La rivoluzione francese - Critica e Comunicazione

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LA RIVOLUZIONE FRANCESE
Finalità: comprendere le condizioni socio-economiche che hanno prodotto il passaggio della rivoluzione attraverso la
fase borghese, popolare, dittatoriale e, infine, di nuovo borghese.
LE CAUSE DELLA RIVOLUZIONE:
LA CRISI E GLI STATI GENERALI
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Crisi politica: stato autoritario ma debole.
Crisi economica: economia ricca ma poco dinamica.
Crisi fiscale: bilancio statale e non riformabilità.
Crisi culturale: spinte al cambiamento connesse
all’illuminismo.
Terminata la guerra dei 7 anni la Francia, uscita
sconfitta, versa in condizioni socio-economiche
molto dure, che Luigi XVI cerca di affrontare con
una politica fiscale molto pesante verso la nobiltà e il
clero.
Nobiltà e clero chiedono la convocazione degli
stati generali (organismo di rappresentanza
composto tra clero, nobili e borghesia). Il re è
costretto a convocarli dopo che il Parlamento di Parigi
non accetta la tassa sulla terra. Gli stati generali sono
un’opportunità molto importante per il terzo stato, la
borghesia, di rivedere i rapporti sociali, ancora segnati
da una serie di privilegi insostenibili per la nascente
classe borghese (cahiers de doléances).
PRINCIPALI ATTORI IN CAMPO DAL 1789 AL 1794
Componenti rivoluzionarie
- Giacobini: sono gli appartenenti a un gruppo
politico rivoluzionario e repubblicano, quindi
antimonarchico; il nome deriva dal convento nel
quale si riuniscono. Nel corso della rivoluzione il
gruppo si divide principalmente in due rami, un ramo
moderato, quello dei girondini (provengono dal
dipartimento della gironda, sono legati alla borghesia,
meno a sanculotti, ed hanno come leader Brissot) e
un ramo radicale, i montagnardi, composto da ex
cordiglieri come Danton e Marat, e guidato da
Robespierre, è espressione di una corrente
rivoluzionaria repubblicana radicale.
- Sanculotti: sono una parte del popolo
rivoluzionaria che si riconosce nel non indossare le
“culottes”, i pantaloni attillati dei nobili, e chiede il
suffragio universale e la solidarietà popolare
(fraternità).
Componente antirivoluzionarie
- Re: si dimostra ostile verso le posizioni
rivoluzionarie e liberali dell’Assemblea costituente;
tenta la fuga (giugno 1791) ma viene fermato.
- Aristocrazia: i nobili sono costretti a emigrare
all’estero
dove
possono
preparare
la
controrivoluzione.
- Clero: si oppone alla Costituzione civile del clero.
PRIMA FASE BORGHESE (1789-1791): DAGLI STATI
GENERALI ALLA COSTITUZIONE DEL 1791.
Quando il Re si rifiuta di adottare il meccanismo “una
testa un voto”, orientandosi verso il meccanismo “un
voto per stato”, la borghesia (il terzo stato) si
autoproclama Assemblea nazionale costituente
(rivoluzione istituzionale riconosciuta dal re), dopo il
Giuramento della Pallacorda (20 giugno 1789).
Il giuramento prevede che tutti i componenti del terzo
stato (con l’apporto di aristocratici illuminati e alcuni
esponenti del basso clero) ormai autoproclamatosi
Assemblea nazionale, resistano fino alla fine al
rifiuto del re di concedere loro uno spazio dove
portare a termine il lavoro costituente.
Il 14 luglio avviene l’assalto alla Bastiglia.
L’assemblea nazionale costituente è formata da
una componente moderata e dalle componenti
radicali dei cordiglieri (Danton, Marat, Hébert) e dei
giacobini (Robespierre e Brissot).
• Abolisce il feudalesimo (4 agosto 1789).
• Approva la “Dichiarazione dei diritti dell'uomo
e del cittadino” (26 agosto 1789) che sancisce alcuni
diritti fondamentali (libertà, sicurezza, proprietà), il
principio di uguaglianza, la separazione dei poteri, la
sovranità popolare.
• Approva la Costituzione nel 3 settembre 1791,
una Costituzione monarchica che definisce:
- un sistema monocamerale;
- un’assemblea con potere legislativo eletta con
suffragio censitario;
- un re con potere esecutivo e diritto di veto
sospensivo.
- maggiore potere alla borghesia, meno potere alla
nobiltà e al clero
• Compie molte riforme:
- riforma amministrativa: 83 dipartimenti suddivisi in
enti locali elettivi;
- riforma giudiziaria: con l’abolizione dei parlamenti
la giustizia è affidata ai tribunali;
- riforma economica: imposta fondiaria unica,
maggiore libertà economica, meno potere ai lavoratori
(Legge Chapelier, 1791), emissione degli assegnati
(titoli emessi dallo Stato per fronteggiare la crisi del
bilancio che portano al disastro economico).
• Ridefinisce i rapporti con la Chiesa cattolica:
- Nazionalizzazione e vendita dei beni ecclesiastici
(novembre 1789);
- Costituzione civile del clero (luglio 1790):
vescovi e preti devono giurare fedeltà alla
Costituzione, sono designati dal corpo elettorale e
stipendiati dallo Stato.
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