di Maria Giovanna Coletti (Presidente Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore) Non è facile trovare una figlia dedita al ricordo del padre come Camilla, che ripercorre con la presentazione del libro i luoghi cari al padre, che in ogni luogo della provincia era di casa, conosciuto ovunque e lui stesso profondo conoscitore di ogni storia. Tra i luoghi del Bellunese il Cadore aveva un posto particolare, era il luogo delle sue origini e delle antiche istituzioni, in particolare della Magnifica Comunità, di cui diverrà il consigliere tecnico e un riferimento per gli affari legali. Pieve per quest’uomo passionale, imprevedibile e visionario sarà una piccola capitale, per la quale operare per salvaguardare la sua stessa storia. Il nostro rapporto risale al 2002 quando, in qualità di rappresentante del Comune di Pieve, entrai a far parte della Magnifica Comunità e in qualità di vice presidente ebbi da Giancandido De Martin l’incarico di aiutarlo a portare a termine un progetto già da anni in divenire: la costituzione della Fondazione Tizianesca, su idea di Francesco Valcanover. Da quel momento iniziò una collaborazione attiva con compiti distinti. All’avvocato e al presidente spettò il compito di definire lo Statuto e di cercare la condivisione e la partecipazione delle realtà pubbliche e private del Bellunese con un lungo lavoro di tessitura politica; a me quello di mettere insieme il comitato scientifico. Nel 2003 nasce la Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore e fu una corsa contro il tempo, perché era necessario essere costituiti prima delle due grandi mostre di Londra e di Madrid, dove ci saremmo presentati ufficialmente alle istituzioni museali e agli studioso di Tiziano nel mondo li presenti. A quel “... e Cadore” Matteo Fiori conferisce un profondo significato, proprio perché vedeva nella nuova realtà quell’istituzione che avrebbe dovuto divenire il riferimento per lo studio della cultura cadorina nelle sue diverse discipline. Gli dobbiamo inoltre il merito di aver avvicinato le istituzioni di Belluno a quelle del Cadore, operando per ospitare diverse iniziative del Centro Studi nel capoluogo e garantirne il successo. Farà parte del Consiglio di Amministrazione fino al 2010. Siamo sicuri che oggi avrebbe operato in modo da evitare quell’amnesia che sembra cogliere qualche Ente bellunese. Appassionato di storia si troverà a far parte di quell’istituzione che avrebbe dovuto ricordare i 500 anni della battaglia di Cadore, che cadeva nel 2008. Era l’occasione per risvegliare l’orgoglio cadorino, pertanto le iniziative da predisporre dovevano essere adeguate. Curò un programma articolato per conto della Magnifica Comunità al fine ottenere una cifra importante dalla Regione: prevedeva una mostra di disegni di Battaglia, con in testa quello di Tiziano denominato la battaglia di Spoleto, la realizzazione di un convegno e la committenza per la scrittura di una composizione musicale che ricordasse l’evento. Per quest’ultima prendemmo contatto con Claudio Ambrosini e nelle riunioni che seguirono trovammo molta attenzione e disponibilità da parte del compositore a iniziare una collaborazione. Negli incontri successivi si scese in alcuni particolari, come i suoni, le voci, gli strumenti da inserire: si sarebbero catturati il rumore della foresta, degli schianti degli alberi, dell’acqua del Piave che scorre, dei tronchi che fluitano, insieme alle voci dei menadass, oppure il silenzio di un bosco innevato. Questo era il paesaggio da raccontare attraverso le elaborazioni della musica elettronica, fino allo scontro della battaglia. Avevamo nel progetto garantito la copertura necessaria alla realizzazione del concerto, che avrebbe dovuto tenersi in un teatro attrezzato veneziano, perché in Cadore non vi erano le strutture adeguate. Aveva capito che la musica era un altro mezzo sicuro a cui affidare la memoria, visto che il dipinto della battaglia di Cadore, realizzato da Tiziano per Sala del Gran Consiglio, andò distrutto in un incendio. Un progetto che rimase sulla carta perché solo una minima parte della cifra richiesta fu concessa, da garantire il solo convegno, che si tenne nel 2009. La Magnifica Comunità affidò alla Fondazione la realizzazione del convegno, che fu curato da Lionello Puppi. Si operò al fine di mantenere i metodi di ricerca adottati dalla Fondazione, basati sul rapporto tra centro e periferia, impostando gli interventi sulla visione bilaterale dello scontro. E questa fu la novità. Consapevole dell’importanza dell’evento e dell’importanza di coinvolgere gli studenti, vi fece partecipare alcune classi del suo Liceo classico Tiziano di Belluno. E di ciò era molto orgoglioso. Ne derivò una pubblicazione di grande interesse, oggi quasi esaurita, realizzata grazie anche al suo impegno nel trovare le risorse economiche per la stampa del volume. Volle che la presentazione del libro si facesse nel comune di Rusecco, Valle di Cadore, e quella fu una delle sue ultime apparizioni. Durante una visita all’abitato di Fornesighe insieme a Bruno Toscano, storico dell’arte e studioso di paesaggio e a Enrico Castelnuovo, il grande studioso dell’arte dell’arco alpino, ci apparve davanti una figura gigantesca: era Matteo. Impossibile non seguirlo fino alla sua casa, lassù in alto, su un affaccio panoramico sulla valle. Improvvisamente, tra i libri, l’impianto stereo si mise a diffondere le note della seconda sinfonia di Mahler. Poi fu naturale al suono si unissero i gesti, come se il concerto si materializzasse: Bruno ed Enrico assunsero il ruolo dei primi violini, attenti al direttore d’orchestra, che naturalmente era Matteo. Era straordinario vedere il loro affiatamento, anche se quello era in realtà il loro primo incontro. Intanto il sole al tramonto disegnava il profilo dei monti all’orizzonte: eravamo nel teatro della natura in cui letteratura, arte e musica si fondevano su un paesaggio mozzafiato. Questa è l’immagine con la quale desidero ricordarlo, perché questo era il mondo che lui amava. Pieve di Cadore, 6 maggio 2017