BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it Abbiamo scelto come punto di partenza della storia della Biblioteca Malatestiana la miniatura della FARFALLA. Esteticamente è molto carina e con la sua metamorfosi è il simbolo stesso del libro (codice antico o libro moderno) che con la lettura si trasforma in "cultura e sapere"; così pure chi legge subisce una metamorfosi e può volare leggero in mondi lontani... Questo è il portale d'ingresso alla Biblioteca MALATESTIANA che deve il nome al suo finanziatore DOMENICO MALATESTA (che prenderà poi il nome di NOVELLO). Fu realizzata all'interno del convento dei Frati Minori Conventuali fra il 1447 ed il 1452: esattamente 550 anni fa. La struttura architettonica è stata realizzata dall'architetto Matteo Nuti di Fano. Questi era certamente in contatto con Leon Battista Alberti e con gli altri grandi artisti rinascimentali che a Rimini costruivano il Tempio Malatestiano per Sigismondo Malatesta, fratello di Domenico. L'aula, di forma rettangolare, è a tre navate (metri 40x10): in centro vi è un corridoio illuminato solo dal rosone centrale, mentre le due navate laterali, più ampie, sono occupate da file parallele di plutei. Le 20 colonne sono alte 3 metri. Anche i colori sono cari ai Malatesta e, per gradita coincidenza, a tutti gli italiani: rosso del pavimento, bianco delle colonne e verde dell'intonaco (anche se oggi è un poco sbiadito, ma sempre originale!) 1 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it Ecco uno dei 58 plutei: banconi di lettura che fungono da leggio per la fila posteriore, da sedile per quella anteriore e da custodia dei codici: è da notare sia la posizione in piena luce rispetto alle finestre laterali che la decorazione con gli stemmi malatestiani. In questo si vedono le tre teste. Questa biblioteca è l'unica ad aver conservato oltre alla struttura ed ai codici anche l'arredo: tutto è originale come voluto e fatto da Malatesta Novello; solo i vetri delle finestre sono stati sostituiti con materiale moderno. Ecco il particolare di un pluteo con lo stemma dello steccato. Si vedono bene i codici riposti nell'apposito scaffale ricavato all'interno del pluteo e la robusta catena di ferro che lega il testo al suo posto di lettura. Anche per questo motivo i codici sono rimasti tutti al loro posto. Ecco come si presentano i codici aperti nel loro posto di lettura, sono in tutto 350. I frati possedevano già alcuni codici di argomento sacro e filosofico. Novello Malatesta oltre a donare codici già fatti, finanzia una "scrittoria" con amanuensi e miniatori di grande fama che in poco tempo arricchiscono il "fondo malatestiano" di altri 150 esemplari di opere classiche e scientifiche. Il documento più antico è "ETIMOLOGIE di S. Isidoro" del sec. IX E qui un particolare di un codice col simbolo stilizzato dello steccato e le iniziali del committente "M N" per Malatesta Novello ed i colori preferiti: bianco, rosso e verde. Gruppo di lavoro: Mariagrazia Bersani, Elisa Canini, Giulia Meloncelli, Mirko Stacchini, Marika Zammarchi. 2 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it AMANUENSI Il nome "amanuense" ha una chiara etimologia latina: amanuensis, servo che copia a mano. Con questo nome i romani designavano gli scrivani e copisti dell'antichità che in genere sono schiavi eruditi. Nel medioevo il nome è rimasto anche se la persona che svolge questo lavoro è in genere un monaco di un'abbazia. Nel motto dei monaci benedettini "Ora et labora" è compresa anche quest'attività che ha salvato e tramandato a noi i classici greci e latini, oltre alle opere filosofiche e religiose. A partire dal sec. XII si sviluppa una vera e propria organizzazione di amanuensi di mestiere, presso le scuole, i conventi ed anche con botteghe artigianali, dato che la domanda di libri era in aumento e la loro produzione era lucrativa. Quando Johan Guenberg nel 1456 (la Biblioteca Malatestiana era nel suo pieno e lucente splendore già da 4 anni!) pubblicò a Magonza la prima Bibbia a stampa, l'attività degli amanuensi e dei miniatori era al suo culmine, ma già era segnato il loro declino col crescere e diffondersi della nuova tecnica, prima con gli incunaboli, poi con le cinquecentine... e molti di loro divennero ottimi tipografi. Proprio di fronte alla Biblioteca Malatestiana c'è la BIBLIOTECA PIANA che raccoglie, oltre a qualche codice, molte opere a stampa. Gli amanuensi di Malatesta Novello Vi è un'ipotesti affascinante, anche se non completamente documentata, che Malatesta Novello, oltre a volere la Biblioteca e fornirla dei testi già in suo possesso, abbia anche organizzato presso lo stesso convento dei Frati Minori Conventuali un vero e proprio "scriptorium" a cui arrivavano testi da tutte le biblioteche vicine per essere copiati e poi restituiti. Sia i testi da copiare che gli addetti a quest'opera venivano scelti con cura fra i migliori "campioni". Di certo l'analisi del materiale manoscritto del fondo malatestiano rivela un difficile intreccio collaborativo tra copisti, miniatori e legatori: la collaborazione fu tale che spesso i testi furono scritti a più mani, oppure altri codici furono corretti e completati da copisti diversi rispetto al principale estensore dell'opera. Con la morte prematura di Novello Malatesta, nonostante il suo testamento imponesse la continuazione dell'opera, l'attività scrittoria cesenate finì, lasciando anche incompleta la stesura di alcuni testi. Vi era certamente un progetto molto ampio di ricopiare tutto quanto avesse una valenza culturale per l'epoca e, anche se rimasto incompleto, il fondo è tuttavia uno dei più interessanti. Molti copisti risiedevano a Cesena, o perché frati dei conventi locali o perché cittadini. Vi sono anche dei copisti "pellegrini" di passaggio che scrivono solo alcuni testi per poi proseguire il loro viaggio. 3 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it JACOPO DA PERGOLA: copista di origini marchigiane, lavorò per il Signore di Cesena almeno dal 1446 al 1455. Copiò almeno 15 codici in scrittura umanistica per Malatesta Novello. E' probabile che fosse al servizio sia del Signore di Cesena, Malatesta Novello, che per suo fratello, Signore di Rimini, Sigismondo Malatesta. FRANCESCO DI BARTOLOMEO DA FOGLINE: di provenienza toscana, fu frate nel convento di San Francesco di Cesena e copiò il primo codice datato della Bibilioteca Malatestiana. Ha certamente scritto e formato 5 codici ed altri 5 gli sono attribuiti. Fu probabilmente il consulente di Malatesta Novello sui testi scolastici da far copiare e fu pure correttore di numerosi codici di altri copisti. JEAN D'EPINAL (GIOVANNI ANTONIO DA SPINALO): di origini francesi, fu uno degli scrittori malatestiani più produttivi. A lui vengono attribuiti ben 31 codici in scrittura umanistica. Molto vasti sono pure i generi dei suoi codici: Padri della Chiesa sia greci che latini ed opere classiche. Abitò a Cesena in modo permanente almeno dal 1455 fino alla morte, avvenuta nel 1467. MATTHIAS KULER: copista di scrittura gotica, lavorò almeno a tre opere, l'ultima delle quali fu completata nel 1466 da un'altra mano. GIOVANNI DA MAGONZA: fu scrittore itinerante e per un certo periodo si trattenne presso lo scrittorio cesenate. Trascrisse in modo integrale 15 codici e la sua mano è chiaramente riconoscibile in parti di altri 6. Lavoro di gruppo: Davide Beleffi, Matteo Bertani, Lisa Maroni, Viola Pollini, Gian Marco Zannoni. 4 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it MINIATORI I codici sono in gran parte impreziositi da elementi decorativi chiamati MINIATURE, di solito inseriti nella lettera iniziale di ciascun manoscritto. La parola "miniatura"deriva da "miniare", colorire col minio (colore rosso). Prima di realizzare la miniatura, miniatore ed amanuense, nel caso che siano due persone diverse, concordano lo spazio da riservare alle illustrazioni rispetto al testo scritto squadrando bene il foglio. Poi, come abbiamo fatto anche noi nel nostro laboratorio, il miniatore traccia un leggero abbozzo dell'immagine che vuole dipingere. La prima operazione colorata era la doratura: il procedimento più diffuso prevedeva l'utilizzo di lamine d'oro sottilissime, ritagliate nelle forme desiderate ed incollate alla pergamena grazie a diversi strati di colla (gomma arabica) e chiara d'uovo sbattuta. Per rendere più lucente l'oro, veniva brunito, cioè strofinato con la punta di un dente di animale, ad es. lupo o cinghiale. Finito il passaggio precedente, il miniatore poteva procedere alla pittura vera e propria, dando prima i colori per le parti più estese della scena. Appena i colori si sono asciugati, si procede all'ultimo passaggio, cioè il controllo dei contorni e delle rifiniture 5 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it Qui un esempio illustre conservato nella Malatestiana: capolettera "A" del codice "Ovidio, Metamorfosi" del miniatore STEFANO DEGLI AZZI, uno dei pochi miniatori del sec.XIV di cui si conoscano le opere. I miniatori lavoravano in botteghe artigianali o all'interno di conventi. Per produrre una buona miniatura avevano bisogno non solo di molta pazienza e precisione ma anche di conoscenze scientifiche: dovevano preparare direttamente i colori in modo che fossero funzionali al supporto di pergamena. I colori erano "naturali" di origine animale, vegetale e minerale o "artificiali", ottenuti cioè per reazione chimica da altri elementi naturali. Un altro bell'esempio di capolettera miniata conservata a Cesena: "Aristotele, De animalibus" sec. XIII Il rosso (minio) proveniva dalle conchiglie già note ai fenici; lo zafferano (giallo) era fornito da una pianta erbacea; l'azzurro (lapislazzuolo) era fornito da una pietra preziosa Un'altra miniatura tratta da "Avicenna, Liber Canonis I" del sec. XIII Un altro esempio tratto da "Alberto da Bologna, Commentarium in libros Galeni De accidenti et morbo" del sec. XIV Altro esempio tratto da "Galeno, De Complexionibus" sec. XIII Questo è uno dei testi più antichi della Biblioteca: "Isidoro di Siviglia, Ethymologie" sec. XII Lavoro di gruppo: Claudia Barberis, Lucia Calandrini, Valentina Fabiani, Giuseppe Gravina, Giada Magnani 6 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it LA PERGAMENA L'utilizzo della pelle di animale come base per scrivere fu una vera e propria rivoluzione. La pelle, dopo essere stata sottoposta ad una concia parziale, veniva essiccata all'aria sotto stiramento e strofinata con pietra pomice per essere più raffinata. La trasformazione delle pelle animale in pergamena, come il nome stesso rivela, fu eseguita per la prima volta nella città di Pergamo in Asia Minore, e ciò è confermato anche dallo storico romano Varrone, che ne attribuisce l'invenzione al re di quella città attorno al 195-158 a.C. Successivamente si suo uso si diffuse in tutto l'Impero Romano e dal III sec. d.C. divenne il supporto base di ogni scrittura anche in occidente, sostituendo sia il papiro egiziano che le tavolette sia di cera che d'argilla Il motivo di questo grande successo è dovuto al fatto che la pergamena racchiude in sé tutte le caratteristiche positive di robustezza, leggerezze e longevità: è un materiale molto resistente e si può scrivere da entrambi i lati ed, all'occorrenza, si può "raschiare" e riscrivere. La sua produzione, tuttavia, richiedeva un procedimento lungo e complicato e necessitava di personale altamente specializzato. DISIDRATAZIONE DELLA PELLE: era il primo processo; si metteva a bagno la pelle in acqua e calce per tre giorni, popi si procedeva ad un lavaggio energico e ad una sgrassatura della pelle ed eliminazione dei peli. Dopo un ulteriore bagno, si tendeva la pelle su un telaio ad asciugare. La pelle veniva poi assottigliata con un coltello arcuato e l'operazione di assottigliamento veniva completata con la levigazione con pietra pomice. Infine la pergamena veniva tagliata in fogli di di grandezza standard ed i fogli riuniti in fascicoli. Prima di iniziare la scrittura con gli inchiostri naturali, la pergamena veniva nuovamente trattata con l'apretto, un composto formato da polvere di creta e altra polvere bianca mescolata con materia incollante per togliere la naturale untuosità e permettere agli inchiostri di essere assorbiti al punto giusto. La pergamena era ottenuta dalla lavorazione della pelle di diversi animali; pecore, capre, montoni, vitelli ed agnelli. La pelle più pregiata, perché bianca, poco grassa e morbida, era la pelle dei vitellini nati morti o uccisi appena nati e quella degli agnelli. La pelle di montone o di capre, meno preziosa, di color giallino, ma moto più resistente, era utilizzata per i libri amministrativi destinati ad essere più "strapazzati". Lavoro di gruppo: Carlo Belli, Silvia Bussi, Andrea Gobbi, Luca Ottaviani, Giulia Zoffoli 7 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it I CODICI Una delle caratteristiche dell'intelligenza umana, a differenza da quella animale, è di poter comunicare coi propri simili a distanza sia nello spazio che nel tempo. Non è importante solo ciò che viene comunicato (il messaggio) ma anche il mezzo (il canale) tramite cui il messaggio arriva al destinatario: graffiti nelle rocce, disegni nelle caverne e, infine, la scrittura che è il "codice" più complesso che l'uomo abbia sviluppato per comunicare... e che gli permette il passaggio dalla preistoria alla storia. Oggi scarichiamo da internet in pochi minuti un intero testo digitale di centinaia di pagine... Con la stampa si riproducono in poche ore centinaia di libri... Il copista antico impiegava mesi per fare una sola copia di un testo... ...ed il miniatore impiegava altri mesi per abbellirlo. La parola "CODICE" dal latino caudex - codex indicava in origine la raccolta delle tavolette cerate su cui scrivevano i romani. La raccolta di tavolette (sostituite poi da fogli di pergamena) era contrapposto a volumen che indicava i fogli avvolti a rotolo. Il significato di codice è passato presto dal contenitore (insieme di tavolette o fogli) al contenuto, in quanto la "raccolta di leggi" scritte su più fogli era uno degli usi più comuni a cui era destinata la scrittura: codice civile, codice penale... Di qui il significato della parola si amplia ad indicare, nel linguaggio moderno, anche l'insieme di segni, regolato da precise norme riconosciute da un determinato gruppo di persone, necessario alla comunicazione (codice stradale... codice espressivo..). Quello che interessa a noi per conoscere meglio i tesori raccolti nella Biblioteca Malatestiana di Cesena è il codice come libro antico manoscritto, rilegato, illustrato con miniature. 8 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it STORIA DEI MALATESTA STEMMI Per noi alunni delle Scuole Medie di San Mauro Pascoli è non solo un piacere, ma anche un dovere studiare la storia dei Malatesta, perché sono stati per ben 196 anni Signori sia di San Mauro che di Giovedia (la futura Villa Torlonia ora chiamata LA TORRE). Ance se San Mauro nell'epoca malatestiana fu sempre nell'orbita di Rimini, il suo toponimo richiama il vescovo fondatore della chiesa cesenate ed ha sempre avuti rapporti anche con questa città. I SIGNORI DI SAN MAURO - GIOVEDIA ... - 1230 1247 – 1443 (24 aprile) 1443 - 1462 1462 - 1480 1480 - 1484 1484 - 1494 1494 - 1499 1499 - 1503 1504 - 1505 1505 - 1508 1508 – 1578 Zampeschi (70 anni) 1578 - ... Enrichetto Pandolfini (Vicario Imperiale di Rimini) Malatesta di Rimini (196 anni) Gottofredo d'Iseo Antonello Zampeschi (18 anni) Riario (4 anni) Zampeschi (10 anni) Riario Cesare Borgia (il Valentino) Repubblica di Venezia Riario Amministrazione diretta della Chiesa (dopo la morte di Brunoro II) Anche se a San Mauro non abbiamo trovato nessun reperto che ci documenti sul territorio la presenza di questi Signori, abbiamo informazioni chiare su di loro dai documenti scritti che sono conservati nei vari archivi storici. Il documento più importante è "GLI STATUTI" con cui San Mauro e Giovedia acquistano "l'indipendenza" da Savignano, concessi da Sigismando Malatesta nei primi decenni del 1400 (probabilmente nel 1437). Sappiamo per certo che ANTONIA DI BARIGNANO, la mamma di Domenico e Sigismondo, l'uno Signore di Cesena e l'altro di Rimini, per mantenere i buoni rapporti fra i figli, che per le "buone tradizioni" di famiglia erano spesso in lotta fra di loro, pose la sua residenza proprio a metà strada fra i due, a GIOVEDIA, dove spesso entrambi la venivano a riverire e da dove fece sempre da ago della bilancia e da paciere fraa i due. Forse fu anche per amore della madre che Sigismondo concesse STATUTI indipendenti a San Mauro, rendendo libera anche la madre da ogni altra giurisdizione. Un'immagine di Malatesta Novello in una medaglia Un'immagine di Malatesta Sigismondo in un marmo del Tempio Malatestiano 9 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it Ricordiamo che sia Sigismondo che Domenico erano figli naturali di Pandolfo e Antonia di Barignao, ma questo non impedì che fossero a tutti gli effetti dei Malatesta e che fossero designati a succedergli. Il matrimonio di Domenico con VIOLANTE, sorella di Federico di Montefeltro, nell'ottica delle alleanze delle famiglie nobili dell'epoca, era destinato ad attenuare la rivalità con la famiglia di Urbino. I Malatesta riuscirono in periodo difficile a formare una Signoria che poteva competere con quelle che poi diverranno "regionalei": Visconti in Lombardia e Medici in Toscana, Repubblica dei Dogi in Veneto... . Ma lo Stato della Chiesa, sul cui territorio i Malatesta agivano, non aveva mai rinunciato al dominio su detto territorio, per cui, fra una concessione e l'altra, superato il periodo delle lotte fra impero e papato, riuscirà a riprenderene il controllo eliminando sia i Malatesta che le altre famiglie Signorili. I Malatesta, dal canto loro, in sintonia con l'epoca feudale, cercavano di giustificare i loro possessi ottenuti con tutti i mezzi, di violenza come di matrimonio, e vi riuscirono per molto tempo e a loro volta non instaurarono mai un governo centrale, ma rispettavano le autonomie locali (vedi gli STATUTI) e basarono il loro dominio in alleanze di rami della famiglia, con l'egemonia del ramo di Rimini e con altri due grandi centri a Cesena e Pesaro. Così, nel caso di Domenico e Sigismondo, ogni Signore era "sovrano" nel suo territorio ed alleato al fratello in caso di bisogno. Tutte e due erano accomunati dal desiderio di passare alla storia per il loro mecenatismo ed hanno arricchito la Romagna delle più belle opere del rinascimento: il Tempio Malatetiano a Rimini e la Biblioteca Malatestiana a Cesena ed entrambi hanno creato nella loro città una fortezza in linea con le strategie militari delle armi da fuoco: Castel Sismondo a Rimini e la Rocca Malatestiana a Cesena. Pure gli stemmi araldici sono gli gli stessi e, con qualche innovazione, mantengono quelli della casata: lo steccato, da cuiu deriva la scacchiera, la rosa e l'elefante. Stemma "steccato" da una miniatura Libera ricostruzione dello stemma "scacchiera" Stemma "tre teste" da un pluteo della Bibiolteca Mamatestiana "L'elefante indiano non teme le zanzare" sul portone della Biblioteca Malatestiana Lavoro di gruppo: Stefano Baiardi, Pamela Dal Masso, Aurora Nutarelli, Younes El Kasbaoui, Sharon Pollini 10 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it LABORATORIO Il nostro affetto per la BIBLIOTECA MALATESTIANA DI CESENA era già vivo nello scorso anno scolastico, quando la nostra classe ha partecipato al laboratorio proposto da ARTEMISIA "IL SIGNORE E I SUOI CODICI". Siamo venuti due volte a Cesena (28.03 e 04.04.2001) per visitare la Biblioteca e partecipare alle attività teorico - pratiche e il 09.04.2001 è venuta da noi l'esperta STELLA RICCI per guidarci a costruire un nostro codice, che conserviamo con orgoglio come documento del percorso. Quest'anno abbiamo rimesso mano al lavoro, "miniato" da soli altri codici, rifatto il percorso storico artistico, composto poesie e, in gruppi nel laboratorio di informatica, abbiamo digitato, scansionato... e fatto l'ipertesto, imparando così anche l'uso di questo strumento moderno. Eccoci nella sala adiacente alla Biblioteca mentre l'esperta ci consegna il materiale di lavoro. Il lavoro è stato in parte teorico, col supporto di mezzi audiovisivi ed in parte operativo: abbiamo prodotto anche il "pennello di setola" col metodo artigianale del medioevo. Abbiamo ascoltato ma soprattutto abbiamo visitato ed osservato i particolari dal vivo: qui siamo all'ingresso della Malatestiana. Alle nostre spalle (per la foto ricordo!) c'è il portale monumentale della Malatestiana, mentre davanti c'è l'ingresso della Biblioteca Piana. 11 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it SIAMO DIVENTATI DEGLI AMANUENSI Qui siamo invece nella nostra classe dove l'esperta, la paziente Stella Ricci ci guida fra una scrittura gotica ed una scrittura umanistica a compitare le lettere con una cannuccia, simile alla vecchia penna d'oca, intinta in inchiostro di china... guardate i giornali messi a protezione del banco!!! SIAMO DIVENTATI DEI MINIATORI Dopo aver preso tutte le misure e precauzioni, via con la miniatura... naturalmente su carta pergamena! Vi è anche l'occhio vigile della prof.ssa Monica Andreucci di Educazione artistica ad osservare e consigliare... oltre che a fotografare! SIAMO DIVENTATI DEI RILEGATORI Pensavamo di aver finito dopo aver scritto e disegnato, invece ora viene il bello: ago e filo per cucire il nostro CODICE e rilegarlo a regola d'arte Sembra facile, ma quanta fatica per avere un prezioso codice miniato! Ci è andata bene: in tre ore abbiamo compiuto l'opera! Ecco il gruppo che mostra con orgoglio il proprio codice. 12 BIBLIOTECA MALATESTIANA www.segnideltempo.it Documento prodotto dalla Classe 2ªD A.S.2001 - 2002 Progetto "IL SIGNORE E I SUOI CODICI" SCUOLA MEDIA GATTEO Sede Associata di San Mauro Pascoli Responsabile del progetto Prof. Bruno Capelletti ( E-Mail: [email protected] ) In collaborazione con Prof. Maurizio Pezzi Prof.ssa Monica Andreucci 13