Sotto gli ulivi Abbas Kiarostami scheda Con questo film Kiarostami porta a compimento la sua riflessione sul cinema smascherandone l’artificiosità, ma allo stesso tempo mostrandone l’indissolubile legame con la realtà vera e propria. Sotto gli ulivi nasce e si sviluppa intorno alla ricostruzione delle riprese di E la vita continua e precisamente intorno alla sequenza in cui Farhâd, protagonista del film, si intrattiene a parlare con il giovane sposo durante la sosta nel villaggio di Poshteh. La pellicola, per il suo stretto legame con la precedente, presenta ancora i segni del terremoto; essendo, però, già trascorsi due anni dalla realizzazione di E la vita continua, gli indici della distruzione sono ormai definitivamente scomparsi, lasciando spazio alla ricostruzione nel pieno della sua attuazione. Sotto gli ulivi ruota intorno al set di E la vita continua, ma con l’emergere della storia personale di Hossein ci accorgiamo di come la vita si infiltri a poco a poco negli interstizi delle riprese giungendo perfino a modificarne il normale andamento. L’inganno del cinema è svelato sin dalla prima sequenza nella quale il narratore presenta il suo ruolo all’interno del film (quello di regista del film nel film) e la sua identità (quella di attore) e poi più volte in seguito quando ci vengono mostrate le numerose incongruità tra i film della trilogia: il personaggio di Tahereh non è interpretato dalla stessa attrice, la donna che in Sotto gli ulivi interpreta la nonna della ragazza in E la vita continua interpretava una vicina di casa dei due giovani sposi, e ci si sofferma anche sui nomi dei protagonisti del primo film (Dov'è la casa del mio amico?) con il chiaro intento di presentare la loro vera identità. Se i riquadri interni materializzati nel parabrezza e nei finestrini laterali della Renault, erano una delle principali caratteristiche di E la vita continua e rappresentavano una metafora del film e dell’intero percorso di conoscenza dei protagonisti, qui le finestre sono rimpiazzate quasi completamente dagli specchietti retrovisori che alludono al meccanismo riflessivo del cinema e al suo ritardo rispetto alla realtà, a questi si può aggiungere l’eco che allude invece, al tentativo del cinema di riflettere la realtà riproducendone l'ambiente sonoro. Il cinema infatti, rispetto alla realtà, è sempre in ritardo e può giungere a cogliere la verità (o meglio, alcuni dei tanti aspetti che la compongono) solamente attraverso la ricostruzione che, in quanto finzione, è menzogna. Così in Dov'è la casa del mio amico? il sentiero che unisce i villaggi è stato tracciato appositamente (per le esigenze del cinema) dai bambini del villaggio, in E la vita continua, il film che più degli altri sembra avere movenze documentaristiche, ci accorgiamo di come tutto sia stato ricostruito, anche se cercando di avvicinarsi il più possibile alla verità. Sotto gli ulivi, invece, ci mostra come il cinema sia talvolta costretto a conformarsi al ritmo del reale, come nelle numerose riprese della stessa scena a causa degli errori degli attori, calati in situazioni troppo reali per essere sottomesse alle esigenze del copione. In queste scene, l'inquadratura Tutto il materiale a corredo di questa e delle rassegne passate è disponibile nella sezione Cineclub del sito internet www.giovaninsieme.it fissa e la distanza dall'azione filmata, accentuano la ripetitività che non è mai alleggerita dalla scelta di un angolo di ripresa differente o dal ricorso alla varietà della scala dei piani o da ellissi temporali, in modo da comunicare l’angoscia delle riprese e i tempi alienanti del cinema. Oltre a rivelare la crudeltà del cinema, Sotto gli ulivi porta in primo piano il contrasto tra persone istruite e analfabeti, tra ricchi e poveri (indici della ricchezza e dell'istruzione sono di volta in volta il vestito, la casa e il libro) e ci mostra come in un paese arretrato, l’accesso alla cultura sia negato alle classi meno agiate. Centro della narrazione è il personaggio di Hossein che cerca di abbattere il muro della discriminazione sociale per conquistare l’amata Tahereh. Lo spettatore è chiamato ad identificarsi con lui grazie all’uso della soggettiva e ai frequenti primi piani che gli sono riservati e in questo modo ne condivide le ansie e i turbamenti, lo sconforto e l’ostinazione, caratteristiche, queste, che lo accomunano ai protagonisti delle pellicole precedenti. La struttura dei tre film, infatti, pur nelle specifiche differenze narrative ricalca l'archetipo del viaggio in cui il punto di arrivo presenta uno scarto notevole rispetto a quello di partenza: Ahmad parte alla ricerca della casa del suo compagno di banco, Farhâd e Puyâ si muovono sulle tracce dei due bambini che hanno recitato nel precedente film della trilogia e Hossein intraprende un difficile percorso di conquista dell'amata. Correlativo oggettivo del viaggio è il sentiero a zigzag che compare in maniera pressoché identica in tutti e tre i film della trilogia, e che non viene mai inquadrato nella sua essenzialità, ma sempre animato da figure umane che lo percorrono a porre l'accento sul percorso e sul "farsi" dell'azione. Il viaggio di Ahmad, di Farhâd e di Hossein è un viaggio di superamento delle barriere e degli ostacoli che si frappongono alla ricerca, verso territori nuovi e sconosciuti che trovano la loro concretizzazione nella solidarietà verso un compagno, nella conoscenza e nell'aiuto della popolazione colpita dal terremoto e nel desiderio di conquistare la propria amata seguendola nello spazio che si apre oltre gli ulivi. Tutto il materiale a corredo di questa e delle rassegne passate è disponibile nella sezione Cineclub del sito internet www.giovaninsieme.it