L`Aida di Roberta Torre: viaggio allucinato di passioni ribelli

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OPERA
Ernesto Tomasini in Making of Aida di Francesco Paolo Catalano
Leggendaria 104 marzo 2014
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Farò r ivoltare Verdi nella
tomba», ha dichiarato Ernesto Tomasini pochi gior ni
prima dell’apertura del nuovo spettacolo di Roberta Torre, Aida, in scena al Teatro Biondo di Palermo dal 19 febbraio al 2 marzo. Difficile dire cosa avrebbe pensato di questa riscrittura il Peppino nazionale, uomo del
suo tempo e che il suo tempo intendev a
raccontare, pur nella dimensione onirica
di un Egitto immaginario. L’ Aida verdiana tr abocca del tr ionfalismo dell ’Italia
appena unita, dove l’etiope, la schiava, la
“negra” è oggetto di fascinazione esotizzante che anticipa le imprese coloniali non
così lontane di Crispi e poi del fascismo.
L’Aida di oggi, al contrario, sveste il nerofumo della differenza razziale: è invece
bianca come un onnagata o come i ragazzi attor i del teatr o shakespear iano, con
quattro ottave di voce purissima e intensa che Tomasini, straordinario performer,
coniuga con un gesto attoriale rigoroso ed
estremo. La sua interpretazione sfiora soltanto la tr adizione del “female impersonator”: Tomasini non è un attore en travesti, bensì carne proteiforme che trascina in
un allucinato viaggio di passioni ribelli.
Nel circo dell’aldilà messo in scena da
aa margine
margine:
L’Aida
di Roberta
Torre: viaggio
allucinato di
passioni ribelli
DI SERENA GUARRACINO
Roberta Torre con la scrittura avveneristica di Igor Esposito, nessuno sembra eludere il destino di interpretare fino in fondo la propria parte: il generale-domatore
(Salvatore D ’Onofrio) se ne assicur a a
suon di scudisciate. Si contorce di piacere Amneris, anch’essa fantasia maschile di
dark lady in tacco dodici che Massimo Vinti incarna con crudele vigore; si contorcono
le tr e v olpi, corpi stav olta femminili ingabbiati in maschere animali e rigide divise militari. Soprattutto si contor ce Radames (Rocco Castrocielo), un trionfo di
maschilità defraudata del proprio sogno e
della propria lingua sostituita da un grammelot che scava nella storia di un’Europa
lorda di sangue. Il suo corpo sofferente, che
a stento regge il peso della propria gloria,
inchioda il maschile in un sentir e drammatico e dolente.
Perché se esiste una differ enza sessuale in quest’Aida rigurgitante corpi maschili, è appunto una differenza di registro.
Solo alle personagge e in par ticolare ad
Aida, diva di questa immaginaria pista da
circo, è concesso il dono dell’ironia e della dissacrazione. Con il tradizionale nerofumo Aida smette anche i panni della
mulatta tragica per concedersi escursioni
nel lirismo più tr ito (come l’ “Amami Al-
fredo” che segna la sua pr ima apparizione) e pose esilaranti da butch e da bitch alternati a momenti di vivida introspezione
sulle note di M assimiliano P ace. La colonna sonora presta a molte scene un’atmosfera tetra e funesta, torcendo dolorosamente le citazioni verdiane: ma è quando accoglie la voce di Tomasini che l’elemento musicale dà il suo meglio , estorcendo risate e lacrime in un tour de force
emozionale. C osì accade per l ’aria “Ah
pietà”, che ibrida citazioni dal libretto di
Ghislanzoni e versi in inglese dello stesso
Tomasini che si levano su una melodia di
drammatica intensità: la voce cantante di
Aida accompagna tutto lo spettacolo modulandone il paesaggio emotivo fino al numero di chiusura, in cui la protagonista diventa macchina cantante, bambola Olimpia che celebra la meccanicità dell’umano mentre il pubblico si specchia nella scenografia visionaria di Roberto Crea.
Così si chiude il cir co di Aida: uno
spettacolo non confor tevole, un ’educazione sentimentale che attraversa il cuore oscuro delle nostre emotività normate
per mostrarne l’orrore; e che al tempo stesso fa godere della visione onirica della fuga,
incarnata da una voce ribelle che dona un
suono nuovo al nostro sentire.
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