Antropologia teologica
Prof. Johannes Freyer
Per iniziare il nostro corso proponiamo la lettura di tre testi.
Il primo è il Salmo 8
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi,
il figlio dell'uomo perché te ne curi?
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!
Chi è l’uomo? Chi sono io? Da dove veniamo? Perché ci siamo e siamo così?
Perché la nostra circostanza di vita? Dove vado? Sono domande che risuonano
ancora oggi.
Un secondo testo del Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et
Spes1
«In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo
squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi
si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi
limiti; d’altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita
superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a
rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non
fa quello che vorrebbe.
Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi
discordie nella società. Molti, è vero, la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi
dall’avere una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non hanno
modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di trovare la loro tranquillità nelle diverse
spiegazioni del mondo che sono loro proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una
vera e piena liberazione dell’umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell’uomo sulla terra
appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita,
loda l’audacia di quanti, stimando l’esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano
di darne una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione. Con tutto ciò, di fronte
all’evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o
sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos’è l’uomo? Qual è il significato
del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa
valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l’uomo alla società, e cosa può
1
GS 10; 22.
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attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo
Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro
Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo
Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma
che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo
fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli.
Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature il Concilio
intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo e per cooperare nella ricerca di una
soluzione ai principali problemi del nostro tempo».
Questo il testo di Gaudium et Spes che presenta l’uomo in tutto il dramma della
realtà della vita personale inserito nel dramma dell’umanità e della storia
dell’umanità. Il documento conciliare cerca di indirizzare il dramma umano verso il vero Uomo, l’Ecce Homo: Gesù Cristo.
Un terzo testo proviene da una rock band inglese, i Genesis, ed è tratto
dall’album Calling All Stations2 (Sto chiamando tutte le stazioni)
Calling all stations / Can anybody tell me, tell me exactly where I am / I've lost all sense of
direction / Watching the darkness closing around me / Feel the cold all through my body / That's why I'm calling all stations / In the hope that someone hears me / A single lonely voice
“Sto chiamando tutte le stazioni, c’è qualcuno che sa dirmi esattamente dove sono? Ho perso la
strada, ho perso ogni indicazione. Sto osservando le tenebre che mi circondano. Sento il freddo
sul mio corpo. Per questo sto chiamando tutte le stazioni, nella speranza che ci sia qualcuno
che mi ascolti, nella speranza che qualcuno ascolti una voce solitaria”.
Questa canzone esprime i sentimenti di molti ragazzi e giovani di oggi che si
sentono persi nella modernità del mondo. Nonostante tutte le tecniche più avanzate essi non trovano più indicazioni che possano mostrare un cammino di
vita. Vedono buio, oscurità e la notte intorno a loro, sentono il freddo sul loro
corpo, il freddo: la mancanza di amore in questo mondo.
I tre testi proposti: il salmo 8, la Gaudium et Spes 10 e la canzone dei Genesis
Calling All Stations, esprimono, ognuno a proprio modo, la realtà della vita umana e le grandi questioni che la vita ci pone. Le domande: Chi sono io, da dove
vengo, dove posso andare, che significato ha la mia vita? Il dolore, la morte, come posso trovare la vera felicità?
Con il corso che iniziamo proponiamo questa domanda: c’è qualcuno che può
dare risposta ai nostri interrogativi? Non vogliamo dare una soluzione prefabbricata, ma desideriamo intraprendere un cammino, scrutando la nostra tradizione francescana, per cercare una risposta ai nostri interrogativi.
Vogliamo metterci in movimento come ricercatori della vita, della felicità, della
verità e della profondità. Nella tradizione francescana è stato compreso il
dramma umano; i francescani si comprendono viatori in questo mondo ricerCalling All Stations è il sedicesimo album del gruppo inglese dei Genesis, l’ultimo realizzato in
studio dalla band nel 1977.
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cando la pienezza in quell’Aldilà che si è incarnato nell’humus di questa terra e
di questo mondo.
Le tappe del corso
• Antropologia teologica: visione globale
• Lineamenti di una teologia francescana in vista di una antropologia
• Alcuni autori delle diverse scuole francescane: S. Francesco, S. Antonio
da Padova, Alessandro di Hales, S. Bonaventura, Pietro Giovanni Olivi,
Giovanni Duns Scoto. Vedremo che cosa ci offrono per poter creare
lineamenti antropologici di una vita francescana attuale.
• Se riusciamo vedremo la visione antropologica di Leonardo Boff
• Elaborazione di lineamenti di una antropologia francescana.
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La visione dell’Antropologia teologica
La visione globale di cosa è l’antropologia teologica. Al tempo dei primi francescani il trattato di Antropologia Teologica non esisteva come tale. Infatti il termine “teologia” (lo dice la parola stessa) tratta di Dio e non dell’uomo. Mentre il
soggetto dell’antropologia è l’uomo in vari aspetti (psicologia, biologia etc.).
Infatti il trattato dell’Antropologia teologica è una materia moderna che non esiste prima della fine del 1800.
Da Platone fino a Hegel in prima fila metafisica dello spirito
Nella filosofia, da Platone a Hegel, si parla di una metafisica dello spirito, e
questi autori, in questo contesto, parlano dell’uomo. Vedete come l’indirizzo va
verso una specie di dualismo, parlando di una metafisica dello spirito e non
dell’uomo come creatura integrale “spirito-corpo”.
Tommaso: corporeità come parte integrale: l’uomo nella sua unità
In questo lungo percorso, da Platone ad Hegel, troviamo anche delle eccezioni:
Tommaso d’Aquino si sforzò di presentare una visione unitaria e integrale
dell’uomo corpo e anima (ma anche lui presenta l’uomo solo in quanto
sottomesso alla teologia su Dio).
Ludwig Feuerbach: dottrina della sensualità
A partire da Feuerbach (filosofia del 700/800) parliamo di una dottrina della
sensualità, si inizia ad interpretare l’uomo a partire dai sensi-sensualità.
Nietzsche: Superuomo; il corpo è la misura dell’uomo;
Poi Nietzsche presenta il super-uomo: il corpo diventa misura dell’uomo.
Notiamo questo balzo: prima la misura dell’uomo era lo spirituale, poi avviene
un cambiamento radicale, la misura dell’uomo diventa il corpo.
Scienze empiriche sull’uomo
Contemporaneamente a questo grande cambiamento iniziano a svilupparsi le
scienze empiriche, nel vero significato moderno, che trattano dell’uomo.
Filosofia di vita e Marxismo: distacco dalla metafisica
rottura con la visione dell’uomo nella sua unità > Prassi
Dopo Nietzsche, si sviluppa una teologia di vita che è il Marxismo, che
sostituisce la teologia di Dio con una teologia - perché di questo si tratta - di
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pura vita umana materialistica. Con le due filosofie di Nietzsche e di Marx
abbiamo una nuova rottura della visione dell’uomo che distrugge la sua unità.
Analisi antropologica delle scienze umane: la conoscenza di se stesso
Si sviluppano le scienze umane come antropologia, come conoscenza di se
stesso, si pensi a Freud: l’uomo diventa l’orizzonte di se stesso.
Orizzonte dell’antropologia d’oggi. (cfr. Pesch 49 ss.)
Prima se si parlava dell’uomo l’orizzonte era l’aldilà, il divino, lo spirito, Dio,
Gesù Cristo, ora l’orizzonte è cambiato radicalmente, non si guarda né l’aldilà,
né al Figlio di Dio incarnato in questo mondo.
Alla fine del 1800, per la prima volta, si inizierà a parlare anche nella Teologia di
una antropologia. Nasce nell’ambito della teologia protestante il trattato di
Antropologia teologica.
Di fronte a questa radicale frattura emersa dalle dottrine filosofiche in cui si
vede l’uomo “misura di se stesso” e non più in relazione a un aldilà, a Dio, a
Gesù Cristo incarnato. Nel protestantesimo, che nello stesso periodo ha
introdotto l’esegesi con i metodi moderni, si pone la questione di parlare
dell’uomo come lo fa il mondo contemporaneo, ma di riportare l’uomo alla sua
vera unità, ad una visione più grande.
Il soggetto dell’Antropologia teologica è l’uomo. A partire dall’uomo si cerca Dio
[fino a questo momento si cercava di comprendere l’uomo a partire da Dio].
Presentiamo quattro autori che rappresentanto altrettanti filoni:
Wolfhart Pannemberg riassume la tradizione protestante dell’Antropologia
Teologica.3 Il titolo della sua opera Antropologia in prospettiva teologica ci
dimostra che il punto di vista è cambiato: si parla dell’uomo (antropologia) non
di Dio, ma in una “prospettiva teologica”. L’autore parte dalla realtà della vita,
della cultura e della politica europea (si limita all’ambito da lui conosciuto), per
rivolgersi verso la rivelazione divina, per chiedersi se la situazione dell’uomo
nella sua realtà, trova una risposta nella divina rivelazione adeguata ad essa.
La teologia cattolica aveva bisogno di tempo per riassumere l’Antropologia
teologica. Questo avviene dopo la seconda guerra mondiale e in particolare nel
Concilio Vaticano II.
Hermann Otto Pesch4. È un teologo cattolico tedesco, che ha la cattedra di
3
4
W. PANNEMBERG: Antropologia in prospettiva teologica, Queriniana Brescia 1987.
H.O.PESCH, Liberi per grazia, Queriniana Brescia 1988.
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Teologia cattolica nell’Università protestante di Amburgo. Egli parte dalla
visione dell’uomo peccatore, dell’uomo perso nelle difficoltà della vita e non più
capace, attraverso i suoi sforzi, di redimere se stesso [si rifà al mito greco di
Sisifo]. Pesch confronta questo uomo perso, con l’uomo della grazia, con l’uomo
cristico. Egli sviluppa una teologia della grazia come dono della liberazione. A
partire dall’incontro con Cristo l’uomo-Sisifo viene liberato dal male e vivendo
la grazia di Cristo (grazia liberante) l’uomo diventa cristico.
Ignazio Sanna 5. Egli parte da una visione biblica dell’uomo nell’AT e nel NT.
Egli sviluppa il problema anima/spirito-corpo/materia per chiarire la
personalità dell’uomo. La presentazione dell’uomo sulla base dei testi biblici
nella sua integrità non corrisponde con il dualismo che esplode quando entra la
filosofia e visione greca nel cristianesimo. Sanna si pone il problema di un
ritorno che porti ai testi biblici. L’uomo è l’essere nel mondo e l’essere creato nel
mondo, sono le sue due interpretazioni antropologiche.
Bruno Forte 6. L’Autore parte da una visione della storicità dell’uomo. Spiega
la struttura umana come principio del dialogo, crea una antropologia dialogica.
L’uomo è creato per il dialogo con gli uomini, con le creature e con il suo
Creatore Dio. Sviluppa una forte idea teologica della presenza della eternità nel
tempo che si esprime con la sua parola: il Verbum. Se l’uomo è una creatura
chiamata al dialogo, a questo essere creatura dialogica, da parte di Dio
corrisponde il Verbum. Dio vuole entrare in dialogo con le sue creature
attraverso l’uomo, per questo l’eternità entra nella storia attraverso il Verbum.
Questo Verbum non rimane una parola filosofica/spirituale, prende carne, ossa
cioè nella persona del Figlio prende carne in questo mondo ha un sitz im leben
(una sede, un posto concreto) nella realtà della creazione. In questo concetto
dialogico Bruno Forte segue e cita un autore francescano: Giovanni Duns Scoto.
5
6
I. SANNA, Immagine di Dio, Borla, 1992
B. FORTE, L’eternità nel tempo, Paoline 1993
-6-
Antropologia teologica
explicatio terminorum
Come l’antropologia prende in considerazione l’uomo nella sua realtà
L’esperienza umana del mondo e della propria esistenza è punto di partenza per
la domanda sulla realtà di Dio. L’uomo è soggetto di tutte le esperienze.
I risultati di tutte le altre discipline dell’antropologia devono essere rispettati e
presi in considerazione. I fenomeni della vita umana sono considerati sotto la
loro rilevanza teologica.
Biologia umana = uomo come specie
Sociologia = forme comuni dei rapporti sociali
Psicologia = comportamento umano e le sue cause
Scienze della storia = sviluppo della vita umana durante il tempo
Scienze della religione = rapporto dell’uomo con il soprannaturale
Filosofia = riflessione dell’esistenza umana
Teologia = rapporto dell’uomo con il divino (Pannenberg 11-22)
Antropologia = assume i risultati di tutte queste scienze sulla vita umana per
dire tutto quello che è possibile sull’uomo.
Antropologia teologica = vuole aiutare l’uomo a rispondere alle sue domande
esistenziali: come può affrontare la vita con le sue sfide e con le sue difficoltà
per trovare una vita degna e umana, con una comprensione di fede nella
rivelazione divina.= in modo specifico intende dare la risposta alla domanda
sull’uomo: chi è, da dove viene, dove va, ponendo in ascolto di ciò che Dio ha
detto sull’uomo, considerando tutta la realtà umana alla luce della fede e in
prospettiva soprannaturale. (Sanna 7)
Il posto dell’antropologia nella teologia e nella spiritualità
Come la teologia prende in considerazione la rilevanza della rivelazione divina
per l’esistenza
Domanda fondamentale: Come può l’uomo vivere la sua esistenza concreta nella
luce della fede?
Visione della fede: non basata su una verifica sperimentale, né su una deduzione
razionale, né su un’intuizione incontrollabile, ma basata sulla libertà umana,
(Pesch 32 s.) di voler ricercare una risposta alle domande esistenziali della vita
sulla base della rivelazione divina.
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antropologia teologica = deve parlare dell’uomo concreto davanti a Dio. = il
tentativo riflesso dell’uomo volto a raggiungere la comprensione di sé per mezzo
della Rivelazione; lo studio del fenomeno umano alla luce e sotto la guida della
parola di Dio, nella cornice d’una visione cristiana del mondo; l’uomo nel suo
legame essenziale al mistero di Dio. (Sanna 21)
L’antropologia teologica = mediata dalla cristologia, la quale dà all’uomo la
possibilità di conoscere il senso della sua esistenza nel piano concreto storico
della creazione (Sanna 8)
Teologia - Cristologia - Antropologia teologica
Perché un’antropologia teologica: Dio stesso è diventato uomo in Cristo Gesù;
Dio stesso vuole andare incontro alla realtà della vita umana.
Non era facile che il tema dell’Antropologia fosse introdotto nella teologia. La
teologia o i teologi dicevano che la teologia tratta di Dio e non dell’uomo. Tratta
di Dio e delle conseguenze sull’uomo, l’uomo non è in prima fila nel discorso
teologico.
In ambito cattolico sarà un forte dibattito e alla fine emergeranno due risposte
alla domanda “perché parlare dell’uomo nella teologia ?”
1. L’Antropologia Teologica dice che è lo stesso Dio che si interessa dell’uomo,
abbiamo il diritto di mettere l’uomo al centro della teologia perché Dio ha un
interesse speciale per l’uomo e a lui si rivolge, si indirizza con tutto il Suo
Essere, il Figlio incarnato.
2. Questo interesse si concretizza nell’incarnazione dove Dio è divenuto uno-dinoi nel suo Figlio Gesù Cristo. A partire dall’Incarnazione di Cristo si deve
parlare di uomo e di Dio. In Cristo l’uomo trova un posto nella Antropologia.
Che cosa vuole l’Antropologia teologica?
Vuole aiutare l’uomo a rispondere alle sue domande esistenziali. In più vuole
aiutare l’uomo ad affrontare le sfide e le difficoltà della vita quotidiana per
vivere una vita degna della fede.
L’Antropologia teologica intende rispondere alle alle domande: Chi è l’uomo?
Da dove viene? E dove va? ponendosi in ascolto di ciò che Dio ha detto, cioè
ponendo la fede in prospettiva soprannaturale.
Al centro sta l’uomo e la risposta alle sue domande in prospettiva di Dio e della
fede. Come teologia prende in considerazione la Rivelazione, Parola divina nella
concretezza della vita quotidiana.
Come può vivere l’uomo nella sua esperienza concreta di fede?
-8-
Questa ricerca è basata sulla libertà umana per dare risposta alle domande
esistenziali sulla base della rivelazione divina.
L’Antropologa teologica chiede la libertà di voler cercare risposte su se stesso in
ascolto di Dio.
La tematica della libertà e della volontà la troviamo negli autori francescani.
Senza la libertà non si può ricercare Dio.
L’Antropologia teologica vuole educare a vivere nella libertà. Solo nella libertà
l’uomo diventa capace di interrogare la sua vita alla luce della fede.
L’Antropologia teologica parla dell’uomo concreto davanti a Dio, della
situazione reale dell’esistenza. Non lasciamo indietro la nostra realtà quando
entriamo in Chiesa.
Il tentativo riflessivo dell’uomo volto a capire se stesso di fronte alla rivelazione,
studio del fenomeno umano alla luce della Parola di Dio, ecco cosa è
Antropologia Teologica.
L’Antropologia teologica diventa possibile in quanto mediata dalla cristologia
che dà all’uomo la possibilità di conoscere il senso della sua esistenza nella
creazione. Connessione quindi tra Teologia, Cristologia e Antropologia.
Metodi di lavoro
Il soggetto dell’Antropologia teologica è l’uomo.
Abbiamo quattro metodi di lavoro:
1.
a priori7 trascendentale Vuole interrogare l’esistenza dell’uomo davanti
a Dio: Che cosa dice la rivelazione su di noi ? Cosa dice il suo Verbum
sull’uomo ?
2.
a posteriori8 categoriale. Vuole riflettere, alla luce della Parola divina,
la nostra esperienza. Vuole interrogare il mondo concreto della vita e una
analisi dell’uomo e della sua situazione storica. La nostra esperienza, di
fronte alla rivelazione, espressa in categorie.
3.
analisi storica. L’antropologia vuole descrivere non la singolare
esperienza ma l’ambito più grande in cui l’uomo vive. Questo metodo fa
una analisi critica della storia alla luce della parola divina. È importante
Secondo Kant “a priori” è tutto quello che non dipende dalla nostra esperienza. Per esempio a
priori sono i principi che valgono in sè, danno un orientamento indipendentemente dal fatto
che, secondo il nostro parere, siano buoni o cattivi. Ciò che la ragione ricava dalla propria
interiorità e si fonda su principi.
8 Secondo Kant “a posteriori” indica quanto che deriva dalla nostra esperienza o ne dipende e la
condiziona > empirica
7
-9-
per l’antropologia francescana perche gli autori francescani erano maestri
nell’analizzare i tempi e la storia.
4.
escatologico-trascendentale. Alla luce del Verbum di Dio vuole
illuminare il destino dell’uomo in una vita che trascende la nostra storia.
Anche in questo i nostri autori francescani sono maestri nel legare l’oggi al
domani che viene incontro nel ritorno di Gesù Cristo.
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I protagonisti di un’antropologia francescana
I fondamenti teologici e spirituali di un’antropologia francescana
Dio - Sommo Bene
Il punto di partenza è Dio, non gli attributi di Dio, ma la ricerca su Dio e sul suo
Essere, la realtà della sua presenza come fonte creativa, generativa, formativa,
e plasmante: Sommo bene. I nostri autori quando chiedevano di Dio, volevano
sapere se Dio è presente. Non interessava tanto se Dio è grande, sapiente… ma
se Dio esiste è presente o meno.
La risposta della Antropologia francescana: Dio si rivela nella vita e nella
creazione; il Dio trino è oggetto di venerazione e di imitazione: Dio è la meta
della vita. La scoperta di Dio come fonte creativa è stata riassunta da Francesco
nel titolo Sommo bene!
L’uomo - creatura
secondo protagonista è l’uomo nella sua libertà di agire, per questo è protagonista. È chiamato a prendere in mano la sua vita. L’uomo è sempre visto come
creatura. Creato da Dio nella sua unità e totalità. Peccatore e “Homo viator”,
misero e debole, bisognoso, redento, ricercatore di felicità. Un microcosmo nella
universalità di tutto il creato. Il grande interrogativo nell’antropologia
francescana non è Dio, ma l’uomo e il suo cuore.
Il Creato
Ulteriore protagonista non presente in tutti i filoni dell’antropologia teologica è
il creato. Tutto è creato in vista dell’uomo, ma il creato trova una sua propria dignità: non è solo un oggetto a disposizione dell’uomo ma, accanto all’uomo è
protagonista.
La Fraternità - nucleo del pensiero francescano
Il pensiero e la teologia francescana si sviluppano all’interno di una forte
esperienza di fraternità. Non si intende una fraternità universale. Le discussioni
e le lotte che avvengono sono fatte al fine di elaborare un pensiero teologico e
filosofico unitario. Quello che i Maestri francescani insegnano e pubblicano
nasce da un vivace dibattito all’interno del mondo francescano.
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L’Oggi
Ultimo protagonista è l’oggi, questo momento, questa ora. L’interpretare e studiare si rivolge a questo momento. L’oggi c’entra con le sue sfide e le sue domande.
L’Antropologia Teologica è una materia “moderna”, non esiste un trattato come
tale, per questo l’antropologia dei nostri autori si deve ricavare dove si parla della Trinità, dove si parla del Verbum divino, ma specialemente del Verbum incarnatum, e si deve ricavare la descrizione dell’uomo dove si parla di una visione del futuro, dove porta lo spirito, la grazia.
Una Antropologia francescana è elaborata nell’attualità, nei nostri tempi. Si deve fare una lettura di questi trattati per scoprire che questi Autori, in un certo
senso, ci hanno anticipato… essi vogliono parlare di un Dio che si relaziona, al
Creato e all’Uomo.
Parlare di Dio ha importanza in quanto vogliamo scoprire più approfonditamente la relazione che Dio porta a compimento le sue creature.
La Scolastica culmina in domande assai astratte e metafisiche che i teologi francescani hanno rifiutato.
L’indirizzo di fare Teologia è quello relazionale: si vuole conoscere sulle realtà
trascendentali in quanto importante per la nostra vita e per rispondere alle domande che abbiamo nei nostri cuori.
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La visione dell’uomo in San Francesco
la situazione dell’uomo al tempo di Francesco
Visione teologica e filosofica dell’uomo
Il secolo XII e XIII porta ad una rinascita intellettuale. L’interesse si occupa di
più dell’uomo. Questo coincide con l’incontro fra culture, pensieri e religioni.
Siamo nell’epoca in cui si incontrano la fede cristiana con la cultura pagana
greca, la religione e filosofia arabo-islamica e la teologia e filosofia ebraica. Si
fondano grandi scuole attraverso le quali si riscopre la tradizione antica e il
patrimonio umano, vengono riscoperti i testi dei filosofi, matematici, di
medicina che vengono tradotti nella lingua corrente latina. Nascono le scuole
monastiche, le scuole delle cattedrali e le prime università (Parigi, Oxford).
Cur homo ? Cur Deus Homo ?
Per la prima volta oggetto di studio è l’uomo nel suo rapporto con Dio.
La nuova domanda è Cur homo? Perché l’uomo? Perché Dio ha creato l’uomo?
Qual è il suo posto nella creazione, qual è il suo ruolo nell’universo? Quale il destino? Seguono gli interrogativi sulla vita umana: perché il dolore, la sofferenza,
la morte ?
Cur Deus Homo è la seconda domanda: perché Dio è diventato uomo? Perché
Dio ha assunto la fragilità di un corpo umano, la morte e la situazione peccaminosa della vita umana?
Nascono tre scuole distinte, ognuna con una impostazione differente:
la scuola di Chartres, la scuola cirstercense e la scuola di San Vittore.
Le scuole
1. Chartres è una scuola della cattedrale, fondata dal vescovo e condotta dal
clero. Punto forte di questa scuola è il platonismo intellettuale9, la filosofia
delle idee. [Scienza della mente] Ogni cosa creata dal platonismo intellettuale
deriva da una idea sui generis non da una idea generica. Dio pensa all’uomo
concreto, pensa ad ogni uomo… Non è pensata l’umanità, ma è pensato ogni
uomo come persona.
Per rispondere alla domanda Cur homo? è importantissimo usare la mente,
l’intelligenza, è una scuola intellettuale.
L’impostazione di questa Scuola parte dal fatto che l’originale di ognuno è in
Filosofia delle idee: le cose che esistono in questo mondo, già prima di esistere materialmente,
esistono, già come idea, nell’al di là. Questa visione è stata ‘battezzata’ affermando che queste
idee presenti nell’al di là - nella visione cristiana - esistono in Dio. È Dio che pensa le idee delle
cose che possono essere realizzate attraverso un atto creativo. Dio pensa all’uomo concreto,
pensa ad ogni uomo…
9
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Dio. Siamo creati in vista del nostro originale che è in Dio. L’uomo è chiamato
con la sua creazione a incominciare il cammino per diventare se stesso in Dio.
Rischio è un intellettualismo che punti totalmente sulla mente e sulla ragione
che prende corpo, ma il corpo è secondario, strumentale, è solo un mezzo per
vivere nel creato. Punto si partenza per un certo dualismo che, nel mondo di
oggi, porta alla prepotenza intellettuale della ragione .
2. Scuola Cistercense. Nasce nell’ambito della rete dei monasteri che hanno
seguito la riforma benedettina di Bernardo di Chiaravalle.
Parte dalla Mistica pura. Dio è un Mistero e solo nella mistica si può rispondere
alle domande: chi è l’uomo e perché Dio si è fatto uomo?
Per questa scuola Fede e devozione sono più importanti di una scienza della
mente [la ragione riposa e il cuore parla]. I Cistercensi non vogliono fondare
una scuola intellettuale, ma portare con una vita autentica alla scienza
dell’amore. L’origine dell’uomo non è individuato nella mente divina ma
nell’amore di Dio. Nel primo francescanesimo questa scuola avrà notevole
influsso sul francescanesimo femminile (clarisse di san Damiano) a causa del
fatto che i primi visitatori canonici dei monasteri clariani erano cistercensi.
C’è un rischio in questa impostazione: l’esclusione dell’intelletto e della ragione
e sottomettendosi solo al linguaggio del cuore si può cadere nel soggettivismo e
nel devozionalismo.
3. Scuola di San Vittore è la terza scuola, fondata a Parigi accanto alla Chiesa
di San Vittore da un gruppo di Canonici che seguono la regola agostiniana.
Cerca di creare una sintesi tra le due scuole precedenti. Introducono il
platonismo intellettuale ma non trascurano l’unità integrale della vita
progredendo anche nella conoscenza pura della mistica per una conoscenza
della scienza dell’amore. Tentativo di salvaguardare l’unità tra ragione e sensi.
I vittorini propongono un cammino di spiritualizzazione/purificazione dei
sensi corporali indirizzandoli verso le cose spirituali (i sensi purificati diventano
strumenti dello spirito).
Nella prassi dell’epoca il cammino era legato ad una forte vita ascetica, quasi
impossibile ai laici, rimanenendo possibile nell’ambito della vita religiosa
monastica. Il passaggio alla fede popolare avviene attraverso varie forme di
devozione con il rischio del devozionalismo.
In questa scuola si può parlare di una certa dualità in quanto viene riconosciuto
il valore del corpo/materia e dello spirito senza contrapporli l’uno all’altro.
- 14 -
Visione dell’uomo e fondamento dell’Antropologia nel Medioevo
Un nuovo concetto della natura
La natura, scoperta nella sua realtà profana, assume un valore religioso.
L’armonia del cosmo e le leggi della natura rivelano la presenza di Dio. La nuova
teologia comporta un’antropologia in cui l’economia cristiana s’illumina della
conoscenza della natura e dell’uomo.
L’uomo: Macrocosmo - Microcosmo; composto di corpo e di anima; occupa il
posto intermedio tra Dio e il mondo. Creato ad immagine e somiglianza = fondamento dell’antropologia medievale.
• L’uomo è creato ad immagine e somiglianza10 di Dio, ciò si concretizza nel
Libero Arbitrio: la capacità umana di scegliere il bene o il male.
L’essere immagine di Dio risiede nel Libero arbitrio. La somiglianza è la
capacità umana di vivere le virtù cioè che corrisponde all’essere creato da Dio
senza difficoltà quasi in modo naturale.
• Che cosa rimane di questo nell’uomo dopo il peccato originale? Il peccato
originale è la conseguenza sia sull’essere immagine e somiglianza, infatti l’essere
somiglianza sparisce, ha perso quella capacità naturale di vivere l’obbedienza
verso Dio senza sforzo. L’uomo non è più capace di essere sé stesso.
Il libero arbitrio rimane molto oscurato, bloccato, disorientato, come afferma S.
Paolo11. L’uomo deve faticare e ricade sempre di più nel peccato.
In questo contesto è presente il dibattito sul riferimento tra corpo e anima
nell’uomo. Gli autori medievali pensano che l’anima sia un organo del corpo
umano: la persona è pensata come una piramide.
Il punto culmine è l’anima, punto più alto dell’anima è la mente (mens),
l’intelligenza (intellectus).
Mens è il punto dell’anima che è capace di creare la relazione con il divino.
L’intelligenza ha il compito di riconoscere Dio e le cose in Dio12.
Lo Spirito di Dio quando interviene con i suoi doni prende possesso della mens
e dell’intellectus dell’uomo. Lo spirito prende possesso della mens, luogo dove
Dio e l’uomo si possono incontrare.
A causa della traduzione errata in latino e secondo le conoscenze esegetiche dell’epoca il testo
biblico di Genesi 1,26 descriveva la modalità di creazione dell’uomo in due attributi distinti: “a
immagine e somiglianza di Dio”.
11 Rm 7,18ss “Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio
del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che
non voglio.”.
12 Anche se a causa del peccato la mens è oscurata…
10
- 15 -
La parte più bassa dell’uomo, più lontana dalla mente e dall’anima, sono gli
istinti umani, la parte “animale”.
• A causa di questa possibilità dell’anima di incontrare Dio, si riconose la
dignità dell’uomo. La dignità dell’uomo è la dignità dell’anima. Solo l’anima
ha dignità per la possibilità di essere toccata da Dio. Il corpo è vita!
Ugo di San Vittore, S. Bernardo e Innocenzo III affermano che “tutto il corpo è
viltà, non ha nessuna dignità”.
Un altro autore, Bruno Artensis, che segue Tertulliano, quasi l’unico ad
insegnare che tutto l’uomo ha una dignità; comunemente si afferma che l’uomo
è spaccato, l’unica cosa degna è l’anima.
Nasce un dualismo metafisico, l’anima è superiore al corpo. Normalmente si
insegna che “il corpo è un carcere” (Alcherio, I. III) l’anima è nel carcere del suo
corpo. Per Guglielmo di Conches “Il corpo è un vaso impuro” e questo per colpa
del peccato originale. In senso positivo si parla di veste, abito che l’anima deve
prendere per poter vivere la condizione temporale (Ugo di San Vittore).
Con Alchesio inizia a svilupparsi il dibattito in cui si afferma che “l’anima si unisce al corpo in un legame di amicizia”. Guglielmo di S. Thierry insegna che
“l’anima è la compagna del corpo in una distanza metafisica”.
Un testo che diverrà riferimento per i monasteri del tempo è De miseria
humane conditionis
13
descrive la situazione dell’uomo in questa terra come la
valle di lacrime ed il desiderio di finire al più presto questo passaggio per
arrivare nell’al di là. “L’uomo – scrive Innocenzo III – è formato da una parte di
polvere e fango è ancora più cattivo di sporco seme motivo del suo
concepimento la concupiscenza ardente…”.
In parallelo a questo testo possiamo leggere un brano di Francesco di Assisi,
contemporaneo di Innocenzo III (RegNB 23,1):
“Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo (Gv 7,11) e giusto,
Signore Re del cielo e della terra (Cfr. Mt 11,25), per te stesso ti rendiamo grazie,
perché per la tua santa volontà e per l'unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato
tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in
Paradiso (Cfr. Gn 1,26 e 2,15). E noi per colpa nostra siamo caduti. E ti rendiamo
grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, cosi per il santo tuo
amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla
gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di
Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù”.
De miseria humane conditionis (La miseria della vita umana) di Lotario de Segni, futuro papa
Innocenzo III.
13
- 16 -
I catari
La visione negativa del corpo assumerà una forma estrema con i catari. Essi
predicheranno un dualismo puro: la parte materiale del corpo è cattivo perché
creato da un dio malvagio o demonio. Dall’altra parte vi è l’anima, la parte
creata dal Dio buono. Queste due divinità, in lotta fra loro, hanno il campo di
battaglia nella vita dell’uomo. L’unica cosa da fare è liberarsi dal maligno
distruggendo il materiale, il corpo. I più puri erano quelli che vivevano una vita
totalmente ascetica punendo la parte corporale. I catari culminavano la loro
vita con il suicidio per liberare l’anima dal corpo.
Condizione sociale del medioevo
Abbiamo la struttura feudale che riprende l’immagine piramidale dell’anima:
in basso i poveri, i lebbrosi, i servi della gleba, la classe nascente: la borghesia,
più su l’apparato di vassallaggio, la nobiltà e l’alto clero fino all’imperatore e al
papa.
Accanto a questa struttura feudale c’è una piccola rivoluzione che capovolge
questa struttura, perché non era possibile salire dal basso in alto, ma adesso lo
sviluppo del commercio crea una nuova borghesia che possiede una nuova
ricchezza. Il mondo feudale va in crisi per la carenza dei mezzi economici e per
l’impoverimento continuo. La borghesia sorveglia con gelosia i suoi diritti. Si
crea così una nuova povertà che non ha niente neanche la terra da coltivare.
Nelle città si crea la divisione tra maiores e minores; guerre cittadine (Assisi
contro Perugia). Queste guerre come sappiamo fanno parte della vita di
Francesco. Siamo nell’epoca delle crociate.
- 17 -
Antropologia di Francesco
L’uomo secondo gli scritti di Francesco
Francesco non ha detto né scritto sull’uomo, ma dai suoi scritti emergono
elementi che noi interpretiamo per poi creare una antropologia francescana.
Quindi è un discorso relativo quello che noi facciamo14.
ontologia dell’uomo
Se iniziamo a cercare una antropologia in Francesco, troviamo una ontologia
dell’uomo, perché lui prende sempre in considerazione l’essere dell’uomo nel
suo essenziale: chi è?
Vi sono due testi da prendere in considerazione che aiutano a realizzare una
elaborazione più schematica dopo la morte di Francesco: il capitolo 23 della
Regola Non Bollata e la V Ammonizione.
Questi testi danno avvio ad una riflessione che poi si esprimerà in termini
elaborati nella teologia intellettuale. Essi manifestano una positività che
contrasta con la visione pessimista dell’epoca, attraverso una visione più lucida
e positivita che non deriva dalla capacità, sensibilità o intelletto umano.
Francesco, realisticamente, riconosce l’uomo come peccatore, per la sua
intellettualità male orientata e la mancanza di sensibilità. Nonostante questo,
Francesco fa emergere la positività a partire da Dio creatore. Questa visione è
frutto della positiva esperienza di Dio vissuta da Francesco.
creatura
Prendendo in considerazione il testo della RegNB 23
“Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio,
Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra
Dio è riconosciuto come Padre, Santo e Giusto in quell’epoca queste tre parole
hanno un significato importante. L’uso del termine padre non identifica il
genere “maschile”, ma indica la capacità generativa: origine, fonte, donatore di
vita. Dio è riconosciuto come fonte della vita: vivificante.
Il santo, nella spiritualità dell’epoca, esprime la pienezza, cioè Dio è fonte della
vita, donatore di vita nella sua pienezza.
Il termine giusto è legato a un altro termine: misericordia. C’è un dibattito
biblico che si domanda a che cosa corrisponda la giustizia di Dio. La risposta e
14
GNIECHI, La visione dell’uomo negli scritti di S. Francesco, Roma 1987
- 18 -
che la giustizia di Dio si rivela nella sua misericordia. Dio agisce in modo giusto
attraverso la sua misericordia.
Dio donatore della vita, vivificante, nella sua pienezza che agisce in modo giusto,
cioè attraverso la sua misericordia. [va ricordata l’importanza che per Francesco
assume la misericordia > Lettera ad un Ministro]
Dio, Re del cielo e della terra
è un chiaro riferimento agli scontri con i catari che parlavano di due divinità un
dio cattivo (materia) e un dio buono (lo spirito)
Per Francesco la regalità di Dio è sullo spirituale e sul materiale.
“per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l'unico tuo
Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali”
Dio ha creato per sua volontà perché voleva. Dio vuole la creatura. Nel dibattito
dell’epoca volere va interpetrato non tanto come desiderio di possesso (voglio
avere, possedere) ma come volere qualcosa per sé stesso nel senso di amarlo.
La volontà non è legata al possesso, quanto al volere che l’altro sia, esista.
“come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio,
cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato”
Francesco lega il volere che l’altro sia nel contesto dell’amore.
Nasce il volontarismo francescano interpretato nella direzione di volere
(non possedere) che ci sia l’altro e di volerlo bene. Visione antropologica che
intende le creature come volute da Dio. Francesco utilizza il noi legame fra la
fraternità umana e Dio
Leggiamo la Ammonizione V
“Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha
creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine di
lui secondo lo spirito. E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la
propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. Di che cosa puoi dunque gloriarti?”
Francesco si rifà all’interpretazione del testo del Genesi comune nel Medioevo in
cui si distingueva la creazione dell’uomo ad immagine da quella a somiglianza.
Dio ha creato l’uomo per amore. La creazione è per Francesco il primo atto di
una economia della salvezza, dare cioè un’interpretazione al creato e
all’esistenza dell’uomo a partire dal piano e dalla prospettiva della salvezza,
tutto in vista della redenzione.
In questa visione Dio è il centro, alfa e omega, origine e principio della
- 19 -
creazione. Il creato viene dalla bontà divina, l’uomo intero corpo e anima. Il
corpo per Francesco è un mezzo per andare incontro a Dio. La corporeità è
presenza nel mondo, strumento di rapporto e relazione. Francesco per tutta la
vita ha maltrattato il suo corpo e quindi il suo atteggiamento non corrisponde
alla visione lucida del corpo e al termine della vita si scusa con lui per questo
maltrattamento.
Come persona è oggetto di donazione, ha posto in paradiso. Essere creatura per
Francesco è essere oggetto della gratitudine e della donazione. In questo l’uomo
è aperto alla trascendenza.
imago Dei
L’uomo è creato ad immagine del figlio di Dio, Gesù Cristo. Il corpo dell’uomo è
creato ad immagine del corpo del figlio di Dio.
L’uomo è creato ad immagine e somiglianza in quanto creato ad immagine del
Figlio incarnato nella natura umana. È creato a somiglianza del Figlio secondo
lo Spirito in quanto Dio, partecipe della divinità del Padre nello Spirito.
L’uomo è creato ad immagine e somiglianza del Dio-Uomo: partecipa
dell’umanità di Cristo figlio, ma partecipa anche alla sua divinità.
L’uomo nella sua totalità e unità è creato, con corpo e spirito, ad immagine e
somiglianza di Dio: uomo cristocentrico.
Troviamo in Francesco una rivalutazione del corpo umano, con una dignità
propria, per il fatto che egli è ad immagine del Figlio di Dio Gesù Cristo. La
somiglianza porta al superamento dell’abisso che c’era fra Dio e l’uomo.
Francesco attinge fortemente alla teologia giovannea, Cristo Dio, incarnato fino
alle estreme conseguenze nella carne umana: è l’Ecce Homo mostrato da Pilato
alla folla. Cambia la visione siamo creati ad immagine non solo del Dio glorioso,
ma anche del Figlio Dio che soffre, piange e va fino alla morte per l’uomo.
Siamo creati ad immagine di Cristo, del suo corpo, del suo essere uomo
realizzato in pienezza, con la gioia e la sofferenza. Creati a somiglianza dello
Spirito che lo inabita e del Cristo glorificato e risorto.
La sequela Christi ci chiama a divenire “vero uomo” in Cristo. L’invito è
personale, rivolto all’individuo, al “tu”. Ognuno è a proprio modo a immagine e
somiglianza.
La RegNB ci presenta l’essere creati a immagine e somiglianza della Trinità, del
Padre che ha creato con la sua volontà, attraverso il Figlio e lo Spirito. Non solo
l’individuo, secondo Francesco, è creato a immagine e somiglianza, ma il “noi”.
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Uomo teocentrico in quanto creato dal Dio è Uno e Trino (unità amorosa fra
Padre, Figlio e Spirito Santo) il nostro essere creature di relazione che culmina
in Francesco nell’idea di essere fratelli e sorelle.
peccato e miseria dell’uomo
Disse il Signore a Adamo: “Mangia pure i frutti di qualunque albero, ma dell'albero della scienza del bene e del male non ne mangiare”. Adamo poteva dunque mangiare i
frutti di qualunque albero del Paradiso; egli, finché non contravvenne all'obbedienza
non peccò.
Mangia, infatti dell’albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e
si esalta per i beni che il Signore dice e opera in lui; e così, per suggestione del diavolo
e per la trasgressione del comando, è diventato per lui il frutto della scienza del male.
Bisogna perciò che ne sopporti la pena. Adm 2
Il peccato viene dalla volontà di appropriarsi dei beni che Dio ha donato. Non
voler riconoscere che Dio è il Signore Re del cielo e della terra (RegNB 23) e che
tutto quello che l’uomo possiede è un dono di Dio; il peccato consiste
nell’appropriarsi cioè togliere la proprietà a Dio. Per Francesco il peccato più
grande è l’appropriazione della propria volontà.
La volontà di Dio è che l’altro sia (si compia e si realizzi il suo destino). Quando
l’uomo si appropria della volontà non è in funzione del compimento e
realizzazione dell’altro, bensì in funzione di sé stesso, con tutte le conseguenze.
Dio il Creatore, nel suo amore, vuole che noi siamo.
Appropriarsi della propria volontà porta alla conseguenza di non volere che
l’altro sia ma volere me stesso (egocentrismo).
Per Francesco nonostante la creazione, l’uomo è essere incompiuto, alienato dal
desiderio di piena realizzazione, col peccato si è staccato dal principio vitale. Da
qui la tendenza dell’uomo verso il male che lo rende schiavo del mondo.
L’uomo ha perso la sua identità di immagine e somiglianza a causa dell’egoismo.
All’immago Dei si contrappone l’uomo carnale. Se vogliamo parlare del
dualismo di Francesco non è quello tra corpo e spirito ma tra essere imago Dei e
la realtà dell’uomo carnale.
All’uomo, secondo Francesco, appartengono vizi e peccati perché la bontà della
realtà creata viene da Dio. Che cosa è per S. Francesco l’uomo carnale nel
peccato?
È l’uomo che si appropria della sua volontà; il peccato sta nella appropriazione
della propria volontà. L’uomo nel suo egoismo esce dalla creazione come trinità
e passa al canale egoistico dell’Io. È la negazione di essere creatura. Solo se
- 21 -
creatura è in rapporto al Creatore. La povertà per Francesco è l’unica strada per
lasciare l’appropriazione di ciò che è mio, povertà è non sono mio ma sono di
Dio. Creazione, proprietà di Dio – peccato, proprietà mia.
destino dell’uomo
Francesco sviluppa un destino dell’uomo15. A partire dalla creazione, con tutto il
creato, l’uomo è destinato alla convivenza con Dio, alla salvezza, alla relazione
che man mano si intensifica16, alla libertà totale di se stesso e delle cose, libero
per vivere la comunione dell’amore. Base della libertà poi sviluppata: essere
libera da se stessi, dalle cose per vivere la comunione universale dell’amore, per
essere liberi di rapportarsi al tu del fratello, perché il peccato ha eliminato
questa libertà.
Francesco ha una visione ultraterrena nel compimento definitivo. L’uomo vive
una storia che porta alla salvezza: creazione, incarnazione, parusia. Solo alla
fine, nella parusia, si rivela la piena realizzazione dell’uomo.
L’uomo, allora, è creato in senso dinamico deve maturare verso un tu, verso i
fratelli. Francesco propone un compimento finale della creazione per tornare al
pieno amore di Dio. Questo destino dell’uomo non è più conciliabile con l’essere
uomo dei vizi e dei peccati.
sequela Christi
La sequela indicata da Francesco assume una nuova importanza: la prima
sequela era finalizzata a realizzare l’uomo cristico, indipendentemente dal
peccato. Ora, con il peccato, la sequela riceve una interpretazione nuova:
divente il cammino per ristabilire quella relazione con il Dio Uno e Trino, con il
creato e con i fratelli, che il peccato ha rotto. L’uomo deve vincere i peccati con
le virtù per diventare uomo spirituale e poter vivere l’unione con Dio in Cristo.
Questa sequela si realizza vincendo il peccato sulla via dell’amore fraterno e
materno, anche a livello affettivo. La sequela Christi in Francesco è virtù per
vivere l’affetto materno. Questo vincere l’uomo carnale si basa su una
spiritualità evangelica. Il Vangelo diventa norma e progetto di vita (per
Francesco la regola era il Vangelo). Lui lo sviluppa come vita di penitente (vedi
il Testamento) che è conversione, tornare a Cristo.
Cfr. RnB 23; Adm V; EpFidII 23,7; EpLeo.
“Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse;
perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore, e farà presso di loro la sua abitazione e dimora;
e sono figli del Padre celeste del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del
Signore nostro Gesù Cristo” EpFid 5
15
16
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Rimedio all’appropriazione per Francesco è la restituzione e, di conseguenza,
la scelta della povertà come libertà e piena disposizione per se e per gli altri,
restituendo i doni ricevuti da Dio.
tema della nudità e povertà
«Vissi un tempo nel paradiso del mio Dio (Ap 2,7), dov’era l’uomo nudo, anzi, nell’uomo e con
l’uomo ignudo andavo passeggiando per tutto quello splendido paradiso, senza timori né
incertezze né sospetto di qualche sventura. Pensavo di restare con lui per sempre, perché egli
dall’Altissimo era stato creato giusto, buono, sapiente, e collocato in un luogo assai ridente e
bellissimo. Ero colma di gioia e mi dilettavo davanti a lui in ogni istante (Pr 8,30), perché, non
possedendo nulla, egli era tutto di Dio».
«Ma ahimè! sopravvenne improvvisa una sventura del tutto inaudita dalla creazione dell’uomo,
quando quello sciagurato, che un tempo per la sua bellezza perse irrimediabilmente la sapienza,
introdottosi in un serpente, lui che era stato escluso dal cielo, con inganno tentò l’uomo, perché
diventasse come lui trasgressore del comando divino. Credette l’infelice al cattivo consigliere e
gli diede retta, e dimenticando Dio suo creatore (Dt 32,18), seguì l’esempio del primo
prevaricatore e trasgressore. Prima era nudo, dice di lui la Scrittura, ma non ne arrossiva (Gen
2,25), perché la sua innocenza era perfetta. Ma quando ebbe peccato, si accorse di essere
nudo, e per la vergogna corse a farsi delle cinture con foglie di fico» (Gen 3,9).
Sacrum Commercium 25
Questo testo ci presenta il tema della nudità che è importante in Francesco.
Ricordiamo tre momenti
1. La conversione di fronte al Vescovo di Assisi in cui si spoglia dei suoi vestiti e
li restituisce al padre dicendo: “non chiamo più Pietro di Bernardone padre mio,
ma dico Padre nostro che sei nei cieli”. Nel momento del restituire simbolicamente le vesti al padre essendo nudo e senza vergognarsi diventa capace di
riconoscere il Padre che è nei cieli”
2. Seguire nudo il nudo Cristo La frase non appartiene a Francesco, è ripresa in
alcuni testi biografici, ma originariamente deriva da Bernardo di Chiaravalle.
Francesco è presentato nella sua sequela come il discepolo che “nudo segue il
nudo Cristo”. Il Cristo nudo è quello spogliato alla fine della sua vita terrestre a
cui l’uomo peccatore strappa le vesti. Sulla croce Cristo denudato è il modello
della sequela del restituire.
3. Morendo volle essere deposto nudo sulla nuda terra. Francesco, alla fine
della sua vita, percepisce quanto aveva formulato nel Cantico delle creature,
aggiungendo una strofa su “sorella morte”. Nudo sulla nuda terra diventa
capace di accogliere la morte, non come il furto della sua vita ma, come dono
della “sorella” che lo porta fra le braccia di Dio.
Il tema della povertà francescana, del restituire, legato al tema della nudità
francescana. Solo l’uomo nudo - così come è creato - è capace di vivere la
- 23 -
profondità della relazione con il suo Dio creatore. Solo l’uomo nudo riesce a
vivere la profondità di quell’amore che non tiene nulla per sé, ma dona tutto se
stesso per la redenzione del mondo e del creato.
La povertà = conquista della libertà.
La povertà è vista come libertà e piena disposizione per Dio e gli altri. Restituire
i doni ricevuti a Dio. Vivere come forestiero nel mondo. Vivere nella chiesa il
mistero pasquale = il tempo escatologico. La partecipazione ai sacramenti unisce già nel mondo con la salvezza eterna. La vita della grazia come inizio della
vita futura nel regno di Dio. Testimoni del Regno.
Test; RB 1,1 s.; RNB 9,1 ss.; EpFid II, 48 ss.
La povertà, il restituire, il vivere la nudità diventano base per la libertà
incondizionata che permette di vivere la relazione di amore.
Per Francesco la sequela di Cristo non dipende tanto dalle forze dell’uomo,
“all’uomo appartengono solo i suoi vizi e i peccati”, “anche se tu parlassi tutte le
lingue, se conoscessi tutti i segreti” ma è la stessa grazia di Dio, realizzata e
donata in Cristo, che aiuta a compiere il cammino della sequela. Il peccatore
ritrova la sua vera dignità diventando fratello. Egli insieme a fratelli e sorelle in
cammino ritrova la grandezza della sua dignità radicata in Dio. Il valore
dell’uomo come persona si fonda nell’accettazione di Dio e di tutto il bene che
deriva da Lui. Questa dignità, secondo Francesco, richiede valori umani: la
misericordia, la giustizia, il perdono, l’amicizia, l’affetto materno-fraterno.
Questi valori costituiscono la vera dignità dell’uomo che fa il cammino della
sequela insieme a tutto il creato nella pienezza dell’amore del vangelo rivelato.
L’uomo diventa protagonista della sua vita - non è solo passività - ma il
richiamo ad un Ethos concreto.
gli ethos in Francesco
precisiamo la distinzione tra i termini etica ed ethos. L’etica descrive l’agire, il
comportamento, mentre l’ethos descrive i valori interiorizzati e mediante i quali
il soggeto agisce. Una lettura superficiale degli scritti di Francesco porterebbe
immediatamente a rilevare in essi una etica. Se invece facciamo una lettura
approfondita risulta evidente che l’intenzione di Francesco non riguarda solo il
cambiamento dell’agire, il comportamento. La sequela porta alla interiorizzazione dei valori evangelici e, sulla base di essi costruire l’agire. Per lo studio di
Francesco adotteremo il termine ethos.
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Nell’antropologia francescana identifichiamo tre linee:
1. Ethos della vita17 Attraverso gli scritti ed il suo vissuto, emerge Francesco
come uomo della vita vissuta fino in fondo. Egli vive la gioia della vita, ma anche
la profondità della sofferenza e del pianto. Egli vive la sicurezza della fede, ma
anche la disperazione di riceercare sempre di nuovo la presenza di Dio nella sua
esistenza. Egli non fugge comunque, la vita è accettata come dono di Dio.
a. Vivere l’essere creatura di Dio, che si realizza in Francesco nella sua
nudità. Ne abbiamo alcune immagini: S. Francesco nudo davanti al vescovo
quando si spoglia dei suoi averi; e Francesco nudo posto sulla nuda terra
quando muore. Creaturalità come nudità, come appartenenza totale a Dio.
Povertà nel suo vivere senza nulla di proprio. La povertà che Francesco
sceglie corrisponde a questo essere nudo davanti a Dio; ciò che ha e riceve
viene da Dio. Liberarsi di tutto corrisponde a questa realtà di essere nudo.
Egli vive nudo, senza maschere. Sine proprio, senza nulla di proprio
corrisponde anche a questa nudità, suo proprietà è il peccato, il vizio. L’ethos
della vita, allora, spinge a vivere la creaturalità a questi tre livelli: nudo,
povero, e senza nulla di proprio.
b. Vivere la fratellanza universale. Francesco comprende se stesso come
parte del creato proveniente da un solo Creatore e Padre. Vivere questa realtà
porta sulla scia della fratellanza non intesa come gruppo ristretto ma aperta a
tutti: ricchi e poveri, cristiani e musulmani, potenti e schiavi…
2. Ethos dell’eros e dell’agape.
L’eros è legato al desiderio, l’agape e riferito al dare. A partire da influssi
manichei l’eros era quasi totalmente legato alla sessualità, era considerato
l’amore pagano, mentre l’agape era l’amore cristiano. Nella primitiva tradizione
francescana ritroviamo eros e agape intese come doni di Dio. A partire da
Francesco, in vari autori si nota che nella loro visione dell’uomo fanno una
integrazione di queste due forze come parte integrante della vita umana.
Cercano di bilanciare eros e agape indirizzando queste forze. La forza dell’eros
nel senso di ricerca e desiderio. La forza umana di ricercare e desidera l’ethos
Poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. Guai a quel religioso, che è
posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. E beato quel servo (Cfr. Mt
24,46), che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli
altri.(FF 169).
17
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della vita verso Dio. Eros vuol dire desiderare sopra tutto Dio18. L’eros diventa
strumento per la ricerca dell’altro. Indirizzare la forza dell’eros e del desiderio
verso Dio. Ecco cosa vuole dire Francesco: indirizzare il bene verso un bene
superiore, mentre nel medioevo ci sono altre piste che tendono ad eliminare il
desiderio.
L’agape diventa la forza che rende capaci di donare e di restituire. Questa idea
si basa su questa frase di Francesco di «restituire il bene ricevuto da Dio»19.
Capacità di restituire e di donare fino in fondo.
C’è anche tensione tra queste due forze dell’eros e dell’agape, eros come forza
umana di andare fino in fondo, contemplazione, è l’unione per trovare Dio.
3. Ethos della kenosis. È una termine che non si ricorre nei testi di Francesco
ma è presente il significato teologico. La vita dell’uomo – in Francesco – è
impostata sulla vita di Gesù Cristo. In particolare sulla povertà che Cristo ha
vissuto come cammino di abbassamento ed espropriazione di sé stesso. Va visto
il legame fra kenosis e sequela.
a. Sequela Cristi20 Diventa un movimento che segue l’abbassamento di Cristo,
la scia del servo di Jahwe. L’umiltà non è una delle virtù di una vita devota,
ma va compresa secondo il significato dell’epoca di Francesco. Significa stare
vicino all’humus della realtà della vita, vicino alla durezza dell’esistenza che è
contingente, segnato dalla morte. L’umiltà è uno stile di essere che riflette la
coscienza di essere creatura. La sequela di Gesù povero ed umile significa
Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e
la fortezza (Mc 12,30 e 33), con tutta l’intelligenza, con tutte le forze (Lc 10,27), con tutto lo
slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e la volontà il Signore Iddio
(Mc 12,30), il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha
creati (Cfr. Tb 13,5), redenti, e ci salverà per sua sola misericordia; Lui che ogni bene fece e fa a
noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi. (RegNB, XXIII, 8). (FF 69)
19 E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e
desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono, con la parola e con
l’esempio, all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene (FF 156)
20 Tutti i frati si impegnino a seguire l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che nient’altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l’apostolo, se non il
cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo accontentare (Cfr. 1Tm 6,8). E devono essere lieti quando
vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i
mendicanti lungo la strada.
E quando sarà necessario, vadano per l’elemosina. E non si vergognino, ma si ricordino
piuttosto che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo (Gv 11,27), onnipotente, rese la
sua faccia come pietra durissima (Is 50, 7), né si vergognò; e fu povero e ospite, e visse di
elemosine lui e la beata Vergine e i suoi discepoli. E quando gli uomini facessero loro vergogna e
non volessero dare loro l’elemosina, ne ringrazino Iddio, poiché per tali umiliazioni riceveranno
grande onore presso il tribunale del Signore nostro Gesù Cristo. E sappiano che l’umiliazione è
imputata non a coloro che la ricevono ma a coloro che la fanno. (FF 29-31).
18
- 26 -
avvicinarsi e vivere fino in fondo al succo della vita della terra. A partire da
questa comprensione nasce una fratellanza fra tutti quelli che condividono lo
stesso humus. La sequela della kenosis ci porta in mezzo a tutti quelli che
condividono la stessa sorte.
b. Sottomissione intesa servizio presente spesso nei testi di Francesco21. Base
per poter conferire all’altro la vita, la salvezza e la redenzione. Sottomissione
agli uomini, bestie, fiori, ecc… Questo brano trova una interpretazione nella
scia di Cristo della sottomissione come servizio.
Lo stile della vita di Francesco è caratterizzato da questi tre livelli di ethos (vita,
eros e agape, kenosis).
La santa obbedienza confonde tutte le volontà corporali e carnali e ogni volontà propria, e
tiene il suo corpo mortificato per l’obbedienza allo spirito e per l’obbedienza al proprio
fratello; e allora l’uomo è suddito e sottomesso a tutti gli uomini che sono nel mondo, e non
soltanto ai soli uomini, ma anche a tutte le bestie e alle fiere, così che possano fare di lui quello
che vogliono per quanto sarà loro concesso dall’alto del Signore (Cfr. Gv 19,11). (FF 258).
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