Il “PAZZO MONDO” di “1981 all’inizio dell’era del godimento” di Simone Tonelli Alfredino, il bambino caduto, e poi morto, in un pozzo artesiano alla periferia di Roma; la faccia di Licio Gelli; di Reagan e poi di Pertini e Spadolini, primo presidente del consiglio non democristiano; articoli di giornali sulla P2, sulle Brigate rosse; ma anche il matrimonio di Carlo e Diana; ballerine con vestiti succinti che danzano alla tv; la pubblicità dell’uomo in ammollo con Franco Cerri, grande chitarrista prestato alla tv; il fumo bianco che riempie il cielo dove vola lo Shuttle… Immagini rapide su un video, una sull’altra, mentre il pianista intona con voce cupa «Mad World» dei Tears for Fears. È il «pazzo mondo» di «1981. All’inizio dell’era del godimento», di e con Enrico Messina, accompagnato al piano elettrico da Fabrizio “Siro” Sirotti. Le luci “d’epoca” (Francesco Collinelli) fanno del palco uno studio tv anni ’80, contornato da file di piccoli lumi gialli. Lo spettacolo, in scena martedì 24 sera per Incontrateatri, al Piccolo Teatro Libero, accolto con calorosi applausi dal pubblico, ritaglia un punto di vista su un momento storico, disegnando stralci di comicità e vita vissuta (per la prima volta davanti alla tv), siparietti quasi cabarettistici o satira grottesca, che fanno risaltare ancora di più, per contrasto, il dramma: quello del piccolo Alfredino caduto nel pozzo, ma anche di poteri occulti come la P2 o di un mondo finto fatto di telepromozioni e spot, che si sarebbe lentamente sostituito alla realtà, addormentando una generazione, quella dei 40enni di oggi, spaesati e incapaci di grandi idee e movimenti, al contrario dei padri che li hanno preceduti. Il sapiente mix di recitazione, video, musica, luci, balletti («Cicale») e siparietti, viene abilmente gestito dall’attore, ben affiancato anche dal musicista. La capacità mimica di Messina, i suoi occhi mobilissimi, le maschere del suo volto e la naturale simpatia ed espressività sanno coinvolgere il pubblico, superando lo scoglio della mancanza di una vera storia, che si disegna nel ricordo comune, attore-pubblico, di un pezzo di vita che non c’è più, su cui si finisce per ridere e riflettere insieme. Si sghignazza con la parrucca bionda di un’improbabile Messina-Loretta Goggi in «Maledetta primavera», si sente la tensione, i respiri lenti e profondi degli spettatori, sulla triste storia di Alfredino, o sulle magagne della nostra Italia che in parte, forse, la dolorosa avventura del bambino è servita a nascondere. Facciamo di corsa con MessinaMennea il corridoio dalla cucina alla sala, per vedere prima Carosello, poi l’eroico Mazinga, poi, di notte a passo felpato, «eroine» come Edwige Fenech sui primi canali privati… poi ci fermiamo: «Una volta in quel 1981, dentro alla mia televisione c’era un sacco di gente, troppa. Si agitavano, intorno a un buco per terra; un pozzo. Ci era caduto dentro un bambino, Alfredino. Era Vermicino…»