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19/07/2001 |
Antropologia
Il termine tecnico di antropologia (letteralmente "studio dell'essere umano") si riferisce a tre correnti di
pensiero molto eterogenee: alle discipline delle scienze naturali che studiano la genesi, lo sviluppo e la
differenziazione tipologica della specie umana e la comparano sul piano morfologico e fisiologico ad altre
specie animali (nell'uso linguistico ted. anche antropologia biologica, antropologia fisica o Biologia umana, con
le sottodiscipline quali la genetica umana, lo studio della costituzione fisica, la teoria sull'origine delle specie,
lo studio delle razze); alle discipline delle scienze umane che studiano altri popoli, ne descrivono i modi di
vivere e gli schemi culturali e li confrontano sia fra loro sia con la cultura propria all'osservatore, chiamando in
causa tutti gli ambiti culturali e sociali (spec. Sociologia, psicologia sociale, etnografia, Storia, preistoria,
Linguistica, Archeologia, Etnologia); all'antropologia filosofica, che si sforza di sintetizzare e di riflettere sui
risultati delle ricerche compiute dalle singole discipline (Filosofia).
Un'antropologia scientifica si sviluppò a partire dal XVI sec. dapprima nell'ambito della filosofia scolastica ted.,
poi, nei due sec. successivi, grazie all'impulso di medici quali Hermann Friedrich Teichmeyer, suocero di
Albrecht von Haller e autore dell'opera Elementa anthropologiae (1719), che attraverso la fisica, l'anatomia e
la fisiologia ambivano a spiegare le attività di tutte le "parti" dell'uomo. Se dunque è in Germania che
l'antropologia fisica fu oggetto di particolare attenzione, in Francia si pose l'accento soprattutto
sull'antropologia pratica (morale), che postulava una conoscenza effettiva del mondo contrapposta al sapere
scolastico (ad esempio con Michel Eyquem de Montaigne, François La Rochefoucauld e Jean de La Bruyère).
L'antropologia sviz. di epoca illuministica fu orientata verso la teol. naturale e le sue ipotesi sul carattere di
rivelazione della natura umana; esponenti di spicco di questa linea di pensiero furono Alexandre César
Chavannes (Anthropologie ou Science générale de l'homme, 1788) e Johann Samuel Ith (Versuch einer
Anthropologie, oder Philosophie des Menschen nach seinen körperlichen Anlagen, 1794).
Al primato della fisiologia si oppose Immanuel Kant, che distinse l'antropologia in un piano "fisiologico" e in
uno "pragmatico": le sue lezioni, pubblicate nel 1798, ponevano l'accento sulla conoscenza dell'essere umano
e del mondo, sulle esperienze acquisite attraverso le osservazioni dirette, i viaggi e le letture. Benché in Kant
l'antropologia fosse dunque rimasta marginale rispetto all'etica, fu proprio dal primato della fisiologia che
essa ottenne a partire dal 1800 un forte impulso. Spesso elaborata nelle sue linee essenziali da medici, e
rafforzata dalla filosofia della natura propria del romanticismo, l'antropologia divenne la filosofia
fondamentale e la scienza universale per antonomasia. Agli scritti di Kant e di Johann Gottfried Herder, di
Chavannes e di Ith, fece presto seguito un numero imponente di opere e riviste che trattavano di
antropologia; nel 1859 venne creata la Société d'Anthropologie de Paris e nel 1869 la Deutsche Gesellschaft
für Anthropologie, Ethnologie und Urgeschichte. La teoria sulla differenza dei sessi, formulata già nel 1775 da
Pierre Roussel (Système physique et moral de la femme) influenzò, dapprima in Francia e poi in tutti gli altri
Paesi, gli antropologi di ogni tendenza delle generazioni successive. Dopo il graduale sgretolamento dell'idea
di antropologia come scienza universale generale, una particolare antropologia femminile di matrice biologica
si conservò nella ginecologia.
Da Kant, alle tesi critiche di Marx su Feuerbach, a Georg Lukács, la filosofia della storia non ha cessato di
sviluppare una tradizione di critica nei confronti dell'antropologia. I momenti e le posizioni di rifiuto della
filosofia della storia ebbero perciò come riflesso una rivalutazione dell'antropologia, dapprima in area
linguistica ted., negli anni '20, ad esempio con Max Scheler ed Helmuth Plessner, e poi anche in area
francofona, dove i primi tentativi di dare una base antropologica al materialismo storico vanno ascritti a figure
quali Jean-Paul Sartre e altri. Claude Lévi-Strauss sviluppò in seguito, in stretto rapporto con l'etnologia,
l'antropologia strutturale, orientata decisamente allo studio sincronico delle strutture; nel frattempo hanno
preso il via indirizzi antropologici più direttamente legati a specifici settori della ricerca, quali l'antropologia
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pedagogica, teol. e storica. Quest'ultima, tentativo di sintesi interdisciplinare di antropologia e scienze
umane, ha portato alla formulazione di nuovi quesiti, approcci e scoperte, in vari campi della Storia sociale,
quali i modi di vivere, i modelli di percezione, i comportamenti. L'attuale antropologia comprende in misura
crescente anche lo studio della cultura umana (antropologia culturale), ma non sembra ancora aver chiarito il
rapporto che intercorre tra i processi diacronici e la componente immutabile, persistente della natura umana
e le relative spinte verso produzioni culturali di natura compensativa.
Nel 1899 venne istituita una cattedra di antropologia fisica all'Univ. di Zurigo. Nella sua prolusione, Rudolf
Martin definì l'antropologia come un inventario sistematico di tutte le varietà umane in ambito spaziale
(morfologia delle razze, genetica) e temporale (teoria sull'origine delle specie, primatologia). Egli sviluppò
inoltre metodi e strumenti antropometrici standard; il suo manuale, Lehrbuch der Anthropologie (1914), fece
scuola. Con Otto Schlaginhaufen, suo successore, e le misurazioni sulle reclute da lui dirette, il legame tra
l'antropologia così concepita, la biologia razziale e l'eugenetica divenne esplicito e inequivocabile.
Schlaginhaufen contribuì inoltre in misura determinante alla creazione della Soc. sviz. di antropologia ed
etnologia (1920) e della Fondazione Julius Klaus per lo studio dell'ereditarietà, dell'antropologia sociale e
dell'eugenetica (1921). Il suo successore, Adolf Hans Schulz, fu uno dei fondatori della primatologia; egli
sviluppò questo ramo di ricerca nell'ambito della facoltà di scienze dell'Univ. di Zurigo ampliandone il campo
di interessi verso la storia dell'evoluzione, la biologia delle pop., la crescita e la genetica umana. Le Univ. di
Basilea e di Berna non hanno invece mai istituito una cattedra di antropologia.
Nella Svizzera franc., l'antropologia biologica fu molto presto strettamente legata alla preistoria e
all'etnografia. Nel 1901 Eugène Pittard (nominato professore nel 1916) fondò a Ginevra il Museo di etnografia;
nel 1939 venne annesso al museo un laboratorio di antropologia, precursore dell'attuale dip. di antropologia.
Il successore di Pittard, Marc-Rodolphe Sauter, mise l'accento su alcuni settori di ricerca, quali la biologia delle
pop. e la preistoria, avviando in parallelo innovative ricerche sulla genetica delle pop.
I problemi propri dell'antropologia sociale sono stati recepiti a partire dagli anni '80 dagli istituti di ricerca
(storici ed etnologici in particolare) delle Univ. sviz.; all'Univ. di Losanna l'antropologia sociale costituisce un
indirizzo autonomo, vicino alla sociologia.
L'antropologia filosofica si è manifestata in Svizzera in diverse correnti. L'indirizzo fenomenologico, nato con
Edmund Husserl e sviluppato da Martin Heidegger, ha trovato i suoi rappresentanti soprattutto in filosofi con
formazione psicologica e psicanalitica come Ludwig Binswanger, padre dell'analisi esistenziale
(Daseinanalyse), Medard Boss, Hans Kunz, Günther Bally e Wilhelm Keller. Paul Häberlin ha difeso invece una
filosofia ontologico-aprioristica, mentre un'antropologia teol., spec. neo-tomista, è stata privilegiata all'Univ. di
Friburgo da Norbert Luyten e altri.
Gli antropologi sviz. fanno riferimento alla Soc. sviz. di antropologia, che cura la pubblicazione
dell'Antropologhischer Anzeiger. Dal 1984 esiste una comunità di lavoro per l'antropologia storica in Svizzera
(AGHAS), che utilizza scientificamente il materiale portato alla luce dagli scavi archeologici.
Bibliografia
– W. E. Mühlmann, Geschichte der Anthropologie, 1948
– O. Marquard, «Zur Geschichte des philosophischen Begriffs Anthropologie seit dem Ende des 18.
Jahrhunderts», in Collegium philosophicum, 1965
– F. Hartmann, Ärztliche Anthropologie, 1973
– W. Lepenies, Soziologische Anthropologie, 1977
– H.-K. Schmutz, «Die Gründung des Zürcher Lehrstuhls für Anthropologie», in Gesnerus, 40, 1983, 167-173
– J. Schulte-Tenckhoff, La vue portée au loin, 1985
– R. Bay, «Historische Entwicklung der Anthropologie in Basel», in Anthropologischer Anzeiger, 44, 1986,
299-303
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– P.-A. Gloor, «Anthropologie en Suisse romande», in Anthropologischer Anzeiger, 44, 1986, 305-313
– C. Honegger, Die Ordnung der Geschlechter, 1991 (19963)
– A. Schnyder-Burghartz, Alltag und Lebensformen auf der Basler Landschaft um 1700, 1992, spec. 15-24
Autrice/Autore: Claudia Honegger / vfe
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