Carinaro e Caivano, 2009-10

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[Carinaro e Caivano, 2009-10]
PROCEDIMENTO PENALE n. 23811/10 RGNR – 14652/10 R.G. TRIB.
a carico di C.R.
(rito ordinario)
1. Dati identificativi del procedimento.
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Numeri di registro: 23811/10 RGNR – 14652/10 R.G. TRIB. – 8376/11 R.G. APP.
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Imputato: 1) C.R., nato a Caivano (NA) il 19.08.1965.
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Autorità giudiziaria: Tribunale di Napoli, VI Sez. Coll. B; Corte di Appello di Napoli,
Sez. II.
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Vicende cautelari: detenuto.
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Stato del procedimento: sentenza n. 5712/11 emessa dal Tribunale di Napoli, VI Sez.
Coll. B, in data 14.04.2011, depositata il 19.05.2011; sentenza n. 995/12 emessa dalla
Corte di Appello di Napoli, II Sez., in data 21.02.2012, pubblicata il 28.02.2012,
irrevocabile il 07.04.2012.
2. Fonti ed elementi di prova acquisiti.
- Informativa di P.G. e accertamenti;
- verbale di arresto;
- denuncia sporta dalla persona offesa;
- dichiarazioni testimoniali rese da persone informate sui fatti e verbali di
individuazione di persona;
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- precedenti provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria;
- dichiarazioni rese dall’imputato;
- referto medico-ospedaliero.
3. Capi di imputazione.
- Tentata estorsione aggravata continuata in concorso (artt. 81 cpv., 110, 56-629 c.p. in
relazione al’at. 628 co. III n. 1, 7 legge n. 203/91);
- resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.);
- lesioni personali aggravate (artt. 582, 585, 576 in relazione all’art. 61 n. 2 c.p.).
4. Tempo e luogo.
Dal Dicembre 2009 al Maggio 2010; Carinaro (CE) e Caivano (NA).
5. Dinamica estorsiva.
Il presente procedimento ha ad oggetto il tentativo di estorsione ai danni di una nota
azienda di torrefazione del caffè, la S.r.l. C.T.
Nel Dicembre 2009, entravano nello stabilimento di Carinaro (CE), sede operativa
dell’azienda, tre soggetti, due dei quali (mentre il terzo restava ad attenderli a bordo
di un’autovettura) si avvicinavano a S.P., fratello dell’amministratore unico e
dipendente dell’azienda con mansioni di addetto alla contabilità. Presentatisi
immediatamente come “gli amici di Caivano”, i due formulavano la richiesta di un
“regalo”, pena la cessazione di ogni fornitura presso gli esercizi di Caivano e comuni
limitrofi.
S.M. chiariva di essere un mero impiegato, promettendo di parlarne con i titolari.
Cosa che, effettivamente, faceva, riferendo l’accaduto ai fratelli responsabili
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dell’azienda i quali decidevano di ignorare la visita ricevuta con l’auspicio che non
avesse seguito.
La speranza, tuttavia, si rivelava vana.
Nel successivo mese di Aprile, due uomini si presentavano nuovamente presso lo
stabilimento, rivolgendo a S.P. un conciso rimprovero: “ma non siete venuti? Allora
dobbiamo intervenire, che dobbiamo fare?”.
Prima di allontanarsi, i visitatori reiteravano la minaccia della interruzione delle
vendite in tutta la zona di Caivano e comuni limitrofi, sollecitando un intervento con
urgenza.
S.P., anche stavolta, riferiva l’accaduto ai fratelli.
Quanto ai soggetti, va detto che, nel corso delle indagini preliminari, egli ha
individuato l’attuale imputato, seppure con qualche titubanza; in dibattimento,
tuttavia, osservato C.R. in aula, ha escluso che tra i soggetti incontrati in azienda
potesse esservi l’imputato.
Tornando ai fatti, sempre nel mese di Aprile del 2010, due autotrasportatori alle
dipendenze della S.r.l. C.T., dopo aver consegnato il caffè presso due bar di Caivano,
venivano avvicinati da due persone che, quali “amici di Caivano”, intimavano loro di
allontanarsi dal paese e di non effettuare più consegne.
Dopodiché gli amici “scortavano” il furgone aziendale fino all’uscita del paese, per
assicurarsi che le indicazioni impartite venissero rispettate.
Di fatto, quel giorno le consegne vennero sospese per essere poi riprese
personalmente da S.P., non essendoci dipendenti disposti ad effettuarle.
Attesa la gravità del fatto, i titolari si determinavano a sporgere denuncia e quel
giorno stesso (19.04.2010) si recavano presso gli uffici della Tenenza CC di Caivano,
riferendo agli agenti quanto accaduto.
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Venivano quindi predisposti servizi di appostamento ed osservazione nel corso dei
quali un carabiniere, indossata la maglietta con il logo aziendale e seguito da un’auto
civetta, prendeva posto sul furgone accanto dei dipendenti.
Per alcuni giorni, il servizio dava esito negativo; in data 03.05.2010, mentre veniva
eseguito il tradizionale giro di consegne, il furgone veniva avvicinato da due uomini
che, rivolgendosi al Maresciallo M., intimavano: “scendete dal furgone e lasciatemi le
chiavi, e poi dite al padrone vostro che viene a prendere le chiavi dagli amici del sistema di
Caivano”.
Alla richiesta di spiegazioni da parte del Carabiniere, gli interlocutori ribadivano di
scendere dal furgone. A tal punto l’agente si qualificava ed i due estorsori si davano
alla fuga.
C.R., dopo un breve inseguimento, veniva bloccato dal Maresciallo con il quale
iniziava una colluttazione in seguito alla quale l’agente riportava alcune lesioni.
I soggetti in concorso dei quali l’imputato ha posto in essere le condotte criminose
sono rimasti non identificati; quanto alla partecipazione di C.R. nel corso dell’intera
vicenda, il Tribunale ha ritenuto che “l’unitarietà funzionale delle condotte criminose offre
una certa chiave di lettura dell’episodio nel quale veniva identificato e tratto in arresto C.R.,
anche in termini di consapevole partecipazione dell’imputato al complessivo disegno
criminoso. Sicché, pur non risultando raggiunta la prova della partecipazione dell’imputato
all’esecuzione materiale delle condotte poste in essere in precedenza, non ne appare revocabile
in dubbio la responsabilità a titolo concorsuale”.
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Contesto criminale e territoriale.
L’esplicito e ricorrente riferimento agli amici di Caivano consente di ricondurre la
vicenda in tale contesto criminale come, tra l’altro, prospettato dalla Pubblica Accusa.
Caivano è oggi considerata un’attivissima ed organizzatissima piazza di spaccio,
idonea a servire clienti provenienti da tutto il Sud, grazie alla posizione strategica
data dai collegamenti alla superstrada ed alla Autostrada del Sole.
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Comune nell’area settentrionale della provincia di Napoli, risulta interessato dalla
invasiva presenza ed operatività del clan Moccia, così come Afragola (notoriamente
roccaforte del sodalizio), Arzano, Casoria e zone limitrofe. Il clan prende il nome da
Gennaro Moccia, ucciso in un attentato camorristico nell' aprile 1976 probabilmente
da un gruppo di sicari mandati dai rivali del clan Giuliano; la moglie Anna Mazza,
che da quel momento prese in mano le redini del clan, è stata la prima donna a subire
poi una condanna per associazione mafiosa.
Si tratta certamente di uno dei clan più potenti, se non il più potente, dell’area
metropolitana settentrionale, gerarchicamente ben strutturato e fortemente infiltrato
a livello socio-politico soprattutto grazie alle doti imprenditoriali dell’ultima
generazione ed in particolare di Luigi Moccia, primogenito di Anna Mazza,
considerato un colletto bianco, la mente di una vera e propria holding criminale.
Grazie ai proventi di appalti pubblici e compartecipazioni in multinazionali, nonché
alla penetrazione nelle amministrazioni (prima fra tutte il Comune di Afragola,
sciolto
per infiltrazione mafiosa), gli inquirenti ritengono che Luigi Moccia sia
riuscito a trasformare un clan violento e sanguinario in una organizzazione mafiosa
capace di raccogliere e governare enormi flussi di denaro, investiti in attività
all’apparenza lecite.
Quanto all’ordinaria amministrazione, prima fra tutte l’attività estorsiva, si ritiene che
Luigi Moccia ne abbia delegato la gestione a piccoli gruppi camorristici del territorio,
sotto il proprio saldo ed autorevole controllo.
All’epoca dei fatti, il gruppo operante a Caivano era diretto da Luigi Ferraiuolo.
7. Costituzioni di parte civile: nessuna.
8. Conclusioni del P.M.: anni sette mesi sei di reclusione ed euro 2.500,00 di multa.
9. Decisione del procedimento.
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Sentenza di I grado: dichiara C.R. responsabile dei reati a lui ascritti, unificati sotto il
vincolo della continuazione, e lo condanna alla pena di anni sette di reclusione ed
euro 1.400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di sofferta
custodia cautelare. Letti gli artt. 29 e 32 c.p. dichiara C.R. interdetto in perpetuo dai
PPUU nonché legalmente interdetto durante l’espiazione della pena. Dissequestro e
restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro.
Sentenza di II grado: ridetermina la pena in anni cinque mesi nove di reclusione ed euro
1.000,00 di multa Conferma nel resto.
10. Problematiche di diritto emerse nel procedimento: le vicenda è stata oggetto di
modestissimo interesse dell’opinione pubblica, unicamente in occasione dell’arresto.
11. Rilievo mediatico: nessuno.
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