47. Giugno 1971 Problemi monetari 1 LA CRISI MONETARIA CRONACA DI UNA CRISI l) Una distensione apparente. Dopo le tempeste monetarie che avevano dato origine alla crisi dell'oro nel 1967-68, alla svalutazione della sterlina nel novembre 1967 e alla svalutazione del franco francese nell'agosto 1969 seguita dalla .r ivalutazione del marco tedesco nell'ottobre dello stesso anno, l'agitato mare monetario e finanziario internazionale sembrava aver ritrovato un po' di bonaccia. A tal punto che nella Relazione generale della Banca Francese per il Commercio Estero - e i fra-ncesi non sono nient'affatto teneri con l'attuale sistema monetario internazionale - si poteva leggere: << Il sistema monetario internazionale non ha conosciuto grosse crisi nel 1970. Le monete non hanno subito pressioni di particolare intensità [ ... ]. I movimenti di capitale a breve termine [ ... ] sono stati determinati meno dal timore di cambiamenti della parità che dalla ricerca dei tassi di interesse maggiormente remunerativi » (1). Non che i problemi fossero considerati risolti, ma sembrava che la scena monetaria offrisse segni di un alleviamento della pressione verificatasi negli ultimi anni e di un avvio verso una soluzione graduale delle difficoltà che angustiano la liquidità internazionale, e ch e riguardano principalmente la creazione e il controllo dei mezzi internazionali di pagamento. Il l " gennaio 1970 aveva segnato l'entrata in vigore del primo scaglione dei « diritti speciali di prelievo » presso il Fondo Monetario In· ternazionale (2). Il 9 febbraio 1971 era stato varato con una risoluzione (l) Cfr . Le Monde, 6 aprile 1971, p. 32. (2) I « diritti speciali di prelievo » sono una creazione di mezzi di pagamento In f orma di crediti messi dal Fondo Monetario Internazionale a disposizione del Paesi membri in quote diverse e senza un controvalore. Essi sono stati creati nel 1969 mediante un accordo In seno a l Fondo Monetario Inte rnazionale e sono entrati In vigore a partire dal l • gennaio 1970 con una prima quota globale di 350 milioni di dollari. Il 1• gennaio 1971 è stata resa disponibile una seconda quota di 300 milioni di dollari, mentre una terza quota di 250 mllionl è prevista per Il l • gennaio 1972. Il tutto per un ammontare globale di 900 mlllonl di dollari. Tali diritti speciali costituiscono un primo tentativo di creazione di un mezzo Internazionale di paga111ento sganciato dalle monete nazionali. I Paesi aventi questo di ritto possono attingere al credito messo a loro disposizione In caso di dlf!lcoltà nel pagamenti internazionali, senza l'obbligo del rimborso. -421- del Consiglio dei Ministri della CEE il Piano per la realizzazione dell'Unione economica e monetaria europea: un provvedimento discusso e discutibile sotto molti aspetti, soprattutto per la mancata creazione di adeguate i stanze deliberative e di controllo, ma che tuttavia segnava l'avvio verso una politica monetaria comunemente programmata (3). Nonostante gli scarsi risultati raggiunti dai Ministri della CEE responsabili della politica finanziaria, riuniti ad Amburgo il 26 e 27 aprile, qualche giorno dopo i Governatori d elle Banche Centra li d'Europa riuniti a Basilea decidevano di restringere il margine di oscillazione paritrtria tra le monete dei Paesi membri della Comunità dallo 0,7!)% in più o in meno della parità ufficiale allo 0,60% . La mjsura avrebbe dovuto entrare in vigore a partire dal 15 giugno prossimo. 2) Il deterioramento del mercato. Dal punto di vista delle t rattative ufficiali il m ercato monetario internazionale sembrava quindi avv.iarsi verso un processo di soluzioni concordate e, quel che è ben p iù importante, comunitarie. Tutto lasciava quindi supporre che il 1971 sarebbe stata un'annat a di transizione verso un nuovo ordine monetario internazionale. Ciò avr ebbe comportato delle crisi, ma esse non avrebbero a vuto la portata di quelle verificatesi negli anni sessanta (4). In realtà, sul fronte del m ercato finanziario la situazione stava già deteriorandosi. Nonostante i recenti interventi della Federai Reserve Bank e del Tesoro americani, tenden ti a rastrellare dal mercato europeo almeno parte del loro indebitamente, la nuova politica di moneta facile inaugurata dalla amministrazione Nixon e le contempor a nee restrizioni monetarie in Germania (il che corrisponde a bassi t assi di interesse negli USA e a lti in Germania) avevano acceleratto il flusso di dollari, soprattutto a breve termine, verso l'Europa e in particolare verso la Germania. Non è casuale quindi la riduzione conca tenata dei tassi di sconto europei avvenuta tra la fi_ne di marzo e l'inizio di aprile. Tale operazione non è però ser vita a frenare l'afflusso di dollari che negli ultimi diciotto mesi aveva raggiunto l'ammon tare di 5 o 6 miliardi aggiuntivi rispetto alla massa già esistente sul mercato europeo. Il meccanismo di questo proces.~o può essere sintetizzato nel modo seguente: i bassi tassi di interesse nuovamente instaurati negli Stati U niti rendono il dollaro p oco r emnnerativo sul mercato americano; i dollari confluiscono quindi sul mercato europeo che ha tassi di remunerazionc più elevati e vengono convertiti in moneta europea, specialmente in marchi ted eschi ; questo afflusso di dollari genera un aumento della liquidità operando una lievitazione dei prezzi; la Germania, che specialmente ha problemi di inftazione interna, aumenta i tassi di interesse per frenare la liquidità, rende cioè il marco più caro all'acquisto ma anche più re(3) Cfr. F. ONIDA, Una m oneta e una· politica per l 'Ett1'0pa, In Relazioni Socia li, 2, febbraio 1971 , pp. 147-71. (4) Cfr. Bollettino d ella Società F inanziaria Europea, In Agence 1:conomique et Financière, Zurlgo, 17-18 gennaio 1971. -422- Giugno 1971 47. Problemi monetari 2 munerato; ne segue un afflusso ancora più grande di dollari sul mercato del marco. Questa enorme spinta di dollari sul mercato europeo, ne ha fatto scendere il prezzo, per cui alla fine di aprile la quotazione del dollaro era scesa ai minimi consentiti dalle regole dell'attuale sistema monetario internazionale, mentre il prezzo dell'oro saliva ai ma ~si mi dell'ultimo anno e mezzo. Il !asciarla scendere ancora avrebbe significato una svalutazione di fatto del dollaro e le Banche centra li europee, che hanno le proprie riserve monetarie imbottite di dollari, sono state costrette ad intervenire sul mercato e a operare massici acquisti di dollari per sostenerne il prezzo. Una svalutazione del dollaro infatti avrebbe si gnificato una svalutazione di tutte le riserve di valuta dei Paesi europei. E questo acquisto forzato di dollari non ha fatto altro che gonfiare ulteriormente il portafoglio dollari delle casse delle Banche centrali europee. Gli acquisti di dollari operati dalle Banche centrali europee nelle ultime settimane di aprile e fino al 5 maggio hanno raggiunto un ammontare imponente. Si calcola che oltre ai 10,8 miliardi di dollari che i Paesi industriali dell'Europa occidentale, il Canada ed il Giappone hanno dovuto assorbire nel 1970, nei primi quattro mesi del 1971 l'Europa da sola ha dovuto assorbire allri 12 miliardi di dollari. Di questi, ben 5,5 miliardi sono affluiti verso la Germania Occidentale. 3) I provvedimenti adottati. l. A questo punto i minis tri europei delle fmanze hanno cominciato a dare segni di inquietudine. Il ministro dell'Economia della Germania Federale, K. Schlller, a ll'indomani della conferenza di Amburgo, ripeteva le dichiarazioni rilasciate il 22 aprile a ll'inaugurazione dolla fiera di Hannover. La Germania, egli affermava, non è disposta ad «imparare a vivere con l'inflazione»; per cui, oltre a misure tendenti ad assicurare la stabilità all'interno potranno rendersi necessarie mis ure tendenti a permettere una maggiore «flessibilità >> verso l'estero. Il giorno preceden te queste dichiarazioni, il 28 aprile, la Deutsche Bundesbank aveva deciso di sospendere gli acquisti a termine (tre mesi) di dollari. Intanto cominciava a trapelare la notizia che il ministro francese delle Finanze, Giscard d'Estaing, aveva sostenuto nuovamente ad Amburgo la vecchia tesi francese della svalutazione del dollaro o della rivalutazione dell'oro. Mentre, sempre alla fine del mese di aprile, 14 Banche centrali europee acquistavano dal Fondo Monetario Internazionale oro e « diritti speciali di prelievo •• per il valore di 300 milioni di dollari. Rispetto alle quote in dollar i delle riserve europee l'ammontare era modes to, ma l'operazione, in quel momento di accesa tensione speculativa, a ssumeva un significato preciso di sfiducia nei confronti del dollaro. Infine il 3 maggio veniva pubblicato il rapporto semestrale congiunto dei cinque Istituti tedeschi per lo studio della congiuntura, redatto il 29 aprile precedente. In questo rapporto, quattro dei cinque istituti (Amburgo, Kiel, E ssen e Monaco) dichiaravano " insodclis/acente » per la -423- Germania una rivalutazione simultanea di tutte le monete europee come pure una rivalutazione diretta del solo marco. Essi sostenevano invece una rivalutazione graduale da ottenersi mediante una « liberalizzazione dei tassi di cambio "· L'Istituto di Be rlino invece, pur soste nendo la necessità di « misure sulle parità valutarie » consigliava una « rivalutazione diretta » del marco perchè più « compatibile cor1 gli impegni comtmitari » (5). La t esi favorevole ad una maggiore fl essibilità del marco sostenuta dal ministro Schiller trovava quindi appoggio n el parere dei competenti Istituti di ricerca. Lo stesso ministro, in un'intervista, faceva intendere cht: non rifiutava le proposte contenute nel Rapporto. Ormai era chiaro che tra le possibili soluzioni egli propendeva per i corsi fluttuanti, possibilmente di tutte le monete europee, come previsto dagli accordi per l'unione eco· nomica e monetaria europea del 9 febbraio 1971. Si trattava da una parte di ridurre i margini di fluttuazione fra le monete europee e dall'altra di allargare simultaneamente tali margini nei confronti del dollaro. Soluzione estrema - poichè il più colpito dall' invasione di dollari era il marco - restava quella di convincere i Paesi membri de lla CEE almeno ad una «tolleranza » nei confronti di una temporanea fluttuazion e del solo marco. Il 5 maggio la Bundesbank sospendeva ogni acquisto di dol· lari, seguita in questo provvedimento dalle Banche centrali dell'Olanda, della Svizzera e, a ventiquattr'ore di distanza, dalla Banca centrale del Belgio. l ministri europei responsabili della politica finanziaria, riuniti d'urgenza a Bruxelles 1'8 maggio, non riuscivano a raggiungere un accordo. Essi non andavano oltre la concessione fatta alla Germania di lasciare fluttuare il marco liberamente ed indipendentemente dalle altre monete europee. Era evidente fin dagli inizi che i rappresentanti di Bonn non erano andati a Bruxelles per trattare con i colleghi europei, ma per far loro accettare la tesi tedesca di una fluttuazione comune di tutte le monete della Comunità o, almeno, una « tolleranza " per la fluttuazione del marco. Ora la « tolleranza" era stata ottenuta. Il 9 maggio il governo di Bonn - a sua volta non senza contras ti interni tra il ministro dell'Economia, Schiller, da una parte, e il suo collega alle Finanze, Moeller, appoggiato dal Presidente della Bundesbank, Kahlen, dall'altra -, per frenare la corsa speculativa al marco e il surriscaldamento dei prezzi all'inlerno, decideva che il tasso di cambio del marco venisse lasciato fluttuare liberamente in base alla domanda e all'offerta di mercato, senza precisare i limiti e la durata della su a fluttuazione. Immediatamente i Paesi Bassi seguivano la Germania lasciando fluttuare il fiorino allo s tesso modo del marco. Svizzera e Austria rivalutavano il franco e lo scellino rispettivamente del 7% e del 5,05%. Invece Francia, Gran Bretagna, Italia e, dopo una pausa di incertezza, il Belgio decidevano di mantenere invariata la parità delle proprie monete. (5) Cfr. La bu1·rasca monetaria nell'ottica tedesca, In Mondo Economico, 19. 15 maggio 1971, pp. 19-24. -424- Giugno 1971 47. Problemi monetari 3 2. Singolare a prima vista, ma significativa di una precisa scelta di politica monetaria, è stat a, in questa vicenda, la posizione di Washington. Gli americani sono s tati tranquillament e a guardare, restandosene fuori, la tempesta scatenata dalla loro moneta. Il giorno segu ente le decisioni prese in Europa, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti em etteva una dichiarazione in oui si affermava che « i mercati sembrano r eagire in modo ordinato alle varie decisioni di alcuni Paesi europei in merito a lle rispettive politiche dei cambi. Nessuna azione si rende necessaria per gli Stati Uniti» (6). Questa politica del non intervento per quanto riguarda i pro· blemi della liquidità internazionale risale a qualche anno a ddietro. Essa si basa sulle seguenti motivazioni: - forti del fatto che il dollaro è moneta di riserva e dei pagamenti inte rnazionali, gli Stati Uniti ritengono che spelli agli altri Paesi intervenire per mantenere la parità del dollaro con l'oro; - conseguentemente essi sono riusciti a imporre agli altri Paesi nel 1968, dopo la crisi d ell'oro, il doppio mercato dell'oro ; essi cioè si rifiutavano di intervenire sul mercato dell'oro per sostenerne il prezzo; - all'acc·uija che gli europei sono costretti a finanziar e l'enorme e patolo gico d efi cit della bilancia dei p agame nti americana, essi rispondono in tre modi: che eventualmente tocca agli europei rivalutare le loro m o· n et e; che tuttavia il flu sso di capitali americani in Europa è servito e serve anche a finanziare lo sviluppo economico dei P a esi e uropei; e che se la bilancia americana è sbilanciata passivamente, la bilancia della Germania si prese nta a sua volta troppo sbilanciata verso l'attivo, il ch e contribuisce u gualmente a creare dei problemi ; - c'è infine probabilmente un motivo non e spresso: che gli Stati Uniti cioè si servano dell'inflazione, che il loro debito verso l'este ro inevitabilmente esporta, per indebolire la con correnzialità d ella CEE sul mer· cato mondiale ed an che, più in gen erale , per far pagare indirettamente ai Paesi occidentali gli aiuti, militari e non militari, che e ssi forniscono in base all'alleanza atlantica. La posizion e americana può essere riassunta dalle seguenti dichiarazioni dell'eminente economista di Chicago, Milton Friedman, uno dei più influenti consiglieri dell'amministrazione Nixon : «Non c'è stata una crisi del dollaro, c'è s tata invece una crisi del marco [ ... ]. Una crisi del dollaro significh erebbe un diffuso desiderio dei possessori di dollari di ridurre i loro fondi in dollari. Questo condur rebbe all'acquisto di tutte le monete non soltanto del marco» (6 bis). Il che equiva le a dire: dal momento che le Banche centrali degli altri Paesi non possono ridurre le loro riserve in dollari senza provocare un crollo del sistema monetario internazionale, trovino esse il sistema per evitare che il prezzo del dollaro crolli. (6) Cfr. Il Sole-24 Ore, 11 maggio 1971, p. 15. (6 bis) Newsweek, 24 maggio 1971 , p. 40. - 425 - Gli strumenti offerti dalle tecniche monetarie sono i seguen ti: o continuare ad incassare dollari (facendo così dipendere le proprie monete in modo sempre più s tretto dal dollaro, col rischio di un ulteriore aggravamento della tendenza inflazionistica), o rivalutare le proprie monete (diminuendo così la propria concorrenzialità con l'economia a mericana ), o lasciar flu ttuare le proprie monete rispetto al dollaro ( il che avrebbe come risultato una ri valu tazione di fatto delle mone te stesse), oppure infine istituire dei controlli s ui cambi (e questo, riducendo la libertà dei pagamenti, rimetterebbe in questione il libero scambio fra i Paesi europe i). LE RAGIONI DI FONDO DELLA CRISI La vera radice dei problemi monetari internazionali sta quindi ben al di là dei movimenti speculativi causati dalla nuova politica di denaro a buon mercato inaugurata dagli Stati Uniti . Essa va cercata nelle ormai stabili caratteristiche dei conti con l'estero degli Stati Uniti e della Germania; nelle diverse situazioni congiunturali dei due Paesi, le quali hanno determinato i contrastanti provvedimenti monetari che sono a ll 'origine della recente speculazione; e infine nella enorme massa di crediti in dollari che il costante deficit americano verso l'estero h a crea to soprattutto in Europa: cioè il mercato dell'eurodollaro. l) Stati Uniti e Germania: economie c monete in concorrenza. I sistemi economici degli Stati Uniti e della Germania presentano caratteristiche reciprocamente contrastanti, che rendono difficile la ricerca di provvedimenti che insieme possano concorrere a un migliore assetto degli scambi e dci pagamenti internazionali . l. In una analisi di lungo periodo risulta evidente la tendenza opposta delle due economie nei loro conti con l'estero. La bilancia delle transazioni correnti dei due Paesi (cioè il conto delle importazioni ed esportazioni di beni e servizi e dei t ras ferimenti unilaterali) m ette immediatamente in rilievo una caratteris tica. Gli Stati Uniti hanno visto via via peggiorare il saldo delle loro transazioni con l'estero, passando da un attivo di 5.883 milioni di dollari nel 1964 ad un passivo di 885 milioni n el 1969 (cfr. Tabella l). La Germania, invece, è andata sempre più allargando la sua quota fino a giungere ad un attivo di 1.064 milioni di dollari nel 1969. Se alle operazioni correnti si aggiunge il movimento dei capitali privati e pubblici da e verso l'ester o si può osservare come, alla progressiva diminuzione del saldo attivo delle partite correnti, corri sponde dal 1964 in poi una sempre maggiore uscita di capitali verso l'estero, per cui i·l conto globa le degli Stati Uniti -426 - Giugno 1971 47. Problemi monetari 4 nei confronti dell'estero è andato peggiorando, passando da un debito di 1.564 milioni di dollari nel 1964 a 3.418 milioni nel 1967. Questa tendenza si è invertita negli anni 1968 e 1969 che hanno segnato un attivo rispettivamente di 1.641 e 2.700 milioni di dollari. Il 1970 ha invece segnato un nuovo crollo della bilancia dei pagamenti americana (cfr. Tabella 2): una cifra record di - 10.686 milioni d i dollari (7). Bisogna dire che tale d eficit è la con seguenza de lle operazioni di « ra strellamento» di debiti cui abbiamo in precedenza accennato, ope- rate dagli Stati Uniti nel 1970. Mentre cioè nel 1969 un notevole afflusso verso gli Stati Uniti di capitali raccolti sul m er cato europeo migliorava il saldo delle transazioni ufficiali, facendo però scendere il saldo della liquidità a - 7.012 milioni di dollari, nel 1970 gli Stati Uniti hanno rimborsato pm·te di questi dehiti attingendo alle proprie riserve ufficiali che sono di conseguenza diminuite, ma in c:ompen50 riducendo il passivo in termini di liquidità che è passato a - 4.741 milioni di dollari. La posizione della bilancia commerciale tedesca presenta invece una tendenza opposta. Ad un saldo attivo delle operazioni correnti per il 1969 di 1.064 milioni di dollari, con un volume globale di transazioni notevolmente superiore a quello degli Stati Uniti, corrisponde ancora un saldo attivo dei movimenti di capitale, 1.204 milioni di dollari p er il 1969. La conseguenza è la continua crescita delle riserve valu tarie tedesche (cfr. Tabella 1). Questo processo di gonfiamento delle riserve tedesche è ampliato dalla continua necessità imposta alla Bundesbank di assorbire i dollari che entrano sul mercato del marco per evitare la caduta del loro prezzo. Ulteriore conseguenza è che le riserve tedesche sono troppo s bilanciate nei confronti del dollaro: hanno cioè troppi dollari, dipendendo così troppo fortemente dalla posizione della moneta americana. (7) La pecullare situazione della bilancia del pagamenti statunitense esige delle particolari considerazioni. Il costante flusso dl dollari verso l'estero che dura da circa quindici anni ha determinato all'estero un ammontare considerevole dl crediti In dollari verso gll Stati Uniti. Questi crediti possono rientrare negli Stati Unltl ed usclrne Incidendo entro l'arco dell'anno economico sulle riserve dl pagamento, oppure rimanere ln mano dl non residenti per una durata superiore al periodo economico contabile. Dovendo quindi fare 1 conti dell'lndeblta mento degli Stati Unltl verso l'estero bisogna distinguere fra 1 due tlpl dl lndebltamento. Il « Department of Commerce » e la «Federai Reserve Bank » degli Stati Unltl distinguono p erciò nel loro conteggi un saldo della bilancia del pagamenti «in termini di negoziazioni ufficiali >> e un saldo « in termini di liquidità». Nel primo conto sono considerate solo le operazioni utHclall sia con lstltuzlonl degll Stati Unltl sta con non residenti, che determinano nell'ambito del periodo contabile delle variazioni delle riserve ufflclall In dollari del resto del mondo. Nel secondo conto sono p r ese ln considerazione, oltre alle variazioni contenute nel primo, anche tutte le variazioni delle dlsponlbllltà « Uqulde » dl tutti 1 non res identi, pubbllcl e privati, verso gli Stati Uniti. Sl tratta cloé del conto della base monetaria ln dollari esistente nel sistema Internazionale e che non necessariamente rientra negll Stati Uniti. - 427- TAB. 1 - Posizione delle riserve (milioni di dollari) COMPOSIZIONE Paesi Anni - Divise estere 11.859 11.072 11.039 1.471 1.450 1.350 4.079 3.980 3.978 3.547 3.532 3.530 2.956 2.887 2.885 3.240 3.257 3.280 13.822 13.656 13.673 39.130 37.185 2.781 629 327 1.056 948 2.324 1.935 1.700 2.784 8.455 9.462 286 1.257 1.526 1.194 2.059 2.498 1.082 1.544 1.592 5.310 13.315 15.078 31.885 43.825 302 917 964 -- Stati Uniti 1969 1970 2/1971 Gran Bretagna 1969 1970 2/1971 Germania Federale 1969 1970 2/1971 Francia 1969 1970 2/1971 Italia 1969 1970 2/1971 Benelux 1969 1970 2/1971 CEE 1969 1970 2/1971 Mondo 1969 1970 211971 Totale Posizione Diritti presso speciali Il FMI di prelievo Oro -851 1.468 269 258 450 171 347 863 275 281 595 931 1.176 1.760 2.123 2.421 6.726 7.697 777 77 216 349 593 855 1.606 3.124 6.043 - - ----·· ·----FONTE: Fondo Monetario Internazionale. Dati dl fine periodo. = Voce non esistente per quella data o per quel Paese. - Valori non conosciuti. - --~--- 16.964 14.487 14.534 2.527 2.667 3.400 7.129 13.610 14.854 3.833 4.960 5.403 5.013 5.298 5.880 4.917 6.081 6.641 20.892 29.949 32.778 77.735 91.830 - -- - Vu infine osservato che mentre il valore delle esportazioni e delÌe importazioni degli Stati Uniti (cfr. Tabella 3) corrispond e rispettivamen· te al 4% e al 3,8% dell'enorme ammontare del prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti, le esportazioni e le importazioni de lla Repubblica Federale tedesca rappresentano rispellivamente il 18,81% e il 16,13% del suo prodotto nazionale (dati valevoli per il 1969). Questo signifi ca che l'economia statunitense risente in modo eslrilmamente rido!lo rispel!o alla Germania e d ai Paesi europei di eventuali varia~i oni nei tassi di c;ambio delle mone te. E giustifica in parte il disint eres~e d egli Stati Uniti nei c:onfronti d e lle vicende monetari e. 2. La situazione congiunturale dei due Paesi che stiamo analizzando r ende ancor più difficile la ricerca di soluzioni armoniche. Gli Stati Uniti stanno attraversando un particolare periodo di difficoltà, cara tterizzato dalla presenza contemporanea di stagna-428- 47. Problemi monetari 5 Giugno 1971 zione e di inflazione. A tal punto che gli economisti han dovuto coniare un nuovo termine: « Stagflation » . Questo significa che le autorità economiche statunitensi devono contemporaneamente ricorrere a misure che stimolino l'economia interna e a mis ure che frenino l'inflazione. La si.tuazione economica degli Stati Uniti era caratterizzata alla fine del primo trimestre 1971 dai seguenti dati: indice della produzione industriale in termini reali, -t-6,5%; indice dei prezzi, +3%; indice di inflazione, +5,2%; disoccupazione, 6% delle forze di lavoro. Per contro, gli obiettivi economici prospettati all'inizio dell'anno prevedevano per il 1971 un aumento del prodotto nazionale lordo del 9%, una riduzione del tasso di inflazione al 3% e una riduzione della disoccupazione al 4,5%. Tuttavia un miglioramento de ll'indic:e di inflazione ri spetto all'ultimo trimestre del 1970, e for se anche e sigenze elettorali, spingon o le autorità statunitensi a premere ora sull'acceleratore anzichè sul freno. Si tratta cioè di rendere più facile il finanziamento dell'attività economica per farla uscire dalla fa se di stagnazione. Questo significa rendere il denaro più facile riducendo il tasso di sconto - che effettivamente è stato abbassato al 4,75 % - e, conseguentemente, i tassi di interesse. La congiuntura tedesca presenta invece caratteristiche opposte. Essa manifesta chiari segni di surriscaldamento: l'economia funziona cioè a pieno regime, ma è sottoposta a forti pressioni inflazionistiche. Nel 1970, nonostante gli effetti della rivalutazione del marco dell'ottobre precedente, si è verificato un aumento del f!rodotto nazionale lordo del 5% rispetto al 1969, accompagnato da un aumento dei salari del 14% e dei prezzi del 4,5%, e da un tasso di disoccupazione dell'l,2% delle forze di lavoro. Alla fine del primo trimestre 1971 gli indici dell'economia tedesca rispetto a l dicembre 1970 erano i seguenti: la produzione industriale era aumentata del 6%, l'indice di aumento dei prezzi era del 4%, leggermente inferiore a quello del 1970, mentre la disoccupazione scendeva all'l% delle forze di lavoro, con una domanda di lavoro s uperiore a ll'offerta. Un rallentamento della domanda interna ed estera e l'arresto deldei prezzi lasciavano intravvcdcre un progressivo raffreddamento della situazione congiunturale. Le autorità economiche e monetarie ritenevano tuttavia opportuno di mantenere il piede sul freno continuando a mantenere alto il costo del denaro mediante alti saggi di interesse sui crediti bancari a breve e a medio termine e medi~nte altre misure di caratlere restrittivo. Questa politica continuava a mantenere vivo l'interesse degli speculatori per i l mercato del marco, sopratlutto in coinciden· za c on le basse retribuzioni d el denaro riscontrahili negli Stati Uniti. l'asc~a 2) Il problema degli << eurodollari ». Gli cc eurodollari », secondo la definizione della Banca dei Regolamenti Internazionali, sono dei « dollari acquistati da banchieri ch e eser- citano la loro attività al di fuori degli Stati Uniti ed impiegati, sia direttamente che dopo essere stati con·vertiti in un'altra moneta, per concedere -429- , -'1 TAB. 2 · Andamento della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti · 1964-1970 (milioni di dollari) l l 1964 l l i 1965 1966 ll 1967 l 1968 l l ll primi 9 mesi 1969 ! 1969 1970 1. « In termini di negoziazioni ufficiali u 1.1 Beni e servizi 1.2 T raslerimenti unilaterali 1.3 Movimento dei capitali 9.920 -4.037 - 7.047 8.749 -4.386 -5.652 6.302 -3.810 -2.226 6.117 - 3.874 -5.661 3.296 -3.632 1.977 2.709 -3.594 3.585 1.264 -2.719 3.641 2.710 -2.707 -6.503 - 1.564 - 1.289 266 - 3.418 1.641 2.700 2.186 - 6.500 -1.564 - 1.289 266 -3.418 1.641 2.700 2.186 -6.500 120 153 336 -1.517 - 1.195 - 409 - 371 52 2.712 -2.742 - 241 - 438 880 275 -7.137 516 -1.608 1.033 48 -7.353 448 -1.608 1.033 -5.426 2.684 159 709 - 1.437 - 3.544 171 - 7.012 - 7.012 - 3.311 A (,) Saldo o 2. " In termini di liquidità " 2.1 Saldo negoziazioni ulliciali 2.2 2.2.1 2.2.2 2.2.3 Liquidità di base: Organismi ufficiali Banche commerciali Pubblico 2.3 A ltra liqui dità 2.4 Riserve Saldo FONTE : - 757 - 1.032 - 140 700 171 -1.222 405 -2.203 - 117 1.126 568 - 2.800 - 1.335 - 1.357 - so U .S. Department of Commerce . ------- ~--- -J T AB. 3 · Proporzione delle importazioni ed esportazioni sul prodotto nazionale lordo (milioni di dollari) C) c CQ ~ 1964 19 68 Paesi PNL -·Stati Uniti -·--· l IMP l EXP PNL ! l IMP l EXP l l ' l 19 69 PNL l IMP l ...o (Q :1 EXP 632 .200 1.226 1,93% 1.750 2,76% 770.400 2.129 2,76% 2.527 3,28% 791.800 3.004 3,80% 3.166 4,00% 90.630 1.061 11,70% 923 10,18% 99.660 1.342 13,46% Ll44 100.990 11,47% 1.663 16,46% 1.460 14,45% 102.760 910 8,85% 1.054 10,25% 119.290 1.456 12,20% 1.491 12,49% 128.700 2.077 16,13% 2.421 18,81% Francia 89.620 557 6,21% 602 6,71% 108.750 862 7,90% 838 7,70% 117.390 1.435 12,15% 1.240 10,56% Italia 51.750 435 8,40% 349 6,74% 64.330 615 9,56% 600 9,32% 67.520 1.038 15,38% 977 14,48% Paesi Bassi 15.990 426 26,64% 359 22,45% 19.570 622 31,88% 533 27,31% 20.500 916 44,67% 830 44,56% ò iD ~ 3 Gran Bretagna Germania Federale ...""' Co) B elgio e Lussemburgo Mercato Comune 16.540 352 21,28% 327 19,77% 17.300 530 30,63% 532 30,75% 18.240 832 45,63% 839 45,98% 276.660 2.680 9,68% 2.691 329.240 4.085 12,40% 3.994 12,10% 352.350 9,72% 6.298 17,80% 6.307 17,80% - FoNTE: OCSE. ""' :"" ., tT o :l !l 111 ~ O) dei prestiti a clei richiP.clenti clefinitivi » (8). In altre parole, un eurodol laro è un comune si tuata al di fuori al di fuori di ogni stessi s ia dei Paesi dollaro USA che è stato d epositato presso una banca degli Stati Uniti e ch e circola (viene « impegnato »J controllo delle autorità monetarie sia degli Stati Uniti in c ui esso è depositato. Bisogna quindi distinguere fra ,, deposi ti " ed ,, impegni » in dollari. L'ammontare dei depositi in dollari presso Banche europee o filiali europee d i banche s tatunitensi è passato da 1,8 miliardi nel 1964 a 16,4 miliardi nel giugno 1970 (cfr. Tabella 4). Questa ultima cifra è nettamente aumentata negli ultimi mesi. Ancora più esplosivo è sta to l'impegno di questi dollari. Esso è passato da 9,0 miliardi nel 1964 a 41,5 miliardi nel giugno 1970, con un aumento impressionante di circa il 50% (da 25,0 a 37,5 miliardi) soltan to tra il 1968 e il 1969. Se si confrontano il valore dei depositi e quello degli impegni - 16,4 contro 41,5 nel giugno 1970 se ne può dedurre che il moltiplicatore del mercato dell'eurodollaro è di circa 2,5. Cioè per ogni dollaro deposita-t o in banche europee sono in circolazione impegni per due dollari e mezzo. TAB. 4 · Mercato dell'Eurodollaro (miliardi di dollari) 1964 11965 11966 1 1967 1 1968 11969 1. Attività delle Eurobanche sugli USA 2. Dimensioni al lordo dei conti lnterbancarl 3. Dimensione al netto dei conti lnte rbancari l gi~~~o 1,8 2,1 4,4 5,2 9,5 16,5 16,4 9,0 11,6 16,1 19,9 30,4 46,0 50,0 9,0 11,5 14,5 17,5 25,0 37,5 41,5 FONTE: Banca del Regolamenti Internazionali. I motivi che hanno portato alla creazione di questo enorme mercato del dollaro al di fuori degli Stati Uniti sono diversi (9). Parte di essi hanno la loro origine negli Stati Uniti e parte in Europa stessa. Negli Stati Uniti: la '' Regulation Q "• che fissava un limite alla remunerazione che le banche americane erano autorizzate ad accprdare ai depositi, riducendone quindi la competitività con le banche europee, e le « Regulations D e M >> che non ( 8 ) BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI, J5o Rapporto annuale, Bas ilea 1965, p. 166. Più In generale si d ovrebbe parlare dl « euromoneta » poiché Il 18 % del totale dl queste divise è formato da monete diverse da l dollaro. Agli « eurodollari » vanno Inoltre aggiunte le • euro-obbllgazlonl ». Esse sono formate da emissioni ln dollari per la durata dl cinque anni e più. Agll Inizi del 1971 l'ammontare delle « euro-obbligazioni • vendute superava l 12 mlllardl di ò.ollarl. (9) C!r. P. ErNzrc, The Eurodollar System, London, Macmlllan, 1967. -432 Giugno 1971 47. Problemi monetari 7 prevedevano l'obbligo di un margine di riserva per gli impegni in dollari al di fuori degli Stati Uniti. Queste due disposizioni sono state recentemente modificate. In Europa la causa principale è da ravvisare nella mancanza di un adeguato m ercato dei capitali, nei più alti saggi di interesse pagati sul mercato europeo, e infine ne lla mancanza di ogni tipo di controllo sui dollari depositati p resso banche europee e circolanti s ul mercato europeo. A giudizio degli esperti, le ripercussioni ch e il mercato dell'eu rodollaro ha su quello internazionale e sulle economie nazionali si suddividono equamente in positive e negative. Innanzi tutto l'eurodollaro è venuto a forni re un valido apporto di liquidi tà agli scambi internazionali in un momento in cui tali scambi erano minacciati da una estrema scarsezza di mezzi di pagamento. Lo sviluppo di ques-te disponibj]jtà in dollari e, soprattutto, la loro es trema mobilità hanno dato un contributo notevole allo sviluppo del commercio internazionale. A tal punto che alcuni economisti ritengono superati, se non dannosi, i «diritti speciali di prelievo " recentemente instaurati presso il Fondo Monetario Internazionale appunto per creare mezzi internazionali di pagamento. A questi vantaggi si contrappongono però dei per icoli. Il rapido spostamento di fondi da un m ercato all'altro, favorito dagli eurodo ll ari, può operare come un meccanismo che moltiplica ed esporta all'estero eventuali tendenze inflazionistiche o deflazionistiche esis tenti negli Stati Uniti. Inoltre la rapidi tà degli spostamenti e le difficoltà nel controllarli possono avere come risultato di vanificare le politiche economiche e monetarie dei singoli Paesi. I nfi ne il merca to dell'eurodollaro si presta o può addirittura favorire movimenti speculativi. E le recenti vicissHudini•delle monete europ ee confermano questa ipotesi. Possiamo riassumere qu este osservazioni sul mer cato dell'eurodollaro nel modo seguente: - è innegabile l'esi stenza di un coll ega mento diretto tra l'ammon. tore di dollari circolante al di fuori d egli Stati Uniti c la bilancia dci pagamenti americana; - questi dollari costituiscono dei debiti degli Stati Uniti nei confronti dei Paesi che li detengono, e vengono inoltre ad alterare sia il volume sia la composizione delle ri8erve ufficiali ed anch e d ell'insie me dei mezzi di pa gamento (ba se monetaria) esistenti all'interno di questi Paesi; - in teoria le Banche centrali potrebbero chiedere al Tesoro degli Stati Uniti di convertire i loro dollari in oro. In pratica ciò risulta impossibile, pen:hè i dollari detenuti dalle Banche centrali val gono quasi il doppio de ll'oro posseduto dagli Stati Uniti ; e quindi una tale richiesta obhli ghcrebbe gli Stati Uniti a dichiarare la inconvertibilità del dollaro. Cioè il dollaro è divenuto ormai inconvertibile di fatto. Di fronte a tale situazione molti esperti non esitano pm og· gi a parlare di un « dollar standard », cioè di un sistema monetario basato ormai sul dollaro come conseguenza non di un accordo internazionale, ma di un processo storico di fatto. -433- PROBLEMI APERTI l. L'analisi del mercato della liquidità internazionale che abbiamo cercato di tratteggiare dovrebbe far risultare chiaramente che se è vero che l'attuale situ azione del sistema monetario internazionale è da porsi in collegamento d iretto con la situazione della bilancia dei pagamenti statunitensi, non altrettanto vero è il ragionamento inverso: cioè che un risanamento della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti rimetterebbe in ses to anche il sistema monetario internazionale. Esiste ormai una situazione di fatto che è indipendente dalla volontà sia degli Stati Uniti che degli altri Paesi. Questo naturalmente non equivale a condividere il parere del prof. M. Friedman, il quale in una conferenza tenuta a Ginevra nel 1969 affermava: <<Gli Stati Uniti non hanno motivo di preoccuparsi per la loro bilancia dei pagamenti, per la ragione fondamentale che il mondo si basa sul "dollar s tandard "». Il non preoccuparsi di tale problema potrebbe anche contribuire a peggiorare le cose, generando in tutta l'economia mondiale una inarrestabile spirale inflazionistica. <<La situazione degli Stati Uniti si legge nel recente Rapporto annuale del Fondo Monetario Internazionale - è cruciale per ogni previsione di assestamento della economia mondiale [ ... ]. Sono in gioco il controllo della tendenza inflazionistica su base mondiale, la stabilità a lungo termine e la efl'icienza dell'economia degli Stati Uni•ti, il rafforzamento estremamente necessario della posizione della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti (specialmente le transazioni correnti) e un sano funzionamento del sistema monetario internazionale, ( 10). La bilancia dei pagamenti statunitensi resta quindi un problema, anche se non più l'unico. 2. Un'altra serie di provvedimenti si rende ormai necessaria per regolare il mercato internazionale della liquidità, di cui lo euromercato è parte fondamentale, e sottoporlo al controllo delle autorità monetarie internazionali. In una conferenza tenuta a Napoli il 24 marzo 1971, il Governatore della Banca d'Italia proponeva una serie di possibili soluzioni tendenti a rarefare e a tenere sot to controllo l'offerta di dollari (11 ). a) La prima soluzione dovrebbe fare ricorso a variazioni delle parità monetarie nei confronti del dollaro. Questo potrebbe avvenire: aumentando il prezzo dell'oro soltanto in termini di dollari e !asciandone invariato il prezzo in termini di monete del resto del mondo; o, viceversa, lasciando invariato il prezzo dell'oro in termini di dollari e diminuendolo in termini delle monete ( 10) lNTERNATIONAL MONETARY FUND, Annttal Report 1970, pp. 5-6. (11) Cfr. G. CARLI, L'ettrod.ollaro: una piramide d.i carta?, In Mondo Economico, 13, 3 aprile 1971, pp. 37-42. -434- 47. Giugno 1971 Problemi monetari 8 del resto del mondo; o, infine, ampliando il margine di oscilla· zione delle monete intorno alla parità. b) La seconda soluzione prevede invece l'is tituzione di un controllo del movimento dei capitali, a breve e a lungo termine, tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. Tale controllo dovrebbe estendersi non soltanto al settore bancario, ma anche al settore non bancario. Appare immediatamente chiaro che la prima serie di soluzio· ni proposte si presenta come la più radicale anch e se la più pro· blematica, fatta eccezione di quanto viene detto circa l'oscilla· zionc delle monete intorno alla parità; oscillazione che dovrebbe insieme venire realizzata per tutte le monete, o almeno per le più importanti, nei confronti del dollaro. In questa direzione, oltre che verso provvedimenti atti a li· beralizzare il movimento dei capitali all'interno e a controllarli all'esterno, si era orientato il Consiglio dei ministri della CEE nella « Risoluzione per la realizzazione dell'Unione economica e monetaria, del 9 febbraio 1971 (12). Tale Risoluzione giunge fino a prevedere un "obiettivo finale [da raggiungersi entro un decennio e che] potrà essere costituito dall'adozione di una moneta unica ch e garantirà l'irrever sibilità dell'impresa ». N e i provvedimenti destinati alla realizzazione della prima tappa della durata di tre anni a cominciare dal l " gennaio 1971 si prevede fra l'altro: - « un rafforzamento delle procedz.re di consu ltazione » tendenti a realizzare una « politica della moneta e del credito [. .. l strettamente coordinata e l'integrazione dei mercati finanziari » ; - « i1t particolare essa (la Com unità ] non dovrà avvalersi, nelle relazioni rli cambio tra Paesi membri, eli eventuali disposizioni che per· mettano una flessibilità del sistema interna~ionale dei cambi »; - al termine di questo primo periodo la Com unità dovrà formare « 1111 i11~ieme irulividualizzato nel sistema monetario internazionale, carat· terizzato dalla convertibìlittÌ totale ed irreversibile delle monete, clrtll'eli· minazione dei margini di fluttuazione dei corsi eli cambio, dalla fissazione irrevocabile d ei rapporti di parità, condizioni indispensabili per l'ado· zion e di una moneta unica »; - si dovranno « progres.~ivamente adottare posizioni comuni nelle relazioni monetarie co1t i Paesi terzi e le organizzazioni intemazi01wli "; - infine «il Consiglio e gli Stati membri invitano le Ranche cen· trali dei Paesi membri a mantenere l. . .l le fluttuazioni dei corsi dei cambi fra le monete comunitarie entro margini più esigui eli quelli risultanti dall'applicazione dei margini in vigore per il dollaro USA, grazie ad lr11C/ azion e concertllta su questa moneta ». 3. E' superfluo rilevare che i provvedimenti monetari adottati dai Paesi europei il 9 maggio scorso non hanno rispettato nessuna di ques•te deliberazioni, dando un duro colpo alle prospettive, sia ( 12) Cfr. « Risoluzione del Consiglio dei Ministri della CEE per la realizzazione dell' Unione economica e monetaria (9 febbraio 1971) ». In Notizia•·io Commerciale, 6, 15 marzo 1971, pp. 967-74. -435- ~------~----~-------------------------------------------------- pur eccessivamente ottimistiche come i fatti hanno dimostrato, di una integrazione economica e monetaria dell'Europa. Ancora una volta gli interessi particolari hanno prevalso su quelli comunitari. La Germania, fondandosi sulla clausola degli accordi monetari s tipulati il 9 febbraio la quale prevedeva una fluttuazione comune de lle monete europee e sulla sua posizione di forza, ha cercato di trascinare con sè le altre monete europee, riuscendo ad ottenere soltanto una tolleranza per la fluttuazione del marco. Francia e Italia, fondandosi sulla richiesta a dozione di posizioni comuni e sulla base degli interessi delle proprie economie che avrebbero tratto profitto da un r incaro del marco, mentre sarebbero state svantaggiate da una rivalutazione di fatto delle proprie monete, h a nno finito per consentire una rottura del fronte comune. E' difficile dire chi abbia più contribuito alla rottura dei· patti: la Germania aveva certamente dalla sua parte la forma degli accordi, Francia e Italia la difficile situazione delle proprie economie nazionali. Ma c'è anche un altro settore particolarmente delicato dei patti comunitari che è stato gravemente danneggiato. Si tratta del settore agricolo, sul quale i Paesi membri erano riusciti solo recentemente a raggiungere un accordo (il Piano Mansholt) dopo lunghe e complicate trattative. La fluttuazione del marco e del fiorino dividerà praticamente l'« Europa verde>> in due mercati diversi, alle frontiere dei quali dovrà essere applica-to un sistema di compensazioni in forme di aiuti alle esportazioni e di aggravi alle importazioni che compensino gli effetti della libera fluttuazione delle monete. In sostanza si avrà un ri-torno al sistema dei dazi doganali. Comunque, al di là .di quanto si è riusciti a salvare o si è potuto compromettere, un punto resta chiaro: i provvedimenti presi hanno carattere provvisorio e non risolveranno certamente i problemi che affliggono da tempo il sistema monetario interna· zionale. La strada per risolverli resta ancora quella delle trattative comuni; quelle già avviate dalla Comunità europea, anche se divenute ora più faticose, restano forse il contributo più concreto. Simon Pietro Maraschl -436-