Franco Serantini. Un esempio di antifascismo militante contro il

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Franco Serantini. Un esempio
di antifascismo militante
contro il fascismo di oggi
Il 7 maggio 1972 l’anarchico Franco Serantini moriva nel
carcere di Don Bosco, dopo essere stato colpito a morte dalla
polizia mentre si opponeva a un comizio fascista. Due giorni
prima, il 5 maggio, Franco partecipava al presidio
antifascista indetto a Pisa contro il comizio dell’ex federale
fascista Niccolai, dell’allora Movimento Sociale Italiano.
Il presidio fu duramente attaccato dalla polizia. Franco fu
circondato da un gruppo di celerini, sul lungarno Gambacorti,
e pestato a sangue. Trasferito al carcere di Don Bosco dove,
il giorno dopo, fu sottoposto a un interrogatorio, durante il
quale manifestò uno stato di malessere generale che il Giudice
e il medico Mammoli del carcere non giudicano serio. Il 7
maggio va in coma e muore. Il pomeriggio dello stesso giorno
le autorità del carcere cercarono di ottenere dal Comune di
Pisa l’autorizzazione al trasporto e al seppellimento del
cadavere in incognita. Franco Serantini era un “figlio di
nessuno”, quindi il tentativo fu di seppellirlo in incognito.
L’ufficio del Comune negò l’autorizzazione e la notizia della
sua morte si diffuse in tutta la città. Poche righe, per
ricordare un compagno, un amico, un giovane di vent’anni al
quale la polizia di Stato strappò la vita per difendere i
fascisti. La sua morte fa parte di quell’interminabile serie
di omicidi di Stato impuniti che hanno insanguinato e
insanguinano le strade, le piazze e le carceri italiane.
Ricordare Franco Serantini significa onorare l’impegno di un
compagno che si batté con estrema determinazione contro il
fascismo, perfettamente cosciente – come tutti i suoi compagni
di quel giorno – dei pericoli che correva a scendere in
piazza.
Lo ricordiamo in un momento storico nel quale il fascismo si è
riaffacciato con violenza in tutto il continente, grazie alle
politiche di un’Unione Europea che non si fa scrupoli ad
addestrare, finanziare e usare nazi – fascisti,
fondamentalisti e reazionari di ogni risma per strappare
territori e risorse ai paesi che la circondano. Si è visto in
Ucraina con il golpe del 2014, pianificato per anni
dall’Unione Europea, in alleanza/competizione con gli Stati
Uniti. In quello scenario i nazisti di Pravji Sektor e di
Svoboda hanno avuto un ruolo centrale, nei giorni di Piazza
Maidan, poi nel nuovo governo e nell’esercito regolare. La
conseguenza è stata la disgregazione del paese, migliaia di
vittime civili, la fine delle libertà democratiche, con la
messa fuori legge del Partito Comunista, centinaia di
prigionieri politici e giornalisti torturati. Ma il pericolo
fascista ha da tempo attecchito in tutta Europa, a causa delle
feroci politiche economiche imposte dalla Troika europea. Nei
paesi baltici e dell’Est, in Grecia, in Austria, in Francia ma
anche nei paesi del Nord Europa movimenti e partiti xenofobi,
razzisti, che fanno riferimento alle farneticazioni e alle
pratiche bestiali del nazi-fascismo, acquistano consensi e
forza elettorale.
In Italia il fascismo non è stato mai veramente sradicato,
godendo sin dall’immediato dopoguerra di coperture
istituzionali e atlantiche. Da molti anni i fascisti godono
anche di un revisionismo storico costruito e fomentato da
partiti e intellettuali una volta di sinistra, riconvertitisi
poi al più bieco turbo-liberismo. Il PD di oggi è la
risultante finale di questa lunga metamorfosi revisionista, di
cui Bersani, Poletti, Napolitano, Renzi e tutto l’attuale
gruppo dirigente sono il mostruoso prodotto. Da Luciano
Violante, che nel 1996 equiparò i partigiani ai “ragazzi di
Salò”, al Presidente del Parlamento Europeo, il PD Gianni
Pittella, che nel gennaio 2014 in piazza Maidan tenne un
comizio sul palco dei nazisti di Svoboda, possiamo osservare
l’arco di un revisionismo finalizzato a governare gli ascari
di oggi, fascisti e reazionari da sempre al servizio degli
interessi del grande padronato, che oggi si chiama
Finmeccanica, ENI, FCA
bancario/finanziario.
(FIAT),
Confindustria
e
sistema
In una fase di crisi sistemica del capitalismo com’è quella
nella quale viviamo, il fascismo torna così ad avere una sua
potenziale funzione “storica”. Ricordare Franco Serantini non
è quindi un rito, tantomeno un atto formale, ma un impegno
contro il fascismo di oggi e i padroni che lo riabilitano e
fomentano. Il suo sacrifico è un insegnamento e un monito per
tutti gli antifascisti, i democratici, i comunisti, a
continuare la lotta a morte contro il fascismo, al quale non è
possibile dare requie, perché esso non la darà a noi.
Rete dei Comunisti – Pisa
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