effetti delle eruzioni vulcaniche sulla salute

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EFFETTI DELLE ERUZIONI
VULCANICHE SULLA SALUTE
2. RISCHI SANITARI LEGATI ALLE CENERI
VULCANICHE
2.1
Definizione
Quando un vulcano è
in eruzione, talvolta
emette materiali quali
frammenti di roccia.
Questo
materiale
conosciuto
è
come
“proietti
vulcanici”.
(US
Geological
Cenere vulcanica
Survey).
I più grandi (oltre 64 mm di diametro) sono chiamati “blocchi” e
“bombe”, e generalmente cadono a distanze non elevate rispetto
alla sorgente, anche se i frammenti più piccoli sono stati talora
scagliati a 20-80 chilometri. I proietti più piccoli, quali lapilli (2-
Cenere vulcanica al microscopio
64 mm) e ceneri (inferiori a 2 mm) possono ricadere a distanza
maggiore, anche per effetto del vento. Particelle inferiori a 0,01
mm possono rimanere in sospensione per anni.
2.2 Effetti della caduta di ceneri
2.2.1 Identificazione dei rischi
Sebbene sia considerato un fenomeno “minore” rispetto ad altri
effetti dell’attività vulcanica, la caduta di ceneri può provocare
gravi
danni,
anche
a
lunga
distanza dal vulcano (oltre 100
chilometri, 3). I principali effetti
della caduta di ceneri vulcaniche
sono i seguenti (3):
-
crollo di tetti di abitazioni;
-
disturbi al traffico terrestre e
aereo per ridotta visibilità e
danni ai motori;
-
disturbi
nelle
tele-radio
comunicazioni;
-
contaminazione dei pascoli;
-
inquinamento idrico;
-
effetti tossici a breve e a
lungo termine.
2.2.2 Crollo di tetti di abitazioni
La precipitazione di ceneri (oltre 25 centimetri) può causare il
crollo dei tetti delle abitazioni (3). Nel 1991, in seguito
all’eruzione
del
Pinatubo,
300
persone
morirono
e
circa
altrettante rimasero ferite per crollo dei tetti provocato dal peso
della cenere vulcanica. Lo spessore della cenere era inferiore a
2
10 cm, ma la densità era aumentata a causa delle forti
precipitazioni piovose (3).
L’accumulo di ceneri sugli edifici, nel corso di eruzioni intense,
può essere molto rapido, anche 25 centimetri in un’ora (3).
2.2.3 Disturbi al traffico e danni ai motori
Un’intensa caduta di ceneri provoca una riduzione sensibile della
visibilità, e può essere causa di incidenti stradali. Inoltre le ceneri
possono danneggiare i motori degli autoveicoli e dei mezzi aerei,
o depositarsi sugli apparecchi e sulle piste. L’ultima eruzione
dell’Etna ha causato gravi disagi al traffico aereo presso
l’Aeroporto di Catania – Fontanarossa, che è stato chiuso o
limitato più volte.
La cenere prodotta nel 1982 dal Galunggung causò guasti al
motore di due aeroplani, ed entrambi precipitarono.
3
2.2.4 Contaminazione dei pascoli
E’
documentato
in
letteratura
l’impatto
sui
pascoli,
e
di
conseguenza sul patrimonio zootecnico, della caduta di ceneri
vulcaniche. In seguito all’eruzione del Monte Ekla, 1970, in
Islanda, 1 mm di cenere sul pascolo fu sufficiente a provocare la
morte di oltre 1500 pecore e 6000 agnelli. Tali decessi furono da
attribuire a fenomeni di fluorosi. Infatti il contenuto di fluoro
rinvenuto nelle ceneri fini superava i 4000 ppm. L’avvelenamento
da fluoro si verifica quando la concentrazione supera i 250 ppm
nel fieno (7).
Studi effettuati somministrando per 5 settimane ceneri del St.
Helens (nella misura del 10% dell’alimento) a vitelli, non
dimostrarono alterazioni dell’apparato digerente.
Somministrazioni per 5 settimane di cenere (fino a 1, 5 kg al
giorno) a bovini adulti permisero di rilevare una lieve riduzione
del consumo di cibo alle concentrazioni più alte di cenere, ma
non effetti sulla produzione di latte (7).
E’ stato stimato che nei bovini uno spessore fino a 30-40 mm di
cenere sui pascoli non provoca effetti patologici. Tale soglia è
probabilmente più bassa
nella pecora (7).
L’eruzione del 1786 del
Vulcano Lakijagar portò
alla morte gran parte del
bestiame
allevato
nell’intera
Islanda,
scatenando
una
grave
carestia che causò oltre
39000 morti (7).
Secondo le linee guida dell’OMS, gli ortaggi coperti da cenere
vulcanica possono comunque essere consumati, previo lavaggio
4
accurato. Soltanto l’analisi chimica delle ceneri, però, può
permettere di escludere a priori rischi di sanità pubblica (5).
2.2.5 Inquinamento idrico
Le ceneri vulcaniche possono contenere fluoro e/o metalli pesanti
(3) in grado di inquinare i corpi idrici superficiali. Inoltre si
possono evere alterazioni delle caratteristiche dell’acqua, tali da
uccidere le popolazioni ittiche legate a intorbidimento; riduzione
del pH; incremento della temperatura (7). La ricaduta di 300 mm
di ceneri del Katmai-Novarupta, Alaska, del 1912, risultò fatale
ai salmoni in frega (7).
2.2.6 Effetti tossici a breve termine
La valutazione del rischio
sanitario
legato
all’esposizione
prolungata
diretta
a
e
ceneri
vulcaniche è controversa.
E’ documentata la relazione
tra
mortalità
inquinamento
sottili.
generale
da
Tuttavia,
effettuati
si
e
polveri
gli
studi
riferiscono
all’inquinamento urbano. Da
un’indagine effettuata su 3
Paesi
Francia,
europei
(Austria,
Svizzera)
risulta
che il 6% della mortalità
totale
è
attribuibile
all’inquinamento atmosferico (15). Altri studi (16, 17) hanno
rilevato evidenze di una associazione tra mortalità generale,
5
rischio di malattie cardiovascolari e concentrazione atmosferica
di particolato fine. L’effetto sembrerebbe più elevato nella
stagione estiva (16).
Pochi sono gli studi specifici sulla cenere vulcanica, anche
a
causa della sporadicità degli eventi.
Un’occasione importante per misurare gli effetti sanitari e
ambientali
dell’emissione
di
imponenti
quantità di
cenere
vulcanica è stata l’eruzione del St. Helens del 1980. In tale
cirocostanza è stato organizzato un sistema di sorveglianza
epidemiologica. Nel corso dell’eruzione, iniziata il 18 maggio, si è
verificata un’enorme emissione di ceneri. 120 bambini delle
scuole elementari di Missoula, Montana, furono esposti tra il 18 e
il 22 maggio a livelli elevatissimi di particolato sospeso (TSP) che
raggiunse
un
modificazione
picco
a
significativa
11054
della
µg/m3/24
ore.
Nessuna
funzionalità polmonare
fu
osservata (12).
E’
stato
rilevato
a
Yakima, Washington,
che nei tre mesi di
intensa
caduta
ceneri
di
seguenti
all’eruzione più di un
terzo dei soggetti con
patologie respiratorie croniche non ospedalizzati mostrarono
esacerbazione dei sintomi. La cenere conteneva dal 3 al 7% di
silice. I livelli di TSP, in questo caso, avevano raggiunto oltre
30.000 µg/m3/24 ore (4).
Un follow-up di 4 anni effettuato su 712 taglialegna, classificati
secondo tre livelli di esposizione alle ceneri del St. Helens, ha
evidenziato
variazioni
nella
fisiologia
polmonare
correlate
all’esposizione a cenere solo nel primo anno, suggerendo che
6
l’azione delle ceneri si limiti ad una reversibile ipersecrezione di
muco
che
decresce
rapidamente
con
il
venire
meno
all’esposizione (9).
E’ stata effettuata una somministrazione intratracheale di cenere
del St. Helens in hamster per confrontare la tossicità polmonare
della cenere vulcanica prodotta da detto vulcano con i cristalli di
quarzo e l’Al2O3. La tossicità è stata valutata sulla base della
reazione
infiammatoria,
della
attività
macrofagica
e
della
liberazione di enzimi lisosomiali. La risposta misurata per le
ceneri vulcaniche è stata paragonabile a quella dell’Al2O3, che è
considerato materiale inerte, ma inferiore a quella dei cristalli di
quarzo, la cui tossicità è
ampiamente
dimostrata
(6).
Nel
1986
il
National
Institute for Occupational
Safety
and
(NIOSH)
ha
Health
condotto
studi di laboratorio per
delineare
indici
di
citotossicità e fibrogenicità di varie sostanze eventualmente
presenti nella cenere vulcanica. I risultati indicano una moderata
citotossicità e una modesta fibrogenicità (8).
Per verificare se tale risultato poteva applicarsi in generale alle
ceneri vulcaniche, il NIOSH ha comparato la citotossicità delle
ceneri del St. Helens, El Chichon (1982, Messico), Galunggung
(Giava ovest, 1983) con quella di un minerale di tossicità nota, il
quarzo, e di un materiale inerte, la barite. La valutazione della
citotossicità era basata sull’emolisi delle emazie di pecora e sulla
misurazione di enzimi rilasciati dai macrofagi alveolari (lactate
dehydrogenase,
B-N-acetylglucosaminidase,
7
and
B-
lucuronidase). Le ceneri erano simili per composizione chimica e
contenuto in quarzo. Tuttavia il campione di cenere del
Galunggung era significativamente più tossico che gli altri, e
approssimativamente come il quarzo. I campioni del St. Helens
ed El Chichon erano ad un livello di tossicità intermedio tra quello
del quarzo e quello della barite. In base a questo studio, la
tossicità appariva legata più alla distribuzione delle dimensioni
delle particelle in ciascun campione che a differenze nel
contenuto di minerali. I campioni che possedevano la maggiore
frazione di particelle piccole (sotto i 10 micron) mostravano
maggiore citotossicità (8).
Numerosi studi sono stati compiuti sulle popolazioni che vivono
in prossimità del Vulcano Sakurajima, in Giappone. Un’ indagine
condotta in seguito all’ingente caduta di cenere vulcanica in
quest’area ha rilevato solo una leggero incremento di incidenza
di sintomatologie respiratorie attribuibile all’esposizione di ceneri
vulcaniche (20). La cenere era costituita al 30% da silice (SiO2)
8
ed
era in gran parte costituita da particolato fine respirabile.
Anche prove in vitro di tossicità polmonare non dimostrarono una
particolare reattività della cenere (21). Uno studio compiuto sulla
popolazione infantile residente nelle aree intorno al vulcano,
comparata con un gruppo di controllo, mirata ad individuare la
proporzione di soggetti con sintomatologia asmatica, non ha
rivelato differenze significative che possano indicare l’esposizione
alla cenere come fattore di rischio (19)
Dopo l’eruzione del Cerro Negro, Nicaragua, del 1992, si registrò
un aumento dei casi d’asma che non è stato accuratamente
misurato e approfondito a causa del dissesto dei servizi sanitari
conseguente all’evento (3).
Il sistema di sorveglianza organizzato dopo la caduta massiva di
cenere del vulcano Pinatubo (1991) non rilevò alcun incremento
significativo della patologie respiratorie. In questo caso, però, le
intense
piogge
avevano
compattato
la
cenere,
riducendo
l’esposizione della popolazione all’inalazione della cenere stessa
(3).
Irritazioni oculari e abrasioni della cornea di entità lieve sono
descritte, ma non comportano conseguenze serie (11).
A Montserrat, in seguito all’eruzione del Vulcano La Soufriere del
1995, sono state effettuate ricerche per misurare la reattività dei
componenti della cenere vulcanica sull’apparato respiratorio. La
reattività è stata misurata dall’incremento della permeabilità
polmonare e dell’infiammazione, modifiche nei marcatori delle
cellule epiteliali, aumenti di volume dei linfonodi. Come controllo,
fu utilizzato un quarzo. Benché la cenere veicolata dai flussi
piroclastici fosse composta per il 20% da cristobalite, un
minerale considerato reattivo a livello polmonare, nessuna
reattività importante è stata registrata. Si è ipotizzato che le
9
altre componenti della cenere vulcanica abbiano “mascherato” la
reattività della cristobalite (13).
Il rischio tossicologico connesso alla caduta di ceneri può essere
elevato in funzione di una particolare composizione chimicotossicologica. In alcune aree vulcaniche
le ceneri possono
contenere un elevato tenore di fluoruri, tale da causare episodi di
fluorosi nel bestiame, come nel caso dell’eruzione dell’Ekla del
1970 (7). Inoltre, le ceneri acide possono abbassare il pH delle
acque, fino a livelli tali da uccidere la fauna ittica (3, 7).
Sostanze
radioattive
possono
essere presenti nelle ceneri (3).
I gas sono solitamente troppo
diluiti per causare severi danni
alla popolazione.
La
potenzialità tossica
delle
ceneri vulcaniche può variare
anche
in
funzione
della
distribuzione delle dimensioni
delle
particelle.
Esperimenti
condotti dal CDC di Atlanta
hanno osservato che maggiore
è
la
componente
fine
delle
ceneri (inferiore a 10 micron),
maggiore è l’effetto citotossico. (8)
2.2.7 Effetti tossici a lungo termine
Esiste il rischio teorico che persone esposte ripetutamente
all’inalazione di ceneri vulcaniche possano sviluppare sintomi di
silicosi.
Una survey in questo senso è stata effettuata a Montserrat (18)
dove è stata misurata l’esposizione della popolazione, ed in
10
particolare degli operatori a rischio, alla frazione respirabile della
cenere vulcanica (inferiore a 10 micron) che conteneva circa il
20% di cristalli di cristobalite (SIO2), minerale considerato
tossico per i polmoni. E’ stato stimato che un’esposizione a circa
0,5 mg/m3 nelle 24 ore (massima esposizione nella parte
settentrionale dell’isola) potrebbe portare a gravi casi di silicosi
in due o tre anni. L’esposizione a concentrazioni più basse (0,1
mg/m3, come nella zona centrale dell’isola) porterebbe alle
stesse conseguenze con un’esposizione di 8-10 anni.
I livelli medi di cenere respirabile, e quindi di cristobalite, erano
comparabili a quelli cui erano esposti i lavoratori delle miniere di
metalli che hanno contratto la silicosi. L’esposizione sulle 24 ore
eccedeva gli standard di medicina del lavoro previsti negli Stati
Uniti.
Nel caso dei minatori, è stato osservato che occorrono decenni di
esposizione per lo sviluppo di silicosi. Il processo può essere
accelerato
in
caso
di
esposizione
a
concentrazioni
particolarmente alte di silice o nel caso in cui il silice sia presente
in forme particolarmente tossiche.
La cristobalite è probabilmente più tossica del quarzo, ma la
tossicità può variare in funzione dall’attività di superficie dei
cristalli, che può essere influenzata da altri minerali presenti
nella cenere.
11
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