Da un racconto di Emilio Salgari illustrazioni Luca Caimmi

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Da un racconto di
Emilio Salgari illustrazioni Luca Caimmi
L’ISOLA DI FUOCO
orecchio acerbo
LAMPI
orecchio acerbo
LAMPI
un racconto di
Emilio Salgàri illustrazioni Luca Caimmi riduzione e adattamento a cura di orecchio acerbo
© 2011 orecchio acerbo s.r.l.
viale Aurelio Saffi, 54
00152 Roma
© 2011 Luca Caimmi
(per le illustrazioni)
Grafica orecchio acerbo
www.orecchioacerbo.com
orecchio acerbo
|LAMPI|
Eravamo felicemente entrati nelle acque della Nuova Zelanda.
Ero partito con un drappello di marinai per imbarcarmi su una nave che ci attendeva nel porto di Nelson
e, per raggiungerlo, avevamo preso il piroscafo che fa servizio settimanale fra Melbourne, la grande città australiana,
e la Nuova Zelanda.
Il capitano Watt, comandante del piroscafo, durante la traversata aveva usato a tutti noi ogni sorta di cortesie,
e in particolare, fra me e lui, si era stretta una vera amicizia, cosa del resto comune fra uomini di mare.
Cominciavamo già a intravedere la costa, quando un’avaria ci costrinse a interrompere la corsa,
in attesa che i macchinisti rimediassero a quel guasto.
Essendo ancora al largo, il capitano Watt fece spiegare le due rande, tanto per guadagnare un po’ di via,
sebbene il vento fosse debolissimo e la nave troppo pesante.
La notte era discesa e noi ci trovavamo ancora a una bella distanza dalla terra.
Essendo troppo caldo sotto coperta, mi ero sdraiato sul ponte fumando la pipa, quando, girando gli occhi verso sud,
vidi improvvisamente brillare fra le tenebre un bagliore intenso.
Temendo che qualche nave avesse preso fuoco, corsi in cerca del capitano.
Lo trovai nella saletta di poppa, curvo su una carta marina che stava studiando con profonda attenzione.
“Signor Watt” gli dissi “poco fa non avete scorto nulla verso sud-ovest?”
“No” mi rispose.
“Temo che bruci qualche nave verso la costa. Ho visto or ora un vivo bagliore in quella direzione.”
A quelle parole vidi la fronte del capitano aggrottarsi, e un’estrema ansietà dipingersi sul suo viso.
“Avete visto del fuoco verso sud-ovest?” mi chiese con voce alterata.
“Sì.”
“Delle fiamme altissime?”
“Precisamente.”
“E avete udito anche dei boati?”
“Non mi pare.”
Il signor Watt
abbassò gli occhi
verso la carta, vi fece scorrere
l’indice e lo fermò su un punto
contrassegnato da una croce in rosso.
“Qui” disse come parlando fra sé. “Vi prego,
non una parola con nessuno. Aspettatemi qui.”
Ero molto sorpreso dell’improvvisa inquietudine
che s’era impadronita del capitano del Victoria.
Ci doveva essere un motivo ben grave per turbare quell’uomo
che passava per uno dei più audaci navigatori della marina australiana.
Perché quel fuoco doveva averlo spaventato? Guardai la carta e fermai gli occhi
sulla croce rossa, la stessa su cui si era posato il dito del signor Watt. Era stata segnata
in prossimità di una baia chiamata dell’Abbondanza. Accanto alla croce scorgevo una macchietta indefinibile.
“Che cosa può essere?”
mi chiesi.
Cercavo la soluzione di quell’enigma, quando udii il passo pesante del capitano.
Quando entrò, la sua fronte non si era ancora spianata, anzi
mi pareva più preoccupato di prima, e più inquieto. In mano teneva un cannocchiale.
“Dunque?” gli chiesi.
“È fuoco” mi rispose. “Brutto segno! Se l’isola brucia non so se noi la passeremo liscia
e, per colmo di sventura, prima di quarantott’ore le macchine non potranno funzionare.”
“E il vento manca?”
“Completamente.”
“Signor Watt” dissi “che isola è quella che brucia?”
“L’Isola di Fuoco.”
“Una terra vulcanica?”
Il capitano mi guardò senza rispondere, poi, prendendomi per un braccio, mi disse:
“Se i passeggeri v’interrogano, dite che è un vulcano. Venite con me”.
Salimmo sulla tolda.
Regnava calma completa fra i passeggeri che, come me, si erano attardati a prendere il fresco.
Appoggiati al parapetto guardavano quella luce che aumentava sempre d’intensità,
senza manifestare alcuna apprensione.
Salimmo sul ponte di comando e il signor Watt mi porse il cannocchiale, dicendo:
SEGUE...
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