La chiesa é l'Istituto di san Giovanni Evangelista (corso Vittorio, n. 13, via Madama Cristina, n. 1) Accanto all'Oratorio di san Luigi, Don Bosco volle erigere una chiesa ed un «ospizio» con scuola per giovani «poveri ed abbandonati», al fine di rendere più efficace la sua opera educativa. Vari motivi orientavano il Santo a questa impresa. Nella zona, il Borgo di san Salvario, era iniziata una forte espansione della città, prevista dai piani urbanistici fin dal 1847 ed accelerata anche dalla costruzione della vicina stazione ferroviaria di Porta Nuova. Ne conseguì una forte concentrazione demografica, particolarmente del ceto popolare e povero. Inoltre, già dal 1853, i Valdesi, ottenuta nel 1848 l'emancipazione, avevano iniziato a costruire il tempio, un ospedale ed una scuola, aperta anche ad alunni di fede cattolica per i quali le altre scuole cittadine erano scomode. In questo stesso quartiere sarebbero sorti più tardi la sinagoga per il culto israelitico e la scuola ebraica. Il proselitismo e le vivaci iniziative dei protestanti offrirono a Don Bosco ulteriori motivi per articolare e sviluppare la sua opera, sorta già nel 1847. La costruzione Tra il 1870 e il 1875, attraverso successivi atti d'acquisto, il Santo riuscì ad allargare la proprietà dell'antico Oratorio di san Luigi fino ad avere a disposizione un'area di oltre 4000 mq. Un'altra striscia di terre, di 300 metri, appartenente ad Enrico Morgia, protestante, l'ottenne soltanto nel 1876, in seguito a ricorso al Consiglio di Stato. Il disegno del nuovo complesso venne affidato all'architetto vercellese conte Edoardo Arborio Mella (1808 1884) che si ispirò allo stile romanico - lombardo dei secoli XI e XII. I lavori per la costruzione della chiesa iniziarono celermente nell'estate del 1877. Il 14 agosto dell'anno seguente si ebbe la posa della pietra angolare e nel dicembre del '79 la struttura esterna era già terminata. In tre anni fu completata la decorazione interna e il 28 ottobre 1882 la chiesa poté essere solennemente consacrata. L'edificio sacro risulta a pianta basilicale, di tre navate, con quella centrale doppia rispetto alle laterali. Il complesso misura 60 metri per 22 e può contenere fino a 2500 persone. La chiesa, dedicata a san Giovanni Evangelista, fu voluta da Don Bosco anche come monumento di gratitudine a Pio IX per la benevolenza sempre dimostratagli dal pontefice. Questa intenzione causò al Santo non poche difficoltà da parte dell'arcivescovo mons. Gastaldi, impegnato negli stessi anni a edificare anch'egli una chiesa in memoria di Pio IX, precisamente quella di san Secondo. Don Bosco tuttavia riuscì a realizzare il suo progetto, e una grande statua del Papa, posta all'ingresso della chiesa, ricorda ancora oggi gli stretti legami spirituali tra il prete di Valdocco e Pio IX. Visita alla Chiesa La facciata è arretrata rispetto agli edifici vicini, che sono invece a filo sull'attuale corso Vittorio Emanuele II. Si crea così un piccolo sagrato racchiuso da elementi architettonici che fungono da collegamento fra la chiesa e le costruzioni ad essa affiancate. Domina la facciata un campanile che raggiunge i 45 metri d'altezza. È strutturato su tre piani, sormontati da una piramide ottagonale su cui si eleva un globo con stella a dodici raggi, di rame dorato. I primi due piani, a pianta quadrata, sono alleggeriti rispettivamente da una trifora e da una quadrifora. Quello superiore, a pianta ottagonale, è traforato da una bifora e reso più slanciato da otto colonnette di pietra alte oltre sei metri. Sulla sommità di esso è collocato un concerto di cinque campane, inaugurate 1'8 dicembre 1881. Sul portale d'ingresso si legge la scritta «Ianua coeli», mentre nella lunetta sovrastante è raffigurato il Redentore seduto in cattedra, con le parole «Ego sum via, veritas et vita». Ancora più in alto, sopra la trifora, un mosaico rappresenta la gloria di san Giovanni. Nell’ingresso, sulla destra varcato il portale, si incontra la grande statua di Pio IX, in marmo di Carrara, opera dello scultore milanese Francesco Confalonieri (1830-1925). Il Papa è ritratto in atto benedicente, mentre con la mano sinistra porge il decreto di approvazione della Congregazione Salesiana. All'interno, sull'orchestra, era collocato l'imponente organo di 3600 canne, opera del cav. Giuseppe Bernasconi da Bergamo. Don Bosco lo inaugurò nel luglio del 1882 con una serie di concerti durati quattro giorni, che attirarono nella nuova chiesa non meno di 50.000 persone, munite di apposito biglietto d'entrata. Lo strumento, in occasione del centenario della chiesa, è stato sottoposto a restauro, ampliato e collocato nell'ambulacro dietro l'altar maggiore. Nelle navate la luce si diffonde per mezzo di dieci alte finestre e sei circolari. La navata centrale termina in un'abside semicircolare. La pittura del catino rappresenta Gesù in croce nell'atto di indicare a Maria l'apostolo Giovanni come suo figlio. Il dipinto, ad uso mosaico alla bizantina, è di Enrico Reffo. Allo stesso autore appartengono i medaglioni, collocati tra gli archi della navata centrale, nei quali sono effigiati i sette vescovi dell'Asia Minore descritti nell'Apocalisse di san Giovanni. Nelle ampie finestre circolari sottostanti alla calotta absidale sono dipinti su vetro: san Giovanni Evangelista, san Giacomo, sant'Andrea, san Pietro e san Paolo. L'opera è del milanese Pompeo Bertini. Le navate laterali si prolungano attorno all'abside formando un maestoso ambulacro. L' altar maggiore, di stile orientale, è a doppia mensa. Il presbiterio era delimitato da una ricca balaustrata in pietra di Saltrio (ora conservata solo in parte) con artistiche cancellate in ferro. Il magnifico pavimento è in mosaico alla pompeiana. Gli altari laterali sono dedicati a san Domenico Savio (con quadro del Càffaro Rore, 1974), a san Giuseppe (del Reffo, 1882) e a san Francesco di Sales (del Bonelli), nella navata destra; al beato Michele Rua, a san Giovanni Bosco (del Crida, 1934) e al Sacro Cuore (sempre del Crida), nella navata sinistra. L'icona di Don Bosco con l'Ausiliatrice, che è quella esposta in san Pietro il giorno della canonizzazione (1 aprile 1934), ha sostituito un precedente quadro dell'Immacolata. Così pure i quadri di Domenico Savio e di don Rua sono stati collocati al posto delle icone di santa Maria Maddalena e di sant'Antonio Abate. L'Istituto Com'era già avvenuto a Valdocco, accanto alla nuova chiesa don Bosco volle subito edificare «un ospizio per giovanetti poveri ed abbandonati». In breve tempo sorse perciò, tra la chiesa e via Madama Cristina, un collegio capace di 350 allievi, in perfetta linea architettonica con l'edificio sacro. Entrato in funzione nell'autunno del 1884, ospitò per i primi dieci anni gli adulti che aspiravano alla vita salesiana. Ne era direttore il beato don Filippo Rinaldi, futuro terzo successore di don Bosco. Nel 1894 l'Istituto fu convertito in collegio con scuole elementari e ginnasiali, riconosciuto nel 1905 come Ginnasio pareggiato. Oggi l’edificio è sede di un Convitto universitario e di un oratorio (con entrata da via Ormea) ed accoglie attività pastorali per gli immigrati filippini. Nella sua lunga storia il san Giovannino ha ospitato notevoli figure di Salesiani, come i musici don Giovanni Pagella (1872-1944) e don Virgilio Bellone (1907-1981), lo storico don Alberto Caviglia (1868-1943), i latinisti don Giovanni Battista Francesia (1838-1930) e don Sisto Colombo (1878-1938). Tra gli allievi ricordiamo il beato Callisto Caravario, martire in Cina (1903-1930). Tratto da: Aldo Giraudo, Giuseppe Biancardi - “Qui è vissuto Don Bosco” - elledici 2004