un cuore per l`italia

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Si celebrano quest’anno i 150 anni di Unità d’Italia. Non è mio
intento fare in questa sede una disamina degli eventi storici che vanno sotto il nome di
Risorgimento, né tanto meno affrontare il tema istituzionale cioè se fosse preferibile una Monarchia
piuttosto che una Repubblica oppure se fosse meglio una soluzione federale che unitaria.
Se c’è un classico per antonomasia della letteratura popolare sul tema della Patria questo è
indubbiamente il libro Cuore di Edmondo De Amicis. Ne ho ritrovata la copia, ormai incartapecorita,
regalatami da mio nonno nel 1966 quando ho iniziato ad andare a scuola. Lo sto rileggendo in questi
giorni ripensando alla scuola vecchio stampo che la furia iconoclasta del ’68 ha spazzato via.
Quando, per esempio, l’ora di canto era rigorosamente patriottica: Fratelli d’Italia, il Piave, la
Bandiera Tricolore … più o meno come ai tempi del libro Cuore.
Sempre in questi giorni ho riletto anche alcune considerazioni critiche dello scrittore cattolico
Vittorio Messori sul libro in questione.
A parte la considerazione circa l’appartenenza alla massoneria del suo autore in un epoca in cui si
può dire che fosse quasi una moda, colpisce l’acredine nei confronti di questo testo che viene
addirittura definito “manuale di massoneria per il popolo”. Nel libro non vi sarebbe infatti alcun
cenno, denuncia il Messori, al Natale, alla Pasqua o ad alcuna altra ricorrenza cristiana. Le feste
cristiane sarebbero anzi sostituite da quelle civili, il Vangelo dallo Statuto, i santi dai padri della
Patria (Garibaldi, Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele), gli ordini religiosi dall’Esercito, i martiri
dagli Eroi (il Tamburino sardo, la Piccola vedetta lombarda) … e infine le processioni dalle sfilate
militari (in effetti per ogni uomo con il testosterone in ordine credo sia normale preferire la Fanfara
dei Bersaglieri alle nenie dei chierichetti). Inoltre, poiché l’albero si giudica dai frutti, il Messori
scrive che i ragazzi di “Cuore”, cresciuti con quei valori, a suo dire negativi, saranno poi gli
interventisti del 1914. E qui io apro breve una parentesi. Ciò che importa infatti agli interventisti è la
partecipazione ad un conflitto che avrebbe conferito all’Italia la dignità di Nazione come del resto è
stato malgrado il bagno di sangue (600 mila morti e 1 milione di feriti). Con l’acquisizione di Trento
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e Trieste l’Italia completa i suoi confini naturali ma soprattutto acquisisce la coscienza di essere una
Nazione. Se Cavour poteva affermare che fatta l’Italia bisognava fare gli italiani, è nelle trincee che
si forma e si consolida il popolo italiano. Mai prima di allora un siciliano e un lombardo, un toscano e
un veneto si erano parlati … anche perché neppure parlavano la stessa lingua. Fra il XXIV Maggio
1915 e l’Ottobre 1917 per la verità la guerra non viene combattuta con particolare brìo. Tutto
cambia dopo la disfatta di Caporetto quando il fronte italiano retrocede a sud fino alla pianura
veneta. E’ a quel punto che il sentimento patriottico si accende come non mai. Iniziano e si
moltiplicano i volontari che partono per restituire il tricolore ad una terra italianissima. Gli italiani
ora la guerra la sentono eccome e attraverso un rinnovato entusiasmo cominciano a collezionare
epiche vittorie sul Piave, sul Grappa, a Vittorio Veneto. Migliaia di donne e bambini veneti lasciano
le loro case in attesa che cessi il conflitto e vengono ospitati da altrettante famiglie in regioni più
tranquille. Insomma anche il cuore dell’Italia senza le stellette comincia a pulsare. Il IV Novembre
1918 la grande guerra si conclude con la vittoria dell’Italia che sarà poi coronata dal Fascismo che
ne farà anche una Nazione sociale. Estremamente toccante nel 1921 il viaggio del “Milite Ignoto”
per tutta l’Italia fino all’Altare della Patria. Tutta la Nazione si ferma al passaggio del treno. Le
sirene delle fabbriche e le fanfare di ogni contrada suonano in suo onore. Ogni mamma che non ha
potuto riabbracciare il figlio lancia un fiore verso quello che potrebbe essere sangue del suo sangue.
Tornando al libro Cuore e avviandomi a conclusione, dal punto di vista letterario può piacere o non
piacere. Certo, forse presenta tratti troppo retorici che credo vadano inquadrati nel contesto storico
degli anni immediatamente seguenti le guerre risorgimentali (il libro è ambientato in una scuola
torinese del 1881-82) ma che lo si metta all’indice dei “libri proibiti” perché vi si ravvisa una
pericolosa “religiosità patriottica” è eloquente dell’universalismo paolino che da duemila anni
caratterizza la Chiesa in modo particolare quella di oggi che incline ad un ecumenismo bastardo è
sempre più schierata fra i nemici di ogni identità nazionale.
Una Chiesa che invero ha sempre perseguito il proprio tornaconto (soprattutto economico) e che
dopo aver “scomunicato” la nuova Italia, nel 1912 scende a patti con il liberale Giolitti in funzione
antisocialista per poi indossare tre lustri più tardi la camicia nera e dal 1943 in avanti puttaneggiare
con gli antifascisti di ogni ordine e grado.
Non me ne voglia il Messori ma io credo che un pellegrinaggio sul Carso, a Redipuglia,
sull’Altopiano di Asiago o sul Grappa e una iniezione di quel sano patriottismo di cui trasuda il libro
Cuore oggi gioverebbe ai nostri rampolli e al futuro della nostra Nazione più delle sinistre prediche
somministrate negli Oratori volte alla edificazione di una umanità apolide, sradicata e indifferenziata
che dubito rifletta la volontà di un Dio che ha fatto un mondo “pluriversale”.
(Riccardo Marzola)
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