ERSA_5_02_schede.qxd a cura di 11/12/2002 16.04 1 I. Clabassi - Osservatorio per le Malattie delle Piante - Trieste G. Petris - Osservatorio per le Malattie delle Piante - Udine Introduzione Il Colpo di fuoco è una delle più gravi malattie batteriche distruttive delle Rosacee e soprattutto delle piante della sottofamiglia delle Pomoidee. Le specie di maggior importanza colpite dall’agente della malattia sono pero, melo, cotogno (fig. 3), sorbo, biancospino (fig. 2), cotognastro (fig. 4) e agazzino. Ai fini epidemiologici sono importanti anche altre specie Rosacee, coltivate come piante ornamentali o spontanee dei boschi e delle siepi (tab. 1). Cenni storici e diffusione nel mondo Il Colpo di fuoco è una malattia di origine americana: la sua presenza era stata riscontrata nello Stato di New York fino dal 1780. In seguito la malattia si diffuse in tutti gli Stati Uniti d’America, in Canada, in Nuova Zelanda ed in Messico. In Europa i primi caGenere Pagina frutticoltura Il colpo di fuoco batterico da Erwinia amylovora Fig. 1 - Grave infezione sui rami apicali di piante di pero (Foto: OMP-Trieste) si di colpo di fuoco vennero riscontrati in Gran Bretagna nel 1957. A partire dal 1966 la malattia comparve progressivamente in buona parte dei Paesi europei al di qua del Canale della Manica e nel 1986 anche in Irlanda. Per quanto concerne l’Ita- Specie Amelanchier ovalis Chaenomeles japonica Crataegus azarolus crus-galli laciniata monogyna oxyacantha pentagna Cotoneaster integerrimus nebrodensis Cydonia vulgaris Eriobotrya japonica Malus (numerose) Mespilus germanica Potentilla (numerose) Pyracantha coccinea Pyrus (numerose) Rubus idaeus Sorbus aria aucuparia torminalis Stranvaesia davidiana Nome comune Pero corvino Cotogno giapponese Azzeruolo Zampa di gallo Biancospino orientale Azaruolo comune Biancospino selvatico Biancospino nero Cotognastro minore Cotognastro bianco Cotogno Nespolo del giappone Meli Nespolo Cinquefoglia Agazzino Peri Lampone Farinaccio Sorbo degli uccellatori Baccarello Stranvesia Fig. 2 - Grave infezione su Crataegus (biancospino) (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) Fig. 3 - Infezione su pianta di Cydonia (cotogno) (Foto: OMP-Trieste) lia i primi focolai vennero diagnosticati nel 1990, in alcuni pereti della Puglia, ove è stata tentata, e pare con successo, l’eradicazione. Nel 1991 vennero riscontrate infezioni su peri cvv. Bella di Giugno e Faccia di Donna, di 4 anni d’età, in provincia di Messina, nonché un caso su Crataegus in un vivaio in provincia di Ravenna (su piante importate illegalmente dall’Olanda). Per ambedue i focolai pare che l’eradicazione abbia avuto successo. Cinque focolai (tre su Crataegus e due su pero) vennero riscontrati nel 1995 in provincia di Bologna e ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 16.04 Pagina 2 frutticoltura Fig. 4 - Pianta di Cotoneaster (cotognastro) con foglie ed infiorescenze annerite, accartocciate e pendule (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) l’anno successivo nella stessa provincia, sei nuovi su pero. Nel 1996 si evidenziarono circa trenta nuovi focolai di Colpo di fuoco su pero nella provincia di Bologna e di Ferrara. Nel 1997, probabilmente anche a causa di un andamento climatico favorevole alla malattia (grandinate e piogge frequenti) in Emilia–Romagna si è avuta una vera e propria epidemia ed alla fine dell’anno sono stati accertati 721 focolai e circa il 95% ha riguardato piante di pero. Nel 1998 i focolai accertati sono stati più di mille e la situazione ha evidenziato una minore gravità rispetto all’anno precedente, in conseguenza dell’andamento climatico meno favorevole e di una maggior attenzione da parte di Enti Pubblici e dei produttori. In Lombardia è stato individuato il primo caso nella primavera del 1997 in un vivaio nella provincia di Bergamo e successivamen- te la malattia è comparsa nella provincia di Mantova. Alla fine dell’anno si contavano 11 casi, 2 nel bergamasco e 9 nel mantovano, riguardanti, quasi esclusivamente, piante di pero. Nel 1998 sono stati accertati 5 nuovi casi, 3 nel bergamasco e 2 nel mantovano. Pure nel Veneto le prime segnalazioni della batteriosi risalgono al 1997 nella provincia di Rovigo (11), Verona (2) e Padova (1) e riguardavano esclusivamente piante di pero. Nel 1998 i focolai sono saliti a circa una trentina. In tutte queste Regioni i casi sono sensibilmente ed ulteriormente aumentati in questi anni. Nell’anno 1999 sono stati riscontrati i primi focolai anche in Alto Adige e precisamente nei comuni di Brennero, Vipiteno, Campo Tures e in Valle Aurina. Nell’anno 2000 ci furono i primi casi nel comune di Renon. In tutti questi casi la specie maggiormente colpita era il pero e le zone erano situate, per lo più, al di sopra dei 1000 m slm. Nel 2002 sono state riscontrate le prime massicce infezioni in impianti frutticoli. Il primo caso è stato rilevato in un giovane impianto di Gala nel comune di Rablà, successivamente sono state trovate infette, in vari casi, giovani piante di melo cv Pinova, varietà a fioritura secondaria, e di Cotoneaster in molti comuni della Val Venosta, del Burgraviato e dell’Oltradige. La delibera della Giunta Provinciale n. 3252 dd 26 luglio 1999 ha recepito e si è adeguata alla normativa nazionale, inoltre con ordinanza d’urgenza del Presidente della Provincia è stato previsto l’obbligo di estirpo delle piante di cotognastro ed agazzino ed il divieto di messa a dimora del biancospino. La batteriosi non era mai stata riscontrata finora in Friuli Venezia Giulia. Un sopralluogo effettuato in data 5 giugno, su specifica richiesta in un’azienda di Terzo d’Aquileia, in un appezzamento di circa 0,30 ettari coltivato a pero, cvv William e Conference, ha evidenziato sintomi caratteristici riferibili a questa batteriosi (fig. 5). Lo stesso dicasi per una pianta di cotogno messa a dimora, come ornamentale, vicino ai fabbricati aziendali. Le analisi su due campioni di pero e uno di cotogno hanno confermato la presenza del batterio. Con decreto 849/15 dd 26 luglio 2002 del Direttore dell’Osservatorio per le Malattie delle Piante di Udine, in recepimento del DM 10 settembre 1999 n. 356, viene individuato il focolaio e istituita la zona di sicurezza nell’area di Terzo d’Aquileia ad ovest della S.S. 352 Udine-Grado. Con specifica ordinanza vengono previsti l’estirpo e la bruciatura delle piante fino all’incenerimento. Viene vietato inoltre lo spostamento di alveari dall’area contaminata verso zone indenni. Agente causale Il Colpo di fuoco è causato dal batterio Erwinia amylovora (Burrill) Winslow et al; Gram negativo, mobile (dotato di molti flagelli peritrichi), avente dimensione di 0,5-1 x 1-3 micron. In coltura su agar nutritivo al 5% di saccarosio, E. amylovora forma colonie biancastre, mucose, elevate a cupola (levaniformi). La crescita del batterio è ottimale a 25-27 °C, quasi nulla a 6 °C ed inibita a 3334 °C. Le condizioni climatiche predisponenti la moltiplicazione del batterio e la comparsa dei sintomi della malattia sono: umidità relativa dell’aria superiore al 60% e temperature comprese fra 13 e 32 °C, associate a nebbie, forti rugiade o piogge. Sintomatologia E’ la malattia più distruttiva del pero, ma causa danni analoghi, sebbene meno gravi, anche in molte altre specie di Rosacee. Le perdite variano dall’avvizzimento dei fiori alla distruzione di rami di intere branche, fino alla morte Fig. 5 - Disseccamento caratteristico di un ramo di pero (Foto: OMP-Trieste) ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 Fig. 6 - Avvizzimento, annerimento e disseccamento su mazzetto fiorale di pero (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) della pianta. La gravità dei danni dipende da vari fattori: suscettibiltà varietale, condizioni meteorologiche, pratiche colturali e misure di controllo adottate. I sintomi della malattia sono sostanzialmente simili nelle varie specie di Rosacee pur con le variazioni legate alle diversità morfologiche e fisiologiche specifiche. 16.04 Pagina 3 ricettacolo dei fiori si hanno aree idropiche (di aspetto acquoso), di colore verde scuro, seguite da imbrunimenti, che si estendono progressivamente lungo il peduncolo sino a raggiungere l’asse del corimbo. Il fiore imbrunito si secca e normalmente rimane attaccato al ramo. Oltre ai corimbi fiorali avvizziscono anche le foglie del rametto a frutto (fig. 7). Con tempo caldo-umido sui ricettacoli e sui peduncoli fiorali si possono ri- Fig. 7 - Stadio iniziale di infezione su foglie e frutti di pero (Foto: OMP-Trieste) Sintomi sui fiori Di norma la malattia compare inizialmente in forma di avvizzimento degli organi fiorali: possono essere colpiti singoli fiori o tutta l’infiorescenza (fig. 6). Sul Fig. 8 - Presenza di tacche nerastre con goggioline di essudato batterico su frutti (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) Fig. 9 - Marciume diffuso con presenza di essudato su frutto (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) frutticoltura scontrare goccioline lucenti di aspetto mucoso. Sintomi sui frutti Le infezioni sui frutti possono essere dirette (esogene) o di origine endogena. I sintomi possono comparire da poco dopo l’allegagione fino all’invaiatura e, occasionalmente, dopo la raccolta o durante il tra- sporto. Le infezioni esogene sono concentrate su lenticelle o ferite e si manifestano dapprima con macchie idropiche e di aspetto untuoso, poi brune e nerastre (fig. 8). Sulle aree infette possono formarsi goccioline mucose, dense (fig. 9). I frutti vanno soggetti ad un diffuso marciume, seguito da mummificazione. Le infezioni tardive si risolvono in macchie isolate, imbrunite e molli. Nelle infezioni endogene compare un’area idropica all’inserzione del peduncolo che tende ad estendersi verso l’estremità calicina. Segue l’imbrunimento e l’avvizzimento del frutto che può cadere o mummificarsi. Aree imbrunite con abbondante materiale mucoso possono essere presenti anche all’interno della polpa. Fig. 6 ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 16.04 Pagina 4 frutticoltura Fig. 10 - Germoglio di pero annerito e ripiegato ad uncino o a pastorale (Foto: OMP-Trieste) Fig. 11 - Grave attacco su pianta di pero (Foto: OMP-Trieste) Sintomi sulle foglie e sui germogli Nei casi di infezioni dirette si notano sulle foglie aree annerite, umide, centrate per lo più su ferite, in cui i tessuti disseccano e possono rompersi. Spesso l’area annerita si allunga centripetamente sotto forma di strisce lungo le nervature secondarie sino a quella principale oppure può interessare i lati della nervatura mediana e scendere lungo il picciolo, causando spesso un tipico annerimento a forma di isola triangolare, avente l’apice rivolto verso l’alto e la base in prossimità dell’inserzione del peduncolo. Le aree annerite si presenta- no umide e lucenti e sono spesso ricoperte da goccioline di liquido chiaro, lattiginoso o di colore ambra. Talvolta in particolari condizioni meteorologiche, l’evasione avviene in forma di sottili filamenti biancastri, secchi e aggrovigliati. Quando i sintomi fogliari sono causati indirettamente da infezioni avvenute sul germoglio o sulla branca portante si ha un rapido imbrunimento, con accar- Fig. 12 - Depressioni e fessurazioni su tronco di pero (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) Fig. 13 - Striatura a isole di colore bruno-rossastro presenti nelle zone sottocorticali (Foto: OMP-Trieste) tocciamento, avvizzimento e disseccamento dell’intero organo. La malattia può interessare i giovani germogli ancora erbacei, che assumono un colore scuro e diventano idropici, quindi bruni e poi neri e con apice incurvato ad uncino (fig. 10). Sintomi su rami, branche e tronco L’infezione fiorale, se non si interviene e se le condizioni sono favorevoli, continua ad avanzare basipetamente interessando progressivamente tutto il rametto a frutto, i rami poliennali, le grosse branche, il tronco e fino alle radici (fig. 11). In estate e durante il riposo invernale si formano sulle parti lignificate caratteristiche lesioni cancerose. L’area del cancro appare depressa, di colore poco più scuro di quello dei tessuti circostanti, cuneiforme in basso e circoscritta e/o percorsa da fessurazioni della corteccia (fig. 12). I cancri tardivi invece conseguenti a infezioni di piena estate o autunnali appaiono come una semplice depressione o scollamento della corteccia. Asportando la parte superficiale della corteccia si notano aree o striature arrossate in corrispondenza del cancro e anche oltre i margini dello stesso (fig. 13). Quando il cancro giunge ad interessare a guisa di manicotto tutta la circonferenza dell’organo assile infet- ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 16.04 Pagina 5 Fig. 14 - Disseccamento sulla chioma di una pianta di melo (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) to (cinturazione) si ha il disseccamento della parte distale del ramo o anche dell’intera pianta se il fenomeno interessa il tronco o il colletto. Il disseccamento di rami o di tutto un settore della chioma, come se fossero bruciati dal fuoco, è il sintomo più appariscente della malattia e dal quale essa ha preso il nome (fig. 14). Alla ripresa vegetativa si può avere un ulteriore avvizzimento dei rami che si erano infettati durante la precedente annata ed i cancri tendono ad estendersi. I batteri in fase di attiva moltiplicazione, evadono dai tessuti infetti in forma di essudati (goccioline), prontamente disseminati sui tessuti suscettibili dagli insetti o da altri agenti di diffusione. Penetrazione del patogeno La penetrazione di E. amylovora nelle piante è passiva e può avvenire attraverso: fiori (stigmi e nettarii), idatodi, lenticelle, tricomi ghiandolari e ferite (da animali, vento, grandine freddo e pratiche colturali). Nelle infezioni primarie attraverso gli stigmi è necessaria un’elevata umidità affinché il batterio si moltiplichi e passi a colonizzare i nettarii sottostanti. Durante la stagione vegetativa la penetrazione avviene praticamente solo attraverso ferite; importanza modesta hanno infatti le altre aperture naturali. Le infezioni secondarie possono aver luogo per tutta la stagione vegetativa. I frutti infatti possono costituire la principale sorgente d’inoculo. Gravi epidemie sono state osservate dopo forti grandinate. La fioritura è il periodo più critico, non solo per la ricettività della pianta ma frutticoltura anche per la diffusione dell’inoculo. L’epoca di fioritura, la sua durata ed entità ed eventuali fioriture secondarie influiscono maggiormente sull’incidenza e gravità della malattia. Importante è anche lo stato vegetativo della pianta: più la crescita è vigorosa e rapida, più veloce è la progressione del batterio nell’ospite. La malattia è favorita da giornate umide con temperature massime di 21-24 °C e minime non inferiore a 12 °C. Le piogge estive (anche di soli 2,5 mm) possono creare condizioni favorevoli per lo sviluppo di infezioni secondarie. Disseminazione del patogeno Nelle infezioni di Colpo di fuoco si ha di norma l’emissione di goccioline di essudati, costituite da ammassi di cellule batteriche immerse in un mezzo mu- cillaginoso. L’essudato viene poi raccolto dai vari vettori e trasferito su altre parti della pianta o su piante diverse. Anche dopo l’evasione il batterio continua a diffondersi sulla pianta infetta estendendo i sintomi della malattia. La disseminazione è una fase essenziale del ciclo del batterio patogeno. A breve e a media distanza (0-1005.000 m) essa è operata prevalentemente da: insetti impollinatori o casuali; aerosol liquidi o solidi, generati dall’acqua piovana e/o di irrigazione battente sulle gocce degli essudati e trasportati dal vento; attrezzi di lavoro, specie quelli di potatura su piante non in piena fase di riposo invernale. La disseminazione a grande distanza avviene a mezzo: trasporto aereo e deposizione pluviale di aerosol solidi; uccelli migratori; uomo; con il trasporto di materiale vivaistico e di frutti. Sopravvivenza del patogeno Lo svernamento del patogeno avviene prevalentemente, sebbene in modesta percentuale, nei cancri perennanti presenti sui rami di due o più anni, per lo più conseguenti alle infezioni secondarie tardive. Si è anche visto che il batterio può divenire endofita nello xilema e nel floema della pianta infetta e traslocare a distanze relativamente grandi alla ripresa vegetativa. Metodi diagnostici Nel caso di piante con sintomi visibili della malattia l’isolamento diretto del ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 16.04 Pagina 6 Tab. 1, fig. 15 - Rappresentazione sintetica e punti di monitoraggio della rete del Friuli Venezia Giulia suddivisi per specie di pianta ospite di Erwinia amylovora frutticoltura Provincia Pero Melo Vivai Sorbo Biancospino Agazzino Cotognastro Totale Gorizia Pordenone Trieste Udine 18 7 1 35 14 15 4 51 8 19 0 7 0 15 0 1 25 30 21 4 9 14 4 3 8 9 0 2 82 109 30 103 Totale 61 84 34 16 80 30 19 324 Fig. 15 batterio su substrato artificiale (MS o NSA) o l’identificazione attraverso pochi caratteri fenotipici differenziali (morfologici, fisiologici e biologici) può essere sufficiente per una diagnosi definitiva. I saggi di patogenicità su giovani piante di pero e di melo o su fettine o germogli di pero richiedono molto tempo e disponibilità di materiale idoneo. Nel caso di materiale asintomatico sono necessari test più rigorosi, quali saggi sierologici (ELISA e immunofluorescenza) con anticorpi monoclonali; le caratteristiche immunologiche del batterio sono molto omogenee e non si conoscono patovar (sono possibili infezioni incrociate con batteri provenienti da piante di specie diversa). Sono state anche messe a punto sonde clonate specifiche, risulta- te molto sensibili, sebbene tale metodologia diagnostica sia molto laboriosa e debba essere riservata ad una fase preselettiva e per i casi ambigui. Modalità d’intervento A. Misure tendenti a prevenire l introduzione della malattia in nuove aree frutticole Il controllo del territorio ai fini dell’introduzione del colpo di fuoco in Italia è stato ribadito con DM 10 settembre 1999 n. 356 “Regolamento recante misure per la lotta obbligatoria contro il colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora), nel territorio della Repubblica”. Esso prevede un’ampia verifica in tutto il Paese sulle varie specie di Rosacee. Già da tempo sono state istituite in diverse regioni, com- preso il Friuli Venezia Giulia, reti di monitoraggio specifiche (Tab. 1, fig. 15). Esse prevedono controlli da parte dei Servizi Fitosanitari Regionali, da effettuare in primavera ed in autunno, in punti specifici individuati tenendo conto della presenza di piante ospiti di E. amylovora, di vie di comunicazione importanti e delle rotte percorse da uccelli migratori. Per facilitare il riconoscimento di eventuali infezioni sono stati istituiti anche vari centri diagnostici per le reti di monitoraggio dell’Italia settentrionale. Il Decreto prevede inoltre una normativa precisa qualora si dovessero riscontrare casi sospetti o eventuali focolai primari, al fine di una immediata eradicazione del patogeno. Con direttiva 2002/29/CE dd. 19 marzo 2002, che modifica la direttiva 2001/32/CE sono state modificate le “zone protette” per quanto riguarda questa batteriosi. Per prevenire l’introduzione della malattia in una nuova area è necessaria peraltro, oltre che l’opera degli ispettori fitosanitari che hanno compiti di sorveglianza e di intervento, la fattiva collaborazione di vivaisti, frutticoltori, tecnici e amministratori delle aree verdi (pubbliche e private) che, sulla base di frequenti visite alle piante potenziali ospiti, devono segnalare al Servizio Fitosanitario eventuali casi sospetti. Dato il pericolo incombente è bene effettuare per i nuovi impianti scelte appropriate delle cultivar di pero e di melo, escludendo quelle più suscettibili. E’ da ricordare che il pero è in genere più suscettibile del melo. Allo stato attuale una graduatoria della suscettibilità al colpo di fuoco delle principali cultivar di pero è riportata nella tabella 2. Anche nel caso delle piante ornamentali alcune varietà di cotognastro, agaz- Tabella 2 - Suscettibilità varietale Suscettibilità Cultivar molto suscettibili, specialmente alle infezioni dei fiori e dei germogli Cultivar mediamente suscettibili Cultivar meno suscettibili Cultivar Colorata di Luglio Highland, Passa Crassana, Packham’s Triumph; Dr. Guyot, General Leclerc, Santa Maria M., Abate Fetel, William; Conference, Kaiser, Bella di Giugno, Butirra Hardy ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 16.04 Pagina 7 Fig. 16 - Asportazione e bruciatura di materiale infetto (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) zino e biancospino sono più sensibili alla malattia rispetto ad altre. Importante è anche seguire tecniche colturali ottimali per prevenire uno sviluppo vegetativo troppo rigoglioso delle piante, limitando apporti eccessivi di concimi azotati e di sostanza organica, eliminando i polloni ed i robusti succhioni che possono sviluppare sulle branche, organi facili da infettare e che possono portare la batteriosi nel corpo della pianta. Per i nuovi impianti è bene inoltre scegliere terreni a giacitura ed esposizione ottimali ed assicurare in essi un buon drenaggio. B. Modalit di lotta da adottare ove la batteriosi Ł ormai insediata La difesa nei confronti del fuoco batterico è molto difficile e per avere un certo successo è necessario adottare i sistemi di lotta integrata, intervenendo con tempestività e in tutta l’area frutticola della zona. Le misure consigliate tendono solamente a ridurre la carica di inoculo ed a proteggere i tessuti suscettibili. L’intervento più immediato consiste nella rimozione di tutti i rametti a frutto e dei germogli infetti, non appena i sintomi sono percettibili. Si devono anche asportare i rami principali, branche tronchi e radici che risultino infette, indipendentemente dalle loro dimensioni. I tagli relativi devono essere praticati ben al di sotto (almeno 40 cm) delle aree che risultano infette, per avere la certezza di non lasciare ancora tessuti contaminati. Gli attrezzi usati per tali interventi devono essere disinfettati dopo ogni taglio, impiegando la comune “varechina” (ipoclorito di sodio al 5%, diluita 1 a 10 con acqua, che è peraltro corrosiva per i metalli ed ha azione irritante sull’uomo) o benzalconio cloruro (un sale d’ammonio quaternario) o alcool denaturato. Anche gli attrezzi di pota- frutticoltura tura devono essere immersi nel disinfettante o puliti con una spugna bagnata con l’antibatterico e così pure gli effetti personali venuti a contatto con le parti infette (guanti, stivali, scarpe o altro). Negli intervalli di lavoro è necessario sciacquare accuratamente ed asciugare tutti gli attrezzi usati. Le parti di pianta tagliate devono essere subito rimosse dal frutteto e bruciate (fig. 16). I frutti possono essere interrati o ricoperti con calce. Si devono anche applicare tecniche colturali tendenti a limitare lo sviluppo vegetativo delle piante (come indicato nel precedente punto A) ed inoltre non eseguire potature a verde, eliminare le fioriture secondarie, evitare l’irrigazione sovrachioma ed usare per i nuovi impianti materiale di propagazione sano e prodotto in aree esenti da E. amylovora o dove la batteriosi è sotto stretto controllo. Sono in corso anche in Italia ricerche tendenti ad ottenete varietà o selezioni di pero resistenti o poco suscettibili al colpo di fuoco. Il rischio nei confronti della malattia può essere ridotto con una difesa insetticida adeguata, specialmente nei confronti di fitofagi ad apparato boccale pungente-succhiante (afidi, psille, ecc) ed avendo cura di falciare frequentemente i frutteti inerbiti. E’ obbligatorio non spostare durante il periodo vegetativo (da metà marzo a fine ottobre) gli alveari presenti nelle zone contaminate. E’ bene effettuare la potatura delle piante durante il riposo vegetativo invernale e farla seguire da un trattamento con sali di rame. Un valido aiuto nella prevenzione della diffusione della malattia potrebbe derivare dall’impiego di piante ornamentali non appartenenti alle Rosacee. La difesa con composti chimici è alquanto problematica; mancando degli anticrittogamici specifici con azione battericida. Essa può solo costituire uno dei fattori da prendere in considerazione nella lotta integrata. I sali di rame possono ridurre la carica d’inoculo presente sulle superfici dei diversi organi della pianta. Essi possono essere impiegati durante il periodo vegetativo a dosaggi ridotti (50-100 g/hl di rame metallico), onde evitare fenomeni di fitotossicità, entro 2436 ore da grandinate o violenti temporali, che possono causare pericolose ferite. Si consigliano inoltre: un trattamento delle piante dopo la raccolta dei ERSA_5_02_schede.qxd 11/12/2002 16.04 Pagina 8 frutticoltura Fig. 17 - A sinistra, grave infezione con disseccamento totale del ramo causata da Pseudomonas syngae pv syringae. A destra infezione causata da Nectria galligena;il processo di disseccamento avviene piø lentamente rispetto alle infezioni causate da E. amylovora (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna) frutti; 2-3 interventi nel periodo di caduta delle foglie e uno alla fase delle gemme ingrossate (150-200 g/hl di rame metallico). Per il pero ha dato buoni risultati la poltiglia bordolese (da escluderne peraltro l’impiego nel caso delle cultivar sensibili al rame). Da questa annata è stato messo in commercio un nuovo prodotto, attivatore delle difese naturali della pianta, a base di acibenzolar–S–methyl, che agisce in modo preventivo contro questa batteriosi. Le sperimentazioni specifiche hanno evidenziato risultati incoraggianti iniziando la difesa con due interventi a cavallo della fioritura e proseguendo con ulteriori due trattamenti durante la fase di accrescimento del frutto, in concomitanza con le eventuali fioriture secondarie, a un intervallo di 3-4 settimane l’uno dall’altro. La dose d’impiego è di 200 g/ha. Nei trattamenti alla chioma, in Francia viene anche consigliato il fosetil-alluminio, prodotto sistemico acropeto e basipeto, già noto per l’azione stimolante per la produzione di sostanze naturali di difesa (fitoalessine) da parte del- la pianta contro i funghi Oomiceti. Questo anticrittogamico è registrato per E. amylovora anche in Italia. In Francia ed in altri Paesi viene inoltre impiegata la flumechina un antibiotico di sintesi (gruppo chinoline) con azione di copertura. Una specifica norma di legge vieta però in Italia l’uso di antibiotici in agricoltura. Quanto esposto sottolinea la gravità del Colpo di fuoco batterico e l’onerosità e l’incertezza degli esiti della lotta, qualora la malattia si insediasse in forma endemica in Italia. Raccomandazioni E’ importante sottolineare che alcuni sintomi ritenuti tipici del Colpo di fuoco batterico sono simili a quelli causati da Pseudomonas syringae pv. syringae (fig. 17), batterio fitopatogeno comune su numerose piante coltivate e spontanee, responsabile in genere di danni contenuti, e a cancri dovuti a Nectria galligena (fig. 17). Inoltre non bisogna dimenticare che numerosi sono i casi di disseccamenti la cui causa spesso è di altra natura patologica o parassitaria e talvolta di origine abiotica; è pertanto necessario sottoporre ad analisi batteriologica il campione di materiale vegetale con sintomi sospetti di attacco batterico per accertarne l’esatta eziologia. A tutti i frutticoltori ed agli operatori del verde in genere, e ognuno per la propria competenza, in considerazione dell’elevato danno economico, ambientale culturale derivante dalla diffusione del Colpo di fuoco batterico, è rivolto un invito a collaborare con quanti sul territorio stanno operando per il controllo della batteriosi. La bibliografia verrà pubblicata negli estratti. La segnalazione di ogni caso sospettp è obbligatoria ai sensi del DM 10/09/99. L’individuazione precoce dei focolai di infezione è fondamentale per limitare la diffusione di E. amylovora e per la realizzazione di interventi tempestivi da parte degli Osservatori per le Malattie delle Piante di: • GORIZIA Via Roma, 9 - 34170 Gorizia Tel 0481 386241, fax 0481 386248 E-mail [email protected] .it • PORDENONE Via Beato Odorico,13 - 33170 Pordenone Tel 0434 529330/1 fax 0434 520570 E-mail [email protected] • TRIESTE Via G. Murat,1 - 34123 Trieste Tel 040 304019 fax 040 304100 E-mail [email protected] • UDINE Via A Caccia, 17 - 33100 Udine Tel 0432 555162 fax 0432 555163