La vita è fatte di scelte anche per un popolo, come quello di Israele

Giosuè 24, 14-18
13.07.2014 (s)
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Dunque temete il SIGNORE e servitelo con integrità e fedeltà; togliete via gli dèi ai quali
i vostri padri servirono di là dal fiume e in Egitto, e servite il SIGNORE. 15 E se vi sembra
sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri
servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e
alla casa mia, serviremo il SIGNORE». 16 Allora il popolo rispose e disse: «Lungi da noi
l'abbandonare il SIGNORE per servire altri dèi! 17 Poiché il SIGNORE è il nostro Dio; è lui
che ha fatto uscire noi e i nostri padri dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù, che ha
fatto quei grandi miracoli davanti ai nostri occhi e ci ha protetti per tutto il viaggio che
abbiamo fatto, e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati; 18 e il SIGNORE ha
scacciato davanti a noi tutti questi popoli, e gli Amorei che abitavano il paese. Anche noi
serviremo il SIGNORE, perché lui è il nostro Dio».
La vita è fatte di scelte anche per un popolo, come quello di Israele che
si riconosce benedetto da Dio, un popolo che è stato eletto, è stato scelto dal
Signore per essere Suo, un popolo a cui si appartiene per nascita e non per
scelta.
Qui, invece, siamo di fronte ad una scelta tra il continuare su un certo
percorso guidato e benedetto da Dio, oppure adeguarsi a quello che c’è nel
nostro oggi senza domandarci nulla e vivere esclusivamente il presente
pensando uniformandoci ad usi costumi e credenze che non ci appartengono,
ma che appaiono più comodi.
Al popolo di Israele vengono sostanzialmente poste tre domande, ovvero:
1. ti ricordi cosa ha fatto Dio per te?
2. per quale motivo sei qui?
3. cosa vuoi fare da ora in poi?
Avete passato il Giordano e vinto contro Gerico, gli Amorei, i Ferezei, i
Cananei, gli Ittiti, i Gherasei, gli Ivvei ed i Gebusei perché il Signore vi sta
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guidando nella Terra Promessa. Ne siete riconoscenti a Dio, oppure non ve ne
ricordate più?
Oggi vi è stata data una terra che non avete lavorato, delle città che non
sono state costruite con la vostra fatica, piantagioni che non avete piantato e
delle quali mangiate il frutto, ma vi sono tra voi delle persone che ritengono
che questo sia sbagliato e stanno guardando con nostalgia gli dei di
quell’Egitto che vi ha reso schiavi e si fanno affascinare dagli dei degli Amorei,
perché non volete sentirvi diversi da coloro che abitano questo territorio, cioè
non volete assumervi la responsabilità del vostro rapporto con Dio e con
l’identità che vi contraddistingue come credenti.
Ognuno è libero di fare quello che vuole, ma si deve assumere le
responsabilità di una scelta: rifiutare Dio o seguirlo.
Giosuè, ed altri con lui, non hanno dubbi perché afferma con forza: quanto
a me e alla mia casa serviremo il Signore (v. 15b).
Giosuè ha scelto la parte dove stare e sa che non ci possono essere
ambiguità perché Dio è “santo” e “geloso” (v. 19) e non perdona chi pensa di
stare con il piede in due scarpe o chi lo rifiuta.
La tentazione degli ebrei è quella delle infinite scuse che cerchiamo per
non assumerci la responsabilità di seguire Dio, scuse che anche noi siamo
molto prolifici nel produrre e che suonano con le motivazioni più assurde per
un credente: non vado in chiesa perché il pastore non mi garba, non vado in
chiesa perché c’è un certo fratello o una certa sorella, non partecipo alle
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attività della chiesa perché ho da fare e magari non è vero, oppure per mille
altri motivi.
Se entriamo in questa logica perversa non abbiamo capito niente di Dio e
cioè che l’unico da temere e da servire è solo il Signore (1^ Samuele 12,24).
Il popolo che si salva è quello del patto, cioè è quello che risponde
dell’impegno che ha preso con Dio, la stessa cosa accade per la chiesa come
per ogni singolo cristiano perché la nostra fede può essere vissuta solo ed
esclusivamente all’interno del patto che Dio ha stretto con noi in Gesù Cristo.
Dobbiamo quindi scegliere da che parte stare e questo ha un senso nel
servire Dio.
Servire ha un senso fondamentale in questo testo che parla chiaramente
alla chiesa moderna.
Solo in questi versetti il verbo servire ricorre ben nove volte ed ha il
significato di “essere devoto” con integrità e con fedeltà, mostrandoci il senso
di una schiavitù che a differenza di quella umana non porta all’oppressione
ma alla piena realizzazione di una vita benedetta.
Ma questo servire deve essere compreso chiaramente nel senso in cui il
profeta scriveva per poterne rendere oggi la medesima efficacia.
All’epoca Giosuè, come capofamiglia, si era assunto la responsabilità e
l’impegno di seguire senza esitazioni Dio e forse questa impostazione poteva
benissimo reggere sino al secolo scorso, quando la famiglia era meno
disgregata di ora. Oggi che anche nella chiesa viviamo un individualismo
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esasperato questa responsabilità è individuale per ciascuno di noi, ma deve
nuovamente diventare collettiva nella nostra militanza di chiesa.
La militanza non può rimanere una parola astratta e allora entriamo nel
concreto: noi siamo un resto di Israele che si è preso un impegno molto chiaro
con Dio e lo deve dimostrare anche partecipando alla vita del popolo nella
lode, nell’adorazione., nella preghiera come nello studio della Parola di Dio.
Se veramente pensiamo che il Signore ha parole di vita eterna, non ci sono
dubbi sulla via che dobbiamo seguire e praticare con integrità e fedeltà
mettendoci poi nelle Sue mani misericordiose.
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1. prima cosa è LEGGERE LA PAROLA DI DIO. Questo è un dovere incombente di ogni
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singola persona. "Investigate le Scritture, perché pensate d'aver per mezzo di esse vita
eterna" (Giovanni 5:39), è un compito assegnato indifferentemente a ciascuno di noi
con la responsabilkità di trasmetterla come venne ordinato a Mosè, in Deuteronomio
6:6-7: "Queste parole", cioè, le parole della Scrittura, "che oggi ti comando rimarranno
nel tuo cuore; e le inculcherai ai tuoi figli", e dunque anche ai servitori, "ne parlerai
quando sei seduto in casa tua".
Seconda csa dobbiamo conoscere quello che Dio ci chiede di fare perchè "le Sacre
Scritture, che possono dare la sapienza che conduce alla salvezza" (cfr. 2 Timoteo
3:15) ? E cos'è più appropriato per testimoniare la nostra ferde come evento concreto e
quotidiano
Terza
cosa
la
PREGHIERA
IN
FAMIGLIA
e
nella
chiesa
.
È un dovere che, sebbene sia spesso trascurato, è assolutamente necessario proprio
come il primo. Leggere la Parola è un buon modo per prepararsi alla preghiera, così
come la preghiera è un eccellente mezzo per rendere efficace la lettura. Leggiamo che il
nostro benedetto Signore si comportava in questa maniera, quando dimorò tra di noi:
infatti viene detto spesso che Egli pregava con i Suoi dodici discepoli, che erano per Lui
come una piccola famiglia. Ed Egli stesso ha promesso una particolare benedizione per
le supplicazioni unite di più persone: "Dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io
sono in mezzo a loro" (Matteo 18:20). E ancora, l'Apostolo ci comanda di pregare
sempre, con ogni sorta di preghiera e supplica (cfr. Efesini 6:18), che senza dubbio
include la preghiera in famiglia. E il santo Giosuè, quando prese la santa decisione nel
testo che abbiamo letto, cioè che lui e la sua casa avrebbero servito il Signore,
certamente era risoluto a pregare con la sua famiglia, e questa è una delle migliori
testimonianze che potevano dare del fatto che Lo servivano.
Quarto annunciare
prima il Regno di Dio e la Sua giustizia, tutte le altre cose ci saranno sopraggiunte (cfr. Matteo
6:33) ?
suoi servitori e ai suoi figli dopo di lui di servire il Signore. Così non fece Giosuè: no, egli era
risoluto non solo a camminare egli stesso con Dio, ma a guidare e camminare con tutta la sua
famiglia: "Quanto a me e alla mia casa, serviremo l'Eterno". Andiamo e facciamo lo stesso.
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