Close this window to return to IVIS www.ivis.org International Congress of the Italian Association of Companion Animal Veterinarians May 19 – 21 2006 Rimini, Italy Next Congress : 62nd SCIVAC International Congress & 25th Anniversary of the SCIVAC Foundation May 29-31, 2009 - Rimini, Italy Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers 53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC 101 Vaccinazioni e comportamento nel cucciolo: una relazione pericolosa? Paola Dall’Ara Med Vet, PhD, Milano Clara Palestrini Med Vet, PhD, Specialista in Etologia applicata e benessere animale, Dipl. ECVBM-CA, Milano Vaccinazioni: cosa sta cambiando? In campo veterinario, così come in campo umano, la vaccinologia è un settore in continua evoluzione. Il veterinario ha infatti oggi a disposizione una vasta scelta di presidi immunizzanti per tenere sotto controllo diverse malattie infettive del cane. Ma quali vaccini scegliere e perché? E contro cosa vaccinare? E ogni quanto vaccinare? E quando cominciare? Queste sono solo alcune delle domande più ricorrenti che i veterinari si pongono quando devono affrontare il tema “vaccinazioni”. E questa relazione ha lo scopo di fare un po’ di chiarezza in questo campo, facendo il punto su cosa sta cambiando nell’immenso mondo dei vaccini. Alcuni veterinari preferiscono vaccinare contro tutte le malattie per le quali esiste un vaccino, ricorrendo, per comodità, a vaccini polivalenti (in commercio sono disponibili fino a 8 valenze combinate); altri, invece, adottano l’approccio di vaccinare i propri pazienti con le vaccinazioni di base (in genere utilizzando vaccini bivalenti o trivalenti), riservando l’uso di quelle accessorie solo per i soggetti veramente a rischio di infezione. La produzione commerciale di vaccini polivalenti ha comunque reso i protocolli vaccinali meno costosi e più convenienti sia per i veterinari, sia per i proprietari degli animali, aumentando le probabilità che gli animali vengano vaccinati in modo corretto. I test di interferenza, richiesti per l’autorizzazione in commercio, garantiscono che gli antigeni presenti nei vaccini polivalenti stimolino un’immunità identica a quella fornita da ogni singola valenza somministrata separatamente. Alcuni patogeni sono andati incontro a variazioni antigeniche in questi ultimi anni, e questo ha reso più difficile il loro controllo mediante i vaccini classici, che non sono risultati più perfettamente rispondenti alle necessità, garantendo solo una cross-reattività più o meno completa a seconda dei casi. È questo il caso ad esempio del parvovirus (CPV-2, contenuto della stragrande maggioranza dei vaccini del commercio e che da diversi anni non circola più nella popolazione canina), che è andato incontro a una prima mutazione nel 1981 con la comparsa del ceppo CPV-2a e in seguito a un’altra mutazione nel 1985 con la comparsa del ceppo CPV-2b, oggi predominante in Europa. Un altro esempio è rappresentato dal coronavirus (CCoV), responsabile fino a poco tempo fa solo di lievi enteriti autolimitanti soprattutto concomitanti alle infezioni da parvovirus, e oggi accusato di poter causare una forma ben più grave di malattia in seguito a una mutazione nel suo genoma. Un ultimo esempio è fornito dalle leptospire: i vaccini del commercio contengono tutti le batterine di L. canicola e L. icterohaemorrhagiae, mentre le serovar oggi più diffuse sono altre, con conseguente protezione non ottimale nei confronti di questi batteri. Un altro grande cambiamento che sta caratterizzando il campo della vaccinologia è l’opinione dei molti circa la frequenza dei richiami vaccinali. Per la maggior parte delle malattie più importanti, la comunità scientifica mondiale competente suggerisce di ripetere la stimolazione antigenica con richiami triennali e non più annuali. Tali indicazioni nascono dalla volontà di non eseguire trattamenti immunizzanti non necessari, sulla base sia di studi che, valutando la durata dell’immunità conseguente alla vaccinazione (espressa come DOI, Duration Of Immunity), indicano la persistenza della risposta immunitaria ben oltre un anno dalla precedente vaccinazione, sia di altri che sottolineano la possibilità di conseguenze indesiderabili, quale ad esempio lo sviluppo di sarcomi nel sito di iniezione per i gatti. Ogni medico veterinario è quindi tenuto a seguire gli sviluppi scientifici di questi concetti e gli effetti dell’applicazione dei nuovi protocolli, al fine di offrire sempre un piano vaccinale efficace e associato al minor numero possibile di effetti indesiderati Un’ultima svolta importante è l’età alla quale è possibile eseguire la prima serie vaccinale. Fino a poco tempo fa la scelta più comune era quella di vaccinare un cucciolo al compimento del secondo mese; oggi invece molti anticipano la prima vaccinazione alla 6a settimana (alcuni addirittura alla 5a), spesso con prodotti definiti “ad alto titolo” per aprirsi un varco nell’immunità materna. Altrettanto comune è includere oggi la vaccinazione anti-parvovirus nella prima serie di vaccinazioni del cucciolo, malgrado sia oramai dimostrato che gli anticorpi anti-parvovirus trasferiti dalla madre al cucciolo permangano in circolo più degli anticorpi passivi con altre specificità, per diminuire comunque il rischio di infezione in questa fascia di età che risulta la più suscettibile. 102 Bibliografia consultata American Animal Hospital Association Canine Vaccine Task Force (2003): 2003 Report on canine vaccine guidelines, recommendations, and supporting literature. JAAHA, Special Report, 39 (2), 119. AVMA Council (2002): 5th Council on biologic and therapeutic agent’s report on cat and dog vaccines. JAVMA, 221 (10), 1401 Bo S. (2005): Manuale di malattie infettive del cane e del gatto. Ed. Scivac, Cremona Buonavoglia C. (2003): Vaccini e vaccinazioni nel cane. In: “Le vaccinazioni in medicina veterinaria”, Edagricole, Bologna, pag. 159 Greene C.E. (1998): Immunoprofilassi e immunoterapia. In: Greene C.E. (ed.): “Malattie infettive del cane e del gatto”. Ed. italiana sulla II americana, Antonio Delfino Editore, pag. 717 Schultz R.D. (2000): Consideration in designing effective and safe vaccination programs for dogs. International Veterinary Information Service (http://www.ivis.org) Comportamento: è possibile una prevenzione efficace? Il comportamento di un animale è una determinante estremamente importante del successo del legame uomo-animale e rappresenta il risultato di una complessa combinazione di fattori genetici e ambientali. Ogni animale percepisce, con i propri organi di senso, stimoli particolari che discrimina e privilegia nell’ambiente e ciò determina progressivamente anche la formazione del mondo soggettivo. La sopravvivenza di un individuo dipende non soltanto dalla capacità di adattarsi attraverso la risposta a particolari stimoli o la manifestazione di comportamenti filogeneticamente programmati, ma anche dalla capacità di utilizzare l’esperienza grazie alle varie forme di apprendimento. Sulla base delle predisposizioni innate, ogni soggetto impara quanto l’ambiente gli insegna: in natura tale processo si svolge solitamente in modo graduale, durante l’ontogenesi, attraverso gli insegnamenti dei conspecifici, in particolare della madre e in funzione delle risposte, positive o negative, che l’ambiente fornisce all’emissione di ogni comportamento. Per quanto riguarda i nostri animali domestici, l’ambiente è costituito in ampia misura dall’uomo e dalla sua gestione. Dunque gran parte delle loro possibilità di adattamento dipendono sia dalla capacità di imparare da quest’ultimo sia dalla capacità di quest’ultimo di insegnare agli animali a manifestare i vari comportamenti adeguati all’ambito fisico e sociale in cui gli animali sono inseriti. Il comportamento si sviluppa, durante l’ontogenesi, attraverso una serie di “fasi” che sono strettamente collegate allo sviluppo neuro-sensorio ed alla maturazione individuale, con tempi diversi in relazione alle caratteristiche di ogni specie. Il cane domestico ha, nel proprio repertorio comportamentale, una vasta serie di comportamenti e di segnali tipici e comprensibili dai suoi conspecifici; tali caratteristiche, che si sviluppano secondo tappe ben precise durante le fasi di vita, sono da porre in relazione con la progressione dello sviluppo neuro-sensorio. 53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC Alcuni Autori distinguono inoltre un periodo “prenatale”, importante per lo scambio di informazioni tra madre e feti e per la ripercussione dello stato di stress che essa può sviluppare. Durante la fase neonatale, che comprende le prime due settimane di vita, il cucciolo è ancora immaturo dal punto di vista neurosensorio. La terza settimana di vita rappresenta il cosiddetto periodo di “transizione”, caratterizzato da uno sviluppo rapido sia fisico che nervoso. L’eruzione dei denti inizia nel periodo di transizione ed i cuccioli si mordicchiano tra di loro ed iniziano a giocare maldestramente ed a ringhiare. All’interno delle varie fasi di sviluppo, il “periodo di socializzazione”, che va dalla terza alla dodicesima settimana di vita, riveste particolare importanza dal punto di vista comportamentale. Durante il periodo di socializzazione, il cucciolo diventa capace di distinguere i diversi stimoli ambientali, di rispondervi e di apprendere dall’esperienza. In particolare, l’esplorazione e il gioco sociale divengono attività importanti, soprattutto per ciò che concerne la socializzazione, sia con le persone, sia con i conspecifici. I cuccioli familiarizzano con l’ambiente circostante, con il resto della cucciolata, con la madre e con gli esseri umani. Si formano le gerarchie, si sviluppa il comportamento di evitamento e dall’ottava settimana si notano le reazioni di paura. La socializzazione può poi essere estesa, tramite un processo di generalizzazione, anche ad eterospecifici, che in genere per il cane domestico sono rappresentati da soggetti umani. Cuccioli di cane svezzati e allontanati dal gruppo prima del periodo di socializzazione possono, da adulti, evitare o aggredire gli altri cani o comunque sviluppare comportamenti sociali inappropriati nei confronti di cospecifici; non saranno neppure in grado di giocare e sarà difficile farli accoppiare. Inoltre, un cane che non abbia avuto la possibilità di interagire con gli altri sarà troppo orientato verso le persone. La socializzazione verso gli uomini è altrettanto importante: un cane che ha avuto pochi contatti fino alla quattordicesima settimana di vita difficilmente diverrà un buon animale domestico. Ciò è tipico dei cani allevati in canile, i quali hanno un buon grado di socializzazione con i cospecifici, ma anno esperienze limitate con gli uomini, risultando spesso soggetti timidi e difficilmente educabili. L’analisi del comportamento può indicare la presenza di elementi ambientali stressogeni durante l’ontogenesi, e quindi le successive difficoltà di adattamento a questi collegate. Un processo di sviluppo comportamentale corretto consente al cane di affrontare le varie situazioni ambientali reagendo adeguatamente agli eventuali stressori. Le esperienze vissute dal cucciolo durante il ‘periodo sensibile’ tendono a determinare il tipo di stimoli cui si adatterà e di persone, animali, luoghi cui risulterà attaccato. Quindi particolare attenzione andrebbe prestata all’osservazione del cucciolo durante le sue fasi di sviluppo, sia per identificarne le caratteristiche individuali che per favorire una corretta socializzazione con i conspecifici e con l’uomo ed indirizzarne adeguatamente l’educazione. 53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC Bibliografia consultata Askew H.R., 1996. Treatments of Behaviour Problems in Dog and Cat. A Guide for the Small Animal Veterinarian. Blackwell Sci. Ed. Dehasse J., 1994. Sensory, Emotional and Social Development of the Young Dog Bull, Vet. Clin. Ethol., Vol. 12, 6-29. Endenburg N., Hart H. e Bouw J., 1994. Motives for Acquiring Companion Animals. The J. of Economic Psychology, 15: 191-206. Eibl Eibensfeldt I., 1995. I fondamenti dell’Etologia. Adelphi, Milano. Fox M.W., 1971. Integrative development of brain and behaviour in the dog. Chigago: University of Chicago Press. Fraser A.F., 1985. Ethology of Farm Animals, Elselvier, Amsterdam. Houpt K.A., Wolsky T.R., 1982. Domestic animal behaviour for veterinarians and animal scientists. Ames. IA: Iowa State University Press. Houpt K.A., 2000, Il comportamento degli animali domestici. E.M.S.I., Roma. Kilgour R., 1985. Imprinting in Farm Animals, In: Fraser A.F. (Ed), Ethology of Farm Animals, Elsevier, Amsterdam. Lynch G., Baundry M., 1984. The Biochemistry of Memory: a new and Specific Hypothesis, In: Science, n. 224, 1057-1063. Markwell P.J., Thorne C.J., 1987. 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Attaccamento dell’uomo agli animali da compagnia. In: Quackenbush J. & Voith V.L. (Eds.), Il legame tra l’uomo e l’animale da compagnia. Delfino Editore, Roma. Indirizzo per la corrispondenza: Paola Dall’Ara Professore Associato di Immunologia Veterinaria, Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, Sezione di Microbiologia e Immunologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano, Via Celoria 10, 20133, Milano, Italia Clara Palestrini Ricercatrice presso l’Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano, Via Celoria 10, 20133, Milano, Italia This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee