Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
INDICE
G.1
INQUADRAMENTO GENERALE .....................................................................................2
G.1.1
G.2
COMPLESSI IDROGEOLOGICI ..............................................................................................5
G.1.1.1
Complesso dei depositi detritici recenti.......................................................................5
G.1.1.2
Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso...........................................................6
G.1.1.3
Complesso dei depositi terrigeni ed evaporitici ..........................................................7
G.1.1.4
Complesso argilloso caotico........................................................................................8
G.1.1.5
Complesso arenaceo-marnoso-argillose o calcareo-marnose ....................................8
G.1.1.6
Complesso delle rocce ignee e metamorfiche a tessitura massiccia ...........................8
G.1.1.7
Complesso delle rocce metamorfiche a tessitura scistosa ...........................................9
G.1.1.8
Complesso calcareo-dolomitico...................................................................................9
I COMPLESSI ACQUIFERI..............................................................................................10
G.2.1
CARATTERISTICHE IDRODINAMICHE................................................................................13
G.2.2
ALIMENTAZIONE E DEFLUSSO .........................................................................................13
G.2.3
SORGENTI .......................................................................................................................14
G.2.4
POZZI ..............................................................................................................................15
G.3
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI SIBARI ....18
G.4
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DEL FIUME
LAO 26
G.5
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI LAMEZIA
TERME .............................................................................................................................................30
G.6
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI GIOIA
TAURO .............................................................................................................................................34
G.7
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI REGGIO
CALABRIA ......................................................................................................................................38
G.8
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI CROTONE
42
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
1
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
G.1
INQUADRAMENTO GENERALE
Nel contesto morfo-idrologico ed idrogeologico un’attività conoscitiva dell’assetto idrogeologico
dell’intero territorio regionale e specificatamente delle aree di maggiore interesse (al contempo le
più compromesse dall’attività antropica) costituisce l’elemento base per impostare e attivare un
sistema di controllo, attraverso il quale possono essere affinate le conoscenze sulla dinamica dei
corpi idrici sotterranei e sulla loro evoluzione nel tempo. Ciò costituisce un fondamentale supporto
al processo di pianificazione dell’uso della risorsa, nonché agli interventi di protezione e di
risanamento dei corpi idrici compromessi da fenomeni di degrado per insalinamento e per
inquinamento da rifiuti derivanti dalle attività produttive presenti nel territorio.
Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) è da ritenersi un intervento di programmazione e sviluppo
sostenibile: ovvero, misure e obiettivi di qualità dei corpi idrici, stabiliti e mantenuti attraverso
idonei criteri di gestione del territorio e, soprattutto, di quei comparti territoriali affetti da patologie
che, insistendo sui bacini scolanti verso corpi idrici ricettori, rappresentano il bersaglio. L’insieme
delle misure di intervento elaborate e debitamente finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di
qualità ambientale, deve essere sottoposto ad una osservazione continua, proprio attraverso una rete
di controllo idrometrografica, un sistema di monitoraggio integrato quali-quantitativo.
La Calabria rappresenta un tratto della fascia corrugata appenninica, continua dalla Liguria alla
Sicilia, costituito da unità strutturali sedimentarie che dalla Basilicata meridionale si estendono
nella Calabria settentrionale, dove scompaiono al di sotto delle unità cristalline formanti la quasi
totalità della regione. L’assetto strutturale della Calabria è dovuto in parte all’orogenesi ercinica e
soprattutto a quella alpidica sviluppatasi nel tardo Cenozoico e che si è protratta fino al Quaternario.
Nelle grandi linee, i rapporti fra i vari complessi geologici sono caratterizzati da contatti di
ricoprimento tettonico, il cui ordine di successione a partire dal basso è il seguente (Ogniben, 1973):
complesso panormide, complesso liguride, complesso sicilide, complesso calabride, complesso
antisicilide, complesso crotonide; su di essi poggiano i sedimenti postorogeni.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Le grandi unità geologiche della calabria. 1. depositi postorogeni (recente- pliocene sup.); 2. depositi postorogeni
(pliocene inf. – messiniano - tortoniano); 3. complesso crotonide; 4. complesso antisicilide; 5. complesso calabride; 6.
complesso sicilide; 7. complesso liguride; 8. complesso panormide (da ogniben, 1973)
L’assetto strutturale della regione risulta pertanto molto complicato e può sommariamente
individuarsi nei seguenti principali lineamenti geologico-strutturali: un ampio settore della Calabria
centrale e meridionale, dove affiorano in prevalenza rocce premesozoiche, ed un settore
settentrionale, costituito in prevalenza da rocce mesocenozoiche. Il primo settore, che comprende le
rocce cristalline delle varie falde del Complesso calabride, è delimitato strutturalmente verso nord
da un contatto di ricoprimento approssimativamente localizzabile all’altezza della congiungente
Belvedere Marittimo - foce del F. Trionto. Esso affiora a partire da detta congiungente fino alla
punta estrema meridionale della Calabria. È costituito da quattro unità di terreni cristallini, in parte
coperte trasgressivamente da differenti tipi di rocce sedimentarie. I terreni cristallini di queste unità
sono rappresentate da filladi e scisti nelle unità più profonde e da gneiss biotitici e graniti nell’unità
più alta (Serre, Capo Vaticano e Sila)
In generale, i terreni di questo complesso si presentano diffusamente fratturati e spesso
cataclasizzati, con giaciture lenticolari ed irregolari in presenza di strutture a scaglie sovrapposte,
particolarmente evidenti nella zona di Palmi - Bagnara Calabra. Il secondo settore, in cui affiorano
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
3
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
in prevalenza terreni meso-cenozoici, presenta una tettonica meno complicata anche se
caratterizzato da estese monoclinali separate da grandi faglie ed importanti sovrascorrimenti. Si
notano tuttavia variazioni dovute soprattutto alla diversità dei litotipi affioranti e pertanto con
diverso comportamento rispetto alle sollecitazioni meccaniche subite. I sedimenti arenaceoargillosi, rappresentati spesso da alternanze fliscioidi, appaiono intensamente tettonizzati, con
frequenti e fitte pieghettature in cui è difficile riconoscere motivi strutturali di grandi dimensioni.
Gli elementi strutturali principali sono rappresentati da scaglie intensamente fagliate e sovrascorse,
allungate in direzione prevalente NNO-SSE, come lungo la ruga esterna di Colobraro-ValsinniMontegiordano, all’estremo NE della Calabria.
I terreni alloctoni del Complesso panormide affioranti principalmente al confine calabro-lucano,
sono quelli più profondi e sono caratterizzati da una potente successione calcareo-dolomitica di
scogliera con allineamento degli elementi strutturali prevalentemente NNO - SSE. Le rocce che
costituiscono i massicci carbonatici mostrano una diffusa fratturazione, tipica dei corpi rigidi, che
dà origine ad ammassi spesso di grandi dimensioni con giacitura monoclinale e con immersione
generalmente verso E-NE, separati da estese faglie. Gli affioramenti sono ben riconoscibili per la
maggiore resistenza all’erosione selettiva delle rocce carbonatiche rispetto agli altri complessi
formati in prevalenza da rocce più erodibili. Tra le importanti faglie presenti in detta area vanno
segnalate quelle che hanno originato il graben del Mercure, come la faglia di Castelluccio che
ribassa verso sud la monoclinale carbonatica. Significative sono anche la grande faglia che tronca a
SO la monoclinale del Pollino, quelle che hanno determinato la fossa di sedimentazione del bacino
del Crati orientata N-S, quella della stretta di Catanzaro diretta ONO-ESE, quella del bacino dei
fiumi Mesima e Petrace diretta NE-SO. Le successioni dei Complessi liguride e sicilide ricoprono
tettonicamente i terreni panormidi e sono costituite da prevalenti depositi terrigeni, in parte
metamorfosati, che evolvono verso l’alto ad una sedimentazione tipicamente fliscioide. Il
Complesso liguride affiora largamente in tutta la Calabria settentrionale e
centrale mentre il
Complesso sicilide affiora solo nell’estremo settore nord-orientale della Calabria, nella zona di
Amendolara, Oriolo e Rocca Imperiale.
Il Complesso antisicilide, costituito da argille variegate con inclusi blocchi e lenti del Flysch
Numidico e del flysch tardiorogeno calabride, affiora sul versante ionico della Calabria, nell’area
delle Serre e dell’Aspromonte. Ad esso fa seguito il Complesso crotonide, cui appartiene la falda di
Cariati, costituita essenzialmente da argille variegate affioranti tra Punta Alice e Capo Trionto.
I depositi postorogeni iniziano con le arenarie e le sabbie tortoniane; si sviluppano verso l’alto
attraverso diversi cicli sedimentari fino ai terrazzi quaternari e terminano con le alluvioni recenti.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
4
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
G.1.1 COMPLESSI IDROGEOLOGICI
I terreni appartenenti alle diverse unità stratigrafico-strutturali, di età compresa tra il Paleozoico ed
il Tortoniano, costituiscono la maggior parte degli affioramenti riscontrabili nel territorio della
regione; in minor misura sono rappresentati i terreni più recenti, costituiti da depositi detritici che
ricoprono localmente, ed in prevalenza lungo le fasce costiere, i termini delle predette unità
alloctone.
In relazione agli scopi del lavoro, i terreni affioranti sono stati assimilati, in base alle prevalenti
caratteristiche di permeabilità ed ai relativi rapporti di sovrapposizione tettonica, ai seguenti
complessi:
-
Complesso dei depositi detritici recenti
-
Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso
-
Complesso dei depositi terrigeni ed evaporatici
-
Complesso argilloso caotico
-
Complesso delle alternanze arenaceo-marnoso-argillose calcareo-marnose
-
Complesso delle rocce ignee e metamorfiche a tessitura massiccia
-
Complesso delle rocce metamorfiche a tessitura scistosa
-
Complesso calcareo-dolomitico
G.1.1.1
Complesso dei depositi detritici recenti
Si tratta di depositi di età pleistocenica ed olocenica, comprendenti detriti di falda, coni di
deiezione, alluvioni attuali e terrazzate, terrazzi marini e dune costiere. I detriti di falda, costituiti da
elementi a spigoli vivi di dimensioni variabili dai grossi blocchi alle ghiaie e sabbie, costituiscono
accumuli soprattutto ai piedi delle dorsali calcaree e dolomitiche, con spessori fino a diverse diecine
di metri (catena del Pollino, zona di Frascineto-Castrovillari).
I coni di deiezione, presenti allo sbocco dei corsi d’acqua torrentizi nelle valli principali, si
differenziano dai precedenti depositi per la presenza di clasti con parziale grado di arrotondamento
e di classazione. I maggiori coni di deiezione si hanno sul versante sud del M. Pollino, tra
Francavilla Marittima ed il F. Saraceno, presso Frascineto e presso Castelluccio Inferiore, al limite
dei depositi lacustri del Mercure. Le alluvioni attuali e terrazzate sono particolarmente sviluppate
lungo la costa ionica, tra la foce del F. Crati e Catanzaro. Si tratta di depositi ghiaioso-ciottolosi e
subordinatamente ghiaioso-sabbiosi presenti ai lati e lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua
tributari dello Ionio (Crati, Trionto, ecc.), nonché a quote più elevate sotto forma di diversi ordini di
terrazzi. I costituenti constano dei più svariati tipi litologici (calcari, arenarie, quarziti, gneiss, ecc.),
con predominanza degli uni o degli altri a seconda dell’area di alimentazione. Sono per lo più sciolti
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
5
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
e solo a volte debolmente cementati; presentano granulometria molto varia e grado di
arrotondamento dei componenti più elevato rispetto ai detriti di falda e ai coni di deiezione. La
maggiore estensione ed il massimo spessore si hanno sui fondivalle dei principali corsi d’acqua;
mentre a quote più elevate lo spessore dei depositi non supera i 20 m e generalmente si aggira su 12 metri.
I terrazzi marini sono particolarmente sviluppati lungo il golfo di Sibari e nei dintorni di Reggio
Calabria. Localmente si hanno anche piccoli lembi di dune costiere costituite da sabbie grossolane.
La permeabilità primaria è variabile in funzione della granulometria, da media ad alta nei termini
prevalentemente ghiaioso-sabbiosi e più ridotta per presenza di intercalazioni argilloso-siltose.
Analogamente si riscontra nei depositi ghiaioso-sabbiosi dei terrazzi marini la presenza di materiale
di natura argillosa che riduce in parte la permeabilità. Valori di permeabilità da medi a bassi si
hanno nei depositi alluvionali sabbioso-argillosi e argilloso-limosi del fondovalle del F. Mercure e
nei depositi alluvionali sabbiosi e sabbioso-siltosi della piana di Sibari e del Golfo di Squillace.
Nella piana di Sibari i depositi mostrano tuttavia un passaggio graduale dalle alluvioni sabbiose
presenti alla confluenza dei fiumi Crati e Coscile, alle alluvioni ciottolose delle zone periferiche.
G.1.1.2
Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso
In questo complesso sono stati raggruppati i conglomerati poligenici in grossi banchi non
stratificati, scarsamente cementati, con rare intercalazioni e lenti di arenarie, di sabbie più o meno
conglomeratiche e talora anche di argille. Tali conglomerati appartengono a formazioni di età
diversa; gli affioramenti più estesi sono attribuibili al Plio-Pleistocene, come le Ghiaie di Lauropoli
e le Ghiaie di Altomonte, comprese nella parte regressiva del ciclo sedimentario soprapliocenicocalabriano. Sono attribuiti a questo complesso anche i termini basali trasgressivi del sottostante
ciclo sedimentario inframesopliocenico. Lo spessore di queste formazioni è molto variabile, da
poche diecine di metri per i termini basali della successione plio-pleistocenica alle diverse centinaia
di metri delle formazioni regressive apicali. Sono spesso eteropiche tra loro oppure passano
lateralmente a termini arenaceo-sabbiosi; il grado di cementazione è generalmente basso. La
permeabilità primaria può variare da alta a media in relazione alla presenza di matrice sabbiososiltosa; è presente altresì una permeabilità secondaria per fenomeni di soluzione nei conglomerati
calcarei. Fanno parte di questo complesso anche le sabbie grigio-giallastre in strati di 20-30 cm dei
terrazzi marini pleistocenici, i termini arenaceo-sabbiosi argillosi della Formazione di Oriolo di età
tortoniana, la Molassa e Clypeaster, le arenarie mediomioceniche del Complesso crotonide. Si tratta
sempre di alternanze di arenarie scarsamente cementate, in strati di spessore variabile da pochi
centimetri a diversi metri, e di argille e argille sabbiose con lenti e livelli ghiaiosi; sono presenti
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
anche sabbie a grana fine in grossi banchi, alternate con livelli di argille sabbiose grigio-azzurre. Lo
spessore varia da poche centinaia di metri per le formazioni mioceniche a pochi metri per le sabbie
dei terrazzi marini, i cui depositi fanno localmente passaggio graduale a termini conglomeraticoghiaiosi, mentre le formazioni mediomioceniche fanno passaggio verso l’alto ai terreni evaporitici.
La permeabilità primaria è da media ad alta, diminuendo in presenza di intercalazioni argillose;
piuttosto bassa è la permeabilità secondaria nei termini arenacei lapidei.
G.1.1.3
Complesso dei depositi terrigeni ed evaporitici
Il complesso comprende le argille marnose suprapliocenico-pleistoceniche del litorale ionico e dei
bacini interni (Crati, Mesima, ecc.), le marne argillose inframesoplioceniche ed i Trubi
infrapliocenici, le argille intercalate ai depositi evaporitici messiniani e le marne fogliettate (Tripoli)
dei dintorni di Scala Coeli, le marne argillose tortoniane dei pressi di Oriolo, le marne argillose
sovrastanti alla Molassa a Clypeaster. Si tratta di prevalenti peliti, con contenuto in carbonati tra il
2% ed il 40% (argille, argille marnose, marne argillose e marne talora sabbioso-siltose), con rare
intercalazioni sabbiose, a frattura concoide, prive di stratificazione, oppure di argille fittamente
stratificate per la presenza di sottili livelli sabbioso-siltosi. Lo spessore di questi termini varia da
una formazione all’altra, potendo raggiungere potenze fino a 600-700 m. Fanno generalmente
passaggio, sia al letto che al tetto, a termini arenaceo sabbiosi basali ed apicali dei cicli sedimentari
oligocenico-pleistocenici e spesso passaggio laterale a termini sabbiosi di varie formazioni. Sono
anche compresi sedimenti argilloso-limosi pleistocenici, di origine lacustre e fluvio-lacustre,
costituiti prevalentemente da argille, limi e sabbie argillose, con intercalazioni di marne argillose
bianco-giallastre e livelli di lignite. Sono maggiormente sviluppati nel bacino del Mercure al
confine calabro-lucano; lembi minori si hanno a Campotenese, a Morano Calabro ed a Castrovillari
dove fanno passaggio graduale ai coni di deiezione e alle alluvioni grossolane del versante
meridionale del Pollino. Lo spessore varia da pochi metri a diverse centinaia di metri e sono spesso
coperti da alluvioni recenti sabbioso-limose. La permeabilità complessiva è bassa, tendente a molto
bassa o nulla nei termini francamente argillosi. In relazione ai rapporti stratigrafici con i termini
anzidetti, sono stati assimilati a questo complesso anche i sedimenti evaporitici del Miocene
superiore, rappresentati principalmente da gessi cristallini massicci, da calcari generalmente teneri e
vacuolari, talora con sottili intercalazioni di gesso, da sottili livelli di calcari brecciati e di argille
sabbiose. Questi sedimenti affiorano esclusivamente sul lato ionico della Calabria e più estesamente
nelle zone del bacino rossanese e del bacino crotonese; lembi minori sono presenti nella parte
meridionale della regione. Lo stato di fessurazione e la facile solubilità dei gessi e dei calcari
comporta locali condizioni di permeabilità media di tipo secondario per carsismo.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
G.1.1.4
Complesso argilloso caotico
Comprende formazioni eterogenee a componente prevalentemente argillosa e spesso molto
tettonizzate, quali le Argille variegate del Complesso sicilide, le Argille variegate dei complessi
crotonide e antisicilide del versante ionico della Calabria, tutte di età cretacica. Contengono sottili
intercalazioni di calcari, calcareniti, marne, arenarie e argilliti e presentano aspetto caotico messo in
evidenza dalla struttura degli strati più competenti, ondulati, pieghettati e contorti delle fitte
alternanze a litologia variabile ma a dominante argillosa. Nella massa si riscontrano inglobati, talora
tettonicamente, lembi di varie formazioni sia calcaree che arenacee. La permeabilità è
complessivamente bassa, anche se la presenza dei litotipi intercalati o inglobati possono presentare
una certa permeabilità secondaria per fratturazione, che tuttavia non fa variare il comportamento
della massa.
G.1.1.5
Complesso arenaceo-marnoso-argillose o calcareo-marnose
I terreni appartenenti a questo complesso sono caratterizzati da alternanze a dominante arenaceomarnosa, quali le eoceniche Tufiti di Tusa della zona di Rocca Imperiale, il flysch miocenico della
Calabria meridionale, il Flysch di Albidona, l’alternanza arenaceo-marnosa eocenica di Rossano Cropalati, l’alternanza argilloso-arenacea cretacea di Colle della Cappella presso Nocara. Dal punto
di vista litologico si tratta sempre di alternanze più o meno regolari di arenarie spesso gradate, in
strati da pochi centimetri a diversi metri, e di argille marnose, marne argillose e marne, con
prevalenza della componente arenacea rispetto a quella pelitica. Mostrano frequenti variazioni
laterali di facies, sia a piccola che a grande scala, che determinano sia assottigliamento e scomparsa
dei livelli arenacei che infittimento delle alternanze argilloso-arenacee. A questo complesso sono
state assimilate anche le alternanze prevalentemente argillosomarnose di età cretacica inferiore della
Formazione del Frido e della Formazione delle Crete Nere, costituite da sottili strati di argille,
argilliti, marne più o meno argillose e siltose, argilloscisti con rare intercalazioni di calcari,
calcareniti e arenarie quarzose in strati per lo più decimetrici. Comprende inoltre le arenarie
quarzose grigio-giallastre ben cementate con sottili intercalazioni argillose del Flysch Numidico,
affioranti presso Rocca Imperiale, nonché le rocce silicee compatte fittamente stratificate (diaspri
rosso violacei con sottili intercalazioni di argilliti e di marne silicifere) di Timpa delle Murge di età
cretacica. La permeabilità per fessurazione è complessivamente bassa, con modesto increment
locale per intensa fratturazione tettonica dei termini arenacei.
G.1.1.6
Complesso delle rocce ignee e metamorfiche a tessitura massiccia
Comprende le rocce metamorfiche a tessitura massiccia rappresentate da gneiss e gneiss occhiadini,
gneiss biotitici e scisti biotitici grossolani, gneiss granitoidi e anfiboliti plagioclasiche, nonché da
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
scisti biotitici talora gneissici con vene pegmatitiche. Questi litotipi sono tipici della falda
dell’Aspromonte del Complesso calabride e affiorano nella Sila, nelle Serre e nell’Aspromonte.
Alla stessa falda appartengono rocce intrusive a struttura granulare e chimismo acido, quali graniti
con muscovite e biotite, dioriti, pegmatiti e graniti localmente migmatitici. Si tratta di rocce di
aspetto massiccio con resistenza all’erosione variabile soprattutto in relazione con il grado di
fratturazione che comporta spesso fasce cataclastiche o milonitizzate di spessore fino a 30-50 m,
localmente ridotte in minuti frammenti oppure ad ammassi di consistenza sabbioso-argillosa. Al
complesso in questione sono assimilate anche rocce magmatiche basiche ed ultrabasiche, più o
meno metamorfosate e variamente alterate, quali serpentine, diabasi, gabbri anfibolici, porfiriti,
scisti verdi, riferibili al Complesso liguride. Sono ben rappresentate al confine calabro-lucano, in
stretta connessione con le rocce argillose dello stesso complesso, e lungo la catena costiera fino alla
stretta di Catanzaro. La permeabilità primaria della roccia inalterata è nulla; quella secondaria per
fratturazione è generalmente bassa, potendo però risultare più accentuata nelle parti superficiali
alterate e decompresse degli ammassi.
G.1.1.7
Complesso delle rocce metamorfiche a tessitura scistosa
Comprende filladi, scisti cloritico-sericitici con intercalazioni di calcari cristallini e di quarziti, scisti
quarzoso-feldspatici, scisti filladici, argilloscisti con intercalazioni di quarziti, appartenenti alla
Formazione del Frido. Questi litotipi sono rappresentati in tutta la regione, affiorando a sud del
Pollino lungo la catena costiera all’incirca fino a Paola. Costituiscono il basamento cristallino
premesozoico delle varie falde del Complesso calabride. La permeabilità per fessurazione è
complessivamente da bassa a molto bassa in relazione allo stato di alterazione spinta e di
tettonizzazione.
G.1.1.8
Complesso calcareo-dolomitico
Appartengono a tale complesso rocce calcaree massicce o stratificate in grossi banchi affioranti
principalmente nella dorsale del M. Pollino, al confine con la Basilicata. Si tratta di calcari massicci
o stratificati in grossi banchi con struttura da oolitica a micritica, talora con intercalazioni di calcari
dolomitici e di dolomie nerastre. Hanno spessore di diverse centinaia di metri e fanno
frequentemente passaggio laterale verso termini dolomitici e calcareo-dolomitici in grossi ammassi.
Sono altresì compresi calcari in strati sottili e medi, da pochi centimetri fino a qualche decimetro,
localmente con intercalazioni marnose e subordinatamente argillose, nonché fitte alternanze di
calcilutiti e di calcareniti con noduli e lenti di selce, di spessore fino al centinaio di metri. La
permeabilità primaria è bassa o nulla, mentre la permeabilità secondaria è generalmente elevata, sia
per il forte stato di fratturazione e tettonizzazione della roccia, sia per processi di soluzione. Al
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
9
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
presente complesso sono anche assimilate le potenti formazioni dolomitiche e calcareo-dolomitiche
di età triassica, caratterizzate da stratificazione indistinta o in banchi di 3-5 m di spessore. Si tratta
di dolomie cristalline biancastre o grigie con tipica struttura cataclastica nella parte inferiore a
contatto con le formazioni sottostanti. Affiorano estesamente nella catena del Pollino e nell’intero
gruppo montuoso che costituisce la parte settentrionale della catena costiera. La permeabilità
primaria è in genere bassa; la permeabilità secondaria per fratturazione è media.
G.2
I COMPLESSI ACQUIFERI
In base alle caratteristiche geologico-strutturali e di permeabilità dei terreni prima descritte, nel
territorio regionale si individuano acquiferi con differenti caratteristiche e diverso significato
idrogeologico relativamente alla capacità produttiva. In base alle caratteristiche intrinseche delle
formazioni si riconoscono acquiferi permeabili per porosità, per fessurazione, per carsismo e di tipo
misto. Relativamente alla capacità produttiva si hanno acquiferi che per dimensioni e grado di
permeabilità consentono l’immagazzinamento di elevati volumi di risorse idriche ed acquiferi che
non avendo dette caratteristiche sono considerati di scarso interesse idrogeologico. Nell’ambito dei
complessi prima identificati, quelli maggiormente dotati dei requisiti anzidetti sono il Complesso
dei depositi detritici recenti, il Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso ed il Complesso
calcareo-dolomitico. In seno a detti complessi si riscontrano tuttavia delle differenze di
comportamento, le quali non pregiudicano il significato idrogeologico dei relativi acquiferi, i quali
mantengono caratteristiche tali da distinguersi chiaramente dai termini formazionali assimilati agli
altri complessi.
Tra i depositi detritici recenti, gli acquiferi alluvionali di fondo valle dei principali corsi d’acqua e
delle pianure costiere costituiscono il tema idrogeologico di maggiore interesse dell’intera regione
per volumi di risorse immagazzinate e per favorevoli condizioni logistiche e quindi di sfruttamento.
Lo dimostra il gran numero di pozzi esistenti e che nel tempo si sono moltiplicati in modo
eccessivo, tale da determinare situazioni di sovrasfruttamento e conseguentemente di
deterioramento qualitativo delle acque sotterranee.
Si tratta di acquiferi porosi caratterizzati da valori medi di permeabilità sull’ordine di 10- 3 - 10-5
m/s, con valori localmente più alti (10-2 - 10-4 m/s) in presenza di termini ghiaioso-sabbiosi e valori
più bassi (10-4 - 10-6 m/s) in corrispondenza dei depositi costituiti prevalentemente da sabbie fini e
argille o limi, caratteristici dei materiali semipermeabili. I valori della porosità efficace variano dal
5% al 20% in relazione alla granulometria prevalente. A questi depositi si aggiungono i livelli
conglomeratici dei vari ordini di terrazzi marini e fluviali dove la permeabilità è da media a bassa
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
10
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
per la presenza di abbondante matrice sabbioso-siltosa. Diversamente si comportano i depositi
sabbioso-limosi fluvio-lacustri in cui la permeabilità diminuisce notevolmente.
I depositi conglomeratico-sabbiosi costituiscono in alcune aree un tema idrogeologico di sicuro
interesse in relazione sia alla permeabilità che al consistente spessore che li caratterizza. Si tratta
infatti di acquiferi contenenti apprezzabili risorse idriche solo in parte oggetto di sfruttamento.
Condizioni del genere si riscontrano nei depositi di ghiaie di Lauropoli e di Altomonte, nonché nella
Formazione di Oriolo.
Tra le formazioni caratterizzate da permeabilità per fessurazione, valori elevati della permeabilità si
riconoscono in gran parte del complesso calcareo-dolomitico dei massicci settentrionali. All’interno
della rete acquifera originata dalla tettonica si sviluppa infatti un’attiva circolazione idrica che
alimenta le importanti manifestazioni sorgentizie del versante settentrionale, localizzate in territorio
lucano, e quelle del versante meridionale, localizzate in territorio calabro. Il sistema di faglie che
interessa le formazioni del complesso in questione condiziona detta circolazione idrica, il cui
schema si articola in tre principali sub-strutture idrogeologiche con direzioni di deflusso delle acque
sia verso nord che verso sud.
Le falde di maggiore potenzialità, presenti negli acquiferi prima descritti, sono localizzate nelle aree
con maggiore estensione e spessore dei depositi alluvionali e conglomeratico-sabbiosi delle pianure
e delle fasce costiere dei versanti tirrenico e ionico e nelle aree di affioramento dei termini calcareodolomitici al confine calabro-lucano. Lungo il versante tirrenico, le falde più estese e di maggiore
potenzialità sono presenti nei depositi alluvionali della fascia costiera di Reggio Calabria - Villa S.
Giovanni e delle pianure di Gioia Tauro - Rosarno, S. Eufemia e F. Lao. Esse si estendono a monte
lungo le valli dei corsi d’acqua che solcano dette pianure, risultando alimentate principalmente dai
deflussi superficiali e sotterranei provenienti dai retrostanti sistemi collinari e montuosi. Si tratta di
falde libere o semiconfinate, con direzione dei deflussi diversamente orientati ma tendenti ad ovest,
sostenute da formazioni argillose e arenacee a ridotta permeabilità. In alcune aree le falde sono
semiconfinate da termini francamente argillosi, come dimostrano le apprezzabili risalienze del
livello idrico riscontrate nei pozzi di maggiore profondità.
I valori del gradiente idraulico sono generalmente più alti (fino al 2%) in corrispondenza delle valli
incise in terreni a litologia diversa e si riducono rapidamente in corrispondenza delle zone
pianeggianti (0,5 - 0,2 %). La potenzialità delle falde è complessivamente alta in relazione alla
permeabilità dei depositi ed allo spessore degli acquiferi, che frequentemente è sull’ordine dei 30 50 m, ma può raggiungere il centinaio di metri nel caso di acquiferi compartimentati, costituiti da
depositi alluvionali poggianti su sedimenti ghiaioso-sabbiosi di età recente. Le falde contenute in
questi ultimi terreni, dotati di permeabilità medio-alta, costituiscono in alcuni settori del versante
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
11
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
tirrenico, come anche nel versante ionico, un’importante risorsa idrica sotterranea che si aggiunge a
quella contenuta nei depositi alluvionali di fondo valle. Un esempio è rappresentato dall’acquifero
sabbioso-ghiaioso pleistocenico, di spessore rilevante, che contiene una falda in parte semiconfinata
per presenza di frequenti intercalazioni argillose ed in parte confinata da più spessi e continui livelli
di argille facenti parte della stessa formazione.
Le direzioni di deflusso delle acque sotterranee tendono verso la pianura, andando ad incrementare
le risorse contenute nella potente successione dei depositi detritici. All’estremo nord del versante, la
pianura del F. Lao e le contigue vallate con depositi alluvionali che raggiungono spessori fino a 100
m sono sede di falde di apprezzabile potenzialità, alimentate dai deflussi superficiali e sotterranei
provenienti dai rilievi carbonatici presenti a monte. Le falde hanno direzione NE-SW con gradiente
idraulico elevato nelle valli e più contenuto nella zona pianeggiante.
Nel versante ionico le falde di maggiore interesse si collocano nel bacino del F. Crati, nel tratto a
monte della stretta di Tarsia, dove l’estesa conoide del F. Mucone da origine ad un consistente
deposito detritico, e principalmente a nord, dove il corso d’acqua si immette nell’ampia depressione
di Sibari, nella quale convergono anche i deflussi provenienti dai massicci carbonatici del gruppo
del Pollino. Le falde sono alimentate da un esteso bacino che si spinge a sud fino a Cosenza e a
nord fino al limite della regione ed in cui affiorano terreni di varia natura. Parte di questi terreni con
permeabilità da media a bassa restituiscono le acque di infiltrazione sotto forma diffusa o attraverso
numerose piccole sorgenti che complessivamente rappresentano apprezzabili volumi i quali
incrementano il deflusso in subalveo dei principali corsi d’acqua. Nel settore occidentale un alto
contributo al deflusso superficiale e sotterraneo che perviene alla pianura alluvionale è
rappresentato dalle acque di grosse sorgenti che scaturiscono a monte dai terreni carbonatici.
L’estensione ed il consistente spessore dei depositi detritici presenti nella depressione di Sibari,
unitamente alla predetta alimentazione, determinano l’esistenza di un importante serbatoio naturale
di acque sotterranee. La falda della pianura è in parte libera ed in parte confinata per la presenza di
interstrati argilloso-limosi che ne limitano la potenzialità. I deflussi sotterranei, individuati
dall’andamento della superficie piezometrica, si dirigono verso il centro della pianura e la costa
orientale, provenendo da nord-ovest e da sudovest, con valori del gradiente idraulico dell’1,5%
nelle zone periferiche e dello 0,5% in prossimità della costa.
Le formazioni costituenti gli altri complessi, di cui non si è fatto cenno nella precedente descrizione
e la cui distribuzione nel territorio regionale si può desumere dall’allegata carta idrogeologica, non
contengono falde estese ma soltanto livelli acquiferi di estensione e spessore limitato, generalmente
di significato strettamente locale. Ciò dipende dalla litologia di tali formazioni e dalle loro
caratteristiche strutturali che condizionano sia l’infiltrazione delle acque meteoriche che la
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
12
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
circolazione al loro interno, la quale risulta discontinua e frazionata. Si tratta delle alternanze di
termini litologici diversi, parte dotati di un certo grado, seppur modesto, di permeabilità e parte
praticamente impermeabili. Talora l’accentuata tettonizzazione favorisce un aumento della
permeabilità dei termini lapidei dai quali scaturiscono sorgenti con portata modesta e strettamente
dipendente dalle precipitazioni. Tale comportamento è tipico anche dei massicci cristallini ai quali è
collegato un alto numero di piccole sorgenti, la maggior parte di scarso interesse per i motivi
anzidetti.
G.2.1 CARATTERISTICHE IDRODINAMICHE
Sulla base dei dati contenuti in studi precedenti e derivanti da prove di emungimento a portata
costante su un ristretto numero di pozzi localizzati nelle aree occupate dai depositi alluvionali, la
trasmissività di questi depositi risulta sull’ordine di 10-2 - 10-3 m2/s, con una certa variabilità dovuta
sia alla granulometria prevalente che allo spessore. A questi valori fanno riscontro quelli del
coefficiente di permeabilità sull’ordine di 10-3 - 10-5 m/s. La porosità efficace (Specific yield) viene
valutata sull’ordine del 4% - 6%.
Per quanto riguarda i sedimenti sabbioso-conglomeratici, i pochi dati di prove di emungimento
disponibili permettono di attribuire loro un valore medio di trasmissività di 10-1 - 10-2 m2/s, a cui fa
riscontro un valore medio del coefficiente di permeabilità di 10-2 - 10-4 m/s. In questo caso sulla
variabilità dei valori di trasmissività incide lo spessore dei depositi, diverso da un’area all’altra, ma
anche nell’ambito di una stessa area, in relazione alla posizione dei depositi. La permeabilità dei
terreni cristallini, ai quali si attribuisce uno scarso significato idrogeologico per le discontinue
condizioni di permeabilità, dipendenti dallo stato di fratturazione e alterazione delle rocce, può
ritenersi, in via del tutto indicativa, sull’ordine di 10-6 - 10-8 m/s, con valori ancora più bassi (10-8 10-9 m/s) nel caso di rocce compatte poco fessurate. In maniera opposta sono da considerare gli
ammassi carbonatici fessurati e carsificati, nei quali la permeabilità e la trasmissività assumono
valori decisamente elevati, in relazione alle modalità di circolazione idrica sotterranea ed allo
spessore degli ammassi, come dimostrano le notevoli portate delle manifestazioni sorgentizie.
G.2.2 ALIMENTAZIONE E DEFLUSSO
L’alimentazione delle falde contenute nei depositi alluvionali delle pianure costiere e del fondo
valle dei maggiori corsi d’acqua è costituita essenzialmente dall’infiltrazione di un’aliquota delle
acque di deflusso superficiale e di una percentuale delle precipitazioni dirette sulle aree di
affioramento dei depositi, rappresentata dalla pioggia efficace. La percentuale di acque meteoriche
che si infiltra nelle altre formazioni più o meno permeabili affioranti nei bacini viene restituita sotto
forma di numerose sorgenti con portata diversa, le cui acque, qualora non captate, vanno ad
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
alimentare il deflusso superficiale e quindi parzialmente anche quello sotterraneo. Il primo è
decisamente prevalente nel periodo dell’anno in cui si hanno le precipitazioni più abbondanti e
tende progressivamente a diminuire nel periodo asciutto fino ad esaurirsi; il secondo è invece
permanente durante l’anno, con variazioni generalmente contenute in assenza di prelievi dal
subalveo.
In particolare, nei bacini in cui ricadono gli acquiferi di maggiore interesse si distinguono due
diverse condizioni. Nelle zone montane e collinari le acque che si infiltrano nelle formazioni più o
meno permeabili affioranti sono interamente drenate dalla rete idrografica. Lungo le valli, nei tratti
medio-terminali con presenza di depositi alluvionali consistenti, si hanno invece continui
interscambi tra deflussi superficiali e sotterranei, per cui i corsi d’acqua possono sia drenare che
alimentare le falde. Ciò si verifica anche in corrispondenza delle aree subpianeggianti dove gli alvei
incidono i depositi permeabili, esercitando più frequentemente un’azione di drenaggio delle falde.
Gli apporti idrici alle pianure costiere, derivanti dai bacini a monte, sono costituiti pertanto dai
deflussi superficiali e sotterranei dei corsi d’acqua, ai quali contribuiscono le sorgenti non captate.
Ai volumi idrici rappresentati da tali apporti si aggiungono quelli costituiti dall’infiltrazione di una
percentuale delle precipitazioni dirette sulle aree pianeggianti. Tali apporti variano nel corso
dell’anno, essendo maggiori nel semestre autunno-inverno e minori nel semestre primavera-estate.
G.2.3 SORGENTI
Nel territorio regionale le sorgenti raggiungono nel loro complesso un numero decisamente elevato;
nella maggior parte dei casi si tratta però di manifestazioni caratterizzate da portate basse e con
elevata variabilità essendo direttamente dipendenti dalle precipitazioni meteoriche. In relazione alle
condizioni climatiche, un alto numero di sorgenti si estingue o riduce considerevolmente la portata
per diversi mesi dell’anno. La maggiore piovosità si ha lungo la dorsale appenninica, mentre minimi
di piovosità si riscontrano lungo i litorali e negli estesi bacini pleistocenici. La maggiore quantità di
precipitazioni si verifica dall’autunno alla primavera, con massimi in dicembre, spesso sotto forma
di eventi di breve durata e notevole intensità, concentrate in pochi giorni e con massimi giornalieri
elevati.
Nelle aree di affioramento delle rocce cristalline le manifestazioni sorgentizie, anche se numerose,
risultano in genere di modesta portata. Quelle di maggior rilievo ricadono nel comune di Corigliano
Calabro e in destra del T. Macrocioli, queste ultime costituite da quattro grosse scaturigini alla base
di una massa granitica profondamente alterata. Numerose sorgenti sono anche presenti nel bacino
del F. Crati e nei bacini dei fiumi Mesina e Petrace. L’area con presenza di sorgenti importanti per
entità di portata e persistenza nel corso dell’anno è quella del bacino del Lao, dove affiorano
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
estesamente potenti formazioni carbonatiche. La presenza di sorgenti perenni con portata cospicua è
qui dovuta, oltre che alle favorevoli condizioni litostrutturali, all’elevata piovosità della zona (media
annua superiore ai 2000 mm). L’entità del deflusso sorgentizio dell’intera regione è stimato in 340 x
106 m3/anno, dei quali circa 110 x 106 m3/anno in periodo di magra.
La loro distribuzione nel territorio è alquanto diversa in relazione all’orografia: il maggior numero
(27%) ricade tra i 300 ed i 600 m, ma cospicuo è pure il numero di sorgenti tra i 600 ed i 900 m,
mentre solo nell’area dei bacini dei fiumi Neto, Tacina, Simeri, Albi e Fiumarella di Catanzaro, con
foce al litorale ionico, il maggior numero di sorgenti ricade tra i 1200 ed i 1500 m. La temperatura
delle acque sorgentizie è in genere fredda; le sorgenti calde rappresentano soltanto l’1% circa del
totale. Le sorgenti di grossa portata, connesse a formazioni calcaree, mostrano una temperatura
diversa da quella media annua dell’atmosfera, il che dimostra l’esistenza di circuiti idrologici
profondi. Le acque sorgentizie captate mediante opere di presa sono in prevalenza utilizzate per
l’approvvigionamento idrico dei centri abitati e solo in parte per usi irrigui, specialmente nel bacino
del F. Crati. Sorgenti minerali e termominerali, fra le quali sono da ricordare quelle sulfuree
collegate ai terreni evaporitici, sono utilizzate in stabilimenti termali.
G.2.4 POZZI
Degli apporti alle falde, una percentuale viene prelevata da un consistente numero di pozzi, in
massima parte finalizzati all’uso irriguo, ed una percentuale defluisce in mare. I volumi prelevati
dalle falde sono diversi nell’arco dell’anno per quanto riguarda l’utilizzazione agricola, mentre sono
pressoché costanti nel caso delle opere di captazione finalizzate all’uso idropotabile e industriale. Ai
fini della valutazione di questi volumi, in mancanza di dati completi e attendibili sulle portate
singolarmente prelevate, viene considerato un esercizio delle opere di ventiquattro ore al giorno
durante l’intero anno per l’uso idropotabile delle acque, di otto ore al giorno durante l’intero anno
per l’uso industriale, di 1050 ore durante la stagione estiva per l’uso agricolo. In quest’ultimo caso,
data la difficoltà di individuare tutti i pozzi esistenti e di determinare i volumi realmente prelevati a
causa dell’elevato numero di essi, molti dei quali abusivi, una valutazione più realistica deriva dalla
verifica delle superfici interessate da colture irrigue, talora a carattere intensivo, considerando una
dotazione in acqua per ettaro diversa per tipo di coltura praticata e per tecnica di irrigazione.
Elementi per tale verifica sono desunti da fonti INEA e dal Progetto SIGRIA, oltre che da Enti
pubblici della Regione Calabria.
In base ai dati riportati nel rapporto dell’Assessorato Regionale all’Ambiente e Beni Ambientali,
Tutela delle Coste, Parchi ed Aree Protette (novembre 2002) risulta che già nel 1976 erano stati
censiti nelle fasce costiere oltre 6000 opere di captazione. In particolare, sul versante tirrenico si
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
aveva l’esistenza di oltre 3500 pozzi ed altre migliaia di pozzi interessavano gli acquiferi del
versante ionico, ed in particolare l’area del bacino del F. Crati e della pianura alluvionale di Sibari.
Nel successivo ventennio il numero dei pozzi si è notevolmente incrementato, raggiungendo
attualmente la cifra di 13.800 circa con riferimento ai pozzi regolarmente denunciati; sconosciuto è
però il numero dei pozzi abusivi che certamente esistono e verosimilmente non sono in numero
trascurabile. Dei pozzi denunciati, la maggior parte (13.225), è costituita da opere utilizzate per
scopi agricoli ed un minor numero (alcune centinaia) è rappresentato da opere gestite da Enti
pubblici (comuni, regione) o da privati e finalizzati principalmente a scopi idropotabili. La maggior
parte di queste opere, di capacità produttiva molto diversa in relazione alla permeabilità degli
acquiferi interessati ed alla profondità raggiunta con gli scavi, sono concentrati nelle pianure
costiere dove determinano, con il loro esercizio, forti depressioni della superficie piezometrica,
principalmente nei periodi asciutti, accentuando il processo di intrusione salina nell’entroterra.
I Bacini idrogeologici individuati in questo studio idrogeologico, finalizzato alla redazione del
Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria, sono stati sei:
1. Bacino Idrogeologico di Sibari
2. Bacino Idrogeologico del fiume Lao.
3. Bacino Idrogeologico di Lamezia Terme
4. Bacino Idrogeologico di Gioia Tauro
5. Bacino Idrogeologico di Reggio Calabria
6. Bacino Idrogeologico di Crotone
Di seguito si riporta la mappa dei 6 bacini idrogeologici delimitati rispetto ai 32 bacini imbriferi
superficiali.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Distribuzione spaziale dei 6 bacini idrogeologici rispetto ai 32 bacini imbriferi superficiali
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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G.3
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI SIBARI
Sibari, famosa colonia della Magna Grecia, fu fondata tra il 709 ed il 720 a.C. tra il fiume Crati ed il
Coscile, al centro di una fertile area di pianura. La leggenda narra che nel 510 a.C. i Crotoniati,
dopo aver sconfitto i sibariti sul fiume Trionto, deviarono il corso del Crati sulle rovine della città.
Successivamente, nel 444 a.C., si ebbe la ricostruzione della Sibari ellenistica, detta Thurii, e poi,
nel 193 a.C. fu estesa e chiamata Copia dai Romani.
Tra le cause storiche che hanno determinato la scomparsa di questa antica città, sono da annoverare
certamente i processi geologici, quali l'innalzamento del livello del mare, il sovralluvionamento
nonché processi e movimenti neotettonici.
La Piana di Sibari è circondata da un anfiteatro montuoso costituito a Nord, da rocce calcareodolomitiche mesozoiche e da terreni flyschiodi mesozoico-terziari appartenenti al gruppo del
Pollino, a Sud, invece, dalle rocce cristalline e metamorfiche paleozoiche della Catena costiera della
Sila; ad Ovest, dai depositi plio-pleistocenici marini e continentali, argilloso-sabbiosi e
conglomeratici dell'area Cassano-Doria.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Bacino idrogeologico nell’area di Sibari
Nella Piana sfociano vari corsi d'acqua con trasporto solido molto elevato, alimentato soprattutto
dai corpi delle frane attive nei terreni flyschiodi affioranti nei bacini montani, veicolati attraverso le
piene che nel passato hanno avuto caratteri eccezionali. Tali eventi hanno prodotto un notevole
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
sovralluvionamento dei corsi d'acqua per l'improvvisa perdita della loro capacità di trasporto,
passando dalle aree montane a quelle di pianura.
Complessi acquiferi nell’area di Sibari
L'area in questione è costituita da una serie di depositi continentali, in particolare alluvionali
derivanti dai conoidi, dello spessore di circa 150 metri in prossimità della costa, che risultano essere
permeabili per porosità di interstizi e che risultano essere poggianti su sedimenti di origine marina
che risultano essere praticamente impermeabili. Su tale basamento prepliocenico, poggiano terreni
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
trasgressivi santerniani, costituiti da conglomerati passanti verso l'alto da argille grigio-azzurre, con
intercalazioni più o meno frequenti di livelli sabbiosi e conglomeratici. L'ambiente della Sibaritide
risulta essere una zona retrodunale di tipo palustre-lagunare. Altri elementi geomorfologici della
Piana sono rappresentati dai conoidi di deiezione fossili, che hanno comportato una visibile
pensilità degli alvei provocando l'inalveamento delle aste terminali. Numerosi sono i coni di
deiezione fossili affioranti e sepolti che i corsi d'acqua hanno formato nella Piana; il più importante,
sia per dimensioni sia per forma è certamente quello del torrente Raganello, nella parte più a Nord
dell'area.
L'elemento cono di deiezione è da annoverarsi tra quegli elementi geomorfologici
caratteristici per la determinazione di zone tettonicamente attive. Tuttavia, è possibile distinguere
due distretti tettonici differenti: quelli appartenenti ai coni di deiezione in cui il deposito avviene in
prossimità della zona montuosa, e quelli la cui area di deposizione avviene verso la pianura. Nella
Piana di Sibari, si ha una tendenza alla deposizione nella parte inferiore dei coni, con conseguente
incisione degli stessi da parte dei corsi d'acqua; naturalmente questo denota un processo di
instabilità tra la zona di monte e quella di valle della Piana . Limitandosi ad una estensione di tipo
verticale, fino ad una profondità di circa 100 metri al di sotto della Piana, si può affermare che gli
acquiferi più importanti sono rappresentati da livelli ghiaioso-sabbiosi intercalati nelle argille
grigio-azzurre di origine marina, rappresentanti le pulsazioni tettoniche dei cicli sedimentari e dai
depositi sabbiosi e ghiaioso-sabbiosi di riempimento delle paleovalli presenti. Tali depositi risultano
essere intercalati a livelli argilloso-limosi impermeabili che costituiscono condizioni per cui le falde
acquifere si portino in pressione. Nell'intera Piana di Sibari lo spessore dei depositi alluvionali si
aggira attorno ai venti metri, e presenta una struttura del tipo conoide di deiezione, come si evince
dall'andamento delle isopieziche; mentre lo spessore dei depositi continentali, come si è detto già in
precedenza, si aggira attorno ai 120 metri in prossimità della costa, il cui basamento, essendo
costituito da terreni pre-plioceni risulta essere praticamente impermeabile.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Geologia dell’acquifero di Sibari
La superficie piezometrica dei livelli profondi, rilevata nel 1974, risulta avere l'andamento tipico di
un conoide che si estende dal punto di sbocco del torrente Raganello fino al mare. Le linee di
maggiore deflusso hanno un andamento NO-SE, mentre l'artesianità delle acque, in vicinanza della
costa, legata alla presenza di formazioni argillose lenticolari, è di soli circa 1.0-1.5 m sul piano
campagna. La discarica naturale delle acque sotterranee ha luogo in gran parte attraverso
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
impaludamenti che risultano essere presenti nella zona e che sono attualmente bonificati da una rete
di canali.
Dalle analisi del contenuto naturale del tritio, effettuate nel 1974, si sono potute formulare delle
ipotesi sulla circolazione idrica sotterranea, nonché sui tempi di permanenza nel sottosuolo. Le aree
a scarsa circolazione idrica sono fortemente mineralizzate, ovvero si può rinvenire in esse, notevoli
quantitativi di H2S, S, CO2, CH4 e di cloruri. Ne deriva che le acque sotterranee subiscono una forte
evoluzione nel loro chimismo, partendo dai bordi nord-occidentali fino alla costa.
Le zone caratterizzate da circolazione idrica più attiva contengono acque con scarsi valori di cloruri
e di salinità, che in questi casi risulta essere variabile tra 0.3 e 0.6 g/l; le acque invece, aventi una
circolazione nulla, sono caratterizzate da grossi quantitativi di CO2 e di H2S, oppure di cloruri e di
CH4. Dall'analisi effettuata, seppur datata, in quanto risalente al 1974, si è potuto osservare che le
aree mineralizzate ad H2S, risultano essere numerose anche se poco estese, mentre il contenuto di
metano è di gran lunga più rilevante ed in fascia ben più estesa nella zona compresa tra il fiume
Crati ed il Coscile. La presenza di H2S, CO2 e di CH4 è legata alla riduzione di sostanze organiche
contenute nei sedimenti, mentre, secondo tesi avvalorate da studi di carattere geologico, le acque
salmastre potrebbero rappresentare il prodotto del miscelamento di acque vadose con fossili di
origine marina. In ciascun caso, dai valori nulli rinvenuti del tritio, si può affermare che le acque
hanno soggiornato per lunghi anni nell'acquifero (Guerricchio, 1976).
Per quanto riguarda l'aspetto pluviometrico, è noto che la Piana di Sibari rappresenta, una delle area
più siccitose della Calabria, con una media di 550 mm di pioggia annui, contro i circa 1500 mm
dell'intera regione; valori che risultano essere diminuiti in riferimento al periodo 1999-2000, il che è
indice di un evidente processo di siccità in atto. Gli scarsi apporti idrometeorici della zona non
hanno pertanto importanza per quanto riguarda l'alimentazione delle falde acquifere, anche perché
l'area attraverso la quale le acque potrebbero infiltrarsi è limitata al solo bordo nord-occidentale
della Piana stessa.
Lungo la valle del F. Crati, delimitata da rilievi montuosi costituiti da terreni sedimentari di varia
età e da rocce metamorfiche e plutoniche, affiora, in posizione trasgressiva sui predetti terreni, una
successione di termini argillosi, sabbiosi e conglomeratici di età plio-pleistocenica, costituente un
ciclo sedimentario. A questi si sovrappongono in maniera discontinua depositi alluvionali antichi e
recenti ed ampie conoidi localizzate allo sbocco dei principali affluenti.
Nell’ambito di detta successione i termini sabbiosi infrapleistocenici di spessore consistente
rappresentano un acquifero di interesse, sebbene dotati di permeabilità ridotta per i frequenti
passaggi eteropici ad argille marnose. Essi sono sede di una falda in parte libera ed in parte
semiconfinata unitamente ai depositi alluvionali di fondo valle del F. Crati. Oltre a numerose
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
sorgenti con portata in gran parte modesta, scaturenti dai vari termini della successione, la falda
contenuta nell’acquifero è sfruttata mediante un gran numero di pozzi con produttività sempre
modesta (sull’ordine di 1 l/s ed anche inferiore) e diverse perforazioni la cui produttività è
leggermente più alta. I prelievi sono complessivamente limitati e risultano più frequenti nelle zone
topograficamente depresse.
Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Sibari
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
I depositi alluvionali recenti, di spessore variabile fra 10 - 15 m a monte della confluenza del F.
Mucone nel F. Crati e sull’ordine di 20 - 30 m a valle di quest’ultima, sono in stretta relazione
idraulica con i depositi terrazzati presenti ai margini degli alvei con spessori di 10 - 40 m, oltre che
con le acque superficiali. La falda contenuta in tali depositi defluisce parallelamente al corso
d’acqua principale, essendo drenata da quest’ultimo come dimostra la morfologia della superficie
piezometrica.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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G.4
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DEL FIUME LAO
La ristretta piana costiera, localizzata lungo un tratto di costa tirrenica nella parte più settentrionale
della regione e attraversata dai fiumi Lao e Abatemarco, è sede di un acquifero alluvionale dotato di
permeabilità media e di consistente spessore. L’acquifero è delimitato su quasi tutti i lati da terreni
scarsamente permeabili, tranne per un tratto nel settore meridionale in cui i depositi alluvionali sono
a contatto con rocce carbonatiche, nelle quali si addentra la valle del F. Abatemarco.
Bacino idrogeologico nell’area del Lao
Affioramenti di termini calcareo dolomitici sono invece estesamente rappresentati nelle aree
montane a nord della pianura e risultano incisi dal tratto montano della valle del F. Lao. Depositi
alluvionali estesi e di consistente spessore sono presenti sul fondo valle per circa 6 Km a monte
della pianura, delimitati da affioramenti sabbioso-conglomeratici pleistocenici. La falda contenuta
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
nei depositi alluvionali, alimentata dai deflussi superficiali derivanti principalmente dai versanti
settentrionali del bacino dove affiorano i terreni carbonatici e dai quali scaturiscono sorgenti di
portata consistente, defluisce verso la costa con valori del gradiente idraulico dell’ordine dell’1%
lungo la valle del F. Lao e dello 0,3% nell’area pianeggiante.
Complessi acquiferi nell’area del Lao
La ricarica, oltre che dalle precipitazioni meteoriche dirette, è costituita quindi principalmente dai
deflussi superficiali, alimentati dalle acque sorgentizie che si riversano nell’alveo del F. Lao.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Geologia dell’acquifero del Lao
Parte dei deflussi si infiltrano nelle alluvioni di fondo valle, costituendo una falda di subalveo che a
valle confluisce in quella più estesa presente nei depositi dell’area pianeggiante.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino del Lao
I prelievi dalla falda sono consistenti e vengono effettuati mediante alcune centinaia di pozzi poco
profondi (3 - 20 m) con portata modeste (1 - 3 l/s) ed un minor numero di perforazioni profonde da
15 m ad oltre 100 m con portata generalmente non superiore ai 20 l/s. In conseguenza dell’alto
volume di prelievi effettuato nel periodo asciutto, nell’area pianeggiante prossima alla linea di costa
si determina la penetrazione del cuneo salino nell’acquifero, fino ad una distanza dal litorale di
alcune centinaia di metri.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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G.5 CARATTERIZZAZIONE
TERME
IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI
LAMEZIA
La vasta pianura solcata dal F. Amato e da altri corsi d’acqua minori è costituita da depositi
alluvionali recenti e attuali che occupano una superficie di oltre 200 km2; essa è delimitata
nell’entroterra da rilievi collinari e montuosi di altitudine fino a circa 1000 m, costituiti da terreni di
varia natura (sedimentari, metamorfici e plutonici) e di diversa età, con differenti caratteristiche
idrogeologiche. Rispetto a questi terreni, i depositi alluvionali ed i termini sabbioso-conglomeratici
infrapleistocenici rivestono maggiore interesse idrogeologico, analogamente a quanto descritto per
l’area di Gioia Tauro - Rosarno.
Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Lamezia Terme
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
L’insieme dei depositi alluvionali della pianura, dei fondi valle dei corsi d’acqua e dei terrazzi
pedemontani, unitamente alle sabbie dunari presenti lungo la costa, costituisce un acquifero di
spessore variabile dai 20 - 30 m lungo le valli ai 50 - 100 m in corrispondenza della pianura ed in
prossimità del litorale. L’articolazione della superficie piezometrica mette in evidenza un deflusso
della falda convergente verso la costa, con valori del gradiente idraulico relativamente elevati lungo
la valle del F. Amato (1,5% - 0,6%) e decisamente più bassi nell’area pianeggiante (0,4 - 0,2%).
Complessi acquiferi nell’area di Lamezia Terme
Ai margini dei depositi terrazzati e lungo la valle del F. Amato scaturiscono importanti sorgenti,
indicative del drenaggio della falda contenuta nei depositi clastici più grossolani da parte del corso
d’acqua. La falda nel suo insieme è sfruttata mediante numerosi pozzi scavati di limitata profondità
(5 - 30 m) e perforazioni di profondità variabile da 80 - 100 m ad un massimo di oltre 300 m; i
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
pozzi più profondi interessano, oltre che i depositi alluvionali, i sottostanti termini del complesso
sabbioso-conglomeratico. La portata dei pozzi scavati è sull’ordine di qualche l/s, mentre quella
delle perforazioni più profonde è variabile da pochi l/s ad oltre 50 l/s.
Geologia dell’acquifero di Lamezia Terme
La qualità dell’acqua prelevata dai pozzi indica l’esistenza di un processo di deterioramento per
intrusione salina fino a circa 1 km dal litorale, conseguenza dei consistenti prelievi in atto
principalmente per scopi irrigui.
A ciò ha contribuito la captazione di numerose sorgenti, le quali in precedenza alimentavano
costantemente il deflusso di subalveo dei corsi d’acqua.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Lamezia Terme
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
G.6
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI GIOIA TAURO
L’area pianeggiante che si sviluppa tra Gioia Tauro e Rosarno è sede di consistenti depositi
alluvionali che si estendono sui fondi valle dei principali corsi d’acqua e sulle colline circostanti
sotto forma di depositi terrazzati. Le alluvioni di fondo valle e della pianura costiera hanno
composizione granulometrica prevalentemente sabbioso-limosa e quindi nel complesso scarsamente
permeabili, ma dotate di consistente spessore, variabile fra un minimo di 20 - 30 m ed oltre 100 m
allo sbocco del F. Mesima. Caratteristiche diverse presentano i depositi terrazzati in cui prevalgono
sabbie e ciottoli, il cui spessore varia tra 20 e 40 m nella parte settentrionale e tra 40 - 60 m in
quella meridionale.
Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Gioia Tauro
Nelle zone collinari che bordano la pianura sono inoltre estesamente rappresentati i termini del
complesso sabbioso-conglomeratico infrapleistocenico, caratterizzato da permeabilità medio-bassa
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
per la presenza di intercalazioni argillose, il cui spessore raggiunge un massimo di 150 – 200 m tra
Taurianova e Rosarno.
Complessi acquiferi nell’area di Gioia Tauro
Le falde contenute nelle alluvioni vallive e nei depositi della piana costiera sono continue tra di loro
e vanno considerate come un unico sistema; a tale sistema possono assimilarsi anche le falde
contenute nei depositi terrazzati. La falda di tipo libero o semiconfinato defluisce dalle colline verso
la costa, con direzioni da SW a NE e da NW a SE, analogamente alla direzione dei principali corsi
d’acqua che solcano la pianura costiera, con gradiente idraulico variabile da 1,5 - 2,0% a monte a
0,2% a valle. L’andamento della superficie piezometrica mette in evidenza un marcato drenaggio
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
della falda in corrispondenza delle valli con presenza di numerose sorgenti, nella maggior parte di
portata modesta, localizzate ai margini dei terrazzi collinari.
Geologia dell’acquifero di Gioia Tauro
Misure di portata eseguite nel passato lungo la rete idrografica hanno evidenziato interscambi tra la
falda ed i corsi d’acqua nei vari tratti vallivi, permettendo di valutare l’entità della ricarica nel
periodo piovoso e quella del drenaggio nei mesi asciutti. Nella pianura costiera la falda è sfruttata
mediante un elevato numero di pozzi di varia profondità, con frequenza maggiore nella parte
orientale; le portate variano da 1 l/s ad oltre 30 l/s. La salinità delle acque si mantiene intorno ai 500
mg/l nelle zone più interne, mentre si innalza in prossimità della fascia costiera denunciando effetti
di intrusione salina nei livelli più profondi del deposito, fino ad una distanza di oltre 1 km dal
litorale.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Gioia Tauro
La falda contenuta nel complesso sabbioso-conglomeratico infrapleistocenico è semiconfinata, con
valori di pressione variabili da zona a zona. La direzione di deflusso è convergente verso la pianura,
con valori del gradiente idraulico variabili dal 2% a monte all’1% a valle. Lungo i fianchi delle valli
si hanno numerose sorgenti con portata generalmente modesta e molto variabile nelle stagioni. I
prelievi sono effettuati mediante un buon numero di pozzi di profondità diversa, taluni di alcune
centinaia di metri, la cui portata è mediamente di pochi l/s.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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G.7 CARATTERIZZAZIONE
CALABRIA
IDROGEOLOGICA
DELL’ACQUIFERO
DI
REGGIO
Gli acquiferi alluvionali, originati dal notevole trasporto solido dei corsi d’acqua a causa della forte
pendenza degli alvei e dello stato di degrado dei terreni attraversati, presentano qui spessori
consistenti, dell’ordine di 20 - 50 m nel tratto mediano delle fiumare e va aumentando verso valle,
man mano che ci si avvicina alla costa, raggiungendo gli 80 - 100 m in prossimità del litorale allo
sbocco delle fiumare Catona e Gallico, a nord di Reggio, e delle fiumare Calopinace e Sant’Agata a
sud dell’abitato.
Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Reggio Calabria
La morfologia, prevalentemente montagnosa e scoscesa dell’entroterra è infatti caratterizzata da
profonde vallate che terminano in una fascia costiera pianeggiante larga 1-1,5 km2. Quest’ultima è
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
orlata da terrazzi che si spingono fino a quote di 200-300 metri s.l.m.. Nei tratti vallivi delle fiumare
i depositi alluvionali sono sede di consistenti deflussi in subalveo, che alimentano le falde presenti
nella fascia costiera. Le acque sotterranee, che da tempo rappresentano la principale fonte di
approvvigionamento idrico per scopi civili, agricoli e industriali, sono captate mediante opere
singole o collettive (pozzi e gallerie drenanti), sopperendo alle esigenze della zona.
Complessi acquiferi nell’area di Reggio Calabria
I depositi alluvionali sono costituiti da ghiaie, ciottoli e blocchi con frammiste percentuali variabili
di sabbie e limi e presenza di lenti argilloso-limose. La permeabilità è complessivamente alta (0,2 0,5 x 10-3 m/s), seppure variabile in senso sia verticale che orizzontale, come anche la trasmissività
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
il cui valore è dell’ordine di 1 - 6 x 10-2 m2/s. Ciò consente produttività di singoli pozzi da 10 a 50
l/s, se ubicati nei siti più favorevoli.
Nella fascia costiera il substrato delle alluvioni è generalmente costituito da argille, arenarie e
conglomerati pliocenici e si pone a quote di 50 - 100 m al di sotto del livello del mare. Le falde
contenute in tali depositi, abbondantemente alimentate dalle fiumare anzidette, sono qui
interconnesse, costituendo un’unica falda idrica a nord e a sud di Monte Pentimele dove la
continuità è interrotta per l’affioramento dei terreni del substrato.
Geologia dell’acquifero di Reggio Calabria
Si individuano così due zone indipendenti, ossia a nord di detto rilievo, dove sfociano le fiumare S.
Giovanni, Catona, Gallico, Scaccioti, e a sud, dove sfociano le fiumare Annunziata, Calopinace,
Sant’Agata, Valanidi e Pellaro. La superficie piezometrica mostra direzioni di deflusso
costantemente da est verso ovest, con gradiente idraulico medio pari a 1 - 2% nelle vallate e dello
0.5 - 0.8% nella fascia costiera. Nel corso degli anni le opere di captazione, rappresentate
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
soprattutto da pozzi, si sono moltiplicate in maniera notevole con forte incremento dei prelievi, che
in taluni settori, come quello in cui ricadono gli impianti del comune di Reggio, ha causato forti
depressioni della superficie piezometrica ed il conseguente richiamo di acqua marina
nell’entroterra.
Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Reggio Calabria
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
G.8
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI CROTONE
Il bacino sedimentario crotonese è stato interessato da sedimentazione marina dal Tortoniano al
Pleistocene superiore, all’Olocene.
Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Crotone
I terreni presenti nell’area sono così caratterizzati secondo la seguente successione stratigrafica dal
basso verso l'alto:
-
argille siltose di colore da grigio-chiare e/o grigio-azzurre (Pliocene medio superioreCalabriano).
Il litotipo (formazione di Cutro) rappresenta il basamento argilloso pliocenico sul quale si sono
depositati i sedimenti alluvionali recenti. Da indagini dirette (loc. Prestica-pozzo Perrotta) si evince
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria
che la formazione argillosa ha uno spessore di oltre 400 m ed affiora a formare i rilievi collinari
argillosi (detti mammelloni); presenta grossomodo le caratteristiche granulometriche delle argille
limose;
-
sabbie, conglomerati e calcareniti biocostruite (Tirreniano)
Questo litotipo affiora a monte del bacino idrogeologico e forma il terrazzamento di copertura sulle
argille azzurre plio - pleistoceniche; le quote raggiungono 160 m s.l.m. e la superficie è pressoché
pianeggiante con leggera inclinazione verso est. La formazione è composta da una biocalcarenite
fortemente cementata passante superiormente ad uno spessore di sabbia.
Questi sedimenti presentano una certa variabilità con la profondità; alle sabbie fini prossime alla
superficie fanno posto in profondità le sabbie grosse e le ghiaie. Presentano una permeabilità
crescente con la profondità in relazione all’aumento della granulometria. Il suo valore può
assumersi K>10-2 cm/sec.
Nelle varie campagne di indagine sono stati attraversati anche oltre 20 m del deposito e, in ogni
sondaggio, si è rilevata presenza della falda, che generalmente attesta la sua piezometria intorno ai 3
m - 4 m dal piano campagna.
-
alluvioni terrazzate e recenti (Tirreniano-Olocene)
La formazione comprende le alluvioni terrazzate recenti e le alluvioni attuali. Le alluvioni terrazzate
sono presenti ai lati dei corsi d’acqua. Il litotipo è composto da prodotti di erosione delle argille
azzurre e della formazione terrazzata pleistocenica. Questa formazione si è formata per gli apporti
detritici dovuti allo smantellamento dei rilievi collinari prospicienti ad opera degli agenti esogeni; il
deposito è variabile nella sua composizione granulometrica dalle argille, ai limi, alle sabbie; queste
caratteristiche granulometriche sono proprie del bacino di erosione di pertinenza; lo spessore di
questi depositi alluvionali varia in funzione della distanza dai rilievi argillosi prospicienti e dai fossi
principali; in alcuni punti si può riscontrare che il deposito risulta ben assortito, mentre in altri può
essere costituito da una sola frazione granulometrica. Il suo spessore, indicativamente, varia da 1 a 6
m, messo a giorno dai canali di erosione scavati dalla incisione fluviale. Le alluvioni attuali
coincidono con i depositi presenti negli alvei torrentizi e derivano dall’erosione e rideposizione dei
precedenti litotipi. Lo spessore, in alcun i casi, costituisce un ottimo acquiclude, favorendo
localmente la formazione di una falda confinata alle sabbie sottostanti. La sua permeabilità può
assumersi come valore medio 10-5 cm/sec<K<10-4 cm/sec,
La zona è stata interessata da una tettonica distensiva con formazione di un sistema di faglie
normali con direzione prevalente sud est nord ovest. I fossi di incisione coincidono grossomodo con
gli allineamenti tettonici, così come descritto nell’allegata cartografia geologica di dettaglio.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Complessi acquiferi nell’area di Crotone
Nella zona in esame non si notano particolari segni riconducibili a dislocazioni tettoniche, almeno
alla scala dell’affioramento; tuttavia, viste le caratteristiche di plasticità e di erodibilità del litotipo
argilloso non si escludono che le tracce delle possibili faglie possano essere state obliterate proprio
per le caratteristiche sopra citate di questi materiali.
Il modello geologico - tecnico presenta le tipiche peculiarità del sistema idrogeologico di pianura
costiera in cui le acque dolci continentali defluendo verso l’interfaccia acqua dolce – acqua salata
sono in continuo rimescolamento con il mare posto poco distante.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Geologia dell’acquifero di Crotone
La circolazione sotterranea si organizza in generale secondo delle direttrici poste circa ovest – est.
La circolazione verticale si organizza secondo linee di drenaggio verso gli strati superficiali più
permeabili. In alcuni casi, l’acquifero si trova in pressione per la presenza di acquiclude limo –
argilloso, specialmente in coincidenza dei periodi piovosi; in questo caso, si può instaurare
filtrazione attraverso un mutuo scambio di volumi idrici dagli strati profondi verso gli strati
superficiali e viceversa.
Il gradiente idraulico può assumere valori tra 5÷10 m x 1000 m, così come si riscontra in litotipi
prevalentemente sabbiosi. Il suo valore di trasmissività, invece, può essere posto indicativamente
pari a T=8x10-3 m2/sec.
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Crotone
Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica
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