Marketing - Regione Abruzzo

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Giovedì 5 Febbraio 2015
Marketing
Oggi
15
È IN EDICOLA
L’EVOLUZIONE DI
www.classabbonamenti.com
IL QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI DI MARKETING, MEDIA E PUBBLICITÀ
Oracle: le aziende non usano tutti i dati dei consumatori che hanno, serve il Modern marketing
Il brand ha un messaggio per te
Comunicazione personalizzata: si vende 20 volte di più
I
DI
ANDREA SECCHI
l venditore non l’ha mai
vista prima, però sa che la
signora che sta entrando
nella sua concessionaria
d’auto è molto attenta all’ambiente, preferisce una vettura
di taglia piccola e ha già in
mente tutti gli optional che
vorrebbe. Non gli resta che
toccare le giuste corde parlando del modelli eco-friendly,
proporre una prova su strada
e presentarle l’offerta personalizzata. La vendita è a un
passo.
Che cosa è successo in precedenza? Che il marchio d’auto
ha capitalizzato tutti i dati del
consumatore-utente raccolti ed
è riuscito a preparare un’esperienza in grado di coinvolgerlo
realmente. Prima che la signora andasse in concessionaria,
infatti, aveva fatto una ricerca
sul web per capire quale fosse
l’auto più adatta alle sue preferenze ed era arrivata al sito
del produttore di auto. Una visita ancora anonima, ma sufficiente per innescare un primo
contatto, con l’azienda pronta
a registrare tutto.
È probabile, poi, che la signora abbia deciso di condividere
l’auto dei sogni su un social
network o che sia passata a
fare altro, per esempio a consultare la e-mail: comunque è
possibile che si sia imbattuta
ancora nell’auto dei suoi sogni, mostrata su un banner
o un messaggio che le ricorda
quanto è bella (grazie ai cookies memorizzati sul suo pc).
Se a questo punto decide di
cliccare sul messaggio, arriva
su una pagina speciale costruita «su misura» per i suoi
gusti, si registra sul sito (o ci
entra grazie al suo account di
facebook) e il gioco è fatto. Da
lì in poi l’azienda non solo avrà
conoscenza di un utente anonimo a cui piacciono le auto eco
e compatte, ma gli avrà dato
un nome e un indirizzo email
e potrà fargli un invito a una
prova su strada.
Ecco come mai il venditore
che si trova in concessionaria
conosce tutto in fatto di gusti di
auto della signora che varca la
soglia con un appuntamento.
La storia è un esempio di
integrazione online-offline,
ma ancora di più di utilizzo
integrato dei dati sulla customer experience che arrivano
all’azienda. Oracle, la società
americana di soluzioni informatiche, si è buttata a pesce
sul business delle soluzioni
che permettono tutto questo
e molto altro, con una serie
di acquisizioni da 3 miliardi
di dollari in due anni e mezzo. Chiama tutto ciò Modern
marketing: un processo con
cui si coinvolgono i clienti
sia attuali che potenziali, li
si profila attraverso l’analisi del loro comportamento
digitale mettendo insieme
tutti i dati, gli si propongono
i contenuti più appropriati e
nel momento più opportuno e
poi si analizzano i risultati in
tempo reale.
Soluzioni sofisticate e utilizzabili già da subito perché
forniti nella nuvola (il cloud),
che però permettono di parlare
«uno a uno» con i clienti e quindi di essere più efficaci rispetto
alla comunicazione «uno a molti», grazie all’interpretazione
di quello che Oracle definisce
«digital body language».
«Succede spesso», spiega
Giovanni Ravasio, applications country leader di Oracle,
«che dopo aver cercato un prodotto su un sito di e-commerce
lo stesso ci viene riproposto
nelle pubblicità degli altri siti
che visitiamo. Anche se lo abbiamo appena comprato. È un
esempio di come il marketing
spesso sia incapace di gestire
silos di dati aziendali separati
sui consumatori e ciò impedisce di raggiungere i clienti
target con messaggi e tempi
corretti».
Nella pratica si è verificato
che i messaggi di comunicazione che pescano nel mucchio
hanno un 3% di conversione (la
vendita o comunque un’azione
del consumatore), mentre quelli uno a uno aumentano di venti volte questa possibilità.
Salone del mobile, installazione e app
per raccontare il fare italiano
Al Salone del mobile 2015 una installazione multimediale e una app per raccontare il
«fare italiano». Per la prima volta, 70 aziende decidono di fare sistema e raccontarsi al
mondo attraverso un’iniziativa di Federlegno Arredo Eventi che debutterà all’interno
del prossimo Salone del Mobile a Milano,
in calendario dal 14 al 19 aprile, con uno
speciale progetto di installazione.
Il progetto prevede un filmato che diventa anche un’installazione che a sua volta
diventa una app per esplorare cinque appartamenti (a Roma, Milano, sulle colline
senesi, Lecce e Venezia) per cinque stili
d’interni. Al Salone del mobile l’allestimento di questo racconto rappresenterà
una delle mostre tematiche dell’edizione
2015.
Nella app sarà possibile navigare attraverso cinque stili dell’Italian Style dove la
narrazione degli interni e degli elementi
d’arredo si interseca con la visione di luoghi
emblematici della bellezza italiana. Sarà
inoltre possibile interagire con i video e
gli oggetti che compongono ogni singola
ambientazione e scoprire la storia, la vicenda umana e imprenditoriale che si cela
dietro a ognuno.
Il progetto è di Four in the Morning a
cura dell’architetto Dario Curatolo, gli
interni sono stati realizzati da Carolina
Nisivoccia Studio di Architettura, interior
design ravaiolisilenzistudio, Candida Zanelli Studio, Cameranesi Pompili.
Dopo il Salone il progetto sarà diffuso
grazie a piattaforme media internazionali,
alle ambasciate e alle rappresentanze italiane nel mondo che saranno coinvolte in un
road show per portare l’applicazione nelle
principali capitali internazionali.
In Italia queste soluzioni si stanno pian piano diffondendo, ma gli esempi di
un utilizzo ormai avanzato
arrivano dagli Stati Uniti o
da altri paesi. Come quello di
Whole Foods, la catena di supermercati di alimenti naturali e di prodotti biologici che
utilizza la suite Responsys di
Oracle per quello che viene
definito un marketing orchestrato. Whole Foods incentiva
i propri clienti a condividere
le proprie preferenze sul sito:
di lì si possono iscrivere alle
newsletter, accedere alle informazioni sugli store locali e
ai coupon con le promozioni.
Così la catena può rivolgersi
a ciascun cliente con contenuti appropriati evitando, per
esempio, di mettere in homepage o sulla newsletter la foto
di una succulenta bistecca, se
sa che il particolare utente è
vegano.
Whole Foods arriva però
oltre. È probabile infatti che
l’utente abbia tralasciato di
dire qualcosa di importante,
per esempio che è celiaco. Ma
se comincia a cliccare sugli articoli della newsletter che parlano di prodotti senza glutine o
cerca sul sito ricette per celiaci,
l’azienda è pronta a registrare
anche questa informazione e a
utilizzarla per personalizzare
ancora una volta la comunicazione e, in una certa misura,
anche la visita in negozio.
Lufthansa, invece, personalizza le e-mail inviate qualche
giorno prima del volo prenotato: non solo informazioni
sulla partenza o sul check-in,
ma notizie sul luogo di destinazione, previsioni del tempo,
offerte supplementari per gli
iscritti al programma Miles
and more.
La particolarità è che queste
personalizzazioni sono automatiche, sulla base di una strategia impostata dall’azienda. E
si arriva molto in profondità.
Lenovo Emea, per esempio, è
riuscita ad aumentare il tasso
di apertura delle e-mail promozionali di oltre l’80%, studiando
la risposta degli utenti al cambiamento dell’orario di invio,
dell’oggetto del messaggio, del
tono del contenuto o persino
della posizione delle immagini.
Un grado di sofisticazione che
chi invia ancora comunicazioni
su prodotti che l’utente ha già
comprato non conosce.
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16
MARKETING
Giovedì 5 Febbraio 2015
È al 47° posto della classifica mondiale di Brand Finance. In testa l’americana Wells Fargo
Il marchio Unicredit vale 4,7 mld
Intesa Sp (109°) a 1,4 mld, 1 mld per Banco Popolare (142°)
DI
CLAUDIA CERVINI
Così il ranking degli istituti di credito italiani
U
nicredit, Intesa
Sanpaolo e il Banco Popolare sono le
banche italiane con il
brand di più alto valore. Prima
tra le italiane nella classifica
2015 stilata da Brand Finance è la banca guidata da Federico Ghizzoni, scesa nel
2015 dalla 38ima alla 47ima
posizione a livello globale e il
cui marchio vale 5,405 miliardi di dollari (circa 4,735 mld
di euro) contro gli oltre 6 miliardi di dollari (circa 5,2 mld
di euro) nel 2014. A seguire
si trova la Ca’ de Sass con un
brand da 1,665 miliardi di dollari (circa 1,459 mld di euro)
che scalando due posizioni è
riuscita a raggiungere la numero 109, e dal Banco Popolare: sceso alla 142ima posizione
(era alla 141) e il cui marchio
vale 1,153 miliardi di dollari
(un miliardo di euro).
I dati emergono dal rapporto
Brand Finance Banking 500,
riguardante le prime 500 banche al mondo, appena pubblicato dal mensile The Banker,
del gruppo Financial Times.
Secondo l’indagine, i
marchi delle banche italiane
hanno perso nel corso dell’ultimo anno mediamente il 5% del
proprio valore, non a causa di
una debole strategia di marketing, ma in conseguenza della
difficile situazione in cui verte
il sistema paese: innanzitutto
le fragili condizioni economiche e l’incertezza di famiglie
e imprese.
Scorrendo la classifica si
incontra in quarta posizione
Posizione
2015
UniCredit
47
Intesa Sanpaolo
109
Banco Popolare
142
Banca IMI
143
UBI Banca
155
Monte dei Paschi di Siena
161
Mediobanca
219
Banca Popolare dell'Emilia Romagna
221
CR del Veneto
225
Banco di Napoli
242
Banca Popolare di Milano
246
Banca CR Firenze
251
Credem
318
Veneto Banca
319
Banca Popolare di Sondrio
360
Credito Valtellinese
379
Banca Popolare di Vicenza
380
Banca Mediolanum
403
Banca Fideuram
404
Banca Carige
472
Banca
Posizione
2014
38
111
141
135
148
165
220
217
211
235
224
221
303
366
373
369
458
398
-
Valore
2015
5.405
1.665
1.153
1.145
1.039
957
588
579
545
513
497
493
324
324
267
243
242
223
222
167
Valore
2014
6.585
1.623
1.133
1.205
1.045
844
552
569
604
490
528
550
335
244
237
243
170
211
142
Dati in milioni di dollari. Fonte: Brand Finance
tra le italiane Banca Imi
(la banca d’affari controllata
da Intesa Sanpaolo) con un
brand da 1,145 miliardi di
dollari (circa 1 mld di euro).
Sfonda la soglia di 1,039 miliardi (circa 910 milioni di
euro) anche il marchio di Ubi
Banca. Una sorpresa è quella rappresentata dal Monte
dei Paschi di Siena (Mps)
il cui brand vale ben 957 milioni di dollari (838 mln di
euro): segno del fatto che il
fallimento degli stress test
non ha pesato sullo storico
marchio datato 1472. Anche
lo storico brand Banco di
Napoli si difende bene, con
un valore di poco superiore al
mezzo miliardo di dollari (438
mln di euro).
Il distacco tra la prima
banca in cima alla classifica globale, l’americana Wells Fargo, e le banche italiane
è notevole: il brand di Wells
Fargo vale 34,925 miliardi di
dollari (circa 30,594 mld di
euro), in crescita rispetto ai 30
miliardi di dollari (26,28 mld
di euro) del ranking 2014. La
seconda banca al top è invece
di nazionalità cinese, Icbc:
27,459 miliardi di dollari (oltre 24 mld di euro) il valore
del suo brand. Da notare
come i paesi emergenti stiano, a poco a poco, risalendo il
ranking: la banca brasiliana
Brandesco si trova in 20ma
posizione. Ma la preoccupazione è dettata, soprattutto,
dalla falcata delle banche cinesi che stanno risalendo la
classifica superando anche le
americane. Come riportato da
La Tribuna Economica il ceo
di JP Morgan, Jamie Dimon,
si è recentemente dichiarato
preoccupato per le organizzatissime banche occidentali che
potrebbero essere superate da
marchi cinesi. E il ranking di
Brand Finance sembrerebbe
confermare questa preoccupazione. Infatti se Icbc, come
accennato, è passata dal 6° al
2° posto in classifica superando Hsbc che adesso è terza
a livello mondiale; dall’altro
China Construction Bank,
che ha già superato Hsbc in
termini di capitalizzazione,
ha visto il proprio marchio
crescere del 39% superando
Citi, BoA e Chase. Infine,
Bank of China e Agricultural Bank of China hanno
spinto la spagnola Santander in fondo alla top ten. Dei
marchi di maggior valore a
livello globale.
Il rapporto ha stimato anche
il rating del brand calcolato in
base a diverse variabili: i rischi
e il potenziale futuro comparato con quello dei competitors.
Le tre big hanno i seguenti rating: Unicredit e Intesa Sanpaolo AA, e il Banco A+.
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In dieci anni 60 milioni di euro per promuovere il vino di qualità
DI
GIANFRANCO FERRONI
L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, associazione che
riunisce 19 cantine italiane, dal 2004
al 2014 ha investito 60 milioni di
euro nella promozione, un terzo dei
quali con il sostegno Ue. «Il settore
vale 6 miliardi di euro di export»,
sottolinea il presidente Piero Antinori: è la prima voce del comparto
food & beverage, con tassi di crescita double digit. A Roma, nel salone
della biblioteca Angelica, il docente
di economia e gestione delle imprese alla Sapienza Alberto Mattiacci,
autore della ricerca sull’export del
vino realizzata per l’istituto su dati
dell’ufficio studi economici Bnl, ha
evidenziato che quello enologico è
«un caso di successo imprenditoriale», con una crescita dal 2008 al 2013
del 45% a valore e del 23% a volumi.
Un incremento netto e strutturale
ma anche qualitativo, perché «gli incrementi a valore superano quelli a
volume, segno di una crescita costante della qualità del prodotto esportato». Per Mattiacci, la produzione
nazionale «ha davanti a sé la sfida
dell’upgrading di posizionamento, e
del connesso rinvigorimento del potere di scambio, guidato da quattro
parole chiave, glamour, imbottigliato, venduto e stabile».
Tra il 2010 e il 2014 l’overview sulle
risorse investite conta 248 missioni, 50 mila meeting, 74 seminari, 75
walk around tasting e 39 gala dinner, con una ripartizione degli investimenti «demand pull» (in-store
promotion, media, materiali pop)
per il 57% e «market relationship» (wine tasting, marketing
expertise, fiere, pr, incoming)
per il 43%. Grazie a queste iniziative, che premiano il lavoro
svolto con i progetti Ocm Vino
Promozione, la media dell’incremento del mercato extra Ue
è del 166% (in testa il Brasile
con +562%), per un’incidenza
di consumi a valore cumulato
del 66%. Questo perché gli sforzi
di promozione non sono dispersi ma concentrati nelle nazioni dove i consumi
della categoria,
sia come stock
che come trend,
appaiono più significativi.
Ma quali sono i fattori favorevoli
all’export italiano di vino? Tra quelli esogeni, la domanda mondiale in
crescita, la semplificazione grazie
all’evoluzione delle regole Wto, la
crescita del numero degli operatori specializzati, i costi decrescenti
del trasporto, le nuove strategie
degli importatori, i finanziamenti
Ue, le mode di consumo. Tra quelli endogeni, il mercato
interno «più fiacco e difficile», la
rigenerazione
imprenditoriale
basata sul ricambio generazionale, gli «innesti» nelle aziende
e gli imprenditori
«white-collar», la
crescente managerializza-
Piero Antinori
zione, oltre all’effetto locomotiva
dell’emulazione e delle aggregazioni
leader/follower.
Per l’istituto, che comprende Alois
Lageder, Argiolas, Biondi Santi
Greppo, Ca’ del Bosco, Michele
Chiarlo, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Ambrogio e Giovanni Folonari
Tenute, Gaja, Jermann, Lungarotti,
Masi, Marchesi Antinori, Mastroberardino, Pio Cesare, Rivera, Tasca
D’Almerita, Tenuta San Guido e
Umani Ronchi, «il Pil italiano avrebbe oggi 500 miliardi di euro in più
se fosse cresciuto quanto l’export di
vino made in Italy dal 2007 al 2013».
Il presidente Antinori rileva che
«verso i mercati emergenti, e verso
i paesi come la Cina, l’Italia deve
fare ancora passi in avanti. Anche
sul fronte del prezzo medio, cresce,
come pure aumenta la qualità media,
ma nei confronti dei nostri partner
francesi c’è ancora una differenza
che deve essere colmata». Ricordando che «diversamente da altri
prodotti, il vino non genera spese
sul versante dell’import. Il vino può
contribuire ancora di più alla bilancia dei pagamenti».
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MEDIA
Giovedì 5 Febbraio 2015
17
I conti della pay tv tra luglio e dicembre 2014. Nell’ultimo trimestre 30 mila clienti in più
Sky Italia, ricavi stabili a 1,4 mld
Incassi da abbonamenti a +1%, pubblicità su del 13,4%
DI
CLAUDIO PLAZZOTTA
T
ra luglio e dicembre
2014 i ricavi di Sky
Italia sono a quota
1,438 mld di euro, stabili sullo stesso periodo del
2013. Crescono dell’1% gli
incassi da abbonamenti, a
1,282 mld di euro, e sale con
decisione, del 13,4%, la raccolta pubblicitaria, a 101,3
mln di euro. Nei conti resi
pubblici da BskyB, nuovo socio di riferimento di Sky Italia e Sky Deutschland dallo
scorso novembre, si entra
anche nei dettagli di bilancio
del semestre luglio-dicembre
2014: i costi di palinsesto di
Sky Italia sono aumentati del
5,5% a 836 milioni di euro, gli
altri costi generali sono scesi
del 6% a 552 mln di euro, per
un ebitda largamente positivo di quasi 167 mln di euro
(-8,7% sullo stesso semestre
2013) e reddito operativo di
50,6 mln (-15,5%). Una forte
spinta è arrivata soprattutto
dall’ultimo trimestre ottobredicembre 2014, nel quale gli
abbonati a Sky Italia sono
cresciuti di 30 mila unità (accelerata più forte dal primo
trimestre dell’esercizio 2012),
portando il totale clienti a
quota 4.734.000. Su base annua, invece, il totale abbonati
Sky cala di 26 mila unità rispetto ai 4.760.000 del dicembre 2013. Bene l’arpu, ovvero
i ricavi per singolo cliente, che
resta costante ormai da moltissimi trimestri a 43 euro, e
pure il churn, ovvero il tasso
di abbandono (clienti che rinunciano all’abbonamento),
che cala al 10% rispetto al
13,1% del dicembre 2013.
Come spiegano da Londra,
i buoni risultati italiani arrivano sulla scia dell’offerta
HD, che guida la crescita:
quasi il 90% dei clienti italiani Sky è in modalità HD,
e il 66% paga per questa offerta (contro il 55% del 2013).
Molto buone pure le performance di Sky Online. In base
alle previsioni, la crescita di
abbonati dovrebbe proseguire ancora più forte nel primo
semestre 2015, soprattutto
grazie alla partnership con
Telecom Italia.
Il tasso di abbandono, invece, scende poiché «aumenta la soddisfazione dei clienti
grazie al consolidamento
della base abbonati connessa alla rete». A fine dicembre
2014 infatti, circa il 30% dei
clienti Sky, ovvero 1,4 milioni di famiglie, era connesso
a internet (+50% sul 2013)
con l’offerta Sky on demand.
Quanto alla visione in mobili-
tà, Sky Go è attivo su 2,4 mln
di clienti.
L’azionista inglese BskyB
governa quindi cinque mercati di Sky (Regno Unito, Irlanda, Germania, Austria e
Italia) e prova a lanciare strategie comuni, come il debutto
in contemporanea sui cinque
mercati, venerdì scorso, del
nuovissimo original drama
Fortitude e il via alla quinta
serie di Game of Thrones in
primavera.
Certo, Uk e Irlanda, nel secondo semestre 2014, hanno
prodotto circa 867 milioni di
euro di reddito operativo, con
un arpu per cliente di quasi
63 euro e 204 mila nuovi
clienti nell’ultimo trimestre
dell’anno.
Germania e Austria, invece,
nonostante i 214 mila nuovi
clienti nel periodo ottobredicembre 2014, sono a 4,12
mln di abbonati, con perdite
operative per oltre 17 mln
di euro nell’ultimo semestre
2014 (dopo i 52 mln di perdite
operative del periodo lugliodicembre 2013) e un arpu a
quota 35 euro, in calo rispetto
ai 36 euro del 2013. Sintomo,
quindi, di recenti politiche
commerciali di sconto per
attirare nuovi clienti. Chissà
se in BskyB ci sia qualcuno
che si sta già pentendo di aver
acquisito lo scorso novembre
il 95,80% di Sky Deutschland
valutandolo ben 8 mld di euro,
mentre il 100% di Sky Italia è
stato stimato 3,26 mld.
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Cinema, i film in Mostra a Venezia non vincono al botteghino
DI
CLAUDIO PLAZZOTTA
Il prossimo 19 febbraio esce nelle sale italiane il film Un piccione
seduto su un ramo riflette sull’esistenza. Qualcuno ricorderà che
questo titolo, del regista svedese
Roy Andersson, è stato premiato
con il Leone d’oro come migliore
opera alla Mostra del cinema di
Venezia 2014. Avendolo visto, chi
scrive può già prevedere che al
box office non incasserà più di 300
mila euro. Inserendosi perfettamente nel solco delle ultime opere premiate in Laguna: Faust, che
ha vinto nel 2011, ha ricavato dal
botteghino italiano la bellezza di
339 mila euro, Pietà (Leone d’oro
2012) 372 mila euro, Sacro Gra
(2013) un po’ di più, 970 mila. Se
con la direzione artistica di Marco
Muller (2004-2011) la Mostra del
cinema era riuscita anche a valorizzare pellicole digeribili al grande
pubblico (per esempio Il segreto di
Vera Drake, Leone d’oro nel 2004
con un box office di 1,2 mln, I segreti di Brokeback Mountain nel
2005 con 4,5 mln di euro incassati,
Lussuria-Seduzione e tradimento
nel 2007 con 1,5 mln, The Wrestler
nel 2008 con 2,1 mln e Somewhere,
premiato come miglior film nel 2010
con due milioni al botteghino), per
ora la sequenza sotto la direzione
di Alberto Barbera (dalla edizione
2012) evidenzia solo Leoni d’oro
di grande nicchia. Naturale che
un festival debba porre l’accento
su nuove forme artistiche, nuove
leve, nuovi linguaggi, senza porsi
troppi problemi di commerciabilità
dell’opera. Tuttavia, due milioni di
box office complessivi per gli ultimi
quattro Leoni d’oro di una manife-
Un frame del film Un piccione seduto su un ramo riflette
sull’esistenza di Roy Andersson e, a destra, la locandina di Sacro Gra
stazione comunque popolare come
Venezia devono fare riflettere.
Non che la Palma d’oro di Cannes,
perlomeno sul mercato italiano,
abbia maggiore successo. Il miglior
film 2010, Lo zio Boonmee che si
ricorda, per esempio, ha incassato
appena 46 mila euro sulla Penisola.
E pure il capolavoro Amour, Palma
d’oro 2012, si è fermato a quota 310
mila. Così come Il regno d’inverno, miglior film a Cannes 2014, ha
portato a casa solo 229 mila euro
al botteghino tricolore.
Se della pellicola che ha vinto a
Venezia 2014 è difficile raccontare
molto (è l’ultimo capitolo di una
trilogia, sono 39 scene ispirate ai
quadri di Otto Dix e Georg Scholz,
i protagonisti sono due venditori
di oggetti per fare ridere la gente,
tipo dentiere di dracula e maschere
di gomma, è una classica opera per
pochi intimi), è invece interessante
il metodo di lavoro del 72enne regi-
sta Andersson: ha girato cinque
film in tutto, i primi due negli
anni 70, gli altri tre negli anni
Duemila, e si è mantenuto facendo
do
il regista di spot pubblicitari e di
documentari.
Con i soldi guadagnati ha comprato
uno spazio immobiliare a Stoccolma, fondando la casa di produzione
Studio 24. Si fa aiutare da alcuni
soci produttori, ma, fondamentalmente, quando si appresta a girare
un nuovo film ipoteca gli immobili e le attrezzature come garanzia
sui prestiti. Ci mette anche quattro
anni a completare le riprese di un
titolo. «E in effetti», dicono proprio
i produttori Pernilla Sandstrom e
Johan Carlsson, «finanziare il lavoro di Roy, con il suo approccio
così diverso, può essere abbastanza
complesso. Prima di tutto, lui non
sa mai dire esattamente quali saranno i contenuti del film, e non
si ha mai una sceneggiatura preci-
sa (spesso usa i muri di Studio 24
come copione, ndr). Non si sa quanto dureranno le riprese. Di solito
chi fornisce fondi e finanziamenti
si basa su un modello specifico, con
un programma di riprese, per esempio, di 40 giorni. Noi, con i nostri
quattro anni di produzione, non rientriamo sempre in questi schemi.
Non abbiamo mai informazioni su
costi o programmi di un film di Roy
Andersson. Tuttavia Roy ha sempre
coperto le spese extra, quando ce
n’erano, autonomamente».
Insomma, lo svedese è un regista
che non si nega i capricci da artista, necessari a sviluppare una opera d’arte. Ma non si tira indietro
quando tocca a lui saldare il conto.
Grande lezione per tanti suoi colleghi italiani.
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MEDIA
Giovedì 5 Febbraio 2015
19
Neanche i pignoli tedeschi pensavano di incassare così con la regola di un canone per casa
Piovono euro sulle tv pubbliche
Raccolto 1 mld e mezzo. Scatta lo sconto di 48 cent
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
R
enzi voleva far pagare
l’abbonamento tv sulla
bolletta della luce elettrica. Impensabile che
qualcuno nel XXI secolo viva in
un appartamento non illuminato da lumi a petrolio e non abbia un apparecchio televisivo. E
non ci è riuscito. In Germania,
da oltre un anno, chiunque viva
in un appartamento deve pagare l’abbonamento. Improbabile
che un eremita viva nel cuore
di Berlino senza una tv, o un
computer in grado di vedere
uno spettacolo via streaming.
Per la verità, quando siamo a
Roma, mia moglie e io, sopravviviamo senza tv, ma evidentemente siamo degli anormali.
Grazie alla riforma,
l’ARD e lo ZDF, i due canali
pubblici, nel 2014 sono stati
sommersi da una pioggia di
euro, ben oltre il previsto. Evidentemente, anche i tedeschi
che crediamo così precisi non
conoscevano il numero esatto
di appartamenti, ville, e capanne sparse dal Baltico alle Alpi.
FAMIG. CRISTIANA
De Castro
guiderà
la San Paolo
DI
MARCO A. CAPISANI
Don Valdir Jose De Castro
è il primo capo non italiano
della famiglia religiosa dei
Paolini, che in Italia pubblica Famiglia Cristiana,
il Giornalino e Credere. De
Castro diventa formalmente padre superiore generale della Società San Paolo,
al posto di don Silvio Sassi
scomparso lo scorso settembre. La nomina del settimo
successore del fondatore
dell’ordine don Giacomo
Alberione riflette il clima
che si respira in Vaticano
dopo l’arrivo di Bergoglio,
il papa «venuto dalla fine
del mondo». Adesso, però,
bisogna vedere dove e come
il religioso brasiliano deciderà d’investire l’ingente
patrimonio dei Paolini, considerando che ormai l’ordine ha un seguito sempre più
importante in India, Sud
America e Corea.
Di contro, a fronte di questa internazionalizzazione
complessiva dei Paolini,
l’ordine italiano ha deciso di
estromettere i dirigenti laici
dalla gestione del gruppo di
Famiglia Cristiana. Dopo il
d.g. della periodici Maurizio
D’Adda, ci sono altri manager in uscita.
Si era calcolato che l’incasso
supplementare si sarebbe aggirato intorno ai 900 milioni di
euro, al massimo un miliardo
e cento milioni. È arrivato un
miliardo e mezzo. Bontà loro,
per la prima volta nella storia
della TV, i responsabili hanno
deciso di fare un regalino agli
utenti: dal prossimo aprile, la
bolletta mensile scenderà di 48
cent a 17,50 euro.
Fatti i calcoli, si scopre
che noi in Germania paghiamo per il piccolo schermo
quasi il doppio degli italiani.
Però volete mettere la qualità
dei programmi? Una domanda
provocatoria, e ci sarà sempre
qualcuno che giudicherà il Festival di Sanremo più allettante di un reportage politico del
primo o secondo canale tedesco. Però, i canali pubblici non
possono trasmettere pubblicità
a volontà, l’ingombro degli spot
non deve superare una certa
percentuale sulle ore complessive di trasmissione e dopo le
otto di sera la pubblicità è vietata. Qui non si interrompono i
film, e non si mandano in onda
fulminei spot sfruttando i calci
d’angolo durante una partita
di calcio, a rischio di perdere
un gol. Infine, sono vietati gli
sconti. La carta stampata viene protetta anche nei confronti
delle tv private.
Il professore Paul Kirchhof, ex giudice costituzionale e consigliere di Frau
Merkel durante la sua prima
campagna elettorale (2005),
quando si decise di far pagare
il canone a ogni appartamento,
propose di abolire la pubblicità
nelle tv pubbliche. Oggi, molti
invece di protestare per lo sconto troppo esiguo, propongono
paradossalmente di aumentare il canone, pur di vietare gli
spot. L’ARD e lo ZDF incassano
annualmente dalla pubblicità
circa 7,5 miliardi. Si calcola
che basterebbe pagare 78 cent
in più, o al massimo un euro
e 25, non si è d’accordo sulle
cifre, per abolire la pubblicità
sui canali pubblici.
Prevengo l’obiezione
all’italiana: così si favorirebbero le tv private. Qui non
c’è un Berlusconi teutonico, ma
i 7,5 miliardi non andrebbero
totalmente a ProSieben o Vox,
e verrebbero distribuiti in gran
parte a giornali e settimanali.
I privati non potrebbero aumentare il loro ingombro pubblicitario, e se aumentassero le
tariffe perderebbero i clienti. Si
calcola che una campagna tv
abbia successo solo a partire
dai trenta spot, e solo le grandi società se la possono dunque
permettere. Qui le leggi vengono rispettate, a partire da quella fondamentale sul divieto di
praticare sconti.
© Riproduzione riservata
Burritos, flash mob, campi estivi e campagne anti-Amazon,
le librerie s’ingegnano per incuriosire nuovi lettori
DI
MARCO A. CAPISANI
Le librerie spendono soldi
in creatività e fantasia pur
di attirare nuovi clienti e
vendere più libri. Si tratta
di un tentativo disperato
di negozi alle prese con la
crisi economica in un paese, per giunta, in cui si legge
poco? Non proprio. Perché
sempre più insegne organizzano concorsi per lettori, laboratori per bambini e
notti bianche in compagnia
degli autori. I negozi più
Da sinistra, un flash mob
arditi creano persino veri e
alla Eastern Washington University,
propri flash mob tra i loro
un selfie con una copertina
scaffali, campi estivi tematidi libro e un #librosospeso
ci, autoproducono il proprio
merchandising e danno vita a inizia- presenza social», contive come il libro sospeso che, sulla ferma Emily Pullen,
falsariga dell’abitudine napoletana a libraria americana che
lasciar pagato un caffè al bar, invita a sfruttando la moda dei
comprare un libro in più da offrire al selfie ha creato un blog con le foto di
lettori con libri posizionati che coprocliente successivo.
Anche se non ci sono dati certi che no parti del loro corpo.
Sono innumerevoli le iniziative di
indichino un rialzo delle vendite, per
tutte queste librerie il risultato è co- marketing fai-da-te avviate dalle libremunque un ampliamento dei visitato- rie. A Washington, per esempio, i flash
ri, come ribadisce l’indagine I social mob in maschera hanno ormai un luogo
salveranno la libreria? 21 buone idee di riferimento: la libreria Eastern Waper i librai di oggi (e di domani), rea- shington University. Mentre chi vuole
lizzata dall’Aie (Associazione italiana mangiare un burrito va alla Broadway
editori presieduta da Marco Polillo). Books dove offrono un panino mesInfatti, ora, i punti vendita godono sicano ogni tre libri acquistati. E a
di maggior visibilità grazie alle loro proposito di progetti particolari che
fantasiose promozioni e anche perché spingono le vendite, la Broadway Boohanno saputo veicolarle su Facebo- ks si è salvata dal fallimento in questo
ok, Twitter, Instagram o Foursquare. modo e a fronte di solo mille euro spesi
«Non so quantificare quanto di questo in panini. Più simile a una sorta di prolavoro si sia trasformato in vendite duct placement il servizio della mitica
o nuovi clienti ma Corpus libri ha libreria The Strand a New York, che nosicuramente contribuito alla nostra leggia libri per spettacoli teatrali, tv e
set cinematografici. Mentre
cavalca il binomio sempre
verde di cultura+erotismo la
Boosmith di San Francisco
con le gare mensili di fiction
erotiche.
E l’Italia? È un mercato
troppo conservatore per questo genere di promozioni? Per nulla. Sempre
secondo l’indagine Aie, a Milano il
progetto #librosospeso della libreria Il
mio libro ha fatto passare di mano più
di 70 volumi nella sola prima settimana
di lancio e ha generato milioni di condivisioni social dell’hashtag. A Reggio
Emilia, infine, la libreria All’Arco ha
lanciato l’iniziativa #altrocheAmazon,
una vera e propria campagna social per
riportare al centro dell’attenzione dei
clienti l’importanza dei negozi fisici.
«A chi non è capitato di chiedere in
libreria “quel libro con la copertina
gialla, uscito un po’ di tempo fa, che
parla di gatti?”», spiegano dalla libreria All’Arco. «Ecco a una domanda così
nessun algoritmo può rispondere. Un
vero libraio sì».
20
MEDIA
Giovedì 5 Febbraio 2015
CHESSIDICE IN VIALE DELL’EDITORIA
piazza Affari con un +2,45% a 1,173
euro, anche ieri con scambi molto
consistenti sul titolo.
Mediaset, il titolo vola grazie
alla ripresa della pubblicità. Le
azioni del Biscione in gran spolvero
ieri a piazza Affari (+3,64% a 4,158
euro) dopo le indicazioni positive
sulla raccolta pubblicitaria. Notizie
che hanno portato alcuni analisti
a rivedere in corsa le loro stime e
valutazioni. Gli esperti di Mediobanca Securities hanno aggiornato
le previsioni di Eps e il prezzo obiettivo su Mediaset dopo le parole del
cfo Marco Giordani in un’intervista
di ieri. Giordani, evidenziano gli
analisti, «ha confermato che la pubblicità tv in Italia potrebbe tornare
a crescere nel 2015, aggiungendo
che i ricavi pubblicitari potrebbero
salire tra il 2 e il 4%» nell’anno
in corso. Il manager ha detto che
la visibilità resta bassa, ma ci
sono stati alcuni segnali positivi a
febbraio e c’è cauto ottimismo per
i prossimi mesi. Gli esperti, secondo cui ci sono ragioni per credere
che i prossimi mesi possano «dare
sorprese positive sul fronte della
pubblicità», grazie all’andamento
delle vendite auto, al calo della
disoccupazione e all’aumento della
fiducia dei consumatori in Italia,
hanno dunque alzato le stime di
Eps di Mediaset del 22% per il 2015
e del 14% per il 2016. Sul titolo la
raccomandazione è outperform,
con prezzo obiettivo che sale da
4,06 a 4,58 euro.
Disney batte le attese nel 1° trimestre. Walt Disney nel primo trimestre dell’esercizio fiscale (chiuso il
30 dicembre) ha registrato un utile
netto di 2,18 miliardi di dollari (circa 1,9 mld di euro), contro gli 1,84
miliardi (circa 1,6 mld di euro) di
un anno fa. Il fatturato consolidato
è cresciuto del 9% a 13,39 miliardi
di dollari (11,7 mld di euro). La
società ha compensato la flessione
dei ricavi della divisione cinematografica con la forza dei parchi a tema
e del network televisivo, e ha ancora
una volta beneficiato del contributo
del cartone animato Frozen, che
continua a fornire ottimi risultati
alle attività di merchandising. I
risultati registrati da Disney sono
stati inoltre sostenuti dall’aumento
dei prezzi nei parchi a tema statunitense, dall’aumento delle vendite nei
Disney Stores e della forte audience
dei network Espn e Abc. La divisione
Media Networks, la maggior di Disney
in quanto responsabile di Abc, di Espn
e A&E Television, ha registrato un
aumento dei ricavi dell’11% a 5,86
miliardi di dollari (5,1 mld di euro)
in scia all’aumento delle commissioni
per le reti affiliare e dei programmi
di vendita che hanno compensato
l’incremento dei costi di produzione
nel network sportivo. La divisione
Parks and Resorts ha visto i ricavi
salire del 9% a 3,91 miliardi di dollari
Rcs +2,45% in Borsa, volumi sempre consistenti. Rcs in evidenza a
LA VIGNETTA DEL GIORNO
(3,4 mld di euro) grazie alla maggior
affluenza e all’aumento delle spese nei
suoi parchi in Usa, mentre la divisione
cinematografica ha riscontrato un
calo del 2% a 1,86 miliardi di dollari
(1,6 mld di euro) a causa dei minori
incassi da botteghino.
Topolino non va in edicola con
la copertina dedicata a Charlie
Hebdo. L’immagine dei personaggi
più famosi della Walt Disney con le
matite in mano alzate, solidarizzando
con i vignettisti vittime della strage
jihadista di Parigi, è stata sostituita
da un Pippo in versione reporter. Lo ha
reso noto ieri lo stesso editore Panini
che esce oggi in edicola col numero in
questione e spiega: «La scelta di non
pubblicare la creatività erroneamente
circolata è stata determinata dalle
modalità di utilizzo dei personaggi
del settimanale». In rete, però, molti
fan ricordano che la copertina proCharlie era stata annunciata già
dal precedente numero di Topolino.
Intanto a Milano, un secondo incendio
ha colpito la casa editrice Excalibur
che sta organizzando una mostra sul
settimanale satirico francese.
Isola dei famosi, bene l’esordio
nel day time di Canale 5. L’Isola
debutta bene anche nel day time
di Canale 5: alle 16,05 di martedì
sono stati 4.126.000 i telespettatori
totali con uno share pari al 30,12%,
che sale al 31,53% sul target commerciale dei 15-64enni. Il totale
degli appuntamenti pomeridiani
dell’Isola su Canale, Italia 1 e La5
è stato di 6 milioni 748 mila telespettatori.
Discovery Italia nuovo socio fondazione Pubblicità Progresso.
La Fondazione Pubblicità Progresso
allarga il proprio numero di soci con
l’ingresso di Discovery Italia, terzo
editore italiano per share, presente
su tutte le piattaforme con un portafoglio di 14 canali. «Siamo davvero
lieti» di fare questo annuncio, ha
detto Alberto Contri, presidente di
Pubblicità Progresso. «Siamo convinti
che il dinamismo mostrato da quello
che è diventato il terzo polo televisivo
italiano si rivelerà positivo anche per
la comunicazione sociale. Non è poi irrilevante che un’impresa gestita e animata quasi completamente da donne
entri in Pubblicità Progresso in tempo
per diffondere e sostenere le attività
del secondo anno di «Puntosudite»,
la campagna crossmediale a favore
della parità di genere». «In Discovery
Italia l’attenzione nei confronti dei temi sociali è da sempre parte integrante della cultura aziendale», ha detto
Alessandro Araimo, chief operating
officer di Discovery Southern Europe,
«sostenuta e animata da una particolare sensibilità del nostro gruppo a
livello mondiale. Il nostro ingresso in
uno dei soggetti maggiormente attivi
nel sociale, rappresenta un’occasione
per rafforzare il nostro impegno nel
dare visibilità a tematiche, come la
diversità, utili a sensibilizzare l’opinione pubblica».
DIGITALE EXTRATERRESTRE
Myrta e Tiziana felici
DI
L’editoria in Piazza Affari
Indice
Chiusura
Var. %
Var. % 30/12/14
FTSE IT ALL SHARE 22.242,83
FTSE IT MEDIA
14.596,9
-0,24
3,12
10,45
20,22
Titolo
Rif.
Var.
%
Var. %
30/12/13
Capitaliz.
(mln €)
Cairo Communication
5,6000
0,81
15,37
438,7
Caltagirone Editore
1,0260
6,05
23,61
128,3
Class Editori
0,3429
-0,26
11,73
97,1
Espresso
1,1850
3,04
24,28
488,3
Il Sole 24 Ore
0,7370
7,91
24,07
31,9
Mediaset
4,1580
3,64
20,87
4.911,5
Mondadori
0,9385
0,70
7,20
245,4
Monrif
0,3199
1,56
12,36
48,0
Poligrafici Editoriale
0,2595
5,10
15,18
34,3
Rcs Mediagroup
1,1730
2,45
25,52
612,1
Seat Pagine Gialle
0,0029
-
3,57
186,4
Telecom Italia Media
1,0420
1,17
7,81
107,6
MASSIMO TOSTI
Tiziana Panella e, soprattutto, Myrta Merlino sono apparse smaglianti, ieri mattina sugli schermi de La 7: non si
sa se a causa della biblica assenza dal video, estromesse da
Chicco Montana che si è appropriato dell’intero palinsesto del canale per raccontare, minuto per minuto, l’elezione
al Colle, o al conforto della riconquista della visibilità mattutina. Myrta era raggiante e zompettava allegra davanti
ai suoi ospiti, tutti compresi nel duro compito di spargere
incenso su Sergio Mattarella. Mancava soltanto che invocassero «Santo subito» all’indirizzo del nuovo inquilino
del Quirinale. Manuela Repetti, parlamentare di Forza Italia
e compagna di Sandro Bondi, riempiva di elogi il capo dei
dissidenti del partito, Raffaele
Fitto, che immediatamente dopo
la sua apparizione sullo schermo
raccoglieva la sua prima vittoria
con le dimissioni in massa (poi
respinte da Berlusconi) di tutta
la classe dirigente del suo partito.
C’era anche, collegata in esterni,
Myrta Merlino
Barbara Saltamartini, appena
fuggita dal Nuovo Centro Destra. Giovanni Toti ha messo
una pietra tombale sugli ultimi mesi di Forza Italia: «Il
patto del Nazareno è rotto», ha dichiarato, seminando lo
sgomento fra gli elettori moderati, che già da tempo ritengono che Berlusconi ha rotto. Mastella (ripresosi dall’apnea
degli ultimi mesi) ha rispolverato e rimesso in acqua la Balena bianca (che adesso è tornata pienamente in auge). Il
giornalista Paolo Graldi e l’ex presidente della Consulta
Giovanni Flick hanno incoronato Mattarella, superati
dalla zelante Repetti che lo ha definito «il migliore presidente della Repubblica che si potesse auspicare». Chissà
cosa ne pensa Berlusconi. Insomma, è scattata la corsa a
salire sul carro del vincitore, come da consolidate tradizioni
italiche. Mattarella, però, è sufficientemente esperto per
sapere che nessuno può prevedere quanto durerà la luna
di miele. Poi arriverà il tempo dei Bruto e dei Cassio con i
pugnali nascosti sotto la toga. Soltanto allora Mattarella
si renderà conto in che impiccio si è infilato.
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