foto di una succulenta bistecca, se sa che il particolare utente è vegano. Whole Foods arriva però oltre. È probabile infatti che l’utente abbia tralasciato di dire qualcosa di importante, per esempio che è celiaco. Ma se comincia a cliccare sugli articoli della newsletter che parlano di prodotti senza glutine o cerca sul sito ricette per celiaci, l’azienda è pronta a registrare anche questa informazione e a utilizzarla per personalizzare ancora una volta la comunicazione e, in una certa misura, anche la visita in negozio. Lufthansa, invece, personalizza le e-mail inviate qualche giorno prima del volo prenotato: non solo informazioni sulla partenza o sul check-in, ma notizie sul luogo di destinazione, previsioni del tempo, offerte supplementari per gli iscritti al programma Miles and more. La particolarità è che queste personalizzazioni sono automatiche, sulla base di una strategia impostata dall’azienda. E si arriva molto in profondità. Lenovo Emea, per esempio, è riuscita ad aumentare il tasso di apertura delle e-mail promozionali di oltre l’80%, studiando la risposta degli utenti al cambiamento dell’orario di invio, dell’oggetto del messaggio, del tono del contenuto o persino della posizione delle immagini. Un grado di sofisticazione che chi invia ancora comunicazioni su prodotti che l’utente ha già comprato non conosce. ® Riproduzione riservata 16 MARKETING Giovedì 5 Febbraio 2015 È al 47° posto della classifica mondiale di Brand Finance. In testa l’americana Wells Fargo Il marchio Unicredit vale 4,7 mld Intesa Sp (109°) a 1,4 mld, 1 mld per Banco Popolare (142°) DI CLAUDIA CERVINI Così il ranking degli istituti di credito italiani U nicredit, Intesa Sanpaolo e il Banco Popolare sono le banche italiane con il brand di più alto valore. Prima tra le italiane nella classifica 2015 stilata da Brand Finance è la banca guidata da Federico Ghizzoni, scesa nel 2015 dalla 38ima alla 47ima posizione a livello globale e il cui marchio vale 5,405 miliardi di dollari (circa 4,735 mld di euro) contro gli oltre 6 miliardi di dollari (circa 5,2 mld di euro) nel 2014. A seguire si trova la Ca’ de Sass con un brand da 1,665 miliardi di dollari (circa 1,459 mld di euro) che scalando due posizioni è riuscita a raggiungere la numero 109, e dal Banco Popolare: sceso alla 142ima posizione (era alla 141) e il cui marchio vale 1,153 miliardi di dollari (un miliardo di euro). I dati emergono dal rapporto Brand Finance Banking 500, riguardante le prime 500 banche al mondo, appena pubblicato dal mensile The Banker, del gruppo Financial Times. Secondo l’indagine, i marchi delle banche italiane hanno perso nel corso dell’ultimo anno mediamente il 5% del proprio valore, non a causa di una debole strategia di marketing, ma in conseguenza della difficile situazione in cui verte il sistema paese: innanzitutto le fragili condizioni economiche e l’incertezza di famiglie e imprese. Scorrendo la classifica si incontra in quarta posizione Posizione 2015 UniCredit 47 Intesa Sanpaolo 109 Banco Popolare 142 Banca IMI 143 UBI Banca 155 Monte dei Paschi di Siena 161 Mediobanca 219 Banca Popolare dell'Emilia Romagna 221 CR del Veneto 225 Banco di Napoli 242 Banca Popolare di Milano 246 Banca CR Firenze 251 Credem 318 Veneto Banca 319 Banca Popolare di Sondrio 360 Credito Valtellinese 379 Banca Popolare di Vicenza 380 Banca Mediolanum 403 Banca Fideuram 404 Banca Carige 472 Banca Posizione 2014 38 111 141 135 148 165 220 217 211 235 224 221 303 366 373 369 458 398 - Valore 2015 5.405 1.665 1.153 1.145 1.039 957 588 579 545 513 497 493 324 324 267 243 242 223 222 167 Valore 2014 6.585 1.623 1.133 1.205 1.045 844 552 569 604 490 528 550 335 244 237 243 170 211 142 Dati in milioni di dollari. Fonte: Brand Finance tra le italiane Banca Imi (la banca d’affari controllata da Intesa Sanpaolo) con un brand da 1,145 miliardi di dollari (circa 1 mld di euro). Sfonda la soglia di 1,039 miliardi (circa 910 milioni di euro) anche il marchio di Ubi Banca. Una sorpresa è quella rappresentata dal Monte dei Paschi di Siena (Mps) il cui brand vale ben 957 milioni di dollari (838 mln di euro): segno del fatto che il fallimento degli stress test non ha pesato sullo storico marchio datato 1472. Anche lo storico brand Banco di Napoli si difende bene, con un valore di poco superiore al mezzo miliardo di dollari (438 mln di euro). Il distacco tra la prima banca in cima alla classifica globale, l’americana Wells Fargo, e le banche italiane è notevole: il brand di Wells Fargo vale 34,925 miliardi di dollari (circa 30,594 mld di euro), in crescita rispetto ai 30 miliardi di dollari (26,28 mld di euro) del ranking 2014. La seconda banca al top è invece di nazionalità cinese, Icbc: 27,459 miliardi di dollari (oltre 24 mld di euro) il valore del suo brand. Da notare come i paesi emergenti stiano, a poco a poco, risalendo il ranking: la banca brasiliana Brandesco si trova in 20ma posizione. Ma la preoccupazione è dettata, soprattutto, dalla falcata delle banche cinesi che stanno risalendo la classifica superando anche le americane. Come riportato da La Tribuna Economica il ceo di JP Morgan, Jamie Dimon, si è recentemente dichiarato preoccupato per le organizzatissime banche occidentali che potrebbero essere superate da marchi cinesi. E il ranking di Brand Finance sembrerebbe confermare questa preoccupazione. Infatti se Icbc, come accennato, è passata dal 6° al 2° posto in classifica superando Hsbc che adesso è terza a livello mondiale; dall’altro China Construction Bank, che ha già superato Hsbc in termini di capitalizzazione, ha visto il proprio marchio crescere del 39% superando Citi, BoA e Chase. Infine, Bank of China e Agricultural Bank of China hanno spinto la spagnola Santander in fondo alla top ten. Dei marchi di maggior valore a livello globale. Il rapporto ha stimato anche il rating del brand calcolato in base a diverse variabili: i rischi e il potenziale futuro comparato con quello dei competitors. Le tre big hanno i seguenti rating: Unicredit e Intesa Sanpaolo AA, e il Banco A+. © Riproduzione riservata In dieci anni 60 milioni di euro per promuovere il vino di qualità DI GIANFRANCO FERRONI L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, associazione che riunisce 19 cantine italiane, dal 2004 al 2014 ha investito 60 milioni di euro nella promozione, un terzo dei quali con il sostegno Ue. «Il settore vale 6 miliardi di euro di export», sottolinea il presidente Piero Antinori: è la prima voce del comparto food & beverage, con tassi di crescita double digit. A Roma, nel salone della biblioteca Angelica, il docente di economia e gestione delle imprese alla Sapienza Alberto Mattiacci, autore della ricerca sull’export del vino realizzata per l’istituto su dati dell’ufficio studi economici Bnl, ha evidenziato che quello enologico è «un caso di successo imprenditoriale», con una crescita dal 2008 al 2013 del 45% a valore e del 23% a volumi. Un incremento netto e strutturale ma anche qualitativo, perché «gli incrementi a valore superano quelli a volume, segno di una crescita costante della qualità del prodotto esportato». Per Mattiacci, la produzione nazionale «ha davanti a sé la sfida dell’upgrading di posizionamento, e del connesso rinvigorimento del potere di scambio, guidato da quattro parole chiave, glamour, imbottigliato, venduto e stabile». Tra il 2010 e il 2014 l’overview sulle risorse investite conta 248 missioni, 50 mila meeting, 74 seminari, 75 walk around tasting e 39 gala dinner, con una ripartizione degli investimenti «demand pull» (in-store promotion, media, materiali pop) per il 57% e «market relationship» (wine tasting, marketing expertise, fiere, pr, incoming) per il 43%. Grazie a queste iniziative, che premiano il lavoro svolto con i progetti Ocm Vino Promozione, la media dell’incremento del mercato extra Ue è del 166% (in testa il Brasile con +562%), per un’incidenza di consumi a valore cumulato del 66%. Questo perché gli sforzi di promozione non sono dispersi ma concentrati nelle nazioni dove i consumi della categoria, sia come stock che come trend, appaiono più significativi. Ma quali sono i fattori favorevoli all’export italiano di vino? Tra quelli esogeni, la domanda mondiale in crescita, la semplificazione grazie all’evoluzione delle regole Wto, la crescita del numero degli operatori specializzati, i costi decrescenti del trasporto, le nuove strategie degli importatori, i finanziamenti Ue, le mode di consumo. Tra quelli endogeni, il mercato interno «più fiacco e difficile», la rigenerazione imprenditoriale basata sul ricambio generazionale, gli «innesti» nelle aziende e gli imprenditori «white-collar», la crescente managerializza- Piero Antinori zione, oltre all’effetto locomotiva dell’emulazione e delle aggregazioni leader/follower. Per l’istituto, che comprende Alois Lageder, Argiolas, Biondi Santi Greppo, Ca’ del Bosco, Michele Chiarlo, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Gaja, Jermann, Lungarotti, Masi, Marchesi Antinori, Mastroberardino, Pio Cesare, Rivera, Tasca D’Almerita, Tenuta San Guido e Umani Ronchi, «il Pil italiano avrebbe oggi 500 miliardi di euro in più se fosse cresciuto quanto l’export di vino made in Italy dal 2007 al 2013». Il presidente Antinori rileva che «verso i mercati emergenti, e verso i paesi come la Cina, l’Italia deve fare ancora passi in avanti. Anche sul fronte del prezzo medio, cresce, come pure aumenta la qualità media, ma nei confronti dei nostri partner francesi c’è ancora una differenza che deve essere colmata». Ricordando che «diversamente da altri prodotti, il vino non genera spese sul versante dell’import. Il vino può contribuire ancora di più alla bilancia dei pagamenti». © Riproduzione riservata MEDIA Giovedì 5 Febbraio 2015 17 I conti della pay tv tra luglio e dicembre 2014. Nell’ultimo trimestre 30 mila clienti in più Sky Italia, ricavi stabili a 1,4 mld Incassi da abbonamenti a +1%, pubblicità su del 13,4% DI CLAUDIO PLAZZOTTA T ra luglio e dicembre 2014 i ricavi di Sky Italia sono a quota 1,438 mld di euro, stabili sullo stesso periodo del 2013. Crescono dell’1% gli incassi da abbonamenti, a 1,282 mld di euro, e sale con decisione, del 13,4%, la raccolta pubblicitaria, a 101,3 mln di euro. Nei conti resi pubblici da BskyB, nuovo socio di riferimento di Sky Italia e Sky Deutschland dallo scorso novembre, si entra anche nei dettagli di bilancio del semestre luglio-dicembre 2014: i costi di palinsesto di Sky Italia sono aumentati del 5,5% a 836 milioni di euro, gli altri costi generali sono scesi del 6% a 552 mln di euro, per un ebitda largamente positivo di quasi 167 mln di euro (-8,7% sullo stesso semestre 2013) e reddito operativo di 50,6 mln (-15,5%). Una forte spinta è arrivata soprattutto dall’ultimo trimestre ottobredicembre 2014, nel quale gli abbonati a Sky Italia sono cresciuti di 30 mila unità (accelerata più forte dal primo trimestre dell’esercizio 2012), portando il totale clienti a quota 4.734.000. Su base annua, invece, il totale abbonati Sky cala di 26 mila unità rispetto ai 4.760.000 del dicembre 2013. Bene l’arpu, ovvero i ricavi per singolo cliente, che resta costante ormai da moltissimi trimestri a 43 euro, e pure il churn, ovvero il tasso di abbandono (clienti che rinunciano all’abbonamento), che cala al 10% rispetto al 13,1% del dicembre 2013. Come spiegano da Londra, i buoni risultati italiani arrivano sulla scia dell’offerta HD, che guida la crescita: quasi il 90% dei clienti italiani Sky è in modalità HD, e il 66% paga per questa offerta (contro il 55% del 2013). Molto buone pure le performance di Sky Online. In base alle previsioni, la crescita di abbonati dovrebbe proseguire ancora più forte nel primo semestre 2015, soprattutto grazie alla partnership con Telecom Italia. Il tasso di abbandono, invece, scende poiché «aumenta la soddisfazione dei clienti grazie al consolidamento della base abbonati connessa alla rete». A fine dicembre 2014 infatti, circa il 30% dei clienti Sky, ovvero 1,4 milioni di famiglie, era connesso a internet (+50% sul 2013) con l’offerta Sky on demand. Quanto alla visione in mobili- tà, Sky Go è attivo su 2,4 mln di clienti. L’azionista inglese BskyB governa quindi cinque mercati di Sky (Regno Unito, Irlanda, Germania, Austria e Italia) e prova a lanciare strategie comuni, come il debutto in contemporanea sui cinque mercati, venerdì scorso, del nuovissimo original drama Fortitude e il via alla quinta serie di Game of Thrones in primavera. Certo, Uk e Irlanda, nel secondo semestre 2014, hanno prodotto circa 867 milioni di euro di reddito operativo, con un arpu per cliente di quasi 63 euro e 204 mila nuovi clienti nell’ultimo trimestre dell’anno. Germania e Austria, invece, nonostante i 214 mila nuovi clienti nel periodo ottobredicembre 2014, sono a 4,12 mln di abbonati, con perdite operative per oltre 17 mln di euro nell’ultimo semestre 2014 (dopo i 52 mln di perdite operative del periodo lugliodicembre 2013) e un arpu a quota 35 euro, in calo rispetto ai 36 euro del 2013. Sintomo, quindi, di recenti politiche commerciali di sconto per attirare nuovi clienti. Chissà se in BskyB ci sia qualcuno che si sta già pentendo di aver acquisito lo scorso novembre il 95,80% di Sky Deutschland valutandolo ben 8 mld di euro, mentre il 100% di Sky Italia è stato stimato 3,26 mld. © Riproduzione riservata Cinema, i film in Mostra a Venezia non vincono al botteghino DI CLAUDIO PLAZZOTTA Il prossimo 19 febbraio esce nelle sale italiane il film Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza. Qualcuno ricorderà che questo titolo, del regista svedese Roy Andersson, è stato premiato con il Leone d’oro come migliore opera alla Mostra del cinema di Venezia 2014. Avendolo visto, chi scrive può già prevedere che al box office non incasserà più di 300 mila euro. Inserendosi perfettamente nel solco delle ultime opere premiate in Laguna: Faust, che ha vinto nel 2011, ha ricavato dal botteghino italiano la bellezza di 339 mila euro, Pietà (Leone d’oro 2012) 372 mila euro, Sacro Gra (2013) un po’ di più, 970 mila. Se con la direzione artistica di Marco Muller (2004-2011) la Mostra del cinema era riuscita anche a valorizzare pellicole digeribili al grande pubblico (per esempio Il segreto di Vera Drake, Leone d’oro nel 2004 con un box office di 1,2 mln, I segreti di Brokeback Mountain nel 2005 con 4,5 mln di euro incassati, Lussuria-Seduzione e tradimento nel 2007 con 1,5 mln, The Wrestler nel 2008 con 2,1 mln e Somewhere, premiato come miglior film nel 2010 con due milioni al botteghino), per ora la sequenza sotto la direzione di Alberto Barbera (dalla edizione 2012) evidenzia solo Leoni d’oro di grande nicchia. Naturale che un festival debba porre l’accento su nuove forme artistiche, nuove leve, nuovi linguaggi, senza porsi troppi problemi di commerciabilità dell’opera. Tuttavia, due milioni di box office complessivi per gli ultimi quattro Leoni d’oro di una manife- Un frame del film Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di Roy Andersson e, a destra, la locandina di Sacro Gra stazione comunque popolare come Venezia devono fare riflettere. Non che la Palma d’oro di Cannes, perlomeno sul mercato italiano, abbia maggiore successo. Il miglior film 2010, Lo zio Boonmee che si ricorda, per esempio, ha incassato appena 46 mila euro sulla Penisola. E pure il capolavoro Amour, Palma d’oro 2012, si è fermato a quota 310 mila. Così come Il regno d’inverno, miglior film a Cannes 2014, ha portato a casa solo 229 mila euro al botteghino tricolore. Se della pellicola che ha vinto a Venezia 2014 è difficile raccontare molto (è l’ultimo capitolo di una trilogia, sono 39 scene ispirate ai quadri di Otto Dix e Georg Scholz, i protagonisti sono due venditori di oggetti per fare ridere la gente, tipo dentiere di dracula e maschere di gomma, è una classica opera per pochi intimi), è invece interessante il metodo di lavoro del 72enne regi- sta Andersson: ha girato cinque film in tutto, i primi due negli anni 70, gli altri tre negli anni Duemila, e si è mantenuto facendo do il regista di spot pubblicitari e di documentari. Con i soldi guadagnati ha comprato uno spazio immobiliare a Stoccolma, fondando la casa di produzione Studio 24. Si fa aiutare da alcuni soci produttori, ma, fondamentalmente, quando si appresta a girare un nuovo film ipoteca gli immobili e le attrezzature come garanzia sui prestiti. Ci mette anche quattro anni a completare le riprese di un titolo. «E in effetti», dicono proprio i produttori Pernilla Sandstrom e Johan Carlsson, «finanziare il lavoro di Roy, con il suo approccio così diverso, può essere abbastanza complesso. Prima di tutto, lui non sa mai dire esattamente quali saranno i contenuti del film, e non si ha mai una sceneggiatura preci- sa (spesso usa i muri di Studio 24 come copione, ndr). Non si sa quanto dureranno le riprese. Di solito chi fornisce fondi e finanziamenti si basa su un modello specifico, con un programma di riprese, per esempio, di 40 giorni. Noi, con i nostri quattro anni di produzione, non rientriamo sempre in questi schemi. Non abbiamo mai informazioni su costi o programmi di un film di Roy Andersson. Tuttavia Roy ha sempre coperto le spese extra, quando ce n’erano, autonomamente». Insomma, lo svedese è un regista che non si nega i capricci da artista, necessari a sviluppare una opera d’arte. Ma non si tira indietro quando tocca a lui saldare il conto. Grande lezione per tanti suoi colleghi italiani. © Riproduzione riservata MEDIA Giovedì 5 Febbraio 2015 19 Neanche i pignoli tedeschi pensavano di incassare così con la regola di un canone per casa Piovono euro sulle tv pubbliche Raccolto 1 mld e mezzo. Scatta lo sconto di 48 cent da Berlino ROBERTO GIARDINA R enzi voleva far pagare l’abbonamento tv sulla bolletta della luce elettrica. Impensabile che qualcuno nel XXI secolo viva in un appartamento non illuminato da lumi a petrolio e non abbia un apparecchio televisivo. E non ci è riuscito. In Germania, da oltre un anno, chiunque viva in un appartamento deve pagare l’abbonamento. Improbabile che un eremita viva nel cuore di Berlino senza una tv, o un computer in grado di vedere uno spettacolo via streaming. Per la verità, quando siamo a Roma, mia moglie e io, sopravviviamo senza tv, ma evidentemente siamo degli anormali. Grazie alla riforma, l’ARD e lo ZDF, i due canali pubblici, nel 2014 sono stati sommersi da una pioggia di euro, ben oltre il previsto. Evidentemente, anche i tedeschi che crediamo così precisi non conoscevano il numero esatto di appartamenti, ville, e capanne sparse dal Baltico alle Alpi. FAMIG. CRISTIANA De Castro guiderà la San Paolo DI MARCO A. CAPISANI Don Valdir Jose De Castro è il primo capo non italiano della famiglia religiosa dei Paolini, che in Italia pubblica Famiglia Cristiana, il Giornalino e Credere. De Castro diventa formalmente padre superiore generale della Società San Paolo, al posto di don Silvio Sassi scomparso lo scorso settembre. La nomina del settimo successore del fondatore dell’ordine don Giacomo Alberione riflette il clima che si respira in Vaticano dopo l’arrivo di Bergoglio, il papa «venuto dalla fine del mondo». Adesso, però, bisogna vedere dove e come il religioso brasiliano deciderà d’investire l’ingente patrimonio dei Paolini, considerando che ormai l’ordine ha un seguito sempre più importante in India, Sud America e Corea. Di contro, a fronte di questa internazionalizzazione complessiva dei Paolini, l’ordine italiano ha deciso di estromettere i dirigenti laici dalla gestione del gruppo di Famiglia Cristiana. Dopo il d.g. della periodici Maurizio D’Adda, ci sono altri manager in uscita. Si era calcolato che l’incasso supplementare si sarebbe aggirato intorno ai 900 milioni di euro, al massimo un miliardo e cento milioni. È arrivato un miliardo e mezzo. Bontà loro, per la prima volta nella storia della TV, i responsabili hanno deciso di fare un regalino agli utenti: dal prossimo aprile, la bolletta mensile scenderà di 48 cent a 17,50 euro. Fatti i calcoli, si scopre che noi in Germania paghiamo per il piccolo schermo quasi il doppio degli italiani. Però volete mettere la qualità dei programmi? Una domanda provocatoria, e ci sarà sempre qualcuno che giudicherà il Festival di Sanremo più allettante di un reportage politico del primo o secondo canale tedesco. Però, i canali pubblici non possono trasmettere pubblicità a volontà, l’ingombro degli spot non deve superare una certa percentuale sulle ore complessive di trasmissione e dopo le otto di sera la pubblicità è vietata. Qui non si interrompono i film, e non si mandano in onda fulminei spot sfruttando i calci d’angolo durante una partita di calcio, a rischio di perdere un gol. Infine, sono vietati gli sconti. La carta stampata viene protetta anche nei confronti delle tv private. Il professore Paul Kirchhof, ex giudice costituzionale e consigliere di Frau Merkel durante la sua prima campagna elettorale (2005), quando si decise di far pagare il canone a ogni appartamento, propose di abolire la pubblicità nelle tv pubbliche. Oggi, molti invece di protestare per lo sconto troppo esiguo, propongono paradossalmente di aumentare il canone, pur di vietare gli spot. L’ARD e lo ZDF incassano annualmente dalla pubblicità circa 7,5 miliardi. Si calcola che basterebbe pagare 78 cent in più, o al massimo un euro e 25, non si è d’accordo sulle cifre, per abolire la pubblicità sui canali pubblici. Prevengo l’obiezione all’italiana: così si favorirebbero le tv private. Qui non c’è un Berlusconi teutonico, ma i 7,5 miliardi non andrebbero totalmente a ProSieben o Vox, e verrebbero distribuiti in gran parte a giornali e settimanali. I privati non potrebbero aumentare il loro ingombro pubblicitario, e se aumentassero le tariffe perderebbero i clienti. Si calcola che una campagna tv abbia successo solo a partire dai trenta spot, e solo le grandi società se la possono dunque permettere. Qui le leggi vengono rispettate, a partire da quella fondamentale sul divieto di praticare sconti. © Riproduzione riservata Burritos, flash mob, campi estivi e campagne anti-Amazon, le librerie s’ingegnano per incuriosire nuovi lettori DI MARCO A. CAPISANI Le librerie spendono soldi in creatività e fantasia pur di attirare nuovi clienti e vendere più libri. Si tratta di un tentativo disperato di negozi alle prese con la crisi economica in un paese, per giunta, in cui si legge poco? Non proprio. Perché sempre più insegne organizzano concorsi per lettori, laboratori per bambini e notti bianche in compagnia degli autori. I negozi più Da sinistra, un flash mob arditi creano persino veri e alla Eastern Washington University, propri flash mob tra i loro un selfie con una copertina scaffali, campi estivi tematidi libro e un #librosospeso ci, autoproducono il proprio merchandising e danno vita a inizia- presenza social», contive come il libro sospeso che, sulla ferma Emily Pullen, falsariga dell’abitudine napoletana a libraria americana che lasciar pagato un caffè al bar, invita a sfruttando la moda dei comprare un libro in più da offrire al selfie ha creato un blog con le foto di lettori con libri posizionati che coprocliente successivo. Anche se non ci sono dati certi che no parti del loro corpo. Sono innumerevoli le iniziative di indichino un rialzo delle vendite, per tutte queste librerie il risultato è co- marketing fai-da-te avviate dalle libremunque un ampliamento dei visitato- rie. A Washington, per esempio, i flash ri, come ribadisce l’indagine I social mob in maschera hanno ormai un luogo salveranno la libreria? 21 buone idee di riferimento: la libreria Eastern Waper i librai di oggi (e di domani), rea- shington University. Mentre chi vuole lizzata dall’Aie (Associazione italiana mangiare un burrito va alla Broadway editori presieduta da Marco Polillo). Books dove offrono un panino mesInfatti, ora, i punti vendita godono sicano ogni tre libri acquistati. E a di maggior visibilità grazie alle loro proposito di progetti particolari che fantasiose promozioni e anche perché spingono le vendite, la Broadway Boohanno saputo veicolarle su Facebo- ks si è salvata dal fallimento in questo ok, Twitter, Instagram o Foursquare. modo e a fronte di solo mille euro spesi «Non so quantificare quanto di questo in panini. Più simile a una sorta di prolavoro si sia trasformato in vendite duct placement il servizio della mitica o nuovi clienti ma Corpus libri ha libreria The Strand a New York, che nosicuramente contribuito alla nostra leggia libri per spettacoli teatrali, tv e set cinematografici. Mentre cavalca il binomio sempre verde di cultura+erotismo la Boosmith di San Francisco con le gare mensili di fiction erotiche. E l’Italia? È un mercato troppo conservatore per questo genere di promozioni? Per nulla. Sempre secondo l’indagine Aie, a Milano il progetto #librosospeso della libreria Il mio libro ha fatto passare di mano più di 70 volumi nella sola prima settimana di lancio e ha generato milioni di condivisioni social dell’hashtag. A Reggio Emilia, infine, la libreria All’Arco ha lanciato l’iniziativa #altrocheAmazon, una vera e propria campagna social per riportare al centro dell’attenzione dei clienti l’importanza dei negozi fisici. «A chi non è capitato di chiedere in libreria “quel libro con la copertina gialla, uscito un po’ di tempo fa, che parla di gatti?”», spiegano dalla libreria All’Arco. «Ecco a una domanda così nessun algoritmo può rispondere. Un vero libraio sì». 20 MEDIA Giovedì 5 Febbraio 2015 CHESSIDICE IN VIALE DELL’EDITORIA piazza Affari con un +2,45% a 1,173 euro, anche ieri con scambi molto consistenti sul titolo. Mediaset, il titolo vola grazie alla ripresa della pubblicità. Le azioni del Biscione in gran spolvero ieri a piazza Affari (+3,64% a 4,158 euro) dopo le indicazioni positive sulla raccolta pubblicitaria. Notizie che hanno portato alcuni analisti a rivedere in corsa le loro stime e valutazioni. Gli esperti di Mediobanca Securities hanno aggiornato le previsioni di Eps e il prezzo obiettivo su Mediaset dopo le parole del cfo Marco Giordani in un’intervista di ieri. Giordani, evidenziano gli analisti, «ha confermato che la pubblicità tv in Italia potrebbe tornare a crescere nel 2015, aggiungendo che i ricavi pubblicitari potrebbero salire tra il 2 e il 4%» nell’anno in corso. Il manager ha detto che la visibilità resta bassa, ma ci sono stati alcuni segnali positivi a febbraio e c’è cauto ottimismo per i prossimi mesi. Gli esperti, secondo cui ci sono ragioni per credere che i prossimi mesi possano «dare sorprese positive sul fronte della pubblicità», grazie all’andamento delle vendite auto, al calo della disoccupazione e all’aumento della fiducia dei consumatori in Italia, hanno dunque alzato le stime di Eps di Mediaset del 22% per il 2015 e del 14% per il 2016. Sul titolo la raccomandazione è outperform, con prezzo obiettivo che sale da 4,06 a 4,58 euro. Disney batte le attese nel 1° trimestre. Walt Disney nel primo trimestre dell’esercizio fiscale (chiuso il 30 dicembre) ha registrato un utile netto di 2,18 miliardi di dollari (circa 1,9 mld di euro), contro gli 1,84 miliardi (circa 1,6 mld di euro) di un anno fa. Il fatturato consolidato è cresciuto del 9% a 13,39 miliardi di dollari (11,7 mld di euro). La società ha compensato la flessione dei ricavi della divisione cinematografica con la forza dei parchi a tema e del network televisivo, e ha ancora una volta beneficiato del contributo del cartone animato Frozen, che continua a fornire ottimi risultati alle attività di merchandising. I risultati registrati da Disney sono stati inoltre sostenuti dall’aumento dei prezzi nei parchi a tema statunitense, dall’aumento delle vendite nei Disney Stores e della forte audience dei network Espn e Abc. La divisione Media Networks, la maggior di Disney in quanto responsabile di Abc, di Espn e A&E Television, ha registrato un aumento dei ricavi dell’11% a 5,86 miliardi di dollari (5,1 mld di euro) in scia all’aumento delle commissioni per le reti affiliare e dei programmi di vendita che hanno compensato l’incremento dei costi di produzione nel network sportivo. La divisione Parks and Resorts ha visto i ricavi salire del 9% a 3,91 miliardi di dollari Rcs +2,45% in Borsa, volumi sempre consistenti. Rcs in evidenza a LA VIGNETTA DEL GIORNO (3,4 mld di euro) grazie alla maggior affluenza e all’aumento delle spese nei suoi parchi in Usa, mentre la divisione cinematografica ha riscontrato un calo del 2% a 1,86 miliardi di dollari (1,6 mld di euro) a causa dei minori incassi da botteghino. Topolino non va in edicola con la copertina dedicata a Charlie Hebdo. L’immagine dei personaggi più famosi della Walt Disney con le matite in mano alzate, solidarizzando con i vignettisti vittime della strage jihadista di Parigi, è stata sostituita da un Pippo in versione reporter. Lo ha reso noto ieri lo stesso editore Panini che esce oggi in edicola col numero in questione e spiega: «La scelta di non pubblicare la creatività erroneamente circolata è stata determinata dalle modalità di utilizzo dei personaggi del settimanale». In rete, però, molti fan ricordano che la copertina proCharlie era stata annunciata già dal precedente numero di Topolino. Intanto a Milano, un secondo incendio ha colpito la casa editrice Excalibur che sta organizzando una mostra sul settimanale satirico francese. Isola dei famosi, bene l’esordio nel day time di Canale 5. L’Isola debutta bene anche nel day time di Canale 5: alle 16,05 di martedì sono stati 4.126.000 i telespettatori totali con uno share pari al 30,12%, che sale al 31,53% sul target commerciale dei 15-64enni. Il totale degli appuntamenti pomeridiani dell’Isola su Canale, Italia 1 e La5 è stato di 6 milioni 748 mila telespettatori. Discovery Italia nuovo socio fondazione Pubblicità Progresso. La Fondazione Pubblicità Progresso allarga il proprio numero di soci con l’ingresso di Discovery Italia, terzo editore italiano per share, presente su tutte le piattaforme con un portafoglio di 14 canali. «Siamo davvero lieti» di fare questo annuncio, ha detto Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso. «Siamo convinti che il dinamismo mostrato da quello che è diventato il terzo polo televisivo italiano si rivelerà positivo anche per la comunicazione sociale. Non è poi irrilevante che un’impresa gestita e animata quasi completamente da donne entri in Pubblicità Progresso in tempo per diffondere e sostenere le attività del secondo anno di «Puntosudite», la campagna crossmediale a favore della parità di genere». «In Discovery Italia l’attenzione nei confronti dei temi sociali è da sempre parte integrante della cultura aziendale», ha detto Alessandro Araimo, chief operating officer di Discovery Southern Europe, «sostenuta e animata da una particolare sensibilità del nostro gruppo a livello mondiale. Il nostro ingresso in uno dei soggetti maggiormente attivi nel sociale, rappresenta un’occasione per rafforzare il nostro impegno nel dare visibilità a tematiche, come la diversità, utili a sensibilizzare l’opinione pubblica». DIGITALE EXTRATERRESTRE Myrta e Tiziana felici DI L’editoria in Piazza Affari Indice Chiusura Var. % Var. % 30/12/14 FTSE IT ALL SHARE 22.242,83 FTSE IT MEDIA 14.596,9 -0,24 3,12 10,45 20,22 Titolo Rif. Var. % Var. % 30/12/13 Capitaliz. (mln €) Cairo Communication 5,6000 0,81 15,37 438,7 Caltagirone Editore 1,0260 6,05 23,61 128,3 Class Editori 0,3429 -0,26 11,73 97,1 Espresso 1,1850 3,04 24,28 488,3 Il Sole 24 Ore 0,7370 7,91 24,07 31,9 Mediaset 4,1580 3,64 20,87 4.911,5 Mondadori 0,9385 0,70 7,20 245,4 Monrif 0,3199 1,56 12,36 48,0 Poligrafici Editoriale 0,2595 5,10 15,18 34,3 Rcs Mediagroup 1,1730 2,45 25,52 612,1 Seat Pagine Gialle 0,0029 - 3,57 186,4 Telecom Italia Media 1,0420 1,17 7,81 107,6 MASSIMO TOSTI Tiziana Panella e, soprattutto, Myrta Merlino sono apparse smaglianti, ieri mattina sugli schermi de La 7: non si sa se a causa della biblica assenza dal video, estromesse da Chicco Montana che si è appropriato dell’intero palinsesto del canale per raccontare, minuto per minuto, l’elezione al Colle, o al conforto della riconquista della visibilità mattutina. Myrta era raggiante e zompettava allegra davanti ai suoi ospiti, tutti compresi nel duro compito di spargere incenso su Sergio Mattarella. Mancava soltanto che invocassero «Santo subito» all’indirizzo del nuovo inquilino del Quirinale. Manuela Repetti, parlamentare di Forza Italia e compagna di Sandro Bondi, riempiva di elogi il capo dei dissidenti del partito, Raffaele Fitto, che immediatamente dopo la sua apparizione sullo schermo raccoglieva la sua prima vittoria con le dimissioni in massa (poi respinte da Berlusconi) di tutta la classe dirigente del suo partito. C’era anche, collegata in esterni, Myrta Merlino Barbara Saltamartini, appena fuggita dal Nuovo Centro Destra. Giovanni Toti ha messo una pietra tombale sugli ultimi mesi di Forza Italia: «Il patto del Nazareno è rotto», ha dichiarato, seminando lo sgomento fra gli elettori moderati, che già da tempo ritengono che Berlusconi ha rotto. Mastella (ripresosi dall’apnea degli ultimi mesi) ha rispolverato e rimesso in acqua la Balena bianca (che adesso è tornata pienamente in auge). Il giornalista Paolo Graldi e l’ex presidente della Consulta Giovanni Flick hanno incoronato Mattarella, superati dalla zelante Repetti che lo ha definito «il migliore presidente della Repubblica che si potesse auspicare». Chissà cosa ne pensa Berlusconi. Insomma, è scattata la corsa a salire sul carro del vincitore, come da consolidate tradizioni italiche. Mattarella, però, è sufficientemente esperto per sapere che nessuno può prevedere quanto durerà la luna di miele. Poi arriverà il tempo dei Bruto e dei Cassio con i pugnali nascosti sotto la toga. Soltanto allora Mattarella si renderà conto in che impiccio si è infilato. © Riproduzione riservata OGNI GIORNO DALLE ORE 17 PUOI LEGGERE GRATIS DUE QUOTIDIANI DI DOMANI Le informazioni per la tua vita SU www.italiaoggi.it