17 lun h17 brass band

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Torino Milano
Festival Internazionale
della Musica
05_ 23 settembre 2012
Sesta edizione
Torino
Conservatorio
Giuseppe Verdi
Settembre
Musica
Brass Band del Conservatorio
Giuseppe Verdi di Torino
Lorenzo Della Fonte direttore
Gabriele Cassone tromba
Lunedì 17.IX.2012
ore 17
Smetana
Holst
Cesarini
Arutiunian
Wilby
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MITO SettembreMusica
Sesta edizione
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a Torino attraverso il sistema
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con LifeGate, mediante crediti generati
da foreste in Bolivia e partecipa
alla piantumazione lungo il Naviglio
Grande nel Comune di Milano
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Suite, danze e virtuosismi per brass band
Bedřich Smetana
(1824-1884)
Danza dei commedianti da La sposa venduta
arrangiamento di John Mortimer
Gustav Holst
(1874-1934)
A Moorside Suite
Scherzo
Nocturne
March
Franco Cesarini
(1961)
Convergents
Alexander Arutiunian
(1920-2012)
Concerto per tromba, trascrizione di Roger Harvey
Andante – Allegro energico
Meno mosso
Tempo I
Gabriele Cassone, tromba
Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino
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Philip Wilby
(1949)
Partita for Brass Band “Postcards from Home”
Towers and Chimneys
Churches: Lord of the Dance
Pastorale: Sunday Afternoon
Coronation Day Parade
Brass Band del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino
Lorenzo Della Fonte, direttore
In collaborazione con
Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino
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e brass band appartengono al paesaggio sonoro dell’Inghilterra
profonda. Nascono nel primo Ottocento come emanazione di picL
cole industrie rurali e nel giro di breve tempo si diffondono su tutto il
territorio dell’isola. Non sono solo un fenomeno musicale, ma hanno
a che fare con la costruzione dei gruppi sociali, in un paese in rapido
sviluppo economico. Suonare insieme, nel tempo libero, con le stesse
persone con cui si condivide il lavoro, contribuisce a rafforzare l’identità collettiva e a prendere coscienza dei propri diritti. La loro diffusione, favorita dalle imprese che ne appoggiavano la costituzione, si
intreccia anche con le prime lotte sociali per reclamare maggiori
diritti sul lavoro. Un potente incentivo al perfezionamento di questi
ensemble di ottoni e percussioni verrà dal costume, tipicamente inglese, di organizzare concorsi e competizioni a livello locale e nazionale.
La storia delle brass band ottocentesche si intreccia anche con l’invenzione e la sperimentazione di nuovi strumenti a fiato. Gli ottoni,
in particolare, grazie all’introduzione di meccaniche dotate di valvole
e pistoni, si presentavano come un campo di sperimentazione privilegiato. Nacquero così decine di modelli di cornette, flicorni, tube, che
trovarono il loro campo d’applicazione proprio nelle brass band. L’occasione per presentare questi nuovi strumenti era costituito dalle
Esposizioni Universali, inaugurate proprio a Londra nel 1851. Lo spirito di queste iniziative era quello di mostrare al mondo i progressi
tecnologici delle nazioni occidentali, giustificando il loro diritto a
colonizzare i popoli meno progrediti. Nelle gallerie dell’industria,
accanto a macchine a vapore e telai meccanici, facevano bella mostra
di sé anche i nuovi strumenti musicali, simbolo di uno sviluppo tecnologico che investiva ogni campo della vita umana.
Non a caso il Crystal Palace, costruito in occasione della prima esposizione universale del 1851 e poi smontato e ricostruito nel sobborgo
di Sydenham, diventò il luogo deputato per i concorsi nazionali di
brass band, così come per i grandi raduni di cori. Quando nel 1936 fu
distrutto da un incendio, scomparve un simbolo del costume tipicamente inglese di praticare la musica collettivamente.
Il repertorio ottocentesco era basato soprattutto su trascrizioni di musica operistica. Ancora oggi si continua a trascrivere musica per brass
band, ma con l’intento di mostrare le risorse tecniche di questo organico formato da ottoni e percussioni. Molte trascrizioni assumono un
carattere virtuosistico spiccato. Tale è il caso della Danza dei commedianti tratta dalla Sposa venduta (1870) di Bedřich Smetana. Ispirato
a una danza popolare boema chiamata skočná, cioè “saltata”, è un
brano impetuoso e travolgente. Fu introdotta da Smetana in un secondo momento rispetto alla prima stesura dell’opera, per dare maggiore risalto all’esibizione dei commedianti, tipico episodio di “teatro
nel teatro”. In forma di rondò, presenta un tema veloce e incalzante
che si alterna a episodi di carattere diverso, in cui prevalgono via via
l’aspetto melodico, quello ritmico (con ampio uso di percussioni) o
evocativo (gli squilli di tromba). Tutti questi elementi vengono esaltati
nella trascrizione, grazie ai timbri chiari e squillanti e all’amalgama con
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le percussioni. La trascrizione è di John Mortimer, membro di una
famiglia di direttori e organizzatori, famosa in Inghilterra per il contributo dato allo sviluppo delle brass band nazionali.
Gustav Holst ha scritto nel 1928 uno dei brani più famosi della letteratura per brass band, la Moorside Suite. Il titolo allude alla brughiera, costellata di laghi e paludi, che caratterizza il paesaggio delle
regioni più selvagge della Gran Bretagna. Fonte di ispirazione, come
in tutta la tradizione inglese del Novecento, sono i canti popolari e gli
inni religiosi. I canti popolari inglesi sono caratterizzati dall’impiego
di scale modali che conferiscono loro un tono arcaico; gli inni sono
melodie semplici sostenute da accompagnamenti accordali. Holst intreccia abilmente questi due elementi, che sintetizzano per lui l’anima
musicale inglese.
Il primo movimento, Scherzo, è basato su una melodia modale in tempo
di giga, dal sapore arcaico e un po’ enigmatico. Lo squillo che apre il
tema viene continuamente ripreso, passando di strumento in strumento, fino a divenire l’elemento di sviluppo principale. L’effetto d’eco che
si produce crea una potente illusione spaziale: l’abbinamento con la caccia evoca subito l’immagine di un bosco nel quale si spande la melodia.
Il tema viene anche ripreso in canone amplificando questo effetto. Nel
trio compare una melodia tonale, accompagnata anch’essa dallo squillo:
il carattere arcaico si muta in tono cavalleresco.
L’ambientazione notturna del secondo movimento è suggerita dall’orchestrazione essenziale: la trama dei temi è svolta da strumenti solisti, che sembrano librarsi nel vuoto, in quanto sono sostenuti da semplici note tenute e da scale. Si crea così l’impressione di uno spazio
libero e sconfinato nel quale risuona un canto lontano e struggente.
Anche il tema del secondo movimento è modale, ma si sviluppa in
una melodia lunga e avvolgente, che a tratti ricorda Ma Mère l’Oye di
Maurice Ravel. A questa melodia esile e flessuosa risponde un inno,
che con il suo passo austero prende via via il sopravvento. Quando
infatti la melodia iniziale viene ripresa, compare in versione ridotta,
quasi come una reminescenza, e cede di nuovo il passo all’inno. Infine torna nella coda, affidata al timbro diafano dell’eufonio, ma in breve tempo evapora e si perde nell’aria.
Nell’ultimo movimento emerge l’anima estroversa e giocosa degli
inglesi. Il titolo March non dà conto della ricchezza del brano che
include giochi ritmici, passi di danza e un grandioso fugato. La marcia infine si fa solenne e pomposa, mentre la chiusa fulminea suggerisce un guizzo ironico.
Il brano fu commissionato nel 1928 per essere impiegato come pezzo
d’obbligo nel Brass Band National Championship che si tenne al Crystal
Palace alla fine di settembre. Ben 15 gruppi lo eseguirono davanti al
compositore. Questi ci ha lasciato alcune interessanti osservazioni, contenute in una lettera indirizzata al direttore della rivista «The British
Bandsman», che aveva commissionato l’opera:
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«Ho apprezzato soprattutto la flessibilità ritmica dell’esecuzione delle
bande migliori. Mi è dispiaciuto invece sentire alcuni solisti di cornetta
o di eufonio eccedere con il vibrato quando la musica richiedeva un cantabile morbido e piano. E ho notato un altro difetto che – diversamente
dal vibrato – non ricordavo fosse presente nei bei tempi andati. Quando alcuni solisti devono suonare quattro crome lente, le trasformano
in croma puntata-semicroma. Questo difetto guasta anche le esecuzioni migliori».
Queste osservazioni dimostrano come già ai tempi di Holst la sonorità della brass band fosse stata idealizzata e associata alla purezza di
una natura incontaminata. L’intrusione di elementi colti o “cittadini”, come il vibrato, era perciò percepita come una contaminazione.
La tensione verso quella purezza primigenia, considerata la radice
profonda della musica inglese, dona a questo brano il suo accento
inconfondibile.
Il passaggio dagli anni Venti ai Trenta è stato basilare per la presa di
coscienza da parte dei compositori inglesi dell’importanza delle brass
band. Le competizioni nazionali si rivelano fondamentali per stimolare autori di prima grandezza a scrivere per questo organico. Nel
1930 Edward Elgar, il capofila dei compositori della sua epoca, scrive
la Severn Suite op. 87, pezzo d’obbligo nel concorso nazionale di quell’anno. La prima esecuzione ufficiale si tiene il 27 settembre al Crystal
Palace, a opera della Foden’s Motor Works Band, vincitrice del concorso. In quello stesso anno il compositore Peter Warlock scrive un
articolo sul «Daily Telegraph» intitolato The artistic value of the brass
band, in cui mette in parallelo la grande tradizione corale inglese con
quella delle brass band. E conclude: «I nostri compositori non hanno
tardato a scoprire quale standard tecnico elevato fosse richiesto nei
nostri concorsi corali; essi devono ora volgere la loro attenzione alla
brass band, dove troveranno abilità tecniche paragonabili a quelle dei
nostri cori migliori». Quest’invito non cade nel vuoto. Nel giro di
pochi anni tutti i principali compositori inglesi (Ralph Vaughan Williams, Arthur Bliss, Malcolm Arnold) iniziano a scrivere per questo
organico.
A un certo punto anche qualche compositore straniero viene invitato
a comporre per brass band: Hans Werner Henze, ad esempio, scrive
nel 1975 Ragtimes and Habaneras per la Grimethorpe Colliery Brass
Band. Lo stesso Henze invita nel 1979 la Grimethorpe a esibirsi al
Cantiere internazionale d’arte di Montepulciano, propiziando il primo
incontro del pubblico italiano con questa formazione.
Franco Cesarini rappresenta l’esempio dello sviluppo di una letteratura internazionale per brass band. Egli testimonia anche la vitalità
della tradizione bandistica in Svizzera, dove è nato e dove svolge la
sua attività di compositore e didatta, presso il Conservatorio di Lugano.
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Convergents è stato commissionato nel 1990 dall’Associazione Federale Svizzera di Musica per essere proposto come pezzo d’obbligo al
Concorso di Lugano dell’anno successivo. I due elementi convergenti
in questo brano sono il ritmo ostinato di matrice caraibica, sottolineato dalle percussioni, e la melodia prima sommessa e poi sempre
più enfatica, che si libra sull’accompagnamento ritmico.
Il brano ha una struttura ad arco che gli conferisce un carattere unitario. Lo stile della melodia riporta alla memoria la musica per film
dei grandi autori italiani, come Rota e Morricone.
Il Concerto di Arutiunian è un brano brillante, pensato per mettere in
luce le qualità cantabili e ritmiche della tromba solista. Costruito in
un’unica campata, ha la particolarità di aprirsi e di chiudersi con due
ampie sezioni rapsodiche in cui la tromba espone una sorta di declamazione enfatica, ispirata alle improvvisazioni dei cantori armeni.
All’inizio l’orchestra dà solo un sostegno armonico al solista, mentre
tace nell’intervento finale, che assume così il carattere di una cadenza.
Ma la chiusa orchestrale è talmente fulminea da lasciare nell’ascoltatore l’impressione di un concerto neoclassico incastonato fra due
improvvisazioni dal carattere contrastante. Infatti il corpo centrale del
concerto impiega un linguaggio musicale assai convenzionale, appena
screziato da contrattempi e alterazioni cromatiche della melodia:
nulla di paragonabile al chiaro carattere orientale delle due improvvisazioni. Scritto nel 1950 dal giovane compositore armeno, questo
concerto ha conosciuto il successo negli Stati Uniti grazie al trombettista russo Timofei Dokshizer. In seguito grandi trombettisti lo hanno
inserito nel loro repertorio. La trascrizione è stata approntata da
Roger Harvey, celebre trombonista e didatta inglese.
Philip Wilby è l’indiscusso protagonista degli ultimi vent’anni di storia della musica per brass band. Compositore dai molteplici interessi,
nasce nello Yorkshire nel 1949 e si forma come violinista e compositore a Oxford. Dal 1972 insegna composizione alla Leeds University.
Esordisce nel mondo dei concorsi per brass band nel 1989, scrivendo
The New Jerusalem, un lavoro fortemente innovativo sia per il linguaggio sia per il messaggio religioso, presente in molte sue opere. Ma
aveva già al suo attivo Revelation (1985) in cui prescriveva una particolare disposizione degli esecutori e introduceva anche movimenti
degli strumentisti. Egli infatti sa unire elementi fortemente innovativi a uno stile eclettico dalle solide radici tonali. Il suo lavoro di maggior successo è costituito dalle Paganini Variations del 1990.
La Partita for Brass Band è stata composta nel 1993 ed è stata impiegata come pezzo d’obbligo per i concorsi delle brass band giovanili. Il
sottotitolo Postcards from Home spiega il carattere descrittivo della
musica e il suo tono evocativo. I luoghi descritti sono infatti quelli
dell’infanzia del compositore, nato nel borgo di Pontefract nel West
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Yorkshire. Il primo, Towers and Chimneys, suggerisce tramite il contrappunto l’immagine dell’intrico di torri e camini che caratterizza i
tetti di un antico villaggio inglese. Churches: Lord of the Dance riprende la melodia di un inno religioso basato su una melodia shaker americana, Simple Gift. Nella versione del 1963 di Sydney Carter, che presenta Gesù come il maestro che conduce la danza della nostra vita, ha
ottenuto immenso successo nelle chiese anglicane. Attraverso questo
canto allegro e ritmato l’autore vuole evocare il suo primo approccio
alla fede. La Pastorale: Sunday Afternoon, evoca i lunghi pomeriggi dei
giorni festivi passati in campagna. Si apre così uno squarcio lirico: la
melodia nostalgica richiama la purezza della natura e dell’infanzia
lontana. Coronation Day Parade è un brano vivace e chiassoso: tutto
il paese è in festa e la brass band percorre le strade del borgo in un’allegra scorribanda che coinvolge tutti gli abitanti. Il tema di quest’ultimo
movimento richiama quello del primo, dimostrando la volontà da
parte di Wilby di assicurare una coerenza musicale alla Partita, ben al
di là dell’intento descrittivo dei singoli movimenti.
Carlo Lo Presti
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Composta da oltre trenta studenti dei corsi di ottoni e strumenti a percussione, la Brass Band del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino
si colloca nel quadro delle attività didattiche della pratica di assieme (cui
il Conservatorio di Torino dedica una particolare attenzione, nella convinzione della loro fondamentale valenza formativa) con una duplice
finalità: da una parte, consentire un adeguato training orchestrale anche
alla specifica tipologia di strumentisti di cui si compone (di solito utilizzati in numero limitato in orchestra); dall’altra, offrire agli studenti del
corso di strumentazione e direzione per orchestra di fiati l’opportunità
di esercitarsi nella direzione. Della formazione, che annualmente si rinnova per una piccola percentuale, fanno parte studenti, ma anche neodiplomati che desiderano dare una continuità ai loro studi perfezionandosi con un’attività di rilevante impegno tecnico e artistico.
La Brass Band del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino è diretta da
Lorenzo Della Fonte, docente di strumentazione e composizione per
orchestra di fiati, e propone un repertorio assai diversificato, che comprende, nella tradizione degli analoghi e famosi gruppi britannici, trascrizioni di musica sinfonica, opere originali e concerti solistici.
Direttore d’orchestra specializzato nella letteratura per fiati, Lorenzo
Della Fonte è nato a Sondrio nel 1960 e si è diplomato in clarinetto, strumentazione per banda e musica jazz. Ha studiato direzione d’orchestra in
Italia e all’estero con Conjaerts, Lijnschooten, Reynolds, Corporon, Cober,
Spörri. Nel 2000 ha ottenuto il primo premio al concorso internazionale
per direttori d’orchestra “Prix Credit Suisse” di Grenchen.
Dal 1994 al 1998 è stato direttore principale della Civica Orchestra di Fiati
di Milano e attualmente dirige l’Orchestra di Fiati della Valtellina, con la
quale ha tenuto numerosi concerti in Europa e ha inciso 8 cd.
Dal 1995 è direttore della Giovanile Orchestra Internazionale di Fiati di
Ripatransone; inoltre dirige stabilmente la Civica Società Filarmonica di
Arogno (Svizzera), il Soli Wind Ensemble, i Fiati Filarmonici di Torino, e dal
2009 ha assunto la direzione della Banda Rappresentativa della Federazione dei Corpi Bandistici della Provincia di Trento.
Ha diretto, in oltre 500 concerti, più di 80 orchestre di fiati in 18 paesi
del mondo (12 europei, Stati Uniti, Canada, Giappone, Argentina, Brasile, Taiwan), risultando così il direttore di banda italiano più richiesto
all’estero. È docente di composizione, direzione e strumentazione per
banda presso il Conservatorio di Torino, collabora con associazioni italiane, europee e statunitensi ed è spesso invitato nelle giurie di concorsi
bandistici in tutta Europa.
Come compositore è autore di diversi brani originali e trascrizioni, pubblicati da Molenaar, Mitropa, Animando, Wicky, Eufonia e Scomegna:
suoi lavori hanno ottenuto premi in concorsi internazionali e sono stati
incisi. È autore del libro La Banda: orchestra del nuovo millennio sulla
storia della letteratura per fiati, pubblicato da Animando. Ha al suo attivo 14 cd per case discografiche statunitensi, svizzere e italiane, regolarmente trasmessi da importanti radio in Europa e Stati Uniti.
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Gabriele Cassone si è diplomato in tromba con Mario Catena e in composizione con Luciano Chailly. Concertista riconosciuto in tutto il
mondo, è apprezzato sia nell’interpretazione della musica su strumenti
d’epoca (tromba naturale barocca, tromba classica a chiavi, tromba
romantica a cilindri e cornet à pistons) sia nell’esecuzione del repertorio
contemporaneo. Luciano Berio lo ha scelto per eseguire suoi brani con
tromba solista: Sequenza X per tromba sola e, in prima assoluta, Kol od
sotto la direzione di Pierre Boulez con l’Ensemble Intercontemporain.
Successivamente ha suonato in scena con il trombonista Christian
Lindberg nell’opera di Berio Cronaca del Luogo, commissionata dal
Festival di Salisburgo.
Famosi direttori lo hanno chiamato per eseguire i brani più virtuosistici
del repertorio solistico: John Eliot Gardiner lo ha nominato tromba principale degli English Baroque Soloists per l’esecuzione dell’integrale delle
Cantate di J.S. Bach e per il Secondo Concerto Brandeburghese. Ton
Koopman, direttore dell’Amsterdam Baroque Orchestra, lo ha voluto per
registrare la Cantata BWV 51 di Bach.
Ha fondato l’Ensemble Pian & Forte insieme ad Antonio Frigé.
Si è esibito come solista nei maggiori teatri del mondo: Concertgebouw
di Amsterdam, Cité de la Musique di Parigi, Scala di Milano, Mozarteum
di Salisburgo, Carnegie Hall di New York, Queen Elizabeth Hall di Londra
e Wiener Konzerthaus.
Ha pubblicato più di 20 cd con brani dal repertorio barocco fino al contemporaneo. È docente presso il Conservatorio di Novara e tiene corsi
annuali di alta specializzazione presso l’Accademia di Santa Cecilia a
Roma, nonché seminari negli Stati Uniti e in tutta Europa; è autore del libro
La tromba edito da Zecchini. Gabriele Cassone suona trombe Courtois.
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