L`eredità di Mazzini all`umanità e il ruolo dell`Italia

Il 20 dicembre 2005, in occasione del bicentenario
della nascita di Giuseppe Mazzini, si è tenuto a
Foggia, presso l’Auditorium della Biblioteca Provinciale, il Convegno “Giuseppe Mazzini e la democrazia in azione”, organizzato dall’Associazione Culturale “Icaro”.
Se ne pubblicano in questo numero della rivista «la
Capitanata» gli interventi più significativi
Giuseppe Mazzini
e la democrazia in azione
Auditorium Biblioteca Provinciale
“la Magna Capitana”
20 dicembre 2005
Giuliana Limiti
L’eredità di Mazzini all’umanità e il ruolo dell’Italia
di Giuliana Limiti
Un anno prima di morire (1871) Giuseppe Mazzini presentò, con la data del
9 febbraio, la pubblicazione dal titolo La Roma del popolo, per ribadire il suo programma mai abdicato.
Roma era diventata la capitale d’Italia dopo il 20 settembre del 1870 e Mazzini
era carcerato dalla Monarchia nel carcere di Gaeta. Roma era stata in un certo senso
profanata perché dopo l’esperienza della Repubblica Romana del 1849 che aveva
innalzato la volontà popolare per la prima volta espressa con l’elettorato universale
maschile, con la proclamazione dei principii di nazionalità, di collegamento europeo e universale, rifacendosi alla tradizione storica e agli istinti popolari e alla funzione della Terza Roma che la prospettava nel futuro dell’umanità con una missione specifica.
La pubblicazione della Roma del popolo significava innalzare di nuovo la
bandiera di quarant’anni prima non soltanto per ricordare un periodo breve ma
splendido di gloria e di promesse segnato dall’eroismo della migliore gioventù d’Italia, ma per riaffermare l’antica fede repubblicana che partiva dalla storia di Roma e
dalla sua missione da compiere nel mondo legata alla progressione storica che la
chiamava a diffondere per la terza volta ai popoli una parola d’incivilimento e di
unità morale che rimane come legato alle generazioni italiane ancora oggi da realizzare.
Dalla Roma dei Cesari uscì l’unità d’incivilimento comandata dalla forza all’Europa.
Dalla Roma dei Papi uscì una unità d’incivilimento comandata dall’Autorità
a gran parte del genere umano.
Dalla Roma del popolo, scrisse Mazzini, uscirà quando voi sarete, o italiani,
migliori che oggi non siete, l’unità d’incivilimento accettata dal libero consenso dei
popoli, all’umanità. Ribadì Mazzini questa fede che ci sostenne fra durissime prove
la vita, è tutt’ora la nostra.
Roma la concepiva come il Santuario della Nazione, la città sacra d’Italia, il
centro storico dal quale si svolsero e si dovranno svolgere le missioni di unificazione italiana legate alla iniziativa nel mondo. In questi due termini di unità nazionale
e di iniziativa d’incivilimento all’estero è racchiuso tutto il programma della citata
pubblicazione.
Mazzini impostò il problema di come passare dalla sfera delle idee a quella
dei fatti e quindi sollevò la questione del “metodo” e delle istituzioni capaci di
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attuare le riforme necessarie per condurre alla via del progresso, in nome del dovere
e del diritto vivente in ogni popolo ed in particolare nel popolo italiano destinato
ad essere antesignano del processo di unificazione morale e civile dell’umanità.
L’istituzione sola capace di realizzare tale unione è la Repubblica; il mezzo
per portare il popolo a dare sostanza all’istituzione è l’educazione. Per questo rivendicava di combattere ogni autorità che non si fondasse sul libero e illuminato
consenso popolare in grado di accompagnare sulla scia del progresso l’unione di
tutti i popoli dell’umanità a realizzare il principio religioso e politico del “Dio è
Dio e l’umanità è il suo profeta”.
Mazzini dettò la sua dichiarazione di fede:
Noi crediamo in Dio: In una Legge provvidenziale data da lui alla Vita: Legge,
non d’espiazione, di caduta e di redenzione per grazia d’intermediari passati o
presenti fra Dio e l’uomo, ma di Progresso, Progresso indefinito fondato e
misurato sulle opere nostre: Nell’Unità della Vita, fraintesa, secondo noi dalla
Filosofia dei due ultimi secoli: Nell’Unità della legge per ambe le manifestazioni, collettiva e individuale, della Vita: Nell’immortalità dell’io, che non è se non
l’applicazione della Legge Progresso, rivelata innegabilmente oggimai dalla tradizione storica, dalla scienza e dalle aspirazioni dell’anima, alla Vita manifestata dall’individuo: Nella Libertà senza la quale non possono esistere responsabilità, coscienza e merito di progresso: Nell’Associazione successiva e crescente di tutte le facoltà, di tutte le forze umane, come unico mezzo normale di
progresso collettivo e individuale ad un tempo: Nell’unità del genere umano e
nella eguaglianza morale di tutti i figli di Dio, senza distinzione di sesso, di
colore o di condizione e da non interrompersi se non dalla colpa.
Il pensiero di Giuseppe Mazzini è ancorato all’avvenire dell’umanità, fondato sul concorso attivo di tutti i suoi membri, uno sviluppo libero e armonico delle
proprie facoltà, al concepimento e al compimento della propria missione nell’universo con il concorso attivo di tutti i suoi membri, liberamente associati per la soluzione del problema sociale. Il fine dell’umanità è la unità delle famiglie umane nel
loro viaggio nella vita e tale fine si può raggiungere a “mille vie” schiuse al progresso. Non quindi omologazione, ma rispetto per la varietà delle espressioni di identità nella libertà, nell’uguaglianza, nella fratellanza. Tale visione rende gli uomini forti dei diritti e consapevoli dei doveri. Tale equilibrio di diritti e di doveri è espressione della legge morale universale che scaturisce da un solo Dio, da un solo padrone, la sua legge, da un solo interprete di quella legge, l’umanità. La fratellanza che
ne scaturisce porta all’amore reciproco, alla tendenza a fare in modo che l’uomo
faccia agli altri quello che vorrebbe si facesse da altri per lui.
Tale sillogismo fa cadere privilegi, arbitri, egoismi, considerati violazione della
fratellanza, per questa ragione l’istituzione della Repubblica è vista come essenza
stessa del metodo per arrivare a quel fine e per Mazzini Repubblica significa educazione.
Nessun’altro pensatore politico ha affidato all’educazione una funzione così
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alta. Mazzini parlava anche a nome di tutti i popoli o individui oppressi su qualunque punto della terra essi abitassero. Tramite l’educazione la Repubblica consentiva
il superamento dell’odio di classe, di razza, dell’agnosticismo o del municipalismo,
del nazionalismo, del comunismo, della ricerca del benessere edonistico, in nome di
valori morali, di un principio superiore. La fondamentale priorità del problema
educativo richiedeva un lavoro profondo, umile, doveroso, ma di sicuro avvenire,
consci che la impreparazione delle masse ad esercitare consapevolmente il suffragio
universale avrebbe impedito alla Repubblica di estrinsecare la sua natura di istituzione educativa. Per questo lottò ed ammaestrò i suoi amici a combattere l’indifferenza per la politica e per la gestione pubblica. Dai suoi operai voleva una elevazione del livello intellettuale e morale. Ad essi sono dedicati I doveri dell’uomo.
Tramite l’educazione era convinto che la rivoluzione politica che sognava
comportava anche successivamente la rivoluzione religiosa. Una educazione politica desiderava che preparasse le moltitudini a condividere le idee di umanità che
costituivano la finalità della rigenerazione individuale e collettiva di ogni popolo e
di ogni individuo. Una rivoluzione religiosa che poteva accompagnare un popolo
che si fosse già costituito. Sotto questa dimensione si opera in Mazzini una sintesi
sociale, della filosofia che diventa religione per l’adempimento dei destini umani
nell’ottica della legge data da Dio all’umanità per cui libertà, uguaglianza e fratellanza costituiscono la missione speciale che coopera alla missione generale dell’umanità.
Non meraviglia quindi che tale impostazione sia stata recepita dal Presidente
degli Stati Uniti Wilson e presentata, proprio con riferimento a Mazzini, per la
realizzazione della Società delle Nazioni.
Ma per far questo occorre che si superi lo stridente contrasto tra le finalità
dell’umanità e la prassi di corte e di corruzione delle istituzioni internazionali legate ad una rappresentanza dei governi e non dei popoli, organizzati secondo burocrazie cieche e avide anziché tramite i migliori rappresentanti delle missioni dei
singoli popoli che dovrebbero arricchire il patrimonio culturale e politico dell’umanità.
Roma ha questa missione e deve rendersene conto. La sua storia e il legato
risorgimentale della Repubblica Romana del 1849 e di Giuseppe Mazzini l’obbligano a non lasciar cadere questo sogno di una nuova religione umanitaria veniente
dall’Italia.
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