Il significato della libertà nell`ordine democratico - Tocqueville

Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Il significato della libertà nell’ordine democratico.
Un’analisi a margine nel pensiero di Luigi Sturzo e Michael Novak
di RAFAL DUDALA
Laureato presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Kielce e presso il Seminario Diocesano di Kielce
(Polonia), è dottorando in Dottrine Economiche e Politiche nella specializzazione in Dottrina Sociale della
Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense.
Introduzione
La libertà è a quanto pare la questione più spesso e più intensamente discussa in ogni
tempo e in ogni luogo sulla Terra. A partire dall’antichità, attraverso il Medio Evo,
l’Illuminismo, sul finire del Terzo Millennio non ha smesso e non smette di affascinare
le più eminenti personalità, ispirando opere d’ogni specializzazione: teologia e
filosofia, letteratura e arte, politica ed economia, sociologia e psicologia. La libertà
sedusse Icaro, affascinerà Abramo, genererà il Vangelo; Paolo di Tarso, Agostino
d’Ippona, Tommaso d’Aquino mostrarono il suo valore nella vita dell’uomo di fede;
Lord Acton scrisse la sua storia, Friedrich August von Hayek creò la sua costituzione,
Isaiah Berlin tratteggiò le sue due concezioni; ispirò William Shakespeare, Wolfgang
Amadeus Mozart, Eugène Delacroix. Questo è un dono così magnifico, e grande che
‚sì, in un certo senso lo si può dire: di fronte alla libertà umana Dio ha voluto rendersi
«impotente». E si può dire che Dio stia pagando per il grande dono concesso a un essere
da Lui creato «a Sua immagine e somiglianza» (cfr. Gn 1, 26). Egli rimane coerente di
fronte a un simile dono.‛1
Sul significato della libertà influiscono i trend ideologici, gli importanti avvenimenti
storici, ma anche i sistemi politici, economici, culturali. Sembra che l’ambiente
«naturale» della sua maturazione e il rispetto di essa abbiano dato luogo nello spazio
dei secoli alla democrazia. E anche se la storia del mondo moderno nasconde in sé i
dolorosi ricordi degli avvenimenti, quando in nome della democrazia si calpestava la
libertà dell’uomo, quando sotto la bandiera della libertà si distruggeva l’ordine
democratico, ciò però non cambia la convinzione essenziale: la libertà per la
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GIOVANNI PAOLO II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, p. 73.
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democrazia è quello è che lo spirito nel corpo dell’uomo. Questa questione rimanendo
viva, apre lo spazio adatto alla sua realizzazione, la comprensione approfondita del
suo spirito e la ragionevole e responsabile incorporazione nella comunità sociale.
Quale oggetto della ricerca, il presente lavoro è una prova per mostrare il significato
della libertà nell’ordine democratico. La ricchezza e complessità della questione, come
pure l’immensità delle indagini precedenti fanno sì che questo tema insolitamente
interessante sia tanto ampio. Le guide sul cammino della scoperta dei significati
aderenti alla nozione di «libertà» e al suo posto nel contesto democratico sono due
personalità eminenti – Luigi Sturzo e Michael Novak.
Luigi Sturzo, sacerdote, sociologo e politico italiano, nacque il 26 novembre 1871 a
Caltagirone (Sicilia); studiò storia, letteratura, teologia; fu fondatore e cofondatore di
numerose iniziative sociali, tra le altre i comitati parrocchiali della ‚Opera dei
Congressi‛, della istituzione contadino-bancaria ‚Cassa di San Giacomo‛, della rivista
settimanale ‚La Croce di Costantino‛, del Partito Popolare Italiano, del quale fu il
primo segretario. Costretto dalle circostanze – caccia alle streghe da parte dei fascisti –
scelse l’esilio in Inghilterra, poi negli Stati Uniti, dove fondò l’associazione dei
democratici cattolici ‚American People and Freedom Group‛. In Italia ritornò nel 1946
ed abitò a Roma, dove partecipò alla vita politica corrente; è stato quindi nominato
senatore a vita. Sturzo morì l’8 agosto 1959 e il 3 maggio 2002 è stata aperta la sua
causa di beatificazione. Come ha affermato il cardinale Camillo Ruini, il sacerdote di
Caltagirone ‚merita il titolo di apostolo della politica, compresa come amore e attività
apostolica‛.
Michael Novak, politologo, economista e teologo statunitense è nato il 9 settembre 1933
a Johnstown (Pennsylvania); in gioventù fu legato all’ambito dei democratici, poi
divenne fedele collaboratore di Ronald Reagan e ambasciatore degli Stati Uniti presso
la Commissione per i Diritti Umani e capo di delegazione all’Organizzazione per la
Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) nel 1986. Ha insegnato tra l’altro a
Harvard, Syracuse University, University of Notre Dame, attualmente dirige la
Cattedra di Religione, Filosofia e Politica sociale presso l’American Enterprise Institute
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a Washington; ha ottenuto il Premio Templeton (1994), che viene assegnato a lavori
riguardanti tematiche religiose e spirituali. Inoltre è cofondatore dell’Institute on
Religion and Democracy e membro di molti uffici redazionali di riviste specializzate.
Il pensiero democratico e le idee diffuse dai due studiosi con riferimento alla libertà
costituiscono l‘insieme della presente elaborazione, che é composta di due parti:
Esposizione della tematica e Proposte critiche.
La Prima parte contiene tre dettagliati capitoli introduttivi alla tematica del titolo. Il
primo capitolo analizza la nozione di libertà nella dottrina sociale della Chiesa, la quale
per entrambi i pensatori costituisce un importante punto di riferimento per le loro
analisi. L’avvicinamento e la presentazione delle questioni sono stati espressi
diacronicamente e tenendo presente ‚la cesura‛ costituita dal Concilio Vaticano II2. Fra
i documenti dell’insegnamento preconciliare sono stati esaminati i tre più importanti:
l’enciclica di Leone XIII Rerum novarum (1891), l’enciclica di Pio XI Quadragesimo anno
(1931) e, tra i numerosi interventi di Pio XII, è stato scelto «il radiomessagio nel 50°
anniversario della Rerum novarum». Successivamente sono stati sottoposti ad analisi
documenti del Concilio Vaticano II (1962-65) e dei papi conciliari. Fra la ricchezza del
messaggio conciliare nel contesto della libe»rtà, meritano particolare attenzione la
dichiarazione Dignitatis humanae «sulla libertà religiosa» e la costituzione pastorale
Gaudium et spes «sulla Chiesa nel mondo contemporaneo». Con riferimento a due
pontefici del tempo della svolta conciliare – vengono trattati l’insegnamento di
Giovanni XXIII, specie nelle due encicliche Mater et magistra (1961) e Pacem in terris
(1963). Quanto a Paolo VI, ha lasciato due importanti documenti sociali: l’enciclica
Populorum progressio (1967) e la lettera Octogesima adveniens (1971) per l’80° della Rerum
novarum. In fine sono analizzati i due più recenti pontificati: quello di Giovanni Paolo II
e ‚il trittico sociale‛ – Laborem exercens (1981), Sollicitudo rei socialis (1987) e Centesimus
L’espressione ‚la cesura‛ usiamo, ovviamente, tra virgolette ricordando a quello che scrive il
Santo Padre nella sua recente enciclica, che ‚non contribuiscono a fare chiarezza certe astratte
suddivisioni della dottrina sociale della Chiesa che applicano all’insegnamento sociale
pontificio categorie ad esso estranee. Non ci sono due tipologie di dottrina sociale, una
preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma un unico insegnamento, coerente e nello
stesso tempo sempre nuovo‛, BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, 12).
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annus (1991); e di Benedetto XVI il suo documento più recente – l’enciclica Caritas in
veritate (2009).
Il secondo capitolo è un tentativo di analisi del problema della libertà nel pensiero di
Luigi Sturzo. Le riflessioni sono state formulate rispetto a tre dimensioni: la
dimensione antropologica: il concetto di persona viene esaminato con riferimento alla
sua dignità e alla definizione aristotelica homo socialis; si tratta di libero arbitrio, della
nozione sturziana della libertà «individuale-sociale» e dei reciproci rapporti fra libertà
e autorità; nella dimensione sociologica si spiega l’espressione sturziana «sociologia del
concreto», cioè quattro ‚specie‛ della libertà, mostrandone il carattere individuale e
sociale: la libertà originaria permette di realizzare le libertà individuali nel campo
sociale; quella organica garantisce la libertà di iniziativa e di associazione; quella
finalistica dà la possibilità di tale partecipazione; quella formale è immedesimata con la
libertà politica. L’ultima dimensione è teologica, e riguarda la «vera vita» e la proposta
cosiddetta «sociologia soprannaturale», nella quale con ricchezza di termini usati dal
sociologo italiano figurano tra gli altri soprannaturalità, vocazione, comunione, unione
mistica, gloria di Dio, il mondo, l’incarnazione nella storia, il Cristianesimo nella storia
e nuovi cieli e nuova terra. Sono state analizzate tre nozioni-chiave: la predestinazione,
il male e la storia. Fra le opere dello studioso italiano, che costituiscono un fondamento
della presente elaborazione, figurano Politica e morale (1938), Coscienza e politica (1953),
La società, sua natura e leggi. Sociologia storicista (1935) e La Vera vita. Sociologia del
soprannaturale (1943).
Il terzo capitolo di questa parte tratta il problema della libertà nel pensiero di Michael
Novak. Restando fedele alla concezione del filosofo statunitense, sono state descritte
tre fondamentali dimensioni dell’ordine democratico: la dimensione politica, basata sui
principi della democrazia repubblicana, mettendo in rilievo la comprensione
novakiana della nozione di bene comune; viene indicato il sistema politico migliore
radicato sulla virtù, rispettoso dell’equilibrio del potere (checks and balances) e
l’istituzione del governo limitato. Viene disegnato il rapporto fra la società e lo Stato
attraverso la limitazione del potere dello Stato e la separazione delle ‚forze statali‛ e
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delle ‚forze sociali‛, il che conduce ad appoggiare le idee di autogestione. Quanto alla
dimensione economica legata al sistema capitalistico, l’economista americano inizia
dalla discussione sulla decadenza del socialismo, esaminandone motivi e conseguenze;
successivamente sottolinea l’efficacia del libero mercato quale strumento al servizio
della gente e l’importanza dell’interesse privato che, se disciplinato, dà frutti positivi
per il complesso sociale. Coronamento di tutto è dato dalla dimensione culturale
realizzata nello spirito del pluralismo, dove da una parte si accentua soprattutto il
rilevante significato del principio ex pluribus unum e la sua pratica applicazione;
dall’altra la varietà delle istituzioni civili, prendendo in particolare considerazione la
famiglia e le comuntà religiose. Base per la presente analisi sono le più importanti
opere dello studioso statunitense: The Spirit of Democratic Capitalism (1982, trad. it. Lo
spirito del capitalismo democratico e il Cristianesimo, 1987), Catholic Social Thought and
Liberal Institutions: Freedom with Justice (1984, 1989), Free Persons and the Common Good
(1988), The Catholic Ethic and the Spirit of Capitalism (1993, trad. it. L’etica cattolica e lo
spirito del capitalismo, 1994).
La Seconda parte contiene due capitoli dedicati alle proposte critiche con riferimento alle
proposte di Luigi Sturzo e Michael Novak. Nel quarto capitolo si ha l’analisi del
contributo del pensiero di entrambi i pensatori al dibattito sull’attuale ordine
democratico. Fra i numerosi riferimenti si trovano l’insegnamento sociale della Chiesa,
la nozione della persona umana, la necessità del rispetto della libertà politica ed
economica e quello dell’autonomia e il rilevante ruolo delle istituzioni. In seguito, il
quinto capitolo costituisce una rassegna molto sommaria della critica al pensiero di
entrambi gli studiosi, sia in riferimento alle polemiche contemporane, sia alle
discussioni correnti.
Nella Conclusione, invece, sono state in breve ricapitolate le tesi generali descritte da
entrambi gli scienziati sul significato di libertà nell’ordine democratico, colla
simultanea indicazione di aspetti probabilmente particolarmente problematici, che
richiedono ulteriori analisi, specie alla luce degli avvenimenti attuali.
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Senza dubbio la proposta così formulata dell’analisi del significato di libertà
nell’ordine democratico, espressa nelle opere di Sturzo e di Novak rimane di autentico
valore. In nessun modo tale problematica viene esaurita, ma rimane una importante
tappa sulla via del suo approfondimento permanente. Se dunque, come vogliono gli
entusiasti della democrazia, questo sistema si nutre dei conflitti e delle differenze di
opinione, non rimane nient’altro, per intervenire nella discussione, che il metodo
adottato dagli abitanti dell’antica Atene nell’areopago oltre due mila cinquecento anni
fa. La discussione sembra essere ancora oggi straordinariamente interessante, come
dimostrato dal fatto che, anche attualmente, intervengono nuovi interlocutori.
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PARTE PRIMA
ESPOSIZIONE DELLA TEMATICA
Coloro che ritengono che la democrazia sia soltanto un settore
politico della vita della comunità, saranno sorpresi da quanto abbiamo detto.
Essi non si rendono conto che la democrazia comincia con la libertà. Laddove non
c’è libertà, non c’è democrazia. Laddove la libertà è negata a corpi sociali con
vita e fini specifici propri (come la famiglia, la professione, il comune), non vi
può essere democrazia. Laddove la personalità umana non è rispettata in tutti i
suoi diritti alla vita morale e materiale, non vi può essere democrazia. *<+ Il
primo compito per la difesa della democrazia è quindi oggi la difesa della
libertà. E questa è al tempo stesso difesa dell’autorità e dell’ordine sociale.
LUIGI STURZO
Alcune forme spurie di capitalismo sembrano in grado di mantenersi
per un certo tempo senza democrazia; ma per sua natura il capialismo porta alla
democrazia. Le libertà economiche, infatti, senza libertà politiche sono instabili.
Cittadini economicamente liberi presto chiedono le libertà politiche. *<+
Viceversa, lo Stato che non riconosce limiti al proprio potere nella sfera
economica inevitabilmente distrugge le libertà nella sfera politica.
MICHAEL NOVAK
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Capitolo I
LA NOZIONE DI LIBERTÀ NELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
La questione della libertà ha sempre ispirato e indubbiamente ancora ispirerà
un’animata discussione fra gli allievi del Maestro di Nazaret. Il problema della libertà,
come pochi altri, rimane continuamente oggetto delle interpretazioni più estreme, il
che dimostra sia la sua ricchezza di significato, sia gli orizzonti vastissimi di coloro che
su di essa si basavano. Di peso eccezionale rimane la rassegna, anche se sommaria, dei
più importanti documenti sociali della Chiesa3. Un’analisi diacronica – l’insegnamento
preconciliare, i documenti del Concilio Vaticano II e dei papi conciliari, i documenti di
due più recenti pontificati – con particolare considerazione dei riferimenti all’ordine
democratico, permette di scoprire e indicare la dottrina sociale della Chiesa quale
effettivo fondamento della interpretazione creativa di molti successivi pensatori. Anche
una riflessione sincronica può fornire chiavi per la comprensione della democrazia –
legge naturale, dignità umana, libertà religiosa, società civile, autorità politica,
sviluppo mondiale ecc.4 Ciò conferma l’importanza e il valore extratemporale delle
proposte della dottrina sociale della Chiesa nel dibattito contemporaneo: in esso il
pensiero di Luigi Sturzo e Michael Novak occupa un posto particolare.
Cfr. J. HÖFFNER, La dottrina sociale Cristiana, Paoline, Cinisello Balsamo 1986; T. HERR, La
dottrina sociale della Chiesa: manuale di base, Edizioni Piemme, Milano 1988; H. CARRIER, Dottrina
sociale. Nuovo approccio all’insegnamento sociale della Chiesa, Edizioni San Paolo, Milano 1996; J. A.
MERKLE, From the Heart of the Church. The Catholic Social Tradition, Liturgical Press, Collegeville
2004; M. TOSO, Umanesimo sociale. Viaggio nella dottrina sociale della Chiesa e dintorni, LAS, Roma
2002; G. MANZONE, Invito alla Dottrina Sociale della Chiesa, Edizioni Borla, Roma 2004; B. SORGE,
Introduzione alla dottrina sociale della Chiesa, Queriniana, Brescia 2006; G. CREPALDI, S. FONTANA,
La dimensione interdisciplinare della Dottrina sociale della Chiesa. Uno studio sul magistero,
Cantagalli, Siena 2006; F. FELICE, P. ASOLAN, Appunti di Dottrina sociale della Chiesa. I cantieri
aperti della pastorale sociale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008; Dottrina sociale della Chiesa: alcune
sfide globali, a cura di DANIEL MCDONALD, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2010.
4 Nel complesso del magistero sociale, espresso soprattutto dai Papi successivi, figurano pure i
documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tra essi vale la pena di indicarne
almeno tre: l’istruzione Libertatis nuntius «circa alcuni aspetti della ‚Teologia della liberazione‛»
(1984), l’istruzione Libertatis conscientia (1986) «circa la libertà cristiana e la liberazione», che
mostra il pericolo consistente nel ridurre il contenuto del messaggio di Cristo al programma
ideologico e la Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei
cattolici nella vita politica (2006).
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1- L’insegnamento preconciliare
Una La parte essenziale dell’insegnamento sociale nel periodo preconciliare è costituita
prima di tutto dai documenti e dai discorsi di tre papi: Leone XIII, Pio XI e Pio XII5, che
in certo modo inaugurano gli interventi ufficiali della Chiesa sui temi sociali. Infatti
Leone XIII lasciava alla Chiesa alcuni documenti, che potremmo definire ‚sociali‛6;
tuttavia la chiave e allo stesso modo il fondamento del suo pensiero è l’enciclica Rerum
novarum (1891), che ‚viene ad aprire ufficialmente il discorso sociale della Chiesa. Lo
sfondo è quello del conflitto, dello scontro frontale tra Chiesa e mondo moderno‛7. Nel
documento, che concerneva «la condizione operaia», appare pure la questione della
libertà, che il Papa solleva con riferimento ai problemi molto concreti del settore
economico. Tra le biasimate soluzioni proposte dal socialismo, egli indica più di ogni
altra la proprietà comune8. Rivelando il pericolo che la comunanza dei beni è per la
famiglia, Leone XIII ricorre alla libertà dell’uomo anche nella questione dell’elezione
del proprio stato9. Dato il fine della famiglia, per la scelta e l’uso dei mezzi necessari
alla sua conservazione e alla sua legittima indipendenza, essa ha diritti almeno eguali a
quelli della società civile. Nello stesso tempo il diritto alla libertà salvaguarda il rispetto
dell’autonomia della famiglia, mentre – come vorrebbero i socialisti – sarebbe dunque
È vero che anche altri Pontefici prendevano la parola rispetto alla questione sociale ed anche
alla libertà, es. LEONE XII, enc. Ubi primum (da una parte il condannare l’indifferentismo, che ha
come conseguenza negativa la tolleranza e il liberalismo, e dall’altra la affermazione del
principio della stretta unione fra trono ed altare), GREGORIO XVI, enc. Mirari vos (il condannare i
principi del liberalismo religioso e politico), PIO IX, enc. Quanta cura (la critica alla rivoluzione
francese e al risorgimento italiano, facendo cenno alla libertà di pensiero illuminista come
‚libertà di perdere se stessi‛; il condannare la libertà di coscienza e di stampa) o BENEDETTO XV,
Appello ai Capi dei popoli belligeranti ed enc. Pacem Dei (dedicata al tema della pace e della
riconciliazione tra i cristiani).
6 Tra l’altri Quod apostolici muneris (1878) sugli sbagli del socialismo e comunismo, Diuturnum
illud (1881) sull’origine del potere civile, Immortale Dei (1885) sulla costituzione cristiana degli
Stati, Libertas prestantissimum (1888) sulla libertà, Sapientiae christianae (1890) sui principali
doveri del cristiano, in rapporto alla Chiesa e in rapporto allo Stato, Graves de communi (1901)
sulla democrazia cristiana.
7 B. SORGE, Introduzione alla dottrina sociale della Chiesa…, cit., p. 31.
8 Cfr. LEONE XIII, Rerum novarum, n. 6.
9 Cfr. ibidem, n. 9.
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‚un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel
santuario della famiglia‛10.
Il tema della libertà appare presentare le vere soluzioni dei problemi di allora.
Appellandosi alla descrizione di Genesi ed alla ‚spaccatura‛, che il peccato ha causato
nel campo dell’umano lavoro, il Pontefice sottolinea che da quel momento il lavoro
‚impose poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità‛. E
perciò i cantori ‚della falsa libertà‛ sono tutti coloro ‚che dicono di poterlo fare e
promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto,
illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi di quelli
attuali‛11.
Il Papa scrive sulla libertà, quando richiama i doveri, sia dei padroni che dei lavoratori,
sulla questione del contratto di lavoro e sul rispetto della libetà religiosa, sul diritto alla
libertà del possesso, ossia il giusto salario, la cui quantità ‚la determina il libero
consenso delle parti‛12. In seguito, in riferimento al ruolo sociale dello Stato, Leone XIII
adduce il catalogo degli obblighi fondamentali dello Stato nell’ambito della questione
operaia, sottolineando nello stesso tempo che questo potere non è illimitato. Esistono
però alcuni particolari casi dell’intervento dello Stato, tra i quali si trova la protezione
della dignità dell’uomo13. Lo Stato, al fine che si formino giusti rapporti sociali, non
può vietare alcune attività fondate sulla natura dell’uomo14.
Quaranta anni dopo Pio XI ha pubblicato l’enciclica Quadragesimo anno (1931) «sulla
ricostruzione dell’ordine sociale nel 40° anniversario della Rerum novarum», in cui
dedica molto spazio alla questione della pubblica autorità e dell’uso dei beni15. Inoltre
Cfr. ibidem, n. 11. In effetti l’introduzione della comunanza dei beni sarebbe minaccia di
disaccordo sociale, poiché ‚offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e
turba la pace comune‛, quello che è il diretto pericolo della libertà, cfr. ibidem, n. 12.
11 Ibidem, n. 14.
12 Cfr. ibidem, nn. 16-17. 19. 34. Cfr. N. KOSHY, Religious freedom in a changing world, WCC
Publications, Geneva 1992.
13 Cfr. ibidem, n. 32.
14 Ibidem, n. 38. Successivamente ciò è lo causato dal postulato della libertà e dal ‚diritto di
scegliere per i loro consorzi quell’ordinamento che giudicano più confacente al loro fine‛,
ibidem, n. 42.
15 Cfr. PIO XI, Quadragesimo anno, n. 49.
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egli ricorda la cosiddetta ‚ipoteca morale‛ con riferimento ai redditi liberi16 e la libertà
di formare libere associazioni17. La questione della libertà appare anche in occasione
della riflessione critica sulla libera concorrenza, dalla quale – a suo parere – ‚come da
fonte
avvelenata,
sono
derivati
tutti
gli
errori
della
scienza
economica
individualistica‛18. Molto criticamente il Papa si occupa del sistema, che oggi
chiameremmo ‘liberalismo’. Da una parte il nostro Autore attinge alla storia e scrive:
‚Vi fu un tempo infatti in cui vigeva un ordinamento sociale che, sebbene non del tutto
perfetto e in ogni sua parte irreprensibile, riusciva tuttavia conforme in qualche modo
alla retta ragione, secondo le condizioni e le necessità dei tempi‛; d’altra parte giudica
questo sistema dal punto di vista contemporaneo: ‚ora quell’ordinamento è già da gran
tempo scomparso‛. Il motivo di tale stato delle cose è tra l’altro la scorretta concezione
di libertà ‚e ciò veramente non perché non abbia potuto, col progredire, svolgersi e
adattarsi alle mutate condizioni e necessità di cose e in qualche modo venire
dilatandosi, ma perché piuttosto gli uomini induriti dall’egoismo ricusarono di
allargare, come avrebbero dovuto, secondo il crescente numero della moltitudine, i
quadri di quell’ordinamento, o perché, traviati dalla falsa libertà e da altri errori e
intolleranti di qualsiasi autorità, si sforzarono di scuotere da sé ogni restrizione‛19. Ciò
conduceva alla concentrazione di forze e di potere nelle mani dei padroni, i quali ‚sono
in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e
hanno in mano, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro
volontà, potrebbe nemmeno respirare‛20. Una tale situazione ‚è il frutto naturale di
quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè,
spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza‛21.
Da parte di Pio XI anche i concetti socialisti hanno un giudizio severo; egli rileva un
errore, che turba la libertà, poiché secondo tali concetti ‚il possedere una maggiore
Cfr. ibidem, nn. 50. 63.
Cfr. ibidem, n. 45. 87.
18 Ibidem, n. 89.
19 Cfr. ibidem, n. 98.
20 Ibidem, n. 106.
21 Ibidem, n. 107.
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abbondanza di ricchezze che possa servire alle comodità della vita, è stimato tanto che
gli si debbono posporre i beni più alti dell’uomo, specialmente la libertà, sacrificandoli
tutti alle esigenze di una produzione più efficace‛22. E per tanto la valutazione finale
del modello di società socialista è più evidente, critica ed assolutamente negativa,
anche dal punto di vista del principio della sussidiarietà23.
Pio XII, sebbene non abbia scritto nessuna enciclica sociale, tuttavia ha dato un
notevole contributo all’insegnamento sociale della Chiesa attraverso una serie di lettere
e messaggi24 ed è considerevole anzitutto il suo Radiomessaggio nel 50° anniversario
della “Rerum novarum”, diffuso il giorno di Pentecoste del 1941. Il Pontefice,
apprezzando la rilevante importanza della ‚magna charta‛ dell’ordine sociale, in
riferimento alla tematica statale e al significato della libertà, ricorda: ‚E mentre lo Stato,
nel secolo decimonono, per soverchio esaltamento di libertà, considerava come suo
scopo esclusivo il tutelare la libertà con il diritto, Leone XIII lo ammonì essere insieme
suo dovere l’applicarsi alla provvidenza sociale, curando il benessere del popolo intero
e di tutti i suoi membri, particolarmente dei deboli e diseredati, con larga politica
sociale e con creazione di un diritto del lavoro‛25. Tra i diritti e i doveri fondamentali,
che la legge statale deve salvaguardare si trovano la libertà religiosa, il diritto di
educazione dei figli e ‚il diritto a una ragionevole libertà nella scelta dello stato e nel
seguire una vera vocazione‛26.
In seguito, nel contesto della questione attinente all’uso di beni materiali, Pio XII
ricorda le indicazioni dei suoi Predecessori, che ‚l’ordine naturale, derivante da Dio,
richiede anche la proprietà privata e il libero reciproco commercio dei beni con scambi
e donazioni, come pure la funzione regolatrice del potere pubblico su entrambi questi
Ibidem, n. 119.
Questo principio è stato giudicato come importantissimo dalla «filosofia sociale» (ibidem, n.
80); cfr. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 186; cfr. O. VON NELL-BREUNING, Sulla
riforma sociale. Riflessioni sul principio di sussidiarietà, in ‚Etica ed economia. Materiali della
tradizione cristiana. Supplemento a «La società»‛, 6/2008, pp. 37-48.
24 Cfr. J. A. MERKLE, From the Heart of the Church…, cit., pp. 122-124.
25 Ibidem; cfr. PIO XII, Radiomessaggio di Pentecoste (1° giugno 1941), n. 9.
26 Ibidem, n. 21.
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istituti‛27. Per di più, nel riferimento alla libertà, il Papa sottolinea che la tutela del
diritto originario sull’uso dei beni materiali ‚assicurerà la dignità personale dell’uomo,
e lo agevolerà l’attendere e il soddisfare in giusta libertà a quella somma di stabili
obbligazioni e decisioni, di cui è direttamente responsabile verso il Creatore‛28. Questo
diritto deve assicurare a ogni uomo – e soprattutto al padre di famiglia – la sana libertà,
‚di cui ha bisogno, per poter adempiere i doveri assegnatigli dal Creatore, concernenti
il benessere fisico, spirituale e religioso della famiglia‛29.
2- I documenti del Concilio Vaticano II e dei Papi conciliari
Un passo da gigante nello sviluppo dell’insegnamento sociale della Chiesa è compiuto
sia dai documenti del Concilio Vaticano II, sia dal magistero dei due papi conciliari –
Giovanni XXIII e Paolo VI. Papa Giovanni ha rivolto il volto della Chiesa verso il
mondo, condividendo in tal modo l’ottimismo dominante ai suoi tempi. Il suo
atteggiamento, insegnamento e decisioni esprimevano «la spiritualità gradita al
mondo», il che è manifestato dalle due encicliche30. In Mater et magistra (1961), «sui
recenti sviluppi della questione sociale, alla luce della dottrina cristiana», l’Autore
‚offre una visione planetaria della questione sociale‛31, in cui sovente si appella al
significato della libertà quando mantiene la critica alla libera concorrenza senza alcun
limite32. Non reggono alla critica papale anche le tesi dei comunisti, subordinate
esclusivamente alla prosperità temporale, ‚con grave pregiudizio della libertà‛33. In
seguito, criticando la libera concorrenza, secondo Pio XI, osserva che la stessa, in virtù
di una dialettica ad essa intrinseca, aveva finito per distruggere se stessa o quasi. In
Ibidem, n. 13.
Ibidem, n. 14.
29 Ibidem, n. 22. In altro passo, facendo attenzione alla necessità del miglioramento delle
condizioni di vita della famiglia, il Papa pone una domanda: ‚Se oggi il concetto e la creazione
di spazi vitali è al centro delle mete sociali e politiche, non si dovrebbe forse, avanti ogni cosa,
pensare allo spazio vitale della famiglia e liberarla dai legami di condizione, che non
permettono neppure la formazione dell'idea di un proprio casolare?‛, ibidem, n. 24.
30 Cfr. J. A. MERKLE, From the Heart of the Church…, cit., pp. 132-135.
31 Cfr. H. CARRIER, Dottrina sociale…, cit., pp. 115-116.
32 Cfr. GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, nn. 7. 15.
33 Ibidem, n. 22.
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
effetti l’autentica libertà è stata soppressa, alla libertà di mercato è subentrata
l’egemonia economica34.
Giovanni XXIII, sul canovaccio della riflessione sul principio della sussidiarietà,
nonostante difenda l’intervento economico dello Stato, sottolinea tuttavia che la sua
presenza ‚in campo economico, anche se ampia e penetrante, non va attuata per
ridurre sempre più la sfera di libertà dell’iniziativa personale dei singoli cittadini‛, ma
anzi per garantire a quella sfera la maggiore ampiezza possibile nell’effettiva tutela e
per facilitare ‚il libero svolgimento delle attività produttive‛35. Inoltre il Pontefice attira
l’attenzione sulla questione delle associazioni professionali e dei movimenti sindacali
‚ispiratisi ai principi della convivenza e rispettosi della libertà delle coscienze‛36.
Invece, in polemica sulla proprietà privata, ne conferma, il valore e la fondatezza:
‚inoltre, storia ed esperienza attestano che nei regimi politici, che non riconoscono il
diritto di proprietà privata sui beni anche produttivi, sono compresse o soffocate le
fondamentali espressioni della libertà; perciò è legittimo dedurre che esse trovino in
quel diritto garanzia e incentivo.‛37 Per questo ne esiste un estremo bisogno, affinché
‚sia garanzia dell’essenziale libertà della persona e al tempo stesso un elemento non
sostituibile dell’ordine della società‛38.
Ancora durante la sessione del Conciclio, Papa Giovanni ha pubblicato l’enciclica
Pacem in terris (1963), «sulla pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia,
nell’amore, nella libertà», in cui non c’è una trattazione dei temi della pace e della
guerra, ma essa enuncia e sviluppa le condizioni per poter realizzare una convivenza
nella pace39. Sin dall’inizio del documento, il Pontefice sottolinea che Dio ha creato
Cfr. ibidem, n. 24. Allorché solleva la questione «della socializzazione», il Papa sottolinea
l’aspetto della libertà e ricorda che lo sviluppo della vita sociale non è il prodotto di forze
naturali operanti deterministicamente, ma ‚è creazione degli uomini, esseri consapevoli, liberi e
portati per natura ad operare in attitudine di responsabilità‛, cfr. ibidem, n. 49.
35 Ibidem, n. 42.
36 Ibidem, n. 89.
37 Ibidem, n. 96.
38 Ibidem, n. 98; al ruolo, il quale nell’opera di liberazione il Pontefice assegna alla Chiesa e a tutti
i credenti cfr. ibidem, nn. 167. 213.
39 Cfr. G. NERVO, Giustizia e pace si baceranno. Educare alla giustizia, Messaggero di Sant’Antonio –
Editrice, Padova 2008, p. 18.
34
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
l’uomo intelligente e libero, a sua immagine e somiglianza, costituendolo signore
dell’universo40. Espressione del rispetto della libertà è il rispettare tutti i diritti
dell’uomo. Proponendo un catalogo di questi diritti, il Papa – in riferimento alla libertà
– nota che ‚ogni essere umano ha il diritto al rispetto della sua persona; alla buona
reputazione; alla libertà nella ricerca del vero, nella manifestazione del pensiero e nella
sua diffusione, nel coltivare l’arte, entro i limiti consentiti dall’ordine morale e dal bene
comune; e ha il diritto all’obiettività nella informazione‛41; una particolare attenzione
egli dedica alla libertà religiosa42.
Successivamente
il
nostro
Autore
sottolinea
che
i
diritti
naturali
‚sono
indissolubilmente congiunti, nella stessa persona che ne è il soggetto, con altrettanti
rispettivi doveri‛. Quale esempio di tale reciprocità, il Papa accenna al ‚diritto ad un
dignitoso tenore di vita con il dovere di vivere dignitosamente; e il diritto alla libertà
nella ricerca del vero è congiunto con il dovere di cercare la verità‛43. Fra le condizioni
del governo della attività sociale e politica l’enciclica ricorda che la dignità umana esige
che la persona ‚operi consapevolmente e liberamente‛44. Inoltre, un importante spazio
occupa nell’enciclica l’argomento della libertà nella dimensione internazionale45.
Sottolineando l’importanza dei principi morali, che devono costituire il fondamento
dei reciproci rapporti fra gli Stati, il Pontefice accentua che essi sono stabiliti secondo il
principio di libertà, che deve denotare una cooperazione che ‚va attuata nel più grande
rispetto per la libertà delle comunità politiche in fase di sviluppo‛46. In nome della
libertà il Papa rivendica l’aiuto ai profughi politici, biasimando i regimi politici ‚che
non assicurano alle singole persone una sufficiente sfera di libertà, entro cui al loro
spirito sia consentito respirare con ritmo umano‛47.
Cfr. GIOVANNI XXIII, Pacem in terris, nn. 2. 5.
Ibidem, n. 7.
42 Ibidem, n. 8. Sul tema del diritto alla libertà nella scelta del proprio stato cfr. ibidem, n. 9 ed alla
libertà di coscienza cfr. ibidem, n. 28.
43 Ibidem, n. 14.
44 Ibidem, n. 17.
45 Cfr. ibidem, n. 23. 24.
46 Ibidem, n. 66; cfr. ibidem, n. 47.
47 Ibidem, n. 57.
40
41
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
In seguito, quale frutto dell’aggiornamento conciliare, fra la ricchezza dei suoi messaggi,
vi sono – in riferimento alla libertà – anzi tutto due documenti, entrambi mostrano
l’importanza della libertà per la Chiesa e per lo Stato democratico. La Dichiarazione
“Dignitatis humanae” «sulla libertà religiosa» sin dall’inizio pone e apprezza due
fondamentali postulati dell’età contemporanea – la consapevolezza della dignità della
persona e la libertà: ‚Parimenti, gli stessi esseri umani postulano una giuridica
delimitazione del potere delle autorità pubbliche, affinché non siano troppo circoscritti
i confini alla onesta libertà, tanto delle singole persone, quanto delle associazioni.
Questa esigenza di libertà nella convivenza umana riguarda soprattutto i valori dello
spirito, e in primo luogo il libero esercizio della religione nella società.‛48
Vicino alla libertà religiosa si situa la questione di coscienza. Come sottolineano i Padri
Conciliari, da una parte non si deve costringere l’uomo ad agire contro la sua
coscienza, dall’altra non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa,
soprattutto in campo religioso49.
La libertà religiosa non si limita alle singole persone, poiché i gruppi religiosi sono
postulati dalla natura sociale tanto dell’uomo, quanto della stessa religione. E perciò a
tali gruppi ‚deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura
coercitiva nel reggersi secondo norme proprie‛, ‚il diritto di non essere impediti di
insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede‛ o il diritto di dar vita ad
associazioni educative, culturali, caritative e sociali50. Pure ad ogni famiglia compete il
diritto di ordinare liberamente la propria vita religiosa51. Insolitamente importante e
attuale, specie oggi, è la ammonizione che la libertà religiosa appartiene agli inviolabili
Dignitatis humanae, n. 1. Definendo la sola nozione di libertà religiosa, il Concilio dichiara: ‚Il
contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da
parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia
religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti,
di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o
associata.‛, ibidem, n. 2.
49 Cfr. ibidem, n. 3.
50 Cfr. ibidem, n. 4.
51 Cfr. ibidem, n. 5.
48
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
diritti della persona umana, tutelare e promuovere quali è dovere essenziale di ogni
potere civile52.
In seguito, dal «proemio» della Costituzione “Gaudium et spes‛ «sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo» si può intravedere il destinatario del documento e la sua
condizione di schiavitù e di libertà53. Ciononostante i Padri Conciliari si riferiscono al
rispetto del valore di libertà, indicando contemporaneamente la sua paradossalità:
‚Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto
sorgono nuove forme di schiavitù sociale e psichica‛54. Insolitamente, un posto
importante prendono le considerazioni sul tema della relazione fra libertà e bontà. A
buon diritto, allo stesso tempo, si stima grandemente e si persegue con ardore la
libertà. Spesso però essa si coltiva ‚in modo sbagliato, quasi sia lecito tutto quel che
piace, compreso il male‛. Invece nella luce della rivelazione la vera libertà ‚è nell’uomo
un segno privilegiato dell’immagine divina‛. L’uomo acquista tale libertà, scelta
consapevolmente e liberamente, quando ‚liberandosi da ogni schiavitù di passioni,
tende al suo fine mediante la scelta libera del bene e se ne procura con la sua diligente
iniziativa i mezzi convenienti‛55.
La questione della libertà riappare nel corso delle considerazioni dedicate all’ateismo,
specie in una forma sistematica56. In seguito, tra i compiti della Chiesa nel mondo
contemporaneo, è l’aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui, dove i valori
principali, cautelanti la dignità umana e la libertà, sono la fede e il Vangelo. Inoltre,
salvaguardando la libertà, la Chiesa stessa deve restare assolutamente libera da
qualunque legame con sistemi politici, economici e sociali57.
Nel campo delle questioni della vita economico-sociale, si rileva fra l’altro la necessità
dell’attività delle libere associazioni, si sottolineano gli errori tanto delle dottrine che,
Cfr. ibidem, nn. 6-7.
Cfr. Gaudium et spes, n. 2. Cfr. R. D’Ambrosio, La “Gaudium et spes” e il rilancio del magistero
sociale della Chiesa Cattolica, in Dottrina sociale della Chiesa…, cit., pp. 121-156.
54 Ibidem, n. 4.
55 Cfr. ibidem, n. 17.
56 Tra le forme dell’ateismo moderno non va trascurata quella che si aspetta la liberazione
dell’uomo soprattutto dalla sua liberazione economica e sociale, cfr. ibidem, n. 20.
57 Cfr. ibidem, n. 41. 42.
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‚in nome di un falso concetto di libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto
delle dottrine che sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi
all’organizzazione collettiva della produzione‛58. La libertà quale fondamentale valore
viene richiamata nell’ambito delle considerazioni relative alle condizioni di lavoro e di
tempo libero59 e alla partecipazione nell’impresa e nell’indirizzo economico generale60.
Infine la vita della comunità politica, che rivela un fine del potere, deve dirigere ‚le
energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in forma meccanica o dispotica, ma
prima di tutto come forza morale che si appoggia sulla libertà e sul senso di
responsabilità‛61. Descrivendo i reciproci rapporti fra la comunità politica e la Chiesa,
si profila l’importante postulato del ruolo della Chiesa, che ‚predicando la verità
evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con la
testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la
responsabilità dei cittadini‛62.
Due anni dopo la fine della sessione del Concilio Vaticano II, Paolo VI pubblicò
l’enciclica Populorum progressio (1967) «sullo sviluppo dei popoli», ‚che affronta la
nuova situazione di un mondo caratterizzato dall’internazionalizzazione dei problemi
economici‛63. Se è vero che ‚la famosissima epitome della Populorum progressio: «Lo
sviluppo è il nuovo nome della pace» (PP n. 87) evoca con forza l’imperativo morale,
individuale e collettivo, di operare incessantemente per lo sviluppo dei popoli, di tutti
Cfr. ibidem, n. 65.
Cfr. ibidem, n. 67.
60 Cfr. ibidem, n. 68. Anche la proprietà privata possiede il suo aspetto di libertà, cfr. ibidem, n. 71.
61 Ibidem, n. 74. Qui ritroviamo le ragioni per le quali la Chiesa appoggia l’ordine democratico:
‚È dunque evidente che la comunità politica e l’autorità pubblica hanno il loro fondamento
nella natura umana e perciò appartengono all’ordine fissato da Dio, anche se la determinazione
dei regimi politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei
cittadini‛, cfr. ibidem, n. 74; anche sul tema di particolare vocazione di cristiani nella comunità
politica cfr. ibidem, n. 75.
62 Anche col riferimento alla promozione della pace e alla comunità delle nazioni, la libertà
diventa il valore di base, cfr. ibidem, nn. 77-78.
63 H. CARRIER, Dottrina sociale…, cit., p. 35.
58
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popoli‛64, dunque occorre una riflessione assiologica, che il Pontefice assume. Ebbene,
nel contesto di una negativa comprensione della libertà, Paolo VI sottolinea anzitutto i
tentativi dei popoli ‚in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi‛ dai vari
pericoli e limitazioni65. In altro punto richiama la reciprocità di relazione tra «vocazione
e crescita» e sottolinea di pari passo il rilevante valore del libero arbitrio: ogni uomo
‚dotato d’intelligenza e di libertà, è responsabile della sua crescita, così come della sua
salvezza‛66.
In seguito, nell’ambito economico il Papa ricorda che ‚tutti gli altri diritti, di
qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e del libero commercio, sono
subordinati‛ alla destinazione universale dei beni67 e per questo respinge le concezioni
economiche liberali68. In altro luogo, facendo notare l’ambivalenza del lavoro e il
rischio di disumanizzare il suo esecutore, divenuto suo schiavo, il Pontefice sottolinea
che ‚il lavoro è umano solo se resta intelligente e libero‛. Postula contemporaneamente
una presenza delle iniziative private e dei corpi intermedi per la realizzazione dei
programmi e la pianificazione dello sviluppo: ‚evitando in tal modo il pericolo d’una
collettivizzazione integrale o d’una pianificazione arbitraria che, negatrici di libertà
come sono, escluderebbero l’esercizio dei diritti fondamentali della persona umana‛69.
L’autentico sviluppo deve restare al servizio dell’uomo: ‚liberare l’uomo dalle sue
servitù‛70, rivelare il valore della famiglia, che appartiene ‚alle libertà fondamentali
della persona‛71, prendere in considerazione le questioni demografiche stimando
T. COZZI, Sviluppo, in Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Scienze sociali e Magistero, a cura
del CENTRO DI RICERCHE PER LO STUDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, Vita e Pensiero,
Milano 2004, p. 604.
65 Cfr. PAOLO VI, Populorum progressio, n. 1. 6.
66 Ibidem, n. 15.
67 Cfr. ibidem, n. 22.
68 Paolo VI descrive questa concezione come un sistema ‚che considerava il profitto come
motore essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia,
la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto, senza limiti né obblighi
sociali corrispondenti‛, ibidem, n. 26; cfr. ibidem, n. 34.
69 Ibidem, n. 33.
70 Ibidem, n. 34.
71 Ibidem, n. 36.
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inoltre ‚la legge morale e il rispetto della giusta libertà della coppia‛72, proteggere la
libertà d’azione e dell’appartenenza alle organizzazioni professionali73 e salvaguardare
– in nome di un legittimo pluralismo – la libertà e provocare l’emulazione74.
Successivamente, in occasione dell’80° anniversario della pubblicazione dell’enciclica
Rerum novarum, Paolo VI ha indirizzato la lettera apostolica al cardinale Maurice Roy,
Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici e del Pontificio Consiglio per Giustizia e
per la Pace Octogesima adveniens (1971); tale lettera modifica la metodologia
dell’insegnamento sociale della Chiesa e invita le comunità cristiane a studiare e ad
applicare le parole evangeliche alle situazioni concrete75. Rilevando le differenze delle
situazioni dei cristiani nel mondo, Paolo VI nota che ‚in alcuni paesi essi sono ridotti al
silenzio, tenuti in sospetto e per così dire messi al margine della società, inquadrati
senza libertà in un sistema totalitario‛76. Pure nel contesto di nuovi problemi sociali,
non mancano i luoghi per l’argomento della libertà77; il Pontefice, mostrando le
tendenze fondamentali e gli indirizzi ideologici, accenna a che attualmente si manifesta
una doppia tendenza: ‚aspirazione all’uguaglianza, aspirazione alla partecipazione:
due forme della dignità e della libertà dell’uomo‛78.
Un importante spazio nel documento papale occupa il capitolo «ideologie e libertà
umana». Paolo VI chiaramente appura che ‚il cristiano che vuol vivere la sua fede in
un’azione politica‛ non può dare la propria adesione all’ideologia marxista, ‚al suo
materialismo ateo, alla sua dialettica di violenza e al modo con cui essa riassorbe la
libertà individuale nella collettività, negando insieme ogni trascendenza all’uomo e alla
sua storia, personale e collettiva‛79. Una critica non meno pesante il Papa rivolge
Ibidem, n. 37.
Cfr. ibidem, n. 38.
74 Ibidem, n. 39.
75 Cfr. ibidem, pp. 158-165; cfr. J. A. MERKLE, From the Heart of the Church…, cit., pp. 151-156.
76 PAOLO VI, Octogesima adveniens, n. 3.
77 Il Papa esprime la cura e la preoccupazione per il bene dei giovani (cfr. ibidem, n. 13); nutre la
speranza col riferimento al perfezionamento della legislazione rispetto alle donne (cfr. ibidem);
solleva la questione delle condizioni di sano sviluppo della famiglia (cfr. ibidem, n. 18); ricorda
l’importanza assunta dai mezzi comunicazione sociale (cfr. ibidem, n. 20)
78 Ibidem, n. 22.
79 Ibidem, n. 26. Cfr. ibidem, n. 32-34.
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all’ideologia liberale ‚che ritiene di esaltare la libertà individuale sottraendola a ogni
limite, stimolandola con la ricerca esclusiva dell’interesse e del potere, e considerando
la solidarietà sociale come conseguenza più o meno automatica delle iniziative
individuali e non già quale scopo e criterio più vasto della validità dell’organizzazione
sociale‛80.
Altra ambiguità, che il Papa rileva, concerne il progresso: esso appariva ‚come lo
sforzo di liberazione dell’uomo nei confronti delle necessità della natura e delle
coartazioni sociali; era la condizione e la misura della libertà umana‛. Presto però
diventava una ideologia di consumismo e pragmatismo. Invece l’autentico progresso
deve consistere ‚nello sviluppo della coscienza morale che condurrà l’uomo ad
assumersi solidarietà allargate e ad aprirsi liberamente agli altri e a Dio‛81. In questo
contesto il Pontefice analizza il senso cristiano dell’attività politica, che deve sempre
avere davanti agli occhi il funzionamento ‚nel rispetto delle legittime libertà degli
individui, delle famiglie e dei gruppi sussidiari‛82.
3- I documenti di due recenti pontificati
Straordinariamente un luogo importante nel corso dello sviluppo dell’insegnamento
sul tema della libertà e sul modo di acquisirla in contesto democratico hanno i
documenti di due recenti pontificati. Giovanni Paolo II ha pubblicato tre encicliche
sociali in ognuna delle quali ha trattato un altro tema importante. Da una parte la sua
Ibidem. Cfr. ibidem, n. 35.
Cfr, ibidem, n. 41. Perché facendo derivare gli umani desideri di liberazione ‚dal bisogno e
dalla dipendenza‛, Paolo VI ricorda nel contempo: ‚questa liberazione s’inizia con la libertà
interiore che essi devono recuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi riusciranno
se non tramite un amore che trascenda l’uomo, e, di conseguenza, tramite un’effettiva
disponibilità al servizio. Altrimenti, e lo si vede fin troppo, anche le più rivoluzionarie ideologie
otterranno soltanto un cambio di padroni: insediati a loro volta al potere, i nuovi padroni si
circondano di privilegi, limitano le libertà e permettono che si instaurino altre forme di
ingiustizia‛, cfr. ibidem, n. 45.
82 Cfr. ibidem, n. 46. 47
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visione è la fedele continuazione dell’insegnamento dei Predecessori, dall’altra parte è
la viva e creativa reazione ai cambiamenti nel mondo contemporaneo83.
Considerando il rapporto fra il lavoro e l’uomo, l’enciclica Laborem exercens (1981)
«sul lavoro umano nel 90° anniversario della Rerum novarum» rivela due dimensioni
del lavoro: in senso oggettivo (la tecnica) e in senso soggettivo (l’uomo-soggetto del
lavoro). Analizzando il lavoro in senso oggettivo, e il progresso tecnologico ad esso
collegato, il pontefice indica una minaccia, che qui si nasconde. Non dimenticandone
le molte virtù, si deve anche ricordare che ‚è un fatto, peraltro, che in alcuni casi la
tecnica da alleata può anche trasformarsi quasi in avversaria dell’uomo, come quando
la meccanizzazione del lavoro «soppianta» l’uomo, togliendogli ogni soddisfazione
personale e lo stimolo alla creatività e alla responsabilità; quando sottrae l’occupazione
a molti lavoratori prima impiegati, o quando, mediante l’esaltazione della macchina,
riduce l’uomo ad esserne il servo‛84. In seguito, scrivendo sul lavoro in senso
soggettivo, il cui soggetto è un uomo libero e responsabile, il Papa sottolinea ‚che il
lavoro umano abbia un suo valore etico, il quale senza mezzi termini e direttamente
rimane legato al fatto che colui che lo compie è una persona, un soggetto consapevole e
libero, cioè un soggetto che decide di se stesso‛85.
Inoltre il Pontefice conferma gli argomenti dei suoi Predecessori, i quali indirettamente
e direttamente toccano di fatto la libertà: il giusto ordine dei valori, la solidarietà, la
dignità della persona, i rapporti sociali e il modello della società, il ruolo del capitale e
la priorità del lavoro, le minacce (l’economicismo e il materialismo), la proprietà, i
diritti degli uomini del lavoro, il problema dell’occupazione, il giusto salario, i
sindacati o la dimensione teologica del lavoro86.
In seguito, esaminando il panorama del mondo contemporaneo, Giovanni Paolo II
nell’enciclica Sollicitudo rei socialis (1987) «nel 20° anniversario della Populorum
progressio» indica le numerose forme in cui estende la povertà, sia materiale che
Cfr. A. DULLES, The Splendor of Faith. The Theological Vision of Pope John Paul II, The Crossroad
Publishing Company, New York 1999, pp. 211-224.
84 GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, n. 5.
85 Ibidem, n. 6.
86 Cfr. ibidem, nn.7-10. 12-14. 16. 18-20.
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spirituale, tra l’altro la negazione o la limitazione dei diritti umani87. Il Papa si riferisce
anche alla situazione geopolitica di allora e durante «la guerra fredda», il conflitto di
due ideologie. Ciò che le differenzia tra loro e il ‚riferimento a due visioni così diverse
dell’uomo, della sua libertà e del suo ruolo sociale, ha proposto e promuove, sul piano
economico, forme antitetiche di organizzazione del lavoro e di strutture della
proprietà, specialmente per quanto riguarda i cosiddetti mezzi di produzione‛88.
Riferendosi alla propria concezione dello sviluppo, il Pontefice sottolinea che, per
essere pieno, esso ‚deve realizzarsi nel quadro della solidarietà e della libertà, senza
sacrificare mai l’una e l’altra per nessun pretesto‛. Facendo notare il carattere morale
dello sviluppo l’Autore afferma che la verità, ‚il dominio accordato dal Creatore
all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di «usare e abusare», o
di disporre delle cose come meglio aggrada‛89. Inoltre Il Papa richiama i paesi che ne
hanno bisogno alla adozione di alcune misure: ‚Ciascuno deve scoprire e utilizzare il
più possibile lo spazio della propria libertà.‛90
Nel documento papale non ha potuto mancare un riferimento alla teologia della
liberazione, descritta come ‚un nuovo modo di affrontare i problemi della miseria e del
sottosviluppo, che fa della liberazione la categoria fondamentale e il primo principio di
azione‛. Da un lato Giovanni Paolo II nota ‚che l’aspirazione alla liberazione da ogni
forma di schiavitù, relativa all’uomo e alla società, è qualcosa di nobile e valido‛91,
dall’altra parte sottolinea che il proprio sviluppo deve abbracciare tutte le dimensioni
della vita umana, se vuol essere autentica liberazione. L’ostacolo principale sulla strada
verso la liberazione è ‚il peccato e le strutture da esso indotte, man mano che si
moltiplica e si estende‛. E perciò la risposta cristiana di libertà, con la quale Cristo ci ha
liberati è l’atteggiamento di servizio, dato che il processo dello sviluppo e della
liberazione si concreta in esercizio di solidarietà92.
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, n. 15.
Ibidem, n. 20.
89 Cfr. ibidem, n. 33.
90 Cfr. ibidem, n. 44.
91 Cfr. ibidem, n. 46.
92 Cfr. ibidem, n. 28.
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Due anni dopo la rivoluzione del 1989 il Papa polacco ha pubblicato la sua seguente
lettera – Centesimus annus (1991) «nel centenario della Rerum novarum». Insolitamente
importante nella rilettura del documento di Leone XIII c’è «una prova di
modernizzazione», con una serie di argomenti, pure in riferimento alla libertà. Nel
diritto di adempiere liberamente i doveri religiosi, l’Autore intravede ‚il germe del
principio del diritto alla libertà religiosa‛93. Inoltre nota il carattere antropologico di
errore del sistema socialista94 e ricorda la necessità di salvaguardare le condizioni
prime di un’economia libera95. Quando descrive un errore sul terreno economicosociale, nota che esso ‚consiste in una concezione della libertà umana che la sottrae
all’obbedienza alla verità e, quindi, anche al dovere di rispettare i diritti degli altri
uomini. Contenuto della libertà diventa allora l’amore di sé fino al disprezzo di Dio e
del prossimo, amore che conduce all’affermazione illimitata del proprio interesse e non
si lascia limitare da alcun obbligo di giustizia.‛96
Un importante posto nelle considerazioni papali occupa «l’anno 1989»; il Papa Wojtyła,
nell’interpretazione della lotta, che ha portato a questi cambiamenti, accenna alla
dimensione teologica97 e per questo afferma che questi avvenimenti e le loro
conseguenze ‚non hanno un carattere meccanico o fatalistico, ma sono piuttosto
occasioni offerte alla libertà umana per collaborare col disegno misericordioso di Dio
che agisce nella storia‛98; ma la storia avviene ‚sulla terra‛ e qui bisogna intepretarla99.
Il problema della libertà si mette anche al centro di un’analisi dei regimi totalitari e
autoritari, dove ‚l’uomo è stato costretto a subire una concezione della realtà imposta
con la forza, e non conseguita mediante lo sforzo della propria ragione e l’esercizio
della propria libertà‛100. Nell’ambito della discussione economica, quando si parla della
moderna economia d’impresa se ne sottolineano aspetti positivi, la cui radice è la
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, n. 9.
Cfr. ibidem, n. 13.
95 Cfr. ibidem, n. 14.
96 Ibidem, n. 17.
97 Cfr. ibidem, n. 25.
98 Ibidem, n. 26.
99 Cfr, ibidem, n. 25.
100 Ibidem, n. 29.
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libertà della persona101; invece come ‚lo strumento più efficace per collocare le risorse e
rispondere efficacemente ai bisogni‛ si indica il libero mercato102. Trattando del sistema
economico l’Autore criticamente si riferisce al metodo ‚che assicura l’assoluta
prevalenza del capitale, del possesso degli strumenti di produzione e della terra
rispetto alla libera soggettività del lavoro dell’uomo‛; un modello alternativo è
rappresentato da ‚una società del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione‛103.
Poiché l’enciclica considera i problemi sociali anzi tutto da un punto di vista
antropologico, è necessario ricordare che ‚l’uomo che si preoccupa solo o
prevalentemente dell’avere e del godimento, non più capace di dominare i suoi istinti e
le sue passioni e di subordinarli mediante l’obbedienza alla verità, non può essere
libero‛104. La libertà diventa anche uno dei criteri di giudizio del sistema capitalistico105
e dell’ordine democratico106, come pure del ruolo dello Stato nel settore
dell’economia107.
Benedetto XVI, nella sua terza enciclica Caritas in veritate (2009), ha proposto una
riflessione «sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità», che benché parli
della attuale crisi economica e finanziaria, nondimeno ‚l’ha affrontata, non in senso
tecnico, ma valutandola alla luce dei principi di riflessione e dei criteri di giudizio della
Dottrina sociale della Chiesa e all’interno di una visione più generale dell’economia,
dei suoi fini e della responsabilità dei suoi attori‛108. Il Papa attuale già all’inizio tratta
della libertà, alla quale conferisce soprattutto il significato teologico, legandola alla
Cfr. ibidem, n. 32.
Cfr. ibidem, n. 34.
103 Cfr. ibidem, n. 35. Ciononostante si deve ricordare, ‚che la libertà economica è soltanto un
elemento della libertà umana‛, ibidem, n. 39.
104 Cfr. ibidem, n. 41.
105 Cfr. ibidem, n. 42.
106 Cfr. ibidem, nn. 44. 47. 55-56.
107 Cfr. ibidem, n. 48.
108 R. R. MARTINO, L’incontro del Vangelo con i problemi sempre nuovi dell’umanità in Carità Globale.
Commento alla «Caritas in veritate», Fondazione Apostolicam Actuositatem e Libreria Editrice
Vaticana, Roma 2009, p. 15; cfr. AA. VV., Amore e verità. Commento e guida alla lettura dell’Enciclica
«Caritas in veritate» di Benedetto XVI, Paoline Editoriale Libri, Milano 2009.
101
102
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verità109. Da qui deriva anche la missione della Chiesa, che ‚non si esaurisce nelle sue
attività di assistenza o di educazione, ma rivela tutte le proprie energie a servizio della
promozione dell’uomo e della fraternità universale, quando può avvalersi di un regime
di libertà. In non pochi casi tale libertà è impedita da divieti e da persecuzioni o è
anche limitata quando la presenza pubblica della Chiesa viene ridotta unicamente alle
sue attività caritative‛110.
Il Pontefice, definendo «lo sviluppo» come «la vocazione» che ‚richiede una risposta
libera e responsabile‛ rigetta allora ‚i messianismi carichi di promesse, ma fabbricatori
di illusioni‛, negando ‚la dimensione trascendente dello sviluppo‛111. Inoltre tra i
problemi attuali, che intaccano la libertà, egli elenca la costrizione operata dalle
ideologie, ‚che semplificano in modo spesso artificioso la realtà‛112, una limitazione per
i Governi è le libertà sindacali o la capacità negoziale dei sindacati stessi113, la
disoccupazione che mina la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti
familiari e sociali114, la negazione del diritto alla libertà religiosa115. Inoltre nota che il
rigetto di ‚influenze‛ di carattere morale ha portato ‚a sistemi economici, sociali e
politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio
per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano‛116.
Il Papa espone il tema dello sviluppo con riferimento alla globalizzazione, che ‚dovrà
essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico, sia per non ledere la libertà, sia
per risultare concretamente efficace‛117. Oltre ciò ‚il tema dello sviluppo dei popoli è
legato intimamente a quello dello sviluppo di ogni singolo uomo‛, e perciò ricorda, che
‚la persona umana per sua natura è dinamicamente protesa al proprio sviluppo‛. Ad
BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, nn. 1. 9.
Ibidem, n. 11.
111 Cfr. ibidem, n. 17; cfr. F. FELICE, Lo sviluppo umano nel nostro tempo, in Amore e verità…, cit., pp.
37-69.
112 Cfr. ibidem, n. 22.
113 Cfr. ibidem, n. 25.
114 Cfr. ibidem.
115 Cfr. ibidem, n. 29.
116 Cfr. ibidem, n. 34.
117 Ibidem, n. 57. Giova notare che già il Pontefice ha fatto il riferimento al principio di
sussidiarietà, ‚espressione dell’inalienabile libertà umana‛, ibidem.
109
110
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
esso è collegata la libertà, che ‚è originariamente caratterizzata dal nostro essere e dai
suoi limiti. Nessuno plasma la propria coscienza arbitrariamente, ma tutti costruiscono
il proprio «io» sulla base di un «sé» che ci è stato dato‛118.
Cfr. ibidem, n. 68. Nel contesto del problema dello sviluppo, il Pontefice solleva la questione
del progresso tecnologico, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo (cfr. ibidem, n. 69).
Tuttavia la tecnica più di una volta assume un volto ambiguo, giacché ‚l'uomo, interrogandosi
solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire‛ (cfr. ibidem, n. 70) e in
questo modo la sua libertà è minata.
118
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Capitolo II
IL PROBLEMA DELLA LBERTÀ NEL PENSIERO DI LUIGI STURZO
Sulla base dei dizionari tratti dalle principali opere sociologiche di Luigi Sturzo, si può
dire che fra le parole esistenti, ‘libertà’ è una di quelle che ricorre più spesso119. La
libertà, presente in tutte le pagine dei suoi libri, si può chiamare la chiave specifica del
pensiero del sacerdote italiano. La sua teoria sociologica, per tanto, veniva definita
‘sociologia della libertà’;’120 mentre l’Autore sottolineava la sua ‚possibilità di impiego‛
pure, o meglio, in un discorso più ampio, poiché abbracciava sia la dimensione
‘terrestre’ che quella ‘celeste’. Applicando una metafora monetaria, si potrebbe dire che
l’aspirazione alla libertà e la sua importanza possono definirsi ‚un diritto individuale‛
e ‚un rovescio sociale‛, visibile su tutte le tre dimensioni: antropologica, sociologica e
teologica. In tal modo il sacerdote e l’uomo politico di Caltagirone creava una proposta
complessiva, rimasta sinora oggetto di analisi accademiche ed anche stimolo per le
attività di numerosi partiti politici, associazioni civili e iniziative sociali, fondamento di
un sano ordine democratico.
1- La dimensione antropologica: il personalismo
Una comprensione propria e insieme essenziale della libertà trova la sua sorgente nella
dimensione antropologica, al centro della quale è l’uomo. Egli, come persona ‚è «una
sostanza individuale completa di natura intellettuale e padrona delle sue azioni», sui
Il termine ‘libertà’ rappresenta fino al 45% della ‚massa‛ dell’intero testo, cfr. M. JEŻOWSKI,
Socjologia historyczna Luigiego Sturzo [trad. La sociologia storica di Luigi Sturzo], TN KUL, Centro
Internazionale Studi Luigi Sturzo, Lublin-Roma 2003, p. 507-513.
120 Cfr. A. CANALETTI GAUDENTI, Libertà e socialità nel pensiero di Luigi Sturzo, Roma 1963; E. DI
CARLO, Autorità e libertà nel pensiero di Luigi Sturzo, Istituto Internazionale di Studi Europei
‚Antonio Rosmini‛, Bolzano 1961; E. GUCCIONE, Scuola e libertà di insegnamento nel pensiero
politico e sociale di Luigi Sturzo, Libero Seminario Sturziano, Palermo 1985; G. MORRA, Sociologo
della libertà, in A. DI GIOVANNI – E. GUCCIONE (cur.), Politica e sociologia in Luigi Sturzo, Edizione
Massimo, Milano 1981, 168-182.
119
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juris, autonoma, nel senso autentico della parola‛121. Tale vincolo tra l’uomo e la libertà
rimane costitutivo anche per Sturzo, il quale, sia nel suo pensiero sociologico che
politologico, parte dall’individuo concreto, il cui attributo fondamentale è la libertà.
L’uomo razionale è per sua natura un essere libero122, che persegue quasi
istintivamente la libertà personale123, ma soprattutto possiede il libero arbitrio,
conforme alla sua natura spirituale e razionale124. Tuttavia, Sturzo ricorda che ‚la vita
reale è quella degli individui, sia singoli che associati, ed è vita unica e non due vite, ed
è unificante di tutta l’attività che ciascuno dispiega‛125. E perciò egli crea il principio
«individuale-sociale», all’interno del quale si avvera la libertà. E infine la sintesi sociale
«libertà-autorità» che fa sì che l’autorità e la libertà trovino una soluzione nella
integrazione, in un dinamismo dialettico dello spirito; in tal modo si crea nella
consapevolezza dell’uomo in concreto (adunque pure della società) dai due separati
elementi, una nuova comune ed originale posizione126.
1.1- Libero arbitrio
L. Sturzo, ritenendo così importante la posizione del problema della libertà, nella sua
riflessione assai spesso ripeteva, che ‚la libertà umana è una necessaria conseguenza
della nostra natura razionale; non c’è libertà ove non c’è razionalità e viceversa‛ 127.
Sebbene sia vero che per il sociologo di Caltagirone il punto di riferimento siano
soprattutto i processi che ‚esercitano sulla formazione e sull’azione degli individui e
che gli individui esercitano su di loro‛ e ‚quali si ritrovano globalmente nella società e
J. MARITAIN, Tre riformatori: Lutero, Cartesio, Rousseau, Morcelliana, Brescia 1974, p. 59; cfr. F.
FELICE, Il contributo di Luigi Sturzo alle scienze sociali: il problema epistemologico e storigrafico, in
L’opera di Luigi Sturzo nelle scienze sociali, a cura di F. FELICE, Effatà Editrice, Torino 2006, pp. 7-9.
122 Cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi. Sociologia storicista, Nicola Zanichelli Editore,
Bologna 1960, p. 11. 19. 160. 238.
123 Cfr. ibidem, p. 263.
124 Cfr. L. STURZO, La Vera vita. Sociologia del soprannaturale, Nicola Zanichelli Editore,
Bologna1978, pp. 56-57.
125 Ibidem, p. 37.
126 Cfr. G. NIRCHIO, Il pensiero sociale di Luigi Sturzo, Editoriale Ibis, Palermo 1964, pp. 179-180.
127 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 161.
121
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in ogni tipo di collettività, seppure di minor scala‛128, tuttavia egli estende la sua ricerca
anche ad altri campi129. A tale proposito, si trovano le considerazioni dedicate al libero
arbitrio, derivanti dal discorso filosofico-teologico.
Riferendosi agli scritti biblici, facendo riferimento sia a sant’Agostino130 che a san
Tommaso131, Sturzo conferma che la libertà proviene da Dio. ‚Nulla c’è di buono che
non venga da Dio, e la sua impronta è in noi sempre in ogni suo dono‛132. Sturzo
aggiunge una serie di valori, che costituiscono ‚un mistero insondabile, del quale non
abbiamo che i dati analitici della rivelazione‛. Esso sfugge al giudizio dei metodi
scientifici, perchè ‚il mistero supera la nostra facoltà di comprensione‛. In tal modo si
crea un spazio vitale a due dimensioni: ‚E per tanto, noi siamo portati, come farfalla
alla lucerna, a vivere di questo mistero, che è il mistero stesso della giustizia e
misericordia di Dio, il mistero della nostra libertà, dell’esistenza del male morale, dei
nostri rapporti con Dio nella sintesi di natura e di sopra-natura‛133.
Tuttavia la libertà non può essere assoluta: ‚sarebbe inumana, non sarebbe elemento
sociale,
ma
antisociale.
Negherebbe
quel
diritto,
quel
dovere
e
quella
responsabiblità‛134. Di lì risulta anche la comprensibile conclusione che l’origine divina
della libertà è Dio: Egli ‚è autore della società umana, cioè che Egli ha creato l’uomo
sociale e ha imposto i limiti morali ai rapporti degl’individui fra di loro nella unità
effettiva
del
corpo
sociale‛135.
Il
fedele
alla
sua
metodologia
associa
contemporaneamente le proposte antropologiche e quelle sociali:
Sociologia, in L. GALLINO, Dizionario di Sociologia, UTET Libreria, Torino 2009, p. 616.
Egli molto spesso sottolinea, come per esempio quando tratta della libertà, che ‚non parliamo
della libertà dell’individuo metafisicamente concepito, cioè della questione se l’uomo goda di
libero arbitrio. Per una sociologia come la nostra basata sull’esistenza di una coscienza
individuale e sulla sua estrinsecazione nella vita sociale, la libertà dell’individuo è un
presupposto che si dà come dimostrato‛, L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 160.
130 Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., pp. 52-53.
131 Cfr. ibidem, p. 54. Di più sul tema della libertà da Doctor Angelicus et Doctor Universalis in G.
ALFANO, Filosofia e politica in s. Tommaso d’Aquino, Edizioni ‘Impegno Cristiano’, Roma 2007.
132 L. STURZO, Coscienza e politica in L. STURZO, Politica e morale. Coscienza e politica, Nicola
Zanichelli Editore, Bologna 1972, p. 345.
133 Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., p. 52.
134 L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 346.
135 Ibidem, p. 346.
128
129
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‚Se la ricerca dell’origine umana dell’autorità ci porta al popolo come
volontà collettiva, l’origine umana della libertà ci porta alla persona come
individuo. Coloro che negano il libero arbitrio di ciascun uomo, non si sa
come possano poi cantare le lodi delle libertà civili e politiche di un popolo.
Coloro che negano la responsabilità morale delle azioni umane, non si sa
come possano pretendere che tutti i cittadini partecipino al potere dello
stato.‛136
È evidente per il sociologo di Caltagirone un razionalità della nostra natura. D’altro
canto egli sottolinea il significato sociale del libero arbitrio, come pure della libertà
come tale: la libertà individuale si sviluppa sul piano sociale come partecipazione,
come presa di coscienza, come adesione137. Anzi si può parlare di feedback, poiché il
rispetto della libertà sociale ha influenza sull’individuo e sulla moralità:
‚(<) la libertà è una condizione necessaria per lo sbocciare e lo sviluppo
della moralità. Non può esserci vera moralità dove c’è la costrizione; la
moralità si radica molto più profondamente quando una norma comune di
condotta è accettata da tutti, cioè nella misura in cui lo spirito (o ethos)
d’una legge morale si fa sentire.‛138
Concludendo, il filosofo-teologo sottolinea che la vera libertà è anzitutto libertà morale:
‚essa è la base del diritto, è disciplina e ordine, essa è una condizione necessaria alla
pace, sia nell’interno di una nazione, sia nei rapporti internazionali‛139.
1.2- La libertà «individuale-sociale»
Ibidem, p. 346.
Cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 161.
138 L. STURZO, Politica e morale, in L. STURZO, Politica e morale. Coscienza e politica…, cit., p. 61.
Giova notare che la libertà è per Sturzo anche ‚principio dell’autonomia personale‛, che ‚in Dio
trova il punto stabile‛, cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 281.
139 L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 322.
136
137
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Secondo Sturzo, l’esistenza del libero arbitrio è resa evidente dalla conquista della
padronanza di noi stessi, in qualsiasi circostanza possiamo trovarci. Supera i legami
della vita sensitiva; consente la facilità di volere contro i desideri più acuti e vivaci; il
dominio delle passioni e la prontezza di tenerle a freno; una liberazione dell’intelletto
dalla presunzione orgogliosa di voler giudicare tutto; una più amorosa confidenza,
fatta di bontà e di compassione, del prossimo e dei nemci – ‚così si arriva ad una
liberazione progressiva di noi stessi, un acquisto di libertà del nostro volere,
un’assimilazione di noi negli altri, per una specie di volontaria immedesimazione, che
si risolve in una purificazione interiore e in un intenso amore della verità‛ 140. A questi
valori – alla verità e all’amore – si accompagna in concreto una comune comprensione
individuale-sociale:
‚Verità e amore sono, allo stesso tempo, vita del nostro spirito personale e
vita della società; tali vite non sono due, ma una; unica vita individualesociale. Come potrebbe il nostro spirito vivere della verità e dell’amore
senza libertà interiore? Come senza libertà potrebbe il tesoro di verità e di
amore essere riversato nella società?‛141
Adunque la assiologia142, di cui Sturzo si serve, da un lato permette di approfondire la
comprensione della libertà medesima, dall’altro conferma il carattere di due specie,
individuale e sociale. Perciò inequivocabilmente egli afferma, quando prende in
considerazione l’ordine, che ‚la libertà è la stessa autonomia «individuale-sociale» della
quale è garante l’autorità che assicura l’ordine‛143.
Questa connessione di entrambe le dimensioni della libertà si può definire il leitmotiv
proprio del pensiero del politico di Caltagirone. Quasi ad ogni occorrenza egli
Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., pp. 55-56.
Ibidem, p. 56.
142 Affronta la questione della trascendenza «individuale-sociale» nel realizzare la verità e
l’amore, che tende verso la risoluzione in Dio, cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit.,
p. 277.
143 Ibidem, p. 167.
140
141
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sottolinea che la vita sociale non è diversa da quella individuale e di ciò è conferma il
fatto della partecipazione:
‚Perciò anche la libertà individuale si sviluppa sul piano sociale come
partecipazione, come presa di coscienza, come adesione. Quanto più
l’individuo partecipa coscientemente alla vita sociale, tanto più egli è
socialmente libero; d’altra parte, quanto più l’organismo di una data società
in concreto offre ai suoi membri la possibilità di partecipare ad essa, tanto
più vi si sviluppa la libertà sociale.‛144
Ovviamente tale situazione, molto importante per lo sviluppo della democrazia e della
società civile145, sembra riferirsi piuttosto all’ideale che non alla fattispecie. Anche
Sturzo è cosciente di questo, perciò accenna ad altre due eventualità:
‚Sotto questo punto di vista, in ogni società, sia essa la famiglia e lo stato, si
avranno dei membri che disinteressandosi della vita sociale non vi
partecipano che in minima parte; ed egualmente membri che volendo
interessarsi della vita sociale non ne hanno la facoltà, perché ne sono
impediti da un sistema chiuso o monopolistico.‛146
Tale sottolineata necessità di partecipazione, ancora una volta mostra il carattere
concreto dell’opera di Sturzo, la sua sociologia, teologia e filosofia politica. Inoltre,
aspetto pure importante, è confermata la dimensione universale del principio
Ibidem, p. 161.
Sottolineando l’importanza della complessità dell’argomento «la partecipazione», Giovanni
Sartori enumera quattro questioni, alle quali si può collegare la democrazia partecipativa: la
partecipazione ‚nelle categorie degli affari, attenzione, informazione e competenza‛; la
partecipazione ‚per il sostegno «della voce», cioè realizzato nelle categorie della presentazione
democratica‛; il riferimento alla ‚partecipazione nel potere, dunque una reale ed effettiva
partecipazione nel prendere una decisione‛; la partecipazione ‚in quanto ricondotta alla
democrazia vera e diretta‛, cfr. G. SARTORI, The theory of democracy revisited, Chatham House
Publishers, New York 1987, pp. 265-312.
146 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 161.
144
145
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«individuale-sociale», soprattutto con riferimento alla libertà147. Poiché la coscienza
«individuale-sociale» di ordine e di difesa è anzitutto l’origine unica della forma
politica: ‚la realizzazione di un sistema che garantisce l’ordine e ne procura la difesa
interna ed esterna è il fine immediato e specifico di ogni società politica‛148.
1.3- Libertà-autorità
Essenziale caratteristica della concezione di Sturzo è costituita dalle cosiddette sintesi
della socialità149. Gli elementi sociali che mirano alla fusione, e la cui presenza è
necessaria al funzionamento del corpo sociale, creano delle coppie, che per altro
esistono solo nella coscienza umana150. Fra le tre sintesi sociali che Sturzo discute, la
prima riguarda la autorità e libertà (le altre morale e diritto, dualità e diarchia).
Come reiteratamente sottolinea il pensatore di Caltagirone151, la libertà e l’autorità
rimangono sempre nella correlazione: ‚come non è possibile concepire una società
senza autorità (sia pure deviata o abusiva), così non può concepirsi società senza
libertà‛152. Per quanto è vero che un’autorità è la reductio ad unum del corpo sociale, è
comprensibile la commisurazione della libertà alla coësistentia membrorum. Entrambe le
espressioni sono indispensabili alla società e una mancanza di qualunque elemento
conduce sempre al disordine. Ne abbiamo un esempio, quando si tenta di costruire una
società senza libertà:
‚Concepire una società sotto un’autorità e senza libertà è concepire un
aggregato materiale di uomini, nel quale manchi l’elemento coesivo
Spiega Sturzo: ‚Così è della libertà presa in singolare, come principio di autonomia e di
responsabilità personale; così è delle libertà al plurale, come attuazione di quel principio nelle
relazioni sociali‛, L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 323.
148 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 76; cfr. ibidem, pp. 5-6.
149 Come notevole sia questa questione dimostra – oltre a tante definizioni – la struttura della
opera La società, sua natura e leggi. Sociologia storicista, che l’Autore divideva in due parti: la
prima, dove presenta le forme e la seconda, dove discute alle sintesi della socialità.
150 Cfr. G. MORRA, Luigi Sturzo. Il pensiero sociologico, Città Nuova, Roma 1973, p. 37.
151 Sturzo nella sua argomentazione si appella a Cicerone, il quale dice che ‚la libertà è una certa
partecipazione al potere‛, cfr. L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 306.
152 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., pp. 159-160.
147
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spontaneo, che nel caso sarebbe sostituito dalla forza. Un branco di schiavi
catturati e trasportati al mercato non fanno una società.‛153
Tale società perde la propria soggettività, mentre le persone ottengono tutt’al più lo
status dell’individuo, che è lo zero, che è la sciocchezza, come ha scritto Wladimir
Majakowski, l’ideologo comunista russo. Dall’altra parte invece si può osservare una
situazione, in cui la libertà esclude l’autorità:
‚Concepire una società pretesa libera senza autorità sarebbe concepire un
aggregato umano che manca di mezzo organico a raggiungere qualsiasi
scopo sociale. Un esercito sbandato e in fuga, senza capi né comando, non
costituisce una società.‛154
Successivamente questo quadro della società mostra un modello anarchico, nel quale
una mancanza dell’ordine e una atrofia delle strutture di potere inevitabilmente
conducono al caos; la impossibilità simultanea della realizzazione dello scopo sociale
conferma la fondatezza della esistenza della società come tale. Perciò l’Autore
riassume: ‚Senza un minimo di autorità o un minimo di libertà non può concepirsi
società sotto nessun aspetto‛155.
Il concetto di autorità, come quello di libertà, sorge dalla concezione della società
razionale, che si può riconoscere quale punto fisso della sociologia sturziana156. Perciò
l’autorità è stata considerata non come il momento del dominio, l’atto di volontà
arbitrario, la giustificazione della violenza, ma soprattutto come la coscienza attiva
dell’ordine. ‚È vero che l’autorità si concretizza nei capi, nelle famiglie dominatrici,
nelle democrazie selezionate, in quanto la società politica tende alla formazione di
Ibidem, p. 161; cfr. D. ANTISERI, Cattolici a difesa del mercato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005,
pp. 317-408; cfr. ID, Liberali quelli veri e quelli falsi, Rubbettino, Soveria Mannelli 1998, pp. 95-99;
cfr. ID, Liberali e solidali. La tradizione del liberalismo cattolico, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006,
pp. 61-67.
154 L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., pp. 161-162.
155 Ibidem, p. 162.
156 Per l’influenza della concezione sturziana della storia sulla comprensione dell’autorità, cfr. R.
PEZZIMENTI, Sturzo: storia e politica, in L’opera di Luigi Sturzo…, cit., pp. 191-206.
153
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élites, ma l’essenza dell’autorità è la stessa coscienza sociale in quanto diviene coscienza
permanente, attiva, uninificatrice e responsabile‛157. Tuttavia questa idea non ha niente
a che vedere con la limitazione dell’autorità; tutto al contrario, ‚nella costituzione di
ogni organismo, piccolo o grande, parziale o totale, è indispensabile porsi e risolvere il
problema dell’autorità sociale come ordine, e della partecipazione a tale ordine da
parte di tutti gli associati‛158.
Ciononostante Sturzo è realista e sa che l’equilibrio sociale perfetto fra la libertà e
l’autorità non è mai raggiungibile, poiché molte sono le cause che ne alterano i
rapporti. Si hanno due metodi di organizzazione e dello sviluppo di ogni società: il
metodo di autorità e il metodo di libertà. Per metodo di autorità Sturzo intende quello
‚che regola tutta l’attività pubblica per via di legge, che procura la osservanza di
questa mediante la coazione e applicando le pene per i trasgressori, che non lascia
nulla all’iniziativa privata, né permette che l’opinione pubblica formata dai signoli
cittadini o dai vari corpi morali interferisca nella attività del potere politico‛159. E per
ciò quel metodo è antieducativo e deformativo della coscienza sociale. Il metodo di
libertà invece si basa sull’ambiente libero. Tuttavia non è da confondere la libertà con la
licenza. ‚La libertà non è senza limiti come non è senza freni; nella libertà limiti e freni
debbono procedere da convinzione più che da timore; da controllo e disciplina di se
L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 74. In questo contesto è rilevante una
riflessione sul tema dell’origine dell’autorità, insieme alla concezione della provenienza divina
della monarchia. È importante notare che Sturzo rigetta ogni teoria dimostrativa dell’ origine
extra-sociale ed extra-personale della autorità. Non è senza valore, che si oppone
all’insegnamento della Sacra Scrittura e soprattutto alla frase di Paolo di Tarso: ‚Non est enim
potestas nisi a Deo‛. A questo proposito chiarisce, che il passo ‚indica l’esigenza naturale a che
ogni società abbia un organo di autorità. Non ha quindi un significato esclusivo, come se altri
fattori della società (fra i quali la libertà) non vengano da Dio autore della natura; e neppure un
senso di legittimità, come se la formazione in concreto dell’organo dell’autorità venga
direttamente da Dio; né infine un senso attributivo, come se l’attribuzione dei poteri al soggetto
investito di autorità fosse un’azione extra naturale operata mediante speciale intervento
divino‛, L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit, p. 168. Sul tema della origine dell’autorità
sociale nel contesto dell’insegnamento di Leone XIII, cfr. L. STURZO, Chiesa e stato. Studio
sociologico – storico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2001, vol. II, p. 144-148.
158 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 171; cfr. L. STURZO, Coscienza e politica…, cit.,
pp. 355-356.
159 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 187.
157
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stessi più che da minacce esterne, dal valore di una tradizione rispettata e amata, più
che da paure di spie; si tratta di autolimiti e di autofreni‛160. È vero che il metodo di
libertà ‚agevola la cooperazione fra cittadini e governo‛, mentre il metodo di autorità
‚distacca gli uni dall’altro, con la reciproca opposizione‛161; ciononostante fra entrambi
i metodi si deve trovare un equilibrio e un rispetto. Poiché, come osserva il fondatore
del Partito Popolare Italiano, ‚la libertà è nella sua essenza partecipazione al potere; la
libertà organizzata è autorità: l’autorità è libertà organizzata‛162.
2- La dimensione sociologica: la «sociologia del concreto»
La riflessione sturziana, sia sociologica che politologica, trova il suo riferimento nel
carattere della concretezza, chiamata anche storicismo163. Ciò non significa che rimuove
dal campo visivo l’elemento trascendentale, soprannaturale, ma nell’area di ricerca – in
questo caso la comprensione della libertà – esprime la realtà razionale e storicamente
conoscente164. Questo complicato processo, che conduce alla unificazione dei campi
dello scibile e dei significati – un pensiero, un’attività e una consapevolezza – il
pensatore di Caltagirone descrive:
‚Invero, se non può darsi pensiero che non si riannodi al passato
(continuità conoscitiva), né realtà che non derivi da un passato (processo
umano), né personalità che non viva e non abbia radice nel passato
(coscienza storica); così l’elemento storico, comunque prospettato e
Ibidem, p. 189.
Cfr. ibidem, p. 190.
162 L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 355.
163 Sul tema dello storicismo in senso lato cfr. E. TROELTSCH, Lo storicismo e i suoi problemi. Logica e
filosofia materiale della storia, Guida, Napoli 1991; G. CACCIATORE, Storicismo problematico e metodo
critico, Guida, Napoli 1993.
164 „È merito di Sturzo aver saputo individuare la storicità come principio metodico della ricerca
sociologica, portando così la dottrina sociale spiritualistica sul piano della consapevolezza
critica moderna‛, Sturzo Luigi, in Dizionario dei filosofi, a cura del CENTRO DI STUDI FILOSOFICI DI
GALLARATE, G.C. Sansoni Editore, Firenze 1976, p. 1141.
160
161
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sistematizzato, non può mancare all’individualità umana (persona), né alla
sua struttura collettiva (società), né al suo divenire temporale (processo).‛165
In riferimento alla libertà in concreto, Sturzo rifiuta come diametralmente
contraddittorie le teorie deterministiche e volontaristiche e considera solo la libertà nel
suo quadruplice aspetto: come libertà originaria (naturale), essendo la realizzazione
delle libertà individuali sul campo sociale; come libertà organica, garante la libertà di
iniziativa e di associazione, di creazione dei nuovi organi sociali e il loro
funzionamento libero; come libertà finalistica, essendo la consapevole partecipazione in
un finalismo sociale, cioè la libertà di scelta e la realizzazione degli scopi sociali diretti;
come libertà formale, regolata per diritto positivo e compresa quale partecipazione
consapevole al potere, indipendentemente dalla sua forma concreta; in senso stretto
immedesimata con la libertà politica166.
2.1- La libertà originaria
Per prima Sturzo nomina la libertà originaria, che esiste nell’uomo ed ha carattere
sociale167: ‚è l’autonomia della personalità umana, realizzabile in un ordine sociale‛168.
Precisandone il significato con riferimento al potere l’Autore spiega:
‚La libertà originaria riguarda la questione, non ignorata dall’antichità
classica, se l’uomo si sia assoggettato ad un potere politico-sociale
volontariamente, oppure vi sia stato costretto; cioè se di fronte al fatto
L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 17.
Cfr. F. FELICE, Il contributo di Luigi Sturzo alle scienze sociali…, cit., pp. 16-25.
167 Cfr. ibidem, p. 166. In altro passo Sturzo scrive, che la libertà originaria ‚non può mai mancare
nella formazione dei nuclei sociali‛, L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 323. Come
esemplificazione dalla storia contemporanea l’Autore adduce il momento nel quale i
cecoslovacchi nel 1938 ‚furono messi nella alternativa di battersi e soccombere ovvero di cedere
e perdere la libertà, furono posti di fronte al problema fondamentale della libertà originaria; essi
avevano coscienza di possedere una libertà fondamentale, quella di poter decidere della loro
esistenza politica, una volta che veniva rimessa in discussione‛, ibidem, p. 324.
168 Cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 169.
165
166
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sociale vi sia nell’individuo una libertà originaria o invece una originaria
soggezione.‛169
In questo contesto Sturzo inizia una polemica con gli autori delle concezioni che
riducono tale libertà esclusivamente alle procedure legate al potere. Egli passa al vaglio
le teorie di tre pensatori: di Hobbes, per cui ‚il fatto della società, di ogni società di
qualsiasi specie, dipende dalla necessità di associazione che è insita nella natura
umana; nel momento che la società è costituita, tutto il potere sovrano passa dagli
individui al capo in maniera intiera ed inalienabile‛. In effetti, la libertà originaria
‚sarebbe quella di designare i capi o il capo, ovvero di accettare quelli che han la forza
d’imporsi‛. Sturzo successivamente analizza le teorie democratiche di Locke e
Rousseau, secondo i quali ‚pur partendo anch’essa dall’individuo e arrivando allo
Stato senza intermediazione di gruppi, sosteneva che la libertà originaria degli
individui non si esaurisce nella designazione di un’autorità, ma rimane negli individui
stessi formanti la volontà collettiva con cui s’identifica la sovranità statale‛. Egli obietta
loro che da una parte ‚libertà, se tale può dirsi, che si perde al momento stesso in cui si
esercita‛ e dall’altra nota, che ‚gli individui potessero, stipulando un patto, convenire
di dare valore decisivo alla maggioranza dei voti, considerata per «fictio juiris», come
volontà generale‛170. A differenza delle teorie del periodo dell’era moderna, Sturzo
difende l’autonomia di libertà e autorità, sottolineando che esse derivano dalla
personalità umana in quanto è sociale171. Nello stesso tempo rimane fedele alla scelta
metodologia a lui nota, che vede nel prisma della storia, che la libertà originaria ‚non è
un’astrazione filosofica, né un momento storico già passato, è una realtà sempre
Ibidem, p. 162.
Cfr. ibidem, pp. 164-166.
171 Poiché si tratta della libertà necessaria per natura, si possono intravedere in questa
concezione le tracce delle idee di Jacques Maritain, che scrive che il mondo della libertà
richiama il mondo della natura, la quale è intesa metafisicalmente e anzi tutto come natura
dell’essere dotato di libertà e di intelligenza, cfr. J. MARITAIN, Strutture politiche e libertà,
Morcelliana, Brescia 1978, p. 10; cfr. R. CARMAGNANI, Sturzo e Maritain, pensatori della libertà, in
R. CARMAGNANI, A. PALAZZO, Mediazione culturale e impegno politico in Sturzo e Maritain, Edizione
Massimo, Milano 1985, p. 57.
169
170
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presente e sempre potenziale‛. Quindi ‚ci si accorgerà che esisteva quando ci viene a
mancare, come l’aria‛172.
2.2- La libertà organica
Nel corso delle considerazioni metodologiche il politico di Caltagirone elenca la libertà
organica, che rende possibile incarnare la libertà originaria ‚in organismi che ci
permettono di liberamente agire‛173. Tale comprensione apre un spazio per
l’applicazione diretta, che spiega nel seguente modo:
‚Intendiamo per libertà organica tanto l’iniziativa a creare organismi sociali
adatti ai bisogni molteplici della vita, quanto la libertà all’interno degli
stessi organismi. L’applicazione principale e diretta dalla libertà originaria
è appunto la libertà di creare gli organi degli aggruppamenti, di
modificarli, di svilupparli, di moltiplicarli.‛174
Sturzo sottolinea che gli stessi individui sono organi funzionali della società, sia presi
isolatamente che riuniti in gruppi (la famiglia, la città, la classe, lo Stato). Anzi questo
movimento organico è permanente nella vita sociale ed accompagna la libertà di scelta.
Non è vero, come molti sostenevano, che tutti gli organismi intermedi abbiano dei
diritti solo per concessione dello Stato. In conseguenza di tale teoria, che culminò nel
sistema di Hobbes, sta da una parte l’individualismo e dall’altra lo stalinismo175.
Cfr. L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 353.
Ibidem.
174 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 170. Spiegando le riflessioni sul tema
Conquista ed esperienza della libertà l’Autore illustra la libertà organica con due esempi: della
Spagna repubblicana del 1931, dove nota che ‚gli organi creati in ambienti di intolleranza, di
sospetto, di lotta fra partiti, che tendevano al monopolio, mancavano del vero necessario, la
libertà del loro funzionamento, la libertà organica‛; e della Francia, dove la libertà organica è
stata tuttavia deficiente, ‚senza equilibrio, affermata per gli uni e negata per gli altri‛. Inoltre
accenna a una debolezza della democrazia francese, che ‚manca di un «organicismo», è stata
individualista alla base e centralizzatrice in alto, senza anelli sufficienti per un’articolazione
agile e per un costante equilibrio delle parti‛, cfr. L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 324325.
175 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 170.
172
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È vero, che questi organismi possono condurre al frazionamento del potere,
ciononostante ‚l’organicismo sociale può essere ostacolato, non soppresso‛. Il loro
ruolo è eccezionale, poiché fanno da contrappeso allo Stato e costituiscono la reale
risposta ai molteplici bisogni della vita sociale. Tramite diverse associazioni
economiche, morali, religiose, culturali e politiche, corrispondono ai diversi aspetti
dell’attività umana nel suo incessante e vario dinamismo176.
L’ultima e molto importante premessa, che afferma l’importanza della libertà organica
e ne fa emergere il dovere degli organismi intermedi, è la convinzione che ‚solo in una
vita organica della società possono gli individui acquistare coscienza del loro essere e
partecipare all’autorità, sia per cooperare all’ordine sia per unificare i voleri al fine
comune‛177. In questo modo, richiamando sia il postulato democratico di
partecipazione, sia gli appelli derivanti da parte dell’insegnamento sociale della
Chiesa, si può dire che gli organismi sociali sono un diritto ed un dovere ogni
cittadino.
2.3- La libertà finalistica
Poiché gli organismi sociali sunnominati hanno natura finalistica, così la libertà
organica si risolve in libertà finalistica. Il sociologo di Caltagirone definisce in modo
insolitamente ‘pratico’:
‚La libertà finalistica è partecipazione cosciente ai fini sociali; solo il
cosciente è libero. Il fine è un atto della nostra mente che dirige il nostro
agire.‛178
Cfr. ibidem, pp. 170-171.
Ibidem, p. 171.
178 Ibidem. In questo contesto Sturzo richiama un discorso filosofico-teologico: ‚è stato detto
sempre, dai teologi e dai filosofi, che la libertà è un mezzo, non un fine; è una qualità dell’azione
non il fine dell’azione; e ciò è esatto. Ma la rivendicazione della libertà sociale, in concreto la tale
o tale libertà, del suo spirito incarnato in un sistema sociale, del suo metodo attuato nella vita
sociale, può divenire un fine dell’azione. Allora la libertà viene concepita come un bene, un
bene degli individui e della società, per l’acquisto o la conservazione del quale è dovere, o potrà
essere dovere, anche sacrificarsi‛, L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 354.
176
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Questa dimensione di libertà è insita nelle società come tali e nei loro organi e quello
che la caratterizza è la coscienza, e più precisamente l’azione cosciente: ‚non impulso
in cosciente, non passione cieca, non fremito di follia, non dimissione della propria
volontà in quella di un altro, non esaltazione isterica verso un capo‛. Sturzo sottolinea
che si tratta di azione cosciente ‚per un fine voluto, per una libertà da affermare,
conquistare, e sperimentare‛179.
Mostrando la logica del funzionamento della libertà finalistica, Sturzo esemplifica un
potere nella società. Al principio una ‚biogenesi‛ sociale: nell’organismo concreto gli
individui divengono cooperanti al fine sociale. Il primo cooperante a tal fine è ‚il
soggetto investito di autorità‛ (in dipendenza a seconda del sistema politico, può
essere un capo dello stato o del parlamento), dato che il potere è uno strumento ed
‚egli un ministro che di tale strumento si giova‛. Intanto gli altri, cooperando al fine
sociale, ‚partecipano del ministero dell’autorità‛ e grazie a questo conseguono
‚coscienza della vita sociale stessa‛. E quindi l’Autore in maniera decisa formula le due
tesi: ‚solo il fine è l’anima della società‛ e ‚chi nega il fine sociale, chi opera contro il
fine sociale, nega la società‛. Anzi il sociologo di Caltagirone scarta l’idea di formulare
un fine generico della società, esigendo inoltre la concretizzazione di tale fine. Come
scrive: ‚non è libero il fine generico di ogni società, che è il bene comune, ma è libero il
modo di realizzare questo bene‛180. Poiché il fine ha bisogno di una realizzazione, essa
è sempre concreta e reale, hic et nunc. ‚La libertà finalistica è la libertà di scegliere il fine
immediato, di volerlo e di attuarlo‛181. In seguito confrontandola con la libertà organica
ne sottolinea il ruolo principale e sovrastante:
‚Nel complesso delle libertà sociali, quella finalistica rappresenta un
progresso nei confronti della semplice libertà organica; è un’affermazione
Cfr. ibidem, p. 325.
La eccellente apologia della teoria dell’azione compiuta di proposito ed efficiente è – in senso
lato –prasseologia, alla quale si riferiscono: T. KOTARBIŃSKI, Praxiology. An introduction to the
science of efficient action, Pergamon Press, New York 1965; L. VON MISES, L’azione umana, UTET
Libreria, Torino 1959; K. WOJTYŁA, Persona e atto, Rusconi Libri Santarcangelo di Romagna 1999.
181 Cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., pp. 171-172.
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più intima della natura stessa della libertà; è l’immedesimazione di ciascun
individuo al fine sociale, reductio ad unum delle volontà dei conosciati in
forza non già di una coercizione esterna d’autorità, ma di una
partecipazione libera all’attività dell’autorità stessa in vista di quell’ordine
sociale di cui gli organi di autorità sono responsabili.‛182
2.4- La libertà formale
Introducendo la nozione di libertà formale essa non è prova della creazione successiva
di quella specie, ma una ricerca della risposta alla domanda dei limiti delle libertà
originaria, organica, finalistica e delle garanzie di un tale esercizio.
‚La libertà formale poggia, come le altre, sulla personalità umana, ma è
inerente all’organismo sociale come un elemento obiettivo. Non vi è libertà
formale senza una cristalizzazione giuridica della società. In concreto si
deve parlare di libertà formali, che non sono sempre e dappertutto le
stesse.‛183
La libertà formale (e precisamente le libertà formali) non può essere limitata a un
determinato spazio-tempo, poiché quella (quelle) dipende da costumi, pregiudizi,
credenze, aspirazioni sociali, epoche, culture. Anzi questa libertà esiste non solo nella
società politica, ma anche nella religiosa, familiare, economica, internazionale184. A tutti
questi livelli la libertà deve avere una propria forma, che possa essere garantita, poiché
senza essa ‚nessuna libertà sociale avrebbe consistenza e resisterebbe agli assalti della
licenza e della tirannia‛185.
Ibidem, p. 172. A titolo di complemento, si deve aggiungere che nella decrizione della libertà
finalistica Sturzo indica due aspetti: ‚nella sua caratteristica positiva si risolve nella
partecipazione voluta e cosciente all’autorità e all’ordine‛ e ‚nella sua caratteristica negativa è
la non partecipazione ad un dato ordine, perché la coscienza vi ripugna direttamente‛, cfr.
ibidem, p. 173.
183 Ibidem, p. 174.
184 Cfr. Ibidem.
185 Ibidem.
182
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Non è vero, nota Sturzo, che le libertà formali (che si chiamano libertà politiche) siano
conquista dello Stato moderno. Secondo lui esse esistono da sempre, benché non per
tutti. ‚A seconda delle varie epoche sono state concepite ora come facoltà delle classi
dirigenti, ora come libertà di corporazioni, come immunità personali o reali, come
diritto di chiese o di classi, come privilegi speciali, come diritti personali e così in cento
modi‛186. La storia, che magistra vitae est, implica molti esempi affermativi della tesi che
‚tutta la lotta per le libertà formali che si è sviluppata da secoli e che durerà sempre, è
basata sulla rivendicazione di una parte del potere nel senso generico della parola, da
coloro che ne son tenuti lontani‛. Questa battaglia, conforme al campo di connotazione
della libertà formale, non si limita solo al terreno politico, ma era (ed è) presente anche
nell’area dell’economia, della religione, del diritto. Con il tempo, le libertà formali sono
state chiamate libertà politiche che ‚assicurano all’individuo l’esercizio della vita
politica, come la libertà di parola, voto, stampa, riunione e associazione‛187.
La storia del formarsi di queste libertà nel secolo XIX, l’esercitare pressione e quale
risultato la centralizzazione e la burocratizzazione statale, conferma soltanto un filone
dei pericoli dalle due parti:
‚Le libertà formali sono le più esposte ad essere perdute per violazione
aperta degli organi politici dell’autorità e per mancanza di sufficiente difesa
da parte dei cittadini. Si combatte per conquistarle, assodarle, adattarle allo
svolgersi della attività sociale; ma contro di esse anche si lotta svalutandole
perchè non rendono quel che da loro si pretende ottenere. Non si
comprende che le libertà formali presuppongono sempre le libertà
sostanziali, cioè la conquista, l’esercizio, la tutela e l’approfondimento della
Ibidem, p. 175.
Ibidem, p. 176. In altri passi Sturzo ne dettaglia alcune, per esempio la libertà di parola e di
stampa (‚Nell’epoca moderna non potrebbe concepirsi un metodo di libertà senza libertà di
stampa; e del resto in nessuna epoca, anche prima della stampa, senza libertà di parola e di
diffusione di scritti‛, ibidem, p. 191), la libertà religiosa (L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p.
347) sia la libertà di suffragio femminile (‚Abbiamo fiducia nel lavoro delle donne per una
migliore democrazia, quando avranno avuto tempo di formare e sviluppare le élites necessarie
per una effettiva influenza sulla vita pubblica‛, L. STURZO, Coscienza e politica…, cit., p. 327).
186
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libertà originaria, dell’organica e della finalistica, non solo sul terreno politico,
ma su tutti i piani della vita sociale: sia familiare, economico, culturale,
religioso o internazionale.‛188
E perchè tale attività è tanto importante, la cooperazione e la partecipazione all’autorità
sono quello che assicura questa libertà, ma permette anche di farla fruttare.
3- La dimensione teologica: la Vera vita
L’inclusione
della
soprannaturalità
nella
riflessione
storica,
è
il
contributo
insolitamente originale di Luigi Sturzo sia alle scienze sociali che alle scienze politiche.
Rimanda al significato della libertà anche ciò che il pensatore di Caltagirone scrive, e
cioè si deve portare ‚lo studio del concreto sociale alla quarta dimensione, la
temporale, prendendo la formazione della società dai suoi inizi più elementari fino alla
realtà presente più sviluppata ed elevata, cercando d’intuirne le tendenze finalistiche
che vi si rivelano, e comprenderne l’orientamento verso l’avvenire‛189. Poiché, come
sottolineava Maurice Blondel, il filosofo francese a cui Sturzo si riferisce chiaramente, si
debbono rifiutare come etimologiche e nominalistiche le interpretazioni della
soprannaturalità, che contrappongono quello che è naturale al soprannaturale, oppure
lo riducono all‘oggettivo della comprensione190. In riferimento alla dimensione
teologica, particolarmente interesante è la lettura di alcune nozioni, che sono ‚un luogo
dell’incontro‛ di una visibilità con una invisibilità, di una idea con un fatto, di Dio con
l’uomo; un luogo dove si crea la vera vita: la predestinazione, in cui si risolve tutto il
complesso del destino di ciascuno191; il male, ‚un’ombra, un fondo di tenebre, che si
vanno mano mano dissipando allo splendore della divinità‛192; la storia, la quale è un
L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 176-177.
L. STURZO, La Vera vita…, cit., pp. 4-5.
190 Cfr. M. BLONDEL, La filosofia e lo Spirito cristiano, La Scuola, Brescia 1950, pp. 67; cfr. L. STURZO,
La Vera vita…, cit., p. 181.
191 Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., p. 52.
192 Ibidem, p. 131.
188
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continuo processo, tutta l’attività umana sulla terra che comprende il bene e il male, il
mondo e il regno di Dio193.
3.1- La predestinazione
Il posto principale nella prima parte della La Vera vita lo occupa senz’altro la nozione
‘predestinazione’, seppure abbiamo a che fare con una certa ambiguità: nella
introduzione all’opera Sturzo scrive che ‚i capitoli sulla Predestinazione, Comunione e
Unione Mistica hanno tutto il loro valore nel campo della sociologia‛194. In seguito però
ammette che ciò è ‚un mistero insondabile, del quale non abbiamo che i dati analitici
della rivelazione‛, il quale ‚supera la nostra facoltà di comprensione‛195. Nel contesto
delle considerazioni sulla libertà specialmente essenziale è la questione della
riconciliazione, la vocazione universale alla vita soprannaturale con la libertà personale
dell’uomo reale.
Sturzo nelle sue riflessioni deriva dalla definizione di sant’Agostino, sottolineando la
stessa cosa, che ‚la grazia è gratuita, non dovuta; così la distribuzione della grazia
dipende esclusivamente dalla libera volontà di Dio, che sceglie i suoi, ai quali dà
quanto sarà loro necessario, e più ancora, per arrivare alla salute‛196. Tuttavia poco
dopo ricorda due proposte di soluzione al dilemma della predestinazione, che consiste
nella distinzione fra la grazia e la libertà. Da una parte la teoria di san Tommaso
d’Aquino, che ‚nella sua rigidità, corrisponde ad una concezione totale del mistero
della predilezione e della giustizia di Dio libero e arbitro sovrano; e appella nelle
creature una fiducia completa e cieca, che rende più soggetti e aderenti alla volontà
divina‛. Dall’altra parte Sturzo pone la teoria di Luis de Molina, che ‚mette in rilievo la
nostra libertà, la nostra personalità ed eccita ad un’attuosa corrispondenza alla
grazia‛197. Il pensatore di Caltagirone tende alla concezione dei molinisti, sottolinenado
contemporaneamente che noi uomini liberi siamo responsabili dei nostri atti e per
Cfr. ibidem, p. 161.
Ibidem, p. 19.
195 Ibidem, p. 52.
196 Ibidem.
197 Cfr. ibidem, p. 54.
193
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questo ‚portiamo in noi la possibilità della caduta, tutte le volte che, amandoci fuori
misura, neghiamo i vincoli di società con gli uomini e con Dio, nella loro
proporzionalità e nel loro finalismo, e, cedendo alla superbia, neghiamo la verità e
l’amore in cui s’incentra ogni vita naturale e soprannaturale‛198.
Benché Sturzo sia cosciente che esiste la differenziazione fra il bene naturale, che deriva
dalla capacità umana, e quello soprannaturale, che non può farsi se non con la grazia e
per la grazia199, è convinto che entrambe le dimensioni si integrano:
‚Il carattere di verità e di amore che si trova in ogni atto buono
naturalmente concepito, partecipa in certo modo al valore di verità e amore
soprannaturale. Ad ogni atto buono fatto rettamente nello stato
soprannaturale, in cui è costituito potenzialmente tutto l’uman genere, non
manca l’influsso della grazia, sia essa abituale e attuale insieme per coloro
che hanno superato il peccato; sia preveniente, eccitante o concomitante per
coloro che, pur essendo in colpa, fanno delle opere buone.‛200
Riassumendo le sue riflessioni, Sturzo coerentemente con la teologia tradizionale201
ricorda che fra la libertà e la grazia nel contesto di predestinazione non c’è un conflitto,
perché l’uomo è naturalmente libero, mentre ‚la grazia non altera la libertà naturale,
ma è il mezzo perché l’uomo con la sua attività per il bene sia trasportato sul piano
soprannaturale, cooperi con Dio e ottenga i meriti delle buone opere, che Dio, giusto e
liberale, computa ad aumento di grazie e al grado di gloria‛. E tuttavia così, che ‚se
l’uomo, purtroppo, cade nella colpa, è sua intera la responsabilità e ne merita la
pena‛202.
Ibidem, p. 59.
Cfr. ibidem.
200 Ibidem, p. 59-60.
201 Cfr. tra l’altri: SAN AGOSTINO D’IPPONA, De Gratia et libero arbitrio; SAN BERNARDO DI
CHIARAVALLE, De Gratia et libero arbitrio; SAN TOMMASO D’AQUINO, De gratia, in ID., Summa
theologiae, q. 109-114.
202 Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., p. 64.
198
199
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3.2- Il male
Nel contesto delle riflessioni dedicate al percorso umano ‘dalla terra al cielo’, Sturzo
considera il problema del male, di coloro ‚si vanno mano mano dissipando allo
splendore della divinità‛ e che ‚ci rende in questa vita infelici‛203. Il nostro Autore
segue le tracce della filosofia classica e distingue tre specie di male: il fisico, il
metafisico e il morale e le collega al dolore204.
Però, come sottolinea il pensatore di Caltagirone, ‚il dolore non è per sé un male, è
l’indice di un male corporale, è l’avviso per recarvi rimedio‛; ‚il male sta nel disordine
che ha cagionato il dolore e che può essere una malattia o un disturbo passeggero‛ e
‚non ogni dolore è male‛. Anzi, accennando alla dimensione personale nota che ‚il
dolore fisico è condizione necessaria del nostro essere sensitivo; l’apprenderlo come un
male o il sopportarlo come un bene dipende dalla nostra natura ragionevole‛205. Dato
che la nostra vita è condizionata dagli elementi fisici, storici e sociali l’idea di male ha
‚gravi ripercussioni‛ sul piano sociale:
‚L’uomo non è isolato, ma in società; le sofferenze degli uni e degli altri
hanno contatti e fusioni continui; gli sforzi per superare il male e trovare il
bene si moltiplicano nella vita sociale con effetti diversi. La stessa società
inventa e centuplica i mali, quali la schiavitù e le guerre, e dà mezzi per
superarli, quali la famiglia, l’economia, le leggi, l’istruzione, l’ordine
politico, la religione organizzata. Senza società non c’è vita; il dolore è
personale come il pensiero è allo stesso tempo sociale; né l’esperienza né il
superamento del dolore sono talmente personali che non siano allo stesso
tempo esperienza e superamento collettivi.‛206
Cfr. ibidem, p. 131.
È evidente che queste considerazioni sono insolitamente fondate e interessanti; qui però
interessa esclusivamente il loro aspetto sociale.
205 Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., p. 132.
206 Ibidem, p. 135.
203
204
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Usando il linguaggio sociologico, il dolore fisico crea limitazioni in tutti i campi della
vita di relazione. In effetti ‚il limite implica ora assenza, ora mancanza, insufficienza e
difetto, tutte idee negative (più esattamente privative) per significare oggettivamente
quel che soggettivamente sarebbe dolore‛. Inoltre il male, essendo una concezione
dell’uomo, ha carattere soggettivo in riferimento agli effetti e si apprezza in rapporto a
un ordine particolare. E per questo ‚che quello che si dice male in rapporto a un
ordine, può dirsi anche bene in rapporto a un altro‛207.
La seconda specie di male ha il carattere metafisico; distinguendo entrambi i generi, si
può dire che il male metafisico sia la limitatezza insita nella natura, è secondo l’ordine
della natura ed è considerato oggettivamente. Il male fisico, invece, sarebbe la
mancanza di un bene che secondo natura è dovuto, è contro la perfezione della natura
ed è subito e sperimentato soggettivamente. ‚Il primo è cosmico e non solamente
umano, mentre il secondo riguarda l’uomo e tutto ciò che ad esso è vicino come sua
proiezione di simpatia o come tendenza antropomorfica‛208. Tuttavia per Sturzo quel
male che ha il carattere del limite è inerente ed essenziale alla natura, è la stessa realtà,
è la sua condizione, attività, finalità. Il limite è invece un dato intrinseco all’idea di
creatura e allo stesso complesso della creazione. Di qui emergono le conseguenze di
natura sociale:
‚L’idea di limite indica coesistenza, gradazione, solidarietà, sviluppo, fine.
Tutto ciò rivela un ordine creativo, che non può essere che un bene, come
un bene è il creato; e tale bene non può essere e non è altro che
Ibidem, p. 136.
Ibidem, p. 137. In questa concezione si può intravedere una coincidenza con il pensiero di
Pierre Teilhard de Chardin e la sua comprensione del posto dell’uomo nell’universo, cfr. P.
TEILHARD DE CHARDIN, Il fenomeno umano, Queriniana, Brescia 2008 e Teilhard de Chardin:
l’orizzonte dell’uomo: letture, a cura di F. MANTOVANI, Il Segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano
2000.
207
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partecipazione alla bontà divina, che vi si manifesta come disegno, realtà,
ordine e fine.‛209
Il sacerdote sociologo rigetta dunque la tendenza pessimistica dell’uomo che lo spinge
a cercare nella natura il principio del male (ora come dolore, ora come limite).
Ricordando il messaggio biblico, nota che ‚l’uomo ricorre a varie ipotesi per
giustificare a se stesso che il male esiste, perché egli vede nella natura uno scarto fra il
proprio ideale di perfezione e la realtà, o meglio certa realtà individuale e parziale‛210.
Riferendosi alla finalità della natura e alla sua attuazione nel tempo, Sturzo chiede del
piano morale: ‚Che cosa può veramente essere il male (o meglio l’opposto del bene) se
non quel che è contrario alla natura-finalità, in cui si rivela il pensiero e l’ordine
divino?‛ e risponde poco dopo: ‚Il male realmente tale non è che il male morale,
l’unico che può intenzionalmente attentare all’esistenza del bene e far deviare uomini e
cose dalla propria finalità creativa‛211. Questa dimensione ha un suo riferimento sia in
rapporto con Dio, sia con l’uomo e Sturzo dichiara l’amore criterio della moralità212.
Deriva da ciò che per il fondatore del Partito Popolare Italiano l’idea di male non
appartiene soltanto ad una categoria filosofica o privata, ma ha un carattere concreto e
sociale. Come sottolinea,‛la vita di ciascuno di noi e di tutti i gruppi sociali è
caratterizzata da una fondamentale deficienza che spinge al superamento. Questo può
essere apparente o effettivo‛:
‚Il primo aggrava e non risolve, l’altro trasporta sopra un piano diverso lo
stesso problema della deficienza e del limite che appella un nuovo
L. STURZO, La Vera vita…, cit., p. 138. E per questo Sturzo nella parte finale al testo descrive il
male metafisico come ‚una concezione filosofica discutibile, che noi non ammettiamo, in quanto
la limitatezza del creato è la sua stessa natura e risponde ai suoi intimi fini‛, ibidem, p. 147.
210 Ibidem, p. 138.
211 Ibidem, p. 143.
212 Cfr. ibidem, pp. 146-147. Sturzo si riferisce alle parole della prima lettera di Giovanni e alla
opposizione dell’amore e dell’odio, della luce e della tenebre; la conferma dell’amore vero è il
principio: ‚Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede‛ (1
Gv 4, 20). In un altro passo Sturzo definisce l’amore ‚un affetto fondamentale di tendenza al
bene; esso arriva a vincere il male, sia evitandolo, sia superandolo‛, ibidem, p. 134.
209
50
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
superamento, e così in indefinito. Un ciclo di dolori e tregue, di lenimenti e
riposi, di soddisfazioni e gioie è la vita. Se si resta sul piano dei bisogni
fisici, non si arriva a risolvere nessuno dei problemi che il dolore pone agli
individui e il limite pone alla collettività. Un «ciclo critico», chiamiamolo
così, va superato passando a un altro superiore, e così di seguito, in un
rapporto continuo fra gli individui in singolo e la società in complesso.
L’incatenamento della vita personale nella vita collettiva porta, direi, la
fusione di tutti i dolori e di tutte le deficienze. L’umanità e la sua storia non
possono essere concepite al di fuori del dolore e del limite, nel continuo
sforzo di superamento.‛213
3.3- La storia
Quale ultimo aspetto importante dal punto di vista del significato di libertà è la
nozione di storia che per il sociologo di Caltagirone costituisce il cardine della
comprensione dei processi sociali. Tra due diversi metodi – sperimentale, ‚cioè studiare
analiticamente i fatti sociali, rivelarne gli elementi costanti e da questi derivare la
natura e le leggi di quelli‛ e storico, ‚cioè studiare le sintesi sociali e i loro fattori nella
propria concretezza e nella dialettica del processo umano‛ – univocamente sceglie
questo secondo214. La comprensione della storia già per Sturzo è insolitamente
dinamica e perciò connessa con tanti campi, anche quelli politici, economici e sociali215.
Ibidem, pp. 135-136.
Cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 3. Come commenta Pezzimenti, ‚la
concretezza dell’agire umano, che già tanto aveva affascinato Vico, lo entusiasmava perché era
proprio tramite questa concretezza che usciva dalla fredda e a volte statica analisi storica per
penetrare nell’intima dinamica dell’agire umano per esaminarne i principali fattori senza i quali
tutto il fare dell’uomo si riduce all’interno del caso. Fra questi fattori Sturzo privilegia quello
che definisce il fattore etico-organico «per affermare che ogni forma sociale è per sé di carattere
finalistico perciò etico». Senza questo fattore non solo l’umanità è soggiogata dal caso, ma
agisce in modo insensato poiché vive senza futuro, senza prospettive, senza la certezza e il
bisogno di un «dopo di sé» che la collochi oltre l’immediato‛, R. PEZZIMENTI, Sturzo…, cit., pp.
191-192; cfr. G. MORRA, La sociologia storicista di Luigi Sturzo, in L’opera di Luigi Sturzo…, cit., pp.
35-43.
215 Cfr. F. FELICE, Il contributo di Luigi Sturzo alle scienze sociali…, cit., pp. 25-33.
213
214
51
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Egli scrive: ‚Il bene e il male, il mondo e il regno di Dio comprendono tutta l’attività
umana sulla terra, in un continuo processo, che noi chiamiamo storia‛216. Egli non
identifica la storia con l’evoluzione o il progresso, ma la definisce un processo, ‚attività
in continuazione, successione fenomenica e rivelazione interiore, dove si possono
notare progressi ma parziali, evoluzioni ma relative: libertà che si muove, idea che si
attua, invenzione che crea‛217. Ciò conduce alla conclusione che l’attività umana è
quella che fa la storia; ‚essa non è determinata ad unum, ma libera nelle sue vie, nelle
sue scelte, nelle sue particolari finalità‛:
‚Per quanto l’attività umana sia allo stesso tempo soggetta al
condizionamento della realtà fisica e sociale, pure questo non è uguale per
tutti, non è necessitante; è legame ed è spinta, è punto di partenza ed è
termine di superamento; sicché quanto più libera e forte è la volontà ad
agire, tanto più il condizionamento cessa di essere legame ed ostacolo e
diviene mezzo e coefficiente di realizzazione.‛218
Ne emerge anche il filo della storia ‚l’attività del gruppo, diretta verso il proprio
benessere, si protende al futuro; si forma allora un finalismo che interessando tutti si
presenta sotto l’aspetto di conquista; questa, quando è realizzata, appare, quale è,
parziale e precaria, e impone ulteriore attività per conservarne l’acquisito e per
effettuare nuovi acquisti‛. Ciò conduce alla ‚tensione temporanea‛: ‚L’attività o
meglio l’agire è il presente, l’attimo vissuto; ma questo è condizionato dal passato che è
il già realizzato, ed è comandato dal futuro, che è il realizzabile‛219.
L. STURZO, La Vera vita…, cit., p. 161.
Ibidem.
218 Ibidem, p. 161. In un altro passo Sturzo nota che ‚non tutta l’attività umana può chiamarsi
storia, anche se tutto contribuisca a crearla. Il termine storia ha tanti usi, che bisogna precisarne
il significato prevalente e il contenuto essenziale. Noi intendiamo per storia una semplice
narrazione, orale e scritta, di avvenimenti singolari, «rerum gestarum»; è questa la parte che si dà
alla memoria, e alla fantasia anche, per riallacciarci al passato‛, ibidem, p. 162.
219 Cfr. ibidem, p. 165.
216
217
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A tale comprensione della storia si accompagnano nello stesso tempo ulteriori
espressioni: che una vita storica è ‚l’inizio, lo sviluppo con le sue crisi, il fiorire, il
declinare, l’estinguersi della coscienza-personalità di gruppo‛220. Veramente il primo
nucleo naturale è la famiglia, ciononostante essa, come tale, ‚non crea una coscienza
storica ma solo una coscienza di affetti, d’interessi morali e materiali, di perpetuità di
vita‛. Tuttavia la famiglia ha i suoi interessi che ‚sono trasferiti in quelli di gruppi
economici, professionali, civici, contrastando gli interessi di gruppi antagonisti e dando
inizio e formazione di nuova coscienza di gruppo‛, quello che offre materia alla storia.
Il processo di passaggio si chiama formazione della coscienza221.
Un’altra importante affermazione dice: ‚il punto centrale d’unificazione della
coscienza è la sua orientazione religiosa‛. Sturzo ne dichiara insolitamente rilevante e
dinamico lo spazio umanistico: ‚là convergono sapere, filosofia e arte, organizzazione
civile e politica, elevazione morale, ricerca della verità, creazioni giuridiche e forme di
civiltà; là coincidono la giustificazione intima della propria esistenza, l’apprezzamento
morale dei propri atti, ogni finalismo dell’attività umana‛. Per questo osa affermare
che la religione è insieme filosofia, etica e storia:
‚Questi tre aspetti del pensiero e dell’attività umana non sono separabili: il
pensiero tende alla verità; la volontà illuminata dalla verità tende al bene; il
bene da realizzarsi spinge all’azione; la storia, che è attività convergente di
sforzi associati, non è mai senza pensiero-verità, né senza volontà-bene.
L’espressione trascendente della verità pensata e del bene voluto è la
religione; così non c’è storia che non realizzi i valori religiosi, non c’è
popolo, non c’è civiltà senza religione.‛222
Ibidem, p. 166.
Molto importante è l’annotazione di Sturzo che ‚può notarsi nelle grandi formazioni unitarie,
le quali prima che politiche sono religioso-culturali‛ quello che appoggia con dei esempi delle
regioni italiane e francesi e di Grecia e di Roma, cfr. ibidem, pp. 168-169.
222 Ibidem, p. 170.
220
221
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In questo modo una concezione religiosa dà valore e stabilità al’argomento discusso
della formazione della coscienza di gruppo.
Infine Sturzo descrive la storia quale la dialettica del bene e del male, che analizza nel
contesto della ‚mondanizzazione del divino‛: ‚dal male, anche se concretizzato e
oggettivato nel mondo, si sviluppa sempre il bene‛223. Trattando del senso storico, egli
sottolinea l’effetto della cultura:
‚Il popolo incolto non l’ha; non l’ha il popolo che non ha storia; esso non ha
storia, non perché non abbia avuto avvenimenti importanti nel suo passato,
ma perché non ha sentito l’unità fondamentale fra il presente e il passato, e
non è arrivato a crearsi un’orientazione per l’avvenire.‛224
Sturzo trova conferma di questa dialettica nelle civiltà antiche – nell’ebraismo
profetico, in Roma, in Grecia e tra i barbari.
223
224
Ibidem, p. 178.
Ibidem, pp. 178-179.
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Capitolo III
IL PROBLEMA DELLA LIBERTÀ NEL PENSIERO DI MICHAEL NOVAK
Nel suo più recente libro No One Sees God. The Dark Night of Atheists and Believers,
Michael Novak riapre la polemica con le opinioni degli atei contemporanei225. Quale
punto di riferimento il pensatore statunitense assume la questione della libertà
largamente intesa. Nel corso del discorso teologico-filosofico, in cui dichiara la libertà
come la più rilevante qualità umana, non manca lo spazio per i problemi di natura
sociale. Quindi l’Autore sottolinea che il dono della libertà deve essere realizzato su
tutte e tre le dimensioni: politica, economica e culturale. Soltanto attraverso una
reciproca compenetrazione delle sfere, collegate tra loro, ma non confuse, l’ordine
democratico ottiene reali possibilità di riuscita. La sua proposta, è di fatto, fortemente
connessa con l’eredità della tradizione giudaico-cristiana; tuttavia mantiene un
carattere universale e rimane aperta alle altre culture226.
1- La dimensione politica: la democrazia
Nel contesto degli abusi operati dalla storia contemporanea, è importante distinguere,
fra le nozioni fondamentali: la nazione, la società politica e lo Stato. Lasciando in
disparte la questione di numerosi modelli dello Stato227, si deve sottolineare che lo Stato
è una parte specializzata degli interessi del tutto228. Novak si iscrive in questa
M. NOVAK, No One Sees God. The Dark Night of Atheists and Believers, Doubleday, New York
2008.
226 Si deve ricordare che Michael Novak molto operosamente partecipa attualmente alla vita
pubblica di cui è espressione tra l’altro il suo impegno nella discussione sul tema della politica
statunitense, ad es. perché dalla riuscita del processo democratico in Iraq dipende la sicurezza
del mondo, cfr. M. NOVAK, Attenti, la libertà è di nuovo in pericolo, ‚Liberal‛, 41/2007, pp. 2-19 o
una polemica sul tema della presidenza di George W. Bush, cfr. M. NOVAK, Comunque ha aperto
una nuova era, ‚Liberal‛, 40/2007, pp. 77-82, JOSEPH H. BOTTUM, Ha tradito i neocon, ‚Liberal‛,
40/2007, pp. 72-76; cfr. M. NOVAK, The Universal Hunger for Liberty. Why the Clash of Civilizations
Is Not Inevitable, Basic Books, New York 2004.
227 Gli autori di Il Dizionario di Politica elencano le quindici forme statali, cfr. N. BOBBIO, N.
MATTEUCCI, G. PASQUINO, Il Dizionario di Politica, UTET Libreria, Torino 2004, pp. 930-962.
228 Accenna a questo Jacques Maritain sottolineando che ‚dalla enumerazione dei caratteri del
corpo politico dovrebbe risultare evidente che detto corpo politico differisce dallo Stato. Lo
225
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
tradizione indicando nello stesso tempo la democrazia come lo strumento ottimo, il
quale aiuta a realizzare quella visione. Un’analisi del suo pensiero politico fa
sottolineare anzi tutto tre argomenti principali: il bene comune, rispetto al quale il
pensatore americano si unisce alla grande discussione su questo principio sociale; il
sistema politico, che deve rimanere ‚al servizio‛ dell’uomo libero e della società libera;
infine il rapporto fra la società e lo Stato229, in cui naturalmene una priorità viene concessa
alla società civile230.
1.1- Il bene comune
M. Novak, descrivendo il nuovo concetto del bene comune parte dall’idea di
pluralismo. Per quanto il sistema pluralistico politico non sia sottoposto al controllo
della religione o dell’ideologia statale, ciò non esclude le influenze sulla politica e sulla
legislazione da parte delle Chiese, mass media, uomini di scienza e di cultura231.
L’autore americano indica il bene comune quale tessuto connettivo della società
civile.232.
Stato è soltanto quella parte del corpo politico che riguarda in special modo l’osservanza delle
leggi, l’incoraggiamento del benessere comune e dell’ordine politico, l’amministrazione della
cosa pubblica. Lo Stato è una parte specializzata negli interessi del tutto. Non è un uomo singolo
o un gruppo d’uomini.‛, cfr. J. MARITAIN, L’uomo e lo Stato, Vita e Pensiero, Milano 1975, p. 15.
229 Sul tema delle indiscutibili relazioni fra la società e lo Stato, particolarmente rispetto al
quesito di ‚welfare society‛, che però non sempre sono convenientemente comprese e
realizzate, cfr. due punti di vista che sembrano completarsi: quello tradizionale tratto dal
magistero papale (cfr. M. TOSO, Welfare Society. La riforma del welfare: l’apporto dei pontefici, LAS,
Roma 2003) e quello più moderno, che utilizza le esperienze statunitensi (cfr. F. FELICE, Welfare
Society. Dal paternalismo di Stato alla sussidiarietà orizzontale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2007;
cfr. F. FELICE, Welfare e persona, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008).
230 ‚La contrapposizione tra società civile e Stato è spesso adoperata a scopi polemici, per
affermare, ad es. che la società civile si muove più rapidamente dello Stato, che lo Stato non è in
grado di cogliere tutti i fermenti che provengono dalla società civile, che nella società civile si
forma continuamente un processo di delegittimazione che lo Stato non sempre è in grado di
arrestare‛, N. BOBBIO, La società civile, in. N. BOBBIO, N. MATTEUCCI, G. PASQUINO, Il Dizionario di
Politica, cit., p. 896; cfr. M. NOVAK, The Universal Hunger for Liberty…, cit., pp. 137-218 [Part three:
The Politics of Liberty].
231 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico e il Cristianesimo, Edizioni Studium, Roma
1987, pp. 224-225.
232 Si deve aggiungere che egli fa la reinterpretazione di questa nozione in rapporto alla
tradizione cattolica; sul tema degli sviluppi del magistero ecclesiastico, cfr. Compendio della
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Sebbene nella società tradizionale il bene comune fosse di facile definizione, ciò nella
società pluralistica è praticamente impossibile. Tuttavia la creazione del bene comune è
un fatto e ad esso si accompagna la tendenza allo scopo pratico. Quindi Novak ne
rifiuta la definizione statica e teoretica e propone l’idea dell’ordine spontaneo. Sulla
base dell’osservazione della società liberale afferma ‚il bisogno naturale di
cooperazione‛ fra gli individui, che è il contenuto del principio del bene comune.
Questa cooperazione non è progettata teoreticamente né diretta amministrativamente,
ma sorge dalla iniziativa libera della persona. Per questo l’essenza del bene comune
consiste nell’assicurare nella vita sociale i vantaggi della cooperazione volontaria,
mentre la sola definizione ha un carattere pratico233.
Novak consapevolmente definisce ‚liberale‛ la nuova nozione del bene comune e si
richiama a Ludwig von Mises234. Il ruolo dello Stato è ridotto soltanto alla
responsabilità del funzionamento efficiente di tale sistema sociale, che assicura la
libertà delle persone235.
In questo modo si può avere l’impressione che ‚una mano invisibile‛ diriga il
complesso delle relazioni sociali, i cui effetti sono osservati non solo nel campo
economico, ma pure nel contesto della formazione del consenso politico. Ed ecco
realizzato l’ordine, ad un livello diverso ‚dal livello delle motivazioni e delle intenzioni
dottrina sociale della Chiesa, nn. 164-170, M. TOSO, Umanesimo sociale…, cit., pp. 92-102; M. TOSO,
Democrazia e libertà. Laicità oltre il neoilluminismo postmoderno, LAS, Roma 2006, pp. 103-124; G.
CAMPANINI, Democrazia e valori. Per un’etica della politica, Editrice AVE, Roma 2007, pp. 76-79; V.
POSSENTI, Bene comune e universalità, in ‚La Società‛, 6/2006, pp. 814-828.
233 ‚As a start, I prefer to write: In practice, the essence of the common good is to secure in social life the
benefits of voluntary cooperation. This concept does not exclude the actions of government and can
be realized in more than one way. In the tribal period of the race, the common good was
conceived of concretely, in terms of particular states of affairs: a tribe would move here for a
season, not there; hunt in this way, not that; and particular tasks would be assigned to each. In a
modern society, borne forward by immense internal dynamism, such a concept of the common
good would soon prove fatal. It would produce a society as static and as threatened by change
as the primitive tribe. A modern concept of the common good must be open to change, and –
most of all – open to the invention, enterprise, creativity and free choices of multitudes of free
persons‛, M. NOVAK, Free Persons and the Common Good, Madison Books, Lanham-New YorkLondon 1989, pp. 80-81.
234 L. VON MISES, Liberalismo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997, p. 18.
235 Cfr. M. NOVAK, Free Persons…, cit., pp. 83-87.
57
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
dei suoi operatori‛236. Questo non significa che abbiamo a che fare con la bacchetta
magica: è rigetto della pianificazione centrale:
‚L’ordine che emerge da un insieme di decisioni prese da singoli individui
può risulare sorprendentemente più razionale di qualsiasi ordine imposto
da programmatori razionali. La ragione per cui la mano è «invisibile» è che
la razionalità di un mercato non viene imposta per comando. Se la pura e
semplice intelligenza fosse onnisciente, i programmatori potrebbero fissare
in anticipo i livelli appropriati di offerta e domanda. Ma non è dato di
scorgere una simile intelligenza. L’ordine che risulta dall’azione degli
individui, basata sui loro giudizi, è notevolissimo; tanto notevole che
sembra «condotto da una mano invisibile». Si capisce che una simile mano
non c’è. Un ordine intelligibile chiaramente esiste, ma non comandato dalla
mano di qualcuno, né coscientemente voluto dall’intelletto di qualcuno.‛237
Dunque Novak difende soprattutto il carattere libero della creazione del bene comune,
contro ogni ideologizzazione. L’ordine politico, che del bene comune è l’elemento di
base, proviene grazie alla collaborazione di persone libere. Poiché ogni persona
dimostra inclinazione verso la socialità e la comunione, ciò è radicato nella natura
umana238. Dunque lo sviluppo appartiene al bene essenziale di ogni uomo e si realizza
sempre nel contesto sociale239.
Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 144.
Ibidem.
238 In tale modo Novak si riferisce al pensiero sia di Aristotele sia di san Tommaso d’Aquino, cfr.
F. FELICE, Capitalismo e Cristianesimo. Il personalismo economico di Michael Novak, Rubbettino,
Soveria Mannelli 2002, pp. 23-43. ‛What then, does the term ‘common good’ mean in practice?
It points to two faces of human nature: human beings are social and political animals, who need
one another; and striving, historical animals, always seeking outcomes not yet achieved.
together, the terms ‘common’ and ‘good’ capture both the social and the dynamic character of
human life‛, M. NOVAK, Free Persons…, cit., p. 75.
239 In altro passo Novak sottolinea due aspetti differenti del bene comune: il suo oggetto e il suo
contenuto formale. ‚Formalmente il concetto di bene comune è legato sia alla società nella sua
interezza che alla dignità di ogni singola persona libera. (Il pieno sviluppo di ognuno dei suoi
membri è uno degli obiettivi della vita sociale: lo sviluppo della persona è anche un elemento
costitutivo del bene comune). Questo concetto formale non si modifica col mutare delle
236
237
58
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
1.2- Il sistema politico
Il migliore sistema politico è, secondo Novak, la democrazia repubblicana240, che deriva
dal principio che la democrazia è basata sulla visione realistica della natura umana. Per
questo le istituzioni ben progettate ‚non possono contare su degli angeli e santi, anzi
devono tener conto di qualche peso di vizi umani, difetti e debolezze (a tal uopo sono
state pensate)‛241. Il suo legame con la libertà appare evidente, dato che il sistema
politico e la libertà sono ambedue radicati nella virtù242.
I meccanismi di cui la democrazia dispone preservano da due specie di tirannia:
dall’oppressione dell’intera società da parte di un tiranno o di caste oligarchiche e
dall’imposizone alla minoranza delle opinioni rappresentate dalla maggioranza243. La
circostanze storiche. Ma il contenuto materiale cambia in maniera radicale da un’epoca all’altra
e da un luogo all’altro. Ad esempio, dal punto di vista materiale, riteniamo necessari per il
pieno sviluppo di ogni singola individualità e dell’intera comunità umana così tanti beni, sia
spirituali che fisici, che è necessario considerare con la massima attenzione i criteri di priorità e
di realizzazione‛, M. NOVAK, L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo, Edizioni di Comunità,
Milano 1994, p. 94.
240 Sul tema di questo tipo di democrazia cfr. N. BOBBIO, Democrazia, in N. BOBBIO, N.
MATTEUCCI, G. PASQUINO, Il Dizionario di Politica…, cit., pp. 235-243.
241 Cfr. M. NOVAK, Free Persons…, cit. pp. 50-53.
242 ‚Thus, the root of republican self-government lies ultimately in virtue, both in its lofty forms
and in its more lowly form of self-interest rightly understood. The reason why is plain.
Republican self-government consists in the practice of human liberty, in reflection and in
considered choice. Truly free acts must break the chains of passion, ignorance, bigotry, selfenclosure, and intolerance. It is not easy for humans to free themselves of these. They are free
only when acting at high levels of self-mastery. To become free is to have learned habits of
liberty‛, ibidem, p. 71.
243 ‚Government is not a completely trustworthy agent of the common good. It, too, must be
restrained from trampling rights and subverting the common good. Democratic majorities may
also act like tyrants, both in oppressing minorities and in preferring to the common good can e
preplanned. Too many concrete, contingent conditions must be met for that‛, ibidem, p. 75; ‚A
democratic, liberal society in particular needs to protect from erosion the fundamental truths by
which it lives. For democratic societies (as the framers of the Constitution knew) are not
threatened solely by tyrants; they are vulnerable, too, to temporary majorities that would
override reason, virtue, and the rights of minorities. The dignity of the human person must be
held sacred-not negotiable, not subject to human expedience, not vulnerable either to arrogant
majorities or to slip sliding changes in public philosophy. Some truths are well held to be
absolute, if democracies are not to be destroyed by their own inner weaknesses. *<+ many of us
do believe that democracy is rooted ‘in the nature of things’; truly a ‘system of natural liberty’,
59
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
garanzia dalla prima tirannia, secondo Montesquieu, è la separazione dei poteri e
l’istituzione di un governo limitato, controllato ed intercambiabile. In questo modo la
democrazia, attraverso lo Stato di diritto, protegge l’indipendenza dell’individuo e dei
gruppi, specialmente delle minoranze.
Novak decisamente preferisce la democrazia rappresentativa, mentre rigetta il modello
di democrazia partecipativa per tre ragioni:
‚Primo, la democrazia partecipativa non è un metodo appropriato per
prendere la maggior parte delle decisioni nel campo etico-culturale: nella
religione, nella morale, nelle arti o nella letteratura. *<+ Secondo, non è un
metodo appropriato per prendere la maggior parte delle decisioni nel
campo economico. *<+ Terzo, la democrazia partecipativa richiede troppi
incontri, e non si adatta ai bisogni della maggior parte dei cittadini, né alle
finalità di una società libera. *<+ una democrazia partecipativa imposta
sarebbe, per i più, meno attraente di una partecipazione obbligatoria in
Chiesa.‛244
Alle più importanti istituzioni del sistema appartengono il regime costituzionale dei
diritti, il governo limitato, il sistema del controllo reciproco e l’equilibrio del potere
(checks and balances)245. Novak, quello che è interessante, espone una serie di altri fattori:
le associazioni libere, la giurisdizione indipendente, la proprietà privata, la
intangibilità personale, il sistema rappresentativo elettorale del potere legislativo ed
esecutivo, i partiti politici liberi, i sindacati liberi e la opposizione leale246.
and rooted in natural law‛, M. NOVAK, Catholic Social Thought and Liberal Institution: Freedom
with Justice, Transaction Publishers, New Brunswick (U.S.A.) and Oxford (U.K.) 2000, p. XIII.
244 M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 274-275.
245 Cfr. P. MANENT, Storia intellettuale del liberalismo. Dieci lezioni: da Machiavelli a Tocqueville,
Ideazione Editrice, Roma 2003, pp. 137-163.
246 M. NOVAK, Free Persons…, cit., p. 114. Inoltre Novak adduce altri nuovi fattori «democratici»
le abitudini e le virtù, che i liberali per primi inserivano nei cataloghi delle virtù «tradizionali» o
«classiche»‛, che definiscono le qualifiche morali: ‚enterprise more than resignation; civic virtue
more than familial piety; respect for law and lawmaking rather than mere submission to
60
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
1.3- La società e lo Stato
L’effetto della limitazione del potere dello Stato e la separazione di ‚forze statali‛ e di
‚forze sociali‛ è l’appoggio delle idee di autogestione247. Le creano il dibattito pubblico,
la convinzione morale, l’educazione civica, l’esercizio delle virtù. Ciò avviene
indipendentemente dallo Stato248, in virtù della distinzione tra la società civile e lo
Stato249. Tuttavia, contro le concezioni libertarie il filosofo americano sottolinea il ruolo
della società e insieme ad esso della famiglia, della religione e della vita morale che
esistono per così dire per natura e danno vita insieme alla società culturale liberale.
La costruzione del governo limitato priva il potere statale di due prerogative
precedenti: la responsabilità del controllo della coscienza, delle informazioni e delle
idee – cioè il controllo di Chiese, della stampa, della vita intellettuale e morale – e la
responsabilità del contollo della attività economica. Quindi il compito dello Stato è
unicamente la creazione delle condizioni della concorrenzialità250.
Appare chiaro che Novak si oppone decisamente allo statalismo, il cui effetto è la
intensificazione del sistema politico a spese di quello economico e di quello eticoculturale.251 Per questo allo Stato del benessere, che deve garantire la sicurezza e
l’ugaglianza, oppone la libertà:
„È un errore basare le proprie speranze di felicità sulla imposizione della
sicurezza e dell’uguaglianza. Per principio, entrambi questi desideri sono
command; self-improvement and self-realization more than loyal opposition rather than in
unbending moral absolutism; and yet hers less often brought into awareness‛, ibidem.
247 Cfr. ibidem, p. 44.
248 „These include the distinction between the society and the state, according to which the
people, not the state, would be the chief agent of the common good; the tendency of public
authorities to distort the common good; and the separation of the social system into three
independent systems‛, ibidem, p. 43. Nella sua argomentazione Novak concerne gli scritti dei
Padri Fondatori della democrazia americana editi intitolati The federalist (A. HAMILTON, J. JAY, J.
MADISON, Il federalista, Il Mulino, Bologna 1980).
249 Questa distinzione rileva Pierre Manent che descriva ad essa come una delle note
caratteristiche del liberalismo, cfr. P. MANENT, Storia intellettuale del liberalismo…, cit., pp. 168169.
250 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 269-270.
251 Ibidem, p. 454.
61
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
insaziabili. Entrambi vanno contro la condizione umana. Nessun individuo
e nessuna società sono sicuri in un mondo di probabilità emergente e di
peccato. Anche i talenti di cui gli esseri umani sono dotati sono disuguali. Il
desidero di sicurezza e di uguaglianza, inoltre, va contro i requisiti della
libertà. Esercitare la libertà sgnifica assumere rischi, abbracciare incertezze
e arrivare a risultati variabili.‛252
Allo stesso tempo dà grande importanza al partito liberale nel contesto della
discussione sulla sicurezza e la libertà253. Anzi, una amministrazione statale troppo
forte influisce negativamente sull’economia e, attraverso la legislazione, anche sul
campo etico-culturale:
‚Attraverso una legislazione sociale, gli enti governativi hanno inoltre
affermato il proprio potere in tema di assunzione e di attività del personale.
È stato eretto un vasto apparato di informazione obbligatoria ed
investigazione segreta. Questo apparato si estende al di là del sistema
economico fin dentro alle istituzioni del sistema etico-culturale. La
politicizzazione delle questioni etiche e culturali si estende ora al ruolo
delle donne, all’omosessualità, al matrimonio, alla famiglia, all’aborto,
all’affitto e alla vendita di beni immobili, al buing, agli esperimenti
educativi e cose simili. La «nuova politica» ha esteso il raggio del sistema
politico.‛254
2- La dimensione economica: il capitalismo
Ibidem, p. 158.
„Thus, the liberal party today cannot speak only of liberty. It must distinguish rigorously
among the legitimate and the illegitimate desires for security. The liberal state is certain to be to
some extent a welfare state. The limits to that extent await defining. The balance between
security and liberty needs constant attention‛, M. NOVAK, Free Persons…, cit., p. 118.
254 M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 226. M. Novak si appella alla
riflessione di DANIEL BELL, Le contraddizioni culturali del capitalismo, Biblioteca Einaudi, Torino
1978.
252
253
62
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Similmente al sistema politico, pure la sfera economica si basa sulla libertà e creatività
dell’individuo. Così come ‚le due rivoluzioni – politica ed economica – in pratica, ma
anche in teoria, si sostennero a vicenda‛255, così anche ambedue hanno bisogno di
entrambe le dimensioni della libertà – politica ed economica. In nome della libertà e del
rispetto della dignità umana, Novak contesta le idee socialiste, che conducevano alla
depauperazione di molte parti della terra, e tutto ciò perchè nel sistema socialista tutto
dipende dalle facoltà, talenti ed attitudini di coloro che costituiscono l’ente supremo256.
Tuttavia la riflessione di Novak non è solo critica, ma il discorso ha anche un aspetto
positivo: e perciò fra tali fenomeni inserisce il mercato libero. Essendo ‚un luogo dove
convengono molti compratori e molti venditori, desiderosi di acquistare o di vendere
una o più merci‛257, esso costituisce sia la conferma e la difesa, sia la realizzazione della
libertà umana nella dimensione economica. Infatti l’interesse proprio può esser definito
un punto di equilibrio fra l’egoismo individuale e l’altruismo comune: quando viene
realizzata la iniziativa privata, anche l’economia di tutta la società cresce258.
2.1- La decadenza del socialismo
Punto di partenza della riflessione economica di Novak è la tesi della indissolubilità
della dimensione politica ed economica e della stabile necessità di rispetto della libertà:
da una parte le libertà economiche sono instabili senza libertà politiche; dall’altra parte
lo Stato che non riconosce limiti al proprio potere nella sfera economica distrugge le
libertà nella sfera politica259.
M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 3.
Cfr. L. VON MISES, Socialismo: analisi economica e sociologica, a cura di DARIO ANTISERI, Rusconi,
Milano 1990, pp. 91-110. In Epilogo von Mises rivela il caos pianificato e i suoi effetti, ibidem, pp.
573-647.
257 L. EINAUDI, Lezioni di politica sociale, Biblioteca Einaudi, Torino 2004, p. 5.
258 Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 210; sul tema del rapporto al capitalismo tra
l’altro Walter Eucken, Ludwig Erhard, Wilhelm Röpke, cfr. F. FELICE, L’economia sociale di
mercato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008; cfr. M. NOVAK, The Universal Hunger for Liberty…,
cit., pp. 51-133 [Part two: The Economics of Liberty].
259 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 4-5. Di qui anche si deve
riconoscere l’assurdità della convinzione socialista circa il bisogno dell’uguaglianza assoluta tra
individui o classi: ‚Le diversità di talento, di aspirazioni e di applicazione restano
255
256
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L’economista americano intravede la realizzazione di questo postulato nelle premesse
del capitalismo democratico e la negazione di esso nella ideologia socialista260. Il
socialismo, arrogandosi lo status scientifico, indica due aspetti: quello negativo (‚un
modo di analizzare le deficienze del capitalismo democratico‛) e quello positivo
(‚l’abolizione della proprietà privata, l’appropriazione da parte dello Stato dei mezzi di
produzione, cioè la nazionalizzazione delle industrie, il controllo statale su tutti gli
aspetti dell’economia, l’eliminazione della «democrazia borghese» rimpiazzata da una
società senza classi e l’instaurazione di un ordine internazionale basato su un’analisi di
classe che trascende le frontiere nazionali, culturali e linguistiche‛)261. Tuttavia la storia
è implacabile e le vittime continuamente innumerevoli. Nella sfera etico-culturale
‚nessuno Stato pienamente socialista ha finora dimostrato di poter tollerare l’ampia
cerchia di dissenso, di libertà e di diritti umani raggiunta dagli Stati di capitalismo
democratico‛.262 Non diversamente è avvenuto nel campo economico:
‚Le industrie nazionalizzate non mettono al riparo da basse paghe i
lavoratori, non migliorano molto le condizioni di lavoro, non diminuiscono
il degrado ambientale e non fanno salire i livelli produttività, di progresso
materiale e di attitudini umane della forza lavoro. D’altra parte, quelle
piccole porzioni di agricoltura, che i regimi socialisti hanno lasciato in
mano ai privati, hanno superato l’agricoltura collettivizzata di Stato con
coefficienti del valore di 30 a 1, benché a quest’ultima fossero riservate
dotazioni ben più alte di risorse (macchinari, fertilizzanti, strade, ecc.)
inesorabilmente a contraddistinguere gli esseri umani. Il sistema democratico, rispettoso delle
diversità e delle libertà umane, neppure mira a uguali risultati. La sua legittimità si fonda non
già sul raggiungimento di uguali risultati, bensì sull’offerta di uguali opportunità: tutti i
cittadini debbono avere fiducia di poter migliorare la propria condizione. Ora, questa
aspettativa è realistica solo in condizioni di crescita economica. La libertà richiede dunque
espansione e apertura. E ancora, la libertà richiede mobilità sociale‛, cfr., ibidem.
260 Le sue riflessioni sul tema del socialismo, Novak le attinge alle opere di Leszek Kołakowski,
filosofo polacco e teoretico del socialismo, cfr. L. KOLAKOWSKI, Nascita, sviluppo, dissoluzione del
marxismo, Sugarco, Milano 1980-85.
261 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 247-248.
262 Cfr. ibidem, p. 249.
64
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Ancora, i prezzi e i salari amministrati si sono dimostrati molto meno
perspicaci, efficienti e razionali di quelli sottoposti al meccanismo del
mercato. Nella sfera economica, perciò, quasi tutte le principali dottrine dei
socialisti hanno dimostrato di aver bisogno di una revisione critica.‛263
Di Novak non convincono neppure gli argomenti che ‚mescolano‛ l’economia con
l’etica, creando in tal modo gli ordini apparentemente morali: ‚1) l’eliminazione della
povertà dovrebbe essere il primo compito del governo dopo la difesa; 2) le grandi
disuguaglianze in fatto di ricchezza portano a disuguaglianze in fatto di libertà di
azione e richiedono di essere corrette dall’azione di governo; 3) alle necessità
fondamentali dovrebbe essere data priorità da parte del governo, anche se questo
comporta qualche perdita nel totale dei beni e servizi che sarebbero altrimenti
disponibili‛264. Novak ne rigetta esplicitamente gli argomenti, indicandoli quali
pericolosi:
‚Primo, c’è il pericolo di applicarli unilateralmente, così da creare un
governo mostruoso, specialmente se non si stabilisce per il governo un
imperativo di pari valore di rispettare precisi limiti. Secondo, c’è il pericolo
che quella prevista «qualche» perdita totale di beni e servizi possa essere
così grande da determinare ristagno economico e declino. *<+ Terzo, c’è il
pericolo che i tentativi di alleviare la povertà mediante l’esecuzione di un
piano risultino vani, perché quel piano, che si supponeva razionale,
fraintendeva invece le cause della ricchezza nazionale.‛265
Ibidem.
Cfr. ibidem, p. 265.
265 Ibidem, p. 266.
263
264
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Malgrado così dolorosa lezione impartita al mondo dalla storia del secolo scorso,
sbalordice la popolarità di cui le idee del socialismo marxista godono, anche fra ‚figli e
figlie della Chiesa‛266.
2.2- Il mercato libero
L’economia del capitalismo democratico è fondata sul mercato libero e su una nuova
comprensione del capitale. Essendo il contrario dei regolamenti dall’alto e dei comandi
statali, il mercato è improntato dalla dinamica e pluridimensionalità, tanto più che non
c’è un solo mercato, ma esistono molti mercati concreti267.
Come altri strumenti democratici, anche il mercato ha un suo ‚ambiente naturale‛ nel
grande valore della libertà. Ne nasce nuova attività economica, la gente è portata a
riunirsi, crescono i centri urbani, i mercati si impiantano, linee di trasporto e di
comunicazione si moltiplicano268. Inoltre nel sistema del mercato si generano modelli di
razionalità, che sono di tipo aperto e fanno sì che le cose accadano269.
Novak, ed altri fautori del mercato ‚non sostengono che il loro sistema sia utopico e
senza difetti‛. Per questo egli presta orecchio alle obiezioni dei socialisti, che tuttavia
poi rovescia. Egli sottolinea che il sistema mercato ‚sia economicamente il più
produttivo, intellettualmente il più inventivo e dinamico, politicamente il solo sistema
compatibile con la libertà‛270. In risposta alla obiezione che la pubblicità
contemporanea altera la capacità del criticismo dei clienti, afferma che ‚il mercato
Cfr. ibidem, pp. 319-451. Per un’ampia della condizione del socialismo e dell idee di sinistra in
vari paesi cfr. AA.VV., La sinistra è ancora un’idea?, ‚Liberal‛, 40/2007, pp. 37-71.
267 Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 11. ‚Markets come and disappear *<+. Some
are large, especially those designed for potentially every family and person, and some are small,
especially those for very expensive o highly specialized goods or services. Some markets are
easy to find or to establish, some quite difficult. *<+ Sometimes the word ‘market’ is used
metaphorically, as in ‘the free market of ideas’ or even ‘the market for religious belonging in a
pluralist society’. In such cases, one does not mean literally that persons actually ‘purchase’
religious belonging. Yet even commitments of the spirit must be ‘exchanged’ from person to
person and are subject to autonomous choice; hence the metaphor‛, ibidem. p. 3
268 Cfr. ibidem, p. 129.
269 Cfr. ibidem, p. 131.
270 Cfr. ibidem, p. 133. Inoltre sul tema del ruolo della pubblicità in ambito economico cfr. G.
GIANFREDA, Pubblicità e teorie economiche, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995.
266
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soffre di ignoranza, capricci, passioni e relativa irrazionalità‛ ed aggiunge che ‚i
problemi posti dalla pubblicità in campo economico sembrano strutturalmente del
tutto diversi dai problemi posti dalla propaganda di Stato nelle economie coatte (in
command economies)271. La successiva obiezione riguarda l’imposizione del prezzo
arbitrario, in vista di che si deve ricordare, che ‚oggi infatti i prodotti sul mercato sono
spesso il risultato della ricerca e dello sviluppo, di complessi processi di produzione e
di distribuzione, di sofisticate strategie nazionali di marketing e di budget pubblicitari‛.
Infine l’affermazione secondo la quale i mercati funzionano in modo tale che il ricco
diventa sempre più ricco e il povero diventa sempre più povero, sennonché i dati di
fatto mostrano ‚che, nelle economie di mercato, il reddito reale dei poveri è aumentato
in misure senza precedenti‛. Non si può dimenticare, conlude Novak, che i mercati
non funzionano in modo uguale e simultaneo per ogni settore della popolazione, e il
compito più arduo è portare la gente ai mercati. Inoltre, quello che è particolarmente
importante dal punto di vista sociale, ‚i mercati remunerano a seconda della capacità e
delle fatiche, offrono occasioni a intraprendenza, invenzione, adattamento e mobilità
sociale‛272.
Novak non esita ad inserire la difesa del mercato libero nel catalogo specifico dei valori
costitutivi:
‚Una difesa del libero mercato è, innanzi tutto, una difesa dell’efficienza,
della produttività, dell’inventiva e della prosperità. È anche una difesa
della libera coscienza – libera non solo nel campo dello spirito e della
politica, ma anche delle decisioni economiche di tutti i giorni. È, infine, una
difesa dell’ordine pluralistico del capitalismo democratico contro l’ordine
unitario e coatto del socialismo.‛273
Anzi nei presupposti fondamentali intravede anche la dimensione teologica:
Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 134.
Cfr.ibidem, pp. 135-137.
273 Ibidem, p. 141.
271
272
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‚L’immagine di Dio che sta dietro al pensiero socialista è quella del Nous:
l’intelligenza che tutto vede e comanda. L’immagine di Dio sottesa al libero
mercato e al sistema ternario del capitalismo democratico è quella del
Fronimos, l’intelligenza pratica provvidente, incorporata in operatori
singoli, in singole situazioni concrete.‛274
Il meccanismo del libero mercato si basa anche sull’utilizzazione del capitale umano.
Al canone dei componenti classici di ricchezza economica, su scala finora non esistente,
si aggiungono l’intelligenza pratica, i metodi di gestione e l’intelletto umano. In questo
modo l‘intelligenza diventa il fondamentale capitale umano275. La tecnica ha dato
impulso nel campo della trasformazione tecnologica, logistica e del rendimento del
lavoro. Tale attivismo economico ha determinato anche un risveglio che ha un legame
con la dimensione della libertà:
‚L’attività economica è centrale per questo risveglio, poiché il sistema
economico produce i mezzi mediante i quali le possibilità di scelta si
allargano. La povertà può non essere un male in sé, ma restringe le
possibilità di scelta. La chiave per incrementare la ricchezza delle nazioni
sta dunque nello stimolare l’attività economica. Il bene principale che si
ottiene attraverso tale attività è un’accresciuta libertà personale. Così,
l’accresciuta libertà personale è insieme una mèta in sé e un mezzo per
raggiungere altre mète, un modo per stimolare l’attività economica.‛276
Ibidem.
‚*<+ il termine «capitale» (das Kapital) non indica più in primo luogo il bestiame, le terre o
anche quegli oggetti materiali che sono i mezzi di produzione. Il suo significato principale è
«capitale umano»: la mente dell’uomo, l’inventiva, le conoscenze, le abilità, il know-how, lo
spirito di iniziativa, la capacità di organizzazione, la predispozione alla cooperazione e alla
collaborazione‛, M. NOVAK, L’etica cattolica…, cit., pp. 13-14; cfr. F. FELICE, Capitalismo e
Cristianesimo…, cit., pp. 158-159; cfr. R. J. NEUHAUS, Solidarietà e profitto: la sfida del capitalismo
cristiano, trad. di MARCO LUNARI, Rozzano, Leonardo Milano 1994, s. 209-210.
276 M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 126.
274
275
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Tutti questi cambiamenti forniscono argomenti evidenti che ‚il ponte che conduce alla
ricchezza è fatto principalmente di intelligenza‛ e ‚la fonte della ricchezza risiede più
nello spirito che nella materia‛277.
2.3- Self interest
Analizzando l’enciclica di Giovanni Paolo II Laborem exercens, nella parte dedicata alla
proprieta privata, Novak si richiama all’argomento personalistico, che proclama che
l’uomo abbia coscienza di lavorare «in proprio», poiché la proprietà privata è un
mescolanza sia di personalismo che di creatività278. Alla base di questa iniziativa sta la
nozione dell’interesse proprio; nella sua descrizione Novak si appella alla distinzione
operata da Alexis de Tocqueville: l’interesse proprio ben inteso e male inteso. Il primo
ha la caratteristica umana, presente universalmente ed indifferente alla morale. Il
secondo, invece, significa lo sfruttamento crudele delle occasioni allo scopo di
moltiplicare i profitti. Purtroppo, a causa della contaminazione della natura umana per
il peccato originale, questa debolezza è universale279. Tuttavia il principio, che egli
afferma è il seguente, che: ‚l’uomo facendo servizio ai prossimi fa servizio a sé e che il
fare il bene è nel suo interesse‛280.
Nella vita sociale è necessario operare realisticamente in riferimento alla condizione
umana e perciò non si può contare su azioni esclusivamente disinteressate281. L’uomo
Ibidem, p. 128; cfr. D. ANTISERI, Cattolici a difesa del mercato…, cit., pp. 411-484; cfr. ID, Liberali
quelli veri e quelli falsi…, cit., pp. 84-90; cfr. ID, Liberali e solidali…, cit., pp. 35-43.
278 Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 157.
279 Cfr. M. NOVAK, Free Persons…, cit., pp. 55-67.
280 Cfr. ibidem, p. 64.
281 Novak resta vicino all’atteggiamento di Reinhold Niebuhr: ‚Nella prospettiva della
concezione cristiana della natura umana, appare chiaro un solo perché il «proprio-interesse»
debba essere imbrigliato e non puramente soppresso, ma anche perché abbia una dimensione
inversa da quella presupposta nelle teorie dell’economia classica e in tutto il pensiero
naturalistico moderno. Il «proprio-interesse» deve essere imbrigliato per due motivi. Anzitutto:
esso è troppo forte e persistente per essere semplicemente soppresso o trasformato. Anche se in
teoria il singolo individuo avesse la possibilità di levarsi nella sua vita al puro disinteresse e di
rinunciare a dare al proprio io un vantaggio indebito, in pratica resterebbe impossibile alla
collettività di portarsi a queste altezze *<+. Ma al «proprio-interesse» deve essere concessa una
certa libertà d’azione anche perché non c’è una società tanto buona o saggia che sia in grado di
stabilire una volta per tutte come le capacità individuali vadano usate per il bene comune, o
277
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
non è un angelo e per questo, contro i sogni degli utopisti, non è possibile voler
lavorare solo per amore della comunità. Seguendo tali tracce, Adam Smith sottolinea
‚che un sano ordine economico non dovrebbe essere basato soltanto sulle buone
intenzioni, bensì sul rispetto per i risultati economici‛282, che derivano dalla iniziativa
privata. Eppure l’idea di Smith ‚era di erigere un sistema di incentivi, nel quale ogni
membro potesse giudicare giusto il suo profitto e vedere in esso prospettive di
miglioramento per sé e per i propri cari. Questo tipo di amor proprio non è vizioso‛283.
In questo modo Novak, in base alle esperienze americane del capitalismo democratico,
accenna alla coerenza positiva fra il bene dell’individuo e il bene della comunità a cui a
quello appartiene. Si può parlare di ‚retroazione‛: il senso del ben comprendere
l’interesse proprio esprime la natura sociale dell’uomo284.
come il lavoro individuale vada remunerato, o come vada precisato il punto fino a cui un
individuo potrà spingere il proprio impegno lavorativo di sua iniziativa‛, R. NIEBUHR, The
Christian Faith and the Economic Life of Liberal Society, in A. D. WARD (cur.), Goals of Economic Life,
New York 1953, p. 441-442, 445-446, cit. da M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit.,
p. 445.
282 M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 191.
283 Ibidem, p. 193. Scrive A. Smith in Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle Nazioni:
‚Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panettiere che ci aspettiamo la cena,
ma dalla cura che essi pongono al proprio interesse. Noi ci rivolgiamo non alla loro umanità,
ma al loro amor proprio e con loro non parliamo mai delle nostre necessità, ma dei loro
vantaggi‛, cit. da M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 191.
284 ‚Thus, the principle of self-interest rightly understood perfectly expresses the social nature of
the human person, in whose profound interest it is to exercise his liberty in free, kindly, and
open cooperation with his fellows. Such use of liberty is in his own self-interest. It is in the
common interest. The whole point of self-interest rightly understood is that these two should be
coincident‛, M. NOVAK, Free Persons…, cit., p. 69. La conferma di questi osservazioni Novak
trova a A. de Tocqueville Democracy in America: ‚I have already shown, in several parts of this
work, by what means the inhabitants of the United States almost always manage to combine
their own advantage with that of their fellow citizens; my present purpose is to point out the
general rule that enables them to do so. In the United States hardly anybody talks of the beauty
of virtue, but they maintain that virtue is useful and prove it every day. The American moralists
do not profess that men ought to sacrifice themselves for their fellow creatures because it is
noble to make such sacrifices, but they boldly aver that such sacrifices are as necessary to him
who imposes them upon himself as to him for whose sake they made‛, cit. da M. NOVAK, Free
Persons…, cit., p. 65. Le affermazioni simili si può leggere al G. SANTAYANA, Character and
Opinion in the United States, New York 1921, p. 196 e R. NIEBUHR, The Christian Faith…, cit., p.
433.
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
3- La dimensione culturale: il pluralismo
Le istituzioni economiche e politiche non esistono nel vuoto culturale, ma sono
collegate con l’ethos sociale, la moralità e la cultura locale285. In questo modo Novak
distingue la terza dimensione del capitalismo democratico, nella descrizione della
quale pesa la libertà e da essa segue il pluralismo delle opinioni, che richiede tuttavia
un genere del consensus sociale. Lo Stato deve riconoscere il pluralismo come ‚fatto
inevitabile e permanente e lo regola, proibendo ed evitando tutto ciò che impedisce o si
oppone alla ricerca della verità e, quindi, alla libertà dell’intelligenza‛286. Un ruolo
molto importante nel foggiare e nel concordare delle opinioni svolgeranno le
istituzioni: fra esse Novak in primo piano mette la famiglia e le forme istituzionalizzate
della religiosità287.
3.1- Ex pluribus unum
Cresciuto nella libertà dell’individuo, il pluralismo della concezione del mondo
permette la possibilità di scelta dei valori nella sfera dello spirito umano. Poiché
nessuno può imporre alla persona un unico modello di giudizio del bene o una unica
concezione della propria maniera di vita. Descrivendo il sistema culturale e la
organizzazione assiologica dello Stato, Novak si serve del modello di ‚scrigno vuoto‛.
Benché nel centro del mondo contemporaneo non ci sia posto per una ideologia del
bene comune, ciò non significa che questo spazio vuoto esprima una mancanza o una
negazione del valore sociale:
‚In una società genuinamente pluralistica non c’è una sola «tenda sacra».
Di proposito non c’è. Nel suo centro spirituale c’è uno scrigno vuoto. Quello
Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., pp. 29-30.
M. TOSO, Democrazia e libertà…, cit., p. 222. Per l’idea del pluralismo quale giustificazione
etica della democrazia, cfr. A. F. UTZ, Etica politica, Edizioni San Paolo, Torino 2008, pp. 134-135;
G. CAMPANINI, Democrazia e valori…, cit., pp. 87-98.
287 Altri, come ad es. Peter Berger e Richard John Neuhaus, concentrano la propria attenzione su
quattro tipiche istituzioni intermedie nel contesto sociale: il vicinato, la famiglia, le chiese e le
associazioni di volontariato, cfr. F. FELICE, Welfare Society…, cit., pp. 79-120; cfr. M. NOVAK, The
Universal Hunger for Liberty…, cit., pp. 3-47 [Part one: The Culture of Liberty].
285
286
71
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
scrigno è lasciato vuoto, sapendo che nessuna parola, immagine o simbolo
corrisponde a quello che tutti cercano in esso. Il suo esser vuoto, perciò,
rappresenta la trascendenza, alla quale si accostano le coscienze libere
partendo da un numero virtualmente infinito di direzioni.‛288
L’ordine pluralistico fa sì che intorno al centro vuoto si possano rintracciare tante
diverse ‚cupole sante‛, vale a dire gruppi o classi sociali comprendenti un unico
condiviso sistema dei valori per tale gruppo289.
Malgrado ciò il centro ideologico non ne è del tutto privo. Come nota Novak, i Padri
Fondatori degli Stati Uniti – quale principio fondamentale dell’organizzazione dello
Stato – hanno definito nella Dichiarazione di Indipendenza che gli esseri umani sono
dotati dal Creatore di diritti inalienabili. Ciò non significa che tutti cittadini debbano
condividere una fede in Dio e debbano concepirlo nello stesso modo. Poiché il richiamo
al Dio-Creatore ha il ruolo di un riferimento trascendente, che oltrepassa l’ordine
assolutamente umano, nessuno vuole imporre, soprattutto alla religione, importanza
simbolica. Poiché il contenuto è pluralistico, nessuna istituzione, nessun gruppo,
nessuna persona ha titolo per definire per gli altri il significato di parole come «Dio»,
«l’Onnipotente» e «il Creatore». Tuttavia queste parole hanno un significato e un
destino:
‚Queste parole sono come segnali, che ciascuno deve definire per proprio
conto. La loro funzione è quella di proteggere la libertà di coscienza di tutti,
M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 59. Sul tema del significato della
religione nello spazio sociale cfr. F. FELICE, Neocon e teocon. Il ruolo della religione nella vita pubblica
statunitense, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006 e F. MAZZOCCHIO, Sfera pubblica e religione, ‚La
società‛, 2/2009, pp. 245-262.
289 Novak accenna alle ‚enclavi‛ che hanno creato oppure sorreggono vecchie ‚cupole sante‛. In
questi gruppi ‚tutti condividono gli stessi significati, tutti emettono giudizi morali ed estetici
simili, tutti ridono agli stessi scherzi. In queste enclavi ci si può rilassare tra amici. Al di fuori di
questo rifugio temporaneo, comunque, volutamente nel pluralismo ci sono molte altre «tende
sacre», e alcune delle cose che un gruppo tiene per sacre, vengono derise da un altro. La vita in
una società pluralistica, di conseguenza, insegna a evitare le mine sociali. Tutte le volte che
andiamo tra i nostri concittadini abbiamo la possibilità di sentire i nostri limiti‛, M. NOVAK, Lo
spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 59.
288
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
facendo uso di un simbolo che trascende il potere dello Stato e ogni altro
potere terreno. Tali simboli non sono completamente neutri; non si possono
affatto riempire con ogni sorta di contenuto. Essi rimandano al di là del
potere terreno. Così facendo salvaguardano l’umana apertura al
trascendente.‛290
Sono conosciute nella storia le prove dei valori correnti imposti dalla religione o da una
visione omogenea di tipo morale, che sono caratteristiche delle società ‚tradizionali‛ o
‚socialismi‛. Mentre la società democratica e capitalistica è basata sul pluralismo delle
opinioni, per cui manca una visione unica e distinta dell’ordine sociale291.
A parere di Novak la libertà e il pluralismo non distruggono i vincoli sociali, ma
conferiscono vitalità al tessuto sociale. La continua ricerca di un valido modo di vita
conduce allo sviluppo. A differenza di quanto avviene nelle società tradizionali e nei
socialismi, ‚il progresso morale, al quale chiama il capitalismo democratico, non è
utopico, ma non giunge mai a termine nella storia‛. Nello stesso tempo ‚i valori e le
abitudini richiesti per mantenere questo centro trascendente, comunque, implicano
uno spirito di cooperazione, reciprocità e impegno comune‛. E solo questo modello
della ‚tenda sacra‛, che attiene alla prassi più che alla credenza, ‚consente unità
nell’agire, diversità nel credere‛. Lo spazio vuoto al centro della società democratica è
l’espressione del rispetto ‚per la sfera del trascendente, alla quale l’individuo ha
accesso attaverso l’io, al di là delle mediazioni delle istituzioni sociali‛. In conclusione,
il capitalismo democratico ‚permette agli individui di sperimentare l’alienazione, la
mancanza di regole, la solitudine, il nulla. Ma attraverso queste esperienze radicali
della libertà umana esso costantemente anche si rinnova‛. Non diminuendo il ruolo
sociale dell’uomo e quello delle istituzioni medianti, si deve sottolineare che ‚ognuno
Ibidem, p. 60.
‚Soltanto in una società dirigista («command society») – socialista o altra – si può pensare a
permeare tutti di valori cristiani. Chi vuole un ordine sociale basato su un’etica «sostanziale»
imposta, non può essere a favore del pluralismo. Una società di capitalismo democratico, per
principio, non è legata ad alcuna visione particolare dell’ordine sociale. Un tale legame
costituirebbe una violazone della trascendenza. Qualunque società, imponendolo, violerebbe i
precetti della coscienza e della personalità.‛, ibidem, p. 78.
290
291
73
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
sperimenta una solitudine e una responsabilità personale che lo (o la) rende
stranamente solo (o sola) in mezzo della solidarietà‛. E perciò ‚la coscienza è la radice
principale del capitalismo democratico‛292.
Tuttavia sorge una questione sul modo della realizzazione del bene comune in questa
società dove non c’è un dirigere dall’alto o un coordinare dall’esterno293. Secondo
Novak, tutte le attività sono intraprese spontaneamente, sulla scorta dell’iniziativa
partita dalla base. Tutto ciò non provoca il caos e la anarchia, e le singole azioni o le
idee si collocano in un ordine non intenzionato, ma armonioso. È merito dell’intelletto
umano ciò che il filosofo americano definisce con il nome di ‚intelligenza pratica‛. Essa
fa sì che gli uomini si decidano a cooperare tra loro e in effetti la cooperazione porta il
massimo bene comune ed è la simultanea massima realizzazione dell’interesse
proprio294.
3.2- La ricchezza delle istituzioni
Nella sfera delle convinzioni morali, dei simboli, dei valori culturali e delle altre idee,
indirizzanti il modo di pensare e di prendere una decisione, non c’è il dominio delle
opinioni private degli individui. La privatezza non limita la capacità degli individui
all’espressione pubblica delle opinioni, ma è l’ambito in cui l’individuo può stare
sicuro e libero. Nessuno, soprattutto il potere statale, può intervenire nella sfera privata
per violare la libertà di coscienza e di conseguenza il pluralismo delle concezioni del
mondo e dei valori. Le convinzioni personali degli individui si esprimono tuttavia nel
campo pubblico, spesso grazie alle istituzioni concorrenti tra loro:
Cfr. ibidem, pp. 60-61. Per un’ampia ricostruzione del pensiero liberale in riferimento al
pluralismo cfr. le opere di WILLIAM GALSTON: Liberal Purposes, Cambridge University Press
1991, Liberal Pluralism, Cambridge University Press 2002, The practice of Liberal Pluralism,
Cambridge University Press 2005.
293 Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 117.
294 Novak tratta questo tema nel contesto economico, definendo ‚la intelligenza pratica‛ ‚la più
importante caratteristica dell’ ordine del mercato‛, cfr. M. NOVAK, Free Persons…, cit., pp. 98103.
292
74
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
‚Il sistema etico-culturale è incorporato in istituzioni. La sua realtà non è
confinata nella psiche o nell’intimità della coscienza. Vi sono chiese,
sinagoghe, università, giornali, case editrici, reti televisive, associazioni di
filosofi e poeti, ecc. queste istituzioni sono molteplici e rivaleggiano tra
loro. Esse hanno una grande influenza su simboli e valori che promuovono
o inibiscono l’azione.‛295
Novak vede un ruolo speciale, fra le istituzioni etico-culturali, per la famiglia ed le
comunità religiose. Esse assicurano il senso della solidarietà, difendono dalla tendenza
ad eccessive atomizzazioni ed individualizzazioni.
Fra le più importanti istituzioni Novak nomina la famiglia e contemporaneamente egli
indica con il termine «famiglia» ‚la coppia eterosessuale, unita in matrimonio e che
alleva ed educa i propri figli‛296. È vero che gli individui intraprendono la vita di adulti
grazie all’educazione familiare, e questo diviene evidente pur nella dimensione
economica:
‚Così, è analiticamente improprio assumere l’individuo da solo come unità
sufficiente dell’analisi economica. I singoli esseri umani sono animali
sociali. Più esattamente, ciascuno di noi è un animale familiare. Le nostre
famiglie
determiniano
geneticamente,
ma
per
anche
prime
quel
che
psicologicamente,
siamo,
non
soltanto
pedagogicamente
e
moralmente.‛297
La famiglia è anche il luogo di innumerevoli scambi di beni e servizi, che le singole
famiglie non avrebbero potuto permettersi, di cura, di educazione. Inoltre, come scrive
M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 80.
Cfr. F. FELICE, Capitalismo e Cristianesimo…, cit., p. 185. Sottolineando il ruolo della famiglia
nella trattazione di Novak come forza dinamica e impulso al progresso, Felice scrive che ‚è
lecito chiedersi quale ruolo debba svolgere la famiglia in un sistema di capitalismo democratico,
ossia nella sfera economica, politica, etico-culturale, ed ancora, se la famiglia sia un’entità
realmente indispensabile per l’ecologia morale delle istituzioni democratiche e della tradizione
liberale‛, cfr. ibidem, pp. 184-185.
297 M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 210.
295
296
75
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
l’economista americano, ‚la motivazione fondamentale di tutta l’attività economica
sembra essere chiaramente, e molto più di quanto non suggeriscano comunemente gli
economisti, incentrata sulla famiglia‛, e ‚mediante questa cura per la famiglia,
l’individuo isolato evita di occuparsi soltanto del proprio interesse o della propria
persona‛298.
La famiglia, grazie alla proprietà posseduta ed all’indipendenza ideologica dallo Stato,
è una delle più essenziali istituzioni intermediarie nel sistema politico. Il diritto di
proprietà privata, la libertà dell’educazione e dell’insegnamento ai figli, l’autogestione,
fanno sì che la famiglia difenda gli individui indipendenti dall’autoritaristica o
paternalistica azione dello Stato. Per questo Novak si appella alla difesa
dell’indipendenza della famiglia, che è il principale educatore delle nuove generazioni
e coopera al consolidamento del pluralismo e della libertà politica degli individui:
‚Tra lo Stato onnipotente e l’individuo indifeso si profila la prima linea di
resistenza
contro
il
totalitarismo:
la
famiglia,
indipendente
sia
economicamente che politicamente, che protegge lo spazio entro cui
individui
liberi
e
indipendenti
possono
ricevere
la
necessaria
formazione.‛299
La famiglia è pure la scuola intergenerazionale delle virtù, indispensabili per
l’autogestione sociale e per la democrazia. I compiti morali della famiglia sono
l’insegnamento della disciplina, la capacità della coesistenza e della cooperazione con
altri alla trasmissione di un sistema di valori. Tutte queste capacità concorrono alla
costituzione dell’ethos civico:
‚A cominciare dalla Dichiarazione di Indipendenza, continuando con Il
federalista e poi via via coi singoli documenti della nostra tradizione di
rivoluzione realistica, sempre viene affermato con convinzione che la
possibilità dell’autogoverno riposa sulla virtù dei cittadini. La vera scuola
298
299
Cfr. ibidem, p. 212.
Ibidem, p. 214.
76
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
di virtù secondo natura – e, di qui, la scuola di ogni economia politica
basata sull’autogoverno – è primariamente la famiglia. Nella famiglia uno
incontra i limiti del poprio sesso, della propria vocazione e della propria
posizione nella vita.‛300
In altro luogo Novak sottolinea l’importanza dell’educazione dei figli all’autodisciplina
ed afferma che ‚la nuova classe‛ delle famiglie ha tradito questo compito. Liberate
dalla disciplina, dall’obbligo educativo, le troppo tolleranti famiglie americane
dell’epoca del benessere raggiunto dopo la seconda guerra mondiale perdono l’ethos
dell’autogestione. La mancanza della lungimiranza, anche d’investimento, il
consumismo, il sottrarsi alla responsabilità educativa minano la vitalità della
democrazia, basata sull’istituzione della famiglia301.
Accanto alla famiglia Novak, assegna alla religione un particolare ruolo nel pluralistico
mondo della cultura e della moralità. Veramente lo Stato deve rimanere neutrale
ideologicamente, tuttavia il suo compito è la garanzia delle condizioni giuridiche che
assicurano ad ogni cittadino la libertà di coscienza. Anzi lo Stato pluralistico non deve
ridurre la religione alla sfera privata della vita dei cittadini. Il suo dovere è invece la
difesa delle coscienze individuali dalla pressione religiosa ed ideologica302. È vero che
non sempre questa cooperazione viene propriamente realizzata303; malgrado ciò Novak
sottolinea il ruolo pubblico positivo della religione, anzittutto quale l’ispirazione
morale. Egli riconosce l’eccezionalità di eredità del giudaismo e del cristianesimo,
ciononostante ricorda sempre che la separazione della sfera religiosa e di quella statale
è un cardine del sistema: ‚Il dato importante è questo: il cristianesimo ha contribuito a
Ibidem, p. 217.
Cfr. ibidem, pp. 219-221.
302 Cfr. ibidem, pp. 80-82; cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 211.
303 Novak descrive fra l’altro gli effetti negativi dell’eccessivo impegno sociale delle Chiese nella
sfera culturale e della mancanza di comprensione per i capitalisti e gli imprenditori, cfr. M.
NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 370-374. 386-390.
300
301
77
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
modellare l’ethos del capitalismo democratico, ma questo ethos impedisce ai cristiani (o
a chiunque altro) di tentare di dettar legge al sistema‛304.
Ibidem, p. 80. ‚Veramente, se una società di questo tipo venisse a essere formalmente legata
nelle sue istituzioni centrali a una visione cristiana della giustizia e dell’amore, potrebbe ancora
mantenere alcuni elemeni di democrazia e alcuni elementi del mercato e degli incentivi. Infatti,
c’è un’intima consonanza tra il rispetto per i liberi atti di fede e di coscienza, professato (ma non
sempre praticato, purtroppo) dal giudaismo e dal cristianesimo, e i diritti garantiti dalla
democrazia. E la nozione stessa di «diritti umani» implica una certa concezione della storia,
della natura, della persona, della comunità e dello Stato a potere limitato. Tuttavia, la
trascendenza di Dio e la piena libertà della coscienza – il comune brancolare umano
nell’oscurità – vengono rispettati di più, anche in termini giudaici e cristiani, dal vuoto riverente
posto al cuore del pluralismo, che non da una visione del bene socialmente imposta.‛, ibidem, p.
78.
304
78
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PARTE SECONDA
PROPOSTE CRITICHE
Per Sturzo è l’etica che deve dominare la politica e l’economia; una
democrazia è ‚cristiana‛ non nel momento in cui è confessionale, bensì
‚morale‛, e ogni tentativo di separare l’«utile politico ed economico della
moralità» rischia di generare una mala pianta, le cui conseguenze possono
risultare devastanti.
GUIDO R. VITALE
Novak si colloca nella tradizione di pensiero che, in certo senso, va da
Polibio fino ai Federalist Papers e alla Costituzione americana e poi da questa alla
dottrina sociale della Chiesa, intesa come un originale metodo di elaborazione
dei materiali sociali e, quindi, non come un sistema chiuso in se stesso, ma in
grado di rappresentare un termine di riferimento per l’elaborazione di una
filosofia civile.
FLAVIO FELICE
79
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Capitolo IV
IL CONTRIBUTO DEL PENSIERO DI L. STURZO E M. NOVAK AL DIBATTITO
SULL’ATTUALE ORDINE DEMOCRATICO
Nel più recente libro di Giovanni Paolo II Memoria e identità. Conversazioni a cavallo dei
millenni, tra una ricchezza dei temi sollevati, si tratta anche della democrazia, delle sue
possibilità e pericoli. Il Pontefice, cui viene chiesto un giudizio sul sistema democratico
nella sua attuale forma occidentale, dapprima sottolinea, che ‚è la questione della
democrazia, intesa non soltanto come sistema politico, ma anche come atteggiamento
mentale e costume‛. Poi egli si riferisce alle radici greche della democrazia e alla
distinzione classica fra le tre possibili forme di regime politico: monarchia, aristocrazia
e democrazia:
‚Tutte e tre le forme di esercizio del potere hanno avuto una loro
realizzazione nella storia delle varie società, e continuano ad averla anche
oggi, benché la tendenza contemporanea si orienti decisamente verso il
sistema democratico come meglio rispondente alla natura razionale e
sociale dell’uomo e, in definitiva, alle esigenze della giustizia sociale. È
infatti difficile non riconoscere che, se la società è composta di uomini, e
ogni uomo è un essere sociale, si deve attribuire a ciacuno una
partecipazione – anche se indiretta – al potere.‛305
Il Pontefice tuttavia accentua anzitutto ‚il valore anche etico-sociale dei presupposti
democratici di un sistema‛. Secondo il quale il Magistero ecclesiale e ‚l’etica sociale
cattolica appoggia, in linea di principio, la soluzione democratica, perché più
rispondente *<+ alla natura razionale e sociale dell’uomo. Si è tuttavia lontani – è bene
precisarlo – dal «canonizzare» questo sistema‛. Ricorda anche che il presupposto
indispensabile di ogni soluzione, pure democratica, è, comunque, il rispetto delle
GIOVANNI PAOLO II, Memoria e identità. Conversazioni a cavallo dei millenni, Rizzoli, Milano
2005, p. 156.
305
80
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
norme etiche fondamentali306. E tale comprensione della democrazia, rispetto ai valori
etici, fa parte del pensiero di Luigi Sturzo e Michael Novak.
All’inizio si deve riservare un posto importante alle osservazioni di Sturzo e Novak
sull’insegnamento sociale della Chiesa, che in sostanza significa un’apertura ai valori
della dimensione soprannaturale nel giudizio del sistema politico e una necessità nel
mostrarla. Entrambi gli scienziati nelle loro idee molto spesso si riferiscono sia a
pensatori cristiani, sia a encicliche sociali. Luigi Sturzo molto spesso ricorre alla
enciclica Rerum novarum di Leone XIII, sottolineando che ‚può essere presa come punto
d’arrivo di mezzo secolo di elaborazione, preparazione, studi e movimenti pratici per
la formazione di una dorttrina e di una prassi cattolico-sociale; ovvero come punto di
partenza di una più larga e controversa attuazione nei campi della politica e della
economia‛. L’importanza dell’enciclica leoniana appare sotto i due aspetti: ‚come
comunemente è chiamata, è capitale, non solo per i cattolici nella loro fedeltà agli
insegnamenti
pontifici,
ma
anche
per
l’indirizzo
generale
del
pensiero
e
dell’orientamento moderno nei paesi liberi‛307. Sturzo afferma inoltre un carattere
dinamico e perciò attuale dell’insegnamento della Chiesa:
‚È stato detto che la posizione leoniana circa il problema operaio è stata
sorpassata e che la Quadragesimo Anno di Pio XI ne ha adeguato gli elementi
ai nuovi atteggiamenti sociali nel primo Novecento; così come i documenti
dell’attuale Pontefice in materia sono altri passi verso un più marcato
interessamento della Chiesa ai problemi sociali. Niente da meravigliarsi; la
Chiesa non è statica e rinnova i suoi insegnamenti secondo l’atteggiarsi del
pensiero e della attività del processo umano. Quel che interessa rilevare a
Ibidem, pp. 157-158; cfr. J. MARITAIN, L’uomo e lo Stato…, pp. 94-99; cfr. F. FELICE, P. ASOLAN,
Appunti di Dottrina sociale della Chiesa…, cit., pp. 115-122.
307 Cfr. L. STURZO, Il pensiero economico, a cura di Giovanni Palladino, Il Sole 24 ORE, Milano
2009, p. 151.
306
81
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
proposito di questo, come di altri documenti del genere, non è la parte
contingente, ma la sostanza perenne e lo spirito che lo anima.‛308
In occasione del 61° della Rerum novarum in un articolo edito ne ‚Il Popolo‛, l’Autore
sottolinea l’importanza dell’insegnamento sociale di Leone XIII accentuando tre punti,
che meritano il maggiore rilievo: ‚la proclamata necessità della riorganizzazione della
società per classi (o categorie) economiche di fronte all’individualismo della società
liberale‛, ‚la collaborazione delle classi di fronte alla teoria marxista della lotta di
classe‛ e ‚la libertà organizzativa degli operai‛. Nello stesso tempo ha fatto notare la
perennità della visione esposta nell’enciclica:
‚Leone XIII aprì la ininterrotta serie dei papi sociali e moderni; da lui partì
nel 1900 la celebre frase: «se la democrazia sarà cristiana farà gran bene al
mondo». Fu lui a sanzionare in Francia nel 1892 il disimpegno della vita
delle nazioni e dell’attività politica dei cattolici dai legami del legittimismo.
Leone, nel 1891, richiamò governanti e classi politiche ed economiche al
dovere di intervenire per mettere su basi organiche di giustizia e di libertà i
problemi della condizione degli operai nella nuova struttura economica
moderna.‛309
Ibidem, p. 152.
Cfr. ibidem, p. 170. ‚Sturzo riceve l’impulso decisivo all’azione sociale e pubblica dalla Rerum
novarum, come lui stesso ci ha raccontato. E tutto il suo pensiero ed azione economica è
inquadrabile nei principi di fondo di quella enciclica. *<+ Potrei sviluppare questa lettura in
relazione ad altri documenti della dottrina sociale della Chiesa, soprattutto in relazione alla
Mater et Magistra («Anzitutto va affermato che il mondo economico è creazione dell’iniziativa
personale dei singoli cittadini») ed alla Centesimus annus. Il pensiero e l’azione economica di
Sturzo si muovono sempre entro il sistema fissato da questi principi e valori, e da questi
ricevono forza e capacità di durare nel tempo. Egli è l’unico economista cattolico che si muove
sempre dentro la dottrina sociale della Chiesa. Per questo egli è stato ignorato e deriso dalla
grande maggioranza dei cattolici degli anni Cinquanta sino agli anni Novanta. Perché i cattolici
di questi decenni, ed anche la grandissima maggioranza degli uomini di Chiesa, non hanno né
conosciuto né rispettato la dottrina sociale della Chiesa, anche se De Gasperi aveva assegnato
proprio questo compito alla nascente Democrazia Cristiana‛, M. VITALE, Logica sturziana per un
sano sviluppo economico, in L’opera di Luigi Sturzo nelle scienze sociali…, cit., p. 95.
308
309
82
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
In molti altri passi, don Sturzo si richiama all’insegnamento dei papi, anzi tutto Leone
XIII e Pio XI, includendo perciò la dottrina sociale della Chiesa nel dibattito scientifico
di quei tempi310. In base a questo insegnamento Sturzo postula la moralizzazione della
politica, dell’economia e della vita pubblica311. Si può dire che ‚del rapporto fra morale
e politica Sturzo tratta in tutti i suoi scritti a partire dai primi articoli che il giovane
sacerdote pubblicava sul giornaletto da lui fondato a Caltagirone «La Croce di
Costantino»‛312. Egli affermava due principi che lo sostenevano nella sua attività
politica: la stima del popolo che è educabile alla moralità della politica e la necessità di
una buona teoria per una prassi politica corretta313.
Fra tutti gli articoli e i libri meritano specifica attenzione due opere teoretiche: Politica e
morale del 1938 e Coscienza e Politica del 1953, in cui si afferma l’assolutezza dei valori
morali, sottolinenado che l’economia e la politica, senza la morale, sono sempre
antieconomiche ed impolitiche. Perciò l’Autore introduce la dimensione assiologica e
tratta dei valori: carità come amore di Dio e amore del prossimo, giustizia, fratellanza,
religione, bene comune ecc. Egli aveva invitato ad iniziare ‚la crociata dell’amore nella
politica‛314, che definiva ‚arte‛:
‚La politica può dirsi l’arte dell’utile possibile applicata agli affari della cosa
pubblica. Trattandosi di società, quale essa sia, utile equivale a bene
comune o bene della comunità; si dice utile possibile anche quando per
Cfr. L. STURZO, Politica e morale…, cit., pp. 85-90. 163-178. 188-196. 304-322. 364-372; cfr. L.
STURZO, La Vera vita…, cit., pp. 213-217. 302-309; cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…,
cit., pp. 247-264. Nei suoi scritti Sturzo ricorre anche all’insegnamento di Bonifacio VIII,
Clemente XIV, Pio VII, Pio IX, Pio X, Benedetto XV.
311 Cfr. L. STURZO, Il pensiero economico…, cit., pp. 155-162.
312 Cfr. M. PENNISI, Politica e morale nel pensiero di don Luigi Sturzo, in L’opera di Luigi Sturzo nelle
scienze sociali…, cit., p. 50.
313 Cfr. ibidem.
314 Cfr. L. STURZO, La Vera vita…, cit., pp. 213-217
310
83
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
cause eccezionali o per eventi felici vengono ottenuti vantaggi creduti
impossibili.‛315
Un posto altrettanto importante lo assume la dottrina sociale anche nel pensiero di
Michael Novak; di ciò sono prova numerosi richiami. Una posizione assai compatta su
questo tema è contenuta nel volume Catholic Social Thought and Liberal Institution:
Freedom with Justice, in cui sono evocate le figure di architetti della dottrina sociale della
Chiesa: Wilhelm von Ketteler e Heinrich Pesch; in altro posto richiama Jacques
Maritain, che egli definisce ‚l’architetto della tradizione cattolica moderna nel campo
della difesa dei diritti umani e della democrazia‛316. Nella seconda parte, invece, traccia
una teoria dello sviluppo della dottrina sociale della Chiesa: ‚un corso‛ dalla politica
alla economia di Leone XIII e Pio XI, l’insegnamento sullo sviluppo delle nazioni di
Giovanni XXIII e Paolo VI e un’ampia analisi delle encicliche di Giovanni Paolo II:
Laborem exercens e Sollicitudo rei socialis317. Un grande spazio viene dedicato alla terza
enciclica sociale del Papa polacco nel libro The Catholic Ethic and the Spirit
of
Capitalism318; si può certamente affermare che proprio la Centesimus annus è per Novak
il documento fondamentale e perciò ne sottolinea l’importanza.
‚Ai commentatori di tutto il mondo bastò un attimo per capire come la
nuova enciclica di Giovanni Paolo II avrebbe spostato a un livello più alto i
termini del dibattito sull’economia politica. Lodata sia dalle destre che dalle
sinistre, quest’enciclica a molti è apparsa come il più importante
documento di una lunga tradizione: rispondendo ai dubbi sull’economia
Cfr. ibidem, pp. 233. Questo brano deriva da Note e suggerimenti di politica pratica, in L. STURZO,
La Vera vita…, cit., pp. 233-239; in essa come in nessun altro scritto, sono mostrate la trasparenza
ed l’irreprensibilità di questo incomodo politico, cfr. A. DI GIOVANNI, Per una coscienza morale
nella politica, in A. DI GIOVANNI, E. GUCCIONE (ed.), Politica e sociologia in Luigi Sturzo, Massimo,
Milano 1981, p. 144.
316 Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 168.
317 Il libro è stato pubblicato nel 1989, quindi prima della pubblicazione dell’enciclica Centesimus
annus (1991).
318 M. NOVAK, The Catholic Ethic and the Spirit of Capitalism, Free Press, New York 1993, trad. it.
L’etica cattolica…, cit.
315
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
politica e sulle istituzioni sociali del mondo libero che erano sorti in seguito
agli eventi del 1989, il Pontefice riaffermava il valore dell’antropologia
cristiana.‛319
Nella riflessione di Novak tuttavia non manca anche una voce di critica. Egli indica
una concentrazione sul quadro statico del mondo, un rapporto anacronistico col
capitale320 o una valutazione eccessiva del peso dato alla creatività sociale
dell’individuo321. Appare che un’altra importante questione sia la necessità di
domandarsi quale sia il ruolo del pensiero cattolico sociale nella creatività dell’ethos,
delle virtù e delle istituzioni favorevoli allo sviluppo economico. Sono questi i
principali valori spirituali, che fanno parte della missione della Chiesa322.
Quindi il filosofo statunitense, al pari del sociologo di Caltagirone, mette in rilievo il
significato dell’assiologia. E questo appare visibilmente quando, mostrando il bisogno
della rivoluzione continua, sottolinea un grave aspetto del sistema etico-culturale:
‚Lo sviluppo economico dipende «dalla gente e dalle sue disposizioni»,
«dalle risorse umane e dalla volontà di usarle», «dalle qualità personali»,
«dalle istituzioni sociali e dai costumi», «dagli ordinamenti politici». Ciò è a
dire, il sistema etico-culturale è la forza dinamica principale che sta dietro il
sorgere sia di un sistema politico democratico, sia di un sistema economico liberale.
Il sistema etico-culturale è la condizione sine qua non del sistema politico e
del sistema economico. Il trascurarlo «porta male».‛323
Sul canovaccio di queste considerazioni etiche, si deve notare che un punto di partenza
per le riflessioni sul sistema politico da parte di entrambi i nostri pensatori è senza
dubbio la nozione della persona umana, immagine vivente di Dio stesso, che ‚è
M. NOVAK, L’etica cattolica…, p. 125.
Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., pp. 81-84.
321 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 19-21.
322 Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., p. 176.
323 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 242.
319
320
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creatura di Dio e individua l’elemento che la caratterizza e contraddistingue nel suo
essere ad immagine di Dio‛. Inoltre l’uomo è stato creato da Dio come unità di anima e
corpo, è aperto verso l’infinito e verso tutti gli esseri creati, esiste come essere unico e
irripetibile, esiste come un «io», capace di autocomprendersi, di autopossedersi, di
autodeterminarsi; la dignità trascendente della persona umana rappresenta il fine
ultimo della società, la quale è ad essa ordinata324. Ciò ha il suo riferimento al problema
dei diritti dell’uomo, al fondamento per la libertà in ogni sistema politico.
Sebbene Sturzo non abbia lasciato un’opera specifica sui diritti dell’uomo, si può dire
che ‚l’intera sua produzione scientifica e politica è imperniata su tale problema‛325.
Accennava sempre al primato dell’uomo sulla società e sulle istituzioni e l’importanza
di tutelarne la dignità di cittadino e di lavoratore, sia di fronte a uno Stato invadente
che ad un sistema economico sfruttatore; cio è visibile nel programma del Partito
Popolare Italiano e dell’annesso Appello a tutti gli uomini liberi e forti. È proprio in
questo documento, che si coglie la sua aspirazione a vedere realizzati gli ‚ideali di
giustizia e di libertà‛ come essenza di uno ‚Stato veramente popolare‛, che, a
differenza dello Stato accentratore e totalitario, ‚riconosca i limiti della sua attività, che
rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i comuni, – e rispetti la
personalità individuale e incoraggi le iniziative private‛326. Insolitamente essenziale è la
conclusione, secondo la quale Sturzo definisce il carattere della sua sociologia: nel
centro egli pone una persona, a cui servono tutte le forme sociali; la descrizione
scientifica sociologica perviene a definire una vera antropologia:
Cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, nn. 105-134.
E. GUCCIONE, Il contributo teoretico di Luigi Sturzo al problema dei diritti dell’uomo, in L’opera di
Luigi Sturzo nelle scienze sociali…, cit., p. 160.
326 Cfr. L’Appello e il Programma del P.P.I., in Appendice, E. GUCCIONE, Cattolici e democrazia, Ila
Palma, Palermo-São Paulo 1998, p. 90. ‚Luigi Sturzo, sulla scia di Antonio Rosmini, – secondo il
quale «la persona dell’uomo è il diritto umano sussistente», ossia l’essenza stessa del diritto –
sostiene che «la personalità dell’uomo, in quanto razionale *è+ non solo soggetto del diritto ma
sorgente del diritto». E, subito dopo, quasi avvertendo l’esigenza di dovere essere più esplicito,
aggiunge: «non è la società o lo stato, come alcuni pensano, la sorgente del diritto»‛, ibidem, p.
161; cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 203.
324
325
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‚La struttura, lo sviluppo e la durata delle forme sociali dipendono dalla
corrispondenza dei fini di esse alle esigenze della natura umana
individuale, e dalla saldezza e continuità della cooperazione degli
individui agenti nella loro realtà concreta. La società, così, è una specie di
proiezione multipla, simultanea e continuativa delle attività individuali.
Perciò per noi sociologia non è altro che una vera antropologia sociale.‛327
La dignità umana, la sua corretta comprensione e il rispetto di essa è un cardine anche
dell’opera di Michael Novak. Egli riconosce la concezione cristiana, biblica dell’uomo,
essere creato ad immagine e somiglianza di Dio; da questo fatto risulta anche
l’inalienabilità dei diritti garantiti dal Creatore328. Inoltre l’Autore americano sottolinea
che la natura della dignità della persona ha allo stesso tempo un carattere individuale,
e di comunità, per questo rifiuta anche ‚un individualismo autoisolato‛ e ‚un
collettivismo limitato‛329. Aderendo alla concezione di Tommaso d’Aquino e Jacques
Maritain, Novak accoglie la differenziazione tra l’individuo e la persona: da prima
prende in considerazione quello che è materiale, quindi l’intelletto e la volontà330. Infine
si richiama anche alla categoria religiosa del peccato, che genera il realismo nel
giudizio della realtà, sociale e politica331.
Un successivo postulato importante, che troviamo nella riflessione dei pensatori
italiano e americano, è la necessità del rispetto della libertà politica ed economica e la
Cfr. L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., pp. 7-8.
Cfr. M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., pp. 132-133.
329 Cfr. M. NOVAK, Free Persons…, cit., pp. 36-37.
330 ‚A person, however, is more than an individual. As the concept of individual looks at what is
material, so the concept of person looks to intellect and will: the capacities of insight and
judgment, on the one hand, and of choice and decision, on the other. A person is an individual
able to inquire and to choose, and, therefore, both free and responsible‛, ibidem, p. 34.
331 Su questa base Novak si referisce al realismo etico di ebrei e cristiani, che distingue il loro
atteggiamento dall’ottimismo etico greco: ‚Jews and Christians face tests of responsibilities well
known to them which, none the less, they fail. St. Paul confessed, «What I will, I do not» and
Jesus said in an observation that has entered common speech, «The spirit is willing, but the
flesh is weak» (Matthew 26, 41). The Greeks tended to believe that will follows light; that
enlightenment leads smoothly to virtue. Jews and Christians had reason to be fascinated by the
weakness of human will‛, ibidem, pp. 24-25.
327
328
87
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loro autonomia. Anzi, la naturale conseguenza del rispetto della libertà compresa
complessivamente (politicamente, economicamente e culturalmente), è una protesta
verso le varie forme dello statalismo332.
Luigi Sturzo, nell’ultimo suo Appello ai siciliani (24 marzo 1959), in cui la sua visione
della Sicilia e della politica economica locale è cruda e realistica, afferma che ‚la
politica è fatta di economia e viceversa‛333. Contemporaneamente la libertà per il
sacerdote siciliano è unica e indivisibile e perciò egli sottolinea spesso che si perde la
libertà politica e culturale se si perde la libertà economica e viceversa334. Più di ciascun
altro egli era cosciente sia dei collegamenti fra le dimensioni della libertà, sia della
necessità di proteggere la loro reciproca autonomia. Su questo tema scriveva nella
lettera al presidente della Confcommercio:
‚Difendere la libertà economica come si difende la libertà politica, perché
l’una non può esistere senza l’altra; fare per la libertà economica anche il
sacrificio dei propri privilegi; riconquistare la libertà economica nello
spirito del vantaggio comune di tutte le categorie produttive; non avere
paura della libertà, se questa comporta rischi ed obbliga ad assumere
responsabilità; sono questi i doveri dell’ora.‛335
Sempre e dovunque si trovava, Sturzo combatteva per il rispetto della libertà,
intraprendendo varie azioni e campagne. Correndo il rischio di sospetti e accuse, era
l’uomo incrollabile in lotta per la libertà e contro la sua limitazione. Egli considera la
burocratizzazione principale piaga italiana: ‚lo stato, le aziende statali, le banche, gli
enti statali o parastatali e perfino le grandi imprese industriali e agrarie sono tutti
Entrambi scienziati, il che è comprensibile, presentano anche i pareri decisamente ostili al
socialismo, intravedendo in questo sistema la sorgente potenziale del male in tutte e tre le
dimensioni – politica, economica e culturale.
333 Cfr. M. VITALE, Logica sturziana…, cit., p. 89; cfr. L. STURZO, Il pensiero economico…, cit., p 78.
334 Cfr. M. DE GIROLAMO, Da Sturzo a Novak. Itinerari etici di capitalismo democratico, Edizioni
Dehoniane, Bologna 2001, p. 78.
335 L. STURZO, Il pensiero economico…, cit., p. 76.
332
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burocratizzati: la burocrazia vi comanda e vi impera‛336. Alla fine del suo articolo, in
polemica per la difesa della libertà economica e della comprensione dell’espressione
‘liberista’, il sacerdote di Caltagirone scrive:
‚Mi si domanda perché, in tale situzione, continuo a perseguire idee e
ricordi di un liberalismo seppellito. Rispondo: il segreto della mia
campagna non è strettamente economico. Io non ho nulla, non possiedo
nulla, non desidero nulla. Ho lottato tutta la mia vita per una libertà
politica completa, ma responsabile. La perdita della libertà economica,
verso la quale si corre a gran passi in Italia, segnerà la perdita effettiva della
libertà politica, anche se resteranno le forme elettive di un Parlamento
apparente che giorno per giorno segnerà la sua abdicazione di fronte alla
burocrazia, ai sindacati e agli enti economici, che formeranno la struttura
del nuovo stato più o meno bolscevizzato.‛337
Sturzo assume di fronte allo statalismo una posizione parimenti decisa e critica. Giova
notare che a differenza del liberalismo di scuola inglese, il quale aveva considerato il
mercato come arbitro ed arena del gioco economico, ‚Sturzo vide nello stato, libero da
attività economiche dirette, il supremo arbitro regolatore delle attività economiche dei
singoli individui per il bene comune‛338. Non è senza significato che, quando egli si
riferisce alle tre bestie nemiche della democrazia – lo statalismo, la partitocrazia,
l’abuso del denaro pubblico – afferma, che ‚il primo va contro la libertà; la seconda
contro l’uguaglianza; il terzo contro la giustizia‛339. Quindi lo statalismo si oppone alla
Ibidem, p. 69.
Ibidem, p. 70.
338 Cfr. M. DE GIROLAMO, Da Sturzo a Novak…, cit., p. 78. ‚Egli considera lo statalismo come
l’intervento sistematico ed abusivo dello stato nell’attività privata di qualsiasi specie, religiosa,
culturale, artistica, educativa, economica, sindacale e così via. Possiamo parlare di uno
statalismo della scuola, della cultura ecc., in quanto lo stato tende a sovrapporsi all’individuo e
agli enti e associazioni che sono il portato naturale della tendenza dell’uomo a vivere insieme
agli altri uomini‛, ibidem, p. 79.
339 L. STURZO, Tre male bestie, Edizioni Politica Popolare, Napoli 1959, cit. da M. DE GIROLAMO,
Da Sturzo a Novak…, cit., p. 48; cfr. L. STURZO, Il pensiero economico…, cit., pp. 59-63.
336
337
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libertà poiché statalismo e libertà non sono un binomio, ma una antitesi: ‚dove arriva
lo statalismo cessa la libertà; dove arriva la libertà cade lo statalismo‛. Allo stesso
tempo l’Autore spiega molto precisamente una ragione e uno scopo della campagna
antistatalismo:
‚C’è chi crede, o finge di credere, che la nostra campagna contro lo
statalismo abbia di mira lo Stato, i suoi istituti e i suoi poteri; niente affatto:
noi combattiamo gli eccessi ai quali, in nome dello Stato, arrivano i
detentori del potere, sia legislativo sia direttivo sia esecutivo, limitando
quella libertà che per la natura dello Stato democratico e nel quadro
costituzionale è garantita e deve essere garantita al cittadino. Come noi non
vogliamo che la libertà divenga licenza, così non vogliamo che lo Stato
violi, ferisca, limiti sia il principio della libertà, sia gli istituti che ne
garantiscono l’esercizio; tale abuso noi chiamiamo statalismo.‛340
Per chiarezza del suo concetto, molto spesso ricorda la distinzione fra lo Stato e lo
statalismo: ‚il primo, ordine necessario al vivere civile; il secondo, distruttore di ogni
ordine istituzionale e di ogni morale amministrativa‛341.
Anche Michael Novak, in disputa sul tema della moderna democrazia, rappresenta un
deciso atteggiamento rispetto alle libertà e allo statalismo. Ormai nell’introduzione alla
sua opera più conosciuta sottolinea la necessità dell’esistenza di tutte e due le
dimensioni della libertà – politica ed economica – che conferma con esempi concreti:
‚Alcune forme spurie di capitalismo sembrano in grado di mantenersi per
un certo tempo senza democrazia; ma per sua natura il capitalismo porta
alla democrazia. Le libertà economiche, infatti, senza libertà politiche sono
instabili. Cittadini economicamente liberi presto chiedono le libertà
politiche. *<+ Viceversa, lo Stato che non riconosce limiti al proprio potere
340
341
L. STURZO, Il pensiero economico…, cit., pp. 39-40.
Ibidem, p. 54.
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nella sfera economica inevitabilmente distrugge le libertà nella sfera
politica.‛342
Un completamento della triade democratica, pur nel rispetto della libertà, è un sistema
etico-culturale. Poiché nella democrazia sulla situazione sociale continuamente
influiscono – accanto a soluzioni politiche – le idee e i valori morali e culturali e la
condizione economica. Questo reciproco collegamento è, secondo il filosofo americano,
necessario per il funzionamento di tutto. I sistemi economico, politico e culturale vi
sono legati insieme in ragione di una comune base assiologica; come dal rispetto della
dignità umana e della libertà:
‚Come il sistema politico è strutturalmente separato dal sistema eticoculturale, per quanto profondamente influenzato da esso mediante il potere
delle idee e dei valori, così esso è anche strutturalmente separato dal
sistema economico, per quanto profondamente influenzato da esso a molti
livelli. I fallimenti nel sistema economico possono condurre a gravi crisi
politiche, come si verificò durante il periodo della depressione o in tempi di
diffusa disoccupazione e di diminuzione della produttività. E i fallimenti
del sistema politico possono inceppare il sistema economico. Ancora: la
separazione strutturale del sistema politico da quello economico protegge
l’integrità di ciascuno, anche se ciascun sistema esercita un considerevole
potere sull’altro.‛343
L’economista e politologo americano più di una volta mette pure luce un pericolo
presentato da parte dello statalismo. Caratterizzando i sistemi contemporanei e le
proposte di regime, afferma che essi dimostrano tanti attributi opposti alla libertà e al
pluralismo del capitalismo democratico. I concetti che vi si oppongono sono
concentrati intorno alle idee del socialismo democratico, che è una variante di sinistra
342
343
M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 3-4.
Ibidem, pp. 224-225.
91
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del capitalismo democratico. Anche se in tale edizione il socialismo abbandonava una
ideologia marxista, l’ingerenza della politica nell’economia o nel sistema etico-culturale
è spesso esigua; in ciò è osservabile ‚una coerente linea di statalismo‛, che limita la
libertà di soggetti non-statali nella vita economica ed etico-culturale:
‚Nella misura in cui, invece, il socialismo democratico ha abbondonato le
posizioni classiche del marxismo e dello Stato collettivista, esso rappresenta
soltanto una variante di sinistra del capitalismo democratico. Nella misura
in cui separa il sistema etico-culturale dallo Stato e (in parte) separa anche
l’economia dallo Stato, esso preserva intatta la struttura pluralistica del
capitalismo democratico. Nella pratica, si capisce, i programmi politici,
economici ed etico-culturali dei socialisti democratici non vanno avanti alla
rinfusa. Essi procedono seguendo una coerente linea di statalismo. In
genere la sinistra desidera rafforzare il sistema politico a spese del sistema
economico e di quello etico-culturale.‛344
Novak accenna anche ai risultati nocivi presenti anzitutto nello Stato assistenziale
(welfare state). Nota con dispiacere la crescita del desiderio di sicurezza conseguita a
costo della libertà; mostra, invece, una visione del mondo sociale, nella quale la
sicurezza non si può facilmente raggiungere, ma si deve assumere del rischio e non ha
paura dell’incertezza345. Nello stesso tempo afferma che lo Stato liberale deve essere in
qualche ambito uno Stato assistenziale, tuttavia i confini di questo ambito sempre
aspettano di essere demarcati: tener presente l’equilibrio fra sicurezza e libertà346.
Infine la questione del rilevante ruolo delle istituzioni è una base per il
funzionamento della società civile, prendendo in speciale considerazione la posizione
della famiglia. Sturzo, da sociologo, tra le varie forme di socialità mette al primo posto
Ibidem, p. 454.
Cfr. ibidem, pp. 157-159.
346 Cfr. M. NOVAK, Free Persons…, cit. p. 118-119.
344
345
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la forma familiare, accanto alla forma politica e alla forma religiosa347. Non per caso Il
programma del Partito Popolare Italiano comincia con le parole:
‚Integrità della famiglia. Difesa di essa contro tutte le forme di dissoluzione
e di corrompimento. Tutela della moralità pubblica, assistenza e protezione
dell’infanzia, ricerca della paternità.‛348
Sturzo, sottolineando il rilevante significato di famiglia, fa un’analisi della natura della
forma familiare della socialità, che comincia nel modo seguente:
‚La famiglia ci si presenta come il primo nucleo sociale, formatosi in forza
di un doppio istinto, quello sessuale e quello parentale. Non possiamo
concepire un inizio logico della società umana, né un inizio storico delle
varie società concrete, senza ricorrere ad una forma, sia pure elementare e
rudimentale, di famiglia.‛349
Adunque egli mette la famiglia nel centro di tutte le altre istituzioni, in tal modo
facendole ausiliarie verso ‚il primo nucleo sociale‛. In verità dalla famiglia si comincia
una riflessione sul tema delle istituzioni, ma non si finisce sulla famiglia. Quando
scrive circa il bisogna di azione preventiva, sulla libertà di lavoro e sui partiti
sovversivi, afferma che il regime del lavoro non può essere ‚un fatto individuale e
Descrivendo lo Stato moderno e l’interferenza fra le diverse forme di socialità, Sturzo
prestava attenzione al ruolo della coscienza individuale: ‚Secondo noi, è solo la coscienza
indviduale, cioè l’uomo razionale, colui che effettivamente risolve in sé ogni forma sociale, e che
nella sua autonomia unifica tutti i vari elementi della socialità umana. Egli gerarchizza i fini
delle varie forme sociali, nelle quali esplica le sue attività, essendo metafisicamente il termine e
il fine della società stessa. Ciò porta ad una continua e dinamica unificazione di tutta l’attività
degli uomini, sia in contatto di affinità sia in distacco di lotta. Onde, secondo i tempi, gli
ambienti, le tradizioni, gli interessi, le circostanze, e secondo lo sviluppo degli istituti e le
attività delle varie forme sociali, la nostra coscienza collettiva si orienta verso la famiglia e ora
verso la politica o la religione, che a loro volta divengono prevalenti o unificanti, ovvero
elementi di lotta e di disintegrazione‛, L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., pp. 68-69;
sul tema della cura delle istituzioni cfr. G. MANZONE, Una comunità di libertà. Introduzione alla
teologia sociale, Edizioni Messaggero di Sant’Antonio, Padova 2008, pp. 404-467.
348 L. STURZO, Il pensiero economico…, cit., p. 4.
349 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 48.
347
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disorganico, ma dev’essere un fatto sociale o organico‛. Sottolinea che ‚senza gli
organismi intermedi tra lo Stato e l’individuo – organismi che hanno diritti, autonomie
e funzioni proprie – si cade per necessità nello Stato panteistico centralizzatore,
impotente a sostituire l’azione degli altri enti‛350.
Una compatta visione sociologica sul tema delle istituzioni Sturzo espone in occasione
delle riflessioni sulla sintesi sociale ‚dualità e diarchia‛. Egli sottolinea che la società
non consiste in un flusso e riflusso di forze instabili, che si compongono e
decompongono continuamente:
‚Nel movimento dinamico di dualizzazione e nella tendenza permanente
di unificazione si va costruendo e riadattando sempre quel che i giuristi
chiamano l’istituzione. Il termine è passato in sociologia con un significato
meno tecnico, per indicare le vare concretizzazioni strutturali della società,
per le quali e dentro le quali gli individui si muovono ed agiscono. Per noi
sono istituzioni la famiglia, lo stato, il comune, la chiesa, l’università e così
via.‛351
Anzi, a differenza di una comprensione giuridica o formalistica, afferma che il termine
istituzione è adatto ‚ad indicare il fissarsi delle diverse attività in forma strutturale,
come organi e mezzi idonei e permanenti a raggiungere determinanti fini‛. Perciò,
secondo il nostro Autore, ‚l’istituzione può essere considerata non solo come una
risultante, ma come un’oggettivazione dell’attività umana e dei suoi fini‛352.
Pure Michael Novak attribuisce alle istituzioni un posto eccezionalmente importante
nel suo discorso democratico353. Egli sottolinea che il sistema etico-culturale si esprime
attraverso isituzioni, le quali foggiano l’ethos di regime. Grazie alle istituzioni le
L. STURZO, Sintesi sociali. L’organizzazione di classe e le unioni professionali. Scritti pubblicati su
“La cultura sociale” 1900-1905, Nicola Zanichelli Editore, Bologna 1961, p. 238.
351 L. STURZO, La società: sua natura e leggi…, cit., p. 226.
352 Cfr. ibidem.
353 Inoltre, sul tema del ruolo delle istituzioni nel pensiero del politologo americano, cfr. capitolo
III 3.2. della presente dissertazione.
350
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personali convinzioni degli individui si esprimono nella sfera pubblica; tale ethos si
forma grazie alla ‚libera concorrenza‛ anche sul mercato etico-culturale:
‚I leader politici spesso non possono fare ciò che vorrebbero, perché queste
istituzioni non glielo permettono. I leader economici restano coinvolti in
questioni che non sono affatto giustificate da imperativi economici. In altre
parole, le istituzioni che danno forma all’ethos del sistema sono potenti. In
mancanza di tale ethos, né la democrazia né il capitalismo hanno senso.
Dove prevalgono visioni etiche e culturali di un certo tipo, una forma di
governo democratico e un’economia capitalistica non sono possibili.‛354
Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., p. 80. Novak riconosce anche un
posto speciale alla famiglia e alle comunità religiose, che assicurano anzi tutto un senso di
solidarietà, cfr. P. L. BERGER, La rivoluzione capitalistica: prosperità, uguaglianza, libertà, Sugarco,
Milano 1991, pp. 198-199.
354
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Capitolo V
LA CRITICA DEL PENSIERO
Fra svariate debolezze, che la democrazia nasconde, molti autori indicavano e indicano
il caos particolare che accompagna il diritto di espressione di propri giudizi355. Quello
che per alcuni è il valore democratico più rilevante – la libertà di parola – per altri
rimane tutt’al più una spiacevole necessità che bisogna tollerare. Lasciando in disparte
quella argomentazione, una di sicuro costituisce un valore superiore: in tal modo la
democrazia è una chance per tutti, un campo che bisogna coltivare. A questo impegno
hanno dedicato le loro forze e i loro talenti due grandi pensatori – Luigi Sturzo e
Michael Novak – anche se più di una volta furono fraintesi. Nel nome di un’attenzione
all’ordine democratico e ai valori democratici è stata intrapresa una polemica, a
proposito di questi valori accettavano una critica da parte dei loro avversari.
Seguendo anche sommariamente la biografia di Luigi Sturzo, si ha l’impressione che la
sua vita si sia svolta all’ombra di una critica quasi continua. A quanto pare raccoglieva
critiche da tutte le parti, con incomprensione per la sua attività, che incontrava molti
ostacoli ad ogni pié sospinto. Quando ha creato le prime casse agricole e poi l’Opera
dei Congressi, tali cooperative erano insolitamente e dinamicamente agenti
nell’assicurare le materie prime produttive e nell’organizzare lo smercio dei prodotti.
Purtroppo, questa attività conduceva alle imputazioni di infrazione alle norme della
sicurezza pubblica. Si ebbero prima tumulti fra agricoltori, successivamente liti durante
il convegno nazionale dell’Opera dei Congressi: l’effetto fu che Pio X dichiarò illegali
tali attività356.
Non tutti compresero il fondatore del Partito Popolare Italiano quando sottolineava
che un partito cattolico democratico-sociale deve avere anzitutto la dimensione civile e
cristiana: non come congregazione religiosa, né come autorità religiosa, né come la
Cfr. G. SARTORI, The theory of democracy revisited…, cit., pp. 314-411, in cui l’Autore,
analizzando le questioni classiche relative alla democrazia, mette relievo la discordanza fra la
legge e la libertà.
356 Cfr. F. MALGERI, Profilo biografico di Luigi Sturzo, Edizioni Cinque Lune, Roma 1975, pp. 21-23.
355
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massa dei fedeli, né come un partito clericale, ‚ma come una ragione di vita civile
informata ai principi cristiani nella morale pubblica, nella ragione sociologica, nello
sviluppo del pensiero fecondatore, nel concreto della vita politica‛357. In questo modo si
formarono le distanze fra Sturzo e i democratici cristiani, fra coloro che hanno voluto
creare un movimento sociale ecclesiale, e gli altri che erano aperti alla collaborazione
con i liberali: Sturzo accentuava un ruolo strategico della attività sociale al livello
locale. Egli era anche criticato per la sua protesta verso l’Unione Popolare, che Pio X
istituiva subordinando l’attività sociale dei cattolici all’autorità ecclesiale358.
Non per tutti l’impegno antifascista di Sturzo era opportuno e ‚politically correct‛.
Quando durante il Congresso del PPI nel 1923 egli pronunciava uno dei suoi più
grandi discorsi, è stato evidente che avrebbe sollevato una protesta: i fascisti lo
accusavano di fare una scenata, la gerarchia ecclesiale lo ammoniva in misura
crescente: a scanso di equivoci egli dava le dimissioni dall’incarico di segretario
politico359.
Fra le altre opinioni per le quali Sturzo è stato criticato, bisogna menzionare l’obiezione
di liberalismo, molto spesso legato all’idea di antistatalismo. Nella polemica con i
gesuiti di Milano che prendevano le difese dello statalismo, sottolineando che le accuse
di statalismo rivelano la persistenza di schemi per molta parte superati dai moderni
sviluppi della realtà econimica e sociale, Sturzo afferma che la libertà è unica e
indivisibile. In questo contesto appaiono inoltre importanti obiezioni e domande sul
modo nel quale lo Stato può difendersi anche dal gioco dei gruppi di pressione privati,
che possono avere espressioni analoghe a quelle dei gruppi statalistici. Inoltre, anche
altri studiosi contemporanei affermano che il politologo di Caltagirone del dopoguerra
Cfr. L. STURZO, I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani, in ID., I discorsi politici, Istituto
Luigi Sturzo, Roma 1951, p. 358.
358 In una delle sue lettere, Sturzo descrive, sette anni dopo, il seguente evento: ‚Al maggio 1914
ho un’udienza da Pio X. Come mi inginocchio egli esclama: – Oh! Signor sindaco! e non vi
hanno scomunicato ancora? – Se non è Vostra Santità a farlo< – Io no; ma guardatevi da quegli
altri< aggiunge ridendo; e poi mi confortò al lavoro e benedisse, me, i miei e tutte le mie opere
e attività, con affetto paterno. Ho più volte ricordato questi due episodi ad amici intimi, mai ne
ho scritto. Ella comprende bene le ragioni di discrezione, oggi per me‛, L. STURZO, Scritti inediti
1924-1940, Edizioni Cinque Lune, Istituto Luigi Sturzo, Roma 1975, vol. II, p. 244.
359 Cfr. F. MALGERI, Profilo biografico di Luigi Sturzo…, cit., pp. 85-86.
357
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non fu in grado di capire l’intervento dello Stato in economia, postulato dalla crisi delle
due grandi guerre, che aveva avuto come progenitori Roosevelt, Keynes, il laburismo
inglese e l’interventismo degli Stati autoritari360.
Più di una volta inoltre, dato che Sturzo era spiccatamente glorificatore della libertà,
malignavano sul suo conto accusandolo di essere seguace della formula «meno stato,
più mercato» o «più società, meno stato». Per questo le sue convinzioni sone state
spesso associate a un ‘liberismo’ che tuttavia non è sinonimo di libertà e che la libertà
richiama la responsabilità individuale e della società. Inoltre egli non può essere
considerato un liberale, nel senso classico del termine. Ciò intravedeva pure Norberto
Bobbio, sottolineando che il pensiero di Sturzo, pur evocando elementi di una certa
tradizione liberale, non può essere classificato come liberale. Egli era contro ‚quel
liberalismo che aveva portato all’ingerenza dello Stato nell’economia, attraverso la
politica protezionistica‛, ciò nonostante ‚era una politica contro cui hanno sempre
protestato i liberali‛. Concludendo, il politologo italiano afferma: ‚Sturzo aveva
perfettamante ragione, ma la sua polemica colpiva non il liberalismo come pensiero
politico ed economico, ma la pratica stessa della classe liberale‛361.
Una simile accusa concerneva l’interpretazione, per cui aveva qualificato l’itinerario di
Sturzo come passaggio ‚dal suo clericalismo temporalista di fine Ottocento al suo
liberalismo antisociale di questi giorni‛. Altri in seguito presentavano Sturzo come
campione del liberismo, dimenticando che la sua difesa delle ‚libertà‛ non può essere
associata al laissez faire362.
Nel contesto della discussione sullo statalismo, vale la pena di richiamare due
polemiche di Sturzo. La prima con Giorgio La Pira e riguardante lo statalismo della
povera gente. In risposta alla critica del sacerdote di Caltagirone, che intravedeva in ciò
un marxismo spurio, una socialità antieconomica, uno statalismo non solo economico
Cfr. M. DE GIROLAMO, Da Sturzo a Novak…, cit., pp. 77-81.
Cfr. la prima tavola rotonda, moderata da N. BOBBIO, La filosofia politica di L. Sturzo, in
Problemi sociologici, politici e istituzionali in L. Sturzo e nella tradizione del popolarismo. Convegno
commemorativo a 25 anni dalla scomparsa di L. Sturzo (Roma, 29-30 novembre – 1° dicembre 1984),
in ‚Sociologia‛, 2-3/1986.
362 Cfr. M. DE GIROLAMO, Da Sturzo a Novak…, cit., pp. 85-86.
360
361
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ma, conseguentemente, anche politico, il Sindaco di Firenze scriveva tra l’altro: ‚Non
vorrei che con la scusa di non volere lo stato totalitario si voglia in realtà lo Stato che
non interviene per sanare le strutturali iniquità del sistema finanziario, economico e
sociale, cioè il cosidetto Stato «liberista»‛363.
Quale secondo esempio, i rapporti tra Sturzo ed Enrico Mattei, un imprenditore e
dirigente pubblico, che, a dir poco, furono tempestosi364. Il contrasto tra entrambi gli
eminenti politici, si riferiva anche al problema dello statalismo e concretamente
concerneva la questione energetica. Avversari politici in quel tempo accusavano l’ex
segretario del PPI di incapacità di comprendere i moderni fenomeni della economia
statalista o troppo ottimismo vero lo Stato di diritto, sull’armonia dei fattori produttivi,
sulla responsabilità del padronato e sullo spirito di collaborazione delle classi
lavoratrici365.
Si può ben comprendere come i suoi tentativi di definire il rapporto verso lo Stato,
rifiutando una supremazia dello Stato sulla società, incontrassero molte critiche, specie
quando Sturzo prendeva le distanze dai suoi amici politici della DC, smascherando
statalismo e partitocrazia, che subordinavano la pubblica amministrazione all’interesse
del partito governante366. Questa sua preoccupazione assumeva il carattere di una
decisa ‚battaglia per la libertà‛, anche se ciò lo esponeva a molte incomprensioni.
Cfr. ibidem, p. 88; cfr. D. ANTISERI, Liberali quelli veri e quelli falsi…, cit., pp. 103-108; ID, La “via
aurea” del cattolicesimo liberale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2007, pp. 19-23.
364 Cfr. G. DE ROSA, Sturzo mi disse, Morcelliana, Brescia 1982.
365 Cfr. M. DE GIROLAMO, Da Sturzo a Novak…, cit., pp. 90-96. ‚In sintesi, diverso era stato il clima
morale e politico da cui Sturzo trovava ispirazione per le sue polemiche. Lo Sturzo che aveva
visto nell’esilio morire gli esuli popolari, a lui più legati, nelle ristrettezze economiche, non
poteva accettare acriticamente una classe politica che si avviava verso la lottizzazione. Diversa
la posizione e concezione di Mattei, uomo della Resistenza, lontano dall’epoca dei popolari. Dal
punto di vista umano, si può serenamente concludere affermando che, da sponde diverse,
ebbero entrambi le proprie ragioni per sostenere le proprie tesi e per agire in conseguenza. Tesi
per le quali spesero la propria esistenza, per concluderla senza profitto personale. Il che non è
certo cosa di poco conto‛, ibidem, p. 96.
366 Cfr. L. STURZO, Politica di questi anni. Consensi e critiche, VI volumi, Nicola Zanichelli Editore,
Bologna 1954-1998 e collezioni di articoli a cura di F. D’AMBROSIO, pubblicavano a Napoli
presso le Edizioni Politica Popolare: L’apertura a sinistra e l’unificazione socialista (1956),
Democrazia libera o socialismo classista? (1957), Crisi politica e ripresa morale (1957), Riarmo morale
(1957), Battaglie per la libertà (1958), La DC al bivio (1958), Moralizzare la vita pubblica (1958),
363
99
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Anche le idee di Michael Novak suscitano contrastanti opinioni e trovano, oltre a
seguaci, anche tanti avversari367. Tra le questioni sollevate più spesso c’è l’accusa di
simpatie verso il liberalismo ed anzi verso il libertarianismo. Ciò significa che l’Autore
americano rappresenta, come il pensatore cattolico, atteggiamenti intellettuali
abbastanza non tipici; sembra che, più che alle encicliche papali o alle considerazioni di
filosofi cristiani, egli offra più grande stima e favorisca le opere di classici del pensiero
liberale, quali Adam Smith, John Locke e John Stuart Mill. In questo contesto si situa
un’obiezione di ‚vuoto assiologico‛, riconoscibile in alcuni postulati del pluralismo
sociale, specie sotto forma di protesta di fronte all’appoggio, da parte dello Stato, di
qualsiasi stile di vita fondato sui valori concreti. Secondo gli avversari di un ordine così
inteso, un’ingerenza dello Stato potrebbe ostacolare il desiderato pluralismo368.
Stando a queste opinioni, una linea di liberazione conduce direttamente a limitare il
ruolo dello Stato, definito con l’espressione ‚guardia notturna‛369. D’altra parte,
secondo alcuni, date le minacce attuali – quali il terrorismo, il crimine organizzato, le
nuove forme di violenza e di oppressione – ed anche i sistemi corporativi
sopranazionali o una crescente schiavitù nel mondo contemporaneo, occorrerebbe
rafforzare, e non indebolire, l’importanza dello Stato370.
Speranze ed auguri (1959), Appello ai siciliani (1959), Il travaglio della DC (1959), Tre male bestie
(1959).
367 Per la critica delle idee di Novak, cfr. D. SCHINDLER, Heart of the World, Center of the Church:
Communio Ecclesiology, Liberalism, and Liberation, Eerdmans Pub Co, Grand Rapids 1996; D.
BANDOW, D. SCHINDLER, Wealth, Poverty, and Human Destiny, Intercollegiate Studies Institute,
Wilmington 2003. Una delle prove del critico ricevimento del pensiero del filosofo statunitense
è l’analisi del sociologo polacco, M. LISAK, Katolicki liberalizm. Etyka społeczna Michaela Novaka,
[trad. Il liberalismo cattolico. L’etica sociale di Michael Novak], Wydawnictwo Euro Nexus e
Wydawnictwo Esprit, Kraków-Dublin 2008; cfr. F. FELICE, Capitalismo e Cristianesimo<, cit.; F.
PARISI, Il capitalismo dal volto cristiano. La proposta di Michael Novak, Effatà Editrice, Torino 2006.
368 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., ss. 53-82.
369 Sulla concezione liberale dello Stato e la sua crisi, cfr. P. SCHIERA, Stato moderno, in N. BOBBIO,
N. MATTEUCCI, G. PASQUINO, Il Dizionario di Politica…, cit., pp. 957-962.
370 In seguito, rispetto all’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, Novak giudia criticamente
la proposta di creazione di ‚una vera Autorità politica mondiale‛ (n. 67): ‚He said he was
particularly uncomfortable with the idea of a strong international institution to regulate the
global economy. «I like limited government. I would much prefer to have many limited
governments, than one overriding authority»‛,
http://www.nytimes.com/2009/07/08/world/europe/08pope.html.
100
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Da parte dei critici di Novak viene molto spesso sollevato un argomento che sottolinea
un’incomprensione della dottrina sociale della Chiesa. Tra l’altro, il filosofo
statunitense viene accusato di aver sottoposto a critica l’insegnamento di Leone XIII,
Pio XI, Giovanni XXIII e Paolo VI. In effetti, non si trattava di una critica en bloc, ma
riguardava anzitutto le correnti anti-liberali, con le quali Novak aspramente
polemizzava371. Altre voci richiamavano i suoi giudizi critici sulla teologia della
liberazione, che non avrebbero tenuto conto di alcuni aspetti positivi di questa
corrente. In tal modo si ritiene necessario di introdurre una distinzione: secondo alcuni
la Chiesa avrebbe soltanto messo in guardia contro degli errori, secondo altri Novak
avrebbe espresso una condanna in modo inequivocabile. Attualmente si sostiene che la
teologia della liberazione abbia proposto molte giuste soluzioni per l’America Latina,
occupandosi di coloro che non pensano alla democrazia, perché non hanno di che
mangiare; questo nel paese è il principale problema372.
Inoltre, alla luce degli evidenti pareri antisocialisti di Novak, non mancano opinioni
secondo cui la critica della concezione di una terza via non regge alla prova della
storia; quale esempio si richiamano le concezioni socialdemocratiche. Per di più,
secondo queste opinioni, tali idee sarebbero più vicine allo spirito sociale del
cristianesimo che non al libero mercato. Per quanto i socialdemocratici sostengono il
principio di sussidiarietà come una concreta forma di aiuto agli indigenti, per tanto i
neoconservatori si limitano alla creazione di think thank. Su queste opinioni trovano
dimostrazione anche i concetti, in nome dei quali si afferma che la Chiesa sia più vicina
a soluzioni sociali e persino socialdemocratiche373.
Molte opinioni relative all’orientamento di Novak riguardano in certo modo la
metodologia della sua opera. Lo si accusa di ottimismo esagerato, ai confini
dell’ingenuità, per le conclusioni da lui formulate, concernenti l’efficienza della
sperimentazione del ‚capitalismo democratico‛. Nonostante il politologo americano
M. NOVAK, Catholic Social Thought…, cit., pp. 61-164.
Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 385-400.
373 Cfr. ibidem, pp. 335-363; cfr. R. MARX, Il capitale. Una critica cristiana alle ragioni del mercato,
Rizzoli, Milano 2009, pp. 31-61.
371
372
101
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
esponga al lettore un ampio orizzonte di idee e di compiti, al momento dell’esecuzione
non mostra né i modi di realizzazione, né i mezzi concreti, che permetterebbero di
garantire successo alla missione democratica. La mancanza di soluzioni pratiche,
secondo alcuni, rende la visione proposta piuttosto un pio desiderio, che non un reale
programma di rinnovamento del mondo. Inoltre si accusa l’opinione di Novak di
eccessivo americanocentrismo, che rende la sua proposta poco valida dal punto di vista
delle condizioni europee374.
In più occasioni tale esagerato ottimismo viene analizzato nei successivi aspetti del
pensiero di Novak: eccessiva fede nell’uomo, che lasciato libero sceglierebbe sempre
una soluzione creativa e imprenditoriale; idealizzazione del funzionamento delle
multicorporazioni, di cui non vengono considerati lo spirito di sfruttamento, le
malversazioni e le violazioni della legge; una fascinazione verso le regole del libero
mercato, che può condurre a stare dalla parte dei ricchi, ingegnosi e imprenditoriali,
con la pratica esclusione dei poveri e degli indigenti; infine, un quadro non realistico
dell’America, che nasconde tanti difetti, essendo direttamente e indirettamente,
l’effetto di soluzioni capitalistiche e democratiche, specie nel campo culturale375.
Concludendo, fra le voci critiche sul pensiero di Novak, se ne possono trovare alcune
che concernono la sua biografia politica e scientifica. Si rimprovera a Novak di essere
stato ‚nel passato‛ seguace del partito democratico, specie nel suo evidente socialismo.
Poiché abbastanza tardi egli ‚si converte‛ a idee liberali e di mercato libero, si
attribuiscono la nitidezza e la durezza delle sue opinioni all’entusiasmo del neofita, che
combatte pareri una volta a lui vicini; a tutto ciò si sovrapporrebbe la fascinazione della
tradizione liberale anglosassone. Vale la pena di notare che ‚il primo‛ Novak era più
liberale, aperto ai cambiamenti offerti dal Concilio Vaticano II; d’altra parte, si
dichiarava, ad esempio, a favore della contraccezione: quando è passato al campo di
Ronald Reagan, ha cessato di esporre idee liberali.
Cfr. M. NOVAK, L’etica cattolica…, cit., pp. 209-236; cfr. G. WEIGEL, La cattedrale e il cubo. Europa,
America e politica senza Dio, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006.
375 Cfr. M. NOVAK, Lo spirito del capitalismo democratico…, cit., pp. 453-486.
374
102
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Conclusione
Intendiamo qui riassumere i risultati delle considerazioni espresse sul tema del
significato della libertà nell’ordine democratico, con riferimento al pensiero di Luigi
Sturzo e Michael Novak, ai quali è stata dedicata la presente ricerca.
Bisogna rilevare che, di fronte all’immensa ricchezza del tema, tutta la presentazione
della problematica della libertà nella democrazia rimanga alquanto difettosa e
incompleta. Dato il ventaglio insolitamente largo dei temi sociale-politici trattati da
Sturzo e Novak, la cosa indispensabile è la necessità di dare ogni volta una
sistemazione alla questione descritta. Non può perciò stupire che il problema della
libertà raggiunga nella presente elaborazione una descrizione sia sociale, che filosofica.
Da qui risulta che anche i singoli capitoli rivelano evidenti riferimenti alla
antropologia, all’assiologia, alla politologia ed all’economia. Con ogni certezza lo
studio della libertà e della democrazia, così largamente affrontato con riferimento sia al
pensiero di entrambi gli studiosi che alla dottrina sociale della Chiesa, conferma che la
problematica
discussa
nella
presente
elaborazione
richiede
sempre
analisi
approfondite. Tra i postulati generali, tre sembrano essere specialmente essenziali.
Primo, essenziale rimane la necessità della formulazione nel campo dell’insegnamento
sociale della Chiesa di una definizione abbastanza omogenea, che comprenda la
molteplice ricchezza dei contenuti relativi alla democrazia. Molto spesso infatti può
nascere una confusione risultante dal modo di servirsi di termini quali ‘democrazia’,
‘liberalismo’, ‘pluralismo’. Poiché – come avverte Alexis de Tocqueville – ‚finché
queste parole non sono precisamente definite, e le definizioni concordanti, gli uomini
vivranno nell’impossibilità di districare la confusione ideologica, cosa della quale
molto approfittano demagoghi e despoti‛.
Secundo, appare preziosa la ripresa dello sforzo intensificato a favore della promozione
di questo aspetto dell’insegnamento della Chiesa; il suo generale messaggio fa
riferimento, nel contesto della corretta concezione della persona umana, a larga
comprensione assiologica. A questo dovrebbe servire tra l’altro la discussione, che nelle
società democratiche si focalizza sulla questione dei diritti umani, delle libertà politiche
103
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
e della forma delle leggi costituzionali. Di questo, che è indispensabile e difficile, danno
testimonianza i cambiamenti che sorgono nella legislazione di molti Stati democratici,
che più di una volta violano i naturali diritti (le libertà) dei membri delle
contemporanee società – alla vita, alla morte naturale, all’educazione nella famiglia, al
giusto lavoro e la giusta paga e alla libera iniziativa. Eppure, come nota Kenneth
Minogue, ‚la democrazia è non soltanto una tipologia di sistema politico, ma anche il
genere culturale comprendente i modelli dei comportamenti umani e le istituzioni
prodotte nell’ambito della società civile‛. Poiché è proprio il modello della democrazia
quale progetto culturale, con il suo fondamento assiologico espresso dalle istituzioni
politiche concrete, che dovrebbe costituire lo spazio della particolare presenza dei figli
e figlie della Chiesa.
Tertio, il carattere dell’insegnamento sociale della Chiesa ha anche una sua dimensione
importante interdisciplinare e dialogica. Da qui deriva una necessità urgente,
particolarmente della divulgazione dei suoi principi, dell’inclusione di tutta la gamma
dei rappresentanti delle varie specializzazioni. Con tutta certezza meritano particolare
attenzione in questa questione sia Luigi Sturzo che Michael Novak. Entrambi, tra i
fondamenti dell’insegnamento sociale della Chiesa difendono i principi democratici, e
contemporaneamente sottolineano il valore della libertà giustamente interpretata.
Ricordavano e ricordano che ‚la democrazia comincia con la libertà. Laddove non c’è
libertà, non c’è democrazia. Laddove la libertà è negata a corpi sociali con vita e fini
specifici propri (come la famiglia, la professione, il comune), non vi può essere
democrazia. Laddove la personalità umana non è rispettata in tutti i suoi diritti alla
vita morale e materiale, non vi può essere democrazia‛. In un altro passo: ‚Il primo
compito per la difesa della democrazia è quindi oggi la difesa della libertà. E questa è
al tempo stesso difesa dell’autorità e dell’ordine sociale‛. Vale la pena dunque, secondo
i pareri di pensatori cattolici, che animano più di una volta la discussione nel grembo
della stessa Chiesa, affermare che troverebbero anche una loro larga e critica risonanza
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
in molti altri ambienti, sia credenti, sia non credenti. Nello spirito del principio
conciliare: ‚sit in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas‛376.
  
È famoso l’affresco La scuola di Atene realizzato tra il 1509 ed il 1511 dal pittore
Raffaello Sanzio e conservato nella Stanza della Segnatura nei Sacri Palazzi Vaticani.
Rappresenta alcuni celebri filosofi antichi, intenti a dialogare tra loro, all’interno di un
immaginario edificio classico. Al centro figurano i due principali filosofi dell’antichità,
Platone ed Aristotele. Platone, raffigurato con le sembianze di Leonardo da Vinci,
regge in mano la propria opera Timeo ed indica il cielo con un dito (indicando
l’iperuranio, zona oltre il cielo dove risiedono le idee), mentre Aristotele regge l’Etica e
rivolge il palmo della mano verso terra, indicando il mondo terreno e la volontà
dell’uomo di studiare la natura e di essere in contatto con essa. Ricorrendo ad un
paragone parziale, si possono intravedere nelle figure, e particolarmente nei gesti dei
padri dell’antica filosofia, entrambe le nostre guide – Luigi Sturzo e Michael Novak.
Non unica è la importante differenza: entrambi, coscienti di un bisogno razionale e di
una pienezza spirituale, indicano sempre sia il cielo delle idee teoriche, che la terra
sede della loro pratica realizzazione.
‚Ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità‛, Gaudium et spes,
n. 92.
376
105
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
Bibliografia:
I-DOCUMENTI DELLA CHIESA
1- Magistero pontificio
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«Centesimus annus», introduzione generale e prefazioni di Franco Pierini, settima
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GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 663-774.
GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, Paoline Editoraiale Libri, Milano 2008.
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GIOVANNI PAOLO II, Redemptor hominis, Paoline Editoraiale Libri, Milano 2005.
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 565-662.
LEONE XIII, Rerum novarum, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 17-74.
PAOLO VI, Octogesima adveniens, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 421-469.
PAOLO VI, Populorum progressio, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 359-419.
PIO XI, Quadragesimo anno, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 75-161.
PIO XII, Radiomessaggio di Pentacoste, in Le encicliche sociali…, cit., pp. 163-185.
2- Altri documenti
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione “Libertatis conscientia” circa la
libertà cristiana e la liberazione,
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_do
c_19860322_freedom-liberation_en.html
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione “Libertatis nuntius” circa
alcuni aspetti della «Teologia della Liberazione»,
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_do
c_19860322_freedom-liberation_en.html
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota Dottrinale cierca alcune questioni
riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica,
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_do
c_20021124_politica_it.html
Costituzione pastorale “Gaudium et spes” sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, in I
Documenti del Concilio Vaticano II. Costituzioni – Decreti – Dichiarazioni, Paoline Editoriale
Libri, Milano 2006, pp. 171-288.
Dichiarazione “Dignitatis humanae” sulla libertà religiosa, in I Documenti del Concilio
Vaticano II…, cit., pp. 579-596.
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale
della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Citta del Vaticano 2005.
106
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
II-SCRITTI DI LUIGI STURZO
Chiesa e stato. Studio sociologico – storico, vol. I-II, pubblicazioni a cura dell’Istituto Luigi
Sturzo: Opera omnia, prima serie, volume quinto, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma
2001.
Coscienza e politica, in Politica e morale. Coscienza e politica, pubblicazioni a cura
dell’Istituto Luigi Sturzo: Opera omnia, prima serie, volume quarto, Nicola Zanichelli
Editore, Bologna 1972.
I discorsi politici, Istituto Luigi Sturzo, Roma 1951.
Il pensiero economico, a cura di Giovanni Palladino, Il Sole 24 ORE, Milano 2009.
La società, sua natura e leggi. Sociologia storicista, pubblicazioni a cura dell’Istituto Luigi
Sturzo: Opera omnia, prima serie, volume terzo, seconda edizione italiana riveduta
dall’autore, Nicola Zanichelli Editore, Bologna 1960.
La Vera vita. Sociologia del soprannaturale, pubblicazioni a cura dell’Istituto Luigi Sturzo:
Opera omnia, prima serie, volume settimo, seconda edizione italiana riveduta dall’autore,
Nicola Zanichelli Editore, Bologna 1978.
Politica di questi anni. Consensi e critiche, VI volumi, pubblicazioni a cura dell’Istituto
Luigi Sturzo: Opera omnia, seconda serie, Nicola Zanichelli Editore, Bologna Nicola
Zanichelli Editore, Bologna 1954-1998.
Politica e morale, in Politica e morale. Coscienza e politica, pubblicazioni a cura dell’Istituto
Luigi Sturzo: Opera omnia, prima serie, volume quarto, Nicola Zanichelli Editore, Bologna
1972.
Scritti inediti 1924-1940, vol. 2°, a cura di Franco Rizzi, Edizioni Cinque Lune, Istituto
Luigi Sturzo, Roma 1975.
Sintesi sociali. L’organizzazione di classe e le unioni professionali. Scritti pubblicati su “La
cultura sociale” 1900-1905, pubblicazioni a cura dell’Istituto Luigi Sturzo: Opera omnia,
seconda serie, volume primo, Nicola Zanichelli Editore, Bologna Nicola Zanichelli Editore,
Bologna 1961.
III-SCRTTI DI MICHAEL NOVAK
Armonia sociale e pace tra i popoli: la libertà al servizio dell’umanità, in DARIO ANTISERI,
MICHAEL NOVAK, ROBERT SIRICO, Cattolicesimo, Liberalismo, Globalizzazione, a cura di
Flavio Felice, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2002, pp. 79-101.
Free Persons and the Common Good, Madison Books, Lanham-New York-London 1989.
Catholic Social Thought and Liberal Institutions: Freedom with Justice, with a new
introduction and concluding chapter by the Author, 2° edition, Transaction Publishers,
New Brunswick (U.S.A.) and Oxford (U.K.) 2000.
Il fuoco dell’invenzione. La società civile e il futuro dell’impresa, trad. Alberto Rezzi, a cura
di Flavio Felice, Effatà Editrice, Torino 2005.
L’ecologia morale del XXI secolo. Il XXI secolo sarà il secolo americano?, in DARIO ANTISERI,
FLAVIO FELICE, MICHAEL NOVAK, ROBERT SIRICO, Le ragioni epistemologiche ed economiche
107
Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
della società libera, a cura di Flavio Felice, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2003, pp.
89-98.
L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo, trad. di Marco Lunari, Edizioni di Comunità,
Milano 1994 [org. The Catholic Ethic and the Spirit of Capitalism, Free Press, New York
1993].
L’impresa come vocazione, trad. di F. Sircana, a cura di Flavio Felice, prefazione di
Giovanni Palladino, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2000.
Lo spirito del capitalismo democratico e il Cristianesimo, trad. di Rosanna Bruschi,
Annarosa Frati e Marilena Fratini, a cura di Angelo Tosato, Edizioni Studium e
Edizioni Effediuno, Roma 1987.
Morality, Capitalism and Democracy, in MICHAEL NOVAK, ANTON RAUSCHER, MACIEJ
ZIĘBA, Chrześcijaństwo, Demokracja, Kapitalizm, [trad. Cristianesimo, Capitalismo,
Democrazia+, ‚W drodze‛, Poznań 1993, pp. 11-49.
No One Sees God. The Dark Night of Atheists and Believers, Doubleday, New York 2008.
Piccole imprese: forza motrice della giustizia sociale, in Le ragioni epistemologiche…, cit., pp.
109-115.
Spezzare le catene della povertà. Saggi sul personalismo ecnomico, a cura e trad. di Flavio
Felice, Liberilibri di AMA srl, Macerata 2000.
The Universal Hunger for Liberty. Why the Clash of Civilizations Is Not Inevitable, Basic
Books, New York 2004.
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IV-LETTERATURA COMPLEMENTARE
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Sansoni Editore, Firenze 1976.
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RICERCHE PER LO STUDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, Vita e Pensiero,
Milano 2004.A. VV., L’opera di Luigi Sturzo nelle scienze sociali nelle scienze sociali, a cura di
FLAVIO FELICE, prefazione di Giovanni Palladino, Effatà Editrice, Torino 2006.
GALLINO LUCIANO, Dizionario di Sociologia, UTET Libreria, Torino 2009.
2- Volumi
AA. VV., Amore e verità. Commento e guida alla lettura dell’Enciclica «Caritas in veritate» di
Benedetto XVI, Paoline Editoriale Libri, Milano 2009.
AA. VV., Carità Globale. Commento alla «Caritas in veritate», Fondazione Apostolicam
Actuositatem e Libreria Editrice Vaticana, Roma 2009.
AA. VV., L’opera di Luigi Sturzo nelle scienze sociali nelle scienze sociali, a cura di FLAVIO
FELICE, prefazione di Giovanni Palladino, Effatà Editrice, Torino 2006.
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DARIO ANTISERI, La “via aurea” del cattolicesimo liberale, Rubbettino, Soveria Mannelli
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
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Quaderni di Teoria, n.23 – gennaio 2011
…idee per una società libera e virtuosa…
Philosophy Statement
Vision
‚Una società aperta, libera e virtuosa dove la persona non sia ridotta a mero strumento ma a fine ultimo
dell’agire umano, affinché ognuno, con il proprio lavoro, possa partecipare alla continua opera creatrice,
secondo le proprie attitudini, competenze e capacità, nei settori dell’economia, della politica e delle
istituzioni‛
Purpose
‚Divenire un riconosciuto punto di riferimento per l’economia sociale di mercato e l’etica nell’economia e
nelle istituzioni, un luogo scientificamente eccellente di riflessione e di elaborazione sulla funzione,
l'insorgenza e l'attuazione delle norme morali, giuridiche e sociali che regolano la convivenza tra gli
uomini‛
Means
‚Dar vita ad un think-tank nel quale, attraverso il costante riferimento alla dottrina sociale della Chiesa,
si coltivi la responsabilità morale e sociale di quanti prendono le decisioni nelle imprese, nelle professioni e
nella pubblica amministrazione e si sostenga, con una produzione scientifica di punta, l'elaborazione
imparziale di politiche pubbliche, alle quali possano ispirare la propria azione i responsabili delle decisioni
politico-amministrative democratiche nelle istituzioni di governo centrali e locali‛
Organi
Presidente: Flavio Felice
Direttore Generale: Fabio G. Angelini
Segretario Generale: Pierluigi Torre
Comitato Scientifico:
Dario Antiseri
Rocco Buttiglione
Rocco Pezzimenti
Robert Royal
Tito Lucrezio Rizzo
Lorenzo Ornaghi
Michael Novak
Gianfranco Rebora
Ettore Gotti Tedeschi
Mary Ann Glendon
Stanislaw Grygiel
Leonard Liggio
Luca Diotallevi
Alejandro Chafuen
Russel Hittinger
Paolo Janni
Brian Anderson
Jaroslaw Merecki
Giovanni Palladino
Jude P. Dougherty
Marco Dugato
Bruno Bordignon
Assuntina Morresi
Ubiratan Iorio
Arthur C. Brooks
Gabriel Zanotti
Riccardo Crespo
Antonio Magliulo
Stefano Solari
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