Rilevanza fiscale delle liberalità indirette nell`attività notarile

CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
Studio n. 135-2011/T
Rilevanza fiscale delle liberalità indirette nell’attività notarile
Approvato dalla Commissione Studi tributari il 1° marzo 2012
Sommario: 1. Il problema; 2. Le liberalità indirette nel diritto tributario; 3. Il panorama normativo; Le
liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione; 4. L'evidenziazione successiva; 5. La mancata
evidenziazione; 6. Incidenza delle liberalità indirette sulle franchigie.
***
1. Il problema
Il tema delle "liberalità indirette" ha assunto maggiore rilevanza nell'attività negoziale dal
2000 in poi (1), motivando rinnovati approfondimenti riguardo alla loro incidenza sulla circolazione
dei beni che ne siano oggetto. Problema, quest'ultimo, che non sembrava aver trovato adeguata
sistemazione e creava allarmi negli operatori del diritto a seguito della nota pronuncia della
Suprema Corte sull’"intestazione di beni a nome altrui"
civilistici
(3)
e giurisprudenziali
(4)
(2)
. Nell'attualità, i rinnovati approcci
(i primi risalenti ad oltre un decennio e quindi ormai
metabolizzati, i secondi a confermarne le autorevoli soluzioni) dovrebbero aver rimosso gran parte
delle riserve degli operatori (5), anche se la prassi, con le sue inerzie, ne conserva memoria e funge
da freno all'evidenziazione del fenomeno liberale indiretto, eminentemente nel campo
immobiliare.
Ne deriva, per quanto riguarda l'attività notarile, che il palesamento segue le due linee della
emersione coeva o successiva all’atto cui si riallaccino, richiedendo di stabilire il regime tributario
cui sottostanno entrambe le evidenziazioni, senza trascurare quello del disvelamento che non
avvenga in forma di esposizione in atti sottoposti a registrazione.
Ove venissero superate le remore cui si faceva cenno, l'evidenziazione delle liberalità
indirette sarebbe di sicuro interesse per la corretta pianificazione delle sistemazioni familiari,
consentendo di evitare i veli che si frappongono ogni qual volta si cerchi di intravederle in quel
"mondo parallelo" degli spostamenti patrimoniali schermati. Vero è che il ricorso alle schermature
è sovente voluto - e non di certo per motivi di carattere tributario - nel qual caso è destinato ad
essere frustrato l'intento del legislatore fiscale di promuovere l'emersione per esigenze di
trasparenza utilizzando la leva della inapplicabilità dell'imposta di donazione.
1
2. Le liberalità indirette nel diritto tributario
Il diritto tributario non fornisce una propria nozione di liberalità non donativa e quindi si
deve utilizzare il criterio enucleato dalla dottrina di settore, secondo cui vi è un principio di
coerenza e di unitarietà dell’ordinamento giuridico, in dipendenza del quale si presume
l’uniformità dei significati degli stessi termini che ricorrano contemporaneamente in una norma
tributaria ed in una norma non tributaria (6).
Nonostante che, nel diritto privato, il codice civile faccia riferimento alla "donazione
indiretta" ed alla "liberalità diversa dalla donazione" senza fornirne la definizione (7), è in questo
specifico campo che l’interprete ha ruolo e strumenti per ricostruirne lineamenti e collocazione
sistematica (8), benché una soluzione condivisa non possa considerarsi raggiunta nemmeno in tale
campo, visto che ancora si discute se ricorra un negozio indiretto, un negozio atipico, un negozio
con clausola speciale, un collegamento negoziale, un negozio configurativo oppure una
(eccezionale) rilevanza dei motivi - bilaterali od unilaterali. In ogni caso, pur nella loro diversità,
tutte le suddette teorie sulla natura giuridica mettono in evidenza che si è in presenza di fenomeni
complessi, come tali da inquadrare tributariamente alla stregua della relativa articolazione degli
effetti, ma evitando, per quanto possibile, la scomposizione della fattispecie globale che, pur nella
complessità, può talvolta risultare dotata di collante sufficiente per una unitaria considerazione.
Riguardo a ciò, l’orientamento giurisprudenziale circa l’individuazione dell’oggetto della liberalità
indiretta (9) è capace di fondare un diretto legame tra oggetto "sostanziale" e criteri di "tassazione"
della liberalità indiretta, ma diventa anche motivo di forte richiamo alle Parti perché esplicitino le
loro valutazioni proprio riguardo all’oggetto sostanziale, tutte le volte che vogliano evitare che lo si
individui nell’immobile quando il donante indiretto intervenga in una "operazione immobiliare".
Il settore d'elezione della materia tributaria che si indaga è senza dubbio quello immobiliare,
anche se l'altro dell’impresa (trasferimenti di aziende o di partecipazioni societarie) non è
marginale, posto che in esso allignano in gran quantità spostamenti patrimoniali capaci di
integrare la donazione indiretta. Si pensi ai conferimenti di cospicui complessi volontariamente
imputati solo parzialmente a capitale e per l’eccedenza a riserve (di cui vadano a beneficiare
indirettamente gli altri soci), alle attribuzioni di partecipazioni non proporzionali ai conferimenti
non giustificate da posizioni strategiche, alle cessioni di azienda senza conteggio del valore di
avviamento, alla c.d. trasformazione di impresa familiare in società mediante conferimento
dell'azienda del titolare e di crediti per collaborazione familiare artificiosamente gonfiati ecc. ecc.,
alcune delle quali fattispecie, non comportando imposizione proporzionale del trasferimento
pongono anche la questione della possibile applicazione congiunta dell’imposta di registro e
2
dell’imposta di donazione. Inoltre, il mondo societario espone una ricchezza di fattispecie
eccedenti quelle segnalate e che vanno dalle cessioni di partecipazioni a valore nominale, agli
ingressi di nuovi soci mediante sottoscrizione di aumenti senza sovrapprezzo, allo scioglimento di
rapporto limitatamente ad un socio la cui liquidazione venga fatta a valore nominale,
all’attribuzione di compensi a favore di amministratori che non svolgano ruolo attivo nella
conduzione della società e cosi via (10). Però, come si vedrà, quando manca un trasferimento di
beni e diritti, manca anche il presupposto per l'applicazione dell'imposta di donazione.
A causa della molteplicità dei modi di attuazione della liberalità indiretta, risulta difficoltosa
non solo la rilevazione sicura del fenomeno (al di fuori dei casi di palese esposizione in atto
dell'intento liberale) ma anche la sua quantificazione in termini di valore, ogni volta che nella sfera
giuridica altrui si verifichi una miscela di effetti economici. Così, se è (abbastanza) agevole
apprezzare l’entità della liberalità indiretta realizzata mediante contratto a favore del terzo
(corrispondendo, normalmente, all’"effetto" deviato), ben diverso è il caso del negotium mixtum
cum donatione
(11)
, che richiede un raffronto tra corrispettivo e valore di mercato per poter
stabilire l'entità dell’attribuzione liberale indiretta (pari all'eccedenza
(12)
). Ancor più intricato
appare il percorso ove si tratti di operazioni societarie o aziendali che veicolino "vantaggi" per
mancata applicazione di sovrapprezzo, mancata o ridotta computazione del valore di avviamento
ecc. ecc.. Tutti casi in cui, ove fossero applicabili sia l'imposta di registro, sia l'imposta di
donazione, occorrerebbe scindere l’operazione "economica".
Una notazione appare opportuna in rapporto a particolari fenomeni che apparirebbero
rappresentativi di attribuzioni liberali "indirette" e sono in effetti individuati come tali da una parte
della dottrina (13). Ci si riferisce al trasferimento informale di somme, privo di matrice solutoria o di
finanziamento, che avviene tutte le volte che venga trasferito denaro (in contanti o a mezzo
intermediari finanziari: bonifico, giroconto ecc., oppure mediante consegna di titoli all'ordine,
quali assegni di conto corrente, assegni circolari, vaglia postali, ecc.). In tutti i casi in cui ciò sia
qualificabile donazione diretta di valore non modico, essa è affetta da nullità per mancanza di
forma solenne (14), la quale nullità non la sottrae per ciò stesso alle regole fiscali della donazione
diretta (15) e, pertanto, la mantiene al di fuori del campo di applicazione dell’imposta sulla liberalità
indiretta.
La questione (della donazione diretta nulla) venne all’attenzione del SECIT
(16)
in tema di
imposta di successione, a proposito di un trasferimento di denaro fatto dal defunto senza atto
solenne e, ricostruito l’atto come donazione nulla, se ne fece derivare la presenza del credito nel
patrimonio del defunto, con sua conseguente ricomprensione nell’asse ereditario (17). L'evoluzione
giurisprudenziale successiva pare mettere da parte una rigorosa lettura civilistica del fenomeno
3
ma, senza entrare, in questa sede, nel merito della condivisibilità dell'affermazione della Suprema
Corte secondo cui sarebbe imponibile anche la donazione nulla per difetto di forma (salvo
comprendere se gli stessi criteri siano considerati applicabili anche in difetto assoluto di
documentazione in forma scritta (18)), non si può escludere l'attuazione di una liberalità indiretta
sulla base di una donazione diretta affetta da nullità (19) per vizio di forma (20), allorché non si faccia
utilizzo dell’azione di ripetizione del bene (ad es. denaro) invalidamente trasferito, al preciso scopo
di beneficiare indirettamente l'oblato; in questo caso, o si assume che muti il momento di
perfezionamento della liberalità indiretta, ritenendo che venga ad esistenza col decorso del
termine prescrizionale (oppure anche anteriormente, ma allorché venga estinto il debito mediante
remissione, cui il debitore non si opponga, essendo compartecipe del disegno), oppure si segue la
tesi secondo cui è da superare l’idea di una (ancorché) implicita rinunzia (i.e. remissione), in
quanto soluzione artificiosa e in contrasto con le intenzioni delle parti, le quali “intendono porre in
essere direttamente un atto gratuito, senza passare attraverso il medio della remissione” (21).
Fatte queste premesse, ci si rappresenta che il Notaio, chiamato a redigere atti cui si
colleghino potenziali od attuali fenomeni di attribuzione liberale indiretta, debba dare risposte in
ordine alle conseguenze tributarie della loro evidenziazione immediata o futura o, all'opposto,
indicazioni su quali possano essere le conseguenze tributarie della mancata evidenziazione, senza
trascurare l'impatto sulla titolarità del bene da parte di donatario indiretto in regime di comunione
legale (22).
Avendo presente la natura giuridica del fenomeno al vaglio (qui ricondotta al collegamento
negoziale od all’accordo configurativo) come bussola da seguire per percorrere i sentieri del diritto
tributario
(23)
, la prima operazione da fare per venire a capo della ricostruzione delle regole
tributarie che lo governano è l'individuazione delle disposizioni di legge che disciplinano
attualmente la materia.
3. Il panorama normativo. Le liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione
Il quadro normativo di riferimento, in materia di imposte indirette sugli affari, è attualmente
dato dal D.L. 262/06 (e relativa legge di conversione (24)) e, per il richiamo che esso contiene, dal
D.lgs. n. 346/90 (d'ora in poi: TUS), il quale ultimo è un riferimento di primaria importanza, pur
scontando il limite della "compatibilità" con la nuova disciplina (su cui si avrà occasione di
ritornare nel prosieguo di questa analisi).
Benché la formulazione dell’attuale disposizione del D.L. 262/06 non metta più al centro
della previsione la liberalità (25) e non menzioni affatto le liberalità indirette (riferendosi, invece, ai
"trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito" ed ai "vincoli di
4
destinazione") non mancano argomenti per continuare a ritenerle imponibili. Ed infatti, il
riferimento al "trasferimento a titolo gratuito" sposta l'attenzione dalla specie "liberalità" al
genere "atto gratuito" (26), così abbracciando potenzialmente ogni forma di liberalità (compresa
quella indiretta) (27), anche se poi viene attenuata la portata della disposizione stabilendosi che la
"tassazione" non debba avvenire secondo un criterio di "generale imponibilità" bensì "secondo le
disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di
cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001,
fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54".
Però, riguardo alla donazione indiretta, bisognerebbe poter individuare un "trasferimento di
beni e diritti" che da essa derivi, per poterne affermare la persistente imponibilità. Ed invece,
proprio per la sua caratteristica di fenomeno "indiretto", l'effetto traslativo (od estintivo, in
quanto fiscalmente equiparato al trasferimento) è strettamente frutto del “negozio-mezzo”,
mentre il “negozio-fine” esplica la sua influenza solamente in termini di colorazione
dell’incremento patrimoniale derivante dal primo. Per tale motivo e quindi per carenza del
presupposto del "trasferimento liberale", si potrebbe addirittura essere indotti ad escludere che
sia effettivamente configurabile una donazione indiretta assoggettabile all'imposta in questione.
In altre parole, poiché l'oggetto mediato (del contratto cui si riallacci la donazione indiretta) deve
la sua vicenda a quello che nella teoria del collegamento negoziale si denomina “negozio-mezzo”,
esso non trova il titolo del trasferimento nel “negozio-fine” e quindi l'evento liberale che si
esamina non dovrebbe mai rilevare come fattispecie imponibile secondo le regole applicabili ai
trasferimenti. Salvo intendere (come pare preferibile) la disciplina summenzionata come
ellitticamente orientata a colpire l'arricchimento veicolato da un trasferimento (28).
Per contro, ogni qual volta la donazione indiretta non discenda da un trasferimento di beni e
diritti, essa resta fuori dalla portata della previsione tributaria in esame e non è assoggettabile
all'imposta di donazione.
Ritornando al combinato disposto di “nuova disciplina” e TUS, le disposizioni di quest'ultimo
riguardanti le liberalità indirette sono gli articoli 1 comma 4-bis, 55 e 56-bis ed il primo punto da
affrontare è stabilire se essi articoli siano "compatibili"
(29)
e quindi siano sopravvissuti
all’istituzione della nuova imposta.
Sulla sopravvivenza degli articoli 1 comma 4-bis e 55 non pare siano sorti dubbi, considerata
la loro agevole armonizzabilità con le nuove disposizioni.
In particolare, il menzionato comma 4-bis nel suo primo periodo ("Ferma restando
l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione")
limitata la portata dell'attuale previsione normativa del DL 262/2006, escludendo dall'imponibilità
5
le donazioni indirette non risultanti da atti soggetti a registrazione (anche se questo precetto deve
essere armonizzato con l'art. 56-bis, secondo quanto si esporrà nel prosieguo).
Invece, nel secondo periodo ("l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre
liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero
il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in
misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto") detta un criterio di delimitazione del
campo di imponibilità che vale per l'intero sistema vigente e concorre a definirne i confini, come
meglio si vedrà.
Piuttosto, è l'art. 56-bis ad aver posto una serie di interrogativi.
Secondo una prima teoria, l'autonomia del suddetto art. 56-bis (commi 1 e 2) rispetto al
restante impianto impositivo, palesata dall'aliquota unica del sette per cento invariabile anche in
presenza di rapporti di parentela stretti, causerebbe uno sfasamento rispetto all’attuale
articolazione delle aliquote (in quanto, in caso di beneficiari estranei, è addirittura più bassa di
quella “ordinaria”, mentre nel sistema della L. 342/2000 doveva costituire una sorta di aliquota
punitiva) tale da far pensare ad una totale incompatibilità ai sensi del comma 50 dell’art. 2 DL
262/06 (come convertito dalla L.286/06), con la conseguenza che detto art. 56-bis potrebbe essere
considerato del tutto fuori gioco (30).
Per una seconda teoria, l’art. 56-bis è da ritenere compatibile con la nuova imposta perché
l’aliquota unica e la franchigia unica integrerebbero un microsistema giustificato dalla specialità
della fattispecie (registrazione volontaria ex art.8 TU Registro o registrazione in seguito ad
“accertamento”- art. 56-bis commi 2 e 1, rispettivamente), come tale indipendente e capace di
coesistere in tutte le sue parti (aliquote comprese) con aliquote e franchigie ordinarie.
Alla stregua di una terza teoria, che pare preferibile, l'art. 56-bis è sopravvissuto alla reistituzione dell'imposta in parola, perché, pur richiedendo un’operazione di armonizzazione con le
nuove disposizioni
(31)
, mostra un notevole grado di compatibilità con l'attuale sistema, nella
misura in cui ne completa le previsioni con la regola che mira ad attuare una pretesa tributaria
vicaria di quella "paralizzata" con la confessione della liberalità (32).
Tale articolo 56-bis (comma 1) stabilisce che le liberalità diverse dalle donazioni e da quelle
risultanti da atti di donazione fatti all'estero a favore di residenti sono accertate e sottoposte ad
imposta se ricorrano entrambe le condizioni seguenti:
− in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di
procedimenti di accertamento di tributi (evidentemente diversi dal tributo sulle donazioni);
− se siano di valore superiore ad una certa soglia.
6
Di conseguenza, le liberalità indirette, anche se risultanti da atto scritto (non soggetto a
registrazione in termine fisso o non soggetto a registrazione: ad es. atto di vendita di veicolo, atto
soggetto ad iva non avente per oggetto immobili, ecc. (33)), se non sono volontariamente registrate
non sono normalmente accertabili. Fanno eccezione (e quindi sono accertabili ed assoggettabili a
registrazione) quelle di importo oltre la soglia di cui sia dichiarata l’esistenza nell’ambito di un
procedimento di accertamento di tributi (il che ricorre, emblematicamente, nel caso di
accertamento induttivo di imposte sul reddito).
Si afferma correntemente che l'esclusione di ogni ulteriore fattispecie è suggerita
dall'encomiabile benevolenza verso i genitori che dotano i figli di corredi patrimoniali
(34)
; può
aggiungersi che l'arretramento della pretesa tributaria è spiegato anche e più convincentemente
dall’impossibilità di individuare in modo univoco - al di fuori del palesamento volontario l'esistenza del gesto liberale e quindi si fonda sull'esigenza di non connotare in modo inutilmente
inquisitorio (35) il sistema tributario in esame.
Una volta tracciati a grandi linee i confini di applicabilità dell’imposta di donazione sulle
liberalità indirette, occorre affrontare il problema del coordinamento tra vecchie e nuove norme,
al fine di stabilire l’entità del prelievo.
Per le fattispecie imponibili ex art. 56-bis comma 1 TUS e cioè quelle registrate d’ufficio in
conseguenza di dichiarazione nel corso di accertamento di altri tributi, l’aliquota da applicare
apparirebbe il 7% per la parte eccedente lire 350 milioni (e cioè l’aliquota massima di imposizione
all’epoca della sua introduzione e con riferimento alla franchigia a quel momento determinata dal
comma 2 dell’art.56 TUS). Ma la disposizione attuale rinvia al D.lgs. 346/90 nei limiti della
"compatibilità", ponendo le premesse per sostenere che aliquota e franchigia precedenti risultino
ormai “incompatibili” e perciò sostituite dai nuovi importi
(36)
(sia pur con tutte le difficoltà di
coordinamento con il precedente sistema “punitivo”, che adottava l’aliquota massima del 7%
anche riguardo alle donazioni indirette intercorse tra soggetti non estranei tra loro).
Avendo presente che le aliquote e le franchigie della “nuova imposta” sono stabilite (del
tutto autonomamente rispetto alle disposizioni del TUS) dall’art.2 DL 262/06 conv. in L.286/06,
con riguardo a tutte le fattispecie imponibili - donazioni, atti gratuiti e vincoli di destinazione
(traslativi) - e senza nessuna eccezione per le liberalità diverse dalla donazione, può sostenersi
l’autosufficienza della nuova disciplina nella determinazione della misura del prelievo e la
prevalenza (per incompatibilità) sulla previsione del TUS anche riguardo alle liberalità indirette (37).
Riguardo alla "registrazione volontaria", il TUS prevedeva un'aliquota ridotta solo fino al
31.12.2001, dovendosi nel prosieguo applicare le "normali aliquote": anche qui, a causa
dell’incompatibilità, prendono vigore le nuove misure e franchigie dell'imposta.
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L’utilizzazione di strumenti negoziali indiretti per realizzare la liberalità pone, poi, il problema
della cumulabilità delle imposte indirette di registro/IVA con quella sulle donazioni.
Ipotizzando l'impiego di atti documentati per iscritto, si deve considerare che quello
impiegato per il fine ulteriore (il “negozio-mezzo”) è comunque un atto soggetto a registrazione
diverso dalla donazione e quindi assoggettato all'imposta indiretta sugli affari (registro o iva) e, per
il sistema dell'applicazione dell'imposta di registro sul corrispettivo o, se maggiore, sul valore, la
materia tassabile nell'entità corrispondente al "valore di mercato" rileva (normalmente, salve
eccezioni (38)) già in sede di registrazione con imposta di registro proporzionale, mentre solo in
ambito IVA non si prospetta la costante della valutazione di congruità (da parte del Fisco) sulla
base del raffronto con i valori di mercato.
Il legislatore, mentre ha posto una regola di alternatività tra imposta di donazione e imposta
di registro nell'articolo 25 TU Registro, ha dovuto affrontare un diverso problema nella materia al
vaglio (e cioè quello della doppia rilevanza che una fattispecie possa avere quando concorrano
l’atto soggetto all’imposta di registro e l’effetto ulteriore) ed ha fatto una precisa scelta inserendo
il ricordato comma 4-bis, così temperando le possibili sovrapposizioni di imposte. Lo ha fatto,
però, con riguardo alla duplicazione di imposte proporzionali e limitatamente ai settori specificati
(immobiliare ed aziendale), stabilendo che l'elisione si verifichi, a danno dell'imposta di donazione,
solamente quando l'atto (il "negozio-mezzo") sia inciso con imposta di registro proporzionale o
con imposta IVA.
Nonostante si affermi correntemente che da tale disposizione possa ricavarsi la conferma
dell’esistenza di un’alternatività (con l'imposta di registro, come accade per l'iva ex art. 40 TU
Registro) anche per le donazioni indirette, deve ritenersi che, venendo meno l'imposta
proporzionale (od anche in presenza di atti soggetti ad imposta proporzionale ma diversi da quelli
indicati nel menzionato comma 4-bis), quell’alternatività non vi sia affatto
(39)
e che, invece,
sussista proprio un’area di cumulabilità delle due tipologie di imposte tutte le volte che, nel
perimetro disegnato dalle disposizioni esaminate, la capacità contributiva diventi “indice” anche
per il prelievo correlato al risultato ulteriore (conseguito con il "negozio-fine") (40).
Poiché la registrazione comporta l’applicazione dell’imposta in base alle risultanze dell’atto
(come recita l’art. 1 comma 4-bis D.lgs. 346/90, l’imposta è applicabile … alle liberalità indirette
risultanti da atti soggetti a registrazione), senza possibilità di attingere a dati extratestuali
(41)
,
l’atto “mobiliare” e l'atto immobiliare non soggetto all’iva od all’imposta di registro proporzionale,
da cui non risultino liberalità indirette, non determinano l’applicazione dell’imposta di donazione,
mentre quelli in cui tale liberalità risulti sono incisi anche da quest’ultima imposta.
8
A causa dell'apposita previsione contenuta nel menzionato comma 4-bis, la "risultanza" della
liberalità indiretta non richiede particolari requisiti e - nonostante il rinvio al TU Registro che il TUS
fa all'art. 55 - non si applica pedissequamente la regola dell’enunciazione dell’imposta di registro.
Se valesse in toto la regola dell'enunciazione (42), l’applicabilità dell’imposta (di donazione) all’atto
enunciato (negozio-fine) sarebbe condizionata al fatto che l’atto (“negozio-mezzo”) contenente
l’enunciazione intercorra tra le stesse parti, per cui la dichiarazione resa da Tizio, compratore di
beni mobili, circa la provenienza del denaro come pervenutogli da liberalità diversa dalla
donazione fattagli da Caio (ad esempio, prestito e remissione del debito per liberalità),
comporterebbe assoggettamento all’imposta solo allorché all’atto partecipi anche Caio. Farebbe
eccezione a questa regola solamente il caso dell’accertamento ex art.56-bis TUS, reso sempre
possibile in base alla dichiarazione dell’interessato solo perché concepito come una sorta di
contropartita alla paralizzazione dell’accertamento degli altri tributi (e perciò eccezionalmente
conformato in deroga alle regole generali).
Considerata la specifica disposizione contenuta nel TUS - che è evidentemente ulteriore
rispetto a quella del TU Registro - si deve ritenere che essa copra tutto il campo delle "risultanze" e
non consenta sovrapposizioni con altre analoghe discipline, mettendo fuori gioco le regole del TU
Registro.
In definitiva, risultano imponibili le donazioni indirette risultanti da atti di trasferimento non
aventi per oggetto immobili ed aziende (ad esempio: atti di cessione di partecipazioni sociali),
oppure emergenti da trasferimenti immobiliari e di aziende soggetti a registrazione in esenzione
da imposta di registro o con applicazione di imposta fissa (non assoggettati ad iva): trasferimenti
con le agevolazioni per l’agricoltura (per la proprietà contadina, per il compendio unico, per i
territori montani ex art.9 D.P.R. 601/’73), con le agevolazioni per piani di recupero ad iniziativa
pubblica o ad iniziativa privata purché convenzionati, conferimenti di aziende o rami d’azienda,
trasferimenti ex art. 32 D.P.R. 601/'73, ecc.
Quanto ai trasferimenti di immobili strumentali in ambito IVA, i quali avvengano nelle
situazioni che ne comportino l'esenzione da detta imposta ai sensi dell'art. 10 n.8-ter D.P.R.
633/72, essi si collocano tra gli atti soggetti ad IVA, benché esenti, anche se ad essi non si "applica"
quest'ultima imposta e scontano l'imposta fissa di registro. Poiché l'art. 1 comma 4-bis TUS esenta
dall'imposta di donazione le liberalità indirette qualora per l'atto collegato sia prevista
l’applicazione dell'IVA, si deve stabilire se per "applicazione" debba intendersi l'effettivo
assoggettamento ad imposta o la mera ricomprensione negli atti "soggetti ad iva" (dal momento
che, in quanto soggetti ad imposta di registro fissa, ove dovessero essere considerati come atti per
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i quali non sia applicabile l'imposta iva, risulterebbero imponibili con imposta di donazione, ove
risultasse la liberalità indiretta).
Considerata l'epoca della formulazione dell’art. 1 comma 4-bis e la pacifica qualificazione
degli atti in esame come soggetti ad iva (anche in ordine all'alternatività iva/registro), si deve
intendere "applicazione" come "assoggettamento ad iva". Ne deriva che, in presenza del requisito
soggettivo stabilito dal D.P.R. 633/72, la cessione di bene strumentale rientra nel campo di
applicazione dell'art. 1 comma 4-bis TUS anche quando l’operazione sia esente da IVA (43).
Bisogna chiedersi, ora, se l'imponibilità, nelle menzionate ipotesi di "non assoggettamento
ad imposta di registro proporzionale", venga meno in caso di decadenza dalle relative
agevolazioni, oppure se l'imponibilità permanga anche ove l'atto, originariamente soggetto ad
imposta fissa od esente da imposta, si riveli successivamente assoggettato ad imposta
proporzionale - a causa di decadenza o scoperta di carenza originaria di presupposti per
l'applicazione del trattamento di favore.
Considerato che il rapporto tributario, anche ove si applichi un’agevolazione, è unico e che
l’assoggettamento all’imposta, in caso di decadenza, è pur sempre legato all'originario
presupposto d'imposta (44) (e cioè discende dal trasferimento) costituendone una mera evoluzione,
la eventuale permanenza dell’imponibilità della donazione indiretta pur dopo la decadenza
determinerebbe una asistematica duplicazione di prelievo proporzionale (salvo considerare che
questa duplicazione non si verificherebbe allorché la donazione indiretta risulti al di sotto della
franchigia e di fatto non imponibile).
Quindi, tenuto conto dell'unitarietà del presupposto d'imposta, si deve ritenere che la
decadenza dal trattamento di favore comporti la retroattiva eliminazione della imponibilità ai fini
dell’imposta di donazione, con conseguente diritto al rimborso di tale imposta già pagata.
4. L'evidenziazione successiva
A parte il caso dell’accertamento ex art. 56-bis TUS, ci si chiede se una evidenziazione
successiva con apposito atto e così la registrazione volontaria, seguano la stessa regola di
"intassabilità" stabilita per le liberalità "risultanti da atti soggetti ad iva o ad imposta di registro
proporzionale".
La risposta deve ritenersi positiva per l'una e per l'altra ipotesi.
Infatti, l'evidenziazione con apposito atto - con il quale una od entrambe le parti del
rapporto dichiarino l'esistenza della donazione indiretta collegata ad un precedente atto soggetto
ad iva o ad imposta di registro proporzionale - rispetta i requisiti fissati dalla legge per la non
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imponibilità, in quanto la rende risultante da un atto soggetto a registrazione e la collega al
trasferimento inciso dalle menzionate imposte (45).
Lo stesso si deve affermare per la registrazione volontaria, altrimenti si creerebbero due regimi
diversi a seconda che la liberalità indiretta risulti da un atto o da mera dichiarazione resa per la
registrazione. In tal senso, e lo si vedrà nel paragrafo che segue, anche il regime tributario previsto
dall'art. 56-bis TUS, ultimo comma, deve intendersi riferibile solamente alle donazioni indirette per
le quali non valga la regola di inapplicabilità dell'imposta ai sensi dell'art. 1 comma 4-bis TUS (46).
Pur asserendo che il regime tributario sia invariabile, nel senso indicato, è da prospettare
come si ottenga l'esclusione della liberalità indiretta in itinere, ovvero quando la complessa
operazione sia realizzata mediante una donazione diretta del denaro con l'intesa (tra donante e
donatario) che quel denaro debba essere impiegato per un determinato acquisto di beni, sia che
l'intesa si traduca in un onere, sia che si contenga nei limiti di una mera programmazione esterna
all'atto pubblico donativo.
E’ evidente che se si guardasse l'atto avente ad oggetto il denaro quale (mera) donazione
diretta e non si considerasse il fine ulteriore, questo rimarrebbe del tutto esterno e non inciderebbe
sul regime della donazione (diretta). Ma l'art. 1 comma 4-bis guarda anche a quel più complesso
fenomeno dell'intestazione a nome altrui
(47)
attuata con la scissione dell'operazione nel senso
indicato: infatti l'imposta (di donazione) non si applica anche "nei casi di donazioni ..... collegate ad
atti concernenti il trasferimento...." ed abbraccia, all'evidenza, pure la donazione che preceda l'atto
di trasferimento o di costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende (a meno di
ritenere, non condivisibilmente, che, per ottenere la neutralità fiscale, la donazione del denaro
debba sempre seguire l'acquisto, ipoteticamente fatto dilazionando il pagamento).
Considerando che nulla depone per la limitazione della neutralità fiscale alla sola donazione
che segua l'acquisto, si può aderire alla soluzione proposta dalla dottrina
(48)
, secondo cui la
donazione di denaro anteriore all’investimento - per la quale si renda astrattamente applicabile
l'imposta di donazione, come si verifica per la donazione tra estranei oppure tra parenti ed affini
ma ultra franchigia - è registrabile in provvisoria esenzione da imposta a causa del collegamento
(esposto in atto) con l'acquisto da perfezionare, salvo recupero dell'imposta dovuta ove l'acquisto
non sia fatto nel termine individuabile in quello di decadenza dall'azione del Fisco.
5. La mancata evidenziazione
Vediamo, infine, quale sia il regime della donazione indiretta allorché essa non "risulti" da
atti soggetti a registrazione, pur essendo collegata ad un trasferimento che la renda non
imponibile con l'imposta di donazione.
11
Ci si riferisce all'ipotesi contemplata dall'art. 56-bis TUS, più volte richiamata.
Se si ritenesse che detto art. 56-bis sia sganciato dalla previsione dell'art. 1 comma 4-bis TUS
e consenta di "accertare" e "tassare" ogni donazione indiretta confessata in occasione
dell’accertamento di altri tributi, si consentirebbe al fisco di utilizzare l'accertamento sintetico
come espediente per accertarla surrettiziamente, aggirando i limiti posti dall'art. 1 TUS (49).
In realtà, la combinazione risultante dall'art. 1 (comma 4-bis compreso) e dall'art. 56-bis TUS
esprime un campo di applicazione dell'imposta di donazione più ampio di quanto appaia dalla
lettura del solo art. 1. Più esattamente, è stato notato che, benché le norme procedimentali non
siano normalmente idonee alla definizione del presupposto d’imposta (50), i “limiti non forzabili” di
applicazione dell’imposta possono impedire che il disegno seguito nella formulazione del
presupposto trovi completa attuazione
(51)
, così incidendo sulla stessa delimitazione della
fattispecie imponibile. Però, la seconda parte del comma 4-bis citato concorre proprio a delimitare
detto campo, mediante un’esclusione dall'imposta sia delle donazioni dirette, sia di quelle
indirette, in forza del collegamento a quelle specifiche categorie di atti di trasferimento
immobiliare ed aziendale e così disegna uno dei tratti fisionomici dell’intero sistema.
Contro questa conclusione - che rispetta il criterio sistematico - potrebbe ritenersi militare la
natura latamente sanzionatoria, da più parti rinvenuta nelle disposizioni portate dall'art. 56-bis
TUS e quindi, a seguire detto pensiero, la misura compensativa (della paralizzazione
dell'accertamento induttivo, nei termini sopra riferiti) contrasterebbe con l'applicazione del
menzionato comma 4-bis.
Ma, se si seguisse tale linea, si creerebbero inaccettabili diversità di regime per fattispecie
uguali, sia pur (semplicemente) evidenziate in circostanze dissimili.
In conclusione, non si può aderire all’opinione secondo cui l'art. 56-bis sarebbe scollegato
dall'art. 1 comma 4-bis (in quanto quest'ultima disposizione, nello stabilire l’inapplicabilità
dell’imposta di donazione, menziona solamente le liberalità risultanti da atti soggetti a
registrazione) e bisogna, invece, ribadire che concorre alla delimitazione degli atti imponibili anche
la cennata esclusione portata dal comma 4-bis, che incide su tutte le regole di applicazione
dell'imposta, compresa quella espressa dall'art. 56-bis (52).
6. Incidenza delle liberalità indirette sulle franchigie
Una volta che la liberalità indiretta sia emersa, in uno qualunque dei modi sopra indicati,
essa incide sulle donazioni successive, a causa delle c.d. franchigie e della norma contenuta
nell’art. 57 TUS, estesa alla liberalità indirette dall’art. 58 comma 5. Di conseguenza, nell’atto che
12
la veicoli occorre rispettare le menzionate regole e dichiarare le donazioni anteriori, alla stregua
del citato art. 57, allorché essa risulti imponibile.
Per contro, tale liberalità non assume rilevanza per le donazioni posteriori quando sia
"esclusa" da imposta ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis TUS (53).
Giampiero Petteruti
_____________________
1) Per effetto della legge n.342 del 2000 e, successivamente, delle regole di tracciabilità dei pagamenti portate
dal D.L. n.223 del 2006.
2) Cassazione civile sez. un. 5 agosto 1992 n. 9282, in Foro it. 1993, I,1544 (nota di DE LORENZO); Vita Not. 1993,
3)
4)
5)
p. 261; Riv. Not. 1993, p. 144; Resp. civ. e prev. 1993, p. 283 (nota di BASINI), Nuova Giur.Civ. Comm., 1993, I,
p. 373 (nota di REGINE); Rass. dir. civ. 1994, 613 (nota di CESARO); Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9; Giust. civ.
1992, I, 2991(nota); Il civilista, 2009, 11 (nota di VECCHIO).
MENGONI, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, 4 aed., Milano 2000, p. 43 ss; CARNEVALI,
Sull' azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, in Studi in onore di L.
Mengoni , I, Milano, 1995, p. 133; MATARESE, Azione di riduzione di liberalità atipica, in Giust. Civ. 2011, 5,
1287 ss; SCUDERI, Donazione indiretta e lesione di legittima: rimedi esperibili e procedure azionabili a tutela
dei legittimari lesi, in Riv.Not. 2011, fasc. 1; AMADIO, Gli acquisti dal beneficiario di liberalità non donative,
Studio n. 17-2009/C della Commissione studi civilistici del Cons. Naz. Notariato; idem, in Riv.Not. 2009 pag.
819 e ss; MAGLIULO, La dichiarazione di nomina di terzo tra preliminare e definitivo immobiliare, Atti del
convegno della Fondazione del Notariato tenuto a Napoli il 13.10.2007, p. 53; AMADIO, La nozione di
liberalità non donativa nel codice civile, Atti del convegno della Fondazione del Notariato cit., p. 10 e ss..
Cassazione 12 maggio 2010, n. 11496, sez. I civile: "Nell'ipotesi di donazione indiretta di un immobile,
realizzata mediante l'acquisto del bene con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto,
che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce lo strumento
formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario, che
ha quindi ad oggetto il bene e non già il denaro. Tuttavia, alla riduzione di siffatta liberalità indiretta non si
applica il principio della quota legittima in natura (connaturata all'azione nell'ipotesi di donazione ordinaria di
immobile ex art. 560 cod. civ.), poiché l'azione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e
l'acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell'imputazione; pertanto mancando il
meccanismo di recupero reale della titolarità del bene, il valore dell'investimento finanziato con la donazione
indiretta dev'essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito, con la
conseguenza che, nell'ipotesi di fallimento del beneficiario, la domanda è sottoposta al rito concorsuale
dell'accertamento del passivo ex artt. 52 e 93 della legge fall."
Emergenti anche nello Studio tributario n. 168/2006/T, FRIEDMANN-GHINASSI- MASTROIACOVOPISCHETOLA, Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni, in CNN Notizie del
9.1.2007. Va segnalato che talune resistenze alla evidenziazione hanno radice, anche alla luce delle moderne
teorie , nelle soluzioni adottate in tema di funzionamento dell'azione di riduzione delle donazioni indirette
attuate mediante il contratto a favore di terzo. Si ricorda che è stato merito di un Autore (CARNEVALI,
Sull’azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, cit.) aver sollevato il
dibattito sul differente modo di operare dell’azione di riduzione rispetto alle donazioni indirette, per le quali
non vale il normale sistema dell’impugnativa negoziale, che rende inopponibile al legittimario l’atto lesivo e
gli consente si considerare il bene come ancora presente nel patrimonio del de cuius. Però, a fronte dell’
ipotesi di tale Autore che l’azione di riduzione nei riguardi di tali fenomeni sia co-estensiva all’effetto di
retrocessione del bene dal donatario indiretto al legittimario, è stato osservato che in tutti i casi in cui il
funzionamento dell’impugnativa negoziale non è in grado di far “rientrare” gli oggetti nel patrimonio
ereditario, la pretesa del bene in natura appare priva di fondamento positivo (MENGONI, cit., pag. 256). Ergo,
tutte le volte che esso bene non sia uscito dal patrimonio del donante indiretto, la dinamica della riduzione
non è in grado di farne apprendere la titolarità al legittimario. Quindi, l’intera problematica ruota al diverso
funzionamento dell’azione di riduzione nei confronti delle varie tipologie di donazione indiretta e, per quanto
qui interessa segnalare, il rischio per l’avente causa da donatario indiretto ritorna elevato solamente allorché
il congegno utilizzato per la riduzione consenta un’operazione di ortopedia giuridica che elimini
l’indirizzamento dell’effetto verso il beneficiario indiretto. Al contrario, ove l’effetto di inopponibilità non sia
in grado di far considerare il bene come mai uscito dal patrimonio del donante indiretto, l’intera impugnativa
si risolve nell’ottenimento di un titolo di credito verso il donatario, senza coinvolgimento del suo avente
13
6)
7)
8)
causa. Il caso di particolare interesse, in tal senso, è quello del contratto a favore di terzo utilizzato per fini
liberali: secondo il Mengoni, la conseguenza dell’azione di riduzione è l’inopponibilità al legittimario della
clausola a favore del terzo, con la conseguenza che l’effetto si debba considerare prodotto nella sfera dello
stipulante-donante indiretto allo stesso modo della revoca della stipulazione (art. 1411 secondo e terzo
comma) e quindi il legittimario, all’esito vittorioso dell’azione di riduzione, potrebbe divenire avente causa
del donante indiretto-stipulante considerato acquirente (salvo che la stipulazione sia fatta ai sensi dell'art.
1411 ultimo comma, in modo che la prestazione non possa, per volontà delle parti, rimanere a beneficio dello
stipulante). La pratica espone anche casi che non paiono creare il "pericolo" ipotizzato dal Mengoni. Infatti, a
soluzioni diverse da quella di chirurgia negoziale, diretta ad “amputare” l'effetto a favore del terzo, pare
doversi giungere qualora al contratto intervenga uno stipulante che agisca per conto altrui, senza
rappresentanza: Tizio, utilizzando denaro datogli da Caio al preciso scopo di comprare un immobile da
Sempronio per farlo ottenere a Filano, stipula la compravendita a favore di terzo deviando l'acquisto a favore
di Filano. Di fronte tale intreccio di soggetti ed effetti, l'azione di riduzione da parte del legittimario di Caio
(donante indiretto di Filano) non sarebbe capace di far considerare il bene come acquistato da Caio, causa
sua estraneità al contratto a favore di terzo, pur ricorrendo una "intestazione di bene" a Filano voluta ed
attuata da Caio.
FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Padova, 1995, pag. 170; BERLIRI, Principi di diritto tributario, Milano,
1952, p. 70; OPPO, Categorie commercialistiche e riforma tributaria, in Riforma tributaria e diritto
commerciale, Milano, 1978, p. 9; MONTELEONE, Il nodo delle liberalità indirette, in L'imposta sulle successioni
e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001, p. 332.
In base a scelta consapevole emergente dalla relazione preliminare (Relazione al codice, n. 385): così
CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano 2002, pag. 864.
Il codice civile utilizza la locuzione "donazione indiretta" nell'art.737 e ne detta il rimanente regime nell'art.
809 in riferimento alle liberalità diverse dalla donazione. Sul tema della donazione indiretta i principali
contributi si trovano in CASULLI, voce Donazione (dir. civ.) in Enc. Dir., Milano, 1964, p. 987; BIONDI, Le
donazioni, in Trattato Vassalli, Torino, 1961, p. 118 e ss; TORRENTE, La donazione, in Trattato di diritto civile e
commerciale diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1956; BALBI, La donazione, in Tratt. Dir. Civ. Grosso-Santoro
Passarelli, Milano, 1964; CATAUDELLA, La donazione, in Tratt. Bessone, Torino, 2005; CAREDDA, Le liberalità
diverse dalla donazione, Torino, 1996; PALAZZO, Le donazioni, in Codice Civile Commentario diretto da
Schlesinger, Artt. 769-809, Milano, 2000; PALAZZO, Donazioni indirette, in Trattato di diritto delle successioni
e donazioni, diretto da Bonilini, Milano, 2009; PALAZZO, Atti gratuiti e donazioni, in Trattato di diritto civile,
diretto da Sacco, Torino, 2000; PALAZZO, Le donazioni indirette, in La donazione, tomo II, Trattato diretto da
Bonilini, Torino, 2001; SCALFI, Negozio indiretto, in Enc. Giuridica, Vol. XX, pag. 7 della voce, Roma, 1990;
CAREDDA, Donazioni indirette, in “I contratti gratuiti" a cura di A. Palazzo e S. Mazzarese, Torino, 2008;
ALCARO, Le donazioni indirette, in Vita notarile n. 3, sett. dic. 2001, pag. 1059 e segg.. Sulla natura giuridica
della donazione indiretta sono state espresse varie teorie, secondo le quali si tratterebbe di negozio indiretto
(connotato da divergenza tra risultato economico e configurazione; per il negozio indiretto, cfr. AURICCHIO,
voce Negozio indiretto, in Noviss. Dig. It., XI, Torino, 1965, p. 220 e ss; ampie citazioni in PALAZZO, Gratuità
strumentale e donazioni indirette, in Le Donazioni, Trattato di diritto delle successioni e donazioni, a cura di
BONILINI, Milano, 2009, p. 81 nt.6) oppure di negozio atipico (connotato dalla diversità di risultato rispetto al
negozio di riferimento e quindi integrante un negozio atipico; teoria che non pare discostarsi da quella del
negozio indiretto, nella misura in cui ascrive alle clausole pattizie il fondamento dell'effetto "diverso" da
quello "ordinario"), di negozio unico con clausola speciale (clausola che servirebbe a determinare la
modificazione del negozio rispetto al paradigma ordinario) oppure di fenomeno di collegamento negoziale
(TORRENTE, La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1956,
pag.21 e ss e ora nella seconda edizione a cura di CARNEVALI e MORA, Milano, 2006, pag. 41). Altra dottrina
valorizza i motivi per qualificare un atto quale donazione indiretta, ritenendo che la loro rilevanza sia data
dalla valutazione tipica del legislatore (art. 809 c.c., letto come previsione di eccezionale rilevanza dei motivi),
salvo distinguere tra chi ritiene che occorra la "condivisione" in presenza di atto di provenienza bilaterale
(CATAUDELLA, La donazione, in Tratt. Bessone, Torino, 2005, pag. 57) e chi considera sufficiente la
conoscibilità, da parte del beneficiato, dell'intento liberale del beneficiante (D'ETTORE, Intento di liberalità e
attribuzione patrimoniale, Padova, 1996, pp. 114 e segg. e p. 170). Alla mera ricorrenza dei motivi, e cioè alla
funzione soggettiva (GALGANO, Il negozio giuridico, in Tratt. Dir. Civ. e Comm. Cicu-Messineo-Mengoni,
Milano, 1988, p. 89) pare doversi ricondurre l'opinione che considera sufficiente l' intento del solo
disponente per integrare la donazione indiretta, mentre chi richiede la condivisione dei motivi non sembra
discostarsi significativamente dalla teoria del collegamento tra negozio-mezzo e negozio-fine, analogamente
a chi ipotizza un negozio configurativo tra gli interessati, diretto a colmare quel divario (Sulle liberalità non
negoziali ed il negozio configurativo cfr. CAREDDA, Donazioni indirette, in “I contratti gratuiti" a cura di A.
Palazzo e S. Mazzarese, Torino, 2008, pag. 220 e segg.; AMADIO, la nozione di liberalità non donativa nel
codice, in I Quaderni della Fondazione del Notariato, Liberalità non donative e attività notarile, Milano, n.
14
1/2008, pag. 20). Per l'utilizzo del negozio configurativo nella materia che si esamina e quindi al di fuori del
contesto dell’autonomia privata procedimentale (Salv. ROMANO, Introduzione allo studio del procedimento
giuridico nel diritto privato, Milano, 1961) in cui è stato ideato, v. GATT, La liberalità, I, Torino, 2002, pag. 139
e seg. e pag. 142, nota 158; BIONDI, Le donazioni, in Trattato diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli,
Torino, 1961, pag. 1010. La riconduzione alla liberalità di una attribuzione o di un'acquisizione oppure di un
incremento patrimoniale, che pur abbia altre fonti ed altre origini, mediante un accordo "configurativo",
comporta uno sfasamento convenzionale della produzione dell'effetto, mediante il quale esso effetto
verrebbe riferito ad un certo negozio, pur avendo oggettivamente titolo diverso e non necessariamente
negoziale. Nel senso della sufficienza del motivo in capo al disponente paiono orientate le opinioni che
ammettono la ricorrenza di donazione indiretta nelle rinunzie pure e semplici. Per chi segua la (pur risalente)
tesi del collegamento negoziale (v. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p. 865), è agevole
distinguere "effetti riflessi" voluti da entrambe le parti ed "effetti riflessi" il cui verificarsi sia apprezzato come
estraneo all’economia dell’operazione o sia voluto da una sola delle parti. Di conseguenza, almeno nel suo
profilo astratto, il fenomeno appare di chiara lettura: deve (normalmente) ricorrere un negozio-mezzo, il cui
effetto tipico è utilizzato per conseguire il risultato ulteriore dell’arricchimento del beneficiario; tale risultato
ulteriore trova fondamento e qualificazione nell’accordo (negozio accessorio o negozio-fine, collegato al
primo) tra disponente e beneficiario. Anche nel caso dell' effetto ulteriore collegato ad inattività od a atti non
negoziali (come nella mancata interruzione della prescrizione, nella seminagione ecc.), la figura del negoziofine può fornire il suo aiuto ricostruttivo, consentendo di cogliere come si possa piegare l'attività o l'inattività
al risultato ulteriore concordato. Circa il profilo formale, il negozio-mezzo conserva il suo regime, mentre il
negozio-fine è sottratto alle regole formali del negozio-mezzo, pur essendo sottoposto a quelle materiali
applicabili in relazione allo scopo conseguito. Passando dal profilo astratto a quello concreto, può risultare
sfuggente la volizione bilaterale diretta a colmare il divario tra mezzo e fine ulteriore, per cui possono
accettarsi taluni correttivi, imperniati su dati sociali di esperienza e quindi su indici rivelatori di
consapevolezza e di assenso. Ci si sposta, in tal modo, dalla prova documentale data dall’evidenziazione
nell’atto agli indici di ricorrenza del negozio collegato, notando, come fa la dottrina, che non occorre una
consacrazione documentale dell’ accordo diretto a colmare il divario tra il negozio-mezzo ed il risultato
ulteriore voluto in termini di arricchimento del beneficiario poiché, ad integrarlo, basta il tacito consenso a
ricevere il bene o il diritto trasmesso o l’effetto indiretto favorevole (CARNEVALI e MORA, in TORRENTE, La
donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu, Messineo e Mengoni e continuato da
Schlesinger, 2a edizione, Milano, 2006, pag. 41). Per tale via, si armonizzano le due esigenze di affidare, da un
lato, ad una struttura di semplice individuazione il compito di veicolare il fenomeno e, dall'altro, di non
renderne diabolica la prova della ricorrenza. La giurisprudenza più recente, pur accogliendo in alcune
occasioni, in modo puntuale, la menzionata teoria del collegamento negoziale (Trib.Torino,sez. II 15 luglio
2004, in Giur. merito 2005, 1, 58), non pare ispirarvisi in modo rigoroso. Piuttosto, di fronte a fenomeni
frequenti nell' ambito delle metodiche di attuazione della donazione indiretta, utilizza la figura del
collegamento per individuare l' oggetto dell'attribuzione liberale indiretta: si tratta, però, di quel diverso
collegamento tra messa a disposizione di una somma ed acquisto di un bene immobile che è (ormai
costantemente) utilizzato per dedurne la donazione indiretta dell'immobile stesso (Cassazione civile sez. I, 12
maggio 2010 n. 11496; Cassazione civile sez. un.5 agosto 1992 n. 9282). Ritornando ancora alla teoria del
collegamento negoziale, essa consente di valorizzare il coinvolgimento del beneficiario, impedendo che si
possa ipotizzare l’ invadenza della sua sfera patrimoniale quando sia inconsapevole del “gesto”, o addirittura
contro la sua volontà. E' agevole valutare quanto siano importanti questi due aspetti: prima di tutto va notato
come nell’alveo del collegamento negoziale non trovi albergo l’ individuazione (della donazione indiretta)
mediante la mera misurazione dell’arricchimento del c.d. beneficiario, fenomeno che assume rilevanza solo
se lo si commisuri isolatamente, mentre può venir meno qualora si cerchi la giustificazione causale anche
remota o futura. Di converso, solo calandosi in quell’alveo (del collegamento) può evitarsi l’errore di asserire,
ad esempio, che la rinunzia ad un diritto reale di godimento, determinando un beneficio per il proprietario,
costituisca donazione indiretta tutte le volte che l’impulso del rinunziante non sia egoistico ma
altruisticamente rivolto al proprietario. Ma che quella impostazione non sia plausibile è messo in evidenza in
primo luogo dal già segnalato inconveniente di trascurare la posizione del “beneficiario”, che può avere
addirittura interesse contrario a divenire donatario indiretto. Ed a fronte della contrattualità della donazione
diretta, quella siffatta farebbe a meno del consenso del donatario indiretto, che non potrebbe nemmeno
opporsi, né potrebbe rifiutare successivamente per rimuovere l’effetto indiretto favorevole (Cfr. PALAZZO, La
donazione cosiddetta liberatoria, in La donazione, Trattato Bonilini, Torino, 2001, pag. 678). Considerata
l’impermeabilità della sfera patrimoniale agli effetti sfavorevoli e la sua permeabilità a quelli favorevoli, sul
modello del contratto a formazione unilaterale ex art.1333 c.c., bisogna però individuare se esistano quelli
sfavorevoli, prima di asserire che il concorso del donatario indiretto sia indispensabile. A tal proposito,
vengono innanzi tutto in rilievo le conseguenze in materia di obbligazione alimentare: è noto come, a
dispetto dell’elencazione contenuta nell’art.433 c.c., il primo soggetto nella gerarchia di quelli tenuti agli
15
9)
10)
11)
alimenti in favore di una certa persona, è il suo donatario, ai sensi dell’art. 437 c.c., sia pur nei limiti della
donazione tuttora esistente nel suo patrimonio. Ebbene, la dottrina maggioritaria ritiene che per "donatario"
debba intendersi anche il “donatario indiretto” (PROVERA, Degli alimenti, in Commentario Scialoja e Branca,
Bologna-Roma, 1972, p.69; QUARGNOLO, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di Zaccaria,
Padova, 2008, sub art.437 c.c.; TAMBURRINO, Le persone fisiche, Torino, 1990, pag. 470; SALA, Gli alimenti, in
Il diritto di famiglia – II. Il regime patrimoniale della famiglia, Trattato Bonilini-Cattaneo, Torino, 1997, pag.
541; ARGIROFFI, Degli alimenti, in Il Codice Civile - Commentario, diretto da Schlesinger-Busnelli, Milano,
2009, p. 47; CARNEVALI, Voce Donazione, I, in Enc. Giuridica, vol. XII, § 9.1, p.9, Roma, s.d.). E se è doveroso
segnalare che altra dottrina (BIANCA, Diritto Civile, 2, La famiglia, le successioni, Milano, 1985, pag.358, nota
11; DOGLIOTTI, Gli Alimenti, in Trattato Bessone, Torino, 1999, pag. 526), considerando eccezionale l’obbligo
di solidarietà al di fuori della famiglia e ritenendo di stretta interpretazione la regola dell’art. 437 c.c., ne
limita la portata al donatario diretto, anche la poca giurisprudenza reperita si esprime per l’estensione
dell’obbligo alimentare al donatario indiretto (cfr. Trib. Di Torino 15.7.2004 - Giur. Merito, 2005, 1, 58 in
http://www.ricercagiuridica.com o in www.giurisprudenza.piemonte.it. In tema di conflitto di interessi tra
genitori e figli per l’ accettazione di donazione, in rapporto all’art.433 c.c., v. Trib. Roma 30.6.1986, in Riv.
notariato 1986, p. 961). Pure le conseguenze in tema di collazione e di riduzione, seppur non schiettamente
sfavorevoli, determinano una significativa influenza sulla sfera del beneficiario. Se tutto quanto sopra è
corretto, la donazione indiretta in odio al beneficiario o contro la sua volontà è da ritenere inammissibile,
mentre deve affermarsi la necessità del consenso del beneficiario medesimo, sia pur nella forma tacita (ma
consapevole). La dottrina e la giurisprudenza hanno individuato una vasta casistica di metodi e strumenti
utilizzati per attuare donazioni indirette, tutti idonei a far conseguire l’ attribuzione ma la cui sola rilevazione
non può essere assunta ad indice autosufficiente di liberalità. Difatti, anche qui, seguendo la teoria del
collegamento negoziale, il divario tra mezzo impiegato ed effetto ulteriore perseguito può essere colmato
dall’ accordo apposito (tra chi si avvantaggi del procedimento e chi intesti il bene ad altro, oppure emetta il
titolo di credito, oppure pianti o costruisca oppure ometta di agire per interrompere prescrizione o possesso
ad usucapionem, ecc.) ma di volta in volta bisogna preventivamente escludere che la giustificazione
dell’effetto risalga e si ancori a rapporti di provvista, delegazioni di pagamento ecc., per cui non tutti i
fenomeni elencati mettono capo alla donazione indiretta. Ad es., il contratto a favore di terzo può originare
un acquisto gratuito, ma può anche essere utilizzato per realizzare l’adempimento di un obbligo di trasferire
od anche per causare la costituzione del credito. Altrettanto può accadere in caso di adempimento
dell’obbligo altrui, la cui fisionomia muta a seconda che con esso si estingua un altro preesistente debito
dell’adempiente (facente capo al rapporto sottostante di provvista) o si origini una simmetrica posizione
debitoria a carico dell'originario debitore, che diventi debitore dell'adempiente o, al contrario, si voglia
preparare l’ arricchimento altrui da attuare rimettendo implicitamente od esplicitamente il debito o lasciando
decorrere il termine di prescrizione oppure, ancora, si voglia semplicemente originare un rapporto creditoriodebitorio tra adempiente e obbligato, senza altre finalità. E, per venire alla gamma di eventi che vanno sotto
la denominazione di intestazione di beni a nome altrui, non v’è ipotesi che non si presti alla doppia lettura,
per cui la vera difficoltà sta nell’esatta individuazione dei rapporti sottostanti, solo all’esito della quale è dato
stabilire se vi sia stata o meno donazione indiretta.
V. nota 4. Detto orientamento desta, però, non poche riserve nella misura in cui, a fronte di una molteplicità
di modulazioni degli effetti, le omologhi tutte all' intestazione del bene.
L'art. 743 c.c. - che non è menzionato nell'art. 1 comma 4 TUS a proposito delle liberalità non imponibili escludendo dalla collazione solo ciò che un erede abbia conseguito senza frode mediante società contratta
con il defunto con atto di data certa, fornisce l'argomento per attrarre a collazione ciò che, al contrario, sia
frutto di frode (da intendersi come accordo tra defunto ed erede diretto a produrre un risultato eccedente gli
equilibri societari). Da ciò si trae conferma che anche il mondo societario è terreno adatto alle donazioni
indirette. Va considerato, però, che gli equilibri endo-societari non poggiano sul mero proporzionamento ai
conferimenti, dal momento che la dinamica societaria è fenomeno di ampia complessità, all'interno del quale
gravitano influenze slegate dal mero conferimento tutte le volte che, con la presenza di determinati soci, si
miri ad attrarre clientela, acquisire valentie professionali, portafogli clienti, rapporti privilegiati ecc.. D'altra
parte, lo stesso legislatore della riforma societaria ha previsto le partecipazioni non proporzionali ai
conferimenti e non certamente per aprire alle liberalità indirette. Sicché giudicare se un "vantaggio endosocietario" sia accordato per fini liberali o per fini di lucro è ancor più difficile che stabilire se un
trasferimento a condizioni di favore sottenda una liberalità. Sul tema, v. PALAZZO, Atti gratuiti e donazioni, in
Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino, 2000, pag. 408 e ss. .
CACCAVALE, La donazione mista: profili ricostruttivi e rilevanza normativa, nota a Cass. 21 gennaio 2000 n.
642, in Notariato, 2000, p. 516; ROPPO, La determinazione del regolamento contrattuale per accordo delle
parti, in Dig. disc. priv., sez. civ., IV, Torino 1989, p. 116; OSTI, Contratto misto, in Nss. D.I., IV, Torino 1974, p.
498.
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12) Se fosse consentito al Fisco considerare attribuzione gratuita ogni differenza tra corrispettivo e valore di
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mercato si minerebbe la regola dell'imposta di registro che consente il prelievo sul valore, se superiore al
corrispettivo (la quale neutralizza, fiscalmente, l' eccedenza di materia imponibile che si vorrebbe incisa
dall'imposta di donazione, tassandola, invece, con l'imposta di registro. Tale regola connota il sistema e vale
come principio sottostante anche nelle ipotesi di carenza/limitazione del potere di accertamento) e non si
spiegherebbe la presunzione di liberalità ex art 26 TU 131/86, che già colpisce con le aliquote dell'atto
gratuito il trasferimento oneroso (che risulti tassato in misura minore) e che mal si concilia, ex art. 25 TUR,
con una doppia rilevanza per le due imposizioni.
GAFFURI, L'imposta sulle successioni e donazioni, Padova, 2008, pag. 142.
Cassazione, 6 novembre 2008, n. 26746.
La donazione nulla per difetto di forma (scritta) sfugge alla registrazione in termine fisso e quindi non viene in
rilievo l'art. 38 del T.U. dell’imposta di registro (TUR). Altra questione è quella della "registrabilità" di una
simile donazione ai sensi dell'art. 56-bis TUS. Diverso ancora è il problema del regime dell'atto gratuito scritto
nullo, per il quale si afferma in dottrina l'applicazione delle regole valevoli per l'imposta di registro, ex art. 38
citato. La Cassazione ha affermato, confermandolo recentemente (sent. 634 del 18.1.2012), che il
presupposto per l'applicabilità dell'imposta sulle donazioni va individuato nel trasferimento per scopo di
liberalità di un diritto o della titolarità di un bene, senza che abbia rilevanza alcuna l'inosservanza della forma
dell'atto pubblico, richiesta a pena di nullità dell'art. 782 c.c. per l'atto di donazione e la sua accettazione.
Relazione annuale del 1993; cfr. STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova,
2000, pag. 47 nota 15 e pag. 63.
LUPI, Il passaggio generazionale dell'impresa tra imposte sui redditi e imposte sui trasferimenti gratuiti, in
"Rassegna tributaria" n. 11 del novembre 1995, pag. 1759.
Cassazione civile sez. Tributaria, 29 Ottobre 2010 n. 22118 : "Questa imposta - tenuto conto della finalità
svolta dalla stessa (colpire qualsivoglia trapasso di ricchezza da un soggetto ad un altro a titolo non oneroso;
in ogni caso, il conseguimento di una ricchezza da parte dell'avente causa, siccome sicuro indice di una sua
nuova, maggiore capacità contributiva), quale univocamente palesata dall'omnicomprensività (nonché
esaustività concettuale) dell'endiadi "donazione" - "altra liberalità tra vivi" e dall'indifferenziato trattamento
fiscale di entrambe le operazioni -, giusta il tenore testuale di essa, si applica ai "trasferimenti di beni e diritti
per donazione o altra liberalità tra vivi", ovverosia (considerato il valore finale della preposizione "per", da
intendere, quindi, come "al fine di" effettuare una "donazione" od una qualunque "liberalità tra vivi") a tutti i
"trasferimenti" comunque attuativi del corrispondente animus del titolare di conferire ad altri la titolarità di
"beni e diritti" di sua spettanza, a prescindere ed indipendentemente - attesa la significativa carenza, nella
norma tributaria (interessata all'effettività del fenomeno economico e non all'osservanza della forma), di
riferimento (altrimenti necessaria) alla stipula dell'"atto pubblico" con cui l'art. 782 cod. civ., comma 1,
impone di rivestire il negozio ("la donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità") - dalla
forma imposta per la validità ‘civilistica’ del negozio, cioè dell'osservanza di una prescrizione volta (come
chiarito da questa Corte, tra le altre, nelle sentenze 3 novembre 2009 n. 23297, 7 giugno 2006 n. 13337, 16
marzo 2004 n. 5333, tutte della seconda sezione), a realizzare (funzione precipua della solennità della forma)
unicamente la "tutela" del donante "per evitare che lo spirito di liberalità possa trasformarsi in un pregiudizio
per il... medesimo".
La nullità della donazione non la rende irrilevante, sia in relazione all' impiego obliquo per ottenere l'effetto
indiretto secondo le modalità illustrate nel testo, sia in relazione alla suscettibilità di sanatoria ex art. 799 c.c.,
sia, ancora, in relazione all'art. 2652 n. 6) c.c.. Inoltre, come detto alla nota 15, a seguire l'orientamento della
Cassazione, anche la donazione diretta nulla per difetto di forma, è assoggettata all'imposta di donazione
(sentenze 18.1.2012 n. 634, n. 22118 del 2010, n. 2698 del 2002).
Vizio di forma che si presenta sia nel caso richiamato della carenza di atto scritto, sia in quello della donazione
in forma diversa dall'atto pubblico in presenza dei testimoni, ricorrendo in entrambi una carenza di
vestimentum.
STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000, pag. 123.
La giurisprudenza più recente è tutta orientata ad affermare la personalità dell'acquisto derivante da
donazione indiretta: Cass. 15.11.1997 n. 11327, Cass. 8.5.1998 n. 4680, Cass. 14.12.2000 n. 15778. Quanto
alla dottrina, v., per tutti, OBERTO, La comunione legale tra coniugi, in Tratt. Cicu-Messineo-MengoniSchlesinger, Milano, 2010, vol. I p. 961 e ss. ed ivi ampie citazioni.
Lo stretto riferimento alla natura giuridica non sembra una costante delle soluzioni ventilate nel diritto
tributario, le quali sono non di rado modellate più sugli effetti che sulla "intrinseca natura", forse influenzate
anche da difficoltosi raccordi di disposizioni non adeguatamente coordinate e che, a proposito della
"rinunzia", paiono presentare doppie previsioni. Eppure, secondo la dottrina, "l’art. 20 del D.P.R. 131/1986 –
che ripete la formulazione dell’art. 19 del D.P.R. 634/1972 – segna una precisa ed intenzionale svolta rispetto
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alla disposizione, già contenuta nell’art. 8 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, che faceva generico riferimento
agli “effetti” degli atti ai fini della loro interpretazione. Vigente la legge di registro del 1923, si era a lungo
discusso se gli effetti cui faceva riferimento la norma fossero quelli giuridici, ovvero quelli economici dell’atto
(ossia il trasferimento di ricchezza); la riforma tributaria, accogliendo la tesi della dottrina più autorevole, ha
optato decisamente per la prima soluzione. Con la precisazione che gli effetti giuridici, a cui la norma fa
riferimento, sono quelli civilistici, in assenza di una specifica norma tributaria che disponga diversamente":
PETRELLI, Studio n. 95/2003/T, Imposta di registro - Elusione fiscale, interpretazione e riqualificazione degli
atti, Approvato dalla Commissione Studi Tributari del CNN il 26 marzo 2004. Vero è che la giurisprudenza ha
iniziato ad abbandonare le letture improntate al rigore ricostruttivo, a vantaggio di visioni sostanzialistiche,
già con la sentenza della Cassazione n.14900 del 23.11./2001 e proseguendo fino alla n. 14367 del 30 giugno
2011 e da ciò potrebbe trarre legittimazione ogni impostazione che tenda a leggere unitariamente il
fenomeno al vaglio, in funzione dell'effetto finale che determina. Se non ci si inganna, fa in parte da argine
all'abbandono della visione tradizionale proprio l'art. 1 comma 4-bis TUS, nel prevedere nella stragrande
parte delle fattispecie (quelle soggette ad iva o ad imposta di registro proporzionale) la prevalenza del dato
fattuale (l'utilizzo dell'atto soggetto ad imposta di registro) su quello sostanziale (l'ottenimento dell'effetto
liberale indiretto).
Art. 2 DL 262/2006, come modificato dalla legge di conversione n. 286/2006 e dalla L. 296/2006 (in vigore dal
29.11.2006).
Come faceva, invece, l' art. 1 comma 1 D.Lgs. 346/90: L'imposta sulle successioni e donazioni si applica ai
trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per
donazione o altra liberalità tra vivi.
Per la distinzione tra atti gratuiti, liberalità e donazioni cfr. l'efficace sintesi di GALGANO, Il Negozio giuridico,
in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo continuato da Mengoni, Milano, 1988,
pag. 90; idem, seconda edizione, 2002, pag. 105.
Si esprimono per la persistente imponibilità delle donazioni indirette GAFFURI, L'imposta sulle successioni e
donazioni, Padova, 2008, pag. 143; FEDELE, Il regime fiscale di successioni e liberalità, in Successioni e
donazioni, a cura di Rescigno, vol. II, Padova, 2010, p.605; TASSANI, Le donazioni indirette. L'abuso del diritto.
Relazione all' incontro di studio del 1° aprile 2011 a Forlì; GHINASSI, Le liberalità indirette nel nuovo tributo
successorio, in “Rassegna tributaria” n. 2 di marzo-aprile 2010 pag. 394 e ss, § 2.1; FRIEDMANN, GHINASSI,
MASTROIACOVO, PISCHETOLA, Studio n. 168-2006/T del Cons. Naz. Notariato, Prime note a commento della
nuova imposta sulle successioni e donazioni; nello stesso senso Circ. n. 3/E del 22 gennaio 2008 dell' Agenzia
delle Entrate.
Il che è di maggiore evidenza nei casi in cui al negozio-mezzo non sia applicabile né IVA, né imposta di registro
proporzionale.
Secondo la dottrina in tema di fonti del diritto, la decisione di incompatibilità, che porta a ritenere una
disposizione precedente tacitamente abrogata da quella successiva, è un giudizio derivante
dall'interpretazione (che, in ultima analisi, è affidata agli organi giurisdizionali): GUASTINI, Teoria e dogmatica
delle fonti, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1998, p. 192.
E’ la tesi esposta dubitativamente che si riscontra nello studio n.168/2006/T, FRIEDMANN, GHINASSI,
MASTROIACOVO, PISCHETOLA, Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni,
studio n.168/2006/T, cit., in BDN e in CNN Notizie del 9.1.2007.
Operazione definita (con un certo scetticismo) di "ortopedia interpretativa" da GHINASSI, Le liberalità
indirette nel nuovo tributo successorio, in “Rassegna tributaria” n. 2 di marzo-aprile 2010 pag. 394 e ss, § 3.1,
ma ritenuta (agevolmente) praticabile da GAFFURI, L'imposta sulle successioni e donazioni, Padova, 2008,
pag. 152.
Da tale sistema, la dottrina ricava, infatti, una sorta di alternatività tra imposta sulle liberalità indirette e
imposta diretta: GAFFURI, L'imposta sulle successioni e donazioni, Padova, 2008, pag. 143 e Note riguardanti
la novellata imposta sulle successioni e donazioni, in Rassegna Tributaria n.2, marzo-aprile 2007, pag. 445,
par. 2 lett. d).
Ove risultanti da atto scritto soggetto a registrazione, seguono le regole appositamente dettate per tali
fattispecie, ex art. 1 comma 4-bis TUS.
GAFFURI, L'imposta sulle successioni e donazioni, Padova, 2008, pag. 143.
D' altra parte, nei primi 7 mesi del 2011 l’intero gettito dell' imposta sulle successioni e donazioni è stato di
(soli) 266 milioni di euro.
GAFFURI, Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni, in Rassegna Tributaria n.2,
marzo-aprile 2007, pag. 449, paragrafo 2 lett. f); dubitativamente, STUDIO DEL C.N.N. n.168/2006/T in data
15.12.2006, Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni, paragrafo 6, in BDN.
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37) BELLINI, La nuova imposta sulle successioni e donazioni: reintroduzione delle disposizioni del d.lgs. n.346/1990
38)
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e coordinamento con i provvedimenti successivi, in Il Fisco, 2006, 7230; PURI, Alla ricerca del tempo perduto
ovvero considerazioni a margine della nuova imposta sulle donazioni e gli atti a titolo gratuito, relazione a
Convegno Paradigma, novembre 2006.
La regola c.d. "prezzo-valore" pone una deroga alla rilevanza del valore di mercato, condizionata alla
veridicità delle dichiarazioni in ordine al corrispettivo, ma, proprio per tale condizionamento, non intacca il
principio della debenza dell'imposta sul detto valore di mercato.
STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000, pag. 210; ZANNI-REBECCATRENTIN, La tassazione delle liberalità indirette, in Il Fisco, n. 28/2010, pag. 4456. Per il coordinamento di
imposta sulle donazioni e iva, v. art.56 TU Successioni ultimo comma.
STEVANATO, op.cit., pag. 212.
Salvo, a seguire la giurisprudenza, il caso del collegamento tra più negozi sottoposti a registrazione anche in
tempi diversi, costituenti frammenti di un'unica operazione.
Secondo GAFFURI, Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni, in Rassegna Tributaria
n.2, marzo-aprile 2007, pag. 448, par. 2 sub I) è applicabile la disciplina dell'enunciazione del TUR.
Contra, dubitativamente, ZANNI-REBECCA-TRENTIN, La tassazione delle liberalità indirette, in Il Fisco, n.
28/2010, pag. 4455.
BASILAVECCHIA, Problemi interpretativi ed applicativi concernenti il privilegio speciale immobiliare per i tributi
indiretti, Studio n. 31/2005/T, in CNN Notizie del 13.5.2005.
nello stesso senso, TORRONI, La donazione immobiliare: il difficile equilibrio tra le contrapposte esigenze di
tutela dei legittimari e di sicura circolazione dell'immobile, Relazione svolta al Convegno “Atti a titolo gratuito
e circolazione dei beni: aspetti civilistici e fiscali” organizzato dal Consiglio Notarile di Ancona il 27 novembre
2009: "Sotto il profilo fiscale, va evidenziato che il collegamento tra la liberalità indiretta e l’atto concernente
il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende esclude
l’assoggettamento della liberalità indiretta all’imposta di donazione (art. 1, comma 4-bis d.lgs. n. 346/1990).
Non sembra che si possa disconoscere l’esenzione dall’imposta di donazione all’atto di accertamento della
liberalità indiretta, collegata ad un trasferimento immobiliare, solo perché l’accertamento non è contestuale
all’atto traslativo. Al contrario, l’atto di accertamento serve proprio ad evidenziare il collegamento esistente
tra liberalità indiretta ed atto traslativo posto in essere in precedenza, oltre, naturalmente, ad eliminare una
situazione di incertezza circa l’esistenza della liberalità indiretta. Si può, dunque, affermare che l’atto di
accertamento della liberalità indiretta sconterà l’imposta di registro in misura fissa quale atto non avente
contenuto patrimoniale."
VALENZA, La donazione indiretta tra diritto civile e diritto tributario, in Nuova Giurisprudenza Civile
Commentata, parte seconda, 2001, p. 180.
Per l'illustrazione di tale fenomeno, v. recentemente PALAZZO, Donazioni indirette, in Trattato di diritto delle
successioni e donazioni, diretto da Bonilini, Milano, 2009, p.135 e ss. Per una possibile differenziazione di
varie ipotesi di attribuzione di denaro ed acquisto di immobili, v. DI MAURO, L'individuazione dell'oggetto
della liberalità ai fini della riunione fittizia, dell'imputazione ex se e della collazione in alcune fattispecie
particolari, in Giust. Civ., 1993, II, 187 e ss.; MAGLIULO, L’acquisto dal donatario tra rischi ed esigenze di
tutela, in Notariato 2002, p. 93 ss; CRISTIANI-LABRIOLA-SIDERI, Il pagamento del prezzo della compravendita.
problematiche connesse alla mancata coincidenza soggettiva tra acquirente e finanziatore, Studio n. 7112008/C, approvato dalla Commissione Studi Civilistici del Cons. Naz. Notariato il 4 marzo 2009, in CNN Notizie
del 27.5.2009.
GHINASSI, Le liberalità indirette nel nuovo tributo successorio, in “Rassegna tributaria” n. 2 di marzo-aprile
2010 pag. 394 e ss, § 4.
LUPI,Le liberalità non formalizzate nella riforma del tributo successorio, in Rassegna Tributaria n.2/2001, pag.
330 e ss, par. 6.
GAFFURI, L’imposta sulle successioni e donazioni, Torino, 1976, pag. 145
STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000, pag. 116.
GAFFURI, Le liberalità informali, in L'imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001, p.
287; MONTELEONE, Il nodo delle liberalità indirette, in L'imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e
riforme, Milano, 2001, p. 343.
GHINASSI, L'istituto del "coacervo" nella nuova imposta sulle successioni e donazioni, “Rassegna tributaria" n.
3 di maggio-giugno 2007, pag. 737 e ss.
(Riproduzione riservata)
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