Il recupero energetico

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Il recupero energetico: i termovalorizzatori
smaltimento dei rifiuti mediante combustione ad alta
temperatura e produzione di calore utilizzabile
Un termovalorizzatore è un inceneritore di rifiuti in grado di sfruttare il contenuto calorico
dei rifiuti stessi per generare calore, riscaldare acqua ed infine produrre energia elettrica.
La termovalorizzazione è un processo di combustione controllata, che deve assicurare una
sufficiente degradazione della sostanza organica presente nei rifiuti e, se possibile, di tutti i
sottoprodotti di combustione più dannosi per la salute umana.
All’interno del forno del termovalorizzatore si generano tre flussi di materia, un flusso gassoso,
un flusso di particolato e di sostanze condensabili, chiamato "ceneri volanti", e un flusso di
scorie pesanti.
Innanzitutto si procede allo stoccaggio dei rifiuti, che avviene in enormi vasconi coperti di
cemento armato, dove il rifiuto è direttamente scaricato dai mezzi di raccolta attraverso
apposite bocche di scarico. Per ridurre l'emanazione di odori all'esterno, tutta l'area è in
depressione, in quanto le bocche di scarico, che costituiscono l'unico collegamento con
l'esterno sono proprio le prese d'aria comburente necessaria alla combustione dei rifiuti.
Il materiale stoccato, tramite opportuni mezzi di sollevamento viene miscelato, nel tentativo di
omogeneizzare, per quanto possibile, le diverse componenti del rifiuto e inviato alla
combustione attraverso apposite tramogge.
Spesso alcune tipologie di rifiuto, normalmente provenienti da scarti di rifiuti selezionati e con
alto potere calorifico, vengono stoccate in aree separate per poter incrementare il potere
calorico della miscela di rifiuti in particolari condizioni.
I trattamenti che possono subire i rifiuti prima dell'invio in camera di combustione sono
l’essiccamento e la frantumazione.
L'essiccamento preliminare dei rifiuti determina numerosi vantaggi:un incremento del potere
calorifico del rifiuto, una più veloce combustione e una minore quota di umidità nei fumi.
La frantumazione, eseguita in mulini a martelli o a lame, permette la riduzione della pezzatura
ed una migliore miscelazione del rifiuto, con conseguente maggior omogeneità della
combustione.
L'alimentazione del forno avviene tramite tramogge che convogliano il rifiuto o direttamente
nella camera di combustione o in camere di carico a servizio di spintori che introducono il
rifiuto in testa al forno.
I rifiuti vengono convogliati nella camera di combustione divisa in camera primaria, in cui
inizia la combustione del rifiuto, e in camera di postcombustione, dove termina la combustione
dei fumi prodotti dalla camera primaria.
Terminata questa fase si procede col recupero energetico, che avviene sia con la produzione di
energia elettrica, sia con l'impiego diretto del calore non utilizzabile in questa via, ad esempio il
teleriscaldamento.
Nel primo caso, il calore prodotto dalla combustione dei rifiuti porta alla produzione di vapore,
utilizzato per mettere in moto delle turbine che, collegate ad un generatore, permette la
produzione di energia elettrica.
Il teleriscaldamento, invece è una forma di riscaldamento che, attraverso sistemi di
canalizzazione, consente di produrre il calore nei termovalorizzatori per poi distribuirlo in luoghi
dove solitamente viene sfruttato per usi domestici. Tale operazione consente di utilizzare
un’energia “pulita” e di smaltire gradualmente le tradizionali e più inquinanti caldaie a metano
o a gasolio. Da qui discende l’importanza dei sistemi di teleriscaldamento urbano che
costituiscono un’importante opportunità di uso razionale dell’energia e un grande contributo
per la riduzione dei gas climalteranti, come l’anidride carbonica, e dell’inquinamento locale.
La sezione di recupero energetico svolge anche un importante funzione nella depurazione dei
fumi.
Sempre più tecnologici diventano i sistemi di abbattimento degli inquinanti: dopo la
combustione i fumi vengono filtrati, per abbattere gli inquinanti e raffreddati. Quest’ultimo
processo riduce la possibilità di reazioni secondarie di formazione d’inquinanti, mentre
l’abbassamento di temperatura determina una contrazione delle portate dei fumi negli impianti
di depurazione.
BIOENERGIA
Fotobioreattori per colture di alghe e batteri
I fotobioreattori sono sistemi che utilizzano l'energia della luce per alimentare la vita in
sistemi controllati.
È possibile "coltivare" batteri, alghe, plancton e animali semplici come i molluschi con lo
scopo di ottenere preziose proteine, vitamine, alcaloidi, da utilizzare per la medicina, e
integratori alimentari. Le applicazioni dei fotobioreattori a livello industriale possono essere
infinite: per produrre materiali plastici, carburanti biologici, biomasse, concimi, pulizia delle
acque reflue o dell'aria da inquinanti e CO2.
I fotobioreattori per alghe sono tra i più semplici, si basano su contenitori spesso
trasparenti con sistemi di mescolamento e immissione di CO2. Possono anche essere
utilizzati laghi, fiumi, lagune, o vasche. Per la crescita delle alghe è necessario nutrirle, come
per le piante, con nitrati e sali minerali.
I principali sistemi di fotobioreattori:
 INDOORS: sono i più costosi, costituiti da un impianto di fotobioreazione interno a una
"serra"; in questo modo si controllano meglio le temperature.
 OUTDOORS: più economici, hanno problemi di mantenimento delle temperature,
contaminazione da inquinanti, variazione del PH.
 CLOSED: molto costosi, richiedono manutenzioni continue; hanno il vantaggio di non
contaminarsi e sono più controllabili; sono il mezzo preferibile per il laboratorio.
 OPEN: questi sistemi sono i più economici, ma ugualmente produttivi e di facile
gestione.
I principali tipi di colture:


AXENICO: è la coltivazione di un solo tipo di plancton o microrganismo.
NON AXENICO: tale coltivazione può essere scelta per semplificare una produzione
quando le condizioni ambientali non sono regolari; si possono combinare più specie e
ottenere degli standard produttivi migliori.
È possibile produrre energia utilizzando la luce solare assorbita in eccesso da alghe e piante. Lo
dimostra uno studio pubblicato su Science che spiega il meccanismo molecolare regolatore
dell’assorbimento dell’energia solare nelle piante, grazie all’individuazione dei geni che ne
determinano il processo.
Nei fotobioreattori le alghe, ad esempio, vengono cresciute in massa ma dissipano in calore la
maggior parte dell’energia solare assorbita. L’importanza della scoperta consiste nell’aver
identificato i geni responsabili di questo meccanismo dissipativo di difesa, su cui intervenire
con tecniche di genetica, per trasformare in energia chimica e quindi biomassa il calore
altrimenti disperso.
La scoperta è di grande attualità dato che petrolio e carbone, ormai in esaurimento, derivano
rispettivamente da alghe e piante cresciute tra i 200 e i 400 milioni di anni fa e conservate nel
suolo in mancanza di ossigeno. Di recente si sono moltiplicate le ricerche che mirano a
produrre biocombustibili da alghe e piante, ma le rese sono ancora basse proprio a causa del
meccanismo dissipativo messo in atto dagli organismi fotosintetici.
Impianto outdoors
Schema di fotobioreattore continuo
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