università dell`insubria corso di istituzioni di economia

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UNIVERSITÀ DELL’INSUBRIA
CORSO DI ISTITUZIONI DI ECONOMIA
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Argomento 5: LA TEORIA ECONOMICA MODERNA
5.A La teoria Microeconomica moderna
Come accennato più volte, la moderna teoria microeconomica ha
i suoi fondamenti analitici nell’economia neoclassica, e in
particolare nell’individualismo metodologico su cui essa si fonda.
Tuttavia,
paradossalmente,
oggi
i
fondamenti
ideologici
dell’economia neoclassica sono molto più forti e presenti nella
macroeconomia moderna (o in alcune teorie in essa sviluppate)
che nella microeconomia moderna. Questa, viceversa, agli occhi
degli studiosi si presenta più che altro come un corpo di strumenti
e metodi di analisi, la cui validità per l’interpretazione dei fatti
economici, deve comunque fare i conti con la bontà dei modelli
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(basati, come suggerito da Schumpeter, su un atto conoscitivo
pre-analitico) in cui i metodi e gli strumenti stessi sono applicati.
Tanto per fare un esempio, il metodo del calcolo marginale può
produrre risultati molto diversi in termini di interpretazione dei fatti
economici (e da qui produrre diverse indicazioni di politica
economica,
circa
ad
esempio
la
desiderabilità
o
meno
dell’intervento dell’operatore pubblico nell’economia) a seconda
che venga applicato ad un mercato concorrenziale o ad un
mercato di concorrenza imperfetta.
In estrema sintesi, il corpus della microeconomia moderna può
essere distinto in tre parti:
− la teoria del consumatore
− la teoria della produzione
− la teoria dei mercati, divisa in:
− la teoria dell’equilibrio economico generale
− la teoria dei comportamenti strategici e delle forme di
mercato: monopoli e oligopoli
− la teoria del benessere
− la teoria dei fallimenti del mercato
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Alla formazione di questo corpus hanno contribuito nel tempo vari
autori, alcuni di più stretta osservanza neo-classica, anche sotto il
profilo ideologico, altri in contrapposizione con essa. Tra i tanti,
vale la pena di ricordare i seguenti:
1. Antoin Cournot (1838), Joseph Bertrand, Edward Chamberlain
(1933), Joan Robinson (1933), che per primi affrontarono i
problema della concorrenza imperfetta, dovuti a monopoli ed
oligopoli. Frank Knight (1921), che pure affrontò il problema
della definizione di concorrenza e rielaborò la nozione di
profitto
2. Paul Samuelson (il secondo premio Nobel nella storia
dell’economia nel 1970), che nel suo libro “Fondamenti
dell’analisi economica”, nel 1947, offre quello che di fatto è il
primo testo di microeconomia moderna.
3. John von Neumann e Oskar Mongerstern (con il libro “Theory
of Games and Economic Behavior”, I edizione 1944), e
successivamente John Nash (premio Nobel nel 1994), che
hanno elaborato la teoria matematica che sta alla base della
moderna teoria del comportamento strategico degli agenti
economici, la cosiddetta Teoria dei giochi.
4. Gerard Debreu (premo Nobel nel 1983), che ha offerto quella
che ancora oggi rappresenta la più precisa nozione di
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equilibrio economico generale sotto il profilo matematicoformale.
5. Kenneth Arrow (premio Nobel nel 1972), che tra innumerevoli
contributi, dà avvio dopo Pareto alla moderna teoria del
benessere e delle scelte sociali, con il famoso teorema
dell’Impossibilità.
6. Tra i più recenti, George Stigler e Ronald Coase (premi Nobel,
rispettivamente, nel 1982 e 1991), che per primi sottolineano
come l’informazione e i costi di transazione siano elementi
fondamentali per comprendere e analizzare il funzionamento
del mercato e la determinazione dei prezzi. E Gary Becker
(Nobel nel 1992) che per primo si occupa di capitale umano.
7. Herbert Simon (premio Nobel nel 1978) è infine il padre della
cosiddetta “bounded rationality” o “behavioral economics”,
ovvero di un approccio alla (micro)economia che enfatizza
come l’individuo abbia dei limiti nell’applicare sempre e
comunque il calcolo economico nelle sue decisioni, ma segua
anche comportamenti basati su stereotipi, routine, oltre che
suggestioni psicologiche di varia origine e natura.
5.B La Macroeconomia moderna
Come anticipato, la moderna macroeconomia nasce con Keynes;
mentre il veicolo con cui il pensiero e la macroeconomia
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keynesiana si diffonde è la sintesi di Hicks (Nobel nel 1972) nel
modello IS-LM.
Nello stesso tempo, il dibattito intorno a “ciò che Keynes voleva
realmente dire” dà luogo a tutta una serie di contributi e
considerazione non sistematiche che danno in effetti luogo a
molte confusioni.
Anche grazie a tale confusione, gli economisti di ispirazione
ideologica neo-classica alla fine degli anni’70 - primi anni’80 si riorganizzano lanciando una controffensiva non ancora esaurita, il
cui punto forse più rilevante sotto il profilo metodologico è
l’accusa rivolta alla macroeconomia keynesiana di mancare di
robuste microfondazioni economiche.
E’ sulla base di tale accusa che si sviluppa un corpo di teorie che
formano quella che oggi si chiama “Nuova macroeconomia
classica”, il cui punto fondamentale è la riaffermazione delle tesi
neo-classiche in tema di piena occupazione e pieno utilizzo dei
fattori produttivi.
Tra i principali artefici di tale contro-rivoluzione si devono
ricordare:
1. Milton Friedman (Nobel nel 1976), padre fondatore di una
scuola nota come quella dei monetaristi, che tra vari contributi
tra l’altro riafferma una versione moderna della teoria
quantitativa della moneta;
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2. Robert Lucas (Nobel nel 1995), che è il vero inventore della
nuova macroeconomia neoclassica, che tra l’altro afferma il
principio della “irrilevanza della politica economica”.
3. Finn Kydland e Edward Prescott (Nobel nel 2004), che
facendo proprie le ipotesi della nuova macroeconomia classica
sulla “irrilevanza della politica economica”, enfatizzano come
una buona gestione della politica economica richieda stabilità
e credibilità ovvero “regole piuttosto che discrezione” (“rules
rather than discretion”, la cui filosofia sta tra l’altro alla base
delle regole economiche dell’Unione Europea sulla moneta
unica, incluse innanzitutto nel Trattato di Maastricht).
Il dibattito tra keynesiani e neo-classici è comunque oggi più che
mai
vivo,
sviluppandosi
intorno
ai
temi
dell’occupazione,
dell’inflazione, della crescita economica, del ciclo, della gestione
della politica monetaria e fiscale.
5.C L’uso dei metodi empirici in economia
I
risultati
teorici
sia
della
microeconomia
che
della
macroeconomia moderna vengono oggi sottoposti a sempre più
sofisticate verifiche empiriche, rese possibili dagli sviluppi della
econometria e, più recentemente, dell’economia sperimentale.
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Al riguardo, in maniere forse non sorprendente, i premi Nobel per
l’economia sono stati negli anni più recenti assegnati con sempre
maggiore frequenza ad economisti impegnati sul fronte delle
analisi empiriche: nell’anno 2000 a due micro-econometrici,
James Heckman e Daniel McFadden; nel 2002 a due economisti
sperimentali, Daniel Kahneman e Vernon Smith (portatori anche
delle istanze della behavioral economics); nel 2003 a due macroeconometrici, Robert Engle e Clive Granger.
Letture: L-C, pp. 541-545; pp. 714-720; pp. 780-782; pp.843-846,
pp. 850-857.
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