dall`innamoramento (romantic love) all`ossitocina

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DALLINNAMORAMENTO (ROMANTIC LOVE) ALLOSSITOCINA
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Linnamoramento (romantic love) riguarda quellaspetto sentimentale del legame di coppia in
corrispondenza al fenomeno animale del mate choice (scelta del partner)
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Levoluzione potrebbe aver messo a punto tre sistemi motivazionali primari per consentire
laccoppiamento, la riproduzione e la cura dei piccoli:
LUST – piacere sessuale: ci consente di sentirci profondamente attratti da un qualunque partner
con cui iniziare un processo di accoppiamento
ROMANTIC LOVE – innamoramento: ci permette di scegliere tra i vari partner possibili quello più
adatto
ATTACHMENT – consolidamento della coppia: rende possibile continuare a cooperare dopo latto
riproduttivo sino al completamento dei doveri genitoriali imposto dallo stato di bisogno dei piccoli
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Linnamoramento, sul piano dei correlati neurali, corrisponde a un fenomeno neurobiologicamente
distinto rispetto a quello che media la componente sessuale: richiamerebbe un meccanismo molto
antico – una sorta di istinto o sistema motivazionale – basato sullinnalzamento dellattività
centrale dei circuiti dopaminergici e noradrenercici e un abbassamento del tono serotoninergico –
ciò comporterebbe una valorizzazione delloggetto damore e ad una inibizione dei sistemi che ci
consentono di provare emozioni negative o di fare inferenze sul funzionamento mentale dellaltro
La trasformazione dellinnamoramento in amore duraturo mette in gioco , invece, i mediatori
dellattaccamento (vasopressina e ossitocina): il consolidamento del legame si verificherebbe
quando i circuiti dellossitocina e della vasopressina che mediano il riconoscimento affettivo
dellaltro, si connettono con le vie dopaminergiche
I pattern di attivazione rilevati nelle condizioni damore nel rapporto madre-figlio o uomo-donna
sono neurologicamente in gran parte sovrapponibili
IL PROCESSO DECISIONALA (DECISION MAKING);LA NEUROECONOMIA
PSICOLOGIA DEL MECCANISMO DECISIONALE
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Illusione di poter effettuare le scelte più intelligenti sulla base di stringenti processi logici e
relazionali – tradizione secolare che si dispiega da Aristotele a Cartesio allIlluminismo
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Centralità dellemozione come primo attacco al castello della razionalità
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I meccanismi emozionali non sono un disturbo dei nostri processi decisionali logici, ma invece una
componente della complessa articolazione dei processi che ci consentono , momento per momento,
di orientarci efficacemente nelle scelte quotidiane
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Daniel kahneman ha descritto e analizzato le modalità riduttive e semplificanti con cui affrontiamo
le più complesse situazioni decisionali definendo le EURISTICHE: corredo di modelli semplificati di
cui levoluzione ci ha dotato che presiedono intuitivamente alle nostre decisioni e che ci aiutano a
decidere in modo rapido ma potenzialmente fallace (E. della rappresentatività, disponibilità,
ancoraggio adattamento)
Inoltre con la teoria della Predizione o del prospetto, Kahneman sottolinea il ruolo del FRAMING
(incorniciamento) nei processi decisionali: due diverse modalità o due diversi contesti, pur
logicamente equivalenti, di porre un problema conducono i decisori a scelte diverse.
Lopera di kahneman si rivolge nel suo complesso alla delucidazione dei termini di una razionalità
limitata, ecologicamente funzionale per elaborare, in un batter docchio i dati necessari per
reagire con immediatezza alle sollecitazioni dellambiente (Matteo Matterlini, 2008)
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LA NEUROECONOMIA
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La neuroeconomia è una combinazione di teorie matematiche, paradigmi sperimentali e dati
comportamentali a proposito delle scelte che le persone fanno (economia) e i loro correlati neurali
misurabili (neuroscienze)
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Decidere si riferisce alla capacità … di scegliere fra diversi tipi di comportamenti e di azioni in
concorrenza tra di loro sulla base del valore relativo delle rispettive conseguenze. Si tratta di una
capacità fondamentalmente integrativa … (pertanto) linterazione dei processi cognitivi,
motivazionali e comportamentali messi in gioco nel corso dellassunzione di una specifica decisione
non può essere reificata e attribuita a un singolo circuito specializzato … ma va compreso a livello
di sistema (Bernard W. Balleine, 2007)
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Resta aperta la questione se si debba parlare di uno o più sistemi decisionali che agiscono in
parallelo o in conflitto; è stato per esempio proposto che esista un sistema, essenzialmente legato
alla funzione amigdoleidea, che segnalerebbe impulsivamente dolore o piacere a valenza
IMMEDIATA e un secondo sistema, imperniato sulla corteccia prefrontale che segnalerebbe pro e
contro le decisioni in modo NON IMMEDIATO: lapprendimento delle regole della socializzazione
consentirebbe a questo secondo sistema, più riflessivo, di prendere il sopravvento sul primo, ma
non in modo definitivo ed assoluto.
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Le aree di maggiore interesse nella comprensione del processo decisionale sono:
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La CORTECCIA ORBITO FRONTALE : ruolo importante nei primati nella rappresentazione del valore
di premio (reward) o di castigo (punishment) degli stimoli rinforzati (reinforces) primari e
nellapprendimento dellassociazione fra stimoli in precedenza neutri e i rinforzi primari
Nonostante una ricca messe di dati il ruolo della corteccia orbito frontale è ancora tutto da definire
e si confrontano, a tal proposito tre principali teorie: la TEORIA DEL MARCATORE SOMATICO, la
TEORIA DEL REIFORCEMENT/REVERSAL e la TEORIA DEL FILTRO DINAMICO.
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Una tesi che ha ricevuto abbastanza consensi è che la corteccia orbito frontale rappresenti il valore
in modo astratto e in assoluto (non per confronto relativo ad unaltra possibilità) codificando per
molte caratteristiche sensoriali della ricompensa indipendentemente dal contesto
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LO STRIATO: ricettore primario dellimput glutamatergico proveniente da quasi tutte le regioni
corticali e di quello dopaminergico proveniente dai neuroni del tronco implicati nel circuito della
ricompensa
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studi recenti suggeriscono che lo striato dorsale sia mediatore di aspetti importanti della presa di
una decisione, in particolare di quelle che hanno a che fare con la codificazione di specifiche
associazioni azioni – risultato di azioni dirette a uno scopo e con la selezione di azioni sulla base
del valore di ricompensa che ne viene anticipato… (Bernard W. Balleine, 2007)
LA DECISIONE NEL MONDO REALE
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Nel mondo reale le scelte sono rese molto complesse dal fatto che le utilities in gioco si combinano
variamente rendendo difficili e incerte le scelte da farsi
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In questo contesto entra in gioco la valutazione non solo del beneficio atteso ma anche quella del
COSTO impegnato per raggiungerlo o la DILAZIONE DI TEMPO necessaria perché si produca la
ricompensa
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La CORTECCIA ANTERIORE DEL CINGOLO e la CORTECCIA ORBITO FRONTALE operano insieme
nella valutazione congiunta COSTO – BENEFICIO
Tutte le decisioni implicano un qualche grado di incertezza nel senso che le associazioni azioni –
risultato sono probabilistiche: molto controverse sono le attribuzioni dei correlati neurali per la
computazione del rischio – in particolare dove e come viene rappresentata la probabilità dei vari
eventi
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LASPETTO SOCIALE DEL DECISION MAKING
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I meccanismi di base del processo decisionale sono ulteriormente complessificati , nel caso degli
animali che vivono in gruppi sociali come luomo, dal gioco intricato della contemporanea presenza
di multipli decisori e quindi della contestuale comparsa di competenze cognitive specifiche legate
alle interazioni sociali in termini di COMPETIZIONE E COOPERAZIONE
Losservazione antropologica ed etologica ci hanno mostrato che uomini e animali non cercano solo
di massimizzare il proprio interesse personale ma anche di aumentare o diminuire il benessere
degli altri che li circondano, anche in considerazione dellimmagine che ricevono in termini
dellaltrui giudizio sociale
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Il punto di partenza tradizionalmente impiegato per studiare questi fenomeni è la teoria dei giochi,
una complessa serie di elaborazioni (matematiche) che cerca di formalizzare e ottimizzare le
strategie utilizzate da gruppi di decisori che stiano cercando di massimizzare il proprio profitto
I principali giochi che vengono impiegati - tutti più o meno derivati dal dilemma del prigioniero sono il gioco del dittatore, lultimatum game e il gioco della fiducia
COOPERAZIONE, EQUITA e PREOCCUPAZIONE PER IL BENESSERE ALTRUI sembrano
comportamenti profondamente NATURALI E ISTINTIVI plasmati dallevoluzione
LA MORALITA NELLE SCELTE
LA NEUROETICA
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La NEUROETICA si propone di indagare i correlati neurali del nostro modo di formulare giudizi
morali, rintracciando gli antecedenti non solo negli apprendimenti sociali acquisiti nel corso dei
processi di educazione e socializzazione ma anche nellorganizzazione dei circuiti cerebrali messi a
punto e collaudati nel corso dellevoluzione
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Dai primi esperimenti condotti nellambito della neuroetica sono emerse alcune scoperte come il
MORAL DUMBFOUNDING: condizione per cui, espresso un giudizio morale – spesso in maniera
categorica – ci si accorge che è difficile giustificarne razionalmente la motivazione
Emerge un aspetto evidentemente inconscio e prepotente dei nostri giudizi morali (che non
sembrano affatto la conseguenza lucida di un processo razionale di ponderazione) in cui un ruolo
importante è giocato dalle emozioni – pazienti adulti con lesioni alla corteccia orbitofrontale e
ventromediale presentano livelli elevati di aggressività e una significativa incapacità e disinteresse
per il senso di responsabilità personale e le regole MORALI e SOCIALI e analoghe lesioni in epoca
infantile impediscono lo sviluppo di una consapevolezza morale e di un corretto giudizio etico
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Joshua D. Green sostiene che il nostro ragionamento morale … è un miscuglio complesso di
risposte emozionali e di ricostruzioni razionali, modellato dalle forze biologiche e culturali, che
funzionano bene in certi casi e male in altri.
Per Green levoluzione ci ha insegnato una generica riluttanza morale a far DANNO DIRETTO a un
altro essere umano e, per converso, una spinta a soccorrere direttamente una persona a noi
prossima se necessario (in un antico momento in cui la cooperazione allinterno del gruppo era
essenziale per la sopravvivenza) ma che LA POSSIBILITA di far danno a distanza (e per converso
beneficio), comparsa moto più tardi nella storia umana, non sia ancora iscritta in un codice morale
primario
Mark D. Hauser ha proposto che il processo decisionale morale sia determinato non solo da aspetti
cognitivi ed emozionali ma anche da una sorta di GRAMMATICA UNIVERSALE, una facoltà morale di
base che guida, secondo regole evoluzionistiche ,il nostro comportamento etico e sulla quale si
installerebbe lo specifico apprendimento delle norme morali locali
Hauser rileva che, secondo i dati, il ragionamento RAZIONALE CONSCIO è per lo più una
GIUSTIFICAZIONE A POSTERIORI delle nostre valutazioni e giudizi morali che sarebbero guidati
da una combinazione di meccanismi intuitivo - affettivi su base evoluzionistica
Jonathan Haidt postula un modello socio intuizionista del ragionamento morale che postula
lesistenza di due sistemi separati del ragionamento morale:
Il primo, filogeneticamente più antico è LINTUIZIONE MORALE e riguarda il il NON
DANNEGGIARE, LA CORRETTEZZA ma anche la LEALTA ALLINTERNO DEL GRUPPO, il RISPETTO
DELLAUTORITA
Il secondo, più recente, comparso solo dopo laffermarsi del linguaggio è il GIUDIZIO MORALE che
consente e rafforza il vivere sociale
Il senso del pensiero morale è operativamente diretto allagire quotidiano utilizzando reazioni
intuitive a forte valenza affettiva (più rapide); il ragionare richiede più tempo e vi facciamo ricorso
per correggere le nostre passioni
La ragione è certamente al servizio delle nostre passioni
LA LIBERTA DI SCEGLIERE (FREE WILL)
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A fronte della sottolineatura degli aspetti automatici e inconsci del processo decisionale emerge la
questione della libertà delle nostre scelte
NON ESSERE PADRONI IN CASA PROPRIA (problema posto dallintuizione psicoanalitica)
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Il problema del LIBERO ARBITRIO nasce alla fine degli anni sessanta con la pubblicazione dei
risultati sperimentali di BENJAMIN LIBET:
unattività cerebrale direttamente connessa alla produzione di un movimento si verifica circa 350
msec prima che ci sia consapevolezza di compiere il movimento stesso. In altri termini il cervello
dà inizio allazione prima che si sia consapevoli della volontà di compierlo
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Sembrerebbe che la decisione venga assunta inconsapevolmente e che laspetto conscio della
decisione medesima sia soltanto unillusione
La teorizzazione assunta sulla base di questi esperimenti presupporrebbe che la volontà conscia
IMPEDISCA UNA DETERMINATA AZIONE – la libertà cioè, non sarebbe di assumere liniziativa di
programmare unazione, ma eventualmente solo di BLOCCARLA prima del suo dispiegarsi
completo
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Marcell Brass e Patrick Haggard hanno mostrato (2007), impiegando la risonanza magnetica
funzionale, che la VOLIZIONE – intesa come capacità di inibire unazione iniziata o di non dar
seguito a unintenzione dazione – sarebbe mediata da unintensa attività in unarea specifica
della corteccia frontale dorsomediale (la corteccia insulare codificherebbe , in questo caso,
lemozione correlata allannullamento dellazione pianificata).
Sembrerebbe pertanto che lesperienza conscia dellintenzione ad agire sia una conseguenza
dellattività cerebrale e non la causa di essa
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La tesi di Haggard - sulla base di una serie di esperimenti del suo e di altri gruppi – è che
lintenzione conscia insorga durante il processo di preparazione allazione, dopo che è stata
effettuata la scelta (in modo non conscio) tra le varie possibilità disponibili
! 
Daniel M. Wegner (2003) sostiene che il libero arbitrio sia semplicemente un trucco della nostra
mente: il cervello causa sia il pensiero sia lazione e lascia allindividuo linferenza che il pensiero
abbia causato lazione (teoria della causazione mentale apparente)
Lesperienza di libera scelta prende origine da processi attraverso i quali la mente interpreta se
stessa e non da processi mediante i quali la mente crea unazione: la libera scelte fa
semplicemente riferimento al fatto che PENSIAMO di aver creato unazione senza che vi sia alcuna
SEQUENZA CAUSATIVA che abbia prodotto quella determinata azione
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DECISIONI COSCIENTI E VOLONTARIE
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Dijkhssterrhius e collaboratori in uno studio del 2006 hanno dimostrato che la scelta cosciente
funziona meglio per decisioni semplici mentre le scelte più complesse sono gestite meglio dalla
MENTE INCONSCIA: di fronte a situazioni molto complesse dove entrano in gioco molti parametri
da valutare risulterebbe più efficace raccogliere le informazioni, lasciarle sedimentare e poi
decidere di pancia!
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Tale studio è stato smentito successivamente nel 2008 da Ben Newell e collaboratori i quali
suggeriscono che se le persone a cui viene chiesto di riflettere consciamente hanno a disposizione
abbastanza tempo per codificare il materiale o consultarne altro mentre decidono, le loro decisioni
sono quantomeno altrettanto buone di quelle prese inconsciamente
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La questione resta dibattuta in letteratura e si affrontano lavori con interpretazioni contrastanti
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La psicologia situazionista suggerisce che sistemi inconsci di guida del nostro comportamento sono
continuamente in attività e influenzano la successione dei nostri atti; si tratterebbe di sistemi
sottocorticali striatali che finiscono con il prendere decisioni con una modalità bottom up ben
prima di informare le aree corticali
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La teoria oggi dominante per spiegare nel suo complesso linfluenzamento delle decisioni è quella
dell ARBITRARIETA COERENTE che sostiene che, nel pervenire alle nostre scelte mettiamo in
campo coerenti meccanismi inferenziali a partire da punti di partenza fissati in modo impreciso –
sia a causa della nostra strutturale difficoltà a stabilire il valore assoluto di un oggetto, sia a causa
degli errori di contestualizzazione e di aspettativa - che ci inducono ad assumere spesso
incongruamente quali tra le informazioni presenti nel campo percettivo siano più significative
CONSCIO E INCONSCIO
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Le neuroscienza contemporanee, nellaffrontare la questione del rapporto tra CONSCIO e
INCONSCIO focalizzano due problemi di diverso ordine e significato:
PROBLEMA FACILE (easy problem): ricerca dei corrispettivi neurologici dei processi consci e di
quelli inconsci, degli attributi dei due sistemi, delle regole che li governano, del vantaggio evolutivo
offerto dalla comparsa della coscienza (problema facile perché non dissimile da quello affrontato
nello studio di altre funzioni mentali – es. linguaggio)
PROBLEMA DIFFICILE (hard problem): affronta il problema dellesperienza soggettiva (senso di sé)
e degli aspetti qualitativi delle singole esperienze coscienti (qualia)
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Laccordo generale è nel ritenere che non si possa tracciare una chiara linea di delimitazione tra
conscio e inconscio: i dati neuroscientifici e quelli clinici si accordano nel postulare una FRONTIERA
RELATIVAMENTE FLUIDA tra ciò che viene sperimentato come coscienza e quello che questa
condizione concretamente comporta in termini di contenuti, fonti e funzioni
! 
Tuttavia rimane la questione della distinzione tra contenuti procedurali e quelli dichiarativi della
memoria, i primi non accessibili non perché inconsci in senso stretto ma perché non rappresentati
e dunque mai rimossi: il problema diventa pertanto se questo inconscio non rimosso possa essere
trasportato nel settore dichiarativo della nostra memoria, se cioè possa essere suscettibile di
rappresentatività
Wilma Bucci propone di sostituire le categorie di conscio e inconscio con nuove categorie che
distinguano ciò che è rappresentato e ciò che non è ancora formulato
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La sfida della psicoanalisi diventa a questo punto di come raggiungere un paziente i cui pensieri
siano a un livello subsimbolico, non ancora connessi al linguaggio e di come tradurre questi
pensieri in un modo simbolizzato che possa essere comunicato al terapeuta
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In questa traduzione è di grande aiuto la coscienza ed il linguaggio – aspetto fondamentale del
pensiero conscio; la coscienza rimane tuttavia legata allattenzione, una risorsa così limitata che
moltissimo rimane inconscio
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In conclusione … alcuni dei modi in cui Feud aveva originariamente demarcato e delineato i confini
della coscienza andrebbero modificati per ricomprendere stati più ampi, fluidi e mutevoli Daria
Colombo dal Panel del 2006 allAmerican Psychoanalytic Association
CAP III LA NEUROBIOLOGIA DELLESPERIENZA RELAZIONALE
LA COGNIZIONE SOCIALE
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Le neuroscienze (cognitive) sociali si propongono di studiare le basi neurobiologiche della
dimensione interpersonale e sociale dellindividuo
Matthew D. Lieberman distingue quattro grandi temi delle neuroscienze cognitive sociali:
La comprensione degli altri ( teoria della mente – empatia)
La comprensione di sé ( riconoscimento di sé, capacità di riflettere sulla propria esperienza,
autoconsapevolezza)
Il controllo del proprio comportamento (processi di regolazione del sé)
Linsieme dei processi che si verificano nellinterfaccia fra il sé e gli altri (mirroring e imitazione,
atteggiamenti e pregiudizi, costruzione e mantenimento dei legami interpersonali, esclusione e
rifiuto sociale, cooperazione e competizione)
LA RETE DI DEFAULT
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La cognizione sociale finisce con il coincidere con il coincidere con lattività mentale a riposo – in
assenza di specifici compiti imposti da richieste dellambiente esterno – ossia con la COGNIZIONE
SPONTANEA E AUTOMATICA
Questo tipo di cognizione è sostenuta da quella che è stata chiamata la RETE DI DEFAULT
La rete di default è il sistema cerebrale più attivo quando si lasciano le persone pensare senza
disturbarle e aumenta la sua attività nelle esplorazioni mentali quali il ricordare, il considerare
possibili relazioni e il pensare al futuro
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Si avanza lipotesi che la rete di default supporti direttamente lATTIVITA MENTALE INTERNA
AUTORIFLESSIVA (teoria della mente, ricordi autobiografici, visione del futuro)
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Un ulteriore ipotesi prevede che la rete di default supporti una sorta di monitoraggio esplorativo
dellambiente esterno quando viene meno lattenzione focalizzata su uno specifico stimolo
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Questo sistema cerebrale opera controcorrente rispetto a tutti gli altri, settati dallevoluzione
sullattenzione al mondo esterno e sulle percezioni sensoriali
LASPETTO EVOLUZIONISTICO DELLESPERIENZA SOCIALE
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Linterazione e la socialità sono considerate come indispensabili allevoluzione della specie e in
questo senso sono comportamenti antichi nella scala filogenetica
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Più che allo sviluppo della corteccia frontale, la specializzazione sociale delluomo potrebbe essere
ricondotta allo sviluppo enormemente specializzato delle aree di controllo della muscolatura
facciale e alla comparsa di un tipo particolare di cellule – spindle cells, cellule a fuso o neuroni di
Von Economo – nella corteccia anteriore del cingolo
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Al momento non si assume lesistenza di un modulo sociale – anche se nella ricerca ai correlati
neurali alla cognizione sociale ricorrono in particolare alcune regioni cerebrali – perché è evidente
come TUTTE LE FORME DI ATTIVITA DEL CERVELLO UMANO SIANO IMPRONTATE ALLO SVILUPPO
DELLA DIMENSIONE RELAZIONALE
I CORRELATI NEURALI DELLA COGNIZIONE SOCIALE
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La gran parte delle strutture che si è dimostrato essere rilevanti nellelaborazione delle emozioni si
sono rivelate importanti anche per il comportamento sociale (tra di esse sono identificabili alcune
regioni delle cortecce sensoriali, lamigdala, lo striato ventrale, la corteccia orbitofrontale, la
corteccia prefrontale sinistra, la parietale destra a la corteccia anteriore e posteriore del cingolo –
R. Adolphs, 2003)
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Alcuni aspetti quali lamore, la fiducia, la teoria della decisione, ecc. andrebbero così rimontati
assieme in un unico meccanismo complesso che regola le sfumature come le funzionalità di base
della nostra socialità quotidiana, al cui funzionamento è venuta a crearsi, nel corso dellevoluzione
umana, una sorta di supervisione corticale
! 
I processi cognitivi risultano inoltre alquanto diversi nelle varie culture e la cognizione umana è
chiaramente dipendente dal suo CONTESTO SOCIOCULTURALE: quello che si sta cominciando a
studiare e a descrivere è come questi differenti contesti culturali INSTANZIANO DIFFERENZE NEI
CORRELATI NEURALI DELLA COGNIZIONE SOCIALE
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i risultati di cui attualmente disponiamo indicano che lattività neurale di alcune regioni cerebrali
potrebbe essere semplicemente modulata dalle differenze culturali, mentre altre potrebbero
dipendere sostanzialmente dal contesto culturale: se le regioni cerebrali e la loro interconnettività
sono strutturalmente dipendenti dal contesto culturale DIVENTA IMPOSSIBILE CONSIDERARE IL
CERVELLO UMANO SEPARATAMENTE DAL SUO CONTESTO e si deve conseguentemente parlare di
quello che è stato chiamato EMBEDDED BRAIN ( Shihui Han, Georg Northoff, 2008)
GLI ASPETTI CLASSICI DELLA COGNIZIONE SOCIALE
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Si ritiene che la cognizione sociale umana abbia aspetti peculiari non rinvenibili nei precursori dei
gradini inferiori della scala filogenetica in relazione soprattutto ai processi di conoscenza della
propria mente e di quella altrui
LA TEORIA DELLA MENTE
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Gestire una relazione interpersonale presuppone innanzi tutto la capacità di assumere
AUTOMATICAMENTE che il nostro interlocutore abbia, a sua volta, una mente e unintenzionalità:
fa parte da molto tempo del pensiero psicologico, nei suoi vari ambiti, lidea che, durante lo
sviluppo vanga acquisita o in qualche modo sviluppata questa capacità
! 
I concetti di CAPACITA RIFLESSIVA E DI MENTALIZZAZIONE sono stati introdotti nella letteratura
psiconalitica – con una particolare sistematizzazione da parte della scuola di Fonagy - e una
consimile posizione in ambito cognitivo e in quello delle neuroscienze sociali è stata occupata dal
concetto di TEORIA DELLA MENTE nellambito del più vasto dominio delle metacognizioni
! 
LA CAPACITA RIFLESSIVA – TEORIA DELLA MENTE in generale – si definisce come una specifica
CAPACITA COGNITIVA, una COMPETENZA, che ci consente di attribuire una mente – e quindi
INTENZIONI, PENSIERI, GIUDIZI e ogni tipo di stato mentale – agli altri, di intenderli cioè come
AGENTI INTENZIONALI
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Esistono attualmente tre principali correnti teoriche nellinterpretazione di cosa sia realmente la
teoria della mente:
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Teoria classica – THEORY OF MIND MODULE: assume lesistenza di un modulo neurale dominio
specifico che si attiverebbe verso i tre – quattro anni di età; è la versione forte della T.O.M. che
ne assevera lesistenza come di un meccanismo innato, verosimilmente presente solo nella specie
umana
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TEORIA DELLA SIMULAZIONE: postula la comprensione dei processi cognitivi altrui mediante
simulazione, cioè facendo finta (pretend) e utilizzando i loro stessi processi cognitivi – nessun
sistema cerebrale specifico per questa funzione mentale -; sottolineatura dei meccanismi di
incorporazione della mente, ripresa dai sostenitori del mirroring
" 
TEORIA DELLA TEORIA o TEORIA – TEORIA: postula limiego di processi deduttivi e inferenziali –
la mentalizzazione si configura come un processo top – down che avrebbe come punto di partenza
le nostre credenze su noi stessi e gli altri; non vengono presi in considerazione i meccanismi di
simulazione
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Una questione centrale è legata al considerare la teoria della mente una competenza dominio
specifica oppure no; si ipotizza il coinvolgimento di diverse aree ma gli studi di imaging sono poco
probanti
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Secondo Adolphs, pur essendoci prove convergenti che le capacità ascrivibili alla T.O.M. emergono
in modo coordinato durante lo sviluppo, le dimostrazioni che si tratti di un complesso
neuroanatomico vero e proprio sono preliminari e poco conclusive
LEMPATIA
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Continuità concettuale tra la teoria della mente e Lempatia: mentre la MENTALIZZAZIONE è la
capacità di rappresentarsi gli altrui stati mentali, lEMPATIA si riferisce alla nostra capacità di
comprendere quello che gli altri sentono e quindi capire come ci si sente nel provare gioia o dolore
! 
La teoria tradizionale dellempatia avanzata da Preston e Waal nel 2002 sostiene che osservare o
immaginare unaltra persona in una particolare situazione emotiva attivi AUTOMATICAMENTE la
rappresentazione del medesimo stato nellosservatore con tutte le risposte automatiche e
somatiche corrispondenti
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I primi studi neuroscientifici che hanno cercato limaging dellempatia hanno suggerito lidea che
le regioni cerebrali associate con lesperienza di una determinata emozione sono le stesse che si
attivano quando si osserva per esempio lespressione del viso di chi prova la medesima emozione
Tania Singer ha condotto alcune ricerche sul rapporto tra dolore fisico ed empatia allaltrui dolore
fisico – considerando lempatia come una condizione del tutto inconsapevole di reazione
La ricercatrice ha rilevato lattivazione delle aree cerebrali relative alla componente emozionale
della percezione del dolore ( corteccia fronto insulare e cingolata anteriore) indicando la possibilità
di stabilire una correlazione diretta tra il grado di attivazione di queste aree e il livello di empatia
del soggetto
Nel 2006, a fronte di ulteriori espeirrmenti, T. Singer ha osservato che negli uomini la risposta
empatica è modulata da una valutazione dellaltrui comportamento sociale
Confluenza dello studio dellempatia con quello più generale della decisione in ambito sociale: la
risposta empatica verrebbe modulata da vari fattori incluse le valutazioni morali e di equità (ad es.
la risposta empatica nel vedere conficcare un ago è diversa in un osservatore normale e in un
medico)
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IL FENOMENO DEL MIRRORING
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I neuroni specchio ( e il fenomeno del mirroring) sono stati scoperti casualmente agli inizi degli
anni 90 dalla scuola neurologica di Parma (Vittorio Gallese e Giacomo Rizzolati con gli studi sui
primati sub umani; Marco Iacobini con gli studi sulluomo)
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Ramamachandran ha ribattezzato i neuroni mirror in mind reading neurons per la loro capacità
di leggere laltrui intenzione
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Il fenomeno del mirroring consiste essenzialmente nellattivazione, a fronte della semplice
osservazione delle azioni di un conspecifico, della corteccia motoria che è somatotopica rispetto
alla parte del corpo che si osserva compiere lazione, anche in assenza di qualunque movimento
da parte del soggetto che osserva.
I neuroni specchio hanno insomma la caratteristica di rispondere sia quando il soggetto fa qualcosa
di specifico sia invece quando lo vede fare da un altro
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La teoria è stata generalizzata nel senso che si pensa attualmente che il fenomeno del mirroring
consista nel fatto che il sistema motorio dellosservatore è attivato ogni volta che si presenti un
adeguato input visivo o acustico senza che questo fatto implichi necessariamente la produzione
esplicita di un movimento
LE FUNZIONI DEI NEURONI MIRROR NEI PRIMATI SUB UMANI
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La scoperta iniziale di una popolazione neuronale sia in corso di attività sia in corso di osservazione
della medesima attività è stata successivamente estesa alla dimostrazione che il sistema del
mirroring può svolgere ruoli legati alla comprensione dellINTENZIONE STESSA DI MOVIMENTO,
alla sua MOTIVAZIONE (Leonardo Fogassi e altri, 2005)
Dagli studi condotti sui primati sub umani emergerebbe che i neuroni mirror non funzionano solo
nel senso di imitare il movimento osservato, ma permettono di comprendere la complessità e
lOBIETTIVO dellintera SEQUENZA MOTORIA; essi sarebbero in grado di leggere le INTENZIONI
DELLALTRO
LE FUNZIONI DEI NEURONI MIRROR NELLUOMO
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La scoperta dei neuroni mirror è stata estesa consistentemente alla specie umana (H.M.N.S. –
human mirror neuro system) nella quale si pensa siano localizzati nella corteccia premotoria
ventrale, in quella frontale inferiore – in particolare nella parte posteriore della circonvoluzione
frontale inferiore che coincide in larga parte con larea di Broca – e nella corteccia parietale
posteriore
La componente parietale avrebbe a che fare con laspetto MOTORIO dellazione; la componente
frontale codificherebbe specificatamente lo SCOPO dellazione
Anche nella specie umana il ruolo primario del sistema dei neuroni mirror è quello legato alla
comprensione delle altrui azioni: Tale comprensione appare priva di alcuna mediazione
RIFLESSIVA, CONCETTUALE e/o LINGUISTICA, essendo basata unicamente su quel vocabolario
datti e su quella conoscenza motoria dai quali dipende la nostra stessa capacità di agire (G.
Rizzolati, C. Sinigaglia, 2006)
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