Modellazione numerica di flussi granulari

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Bollettino Panta Rei (2017) 16:9-14
CONTRIBUTO SCIENTIFICO
Modellazione numerica di flussi granulari
Silvia Volpato, Andrea C. Santomaso*
Advanced Particle Technology Laboratory - Università di Padova - Dipartimento di
Ingegneria Industriale, via Marzolo 9, Padova, I-35131
Ricevuto: 5 gennaio 2017 / Accettato: 15 gennaio 2017 / Pubblicato online: 31 gennaio 2017
Sommario Il flusso denso di solidi granulari è un
fenomeno, comune in molte applicazioni industriali
e fenomeni naturali, che presenta notevoli difficoltà
nella sua descrizione matematica e modellazione.
Questo contributo vuole presentare un modello
idrodinamico in grado di simulare questa tipologia
di flussi. Esso si basa su un approccio continuo e
utilizza le equazioni di bilancio (conservazione di
massa e quantità di moto) integrate da una
equazione di conservazione dell’energia cinetica
fluttuante che utilizza il concetto di ‘temperatura
granulare’. La temperatura granulare è usata per
definire delle relazioni costitutive in grado di
replicare la fenomenologia dei materiali granulari in
moto. Il modello è qui applicato ad una geometria
semplice (canale verticale più tramoggia
convergente), ma è applicabile nella sua
formulazione più generale a qualsiasi altra
configurazione geometrica o di flusso. Il modello
prevede comportamenti di flusso realistici, che
comunque richiedono la validazione quantitativa
con misure dettagliate. Questo lavoro si concentra
sulla previsione di alcuni aspetti peculiari legati al
flusso dei solidi granulari quali i profili di sforzo
normale a parete (a cui corrispondono
strettamente le correlazioni di Jannsen e Walker),
la previsione del picco di sforzo in presenza di una
variazione di sezione di flusso, la portata costante
nel tempo tipica delle clessidre, la distinzione tra
diversi regimi di scarico (funnel e mass flow).
Parole chiave solidi granulari, scorrevolezza,
temperatura granulare
__________________________________________________
autore di riferimento, e-mail:
[email protected]
Abstract Dense granular flows commonly occur in
industry as well in natural phenomena. Their
mathematical description and modeling however is
difficult. This paper presents a model based on a
continuum, pseudo-fluid approximation, where
balance equations and constitutive relations
account for fluctuations in the velocity field,
through the `granular temperature' concept. The
model is applied to silo and hopper geometries,
though not limited in its formulation to any
geometry or flow configuration. It predicts realistic
flow patterns, requiring quantitative validation with
detailed measurements. This work focuses on the
prediction of peculiar aspects related to granular
flow such as the Jannsen and Walker stress profiles
at silo wall, including presence of pressure peak
where flow section changes, the constant flow rate
typical of hourglasses, the distinction between
different flow regimes (funnel vs. mass flow).
Keywords granular rheology, flowability, granular
temperature
1. Introduzione
Il flusso denso di solidi granulari è una evenienza
molto comune nei più disparati settori industriali. Si
pensi ad esempio a quello alimentare,
farmaceutico, metallurgico o chimico dove i solidi
in forma di granuli o di polveri sono processati e
movimentati quotidianamente. Alcune delle
operazioni più frequenti come ad esempio la
miscelazione, il trasporto e lo stoccaggio
prevedono lo scorrimento e quindi il flusso di questi
materiali. La capacità di predire il legame tra campi
di moto e distribuzione degli sforzi in questi
materiali è un prerequisito necessario per la
progettazione
e
il
dimensionamento
di
apparecchiature industriali più efficienti. Si pensi
10
che di tutti gli impianti processanti solidi, pochi
lavorano ragionevolmente bene (80% della
capacità di progetto) e che ben i 2/3 lavorano al di
sotto di tale soglia già alla fine del primo anno di
funzionamento e 1/3 al di sotto del 60%. (Merrow
1985). Le cause si possono ricondurre nella
maggior parte dei casi a problemi di scorrevolezza
(flowability). Nonostante esista una grande
quantità di studi teorici ed empirici, il
comportamento in flusso dei solidi granulari rimane
anche oggi difficile da descrivere e modellare
essendo a cavallo tra quello dei solidi che possono
sostenere sforzi interni (e non scorrere affatto) e
quello dei liquidi che invece possono fluire
liberamente. La descrizione e la previsione della
transizione tra questi due regimi rimane quindi un
problema aperto.
In generale si possono individuare tre regimi di
moto: (1) il cosidetto regime cinetico-collisionale
studiato con successo da varianti della teoria
cinetica dei gas (Jenkins and Savage 1983); (2) il
regime quasi-statico, descritto dalle teorie della
plasticità (Schofield and Wroth 1968); e (3) un
regime intermedio, regime di flusso denso, in cui
l'energia viene dissipata da urti anelastici e per
l’attrito interparticellare durante contatti prolungati
tra le particelle (GdRMidi 2004). Dei tre regimi, il
regime di flusso denso, è senza dubbio quello che
si incontra più comunemente nelle applicazioni
industriali. Il flusso attraverso un orifizio posto al
fondo di un contenitore può considerarsi come il
caso di riferimento per questo regime e trova come
controparte applicativa lo scarico da sili e tramogge
dopo un periodo più o meno prolungato di
stoccaggio.
Predire il campo di moto all’interno di un silo in
funzione delle variabili geometriche del sistema e
della proprietà del materiale in flusso consente di
evitare la formazione di zone stagnanti in seno al
materiale (riducendo quindi la distribuzione dei
tempi di residenza del materiale stoccato) e
consente di sfruttare tutto il volume di stoccaggio
a disposizione. Predire la distribuzione degli sforzi
interni al materiale o a parete consente invece di
evitare l’arresto del flusso, la rottura dei granuli o il
cedimento delle pareti del silo stesso a causa di
sovra-pressioni locali (Schulze 2008).
Di seguito vogliamo presentare un modello in
grado di predire alcuni dei comportamenti tipici che
distinguono il moto dei solidi granulari da quello dei
fluidi. Dopo una descrizione del modello seguiranno
degli esempi della sua applicazione. Nella
presentazione dei vari casi si darà conto
principalmente
dell’accordo
qualitativo
dei
comportamenti descritti, rimandando l’analisi
quantitativa (confronto con dati sperimentali) e
dettagliata del modello (esatta definizione dei
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parametri, analisi di sensitività, condizioni al
contorno utilizzate) alla letteratura citata.
2. Descrizione del modello
Le fluttuazioni di velocità sono un concetto
ampiamente usato nelle teorie cinetico-collisionali
dei gas granulari (Jenkins and Savage 1983). La
nozione di temperatura granulare è stata introdotta
per descrivere tali fluttuazioni e viene definita come
media del quadrato delle componenti fluttuanti del
vettore velocità v e cioè come θ=<v2>/3. La
temperatura granulare può essere assunta come
una misura locale della mobilità delle particelle. Nei
flussi densi, sebbene il meccanismo principale di
dissipazione non sia quello collisionale, le
fluttuazioni di velocità sono comunque rilevanti e
possono essere usate per modellarne la reologia.
Sebbene i flussi densi siano intrinsecamente
multifase, composti da oggetti discreti (le
particelle) immersi in un fluido (tipicamente l’aria),
la loro modellazione e simulazione può seguire un
approccio continuo e monofase (Artoni et al. 2009,
2011a). Si fa anche l’approssimazione di
considerare il fluido pressoché incomprimibile
(ρ~cost.) e di assumere il tensore degli sforzi
simmetrico. Il modello sviluppato vale per granuli
secchi, non coesivi e di dimensioni tali per cui
l’effetto del fluido interstiziale sia trascurabile.
Come vedremo il modello è idrodinamico (utilizza
l’equazione di Navier Stokes integrata da un
opportuno
bilancio
di
energia)
ed
è
sostanzialmente fenomenologico, derivato da
considerazioni che sono specifiche per il flusso
denso, prime tra tutte la dissipazione di energia
dovuta all’attrito interparticellare.
Con le assunzioni e approssimazioni sopra
elencate le equazioni di conservazione possono
scriversi come:
(1)
(2)
a cui si aggiunge un bilancio di energia fluttuante:
(3)
dove ρ è la densità apparente (o di bulk) del
materiale, p rappresenta la parte isotropica del
tensore degli sforzi, mentre Π quella deviatorica, g
è il vettore gravità, qT è il flusso di energia
fluttuante e zT ne rappresenta la velocità di
dissipazione.
La viscosità locale del pseudo-fluido granulare
dipende da un sotto-modello che definisce le
relazioni costitutive tra le variabili θ e v.
Brevemente si assume che la parte deviatorica del
tensore degli sforzi Π segua il comportamento di un
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11
fluido Newtoniano generalizzato (Bird et al. 2002),
e possa essere descritta da
(4)
dove la viscosità effettiva, η=η’ρdp2, è fatta
dipendere dalla temperatura granulare in modo
analogo a come nei liquidi semplici e nei sistemi
vetrosi (Doolittle 1951) dipende dalla temperatura
termodinamica
aumento di θ, ‘riscaldamento’ del materiale) e il
termine
di
dissipazione
dovuto
all’attrito
(diminuzione di θ, ‘raffreddamento’ del materiale).
L’eq. 9 si può riscrivere come
(10)
che aiuta a meglio evidenziare il comportamento
del materiale granulare. Questo bilancio di energia
infatti descrive le modalità di cedimento del
materiale. Se il materiale non è sottoposto a shear,
la mobilità relativa delle particelle non varia perché
(5)
dove η0 rappresenta un analogo del termine preesponenziale dell’equazione di Eyring (Glasstone et
al. 1941) e θ* è una temperatura granulare di
riferimento scalabile con la gravità g e la
dimensione dei granuli, dp, come θ*=kθgdp.
Il termine dissipativo presente nel bilancio di
energia fluttuante (eq. 3) è definito come:
(6)
dove μ rappresenta il coefficiente di attrito effettivo
(che si è verificato a posteriori coincidere con il
coefficiente di attrito interno del materiale e la sua
completa definizione può trovarsi in Artoni et al.
2009). L’eq. 6 fondamentalmente ci dice che la
dissipazione di energia fluttuante è tanto maggiore
quanto più i granuli sono ‘compressi’ tra loro
(effetto della pressione) e che in assenza di moto
relativo la dissipazione è nulla (effetto dello shear).
Il flusso di energia fluttuante qT infine si è
assunto dipendere linearmente dal gradiente di
temperatura granulare:
(7)
dove k, assunto costante, è un parametro che
definisce la diffusività dell’energia fluttuante.
Savage (1998), estrapolando un risultato della
teoria cinetica di Jenkins, suggeriva di assumere
k/η=cost. Questa assunzione tuttavia non è a
rigore valida per i flussi densi. Per questa ragione
si è preferito mantenere il coefficiente per la
diffusività costante che scalasse con la dimensione
dei granuli, dp, e con la densità di bulk, ρ, in modo
che k=k’ρdp2=cost. Uno sviluppo ulteriore del
modello con uno scaling leggermente diverso dei
paramenti è stato recentemente proposto da Artoni
e Richard (2016).
Utilizzando le equazioni costitutive viste sopra il
bilancio di energia fluttuante può riscriversi come:
(8)
dove l’ultimo termine
(9)
comprende il termine di produzione di energia
fluttuante dovuto allo shear (che porta ad un
(11)
In condizioni di moto relativo tra le particelle invece
si hanno tre possibilità: se |τ|=μp pur essendoci
shear nel materiale si ha una condizione di moto
relativo tra le particelle senza variazioni di fluidità
del materiale analoga alla condizione di stato critico
della meccanica dei suoli (flusso senza variazione
di volume); invece se |τ|>μp oppure |τ|<μp si
verifica rispettivamente una condizione di aumento
o diminuzione della fluidità del materiale durante il
moto. Proseguendo nella analogia termodinamica
questi
due
stati
corrispondono
ad
un
‘riscaldamento’ o ad un ‘raffreddamento’ del
materiale rispettivamente.
3. Esempi applicativi del modello
Come anticipato nell’Introduzione i solidi granulari
quando sono posti in flusso presentano una serie
di comportamenti che li contraddistinguono dai
fluidi semplici. Elenchiamo qui brevemente alcuni
di questi comportamenti che sono facilmente
osservabili nella geometria da noi scelta come
riferimento (silo costituito da una parte cilindrica
soprastante una tramoggia conica):
• quando scorrono in un condotto confinato i solidi
granulari presentano un tipico flusso a pistone
(plug flow) analogo a quello dei fluidi a soglia;
• gli sforzi a parete aumentano con andamento
asintotico fino ad un valore massimo che non
dipende dalla profondità - effetto Janssen
(Nedderman, 1992);
• in presenza di restrizione di sezione si osservano
a parete picchi di sforzo (spiegati in meccanica dei
solidi con una transizione tra uno stato di sforzo
attivo nella parte superiore nella quale gli sforzi
principali hanno componente prevalentemente
verticale e uno stato di sforzi passivo in tramoggia
dove gli sforzi principali hanno componente
prevalentemente orizzontale);
• esistono regimi di scarico diversi a seconda della
geometria del contenitore. Per fondi piatti o con
pareti poco inclinate si ha formazione di zone
stagnanti alle pareti che si propagano anche nella
zona
cilindrica,
il
materiale
scorre
preferenzialmente al centro del canale (regime di
12
funnel flow). Con fondo a pareti sufficientemente
inclinate il materiale invece si muove in ogni
sezione retta del canale e non ci sono zone
stagnanti (regime di mass flow);
• differentemente dai fluidi in cui la portata di
scarico dipende dal battente, nei solidi granulari la
portata è costante nel tempo indipendentemente
dal battente (effetto clessidra).
Nel seguito verificheremo come la ricca
fenomenologia qui descritta sia predicibile con il
semplice modello idrodinamico delineato nel
paragrafo precedente. Per fare ciò le equazioni del
modello sono state implementate in un software
commerciale (Comsol Multiphysics).
Con riferimento al primo caso, i solidi granulari
quando scorrono in condotti confinati come canali,
tubi o su scala più grande in sili, presentano profili
di velocità peculiari caratterizzati da un flusso a
pistone con la formazione e localizzazione di bande
di shear dello spessore di pochi diametri particellari
(tipicamente 10-15 dp) alle pareti. Il modello deve
essere quindi in grado di localizzare lo scorrimento
in porzioni limitate dello spazio nelle quali si
concentrano tutti i gradienti di velocità. La
dipendenza esponenziale della viscosità apparente
dalla temperatura granulare consente esattamente
di ottenere questo comportamento. Il risultato è
mostrato in Figura 1 dove viene riportato il flusso
della sola zona cilindrica del canale (per particelle
di diametro dp=3mm, densità ρ=1000 kg/m3 e
attrito interno μ=0.3). È evidente il profilo piatto di
velocità nella zona centrale, indipendentemente dal
fatto
che
nella
zona
sottostante
(non
rappresentata) vi sia un canale convergente
(tramoggia) che inizia alla quota di 1 m. Lo
spessore delle bande di shear a parete risulta qui
pari a 15-16dp. La loro definizione quantitativa
ovviamente dipende dai parametri adottati ma
Figura 1 - Campo di moto in un condotto verticale con
fondo convergente (non mostrato) (Artoni et al. 2009).
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quello che qui si vuole mostrare è invece l’evidenza
(qualitativa) che esista un plateau nel profilo di
velocità.
La simulazione sulla stessa geometria restituisce i
profili di sforzo radiale a parete riportati in Figura
2. Le simulazioni sono state sovrapposte alle curve
teoriche predette dalla teoria di Janssen (per la
parte cilndrica e di Walker per quella convergente)
(Nedderman 1992). In particolare qui vengono
mostrate tre soluzioni parametriche nel coefficiente
di attrito interno del materiale, µ, per tre valori
diversi. L’accordo con la teoria è molto buono per
entrambe le sezioni: cilindrica e convergente. Nella
zona cilindrica gli sforzi tendono ad un valore
asintotico verticale che è funzione dell’attrito
interno del materiale. Al diminuire dell’attrito
interno i profili tendono a diventare lineari
(idrostatici). Si nota anche la capacità di predire il
picco di sforzi nella zona di transizione tra le pareti
parallele e quelle convergenti. Nella meccanica dei
solidi granulari questo viene spiegato come un
brusco cambiamento dello stato degli sforzi
principali (da stato attivo a passivo), nel quale gli
sforzi principali cambiano la loro direzione da
verticale (nella parte cilindrica) ad orizzontale (in
tramoggia) (Nedderman 1992; Schulze 2008). Da
notare anche che al diminuire dell’attrito interno, il
peso relativo del picco di sovrapressione tende a
diminuire.
Un ulteriore esempio della capacità del modello di
localizzare le bande di shear si ha in Figura 3 e 4
nelle quali viene rappresentato il campo di moto
interno al materiale in termini di mappa di shear
rate. Sono rappresentati due casi limite di scarico
che corrispondono ai regimi di funnel (Figura 3) e
mass flow (Figura 4) rispettivamente. Il primo tipo
di regime caratterizza tramogge con pareti poco
Figura 2 - Profili di pressione a parete durante lo
scarico, parametrici nel coefficiente di attrito interno del
materiale (Artoni et al. 2009).
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13
Figura 3 - Mappe dei gradienti di velocità a diversi
istanti di tempo durante lo scarico in regime di funnel
flow (Bertuola et al. 2016).
Figura 5 - Geometria usata per la valutazione della
velocità di deflusso (Volpato and Santomaso 2014).
Figura 4 - Mappe dei gradienti di velocità a diversi
istanti di tempo durante lo scarico in regime di mass
flow (Bertuola et al. 2016).
inclinate, il secondo regime invece tramogge con
pareti ripide. Si può osservare che nel primo caso il
moto si localizza, all’avvio dello scarico,
internamente al materiale (zone chiare) e poi alla
superficie libera del solido granulare dal momento
che vicino alle pareti il materiale granulare rimane
statico. Si ha quindi una condizione di flusso sulla
superficie e dove si localizza lo shear. Da notare la
coesistenza di zone stagnanti e zone in movimento.
Questa condizione di flusso cambia completamente
inclinando maggiormente le pareti della tramoggia
(a parità di attrito interno e di tutte gli altri
parametri di simulazione). Si arriva infatti ad una
condizione in cui tutto il materiale in tramoggia è
sottoposto a deformazione (bande chiare interne al
materiale) con un massimo a parete (zone rosse).
Un ultimo esempio di come la natura fortemente
dissipativa dei flussi granulari possa influire sul
moto e di come questo comportamento possa
essere descritto con un modello idrodinamico è il
fatto che lo scarico avviene a portata costante
(indipendentemente cioè dal battente).
In Figura 5 viene mostrata una geometria simile
alle precedenti ma con la parte cilindrica allungata
(altezza H=5m; diametro D=2m; diametro uscita
Figura 6 - Velocità di deflusso in funzione del tempo
(Volpato and Santomaso 2014).
B=0.2m) in modo da dare la possibilità al materiale
scaricato (particelle di diametro dp=0.85 mm,
ρ=1000 kg/m3) di raggiungere una condizione di
stazionarietà.
La Figura 6 riporta la velocità di scarico alla
sezione di uscita del silo operante in regime di mass
flow. Dopo un breve transitorio all’avvio dello
scarico, si osserva che finché il materiale transita
nella zona cilindrica il flusso si mantiene a velocità
(e quindi portata) costante. Lo scarico termina
quindi con un secondo transitorio corrispondente
allo svuotamento finale della tramoggia.
4. Conclusioni
Questo lavoro rappresenta una review di alcuni
risultati che mostrano la possibilità di utilizzare i
modelli continui idrodinamici per descrivere il
comportamento di flussi densi di materiali
granulari. In particolare si concentra su di un
modello che oltre alle equazioni di conservazione di
materia e di quantità di moto introduce un bilancio
di energia cinetica fluttuante. Il modello utilizza il
14
concetto di temperatura granulare, originariamente
sviluppata per i flussi cinetico-collisionali, per
definire una viscosità effettiva e quindi un legame
tra il campo di moto e quello degli sforzi.
L’implementazione di tali equazioni, effettuata su
un software di calcolo commerciale, ha consentito
di verificare la capacità descrittiva del modello nel
rappresentare alcuni dei comportamenti più tipici
dei solidi granulari. Molti dei risultati simulati hanno
anche un riscontro quantitativo (reperibile negli
articoli citati). Altri fenomeni tipici dei granulari,
quali la capacità di mantenere un pelo libero
inclinato stazionario (nei tamburi rotanti) e
fenomeni di isteresi (negli scivoli inclinati) non sono
qui descritti perché tipici di geometrie diverse dal
semplice silo (e vengono solo citati qui: Volpato
and Santomaso 2014; Artoni et al. 2011b).
Nonostante la dimostrata flessibilità del modello,
rimane indubbio che esso richieda ulteriori
affinamenti nella definizione più precisa dei
parametri utilizzati e nell’estensione ad altri tipi di
materiali quali le polveri coesive.
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