Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria INDICE G.1 INQUADRAMENTO GENERALE .....................................................................................2 G.1.1 G.2 COMPLESSI IDROGEOLOGICI ..............................................................................................5 G.1.1.1 Complesso dei depositi detritici recenti.......................................................................5 G.1.1.2 Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso...........................................................6 G.1.1.3 Complesso dei depositi terrigeni ed evaporitici ..........................................................7 G.1.1.4 Complesso argilloso caotico........................................................................................8 G.1.1.5 Complesso arenaceo-marnoso-argillose o calcareo-marnose ....................................8 G.1.1.6 Complesso delle rocce ignee e metamorfiche a tessitura massiccia ...........................8 G.1.1.7 Complesso delle rocce metamorfiche a tessitura scistosa ...........................................9 G.1.1.8 Complesso calcareo-dolomitico...................................................................................9 I COMPLESSI ACQUIFERI..............................................................................................10 G.2.1 CARATTERISTICHE IDRODINAMICHE................................................................................13 G.2.2 ALIMENTAZIONE E DEFLUSSO .........................................................................................13 G.2.3 SORGENTI .......................................................................................................................14 G.2.4 POZZI ..............................................................................................................................15 G.3 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI SIBARI ....18 G.4 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DEL FIUME LAO 26 G.5 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI LAMEZIA TERME .............................................................................................................................................30 G.6 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI GIOIA TAURO .............................................................................................................................................34 G.7 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI REGGIO CALABRIA ......................................................................................................................................38 G.8 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI CROTONE 42 Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 1 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.1 INQUADRAMENTO GENERALE Nel contesto morfo-idrologico ed idrogeologico un’attività conoscitiva dell’assetto idrogeologico dell’intero territorio regionale e specificatamente delle aree di maggiore interesse (al contempo le più compromesse dall’attività antropica) costituisce l’elemento base per impostare e attivare un sistema di controllo, attraverso il quale possono essere affinate le conoscenze sulla dinamica dei corpi idrici sotterranei e sulla loro evoluzione nel tempo. Ciò costituisce un fondamentale supporto al processo di pianificazione dell’uso della risorsa, nonché agli interventi di protezione e di risanamento dei corpi idrici compromessi da fenomeni di degrado per insalinamento e per inquinamento da rifiuti derivanti dalle attività produttive presenti nel territorio. Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) è da ritenersi un intervento di programmazione e sviluppo sostenibile: ovvero, misure e obiettivi di qualità dei corpi idrici, stabiliti e mantenuti attraverso idonei criteri di gestione del territorio e, soprattutto, di quei comparti territoriali affetti da patologie che, insistendo sui bacini scolanti verso corpi idrici ricettori, rappresentano il bersaglio. L’insieme delle misure di intervento elaborate e debitamente finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, deve essere sottoposto ad una osservazione continua, proprio attraverso una rete di controllo idrometrografica, un sistema di monitoraggio integrato quali-quantitativo. La Calabria rappresenta un tratto della fascia corrugata appenninica, continua dalla Liguria alla Sicilia, costituito da unità strutturali sedimentarie che dalla Basilicata meridionale si estendono nella Calabria settentrionale, dove scompaiono al di sotto delle unità cristalline formanti la quasi totalità della regione. L’assetto strutturale della Calabria è dovuto in parte all’orogenesi ercinica e soprattutto a quella alpidica sviluppatasi nel tardo Cenozoico e che si è protratta fino al Quaternario. Nelle grandi linee, i rapporti fra i vari complessi geologici sono caratterizzati da contatti di ricoprimento tettonico, il cui ordine di successione a partire dal basso è il seguente (Ogniben, 1973): complesso panormide, complesso liguride, complesso sicilide, complesso calabride, complesso antisicilide, complesso crotonide; su di essi poggiano i sedimenti postorogeni. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 2 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Le grandi unità geologiche della calabria. 1. depositi postorogeni (recente- pliocene sup.); 2. depositi postorogeni (pliocene inf. – messiniano - tortoniano); 3. complesso crotonide; 4. complesso antisicilide; 5. complesso calabride; 6. complesso sicilide; 7. complesso liguride; 8. complesso panormide (da ogniben, 1973) L’assetto strutturale della regione risulta pertanto molto complicato e può sommariamente individuarsi nei seguenti principali lineamenti geologico-strutturali: un ampio settore della Calabria centrale e meridionale, dove affiorano in prevalenza rocce premesozoiche, ed un settore settentrionale, costituito in prevalenza da rocce mesocenozoiche. Il primo settore, che comprende le rocce cristalline delle varie falde del Complesso calabride, è delimitato strutturalmente verso nord da un contatto di ricoprimento approssimativamente localizzabile all’altezza della congiungente Belvedere Marittimo - foce del F. Trionto. Esso affiora a partire da detta congiungente fino alla punta estrema meridionale della Calabria. È costituito da quattro unità di terreni cristallini, in parte coperte trasgressivamente da differenti tipi di rocce sedimentarie. I terreni cristallini di queste unità sono rappresentate da filladi e scisti nelle unità più profonde e da gneiss biotitici e graniti nell’unità più alta (Serre, Capo Vaticano e Sila) In generale, i terreni di questo complesso si presentano diffusamente fratturati e spesso cataclasizzati, con giaciture lenticolari ed irregolari in presenza di strutture a scaglie sovrapposte, particolarmente evidenti nella zona di Palmi - Bagnara Calabra. Il secondo settore, in cui affiorano Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 3 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria in prevalenza terreni meso-cenozoici, presenta una tettonica meno complicata anche se caratterizzato da estese monoclinali separate da grandi faglie ed importanti sovrascorrimenti. Si notano tuttavia variazioni dovute soprattutto alla diversità dei litotipi affioranti e pertanto con diverso comportamento rispetto alle sollecitazioni meccaniche subite. I sedimenti arenaceoargillosi, rappresentati spesso da alternanze fliscioidi, appaiono intensamente tettonizzati, con frequenti e fitte pieghettature in cui è difficile riconoscere motivi strutturali di grandi dimensioni. Gli elementi strutturali principali sono rappresentati da scaglie intensamente fagliate e sovrascorse, allungate in direzione prevalente NNO-SSE, come lungo la ruga esterna di Colobraro-ValsinniMontegiordano, all’estremo NE della Calabria. I terreni alloctoni del Complesso panormide affioranti principalmente al confine calabro-lucano, sono quelli più profondi e sono caratterizzati da una potente successione calcareo-dolomitica di scogliera con allineamento degli elementi strutturali prevalentemente NNO - SSE. Le rocce che costituiscono i massicci carbonatici mostrano una diffusa fratturazione, tipica dei corpi rigidi, che dà origine ad ammassi spesso di grandi dimensioni con giacitura monoclinale e con immersione generalmente verso E-NE, separati da estese faglie. Gli affioramenti sono ben riconoscibili per la maggiore resistenza all’erosione selettiva delle rocce carbonatiche rispetto agli altri complessi formati in prevalenza da rocce più erodibili. Tra le importanti faglie presenti in detta area vanno segnalate quelle che hanno originato il graben del Mercure, come la faglia di Castelluccio che ribassa verso sud la monoclinale carbonatica. Significative sono anche la grande faglia che tronca a SO la monoclinale del Pollino, quelle che hanno determinato la fossa di sedimentazione del bacino del Crati orientata N-S, quella della stretta di Catanzaro diretta ONO-ESE, quella del bacino dei fiumi Mesima e Petrace diretta NE-SO. Le successioni dei Complessi liguride e sicilide ricoprono tettonicamente i terreni panormidi e sono costituite da prevalenti depositi terrigeni, in parte metamorfosati, che evolvono verso l’alto ad una sedimentazione tipicamente fliscioide. Il Complesso liguride affiora largamente in tutta la Calabria settentrionale e centrale mentre il Complesso sicilide affiora solo nell’estremo settore nord-orientale della Calabria, nella zona di Amendolara, Oriolo e Rocca Imperiale. Il Complesso antisicilide, costituito da argille variegate con inclusi blocchi e lenti del Flysch Numidico e del flysch tardiorogeno calabride, affiora sul versante ionico della Calabria, nell’area delle Serre e dell’Aspromonte. Ad esso fa seguito il Complesso crotonide, cui appartiene la falda di Cariati, costituita essenzialmente da argille variegate affioranti tra Punta Alice e Capo Trionto. I depositi postorogeni iniziano con le arenarie e le sabbie tortoniane; si sviluppano verso l’alto attraverso diversi cicli sedimentari fino ai terrazzi quaternari e terminano con le alluvioni recenti. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 4 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.1.1 COMPLESSI IDROGEOLOGICI I terreni appartenenti alle diverse unità stratigrafico-strutturali, di età compresa tra il Paleozoico ed il Tortoniano, costituiscono la maggior parte degli affioramenti riscontrabili nel territorio della regione; in minor misura sono rappresentati i terreni più recenti, costituiti da depositi detritici che ricoprono localmente, ed in prevalenza lungo le fasce costiere, i termini delle predette unità alloctone. In relazione agli scopi del lavoro, i terreni affioranti sono stati assimilati, in base alle prevalenti caratteristiche di permeabilità ed ai relativi rapporti di sovrapposizione tettonica, ai seguenti complessi: - Complesso dei depositi detritici recenti - Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso - Complesso dei depositi terrigeni ed evaporatici - Complesso argilloso caotico - Complesso delle alternanze arenaceo-marnoso-argillose calcareo-marnose - Complesso delle rocce ignee e metamorfiche a tessitura massiccia - Complesso delle rocce metamorfiche a tessitura scistosa - Complesso calcareo-dolomitico G.1.1.1 Complesso dei depositi detritici recenti Si tratta di depositi di età pleistocenica ed olocenica, comprendenti detriti di falda, coni di deiezione, alluvioni attuali e terrazzate, terrazzi marini e dune costiere. I detriti di falda, costituiti da elementi a spigoli vivi di dimensioni variabili dai grossi blocchi alle ghiaie e sabbie, costituiscono accumuli soprattutto ai piedi delle dorsali calcaree e dolomitiche, con spessori fino a diverse diecine di metri (catena del Pollino, zona di Frascineto-Castrovillari). I coni di deiezione, presenti allo sbocco dei corsi d’acqua torrentizi nelle valli principali, si differenziano dai precedenti depositi per la presenza di clasti con parziale grado di arrotondamento e di classazione. I maggiori coni di deiezione si hanno sul versante sud del M. Pollino, tra Francavilla Marittima ed il F. Saraceno, presso Frascineto e presso Castelluccio Inferiore, al limite dei depositi lacustri del Mercure. Le alluvioni attuali e terrazzate sono particolarmente sviluppate lungo la costa ionica, tra la foce del F. Crati e Catanzaro. Si tratta di depositi ghiaioso-ciottolosi e subordinatamente ghiaioso-sabbiosi presenti ai lati e lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua tributari dello Ionio (Crati, Trionto, ecc.), nonché a quote più elevate sotto forma di diversi ordini di terrazzi. I costituenti constano dei più svariati tipi litologici (calcari, arenarie, quarziti, gneiss, ecc.), con predominanza degli uni o degli altri a seconda dell’area di alimentazione. Sono per lo più sciolti Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 5 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria e solo a volte debolmente cementati; presentano granulometria molto varia e grado di arrotondamento dei componenti più elevato rispetto ai detriti di falda e ai coni di deiezione. La maggiore estensione ed il massimo spessore si hanno sui fondivalle dei principali corsi d’acqua; mentre a quote più elevate lo spessore dei depositi non supera i 20 m e generalmente si aggira su 12 metri. I terrazzi marini sono particolarmente sviluppati lungo il golfo di Sibari e nei dintorni di Reggio Calabria. Localmente si hanno anche piccoli lembi di dune costiere costituite da sabbie grossolane. La permeabilità primaria è variabile in funzione della granulometria, da media ad alta nei termini prevalentemente ghiaioso-sabbiosi e più ridotta per presenza di intercalazioni argilloso-siltose. Analogamente si riscontra nei depositi ghiaioso-sabbiosi dei terrazzi marini la presenza di materiale di natura argillosa che riduce in parte la permeabilità. Valori di permeabilità da medi a bassi si hanno nei depositi alluvionali sabbioso-argillosi e argilloso-limosi del fondovalle del F. Mercure e nei depositi alluvionali sabbiosi e sabbioso-siltosi della piana di Sibari e del Golfo di Squillace. Nella piana di Sibari i depositi mostrano tuttavia un passaggio graduale dalle alluvioni sabbiose presenti alla confluenza dei fiumi Crati e Coscile, alle alluvioni ciottolose delle zone periferiche. G.1.1.2 Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso In questo complesso sono stati raggruppati i conglomerati poligenici in grossi banchi non stratificati, scarsamente cementati, con rare intercalazioni e lenti di arenarie, di sabbie più o meno conglomeratiche e talora anche di argille. Tali conglomerati appartengono a formazioni di età diversa; gli affioramenti più estesi sono attribuibili al Plio-Pleistocene, come le Ghiaie di Lauropoli e le Ghiaie di Altomonte, comprese nella parte regressiva del ciclo sedimentario soprapliocenicocalabriano. Sono attribuiti a questo complesso anche i termini basali trasgressivi del sottostante ciclo sedimentario inframesopliocenico. Lo spessore di queste formazioni è molto variabile, da poche diecine di metri per i termini basali della successione plio-pleistocenica alle diverse centinaia di metri delle formazioni regressive apicali. Sono spesso eteropiche tra loro oppure passano lateralmente a termini arenaceo-sabbiosi; il grado di cementazione è generalmente basso. La permeabilità primaria può variare da alta a media in relazione alla presenza di matrice sabbiososiltosa; è presente altresì una permeabilità secondaria per fenomeni di soluzione nei conglomerati calcarei. Fanno parte di questo complesso anche le sabbie grigio-giallastre in strati di 20-30 cm dei terrazzi marini pleistocenici, i termini arenaceo-sabbiosi argillosi della Formazione di Oriolo di età tortoniana, la Molassa e Clypeaster, le arenarie mediomioceniche del Complesso crotonide. Si tratta sempre di alternanze di arenarie scarsamente cementate, in strati di spessore variabile da pochi centimetri a diversi metri, e di argille e argille sabbiose con lenti e livelli ghiaiosi; sono presenti Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 6 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria anche sabbie a grana fine in grossi banchi, alternate con livelli di argille sabbiose grigio-azzurre. Lo spessore varia da poche centinaia di metri per le formazioni mioceniche a pochi metri per le sabbie dei terrazzi marini, i cui depositi fanno localmente passaggio graduale a termini conglomeraticoghiaiosi, mentre le formazioni mediomioceniche fanno passaggio verso l’alto ai terreni evaporitici. La permeabilità primaria è da media ad alta, diminuendo in presenza di intercalazioni argillose; piuttosto bassa è la permeabilità secondaria nei termini arenacei lapidei. G.1.1.3 Complesso dei depositi terrigeni ed evaporitici Il complesso comprende le argille marnose suprapliocenico-pleistoceniche del litorale ionico e dei bacini interni (Crati, Mesima, ecc.), le marne argillose inframesoplioceniche ed i Trubi infrapliocenici, le argille intercalate ai depositi evaporitici messiniani e le marne fogliettate (Tripoli) dei dintorni di Scala Coeli, le marne argillose tortoniane dei pressi di Oriolo, le marne argillose sovrastanti alla Molassa a Clypeaster. Si tratta di prevalenti peliti, con contenuto in carbonati tra il 2% ed il 40% (argille, argille marnose, marne argillose e marne talora sabbioso-siltose), con rare intercalazioni sabbiose, a frattura concoide, prive di stratificazione, oppure di argille fittamente stratificate per la presenza di sottili livelli sabbioso-siltosi. Lo spessore di questi termini varia da una formazione all’altra, potendo raggiungere potenze fino a 600-700 m. Fanno generalmente passaggio, sia al letto che al tetto, a termini arenaceo sabbiosi basali ed apicali dei cicli sedimentari oligocenico-pleistocenici e spesso passaggio laterale a termini sabbiosi di varie formazioni. Sono anche compresi sedimenti argilloso-limosi pleistocenici, di origine lacustre e fluvio-lacustre, costituiti prevalentemente da argille, limi e sabbie argillose, con intercalazioni di marne argillose bianco-giallastre e livelli di lignite. Sono maggiormente sviluppati nel bacino del Mercure al confine calabro-lucano; lembi minori si hanno a Campotenese, a Morano Calabro ed a Castrovillari dove fanno passaggio graduale ai coni di deiezione e alle alluvioni grossolane del versante meridionale del Pollino. Lo spessore varia da pochi metri a diverse centinaia di metri e sono spesso coperti da alluvioni recenti sabbioso-limose. La permeabilità complessiva è bassa, tendente a molto bassa o nulla nei termini francamente argillosi. In relazione ai rapporti stratigrafici con i termini anzidetti, sono stati assimilati a questo complesso anche i sedimenti evaporitici del Miocene superiore, rappresentati principalmente da gessi cristallini massicci, da calcari generalmente teneri e vacuolari, talora con sottili intercalazioni di gesso, da sottili livelli di calcari brecciati e di argille sabbiose. Questi sedimenti affiorano esclusivamente sul lato ionico della Calabria e più estesamente nelle zone del bacino rossanese e del bacino crotonese; lembi minori sono presenti nella parte meridionale della regione. Lo stato di fessurazione e la facile solubilità dei gessi e dei calcari comporta locali condizioni di permeabilità media di tipo secondario per carsismo. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 7 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.1.1.4 Complesso argilloso caotico Comprende formazioni eterogenee a componente prevalentemente argillosa e spesso molto tettonizzate, quali le Argille variegate del Complesso sicilide, le Argille variegate dei complessi crotonide e antisicilide del versante ionico della Calabria, tutte di età cretacica. Contengono sottili intercalazioni di calcari, calcareniti, marne, arenarie e argilliti e presentano aspetto caotico messo in evidenza dalla struttura degli strati più competenti, ondulati, pieghettati e contorti delle fitte alternanze a litologia variabile ma a dominante argillosa. Nella massa si riscontrano inglobati, talora tettonicamente, lembi di varie formazioni sia calcaree che arenacee. La permeabilità è complessivamente bassa, anche se la presenza dei litotipi intercalati o inglobati possono presentare una certa permeabilità secondaria per fratturazione, che tuttavia non fa variare il comportamento della massa. G.1.1.5 Complesso arenaceo-marnoso-argillose o calcareo-marnose I terreni appartenenti a questo complesso sono caratterizzati da alternanze a dominante arenaceomarnosa, quali le eoceniche Tufiti di Tusa della zona di Rocca Imperiale, il flysch miocenico della Calabria meridionale, il Flysch di Albidona, l’alternanza arenaceo-marnosa eocenica di Rossano Cropalati, l’alternanza argilloso-arenacea cretacea di Colle della Cappella presso Nocara. Dal punto di vista litologico si tratta sempre di alternanze più o meno regolari di arenarie spesso gradate, in strati da pochi centimetri a diversi metri, e di argille marnose, marne argillose e marne, con prevalenza della componente arenacea rispetto a quella pelitica. Mostrano frequenti variazioni laterali di facies, sia a piccola che a grande scala, che determinano sia assottigliamento e scomparsa dei livelli arenacei che infittimento delle alternanze argilloso-arenacee. A questo complesso sono state assimilate anche le alternanze prevalentemente argillosomarnose di età cretacica inferiore della Formazione del Frido e della Formazione delle Crete Nere, costituite da sottili strati di argille, argilliti, marne più o meno argillose e siltose, argilloscisti con rare intercalazioni di calcari, calcareniti e arenarie quarzose in strati per lo più decimetrici. Comprende inoltre le arenarie quarzose grigio-giallastre ben cementate con sottili intercalazioni argillose del Flysch Numidico, affioranti presso Rocca Imperiale, nonché le rocce silicee compatte fittamente stratificate (diaspri rosso violacei con sottili intercalazioni di argilliti e di marne silicifere) di Timpa delle Murge di età cretacica. La permeabilità per fessurazione è complessivamente bassa, con modesto increment locale per intensa fratturazione tettonica dei termini arenacei. G.1.1.6 Complesso delle rocce ignee e metamorfiche a tessitura massiccia Comprende le rocce metamorfiche a tessitura massiccia rappresentate da gneiss e gneiss occhiadini, gneiss biotitici e scisti biotitici grossolani, gneiss granitoidi e anfiboliti plagioclasiche, nonché da Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 8 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria scisti biotitici talora gneissici con vene pegmatitiche. Questi litotipi sono tipici della falda dell’Aspromonte del Complesso calabride e affiorano nella Sila, nelle Serre e nell’Aspromonte. Alla stessa falda appartengono rocce intrusive a struttura granulare e chimismo acido, quali graniti con muscovite e biotite, dioriti, pegmatiti e graniti localmente migmatitici. Si tratta di rocce di aspetto massiccio con resistenza all’erosione variabile soprattutto in relazione con il grado di fratturazione che comporta spesso fasce cataclastiche o milonitizzate di spessore fino a 30-50 m, localmente ridotte in minuti frammenti oppure ad ammassi di consistenza sabbioso-argillosa. Al complesso in questione sono assimilate anche rocce magmatiche basiche ed ultrabasiche, più o meno metamorfosate e variamente alterate, quali serpentine, diabasi, gabbri anfibolici, porfiriti, scisti verdi, riferibili al Complesso liguride. Sono ben rappresentate al confine calabro-lucano, in stretta connessione con le rocce argillose dello stesso complesso, e lungo la catena costiera fino alla stretta di Catanzaro. La permeabilità primaria della roccia inalterata è nulla; quella secondaria per fratturazione è generalmente bassa, potendo però risultare più accentuata nelle parti superficiali alterate e decompresse degli ammassi. G.1.1.7 Complesso delle rocce metamorfiche a tessitura scistosa Comprende filladi, scisti cloritico-sericitici con intercalazioni di calcari cristallini e di quarziti, scisti quarzoso-feldspatici, scisti filladici, argilloscisti con intercalazioni di quarziti, appartenenti alla Formazione del Frido. Questi litotipi sono rappresentati in tutta la regione, affiorando a sud del Pollino lungo la catena costiera all’incirca fino a Paola. Costituiscono il basamento cristallino premesozoico delle varie falde del Complesso calabride. La permeabilità per fessurazione è complessivamente da bassa a molto bassa in relazione allo stato di alterazione spinta e di tettonizzazione. G.1.1.8 Complesso calcareo-dolomitico Appartengono a tale complesso rocce calcaree massicce o stratificate in grossi banchi affioranti principalmente nella dorsale del M. Pollino, al confine con la Basilicata. Si tratta di calcari massicci o stratificati in grossi banchi con struttura da oolitica a micritica, talora con intercalazioni di calcari dolomitici e di dolomie nerastre. Hanno spessore di diverse centinaia di metri e fanno frequentemente passaggio laterale verso termini dolomitici e calcareo-dolomitici in grossi ammassi. Sono altresì compresi calcari in strati sottili e medi, da pochi centimetri fino a qualche decimetro, localmente con intercalazioni marnose e subordinatamente argillose, nonché fitte alternanze di calcilutiti e di calcareniti con noduli e lenti di selce, di spessore fino al centinaio di metri. La permeabilità primaria è bassa o nulla, mentre la permeabilità secondaria è generalmente elevata, sia per il forte stato di fratturazione e tettonizzazione della roccia, sia per processi di soluzione. Al Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 9 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria presente complesso sono anche assimilate le potenti formazioni dolomitiche e calcareo-dolomitiche di età triassica, caratterizzate da stratificazione indistinta o in banchi di 3-5 m di spessore. Si tratta di dolomie cristalline biancastre o grigie con tipica struttura cataclastica nella parte inferiore a contatto con le formazioni sottostanti. Affiorano estesamente nella catena del Pollino e nell’intero gruppo montuoso che costituisce la parte settentrionale della catena costiera. La permeabilità primaria è in genere bassa; la permeabilità secondaria per fratturazione è media. G.2 I COMPLESSI ACQUIFERI In base alle caratteristiche geologico-strutturali e di permeabilità dei terreni prima descritte, nel territorio regionale si individuano acquiferi con differenti caratteristiche e diverso significato idrogeologico relativamente alla capacità produttiva. In base alle caratteristiche intrinseche delle formazioni si riconoscono acquiferi permeabili per porosità, per fessurazione, per carsismo e di tipo misto. Relativamente alla capacità produttiva si hanno acquiferi che per dimensioni e grado di permeabilità consentono l’immagazzinamento di elevati volumi di risorse idriche ed acquiferi che non avendo dette caratteristiche sono considerati di scarso interesse idrogeologico. Nell’ambito dei complessi prima identificati, quelli maggiormente dotati dei requisiti anzidetti sono il Complesso dei depositi detritici recenti, il Complesso conglomeratico-sabbioso-argilloso ed il Complesso calcareo-dolomitico. In seno a detti complessi si riscontrano tuttavia delle differenze di comportamento, le quali non pregiudicano il significato idrogeologico dei relativi acquiferi, i quali mantengono caratteristiche tali da distinguersi chiaramente dai termini formazionali assimilati agli altri complessi. Tra i depositi detritici recenti, gli acquiferi alluvionali di fondo valle dei principali corsi d’acqua e delle pianure costiere costituiscono il tema idrogeologico di maggiore interesse dell’intera regione per volumi di risorse immagazzinate e per favorevoli condizioni logistiche e quindi di sfruttamento. Lo dimostra il gran numero di pozzi esistenti e che nel tempo si sono moltiplicati in modo eccessivo, tale da determinare situazioni di sovrasfruttamento e conseguentemente di deterioramento qualitativo delle acque sotterranee. Si tratta di acquiferi porosi caratterizzati da valori medi di permeabilità sull’ordine di 10- 3 - 10-5 m/s, con valori localmente più alti (10-2 - 10-4 m/s) in presenza di termini ghiaioso-sabbiosi e valori più bassi (10-4 - 10-6 m/s) in corrispondenza dei depositi costituiti prevalentemente da sabbie fini e argille o limi, caratteristici dei materiali semipermeabili. I valori della porosità efficace variano dal 5% al 20% in relazione alla granulometria prevalente. A questi depositi si aggiungono i livelli conglomeratici dei vari ordini di terrazzi marini e fluviali dove la permeabilità è da media a bassa Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 10 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria per la presenza di abbondante matrice sabbioso-siltosa. Diversamente si comportano i depositi sabbioso-limosi fluvio-lacustri in cui la permeabilità diminuisce notevolmente. I depositi conglomeratico-sabbiosi costituiscono in alcune aree un tema idrogeologico di sicuro interesse in relazione sia alla permeabilità che al consistente spessore che li caratterizza. Si tratta infatti di acquiferi contenenti apprezzabili risorse idriche solo in parte oggetto di sfruttamento. Condizioni del genere si riscontrano nei depositi di ghiaie di Lauropoli e di Altomonte, nonché nella Formazione di Oriolo. Tra le formazioni caratterizzate da permeabilità per fessurazione, valori elevati della permeabilità si riconoscono in gran parte del complesso calcareo-dolomitico dei massicci settentrionali. All’interno della rete acquifera originata dalla tettonica si sviluppa infatti un’attiva circolazione idrica che alimenta le importanti manifestazioni sorgentizie del versante settentrionale, localizzate in territorio lucano, e quelle del versante meridionale, localizzate in territorio calabro. Il sistema di faglie che interessa le formazioni del complesso in questione condiziona detta circolazione idrica, il cui schema si articola in tre principali sub-strutture idrogeologiche con direzioni di deflusso delle acque sia verso nord che verso sud. Le falde di maggiore potenzialità, presenti negli acquiferi prima descritti, sono localizzate nelle aree con maggiore estensione e spessore dei depositi alluvionali e conglomeratico-sabbiosi delle pianure e delle fasce costiere dei versanti tirrenico e ionico e nelle aree di affioramento dei termini calcareodolomitici al confine calabro-lucano. Lungo il versante tirrenico, le falde più estese e di maggiore potenzialità sono presenti nei depositi alluvionali della fascia costiera di Reggio Calabria - Villa S. Giovanni e delle pianure di Gioia Tauro - Rosarno, S. Eufemia e F. Lao. Esse si estendono a monte lungo le valli dei corsi d’acqua che solcano dette pianure, risultando alimentate principalmente dai deflussi superficiali e sotterranei provenienti dai retrostanti sistemi collinari e montuosi. Si tratta di falde libere o semiconfinate, con direzione dei deflussi diversamente orientati ma tendenti ad ovest, sostenute da formazioni argillose e arenacee a ridotta permeabilità. In alcune aree le falde sono semiconfinate da termini francamente argillosi, come dimostrano le apprezzabili risalienze del livello idrico riscontrate nei pozzi di maggiore profondità. I valori del gradiente idraulico sono generalmente più alti (fino al 2%) in corrispondenza delle valli incise in terreni a litologia diversa e si riducono rapidamente in corrispondenza delle zone pianeggianti (0,5 - 0,2 %). La potenzialità delle falde è complessivamente alta in relazione alla permeabilità dei depositi ed allo spessore degli acquiferi, che frequentemente è sull’ordine dei 30 50 m, ma può raggiungere il centinaio di metri nel caso di acquiferi compartimentati, costituiti da depositi alluvionali poggianti su sedimenti ghiaioso-sabbiosi di età recente. Le falde contenute in questi ultimi terreni, dotati di permeabilità medio-alta, costituiscono in alcuni settori del versante Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 11 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria tirrenico, come anche nel versante ionico, un’importante risorsa idrica sotterranea che si aggiunge a quella contenuta nei depositi alluvionali di fondo valle. Un esempio è rappresentato dall’acquifero sabbioso-ghiaioso pleistocenico, di spessore rilevante, che contiene una falda in parte semiconfinata per presenza di frequenti intercalazioni argillose ed in parte confinata da più spessi e continui livelli di argille facenti parte della stessa formazione. Le direzioni di deflusso delle acque sotterranee tendono verso la pianura, andando ad incrementare le risorse contenute nella potente successione dei depositi detritici. All’estremo nord del versante, la pianura del F. Lao e le contigue vallate con depositi alluvionali che raggiungono spessori fino a 100 m sono sede di falde di apprezzabile potenzialità, alimentate dai deflussi superficiali e sotterranei provenienti dai rilievi carbonatici presenti a monte. Le falde hanno direzione NE-SW con gradiente idraulico elevato nelle valli e più contenuto nella zona pianeggiante. Nel versante ionico le falde di maggiore interesse si collocano nel bacino del F. Crati, nel tratto a monte della stretta di Tarsia, dove l’estesa conoide del F. Mucone da origine ad un consistente deposito detritico, e principalmente a nord, dove il corso d’acqua si immette nell’ampia depressione di Sibari, nella quale convergono anche i deflussi provenienti dai massicci carbonatici del gruppo del Pollino. Le falde sono alimentate da un esteso bacino che si spinge a sud fino a Cosenza e a nord fino al limite della regione ed in cui affiorano terreni di varia natura. Parte di questi terreni con permeabilità da media a bassa restituiscono le acque di infiltrazione sotto forma diffusa o attraverso numerose piccole sorgenti che complessivamente rappresentano apprezzabili volumi i quali incrementano il deflusso in subalveo dei principali corsi d’acqua. Nel settore occidentale un alto contributo al deflusso superficiale e sotterraneo che perviene alla pianura alluvionale è rappresentato dalle acque di grosse sorgenti che scaturiscono a monte dai terreni carbonatici. L’estensione ed il consistente spessore dei depositi detritici presenti nella depressione di Sibari, unitamente alla predetta alimentazione, determinano l’esistenza di un importante serbatoio naturale di acque sotterranee. La falda della pianura è in parte libera ed in parte confinata per la presenza di interstrati argilloso-limosi che ne limitano la potenzialità. I deflussi sotterranei, individuati dall’andamento della superficie piezometrica, si dirigono verso il centro della pianura e la costa orientale, provenendo da nord-ovest e da sudovest, con valori del gradiente idraulico dell’1,5% nelle zone periferiche e dello 0,5% in prossimità della costa. Le formazioni costituenti gli altri complessi, di cui non si è fatto cenno nella precedente descrizione e la cui distribuzione nel territorio regionale si può desumere dall’allegata carta idrogeologica, non contengono falde estese ma soltanto livelli acquiferi di estensione e spessore limitato, generalmente di significato strettamente locale. Ciò dipende dalla litologia di tali formazioni e dalle loro caratteristiche strutturali che condizionano sia l’infiltrazione delle acque meteoriche che la Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 12 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria circolazione al loro interno, la quale risulta discontinua e frazionata. Si tratta delle alternanze di termini litologici diversi, parte dotati di un certo grado, seppur modesto, di permeabilità e parte praticamente impermeabili. Talora l’accentuata tettonizzazione favorisce un aumento della permeabilità dei termini lapidei dai quali scaturiscono sorgenti con portata modesta e strettamente dipendente dalle precipitazioni. Tale comportamento è tipico anche dei massicci cristallini ai quali è collegato un alto numero di piccole sorgenti, la maggior parte di scarso interesse per i motivi anzidetti. G.2.1 CARATTERISTICHE IDRODINAMICHE Sulla base dei dati contenuti in studi precedenti e derivanti da prove di emungimento a portata costante su un ristretto numero di pozzi localizzati nelle aree occupate dai depositi alluvionali, la trasmissività di questi depositi risulta sull’ordine di 10-2 - 10-3 m2/s, con una certa variabilità dovuta sia alla granulometria prevalente che allo spessore. A questi valori fanno riscontro quelli del coefficiente di permeabilità sull’ordine di 10-3 - 10-5 m/s. La porosità efficace (Specific yield) viene valutata sull’ordine del 4% - 6%. Per quanto riguarda i sedimenti sabbioso-conglomeratici, i pochi dati di prove di emungimento disponibili permettono di attribuire loro un valore medio di trasmissività di 10-1 - 10-2 m2/s, a cui fa riscontro un valore medio del coefficiente di permeabilità di 10-2 - 10-4 m/s. In questo caso sulla variabilità dei valori di trasmissività incide lo spessore dei depositi, diverso da un’area all’altra, ma anche nell’ambito di una stessa area, in relazione alla posizione dei depositi. La permeabilità dei terreni cristallini, ai quali si attribuisce uno scarso significato idrogeologico per le discontinue condizioni di permeabilità, dipendenti dallo stato di fratturazione e alterazione delle rocce, può ritenersi, in via del tutto indicativa, sull’ordine di 10-6 - 10-8 m/s, con valori ancora più bassi (10-8 10-9 m/s) nel caso di rocce compatte poco fessurate. In maniera opposta sono da considerare gli ammassi carbonatici fessurati e carsificati, nei quali la permeabilità e la trasmissività assumono valori decisamente elevati, in relazione alle modalità di circolazione idrica sotterranea ed allo spessore degli ammassi, come dimostrano le notevoli portate delle manifestazioni sorgentizie. G.2.2 ALIMENTAZIONE E DEFLUSSO L’alimentazione delle falde contenute nei depositi alluvionali delle pianure costiere e del fondo valle dei maggiori corsi d’acqua è costituita essenzialmente dall’infiltrazione di un’aliquota delle acque di deflusso superficiale e di una percentuale delle precipitazioni dirette sulle aree di affioramento dei depositi, rappresentata dalla pioggia efficace. La percentuale di acque meteoriche che si infiltra nelle altre formazioni più o meno permeabili affioranti nei bacini viene restituita sotto forma di numerose sorgenti con portata diversa, le cui acque, qualora non captate, vanno ad Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 13 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria alimentare il deflusso superficiale e quindi parzialmente anche quello sotterraneo. Il primo è decisamente prevalente nel periodo dell’anno in cui si hanno le precipitazioni più abbondanti e tende progressivamente a diminuire nel periodo asciutto fino ad esaurirsi; il secondo è invece permanente durante l’anno, con variazioni generalmente contenute in assenza di prelievi dal subalveo. In particolare, nei bacini in cui ricadono gli acquiferi di maggiore interesse si distinguono due diverse condizioni. Nelle zone montane e collinari le acque che si infiltrano nelle formazioni più o meno permeabili affioranti sono interamente drenate dalla rete idrografica. Lungo le valli, nei tratti medio-terminali con presenza di depositi alluvionali consistenti, si hanno invece continui interscambi tra deflussi superficiali e sotterranei, per cui i corsi d’acqua possono sia drenare che alimentare le falde. Ciò si verifica anche in corrispondenza delle aree subpianeggianti dove gli alvei incidono i depositi permeabili, esercitando più frequentemente un’azione di drenaggio delle falde. Gli apporti idrici alle pianure costiere, derivanti dai bacini a monte, sono costituiti pertanto dai deflussi superficiali e sotterranei dei corsi d’acqua, ai quali contribuiscono le sorgenti non captate. Ai volumi idrici rappresentati da tali apporti si aggiungono quelli costituiti dall’infiltrazione di una percentuale delle precipitazioni dirette sulle aree pianeggianti. Tali apporti variano nel corso dell’anno, essendo maggiori nel semestre autunno-inverno e minori nel semestre primavera-estate. G.2.3 SORGENTI Nel territorio regionale le sorgenti raggiungono nel loro complesso un numero decisamente elevato; nella maggior parte dei casi si tratta però di manifestazioni caratterizzate da portate basse e con elevata variabilità essendo direttamente dipendenti dalle precipitazioni meteoriche. In relazione alle condizioni climatiche, un alto numero di sorgenti si estingue o riduce considerevolmente la portata per diversi mesi dell’anno. La maggiore piovosità si ha lungo la dorsale appenninica, mentre minimi di piovosità si riscontrano lungo i litorali e negli estesi bacini pleistocenici. La maggiore quantità di precipitazioni si verifica dall’autunno alla primavera, con massimi in dicembre, spesso sotto forma di eventi di breve durata e notevole intensità, concentrate in pochi giorni e con massimi giornalieri elevati. Nelle aree di affioramento delle rocce cristalline le manifestazioni sorgentizie, anche se numerose, risultano in genere di modesta portata. Quelle di maggior rilievo ricadono nel comune di Corigliano Calabro e in destra del T. Macrocioli, queste ultime costituite da quattro grosse scaturigini alla base di una massa granitica profondamente alterata. Numerose sorgenti sono anche presenti nel bacino del F. Crati e nei bacini dei fiumi Mesina e Petrace. L’area con presenza di sorgenti importanti per entità di portata e persistenza nel corso dell’anno è quella del bacino del Lao, dove affiorano Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 14 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria estesamente potenti formazioni carbonatiche. La presenza di sorgenti perenni con portata cospicua è qui dovuta, oltre che alle favorevoli condizioni litostrutturali, all’elevata piovosità della zona (media annua superiore ai 2000 mm). L’entità del deflusso sorgentizio dell’intera regione è stimato in 340 x 106 m3/anno, dei quali circa 110 x 106 m3/anno in periodo di magra. La loro distribuzione nel territorio è alquanto diversa in relazione all’orografia: il maggior numero (27%) ricade tra i 300 ed i 600 m, ma cospicuo è pure il numero di sorgenti tra i 600 ed i 900 m, mentre solo nell’area dei bacini dei fiumi Neto, Tacina, Simeri, Albi e Fiumarella di Catanzaro, con foce al litorale ionico, il maggior numero di sorgenti ricade tra i 1200 ed i 1500 m. La temperatura delle acque sorgentizie è in genere fredda; le sorgenti calde rappresentano soltanto l’1% circa del totale. Le sorgenti di grossa portata, connesse a formazioni calcaree, mostrano una temperatura diversa da quella media annua dell’atmosfera, il che dimostra l’esistenza di circuiti idrologici profondi. Le acque sorgentizie captate mediante opere di presa sono in prevalenza utilizzate per l’approvvigionamento idrico dei centri abitati e solo in parte per usi irrigui, specialmente nel bacino del F. Crati. Sorgenti minerali e termominerali, fra le quali sono da ricordare quelle sulfuree collegate ai terreni evaporitici, sono utilizzate in stabilimenti termali. G.2.4 POZZI Degli apporti alle falde, una percentuale viene prelevata da un consistente numero di pozzi, in massima parte finalizzati all’uso irriguo, ed una percentuale defluisce in mare. I volumi prelevati dalle falde sono diversi nell’arco dell’anno per quanto riguarda l’utilizzazione agricola, mentre sono pressoché costanti nel caso delle opere di captazione finalizzate all’uso idropotabile e industriale. Ai fini della valutazione di questi volumi, in mancanza di dati completi e attendibili sulle portate singolarmente prelevate, viene considerato un esercizio delle opere di ventiquattro ore al giorno durante l’intero anno per l’uso idropotabile delle acque, di otto ore al giorno durante l’intero anno per l’uso industriale, di 1050 ore durante la stagione estiva per l’uso agricolo. In quest’ultimo caso, data la difficoltà di individuare tutti i pozzi esistenti e di determinare i volumi realmente prelevati a causa dell’elevato numero di essi, molti dei quali abusivi, una valutazione più realistica deriva dalla verifica delle superfici interessate da colture irrigue, talora a carattere intensivo, considerando una dotazione in acqua per ettaro diversa per tipo di coltura praticata e per tecnica di irrigazione. Elementi per tale verifica sono desunti da fonti INEA e dal Progetto SIGRIA, oltre che da Enti pubblici della Regione Calabria. In base ai dati riportati nel rapporto dell’Assessorato Regionale all’Ambiente e Beni Ambientali, Tutela delle Coste, Parchi ed Aree Protette (novembre 2002) risulta che già nel 1976 erano stati censiti nelle fasce costiere oltre 6000 opere di captazione. In particolare, sul versante tirrenico si Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 15 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria aveva l’esistenza di oltre 3500 pozzi ed altre migliaia di pozzi interessavano gli acquiferi del versante ionico, ed in particolare l’area del bacino del F. Crati e della pianura alluvionale di Sibari. Nel successivo ventennio il numero dei pozzi si è notevolmente incrementato, raggiungendo attualmente la cifra di 13.800 circa con riferimento ai pozzi regolarmente denunciati; sconosciuto è però il numero dei pozzi abusivi che certamente esistono e verosimilmente non sono in numero trascurabile. Dei pozzi denunciati, la maggior parte (13.225), è costituita da opere utilizzate per scopi agricoli ed un minor numero (alcune centinaia) è rappresentato da opere gestite da Enti pubblici (comuni, regione) o da privati e finalizzati principalmente a scopi idropotabili. La maggior parte di queste opere, di capacità produttiva molto diversa in relazione alla permeabilità degli acquiferi interessati ed alla profondità raggiunta con gli scavi, sono concentrati nelle pianure costiere dove determinano, con il loro esercizio, forti depressioni della superficie piezometrica, principalmente nei periodi asciutti, accentuando il processo di intrusione salina nell’entroterra. I Bacini idrogeologici individuati in questo studio idrogeologico, finalizzato alla redazione del Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria, sono stati sei: 1. Bacino Idrogeologico di Sibari 2. Bacino Idrogeologico del fiume Lao. 3. Bacino Idrogeologico di Lamezia Terme 4. Bacino Idrogeologico di Gioia Tauro 5. Bacino Idrogeologico di Reggio Calabria 6. Bacino Idrogeologico di Crotone Di seguito si riporta la mappa dei 6 bacini idrogeologici delimitati rispetto ai 32 bacini imbriferi superficiali. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 16 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Distribuzione spaziale dei 6 bacini idrogeologici rispetto ai 32 bacini imbriferi superficiali Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 17 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.3 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI SIBARI Sibari, famosa colonia della Magna Grecia, fu fondata tra il 709 ed il 720 a.C. tra il fiume Crati ed il Coscile, al centro di una fertile area di pianura. La leggenda narra che nel 510 a.C. i Crotoniati, dopo aver sconfitto i sibariti sul fiume Trionto, deviarono il corso del Crati sulle rovine della città. Successivamente, nel 444 a.C., si ebbe la ricostruzione della Sibari ellenistica, detta Thurii, e poi, nel 193 a.C. fu estesa e chiamata Copia dai Romani. Tra le cause storiche che hanno determinato la scomparsa di questa antica città, sono da annoverare certamente i processi geologici, quali l'innalzamento del livello del mare, il sovralluvionamento nonché processi e movimenti neotettonici. La Piana di Sibari è circondata da un anfiteatro montuoso costituito a Nord, da rocce calcareodolomitiche mesozoiche e da terreni flyschiodi mesozoico-terziari appartenenti al gruppo del Pollino, a Sud, invece, dalle rocce cristalline e metamorfiche paleozoiche della Catena costiera della Sila; ad Ovest, dai depositi plio-pleistocenici marini e continentali, argilloso-sabbiosi e conglomeratici dell'area Cassano-Doria. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 18 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Bacino idrogeologico nell’area di Sibari Nella Piana sfociano vari corsi d'acqua con trasporto solido molto elevato, alimentato soprattutto dai corpi delle frane attive nei terreni flyschiodi affioranti nei bacini montani, veicolati attraverso le piene che nel passato hanno avuto caratteri eccezionali. Tali eventi hanno prodotto un notevole Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 19 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria sovralluvionamento dei corsi d'acqua per l'improvvisa perdita della loro capacità di trasporto, passando dalle aree montane a quelle di pianura. Complessi acquiferi nell’area di Sibari L'area in questione è costituita da una serie di depositi continentali, in particolare alluvionali derivanti dai conoidi, dello spessore di circa 150 metri in prossimità della costa, che risultano essere permeabili per porosità di interstizi e che risultano essere poggianti su sedimenti di origine marina che risultano essere praticamente impermeabili. Su tale basamento prepliocenico, poggiano terreni Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 20 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria trasgressivi santerniani, costituiti da conglomerati passanti verso l'alto da argille grigio-azzurre, con intercalazioni più o meno frequenti di livelli sabbiosi e conglomeratici. L'ambiente della Sibaritide risulta essere una zona retrodunale di tipo palustre-lagunare. Altri elementi geomorfologici della Piana sono rappresentati dai conoidi di deiezione fossili, che hanno comportato una visibile pensilità degli alvei provocando l'inalveamento delle aste terminali. Numerosi sono i coni di deiezione fossili affioranti e sepolti che i corsi d'acqua hanno formato nella Piana; il più importante, sia per dimensioni sia per forma è certamente quello del torrente Raganello, nella parte più a Nord dell'area. L'elemento cono di deiezione è da annoverarsi tra quegli elementi geomorfologici caratteristici per la determinazione di zone tettonicamente attive. Tuttavia, è possibile distinguere due distretti tettonici differenti: quelli appartenenti ai coni di deiezione in cui il deposito avviene in prossimità della zona montuosa, e quelli la cui area di deposizione avviene verso la pianura. Nella Piana di Sibari, si ha una tendenza alla deposizione nella parte inferiore dei coni, con conseguente incisione degli stessi da parte dei corsi d'acqua; naturalmente questo denota un processo di instabilità tra la zona di monte e quella di valle della Piana . Limitandosi ad una estensione di tipo verticale, fino ad una profondità di circa 100 metri al di sotto della Piana, si può affermare che gli acquiferi più importanti sono rappresentati da livelli ghiaioso-sabbiosi intercalati nelle argille grigio-azzurre di origine marina, rappresentanti le pulsazioni tettoniche dei cicli sedimentari e dai depositi sabbiosi e ghiaioso-sabbiosi di riempimento delle paleovalli presenti. Tali depositi risultano essere intercalati a livelli argilloso-limosi impermeabili che costituiscono condizioni per cui le falde acquifere si portino in pressione. Nell'intera Piana di Sibari lo spessore dei depositi alluvionali si aggira attorno ai venti metri, e presenta una struttura del tipo conoide di deiezione, come si evince dall'andamento delle isopieziche; mentre lo spessore dei depositi continentali, come si è detto già in precedenza, si aggira attorno ai 120 metri in prossimità della costa, il cui basamento, essendo costituito da terreni pre-plioceni risulta essere praticamente impermeabile. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 21 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Geologia dell’acquifero di Sibari La superficie piezometrica dei livelli profondi, rilevata nel 1974, risulta avere l'andamento tipico di un conoide che si estende dal punto di sbocco del torrente Raganello fino al mare. Le linee di maggiore deflusso hanno un andamento NO-SE, mentre l'artesianità delle acque, in vicinanza della costa, legata alla presenza di formazioni argillose lenticolari, è di soli circa 1.0-1.5 m sul piano campagna. La discarica naturale delle acque sotterranee ha luogo in gran parte attraverso Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 22 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria impaludamenti che risultano essere presenti nella zona e che sono attualmente bonificati da una rete di canali. Dalle analisi del contenuto naturale del tritio, effettuate nel 1974, si sono potute formulare delle ipotesi sulla circolazione idrica sotterranea, nonché sui tempi di permanenza nel sottosuolo. Le aree a scarsa circolazione idrica sono fortemente mineralizzate, ovvero si può rinvenire in esse, notevoli quantitativi di H2S, S, CO2, CH4 e di cloruri. Ne deriva che le acque sotterranee subiscono una forte evoluzione nel loro chimismo, partendo dai bordi nord-occidentali fino alla costa. Le zone caratterizzate da circolazione idrica più attiva contengono acque con scarsi valori di cloruri e di salinità, che in questi casi risulta essere variabile tra 0.3 e 0.6 g/l; le acque invece, aventi una circolazione nulla, sono caratterizzate da grossi quantitativi di CO2 e di H2S, oppure di cloruri e di CH4. Dall'analisi effettuata, seppur datata, in quanto risalente al 1974, si è potuto osservare che le aree mineralizzate ad H2S, risultano essere numerose anche se poco estese, mentre il contenuto di metano è di gran lunga più rilevante ed in fascia ben più estesa nella zona compresa tra il fiume Crati ed il Coscile. La presenza di H2S, CO2 e di CH4 è legata alla riduzione di sostanze organiche contenute nei sedimenti, mentre, secondo tesi avvalorate da studi di carattere geologico, le acque salmastre potrebbero rappresentare il prodotto del miscelamento di acque vadose con fossili di origine marina. In ciascun caso, dai valori nulli rinvenuti del tritio, si può affermare che le acque hanno soggiornato per lunghi anni nell'acquifero (Guerricchio, 1976). Per quanto riguarda l'aspetto pluviometrico, è noto che la Piana di Sibari rappresenta, una delle area più siccitose della Calabria, con una media di 550 mm di pioggia annui, contro i circa 1500 mm dell'intera regione; valori che risultano essere diminuiti in riferimento al periodo 1999-2000, il che è indice di un evidente processo di siccità in atto. Gli scarsi apporti idrometeorici della zona non hanno pertanto importanza per quanto riguarda l'alimentazione delle falde acquifere, anche perché l'area attraverso la quale le acque potrebbero infiltrarsi è limitata al solo bordo nord-occidentale della Piana stessa. Lungo la valle del F. Crati, delimitata da rilievi montuosi costituiti da terreni sedimentari di varia età e da rocce metamorfiche e plutoniche, affiora, in posizione trasgressiva sui predetti terreni, una successione di termini argillosi, sabbiosi e conglomeratici di età plio-pleistocenica, costituente un ciclo sedimentario. A questi si sovrappongono in maniera discontinua depositi alluvionali antichi e recenti ed ampie conoidi localizzate allo sbocco dei principali affluenti. Nell’ambito di detta successione i termini sabbiosi infrapleistocenici di spessore consistente rappresentano un acquifero di interesse, sebbene dotati di permeabilità ridotta per i frequenti passaggi eteropici ad argille marnose. Essi sono sede di una falda in parte libera ed in parte semiconfinata unitamente ai depositi alluvionali di fondo valle del F. Crati. Oltre a numerose Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 23 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria sorgenti con portata in gran parte modesta, scaturenti dai vari termini della successione, la falda contenuta nell’acquifero è sfruttata mediante un gran numero di pozzi con produttività sempre modesta (sull’ordine di 1 l/s ed anche inferiore) e diverse perforazioni la cui produttività è leggermente più alta. I prelievi sono complessivamente limitati e risultano più frequenti nelle zone topograficamente depresse. Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Sibari Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 24 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria I depositi alluvionali recenti, di spessore variabile fra 10 - 15 m a monte della confluenza del F. Mucone nel F. Crati e sull’ordine di 20 - 30 m a valle di quest’ultima, sono in stretta relazione idraulica con i depositi terrazzati presenti ai margini degli alvei con spessori di 10 - 40 m, oltre che con le acque superficiali. La falda contenuta in tali depositi defluisce parallelamente al corso d’acqua principale, essendo drenata da quest’ultimo come dimostra la morfologia della superficie piezometrica. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 25 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.4 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DEL FIUME LAO La ristretta piana costiera, localizzata lungo un tratto di costa tirrenica nella parte più settentrionale della regione e attraversata dai fiumi Lao e Abatemarco, è sede di un acquifero alluvionale dotato di permeabilità media e di consistente spessore. L’acquifero è delimitato su quasi tutti i lati da terreni scarsamente permeabili, tranne per un tratto nel settore meridionale in cui i depositi alluvionali sono a contatto con rocce carbonatiche, nelle quali si addentra la valle del F. Abatemarco. Bacino idrogeologico nell’area del Lao Affioramenti di termini calcareo dolomitici sono invece estesamente rappresentati nelle aree montane a nord della pianura e risultano incisi dal tratto montano della valle del F. Lao. Depositi alluvionali estesi e di consistente spessore sono presenti sul fondo valle per circa 6 Km a monte della pianura, delimitati da affioramenti sabbioso-conglomeratici pleistocenici. La falda contenuta Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 26 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria nei depositi alluvionali, alimentata dai deflussi superficiali derivanti principalmente dai versanti settentrionali del bacino dove affiorano i terreni carbonatici e dai quali scaturiscono sorgenti di portata consistente, defluisce verso la costa con valori del gradiente idraulico dell’ordine dell’1% lungo la valle del F. Lao e dello 0,3% nell’area pianeggiante. Complessi acquiferi nell’area del Lao La ricarica, oltre che dalle precipitazioni meteoriche dirette, è costituita quindi principalmente dai deflussi superficiali, alimentati dalle acque sorgentizie che si riversano nell’alveo del F. Lao. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 27 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Geologia dell’acquifero del Lao Parte dei deflussi si infiltrano nelle alluvioni di fondo valle, costituendo una falda di subalveo che a valle confluisce in quella più estesa presente nei depositi dell’area pianeggiante. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 28 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino del Lao I prelievi dalla falda sono consistenti e vengono effettuati mediante alcune centinaia di pozzi poco profondi (3 - 20 m) con portata modeste (1 - 3 l/s) ed un minor numero di perforazioni profonde da 15 m ad oltre 100 m con portata generalmente non superiore ai 20 l/s. In conseguenza dell’alto volume di prelievi effettuato nel periodo asciutto, nell’area pianeggiante prossima alla linea di costa si determina la penetrazione del cuneo salino nell’acquifero, fino ad una distanza dal litorale di alcune centinaia di metri. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 29 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.5 CARATTERIZZAZIONE TERME IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI LAMEZIA La vasta pianura solcata dal F. Amato e da altri corsi d’acqua minori è costituita da depositi alluvionali recenti e attuali che occupano una superficie di oltre 200 km2; essa è delimitata nell’entroterra da rilievi collinari e montuosi di altitudine fino a circa 1000 m, costituiti da terreni di varia natura (sedimentari, metamorfici e plutonici) e di diversa età, con differenti caratteristiche idrogeologiche. Rispetto a questi terreni, i depositi alluvionali ed i termini sabbioso-conglomeratici infrapleistocenici rivestono maggiore interesse idrogeologico, analogamente a quanto descritto per l’area di Gioia Tauro - Rosarno. Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Lamezia Terme Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 30 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria L’insieme dei depositi alluvionali della pianura, dei fondi valle dei corsi d’acqua e dei terrazzi pedemontani, unitamente alle sabbie dunari presenti lungo la costa, costituisce un acquifero di spessore variabile dai 20 - 30 m lungo le valli ai 50 - 100 m in corrispondenza della pianura ed in prossimità del litorale. L’articolazione della superficie piezometrica mette in evidenza un deflusso della falda convergente verso la costa, con valori del gradiente idraulico relativamente elevati lungo la valle del F. Amato (1,5% - 0,6%) e decisamente più bassi nell’area pianeggiante (0,4 - 0,2%). Complessi acquiferi nell’area di Lamezia Terme Ai margini dei depositi terrazzati e lungo la valle del F. Amato scaturiscono importanti sorgenti, indicative del drenaggio della falda contenuta nei depositi clastici più grossolani da parte del corso d’acqua. La falda nel suo insieme è sfruttata mediante numerosi pozzi scavati di limitata profondità (5 - 30 m) e perforazioni di profondità variabile da 80 - 100 m ad un massimo di oltre 300 m; i Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 31 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria pozzi più profondi interessano, oltre che i depositi alluvionali, i sottostanti termini del complesso sabbioso-conglomeratico. La portata dei pozzi scavati è sull’ordine di qualche l/s, mentre quella delle perforazioni più profonde è variabile da pochi l/s ad oltre 50 l/s. Geologia dell’acquifero di Lamezia Terme La qualità dell’acqua prelevata dai pozzi indica l’esistenza di un processo di deterioramento per intrusione salina fino a circa 1 km dal litorale, conseguenza dei consistenti prelievi in atto principalmente per scopi irrigui. A ciò ha contribuito la captazione di numerose sorgenti, le quali in precedenza alimentavano costantemente il deflusso di subalveo dei corsi d’acqua. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 32 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Lamezia Terme Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 33 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.6 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI GIOIA TAURO L’area pianeggiante che si sviluppa tra Gioia Tauro e Rosarno è sede di consistenti depositi alluvionali che si estendono sui fondi valle dei principali corsi d’acqua e sulle colline circostanti sotto forma di depositi terrazzati. Le alluvioni di fondo valle e della pianura costiera hanno composizione granulometrica prevalentemente sabbioso-limosa e quindi nel complesso scarsamente permeabili, ma dotate di consistente spessore, variabile fra un minimo di 20 - 30 m ed oltre 100 m allo sbocco del F. Mesima. Caratteristiche diverse presentano i depositi terrazzati in cui prevalgono sabbie e ciottoli, il cui spessore varia tra 20 e 40 m nella parte settentrionale e tra 40 - 60 m in quella meridionale. Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Gioia Tauro Nelle zone collinari che bordano la pianura sono inoltre estesamente rappresentati i termini del complesso sabbioso-conglomeratico infrapleistocenico, caratterizzato da permeabilità medio-bassa Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 34 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria per la presenza di intercalazioni argillose, il cui spessore raggiunge un massimo di 150 – 200 m tra Taurianova e Rosarno. Complessi acquiferi nell’area di Gioia Tauro Le falde contenute nelle alluvioni vallive e nei depositi della piana costiera sono continue tra di loro e vanno considerate come un unico sistema; a tale sistema possono assimilarsi anche le falde contenute nei depositi terrazzati. La falda di tipo libero o semiconfinato defluisce dalle colline verso la costa, con direzioni da SW a NE e da NW a SE, analogamente alla direzione dei principali corsi d’acqua che solcano la pianura costiera, con gradiente idraulico variabile da 1,5 - 2,0% a monte a 0,2% a valle. L’andamento della superficie piezometrica mette in evidenza un marcato drenaggio Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 35 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria della falda in corrispondenza delle valli con presenza di numerose sorgenti, nella maggior parte di portata modesta, localizzate ai margini dei terrazzi collinari. Geologia dell’acquifero di Gioia Tauro Misure di portata eseguite nel passato lungo la rete idrografica hanno evidenziato interscambi tra la falda ed i corsi d’acqua nei vari tratti vallivi, permettendo di valutare l’entità della ricarica nel periodo piovoso e quella del drenaggio nei mesi asciutti. Nella pianura costiera la falda è sfruttata mediante un elevato numero di pozzi di varia profondità, con frequenza maggiore nella parte orientale; le portate variano da 1 l/s ad oltre 30 l/s. La salinità delle acque si mantiene intorno ai 500 mg/l nelle zone più interne, mentre si innalza in prossimità della fascia costiera denunciando effetti di intrusione salina nei livelli più profondi del deposito, fino ad una distanza di oltre 1 km dal litorale. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 36 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Gioia Tauro La falda contenuta nel complesso sabbioso-conglomeratico infrapleistocenico è semiconfinata, con valori di pressione variabili da zona a zona. La direzione di deflusso è convergente verso la pianura, con valori del gradiente idraulico variabili dal 2% a monte all’1% a valle. Lungo i fianchi delle valli si hanno numerose sorgenti con portata generalmente modesta e molto variabile nelle stagioni. I prelievi sono effettuati mediante un buon numero di pozzi di profondità diversa, taluni di alcune centinaia di metri, la cui portata è mediamente di pochi l/s. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 37 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.7 CARATTERIZZAZIONE CALABRIA IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI REGGIO Gli acquiferi alluvionali, originati dal notevole trasporto solido dei corsi d’acqua a causa della forte pendenza degli alvei e dello stato di degrado dei terreni attraversati, presentano qui spessori consistenti, dell’ordine di 20 - 50 m nel tratto mediano delle fiumare e va aumentando verso valle, man mano che ci si avvicina alla costa, raggiungendo gli 80 - 100 m in prossimità del litorale allo sbocco delle fiumare Catona e Gallico, a nord di Reggio, e delle fiumare Calopinace e Sant’Agata a sud dell’abitato. Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Reggio Calabria La morfologia, prevalentemente montagnosa e scoscesa dell’entroterra è infatti caratterizzata da profonde vallate che terminano in una fascia costiera pianeggiante larga 1-1,5 km2. Quest’ultima è Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 38 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria orlata da terrazzi che si spingono fino a quote di 200-300 metri s.l.m.. Nei tratti vallivi delle fiumare i depositi alluvionali sono sede di consistenti deflussi in subalveo, che alimentano le falde presenti nella fascia costiera. Le acque sotterranee, che da tempo rappresentano la principale fonte di approvvigionamento idrico per scopi civili, agricoli e industriali, sono captate mediante opere singole o collettive (pozzi e gallerie drenanti), sopperendo alle esigenze della zona. Complessi acquiferi nell’area di Reggio Calabria I depositi alluvionali sono costituiti da ghiaie, ciottoli e blocchi con frammiste percentuali variabili di sabbie e limi e presenza di lenti argilloso-limose. La permeabilità è complessivamente alta (0,2 0,5 x 10-3 m/s), seppure variabile in senso sia verticale che orizzontale, come anche la trasmissività Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 39 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria il cui valore è dell’ordine di 1 - 6 x 10-2 m2/s. Ciò consente produttività di singoli pozzi da 10 a 50 l/s, se ubicati nei siti più favorevoli. Nella fascia costiera il substrato delle alluvioni è generalmente costituito da argille, arenarie e conglomerati pliocenici e si pone a quote di 50 - 100 m al di sotto del livello del mare. Le falde contenute in tali depositi, abbondantemente alimentate dalle fiumare anzidette, sono qui interconnesse, costituendo un’unica falda idrica a nord e a sud di Monte Pentimele dove la continuità è interrotta per l’affioramento dei terreni del substrato. Geologia dell’acquifero di Reggio Calabria Si individuano così due zone indipendenti, ossia a nord di detto rilievo, dove sfociano le fiumare S. Giovanni, Catona, Gallico, Scaccioti, e a sud, dove sfociano le fiumare Annunziata, Calopinace, Sant’Agata, Valanidi e Pellaro. La superficie piezometrica mostra direzioni di deflusso costantemente da est verso ovest, con gradiente idraulico medio pari a 1 - 2% nelle vallate e dello 0.5 - 0.8% nella fascia costiera. Nel corso degli anni le opere di captazione, rappresentate Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 40 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria soprattutto da pozzi, si sono moltiplicate in maniera notevole con forte incremento dei prelievi, che in taluni settori, come quello in cui ricadono gli impianti del comune di Reggio, ha causato forti depressioni della superficie piezometrica ed il conseguente richiamo di acqua marina nell’entroterra. Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Reggio Calabria Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 41 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria G.8 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’ACQUIFERO DI CROTONE Il bacino sedimentario crotonese è stato interessato da sedimentazione marina dal Tortoniano al Pleistocene superiore, all’Olocene. Bacino idrogeologico e complessi acquiferi nell’area di Crotone I terreni presenti nell’area sono così caratterizzati secondo la seguente successione stratigrafica dal basso verso l'alto: - argille siltose di colore da grigio-chiare e/o grigio-azzurre (Pliocene medio superioreCalabriano). Il litotipo (formazione di Cutro) rappresenta il basamento argilloso pliocenico sul quale si sono depositati i sedimenti alluvionali recenti. Da indagini dirette (loc. Prestica-pozzo Perrotta) si evince Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 42 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria che la formazione argillosa ha uno spessore di oltre 400 m ed affiora a formare i rilievi collinari argillosi (detti mammelloni); presenta grossomodo le caratteristiche granulometriche delle argille limose; - sabbie, conglomerati e calcareniti biocostruite (Tirreniano) Questo litotipo affiora a monte del bacino idrogeologico e forma il terrazzamento di copertura sulle argille azzurre plio - pleistoceniche; le quote raggiungono 160 m s.l.m. e la superficie è pressoché pianeggiante con leggera inclinazione verso est. La formazione è composta da una biocalcarenite fortemente cementata passante superiormente ad uno spessore di sabbia. Questi sedimenti presentano una certa variabilità con la profondità; alle sabbie fini prossime alla superficie fanno posto in profondità le sabbie grosse e le ghiaie. Presentano una permeabilità crescente con la profondità in relazione all’aumento della granulometria. Il suo valore può assumersi K>10-2 cm/sec. Nelle varie campagne di indagine sono stati attraversati anche oltre 20 m del deposito e, in ogni sondaggio, si è rilevata presenza della falda, che generalmente attesta la sua piezometria intorno ai 3 m - 4 m dal piano campagna. - alluvioni terrazzate e recenti (Tirreniano-Olocene) La formazione comprende le alluvioni terrazzate recenti e le alluvioni attuali. Le alluvioni terrazzate sono presenti ai lati dei corsi d’acqua. Il litotipo è composto da prodotti di erosione delle argille azzurre e della formazione terrazzata pleistocenica. Questa formazione si è formata per gli apporti detritici dovuti allo smantellamento dei rilievi collinari prospicienti ad opera degli agenti esogeni; il deposito è variabile nella sua composizione granulometrica dalle argille, ai limi, alle sabbie; queste caratteristiche granulometriche sono proprie del bacino di erosione di pertinenza; lo spessore di questi depositi alluvionali varia in funzione della distanza dai rilievi argillosi prospicienti e dai fossi principali; in alcuni punti si può riscontrare che il deposito risulta ben assortito, mentre in altri può essere costituito da una sola frazione granulometrica. Il suo spessore, indicativamente, varia da 1 a 6 m, messo a giorno dai canali di erosione scavati dalla incisione fluviale. Le alluvioni attuali coincidono con i depositi presenti negli alvei torrentizi e derivano dall’erosione e rideposizione dei precedenti litotipi. Lo spessore, in alcun i casi, costituisce un ottimo acquiclude, favorendo localmente la formazione di una falda confinata alle sabbie sottostanti. La sua permeabilità può assumersi come valore medio 10-5 cm/sec<K<10-4 cm/sec, La zona è stata interessata da una tettonica distensiva con formazione di un sistema di faglie normali con direzione prevalente sud est nord ovest. I fossi di incisione coincidono grossomodo con gli allineamenti tettonici, così come descritto nell’allegata cartografia geologica di dettaglio. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 43 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Complessi acquiferi nell’area di Crotone Nella zona in esame non si notano particolari segni riconducibili a dislocazioni tettoniche, almeno alla scala dell’affioramento; tuttavia, viste le caratteristiche di plasticità e di erodibilità del litotipo argilloso non si escludono che le tracce delle possibili faglie possano essere state obliterate proprio per le caratteristiche sopra citate di questi materiali. Il modello geologico - tecnico presenta le tipiche peculiarità del sistema idrogeologico di pianura costiera in cui le acque dolci continentali defluendo verso l’interfaccia acqua dolce – acqua salata sono in continuo rimescolamento con il mare posto poco distante. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 44 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Geologia dell’acquifero di Crotone La circolazione sotterranea si organizza in generale secondo delle direttrici poste circa ovest – est. La circolazione verticale si organizza secondo linee di drenaggio verso gli strati superficiali più permeabili. In alcuni casi, l’acquifero si trova in pressione per la presenza di acquiclude limo – argilloso, specialmente in coincidenza dei periodi piovosi; in questo caso, si può instaurare filtrazione attraverso un mutuo scambio di volumi idrici dagli strati profondi verso gli strati superficiali e viceversa. Il gradiente idraulico può assumere valori tra 5÷10 m x 1000 m, così come si riscontra in litotipi prevalentemente sabbiosi. Il suo valore di trasmissività, invece, può essere posto indicativamente pari a T=8x10-3 m2/sec. Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 45 Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria Mappa della conducibilità idraulica per il Bacino di Crotone Allegato G – Caratterizzazione idrogeologica 46