R.E. Schultes - A. Hofmann BOTANICA ECHIMICA DEGLI AL CI OGE CESCO CIAPANNA EDITORE ./ R.E. Schultes - A. Hofrnann BOTANICA ECHIMICA DEGLI ALLUCINOGENI ( ( CESCO CIAPANNA EDITORE 1983 Volumi della stessa collana: IL LIBRO DEI BIORITMI ENCICU)"l'EDIA PSICHEDELICA MARIJUANA E ALTRE STORIE LE DROGHE E LA MENTE IL FUNGO SACRO E LA CROCE LA COMU NICAZIONE TRA L'UOMO E IL DELFINO IL LIBRO DELLA CASA SOLARE ALLUCINOGENI E CULT URA LE SOSTANZE PROIBITE BOTANIçA E CHIMICA DEGLI ALLUCINOGENI Titolo origin a le The Botany and Chemistry of Hallucinogens © 1980, CharLes C Thomas, Publisher 301-327 East La wrence Avenue Springfield , Illinois 62717 U.s.A. Traduzione : Paolo Monachesi Revisione botanica: Gabri ella Belisario Marconi ' e Copyright 1983 Cesco Ciapanna Editore S.p.A. Via Lipari, 8 - 00141 Roma - Te!. 89.72.57 Impaginazione: Gianfranco Raimondi Sopraccoperta : Sergio Raffo Editing: Maria Jatosti Memmo Printed in Italy - Tipografia ESSE-CI-ESSE - Roma Indice Presentazione 7 Prefazione 9 Prefazione alla seconda edizione 16 Prefazione alla prima edizione 18 In troduzione 20 Ringraziamenti 22 CAPITOLO I Cosa sono le sostanze allucinogene e psicotomimetiche CAPITOLO II La distribuzione botanica degli allucinogeni CAPITOLO 46 V Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno CAPITOLO 40 IV Piante d'impiego allucinogeno CAPITOLO 36 III Tipi strutturali dei principali allucinogeni di origine vegetale CAPITOLO 25 265 VI Piante con presunti effetti allucinogeni 303 Bibliografia 306 Indice anali tico 331 Presentazione L'edizione originale del presente volume fa parte della Living Chemistry Series (Collana di Chimica viva), concepita dall'Editore Charles C. Thomas e dal Direttore della collana, I. N . Ku ge lmass, per divulgare le più recenti conoscenze sulla chimica applicata alla medicina nel progresso della prati­ ca clinica . L'interdipendenza tra c himica e medicina è tanto ampia che medici passano alla chimica e chimici alla medicina, allo scopo di com­ prendere la base profonda dei processi vitali sia nello stato di salute che di malattia. Una volta che la ricerca chimica ha trovato un fondamento nei fenomeni clinici , ricercatori es pe rti in en trambe le discipline rendono com­ prensibile il confuso panorama del progresso biochimico per applicarlo alla pratica di ogni giorno, onde stimolare la ricerca sperimentale e ampliare l'istruzione post-univers itaria. Ciascuna delle monografie della Living Che­ mistry Series chiarisce così i meccanismi chimici e le implicazioni cliniche di molte malattie che per tremila anni sono rimaste relativamente ferme nella mente degli scienziati . Consideriamo a ragion veduta la nostra collana come la sintesi del progresso chimico m edico scientifico, con ottimi stan­ dard di erudizione ed una scelta accurata degli autori. Il Dr. Schultes di Cambridge, Massachusetts, e il Dr. Hofmann di Basi­ lea, hanno unito le loro conoscenze di botanica e di chimica per integrare le informazioni interd isciplinari a livello internazionale sugli alcaloidi psi­ coattivi, dalle culture primitive a i tempi moderni. Vi sono soltanto 120 specie di allucinogeni per circa 600.000 specie di piante, con una inspiega­ bile concentrazione nel Nuovo Mondo, e in entrambi gli emisferi molte piante allucinogene non sono mai state usate come narcotici. In tal modo gli autori conducono il lettore attraverso l'edificio classico degli alcaloidi clinici in zone del mondo dove la ricerca è ancora in corso, cercando di temperare l'abituale aridità della scienza fino a renderla compatibile con la chiarezza del pens iero . Questo non è un libro di testo, è una tavola rotonda cui uno si può accostare per soddisfare la sete d'informazione sulle drogh e senza nessuna conoscenza circa i processi d'estrazione che danno origine alle materie prime, né dei procedimenti di laboratorio che le trasformano in droghe. Si tratta di un'opera autorevole, vista come un'introduzione alla ricerca e come una guida per un efficace impiego degli allucinogeni da parte dei medici. Quando si è approf~mdita la conoscenza chimica di una sostanza, l'applicazione clinica è in genere più facile. 7 Botanica e chimica degli allucinogeni Gli allucinogeni reperibili facilmente in natura sono stati usati nel ntI religiosi per secoli, e nella pratica psichiatrica fin dall'inizio di questo seco­ lo; gli allucinogeni artificiali sono entrati in uso nell 'arco di questi ultimi anni. Essi provocano straordinari disturbi di percezione - senso alterato del tempo , allucinazioni visive, esperienze mistiche, ed anche sensazioni trasc ende ntali - che smembrano la funzione dell'ego. Diversamente dai barbiturici, nessun allucinogeno deprime le funzioni del cervello. Le droghe allucinogene alterano la coscienza umana nell'incerto cammino dell'uomo verso il controllo della memoria , ricostruiscono i mode lli di comportamen­ to m ed iante sistemi di rinforzo , ponendo a confronto l'espansione verticale dell'individuo nello spazio esterno cd interno. I risultati di questa esplora­ zione interna possono essere infinitamente più soddisfacenti dei viaggi nei pianet i: il territorio è virtualmente inesplorato. Ma il potenziale intrinseco d eg li a llucinogeni vale i rischi connessi alloro impiego? Non esistono allu­ cinogeni completamente sicuri; vi sono solo dci medici sicuri. Anche nel trattare i pazienti, i medici devono essere estremamente cauti per non tra­ sgI-edire la regola primwn 11011 11Ocere. Ma le parole sono oggetli, e una piccola goccia d'inchiostro cadendo come rugiada su un pens iero , induce a pensare migliaia, forse milioni d'indi vidui. I. NEwToN 8 KUGELMASS , M. D., PH. D., Sco D. Prefazione Sono particolarmente onoralo della richiesta fattami dagli aùtori di scrivere qualche nota introduttiva a questo libro. Nello stesso tempo, devo confessare, sono un po' riluttante ad assumermi un tale compito, dal mo­ mento che il soggello degli allucinogeni è in relazione con uno degli argo­ menti più complessi e difficili : il mondo delle allucinazioni e di altri feno­ meni soggettivi. Nel tentativo di avvicinarsi a questo mondo , i precedenti ricercatori ci hanno lasciato categorie e termini come allucinazioni positive e negative, pseudo-allucina zioni, fenomeni di déjà vu, fenomeni di derealizza­ zione, illusioni, visioni, sogni, sta/i onirici, immagin i eidetiche, immagini ei­ detiche con carattere di realtà, immagini ipnagogiche, immagini della memo­ ria, immagini della memoria proiel/a/e, pseudo-immagini della memoria, im­ magini posteriori della m emoria , «fenomeni l'isiv i t'an/astici», ripercezione, e Sinnengedachtnis, l per citare soltanto alcuni dei termini tecnici usati in queste ricerche. Raoul Mourguc, dopo aver analizzato qualcosa come 7000 pubblicazioni sugli allucinogeni, fu costretto a concludere nel 1932, nel suo libro Neurobiologie de l'Halhl ci/1.a/ion , che tutti i fatti e le osservazioni allora esistenti non potevano fornire la base adeguata per una teoria sulle alluci­ nazioni. Fortunatamente, iÌ le ttore di questo volume, Botanica e Chimica degli Allucinogeni, comprenderà subito che lo scopo degli autori non è quel­ lo di cercare di arrivare ad una soluzione delle implicazioni psicologiche; il loro scopo è evidentemente più importante : cominciare a fornire dall'inizio una presentazione dettagliata di fatti e considerazioni chimiche e botani­ che, essenziali per uno sludio scientifico sugli allucinogeni. Certamente, questo punto di partenza potrà essere alla fine fondamentale anche per una conoscenza sui meccanismi delle allucinazioni. Nessuno può mettere in dubbiò che i due autori siano particolarmente ben qualificati per trattare questo specifico argomento. Soltanto degli esperti in entrambe le dottrine, botanica e chimica, avrebbero potuto af­ frontare tutte le implicazioni e le complessità dei proble mi qui presenti . Personalmente posso soltanto rivendicare un interesse profondo e radicato da lungo tempo circa i vari problemi trattati in modo così competente in questo libro. Questo mio interesse è stato fort e mente rafforzato dalla con­ vinzione che gli autori di questo libro sono unici negli annali della scienza: uno, Richard Evans Schultes, per essere rimasto nella foresta tropicale qualcosa come dodici anni allo scopo di affinare gli strumenti del mestiere 9 Botanica e chimica degli allucinogeni e i relativi argomenti; l'altro, Albcrt Hofmann, per aver costantemente se­ guito la traccia scoperta il 16 aprile 1943, un giorno destinato a dare il via non a 1000, ma forse anche z\ 10.000 ruohlil'<lzioni sull'LSD. In un'epoca nella quale le droghe e le L'speriel1l.c conseguenti ad esse sono diventate un problema nazionale ed internazionale, il lettore può facil­ mente dimenticare che non molto tempo fa, durante i primi decenni di questo secolo, soltanto pochi ricercatori nei vari paesi s'interessavano a studi scientifici sugli allucinogeni. Avvenne per caso, in un giorno dell'otto­ bre del 1925, che io fui introdotto nel mondo degli allucinogeni, ingerendo alcuni bottoni di peyotl in uno dei laboratori dell'Università del Minnesota, non alla ricerca di un 'espansione della coscienza o di al tre esperienze singo­ lari, ma per sperimentare un nuovo mezzo forse utile per lo studio dei vari problemi della psicologia e della patologia della percezione. Per alcuni anni ho approfondito la ricerca su alcuni tipi di pseudoallucinazioni (adesso generalmente indicate come fenomeni eidetici o immagini eidetiche), studi che mi hanno portato in diverse regioni della California, dello Stato di New York, della Virginia, dell'Ohio, e della Louisiana. Fu l'annotazione, trovata per caso in un testo, che la Lophophora williamsii poteva dare la possibilità di produrre fenomeni eidetici in individui non eidetici (ed io sono uno di questi individui), che mi portò ajj'uso del peyotl nel mio esperimento del 1925, ed ai risultati di cui in seguito ho riferito nei miei libri (Am. J. Psychol., 37:502-515, 1926). Ciò comportò anche un flusso di visitatori del tutto inatteso, di chimici organici, psichiatri ed antropologi che, per un motivo o per l'altro, si erano interessati al mondo dei fenomeni prodotti dalla mescalina e che invasero la mia casa e il mio laboratorio. Ricordo così con vivo piacere le lunghe ed utili discussioni con ricerca­ tori come Gordon Alles, Paul Radin, J. S. Slotkin, W. Mayer-Gross, A. Hof­ fer, ed H. Osmond. Ricordo anche che in una di quelle discussioni Paul Radin, che aveva fatto uno studio particolare sul culto del Peyotl, si offrì di mandarmi «Crashing Thunder» (Rombo di Tuono) per alcuni test psicologi­ ci nel mio laboratorio (Crashing Thunder era !'Indiano Winnebago del qua­ le egli aveva pubblicato l'autobiografia). lo declinai la sua gentile offerta per varie ragioni «psicologiche», pensando che il mio laboratorio di Culver Hall all'Università di Chicago non avesse la preparazione necessaria per esaminare psicologicamente un indiano Winnebago. Cinquant'anni fa vi erano relativamente pochi ricercatori che si acco­ stavano con spirito scientifico ad uno studio degli allucinogeni, o che impie­ gavano droghe per esplorare i meccanismi del comportamento normale ed anormale. Di conseguenza, potevo ottimisticamente ritenere che sarebbe stato relativamente facile contattare almeno i più importanti fra questi ricercatori, e visitare i loro laboratori e istituti. Per perseguire questa idea, feci ad esempio un pellegrinaggio alla Maison Nationale de Charenton, un istituto associato a nomi famosi come Esquirol e Moreau de Tours. Il mio ospite fu Henri Baruk che, nelle sue ricerche sulla droga, fu collaboratore di H. de Jong in Olanda (che in seguito ebbi occasione di incontrare nel suo laboratorio di Amsterdam). Per strana coincidenza, fu Henri Baruk che, nel 1958, aveva fondato la Société Moreau de Tours e che, nel 1962, ebbe il ru~lo di maggior rilievo nel pubblicare gli Annales Moreau de Tours. Fu 10 Prefazione nello stesso viaggio in Europa che ebbi il piacere di passare un giorno a Friburgo i.B. con Kurt Beringer, il cui libro, Der Meskalinrausch, secondo l'opinione di Bo Holmstedt, è per la mescalina quello che è per l'hashish il libro di Moreau, Du Hachisch et de l'Aliénation Mentale. In quanto ai ricercatori americani degli anni Venti, mi piace ricordare che, durante il periodo trascorso presso la ColumbiaUniversity (1926-1928), riuscii a scoprire dove si trovava William J. A. M. Maloney, il quale insieme a A. Knauer, aveva studiato l'«azione psichica» della mescalina, con parti­ colare riferimento al «meccanismo delle allucinazioni visive», nella clinica di Kraepelin a Monaco. Questo era senza dubbio lo studio sperimentale più approfondito sugli effetti della mescalina intrapreso prima della guerra mondiale del '15-'18, e fu condotto con i metodi della psicologia sperimen­ tale, metodi di cui Kraepelin era venuto a conoscenza nel laboratorio di Wundt a Lipsia . Probabilmente è poco noto che Kraepelin, divenuto famoso per essere l'iniziatore di una nuova era nella psichiatria, manteneva grande considerazione per i lavori di Maloney sulla psicologia sperimentale; pos­ siamo affermare che il suo «amore più profondo» apparteneva a questo campo. Quando seppi che Maloney esercitava patologia clinica a New York, andai a trovarlo, ma sfortunatamente trovai la sua sala d'attesa piena di pazienti. Tuttavia, quando egli seppe dalla sua infermiera che io desideravo parlare con lui della mescalina, mi ricevette su bi to nel suo ufficio e raccon­ tò per almeno un'ora dell'«anno più felice» della sua vita, cioè dell'anno che lui e Knauer avevano trascorso nella clinica di Kraepelin studiando gli effetti psicologici dell'intossicazione da mescalina. Mi spiegò anche il moti­ vo per cui una relazione dettagliata su quegli importanti esperimenti, ante­ riori alla prima guerra mondiale, ad eccezione di un rapporto preliminare del 1913, non avrebbe mai potuto essere pubblicata (e per quanto ne so, non lo è mai stata). All'epoca della mia visita a Maloney, trovai un altro ricercatore di New York che si era interessato agli allucinogeni, ed aveva infatti scritto un opuscolo sui bottoni di peyotl. Si trattava di Henry Hurd Rusby (1855­ 1940), che faceva parte della Facoltà di Farmacia alla Columbia University. I suoi interessi erano piuttosto vasti: dalla morfologia e dall'istologia delle piante, alle proprietà ed agli usi delle droghe; il suo lavoro aveva meritato molte medaglie ed onori. Quando lo andai a trovare in un tardo pomerig­ gio, lo trovai nel suo ufficio circondato da una mezza dozzina di cani neri. Durante la conversazione mi mise in guardia (come faceva con ogni altro ricercatore) nei confronti della pratica di sperimentare droghe sconosciute su se stessi. Alla fine, mi portò in una stanza piena di grosse scatole conte­ nenti materiali che egli aveva riportato a casa da diverse spedizioni. Proba­ bilmente, egli disse, non le avrebbe mai aperte, né avrebbe studiato il loro contenuto; infatti ormai allevava cani e mi chiese di accompagnarlo a pas­ seggiare con loro. Lo accon ten tai. Quando, molti anni più tardi, ricordavo i miei studi passati sugli alluci­ nogeni e gli psicotomimetici con l'uomo che aveva introdotto in questo paese l'LSD-25 per l'uso medico, e che era stato prescelto per essere uno dei presidenti della Società di Psichiatria Biologica, il compianto Max Rinkel , mio amico, e quando gli feci il nome di qualche scienzia.to, che avevo visita­ 11 Botanica e chimica degli allucinogeni to in patria ed all'este ro , in varie occasioni egli disse: «Tu non hai avuto modo di incontrare il più interessante ed il più notevole tra loro, quest'uo­ mo abit a proprio qui a Boston ». «C hi è?» chiesi. «Sto parlando di Richard Evans Schultes; nel tuo prossimo viaggio a Bos ton farò in modo che tu possa conoscerlo». Sarò sempre grato a Rinkel per a ve re organizzato ques to in contro. Fu circa dieci anni fa , il 18 marzo 1961, in uno di quegli indimen­ ticabili convegni serali che soltanto un Max Rinke l poteva organizzare , che finalment e conobbi Dick Schultes e la sua affascinante moglie, Dorothy. È vero che l'occasione mondana offrì scarse possibilità per discut ere di alluci­ nogeni , o di ricerca tori interessati ad essi, ma fu l'inizio di molti incontri e di un fitto scambio di lettere e di pubblicazioni. Attraverso qu es ti scambi , compresi subito che Schultes era ed è un'au­ torità mondi a le nel campo della botani ca degli alluc inogeni, ma ho anche sa puto, del tutto inaspettatamente , che ho avuto un a parte nel plasmare la sua carri era e nel modificare, come egli disse , tutta la sua vit a scientifica. Nella prima lettera c he m'inviò (scritta nel 1961), notai soprattutto ques te righ e: «Co me ti ho detto, è stato il tuo libro sull'intossi ca zione da m escal , letto durante un corso di botanica, che per primo mi ha indirizzato allo s tudio dell e pi ante narcoti che. È stato qu es to un campo che mi ha dato molta soddisfazione ed un a felicità senza limiti ; devo molto al tuo Libro scritto in modo esemplare» . C'è da osservare che Schultes si riferisce qui alla mia piccola monografia Me scal: Th e " Divine» Planl and lts Psychologi­ cal Effecls (Mescal: la pianta "divina» ed i suoi effetti psicologici), pubblica ta a ' Londra nel 1928 (non più sta mpata per molti anni, ma recentemente ristampata, co n alcune aggiunte, dall'Università di Chicago sotto il titolo Mescal al1d Mechanisms or Hallucinatio/1s [Mescal e meccanismi delle alluci­ nazionz)). Non vi è dubbio c he , oltre ai le ttori di Botanica e Chimica degli Alluci­ nogen i , potrà essere interessante a nche per gli s torici de lla scie nza sapere come un libricc ino ha potuto modificare la carriera scientifica di Dick Sc hultes e capire il senso e l'importanza cii un simile ca mbiamento. L'infor­ mazione che ne ho tratto nel corso deg li anni è a mio avviso, me glio es pres­ sa dalle sùe stesse parole : «Nel 1936, qu a ndo stavo seguend o ad Harvard il corso del quale ora sono in segnante - Pi ante e relazioni umane - , un a delle letture sett imanali (nella settimana d ed ica ta ai narcoti c i) era il tuo libro Mesca /: The «Divine » P/ant and l ts Psych% gica / Eff'ects. Fui così affascinato d a l peyotl , del quale non avevo mai sentito parl are, che dec isi di dedicare la mi a tesi di laurea a quella pianta. Il professar Ames mi procurò i mezzi finanziari per visitare l'Oklah oma e per part ecipare al consumo di peyot l dura nt e le cerimoni e indiane. Questo diede l'indiri zzo a tutt a la mia carriera . Ero ag li inizi deg li s tudi medi c i, ma passai a bot a nica economi ca e preparai la mia laurea su lle sos tanze medicinali deg li indiani di Oaxaca ne l Mess ico, m e ntre riscop rivo la sac ra «Morning Glory » (o loliuqui) ed uno dei fun ghi sac ri (teonanacatl), di cui si e ra parlato nelle prime c ron ac he sugli Aztechi , e che fino ad allora non era stato ancora raccolto né identificato. Quand o mi laureai nel 1941, come Ph . D} mi recai in Colombia per un anno - fino a l nord-ovest dell'Amazzonia - allo scopo di s tudiare le pian te usate per avvelenare le frecce , vi rimas i altri dodici anni, vivendo in perm a nenza sul luogo. Ebbi così l'occasione di scoprire molte piante medicinali 12 Prefaz ione e narcotic he a ncora in uso. Poi ch é questa reg ione è una dell e plU ricch e di pi a nte alluc inoge ne, indiri zzai il mi o lavoro in questa direzione, e fui in grad o d'ide nti ficare se i nuo vi narcotici e s timolanti , e d esegui re s tudi etno-bo tanici s ugli a ltri 15 g ià precedent e m e nte conosc iuti. Dura nte quegli a nni nell'Amazzo­ nia, naturalmente prima di sposarmi , viv e vo in g iro per il paese, con tribù indiane, imparand o m o lto s ui lo ro costumi (per esem pio ho ma s tica to g io rn a l­ m e nte la coca per oltre 8 anni) , im padrone ndo mi di dive rse lin g ue e viaggia n d o in una canoa di a llumini o lunga 6 m e tri. Ho ra ccolto olt re 24.000 pi a nte che s to a tutt'oggi ca ta logando , e suddi vide nd o in ba se a llo ro impi ego come m edicin e, ve le ni , narco ti ci, cibi, ecc. Oua ndo gli chi es i se era m a i stato se riamente a mmala to durante tutti qu eg li anni ne lla g iun gla, egli disse: Fortun a ta mente no n mi a mm a lai in m od o g rave, fa lt a eccezi o ne pe r alcuni ripe tuti att acc hi di m a la ri a ed un pe riodo di be riberi . Ebbi bi sog no di aiuto solta nto una volta . Accad de nel 1944 ; prima ch e g li antibio ti c i fossero fac ilmen ­ te re peribili . Da una ferit a a l bracci o d estro mi s i sv iluppò un'infezio ne. La fortun a era con m e, e d io riu sc ii ad arriv a re ad un a p is ta d'atterragg io improv­ vi sata, cos tr uita per tras port are la gomma natural e durante la g uerra. L'aereo mi lasci ò a Villavicenc io , una c itt a dina ai pi ed i dell e And e ma , po iché la stra d a pe r Bogot à era interro tta a cau sa di fran e, a ndai in un a lbergo e chiama i u n d o ttor e che mi c urasse il bracci o . Ques ti mi ini e ttò qualcosa , dopo ave rmi d et to ch e mi trova vo in uno s ta to avanza to di settice mi a. Sv e nni , pe r ri s veg liarmi a letto ne lla cas a d i Nanc)' e Ma rston Bates, impi ega ti di Rockefe ller ch e viv evan o a Vill a vi ce ncio. Il d o ttore, sape ndo c he io e ro americano, a veva chiesto il lo ro aiuto. Na ncy no n solo te nne a vvo lto il mi o bracci o in asciugama ni caldi e umidi pe r una se ttimana, ma s i preocc upò di nutrirmi. E ro alquanto dima grito a ca usa della malaria e de i sei m es i di dura es plo razion e ne l Rio Apa poris. De vo la guarigione d e l mi o bra ccio, se no n la mi a vita , ai Ba tes: non dim e ntiche rò m a i le loro ge ntil e zze. Per ri ass umere i s uoi anni trascorsi nella giun gla, Schultes di sse : «Quelli furono a nni felici, se mpre alla ricerca di pi a nte nuo ve per la sc ie n­ za, studian do le usa n ze indige ne d e l Re g no de lle Pi a nte. Non la vorai mai con ass iste nti bi a nchi, m a viaggiai se mpre con in diani 3 o a iutanti m e ti cc i. Non ho mai av uto a lcun genere di difficolt à con gli indiani, ed ora , q uando ri torno pe r brev i viaggi in loca lità· d o ve in passa to mi sono fe rmato pe r m esi o anc he a nni, è come una riuni o ne di fami glia la d om e nica. Mi re ndo co nto di quan to sono s tato fo rtunato a d a ver potuto passare, come Ric ha rd Spru ce ed alcuni dei primi na turalisti-es plo ra tori d e ll 'Amazzoni a , dei lun g hi periodi sul pos to . Qu e­ s to è infa tti l'unico m e to d o . per intraprend ere delle ri ce rche e tna -bo tanich e in a ree di giun g la tropic a le con una certa s icurezza di successo ». Oua ndo, dal m ondo deg li a llucinoge ni vi sti dalla prospe ttiva bo ta nica, c i volgiamo a quello degli a llucinogeni vi s ti dall a prospetti va chimi ca , con­ di vido il ra mmari co di Albert Ho[mann (espresso nel 1967 , a llorché non potè essere presente a d un cong resso in questo paese), per il fatto che le droghe psicoa ttive, m entre allarga no psichi camente il tempo e lo spazio, non possono an co ra farlo fi s icamente, traspo rt a ndoci suun <<tappe to volan­ te» da un contin ent e all'altro . Ho s pesso desid era to qu es to tappeto ma gico; mi sarei librato verso i labora tori dell a Sandoz sov ra s tanti il Reno , a senti­ 13 Botanica e chimica degli allucinogeni re da Albert stesso alcuni dei particolari affascinanti sul più insolito ciclo di ricerche chimiche ivi intrapreso. È una specie di «cerchio magico», che parte dalla sintesi di varie ammidi dell'acido lisergico e dalla scoperta della straordinaria potenza psicotomimetica dell'LSD, e che porta quindi alle ricerche sui funghi sacri messicani ed all'isolamento della psilocibina dal teonanacatl, per finire con l'ololiuqui, dove ci s'imbatte nuovamente nelle ammidi dell'acido lisergico. Il cerchio così si chiude. Per procedere nelle ricerche, Hofmann, diversamente da ogni altro chi­ mico, insistette per indagare nelle località dove i nativi facevano uso delle piante allucinogene che egli stava analizzando. Di conseguenza, lo ritrovia­ mo assieme a R. Gordon Wasson, il famoso studioso americano di etno­ micologia, nel lontano paese degli indiani Mazatechi di Oaxaca, nel Messi­ co. Qui studiò l'uso dei funghi sacri, delle «Morning Glories» psicoattive, della Salvia inebriante, e di altre piante. Questo aspetto del lavoro di Hofmann - la sua completezza interdisci­ plinare - è una delle molte caratteristiche che ho sempre ammirato, e che appare evidente in questo volume. Nel considerare la mole di ricerche eseguita per completare questo cerchio magico, è facile comprendere perché l'LSD dovrebbe essere chiama­ ta (secondo A. E. Caldwell), <da droga di un uomo», ed il suo scopritore, Albert Hofmann, «un uomo di droga». È ora riconosciuto da tutti, e non richiede altro commento, che il «periodo LSD» del suo lavoro costituÌ il punto di partenza di molte ricerche in quasi ogni centro di ricerca psichia­ trica. Come Hoffer e Osmond hanno posto in rilievo, ciò è stato l'inizio di «una rivoluzione della psichiatria che non ha ancora concluso il suo corso». Senza dubbio, questa rivoluzione si è diffusa, o si diffonderà, ben oltre i confini della psichiatria, in diversi altri campi della scienza e della terapeu­ tica. Questa diffusione è giunta anche a casa mia, in occasione di alcune visite del defunto Max Knoll che, allora, era professore di tecniche elettro­ niche presso la Technische Hochschule di Monaco. Egli aveva fondato un laboratorio di «elettronica medica», il cui principale obiettivo era lo studio dei fenomeni visivi soggettivi risultanti da stimolazioni elettriche e magne­ tiche, oppure prodotti da LSD, psilocibina ed altri allucinogeni. All'epoca delle sue visite, facev.o fatica a rendermi conto che l'uomo cosÌ ansioso di discutere sulla struttura del mondo soggettivo, era lo stesso Max Knoll che, assieme ad Ernst Ruska, aveva costruito e dimostrato pubblicamente il primo microscopio elettronico! Non vi è dubbio che, durante gli ultimi dieci anni della sua vita scientifica (Knoll morì il 6 novembre 1969), egli era molto più interessato al «mondo delle sensazioni di luce interiore», per citare il titolo della sua monografia del 1967, che a quello del microscopio elettronico. Guardando indietro a quei giorni dell'aprile 1943, quando Al­ bert Hofmann scoprì gli effetti dell'LSD, Irvine H. Page affermò che quella scòperta avrebbe certamente «affascinato sia i ricercatori che i clinici», non appena ne fossero venuti a conoscenza. Adesso, a distanza di decenni, lo storico dovrà constatare che l'interesse nella psicochimica si è allargato anche a settori ben lontani dalla medicina e dalla biologia. Le attività scientifiche intraprese da Max Knoll durante l'ultimo decennio della sua carriera di scienziato esemplificano ed illustrano adeguatamente tali svi­ 14 Prefazione luppi. Uno psicologo o uno psichiatra possono anche affermare che l'esplo­ razione della sfera psichica in psicochimica o in psicofarmacologia non ha tenuto il passo con i progressi della chimica e della farmacologia, per non parlare di quelli raggiunti nell'elettronica o nella fisica. Inoltre, è evidente che tutte le frenetiche attività di ricerca nel campo delle droghe psicoattive molto spesso sono state condotte senza considerare i recenti progressi del­ l'etno-farmacologia e dell' etnobotanica. Fortunatamente, i ricercatori del futuro, pronti ad esplorare più a fon­ do il mondo degli allucinogeni e degli psicotomimetici, avranno ora la possibilità di evitare, concludendo le ricerche, la triste scoperta di avere ignorato fatti e concetti rilevanti, e di recitare i mea culpa per questa spia­ cevole e a volte anche fatale svista. Il suggerimento che si può dare a costoro, per evitare un tale corso degli eventi, prima che s'imbarchino nelle loro ricerche, è quello di leggere Botanica e Chimica degli Allucinogeni di Richard Evans Schultes ed Albert Hofmann! Questo, penso, è un saggio consiglio. EINRICH KLi.jVER In tedesco nel testo. Philosophiae Doctor, cioè Dottore in Filosofia, un grado superiore alla nostra Laurea, che corrisponde al Ph . B. americano (Philosophiae Baccalaureatus) (N.d.T.). 3 Il termine «indiano» nel testo inglese è utilizzato come sinonimo di indigeno o è comun­ que riferito a un soggetto appartenente ad una cultura primaria. Per non incorrere in arbitra­ rie distinzioni si è preferito mantenere quest'improprietà lessicale (N.d.T.). I 2 15 Prefazione alla seconda edizione Può sembrare strano che un libro pubblicato nel 1973 abbia richiesto così presto una seconda edizione. Tuttavia , più a lungo lavoravamo su que­ sta nuova edizione, più eravamo convinti dell'opportunità degli editori del­ l'aver deciso un aggiornamento del libro. Dal 1973, sia la botanica che la chimica degli allucinogeni hanno fatto dei rapidi progressi. In questi ultimi anni sono stati scoperti diversi nuovi allucinogeni; sono anche apparse molte notizie su possibili allucinogeni. Inoltre si sono aggiunte ulteriori informazioni su alcune delle droghe ben conosciute, derivanti da un lavoro eseguito sui luoghi d'origine . La chimica di molte delle piante allucinogene, con l'impiego di moder­ ni e sofisticati metodi analitici, è stata spiegata e sviscerata nel modo più completo; sono stati scoperti nuovi composti e, in alcuni casi, l'esame chi­ mico ne ha chiarito gli usi indigeni. Inoltre, abbiamo deciso di sviluppare il lato storico degli studi della chimica e della botanica degli allucinogeni, e ci siamo sforzati di aumenta­ re le informazioni di natura etno-farmacologica, pensando che queste cono­ scenze sono spesso di stimolo per studi botanici e chimici. Diversi settori sono stati sostanzialmente aumentati come risultato di ricerche compiute durante gli ultimi anni: la Cannabis e la Lophophom sono due buoni esempi. Il numero delle piante di possibile o sospetto impie­ go allucinogeno è di gran lunga maggiore di quanto era alcuni anni fa . La bibliografia si è, come ci si può aspettare , molto arricchita come risultato della recente ed intensa attività di ricerche, sia botaniche che chimiche eseguite su queste piante psicoattive in molte parti del mondo. Nel 'c oncludere, dobbiamo menzionare un altro punto a favore del no­ stro assenso a curare una seconda edizione. Poiché i principali allucinogeni sono d'origine vegetale, il loro studio mette in evidenza la ricchezza quasi intatta dei costituenti biodinamici di potenziale interesse medico esistenti in mezzo milione di specie di piante. Negli anni più recenti, le ricerche botaniche, fitochimiche e farmacologich e su questo tesoro languivano in parte a causa della mancanza della scoperta, negli ultimi decenni, di una «droga miracolosa», d'importanza uguale alle diverse nuove medicine: gli alcaloidi del curaro, il cortisone , la reserpina, e molti altri che vennero alla luce principalmente come risultato di ricerche etnofarmacologiche degli anni '30 e '40. 16 Prefazione al/a seconda edizione I composti scoperti o sintetizzati nel corso d'indagini chimiche sulle piante psicotomimetiche sono già stati accettati dall'industria farmaceuti­ ca. Ma il regno delle piante è sempre un campo fertile e quasi vergine per una ricerca di nuovi composti psicotropi, per non parlare di al tri generi di costituenti vegetali biologicamente attivi. Com'è stato affermato: «Possia­ mo permetterei di trascurare ancora a lungo un terreno di caccia che fino ad ora ha fornito, principalmente attraverso il folclore e la casualità fortui­ ta, delle tracce che l'industria farmaceutica americana ha trasformato in prodotti per un valore superiore ai tre miliardi di dollari all 'anno nel solo mercato delle ricette mediche?» (Schultes e Farnsworth, 1978) . R.E .S. e A.H. 17 2 Prefazione alla prima edizione Qualcuno potrebbe ragionevolmente chiedersi, «Perché un altro libro sugli allucinogeni?». I decenni trascorsi sono sta ti testimoni di una lunga serie di volumi aventi come oggetto i più importanti narcotici, per non citare le migliaia di articoli sui giorna li eruditi. Alcuni di questi lavori erano buoni, alcuni mediocri, altri scadenti; sono apparsi dei trattati speci­ fici, ed altri più generali; pochi sono stati i trattati scientifici imparziali, molti si sono rivelati delle chiacchiere emotive . Gli anni '60 sa:ranno certa­ mente ricordati come un periodo in cui gli allucinogeni hanno fatto parlare di sé in una pletora di pubblicazioni, sia nella letteratura tecnica che in quella popolare. Allora, perché un altro libro? Noi crediamo che vi sia un grande bisogno - anzi una vitale urgen za - di un trattato semplice, che inizi lo studio degli allucinogeni proprio dalle sue basi. Un esame della vasta letteratura esistente indica l'evidente mancanza di testi che partano da un serio sforzo di comprendere gli alluci­ nogeni ed il loro impatto sulle relazioni umane , sia dentro le culture primi­ tive delle regioni più lontane, sia nella società sofisticata del mondo occi­ dentale. La maggior parte degli allucinogen i è di origine vegeta le. Di conseguen­ za, il primo passo di ogni considerazione sugli allucinogeni dev'essere ne lla botanica. Anche se gli' specialisti lo sanno , hanno spesso la tendenza a dimenticarsi che gli allucinogen i sono in larga misura prodotti di una pian­ ta (ciò significa prodotti naturali), e che sono esis titi molto prima che la mente umana fosse in grado di comprendere la loro utilità. Di conseguenza, una profonda conoscenza del loro valore e dell'efficacia, del loro pericolo o dell 'innocuità, risiede nella valutazione della loro identità botanica e, in concomitanza, in una chiara e profonda conoscenza della loro composizione chimica. Queste due fasi di approccio tecnico agli allucinogeni devono esse­ re chiarite prima di attendersi che qualsiasi studio, in campi quali la psico­ farmacologia, la fisiologia, e le scienze del comportamento, possa dare qualche risul ta to significa ti vo. Di co nseguenza, noi - un botanico ed un chimico, che hanno entrambi lavorato con gli allucinogeni per lunghi periodi - abbiamo cercato di pre­ sentare un libro breve e chiaro, incentrato soprattutto sulla botanica e la 18 Prefazione alla prima edizione chimica degli allucinogeni. Molto probabilmente non sarà un testo ideale e completo in questi due campi basilari di ricerca. Noi crediamo, tuttavia, che gli specialisti, non solo in botanica ed in fitochimica, ma anche in molte altre discipline che sono in relazione con lo studio degli allucinogeni, possa­ no trovare qui delle informazioni basilari esposte semplicemente, senza l'ingombro di discussioni estranee e di discorsi inutili e possano usarle come aiuto alle proprie esigenze scientifiche. R.E.S. e A.H. 19 Introduzione Abbiamo cercato di mantenere lineare lo svolgimento del nostro libro. Qualche .volta l'informazione disponibile non ci ha consentito di asserire positivamente che una pianta tossica o narcotica impiegata da una società primitiva venga usata a causa dei suoi effetti allucinatori. In alcuni esempi, i dati a disposizione sembrano indicare che lo scopo specifico sia di indurre delle allucinazioni, anche se sappiamo che nella pianta non vi sono dei costituenti psicotomimetici . In pochi casi, l'utilizzazione della pianta per effetti psicoatiivi e la sua composizione chimica sono entrambi dubbi o incerti. Ritenendo che gli obiettivi di indagini future siano meglio soddisfatti comprendendo piuttosto che evitando questi esempi limite, li abbiamo de­ scritti a parte, in una sezione del libro separata da quella delle piante allucinogene ben conosciute, il cui impiego si basa sicuramente sulla ricer­ ca di allucinazioni visive e/o di altro tipo. Nella parte di questp libro che tratta di piante le cui proprietà allucino­ gene sono incerte, non vengono indicate formule chimiche. I costituenti di tali piante sono citati soltanto con i loro nomi, mentre la bibliografia com­ prende i riferimenti alla loro chimica. I composti chimici con attività allu­ cinogena non specifica (ad esempio l'ibogaina), le cui proprietà allucinoge­ ne sono sol tanto un effetto marginale rispetto ad al tre fondamentali a t ti vi tà farmacologiche, sono caratterizzati dalla loro formula strutturale, ma senza descrizione della loro sintesi, alla quale si fa riferimento soltanto nella bibliografia. Soltanto per gli allucinogeni specifici sono stati riportati tutti i dettagli chimici. Dall'inizio alla fine del libro, abbiamo usato il termine allucinogeno o psicotomimetico per indicare sia i principi attivi chimici , che la pianta nella guale sono contenuti, oppure gli estratti grezzi di tali piante . Il motivo di non aver riservato questi termini soltanto ai composti chimici è che, soprat­ tutto nelle società primitive dove questi agenti psicoattivi trovano il loro impiego primario, raramente i costituenti chimici vengono assunti isolati dalla pianta, anche se esistono, come tali. La procedura normale fra gli aborigeni è l'impiego della pianta grezza nel suo stato naturale o, nella migliore delle ipotesi, sotto forma di un semplice decotto, un'infusione, oppure della fibra vegetale polverizzata. Avviene solo raramente, e solo 20 Introduzione nelle culture occidentali sofisticate, che i composti chimici purificati venga­ no isolati ed assunti per scopi allucinogeni. Trattando delle principali piante allucinogene, per fornire al lettore una traccia sulle interazioni botaniche, abbiamo voluto dare una breve informazione di base su ciascuna famiglia e genere considerato, ed una descrizione piuttosto dettagliata delle specie interessate. A volte, come nel caso dei sacri funghi allucinogeni del Messico e delle miristicacee da fiuto dell'Amazzonia, vengono usate un certo numero di specie consimili, e in questi casi abbiamo descritto soltanto una specie, scegliendo quella che appariva essere la più importante. . Desideriamo far presente inoltre che , anche se occasionai mente abbia­ mo incluso informazioni di carattere farmaceutico, non rientra nello scopo di questo libro esporre o valutare ciò che già si conosce dai punti di vista farmacologico e psicofaFmacologico sulle piante allucinogene. Uno dei contributi del nostro libro che, pensiamo, molti colleghi possa­ no trovare utile, è la bibliografia. Di conseguenza ci siamo orientati verso un elenco di consultazioni piuttosto vasto e completo. Tuttavia, è ovvio che una bibliografia completa di un settore che si muove così rapidamente non è possibile. In qualche caso, per perseguire l'obiettivo di questo libro, ci siamo imposti una scelta su cosa includere e cosa non includere . R.E.S. e A.H. 21 Ringraziamenti Sono così numerosI I nostri colleghi ed amici che hanno contribuito spontaneamente ad entrambe le edizioni di questo libro, sia nell'aspetto botanico che in quello chimico, che non è facile ringraziarli tutti in modo adeguato. È sufficiente affermare che questo libro sarebbe molto meno completo e probabilmente anche meno utile senza l'assistenza di tanto vo­ lonteroso aiuto bibliografico e di ricerca. Ai nostri numerosi colleghi che hanno lavorato sulle piante allucinoge­ ne o sui loro costituenti chimici, dobbiamo ogni apprezzamento per i molti suggerimenti e cortesie. Questi amici comprendono: i professori Roger Heim (Muséum d'Histoire Naturelle, Parigi). Bo Holmstedt (Karolinska Institutet, Stoccolma), Robert F. Raffauf e Juhn Neumayer (Northeastern University, Boston), Heinrich Kluver (Universily of Chicago, Chicago), Nor­ man F. Farnsworth (Universi!.v of Illinois, School of Phannacy, Chicago), Peter Waser (University of Zurich, Zurigo) , Raphael Mechoulam (Hebrew Universi!y, Gerusalemme), Weston La Barre (Duke University, Durham, North Carolina), Tony Swain (Boston l)nivcrsity, Boston), Loran Anderson (Florida State University, Tallahassee, Florida), D. W. Fullerton (Oregon State University, Corvallis, Oregon), Carlton E. Turner (University of Mis­ sissippi, Oxford, Mississippi), William A. Emboden Jr. (California State University, Northridge, California), Donald Pfizer (Harvard University), ed H.-L. Li (University of Pennsylvania, Filadelfia). La nostra gratitudine va in ugual misura al Dr. J. P . M. Brenan (Diret­ tore dei Royal Botanic Gardens, Kcw) , al Dr. Olav Braenden (United Na­ tions Division of Narcotics, Ginevra), al Dr. Gvorgy-Mikloa Ola'h (Universi­ ty of Lavai, Quebec), al Dr. Nathan S. KJine (Rockland State Hospital, Orangeburg, New York), al Dr. Slig Agurcll ed al Dr. Jan-Erik Lindgren (Astra Uikemedel, AB, Soderstalje, Svezia), al Dr. Jan Bruhn (Karolinska Institutet, Stoccolma), al Dr. Laurenl Rivier (Université de Lausanne, Losanna), al Dr. Efrén del Pozo, al Dr. José Luis Diaz ed al Prof. Gast6n Guzman (Universidad Nacional Autonoma de Mexico), al Dr. Irmgard Wei­ tlaner de Johnson (Città del Messico), al Dr. Alexander T. Shulgin (Lafayet­ te, California), ed a Frank Lipp (New York Botanical Gardens). Il Dr. Siri von Rcis Altschul, il Dr. R. Gordon Wasson, il Dr. Andrew T. Weil, il Dr. Timothy C. Plowman ed il Dr. Pcter T. Furst (Botanical Mu­ seum, Harvard Universitv) sono stati di particolare aiuto nel lavoro di ri­ 22 Ril1g ra zia memi cerca e di critica relativo ad alcune parli del testo. Il Prof. Johann es Wilbert (anch 'egli del Bota nical Muse um) è stato prodigo di suggerimenti. per mi gliorare il contenuto ed il testo di qu es ta seconda edizione. Il p erso nale di diverse biblio teche non ci ha lesinato il suo te mpo, e dobbiamo rivolgere un ringrazi a m ento speciale a Mrs. Lillian Hanscom, segretaria delle pubbli caz ioni, a Mi ss Esther Rey nolds ed a Mr. Wesley Wong, bibloteca ri al Botanical Muse um dell'Univ ers ità di Harvard , per i mo lti favori. Mrs. Leonore Dickinson, bi bliotecaria della Gray-Arnold Arbo­ r e tum Library dell'Università di Harvard , ci è stata altrettanto di a iuto in divers i punti dell e parti botaniche di qu esta edizione. Ringraziamo anche il Dr . Raf[a uf per la s ua assisten za tecnica ne lleg­ gere le bozze finali . Molti a mici e colleghi ci hanno ass istito nelle Cotografie e/o ne i disegn i: ess i sono rin g raz iati individualmente. Siamo profondamente grati a Mr. Yando de Rios, un artista peruviano, pe r ave re eseguito, apposta per questa edi zione, l'illustraz ione di un a cerimonia di cura di un guaritore ayahuasca. Diversi a rtisti hanno aumentato le illustraz ioni di ques ta edizione prepa­ randoci disegni di pi a nte allucinogene: Mr. Gordon W. Dillon, Mr. Elmcr W. Smith, Mr. Joshua Clark, Mrs. Ircnc Brady Kistler, Miss Lynda T . Ba tes e Miss Judith Gronim, che hanno la vorato tutti al Botanical Museum del­ l'Università di Harvard . Infine, il nos tro apprezzamento va a Miss Charlotte K . Hodsdon per la sua attenta battitura delle pag ine modifica te rispetto all'edizione originale. Il suo interesse e la s ua costan za hanno reso più facil e il nostro compito dall'ini z io alla fine. R.E .S. e A.H . 23 (1) Cima (porzione distale) della pianta maschio in fioritura; (2) cima (porzione dista­ le) della pianta femmina , con frutti; (3) pianta giovane; (4) parte di una grande foglia - composta di undici lami·ne - che evidenzia la variabilità delle foglie; (5) porzione d'infiorescenza con stami, gemme e un fiore maschio maturo; (6) fiore femminile (carpellato), con stimme sporgenti dall'involucro della bratt ea pelosa; (7) frutto rac­ chiuso in brattea floreale pelosa persist e nte; (8) frutto visto di lato; (9) frutto visto da un'estremità (piano sagittale); (IO) pelo ghiandolare con peduncolo multicellulare; (11) pelo ghiandolare con peduncolo breve, monocellulare, invisibile (talvolta chiamato pelo ghiandolare sessil e); (12) pelo rigido non ghiandolare contene nte un cistolito di carbonato di calcio. (Disegno di EW. Smilh). 24 Capitolo I Cosa sono le sostanze allucinogene e psicotomimetiche Fin dalle prime esperienze umane con l'ambiente vegetale sono state certamente conosciute sostanze che provocano allucinazioni visive, uditive, tattili, di gusto ed olfattive, oppure che inducono psicosi artificiali. Il loro impiego va tanto indietro nella preistoria, da far avanzare l'ipo­ tesi che anche l'idea della divinità sia nata come risultato dei loro effetti fisiologici (La Barre, 1972; Wasson, 1958). Anche se l'uomo, in tutte le culture primitive, ha cercato di trovare delle cure o dei palliativi per i suoi malanni, gli effetti psichici delle droghe sono stati spesso per lui molto più importanti di quelli puramente fisici. Ciò è facile da intuire, perché nella maggior parte, se non in tutte le culture primitive, le malattie e la morte stessa sono di solito attribuite a forze soprannaturali che entrano nel corpo. La magia, aiutata dalla comunione con le forze dello spirito, era lo stru­ mento principale nella diagnosi e nel trattamento delle malattie (Schultes, 1970 c). Quale sistema più semplice per mettersi in contatto con il mondo invi­ sibile, dell'impiego di piante dagli effetti psichici strani, soprannaturali, capaci di liberare l'uomo dai confini prosaici del suo ambiente terreno, e di trasportarlo temporaneamente in mondi affascinanti di indescrivibili mera­ viglie eteree? L'uomo primitivo andava alla ricerca di queste piante ed attribuiva loro un valore straordinario. I narcotici, specialmente quelli ora chiamati allucinogeni, erano la sua medicina per eccellenza, e divennero presto i cardini della sua magia e della religione, le basi delle sue pratiche mediche (Soderblom, 1968). Come si arrivò a ciò? L'uomo osservando, sperimentando, arrivò a conoscere migliaia di piante diverse che lo circondavano. Provò a ingerirle tutte. Molte erano innocue, poche erano gradevoli al palato, alcune lo nutri­ vano, un discreto numero di esse lo facevano star male, diverse altre alle­ viavano il dolore e la sofferenza , poche lo uccidevano aJl'istante, ma pochis­ sime avevano effetti magici e soprannaturali sul suo corpo e sulla sua men­ te. Unica spiegazione plausibile di tali forze psichiche, stranamente irreali, era la presenza in queste specie di una divinità intrinseca o di uno spirito. Le piante venivano elevate ad un livello divino e l'impiego riservato a scopo sacra le nei riti magico-religiosi (La Barre, 1964, 1970; Schultes, 1969 c). Mentre alcuni di questi sacri allucinogeni sono stati più o meno laiciz­ 25 Maria Sabina, famosa curandera maza teca de­ dit a all 'antico culto ciel fungo. Nel corso di not­ turne cerimonie religio­ so-divinatorie, so llo la poten te azione della psi­ locibina che provoca vi­ sioni co·lora le e Fantasti­ c he , allucinazioni uditi­ ve , ebbrezza e estasi, Ma­ ria Sabina canta e ese­ g ue una danza elemen ta­ re c rj(mata. 26 " Stregone Kamsà che ha ingerito tè di fogli e di Brugmansia. Sibun­ dov , PUlumavo, Co­ lo~bia. .' (Foto R.E. Schultcsl. zati, e vengono impiegati occasionalmente dalla popolazione comune dei maschi adulti senza uno stretto controllo ritualistico , la maggior parte è ancora usata ed amministrata da preti, sciamani , curatori o stregoni, sotto il controllo della str:uttura medico-religiosa. Di conseguenza, una ricerca dal vivo da parte di antropologi e botanici deve necessariamente essere esegui ta con la collaborazione di questi membri solitamente potenti delle società primi ti ve. L'uomo moderno sa ora che queste «divinità presenti nella pianta» sono delle sostanze chimiche. Durante gli ultimi ottant'anni - ma più particolarmente durante gli ultimi due decenni - la ricerca farmaceutica ha scoperto una sorprendente serie di composti chimici di origine vegetale, capaci di straordinari effetti sulle funzioni psichiche. La scoperta di questi nuovi e potenti composti psicotropi ha creato un nuovo campo della scienza medica, che è stato chiamato psicofarrnacologia. . Diversi testi possono essere ricordati per av er posto le basi della mo­ derna farmacologia interdisciplinare. Nel 1855, Ernst Freiherr von Bibra 27 Sc iam a no Ba rasana so l to l'efre ll o del ca api, la be vand a a llucin ogè na p repa ra ta co n B al1 is leriupsis l'aapi . Ri o Pirapa rana, Va u pes , Col o mbi a . ( fol o R.E. Sc hullc s ). • pubblicò il primo libro di ques to ge nere, Die narko tischen Genussmittel und der Mensch , ne l qual e egli prese in cosiderazione diciasse tte narcotici e stimolanti naturali, esortando i chimic i a studi a r e assidu a m e nte un ca mpo così prom e ttent e p er la ri cer ca e così pieno di e nigmi . Nello stesso ann o a ppare un altro int eressanl e testo inl e rdisciplinare: Th e Chemis lrv of Com ­ mOli Lire (La chimica d e ll a vila comune), di James F. Johnston. Gran parte del secondo volume è dedicalo all e piante ps icoattive , e vi si affe rma c he " j narcotici c ui c i abband oniamo ... ci riv ela no un asp e tto d ell a s truttura uma­ na che, sia dal punto di vjsta chimico ch e da qu ello fisiol og ico , è molto più mi s terioso ed affa sc inante di ogni altro mos t ratoci d a piante al c ui uso siamo già a vvezzi ». Nel 1860, Mordecai Cubit Cooke , un mi cologo in glese , scri sse un int e­ ressa nte libro inte rdisciplinare intitolato Th e S even Sis lers ol Sleep (Le sette sorelle del sa vino), c he trattav a de i «se tt e narcot ic i più importanti del m ondo ». Non s i devono dimenticare le ric e rch e fondam e ntali di Emil Krae pelin , che , nell a s ua monografia V eber die B ee influss ~mg einfach er psychischer Vor­ gange du rch einige ArZ/1eim illel, pubblicata n e l 1892, ha ge ltato le basi di ciò che più tardi ha portato all a psic ofa rmacolog ia. Mezzo seco lo dopo il lavoro di von Bibr a , ed indubbiame nte ispira to da ques to, nel 1911 apparve un al tro libro importante: Die m enschlich el1 Ge­ 28 Ernst Freiherr von Bibra, autore di Die narkolischen Genus­ smittel und der Mensch. Mo rde c ai Cubit Cooke, micologo in­ glese, autore di The S ev e n Sisters or Sleep. (Per gentile concessione del National Librarv or Medicine, Bethesda, ~Ma ~ ryland). (Per ge ntile concessione d e l Bo t a nic Museum, Roya l Bo ta nic Gardens, Kew. Inghilterra). nussmittel, di C. Hartwich. Questo voluminoso trattato prendeva in conside­ razione, a fondo e con accentuazione interdisciplinare, circa trenta narcoti­ ci e stimolanti vegetali e ne citava altri casualmente. Facendo notare che il lavoro pionieristico di von Bibra era superato, e che le ricerche botaniche e chimiche su queste piante così bizzarramente attive erano appena comin­ ciate nel 1855, egli affermava ottimisticamente che, nel 1911, tali studi erano ben avviati, se non già completati. Tredici anni dopo, nel 1924, Louis Lewin, forse la più influente figura della psicofarmacologia , pubblicò un libro di grande profondità interdisci­ plinare: Phanlaslica - Die beliiubenden und erregenden Cenussmittel (Lewin, 1924)1. In breve tempo fu tradotto in diverse lingue , la prima edizione ingle­ se, Phanlaslica: Narcolic and Slil1ZlIlating Drugs - Their Use and Abuse, (Phanlaslica: droghe narcoliche e stimolanti. Usi e abusi) apparve nel 1931, ed una nuova edizione uscì nel 1964 1 • Il libro comprendeva la storia com­ pleta di ventotto piante e di certi composti sintetici utilizzati in tutto il mondo per le loro proprietà stimolanti od inebrianti, sottolineando la loro importanza per le ricerche botaniche, etnobotaniche, chimiche, farmacolo­ giche , mediche, psicologich e, psichiatriche, ed anche etnologiche , storiche e sociologiche. Lewin scrisse modestamente che «il contenuto di questo libro potrà costituire un punto di partenza per intraprendere ricerche originali nei settori della scienza sopra citati ». Negli anni intercorsi fra i lavori di Hartwich e Lewin, un etnobotanico americano, William - E. Safford, incominciò ad indirizzare l'interesse della scienza sull'importanza delle piante narcotiche utilizzate dalle società pri­ mitive del Nuovo Mondo. Richiamando l'attenzione sui numerosi enigmi dell'identificazione botanica di alcuni allucinogeni delle antiche culture americane, ebbe il merito di aver aperto le ricerche nel ricco campo dei narcotici nell'emisfero occidentale, anche se diversi dei suoi successivi ten­ tativi d'identificazione si dimostrarono più tardi errati (Safford, 1915, 1916, 1917, 1920, 1921a, 1921b, 1922) . t In Italia (Milano) l'opera di Lewin fu pubblicata nel 1928 col tito lo Phantastica: droghe stupefac enti ed ecci/an/i. Esiste in commercio una ristampa dell'editore Savelli, purtroppo mutilata (N.d.E.). 29 Botanica e chimica degli allucinogeni Cari Hartwich , au­ tore di Die m ensch­ lichen Cenussl11 iuel, Luuis LL'win, auto­ re di Phanla stica­ Die beliiubenden und erregenden Ce­ nussl11il/el, Durante gli anni '20 e '30, Blas Pablo Reko, un medico austriaco che esercitava nel Messico, collezionò assiduamente piante, specialmente ad , Oaxaca, e s'interessò a fondo dell'etnofarmacologia indigena, pubblicando un certo numero di studi con importanti osservazioni dirette, Il suo grande contributo sta nell'aver indirizzato la ricerca sulla ricca eredità etnobotani­ ca messicana (Reko, 1919, 1929, 1934). Dal punto di vista della fisiologia e della psicologia, uno dei libri forse più influenti, ed anche quello che ha rappresentato una pietra miliare nella psicofarmacologia, è Der Meskalinrausch, di Kurt Beringer, pubblicato nel 1927. A partire dal 1930 circa l'attività interdisciplinare nella psicofarmaco­ logia ha cominciato a crescere senza interruzione. Si ebbero molti chiari­ menti ed ampliamenti nelle conoscenze precedenti e si susseguirono rapida­ mente nuove scoperte in campi collaterali. Le piante allucinogene o psico­ tomimetiche ed i loro costituenti, specie nell'ultimo decennio, hanno attrat­ to l'attenzione ben oltre le diverse discipline scientifiche basilari per il loro studio: la botanìca e la chimica. Per molti versi è difficile, spesso impossibile, delimitare accuratamente , ciò che noi indichiamo come allucinogeni, soprattutto perché la loro attività biologica è così diversificata e complessa. Lewin raggruppò -le piante psicoattive in cinque categorie: excitantia, inebriantia, hypnotica, euphorica e phantastica, Nessuna categoria ha desta­ to un più profondo interesse di quella «Phantastica» raggruppante le dro­ ghe che inducono allucinazioni. Sfortunatamente, questo termine non è stato adottato dappertutto; infatti nei paesi di lingua inglese è sconosciuto. Come in ogni campo di studi sviluppatosi rapidamente, su questi agen­ ti allucinatori si è formata una nomenclatura selvaggia. Fra le tante altre denominazioni, sono stati coniati termini come deliranti, farnetizzanti, eide­ tici, allucinogeni, mispercettivi, misticomimetici, fanerotimi, fantasticanti, psicotici, psicotizzanti, psicogeni, psicosomimetici, psicodislettici, psicotaras­ sici, psicotogeni, psicotomimetici e schizogeni. Molto più recentemente, il termine psichedelici ha avuto una larga diffusione negli Stati Uniti. È stato ' propos~o 30 per significare «che manifesta la mente», con l'idea di suggerire Cosa sono le sostan ze allucinogene e psicolomimelich~ William E. Safford, il primo botanico che evidenziò i Blas Pablo Reko , pioniere dell'etnobotanica della flo­ numerosi dati etnofarmacologici emersi da documenti ra messica na. di antiche culture americane. (Disegno di E .W. Sm ith ). (Per g.C. della Hunt Bol. Lib., Camcgie-Mellon Un., Pittsburg, USA ). che il modello degli effetti di questi composti è determinato non tanto dai componenti patologici, quanto da un'attivazione generale e dalla manife­ stazione di fenomeni psichici, che in nessun modo possono essere considera­ ti completamente malsani e negativi . Tuttavia , il termine psichedelico ha acquistato ora dei significati secondari ed anche terziari in certi settori della società moderna e, se non altro per questa ragione, non può avere valore nel linguaggio scientifico . Oltre a ciò, è anche etimologicamente scorretto. Nessuno di questi termini , per essere esatti, è sempre ed interamente soddisfacen te. Anche 'Lewin, quando coniò il termine phantastica , non era del tutto soddisfatto, dispiacendosi perché « non era comprensivo di tutto ciò che avrei voluto comunicare » (1927). Lo stesso potrebbe dirsi per ogni parola che è stata usata per definire queste strane droghe. Lewin definì il suo gruppo phantastica, dal punto di vista tossicologico, come « ... un certo numero di sostanze di origine vege tale , molto variabili nella loro composizione chimica, e a queste spetta il nome di phantastica o Droghe dell'Illusione. I rappresentanti di questo gruppo .. . producono un'e­ vidente eccitazione cerebrale sotto forma di allucinazioni, illusioni e visio­ ni. Questi fenomeni possono essere accompagnati o seguiti da disturbi della percezione od altri sintomi di alterazione dell e funzioni cerebrali.» (1927). Due termini sono abbastanza chiari e sono ora largamente impiegati, anche se, sotto alcuni aspetti, sono ancora inadeguati. Poiché pensiamo che 31 BOlanica e chimica degli allucinogeni siano i migliori esistenti, e non intendiamo perderei in sterili questioni semantiche, in ques to libro usere mo allucinogeni (<<che danno origine ad allucinazioni») e, in minor misura , psicolomimelici «<che simulano una psi­ cosi») . Il termin e allucinogeno dà rilievo ai mutamenti percettivi, mentre talvolta le alterazioni d el pensiero e de ll'umore possono essere più impor­ tanti e significative; le allucinazioni, anche se quelle visive sono le più comuni, possono coinvolgere ogni altro senso, inducendo aberrazioni uditi­ ve, tattili, gustative ed olfattive. Il termine psicotomimetico dà rili evo allo stato quasi psicotico o pseudo-psicotico spesso indotto da questi agenti, ma una simulazione raggiunta m ediante l'attivazione gen e rale e la manifesta­ zione di fenome ni psichici, non è del tutto morbosa e negativa. Gli eccezio­ nali stati psichici indotti dagli ps icotomimetici corrispondono solo parzial­ mente al modello patologico della schizofrenia, e questi age nti non necessa­ riamente posso rende re psicotico il soggetto. Una recente discussion e a carattere medico sulle psicosi chimiche , ha dato la seguente definizione de lle sostanze psicotomimetiche (Hollister, 1968) : Mentre ogni definizi o ne del termine sostan z.e psicotomimetiche è certo da considerare arbitraria, usando il seguente criterio , si può limitare alquanto il campo: (a) in proporzi one agli a.ltri effetti, devono predominare le alterazioni del pensiero , de lla percezi one e dell'umore; (b) l'inde bolimento inte llettua le o della memoria co n le dosi che producono gli effetti menta li di c ui sopra, dev'es­ sere minimo; con dosi maggi ori si può però ugualmen te veriFicare; (c) lo s tato d'incosc ien za, la narcosi, oppure un'eccessi va stimolazione, non devono far par­ te integrante dell'azione; (d) gli effetti collaterali sul sistema nervoso autonomo non devono essere né inabilitanti né sconvolgenti; (e) J'istaurazione di uno stato di dipen denza dovrebbe essere minim o. Anche co n i criteri ora espos ti, le so­ s tanze ammissibili nella li s ta possono varia re, secondo il punto di vista del ricerca tore . Non è infatti facil e ragg iungere un accordo s ul termi ne usa to per desc rivere qu es ta classe di drogh e, com e mos trano le m ol te ob iezi oni s ul termi­ ne psicolomÌlnetico . Un 'altra rece nte monografia di Hoffer e Osmond, pIU orientata sulla psichiatria, rico nosce che il termine allucinogeno non è del tutto soddisfa­ cente perché « ... d à eccessivo rili evo agli elementi sensoriali della reazione a qu este droghe, mentre le·alterazioni percettive sono spesso minime ; le alte­ razioni d el pensiero e d e ll'umore sono molto più importanti ... Gli allucino­ geni sono ... prodotti chimici che, in dosinon tossiche, provocano modifica­ zioni ne lla percezione, nel pensiero, nel comportamento, ma ch e raramente producono confusione m e ntale , p erdit a della m emoria, oppure disorienta­ mento di persona, luogo e tempo » (Hoffer e Osmond, 1967). Hofmann, basando la sua classificazione sul sistema di Lewin, ha divi­ so le droghe psicotrope in (1) analgesici ed euforici (oppio, coca); (2) sedativi e tranquillanti (Rauwolfia); (3) stimolanti (piante contenenti caffeina); (4) ipnot ici (kava- ka va); (5) allucinogeni e psicotomimet ici (peyotl, ca nna b is, ecc .) . Ammettendo che l'attività di ques te drogh e prese nti una ce rta sovrap­ posizione (la coca , ad ese mpio, potrebbe far parte sia de lla categoria l che della 3) , Hofmann ha definito gli allucinogeni come segue (1959) : 32 Cosa sono le sostanze allucinogene e psicotomimeliche Questi (categoria 5), si differenziano negli effetti dagli altri quattro sotto­ gruppi di sostanze psicotrope, perché nella maggior parte dei casi, modificano soltanto lo stato d'animo, calmandolo o stimolandolo. In contrasto con ciò, i cosiddetti allucinogeni o psicotomimetici inducono profonde modifiche nella sfera dell'esperienza , ne lla percezione della realtà, ed anche alterazioni di spa­ zio e di tempo e dell 'autocoscienza. Possono anche verificarsi fenomeni di s per­ sonalizzazione. Conservando una completa coscienza , il soggetto sperimenta una specie di mondo di sogno, che sotto molti aspetti appare più reale del mondo abituale. Gli oggetti ed i colori, che in genere appaiono più brillanti , perdono il loro carattere simbolico; sembrano distaccati ed assumono un mag­ gior significato, come se avessero una loro propria e più intensa esistenza. Questo è lo schema generale dei sintomi principali che queste sostanze producono. Non sempre si presentano delle vere allucinazioni, e, quando si presentano, ciò avviene solo con dosi maggiori e dipende dall'individuo e dal­ l'ambiente. Sarebbe in genere più corretto chiamare queste droghe psicotomi­ metici e n~m allucinogeni. Esse infatti imitano uno stato psicotico. Gli allucinogeni o gli psicotomimetici sono in effetti piante od agenti chimici che, in dosi non tossiche, producono, combinate o da sole, alterazio­ ni nella percezione, nel pensiero, e nello stato d 'a nimo, senza provocare gravi disturbi del sistema nervoso autonomo. Con alte dosi possono aversi allucinazioni caratteristiche di vario tipo. Disorientamento, perdita o di­ sturbi di memoria, indebolimento eccessivo delle capacità intellettuali, ipe­ recci tazione o torpore, o anche narcosi, si possono a vere sol tan to con dosi eccessive e, tuttavia, non possono essere considerate caratteristiche. Queste droghe non creano dipendenza. La definizione di cui sopra, come la maggior parte delle definizioni, sotto certi aspetti può essere arbitraria e non è del tutto completa od esclu­ siva; non è difficile trovare delle eccezioni ad una o a più delle condizioni elencate. Comprende tuttavia l'attività caratteristica degli allucinogeni o psicotomimetici, e chiaramente non comprende narcotici quali la morfina, la cocaina ed i loro derivati, come pure anestetici, analgesici ed ipnotici, anche se alcuni di questi agenti possono, in dosi tossiche, provocare occa­ sionalmente allucinazioni, od altre condizioni anormali che assomigliano alle allucinazioni. La definizione, in breve, delinea chiaramente la categoria dei «Phantastica» di Lewin, della quale i termini allucinogeno e psicotomi­ metico possono essere considerati sinonimi. Diaz (1977) ha di recente suddiviso quelli che chiama psicodislettici (che rendono impossibile la lettura) in çinque categorie: (1) psicodislettici che provocano visioni (i cui principali agenti sono feniletilammine e indoli); (2) psicodislettici che provocano immaginazioni (principalmente i cannabi­ noidi, le cumarine, i «composti delle labiate»); (3) psicodislettici che fanno cadere in trance (alcaloidi della segale cornuta, glucosidi, psilocibina); (4) psicodislettici che provocano delirio (alcaloidi del tropano); (5) psicodislettici neurotossici (chinolizidina, pirrolizidina, alcaloidi dell'eritrina). A questi gruppi di composti psicoattivi, egli aggiunge psico analettici eccitanti (com­ posti del tipo efedrina, xantine). Le alteraziçmi psichiche, ed i conseguenti stati anormali di coscienza indotti dagli allucinogeni, differiscono così totalmente dalle esperienze nor­ 33 3 Botanica e chimica degli allucinogeni mali del mondo esterno ed interno, da non poter essere descritti nel lin­ guaggio normale, sul modello di ogni giorno dell'universo esterno ed inter­ no. Le profonde modifiche nella concezione dell'universo, sia in senso dia­ bolico che in senso paradisiaco, possono essere spiegate da alterazioni nella percezione dello spazio e del tempo , i due elementi base dell'esistenza uma­ na. L'esperienza della corporeità e dell'essenza spirituale possono essere ugualmente e profondamente interessate. Chi prende un allucinogeno ab­ bandona il mondo familiare ed anche , in piena coscienza, si abbandona ad un tipo di mondo quasi di sogno, con altre scale di valori, altro tempo e altre dime nsioni (Hollister, 1969; KlUver, 1928 ; Siegel, 1977; Siegel e West, 1975). Il tempo, molto spesso, sembra che si fermi, che non esista. L'ambiente familiare di ogni giorno appare in una luce nuova e spesso stupefacente. Forme e colori sono alterati od assumono un significato nuovo, qualche volta molto diverso. Gli oggetti comuni perdono ogni carattere simbolico, appaiono distaccati, ed irradiano una loro propria entità intensa. I colori in genere diventano più ricchi, trasparenti, e sembrano emanare dall'interno. L'ipersensibilità visiva ed uditiva è un evento comune, e spesso, soprattutto con alti dosaggi di agenti psicotomimetici, porta ad allucinazioni. Gli allucinogeni, consumati da appartenenti a società primitive, o da certi gruppi nelle culture sofisticate, vengono usati come un mezzo per fuggire dalla realtà , quale noi normalmente la intendiamo . Sia che si tratti dello stregone che vuoi mettersi in comunicazione con il mondo dello spiri­ to , oppure dell'artista che spera di vedersi aprire dei nuovi orizzonti, en­ trambi agiscono soprattutto per liberarsi dai confini della vita di ogni gior­ no. Anche se molti popoli hanno conosciuto ed usato le piante allucinogene fin dai primi stadi del loro sviluppo culturale, altri hanno cercato di libe­ rarsi dalla rea ltà seguendo sentieri lenti e dolorosi, come il digiuno e l'auto­ tortura. Che si tratti del metodo chimico di uno stregone sud-americano, o del digiuno di un mistico paleo-cristiano, il risultato finale differisce di poco: entrambi gli individui provano un eccezionale stato psichico . Almeno superficialmente, l'unica differe nza che forse si può notare, risiede nella relativamente maggiore facilità del metodo chimico (la via degli allucinoge­ ni o degli psicotomimetici), che agiscè modificando il metabolismo del cor­ po. È ancora controverso se le esperIenze indotte dalla droga siano o no sostanzialmente identiche alla espansione metafisica asserita da alcuni mi­ stici, oppure siano una simulazione di questa. Durante gli ultimi ottant'anni, ed in particolare negli ultimi due decen­ ni, la ricerca farmaceutica e fitochimica è riuscita ad isolare dalle cosiddet­ te «piante magiche» i principi attivi chimica,mente puri. Le loro strutture sono state chiarite, e si è giunti alla sintesi di alcuni importanti agenti allucinogeni. Questi importanti composti psicoattivi hanno raggiunto un'importanza significativa nella ricerca psicofarmacologica, nella psichia­ tria sperimentale, nella psicoanalisi, ed anche nella psicoterapia. Nel futuro, le sostanze psicotomimetiche potranno servire per provoca­ re sperimentalmente quei tipi di psicosi - le cosiddette «psicosi modello» - che daranno la possibilità alla scienza di studiare i processi biochimici o elettrofisiologici che, congiuntamente, potrebbero dar luogo a disordini 34 Cosa sono le sostanle allucinogene e psicolomimetiche mentali . Nella psicoanalisi e nella psicoterapia, queste sostanze potrebbero essere utilizzate come potenziali strumenti terapeutici. Gli effetti che sem­ brano dare agli psicotomimetici questa potenzialità, possono essere rias­ sunti come segue. Per prima cosa, gli allucinogeni alterano nel paziente il normale concetto del mondo, liberandolo dalla sua fissazione autistica e dal suo senso d'isolamento. Come conseguenza di questo cambiamento psichi­ co, il paziente può raggiungere un miglior rapporto con il suo medico. Secondariamente , gli psicotomimetici rievocano fatti o pensieri dimenticati o repressi dal subconscio. Mediante gli agenti allucinogeni, esperienze, an­ che quelle che risalgono alla prima infanzia, che sono spesso la causa di disordini mentali, possono essere occasionaI mente ricostruite con chiarezza nella coscienza; l'esatta conoscenza della causa del disordine è basilare per il buon esito di ogni trattamento psicoterapico. La scoperta dei conflitti che hanno condotto alla malattia mentale può così essere accelerata, ed il trat­ tamento psicoanalitico può essere più breve (Clark e Del Giudice, 1970; Hollister, 1968; KlUver, 1928; Rinkel e Denber, 1958; Siegel, 1977; Siegel e West, 1975). I pazienti non devono però sperimentare senza controllo sostanze che producono effetti così profondi e fondamentali come quelli che gli allucino­ geni presentano sulla mente e sul corpo, poiché molti degli effetti, la loro intensità, la durata, e i postumi, non possono essere in alcun modo previsti. Da un punto di vista terapeutico, un uso libero degli agenti allucinogeni non solo è inutile, ma anche pericoloso. Gli allucinogeni semplicemente non sono di per sé dei medicinali, ma sono aiuti o strumenti terapeutici. 35 Capitolo II La distribuzione botanica degli allucinogeni Molti allucinogeni sono di origine vegetale. L'agente psicotomimetico più potente, l'LSD o dietilammide dell'acido Iisergico, anche se è un com­ posto sintetico di cui non si conosce la presenza nel tessuto dell e piante, si avvicina molto ad alcuni degli allucinogeni naturali del regno vegetale, poich é la parte principale della sua molecola (il radical e dell'acido lisergi­ co), è di origine naturale. Inoltre, l'ammide dell'acido lisergico non sostitui­ ta , ed altri derivati dell'acido lisergico molto vicini all'LSD , sono stati tro­ vati in piante usate come allucinogeni. Non si sa con certezza quante specie di piante siano utilizzate nel mondo per le loro proprietà allucinogene. Non si può nemmeno supporre quante specie che non sono mai state impiegate per le loro proprietà narco­ tiche possiedano dei principi allucinogeni. Recenti ricerche fitochimiche suggeriscono che i costitue nti psicotomimetici sono largamente diffusi in molte specie del regno vegetale che l'uomo, per un motivo o per altro, non ha mai scoperto come allucinogene, oppure ha ignorato e non ha utilizzato a scopo d'intossicazione (Schultes, 1966, 1967a, 1970a). Durante il suo milione o più di anni d'esistenza, l'uomo ha certamente sperimentato una grande percentuale delle piante intorno a lui. I botanici non sono in grado di stabilire definitivamente quante piante 'esistano: il loro numero dovrebbe aggirarsi intorno a 800.000. Alcune stime per le sole angiosperme - il gruppo più numeroso e più attentamente studiato della vegetazione terrestre - il!dicano un numero variabil e da 200.000 , che di solito è citato, a circa mezzo milione (Schultes, 1972b; Schultes e Swain, 1976a). Può essere interessante un confronto fra il numero delle piante utilizza­ te a scopo alimentare e quelle usate come allucinogeni. Fra le angiosperme, soltanto 3.000 specie circa sono state utilizzate direttamente p er l'alimenta­ zione umana. Il numero di piante che attualmente fornisce cibo alla razza umana è, tuttavia, relativamente molto ridotto , poiché soltanto circa 150 specie di angiosperme sono abbastanza importanti per l'alimentazione da essere oggetto di commercio mondiale. Di queste, soltanto 12 o 13 specie tengono la popolazione mondiale lontano dalla farne: esse sono tutte specie coltivate (Schultes, 1970c). pochissime piante forniscono agenti narcotici alla razza umana, anche 36 Rappresentazione filogenetica del regno vegetale con stima dellà dimensione dei gruppi per numero delle specie Disegno di J.B. Clark. se potrebbero esistere centinaia di specie con costituenti organici psicoatti­ vi. La maggior parte dei narcotici sono alcaloidi. Nella loro prima compilazione del 1957, Willaman e Schubert elenca­ vano 3.671 specie di piante contenenti alcaloidi. In un supplemento, com­ pletato durante il 1968, ne vengono elencate altre 4.815 che danno una risposta positiva ai test per gli alcaloidi (Willaman e Li, 1970). Un rapido riscon tro indica che fra le due compilazioni vi può essere una sovrapposi­ zione di specie intorno al 10-15%. Di conseguenza, si può presumere con sicurezza che attualmente siano conosciute circa 7.000 specie di piante che contengono alcaloidi. Poiché in una data faniiglia molte piante contengono· i medesimi alcaloidi, si può stimare che siano ora conosciuti circa '5.000 diversi alcaloidi di origine vegetale. 37 Botanica e chimica degli allucilwgeni Ci si può tuttavia aspettare che, solo di queste piante contenenti alca­ loidi, almeno diverse centinaia di specie potrebbero e~sere potenz ialmente narcotiche. Tuttavia, fors e meno di 150 specie, comprendendovi sia le crit­ togame che le fanerogame, vengono utilizzate come inebrianti presso cultu­ re primitive ed avanzate. E di qu es te 150, solo una ventina possono essere considerate di maggior importanza. Inoltre, e forse in modo significativo, solo poche piante narcotiche - la coca, il papavero da oppio, la canapa, e il tabacco - sono comprese fra le piante commercialmente importanti del mondo, e tre di queste (esclusa la canapa) sono cultivar, sconosciute allo stato selvatico; un'indica zione di lunga associa z ione con l'uomo e con le sue tecniche agricole (Schultes, 1970a; 1970c). Di queste 150 piante narcotiche, quell e allucinogene comprendono da 90 a 100 specie, delle quali soltanto poche, lO o meno, sono coltivate. Ad eccezione della Cannabis, tuttavia, la coltivazione avviene su una scala mol to primitiva. Alcune delle piante allucinogene (ad esempio le Brugman­ sia del Sud America), non crescono spontaneamente, e senza dubbio sono state a contatto con l'uomo ed i suoi riti magico-religiosi per lungo tempo (Schultes, 1970c; Lockwood, 1973) . Mentre , come si è accennato sopra, vi sono molte specie di piante psico­ trope che non sono mai state impiegate come allucinogeni, è vero che vi sono state poch e culture, anche nelle zone in cui la flora è più ristretta e limitata, che non abbiano ingegnosamente scoperto ed utilizzato almeno una pianta per la sua attività psicotropa. Lewin ha commentato questà interessante osservazione come segue: "L' int enso deside rio che .. .induce l'uomo a sfuggire dalla monotonia della vita di ogni giorno .. .10 ha portato istintivamente alla scoperta di strane sostanze. Ha raggiunto ciò anche dove la natura è stata più avara nel produrIe, e dove i prodotti sembravano ben lungi dal possedere le proprietà che gli avrebbero consentito di soddi­ sfare questo desiderio» (Lewin, 1927, 1964) . Più importante e forse significativa è la curiosa disparità fra il numero delle specie usate come narcotici - specialmente come allucinogeni ­ nelle culture del nuovo e del vecchio mondo. La spiegazione di questa condizione è ben lungi dall 'esse re chiara, sia che possa essere dovuta a differenze culturali, a peculiarità della flora , oppure a qualche altra causa recondi ta non ancora presa in considerazione. Poiché non sembra che vi sia una ragione botanica.per presum ere che la flora di un emisfero sia più ricca di specie allucinogene di quella dell'altro, la spiegazione probabilme nte . può essere cercata nelle differenze di base culturali e storiche, nel ruolo dell'esperienza allucinogena negli aspetti magico-religiosi della vita primi­ ti va nel vecchio e nel nuovo mondo (La Barre, 1970; Schul tes, 1963a, 1963 b, 1965). Le piante impiegate come allucinogeni non sono distribuite uniforme­ mente n e l mondo vegeta le . Fra le divisioni riconosciute del regno vegetale (pag. 37) - batteri, funghi, alghe (comprese le diatomee), licheni, briofite, pteridofite, gimnosperme ed angiosperme -l'uomo apparentemente impie­ ga come allucinogeni soltanto membri delle famiglie dei funghi e delle angiosperme. Nonostante la presenza nei batteri e nelle alghe di costituenti altamente tossici o comunque biodinamici , questi gruppi, per quanto ri­ 38 La distribu z.ione botanica degli allucinogeni guarda gli allucinogeni, si distinguono per essern e mancanti. Di nuovo, una spiegazione chiara ed accettabile di questa inattesa e disorganica distribu­ zione botanica degli allucinogeni per l'uomo non è ancora stata data (Schultes , 1970a). I costitue nti allucinoge ni sono largame nte distribuiti nei funghi, ma le specie usate dall 'uomo sono concenlrate quasi esclusivamente nei funghi propriamente detti e nel genere Vesce; questi appartengono ai Basidiomice­ ti, i funghi più progrediti dal punto di vista evolutivo. Tuttavia vi sono degli allucinogeni specifici anche nei funghi più semplici e meno e voluti, ma queSti possono essere stali deliberatamente usati per le loro proprietà psicotomimetiche. Il più conosciuto è l'ascomicete Claviceps purpurea, la segale cornuta , un rizomorfo parassita dei grani di segale e di altre grami­ nacee che, quando era accidentalmente macinato con il grano e inavvertita­ mente usato per fare il pane, avvelenava, spesso fatalmente, le popolazioni di inte r e regioni europee, prima che la legislazione ed il continuo controllo ne isolassero la causa . Di recente è stato tultavia scoperto che la Claviceps veniva utilizzata nei miste ri Eleusini dell'antica Grecia (Wasson, Hofmann e Ruck, 1978). Nelle angiosperme, le piante allucinogene sono largam ente distribuite, specialmente fra le dicotiledoni . Infatti, fra le monocotiledòni possono esse­ re elencati soltanto alcuni allucinoge ni - e quest i solo sulla base di indica­ zioni piuttosto vagh e - malgrado l'e levata incide nza di alcaloidi in alcune delle famiglie di questo settore delle angiosperme. Così, la maggior concen­ trazione di psicotomime tici usati dall 'uomo è prese nte nelle dicotiledoni, dove sono distribuiti in almeno trenta generi di diciasse tte famiglie. Diec i di queste famiglie, pari al 59 per cento, appartengono all e archiclamidee dell e dicotiledoni; le restanti sette appartengono alle metaclamidee. Curio­ samente, soltanto una piccola perce ntuale degli allucinogeni si trova nelle famigli e delle dicotil edoni, che sono conosciute come eccezionalmente ric­ che di alcaloidi: nelle Leguminose forse cinque generi; nelle Apocinacee soltanto uno; nelle Solanacee sei o sette . Alcuni allucinoge ni sono prese nti anche in famiglie che, fino a poco tempo addietro, erano ritenute mancanti o molto carenti di alcaloidi : ad esempio Miristicacee, Convolvulacee, Labia­ te e Composite . È ovvio che non si può attribuire un ampio significato chemiotassonomico alla distribuzion e degli allucinogeni nelle dicotiledoni . È tuttavia quasi se mpr~ vero, come ha asserito Farnswo rth, che, " Quando generi o specie differenti di una particolare famiglia di piante conten gono dei veri psicotogeni, ques te sostanze sono sempre chimicamente simili, se non identiche. Questa è una scoperta importante; le relazioni chemiotasso­ nomi che non sono sempre così nette» (Farnsworth, 1969) . La classificazione botanica seguita in ques to trattato è qu ella di Engler e Prantl. 39 Capi talo III Tipi strutturali dei principali allucinogeni di origine vegetale Considerando l'enorme numero di strutture diverse conosciute nella chimica organica, è interessante e forse significativo il fatto che i composti psicotomimetici siano compresi entro pochi modelli strutturali (Hofmann, 1968; Schultes, 1970a) . La Tabella I contiene le strutture chimiche basilari dei principali tipi di composti allucinogeni. Quando si ç:onfrontano i modelli strutturali della Tabella II, è sorpren­ dente vedere quanto spesso appaiano le strutture deJl'indolo, e sempre sotto forma di derivati della triptammina. Possono essere triptammine senza alcuna sostituzione nel nucleo dell'indolo o con gruppi idrossi-metossi o fosforilossi nel]'anello fenilico dell 'indolo; al trimen ti il resid uo della trip­ tammina può dar luogo a parte di un sistema ad anello policiclico, come nel caso della ~-carbolina, dei derivati dell 'acido lisergico e dell'ibogaina. I più specifici ed energici allucinogeni, come l'LSD (dietilammide dell'acido d-lisergico) e la psilocibina, appartengono al modello della triptammina (Hofmann , 1968). Poiché sono dei derivati della triptammina, gli allucinogeni indolici sono strutturalmente imparentati al coefficie nte del mediatore chimico se­ rotonina (=5-idrossi-triptammina). La serotonina è ampiamente distribuita negli animali a sangue caldo. Si accumula nel cervello, dove ha una parte importante nella biochimica del funzionamento del sistema nervoso centra­ le . Di conseguenza, sembra che certe strutture della triptammina, che si presentano così frequentemente negli allucinogeni, come anche nel neuro- H Sero lonina 40 Psilocibina Psilocina LSD Tipi strutturali dei princ ipali alluc inogeni, ecc. TAB.ELLA I STRUTTURE CHIMICHE DI BASE DEI PRINCIPALI ALLUCINOGENI Composti senza azoto OH ~ VII es H Il (n) Fenilpropen i Dibe/1zopirani Composti azotati ;-CH>-OR Isossa w li Fe/1iletilammine Tropani Chi71oli ~ idi71 e Isochinoline Triptammin e R (çONH H f3-C m-boli ne Indoli dell' iboga Ergo line ormone serotonina, possano essere biochimicamente importanti nel meta­ bolismo delle funzioni psichiche (Hofmann , 1968). Nel gruppo di allucinogeni che contengono il residuo della triptammi­ na, l'LSD e la psilocibina (i più potenti e specifici allunginogeni attualmen­ te noti) presentano un carattere strutturale comune: entrambi sono derivati della triptammina, sostituiti in posizione 4 del nucleo indolico. Questa os­ 41 Botanica e chimica degli allucinogeni TIPI STRUTTURALI DEI PRINCIPALI ALLUCINOGENI A. Allucinogeni cOl1lenent i aZ.oto (alcaloida/i) 1. Der iv ati della fenile tilamm ina R,=Rs=H, R2=RJ=R. =OCH J: 3.4,S- tr imetossifeni le ­ tilammina (cost itu ent e d e l peyotl) = Mescalina R,=R 4 =OCH J , R 2= H , RJ= Rs=CH J : 2,S-di metossi-4-me t i I-fe ni Iisopro­ pilammina = STP (composto si nt e tico) II . Derivati dell'indolo l. Derivati della triptammi na a) Alchile = CH J : N,N-dimetiltriptammina (cos ti tu e nt e dello yopo, ecc.) b) Alchile = C 2H s , C J H 7 , CJ H s : N,N-dietil­ triptammina, ecc. (compos ti s intetici) 2. Der ivati dell'idrossitriptammina l) Derivati della 4-idrossitriptammina: a) R=OPOJH, alch ile=C H J : psilocibina R=OH, alchi\e=CH J:psilocina (costi­ tuenti del teonanaca tl) b) R=OPOJH, alchile=C 2 H s : CY 19 R=OH, alchile=C 2H s : C2-74 (compos ti sintetici) 2) Derivati della S-idrossitriptammina: R. Rl-(XI j CH.CH2N~ ~ N H R3 a) R,=OH, R2=R J=C H J : bufotenina b) R,=OCH J , R2=R J= CH J : S-metossi-N ,N-dime tiltriptammina c) R, =OCH J , R 2=H, RJ=CH J : S-metossi-N-metiltriptammina (costituenti di yopo, cohoba, epena, ecc.) 3. Derivati ciclici della triptammina l ) Der ivati della t3-carbolin a: al Armina b) 3.4-d iidroarm in a=arma lin a c) d-l ,2.3 .4-tetraidroarmina ' (cos titu en ti dell'ayahuasca, ecc.) 42 Tipi s trutturali dei principali allucil1Ogeni, ecc. 2) Derivati dell 'acido lisergico: CON H / Rl ""Ro ~ "­ N-CH, >--+-H a) RI =R 2 =H: ammide dell'acido d-Iisergico b) RI =H , R z=CHOHCH 3 : idrossietilammide dell'acido d-Iisergico (costituenti dell'ololiuqui) c) R 1=R 2 =C 2 H s : dietilammidedell'acido d-lisergico (=LSD-25) (composto sintetico) ,. 3) Ibogaina: I I (costituente della Tabernanth e iboga) C H 2 S III. Derivati del tropano (costituente di toloa che , giusquiamo, mandragora) Scopolamina IV. Derivati dell'isossazolo HO A 'o Muscimolo )-CH-COO­ I (costituenti dell'agarico muscario) + NH, Ac ido ibotenico B. Composti non azotati I. Derivati del dibenzipirano a) (-) f'!.1-3,4-trans-tetraidrocannabinolo b) (-) f'!.1 (61-3,4-trans-tetraidrocannabinolo (cos tituenti di haschish e marijuana , ecc .) 43 Botanica e chimica degli allucinogeni Alexaoder T. Shulgin, esperto delle relazioni struttura-attività dei composti allucinogeni. (Per gentile concessione di A.T. Shulginl. I servazione pUÒ fornire un'indicazione sul rapporto struttura-attività nel gruppo indolico dei composti allucinogeni (Hofmann, 1968). Una rela z ione chimica simile a quella esi~tente fra gli allucinogeni derivati dalla triplammina e la serotonina es is te fra la mescalina , d eriva ta dalla feniletilammina , ed il neuro-ormone nor-epinefrina (Hofmann, 1968; Shulgin, 1976, 1978) . OH I GFf~O-OI-CH~CH~NH~ Gff:n-~ HO-C~--CHCH~NH2 . HO - ~ I OGH~ Mescalina Norepinefr ina La so miglianza strutturale fra i più importanti composti allucinogeni di origine vegetale ed i neuro-ormoni che esplicano un ruolo esse nzial e nella biochimica delle funzioni psichi ch e, probabilmente non è accidentale: potre bbe forse spiegare l'attività allucinogena mediante un'influenza reci­ proca sulle aree attive del sistema nervoso centrale (Hofmann, 1968). 44 Tipi strutturali dei principali allucinogeni, ecc. Tale concetto è rafforzato dal fatto che gli altri composti allucinogeni della Tabella II - i composti con l'isossiazolo e con le strutture del tropano - so no degli allucinoge ni m eno tipici e m eno specifici di quelli de lla trip­ ta mmina e del gruppo de lla feniletilammina. Il componente allucinogeno dei composti del gruppo me nzionato per primo è meno predominante nel s uo spettro di attività di quanto non lo s iano quegli allucinogeni struttural­ m ente imparentati con i neuro-ormoni. Non contenendo azoto, gli a llucinogeni non azotati da un punto di vista chimico differiscono profondamente dagli alcaloidi allucinogeni. Diversa­ mente dagli allucinogen i di natura alcaloide dei tipi triptammin a e fenileti­ lammina, essi non possi edo no alc una relazione chimico-strutturale con i fattori neuro-umorali del corpo . Questo indica chiaramente ch e i m ecca ni­ smi dell'attività biologica deg li allucinogeni non azotati sono diversi da quelli dei composti che contengo no azoto. In tal modo , risulterebbe ch e l'attività psichica derivata da qu est i due principali gruppi chimici di com­ posti debba presentare certe differenze. Noi sappiamo che i sintomi dell'in­ tossicazione da hashi sh sono a lquanto diversi da quelli d'intossicazione da m esca lina o LSD : con l'h ashi sh, in molti casi, l'aspetto eufori co appare più marcato, mentre con la m escalina e l'LSD prevalgono le alterazioni della coscienza e le varie allucinazioni. 45 Capitolo IV Piante d'impiego allucinogeno I FUNGHI Sebbene il nome di Fungo venga dal latino fimgus (cioè i "funghi supe­ riori»), viene ora riferito ad una classe vasta ed eterogenea di taJlofiti man­ canti di clorofilla, comprendenti i funghi propriamente detti . In un sistema più antico di classificazione, i funghi erano compresi nelle Crittogame - un raggruppamento scorretto e innaturale di tutte le piante che non hanno fiori e semi. In contrasto con le Fanerogame, le Crittogame comprendono anche le Alghe, i Licheni, le Briofite e le Pteridofite. In genere la sistemazione suddivide i funghi in quattro classi: Myxomi­ cetes (muffe del limo); Phycomycetes (funghi acquatici); Ascomycetes (fun­ ghi con asco, parassiti o saprofiti); Basidiomycetes (funghi con basidio o clava). I Funghi Imperfectae comprendono dei tipi di ciascuna di queste qua ttro classi, sebbene la maggior parte di essi siano Ascomiceti. Le stime sulle dimensioni della famiglia dei funghi vanno da 30.000 ad oltre 100.000 specie, ed un ricercatore ha indicato di recente che addirittura 200.000 potrebbe essere il numero più vicino alla realtà. I funghi sono diffusi in tutto il mondo, dovunque vi sia sufficiente materia organica su cui vivere. Principalmente terrestri, essi si sono svilup­ pati più abbondantemente nei tropici che nella zona temperata; in misura limitata vivono nell'acqua dolce , ed anche nel mare. Le spore vitali soprav­ vivono Rer lunghi periodi nell'aria, anche a latitudini ed altezze molte ele­ vate. I costituenti allucinogeni si trovano in almeno due zone del mondo dei funghi: nelle classi degJi Ascomycetes e dei Basidiomycetes. ASCOMYCETES (FUNGHI CON ASCO O SACCO) La maggiore famiglia di funghi, gli Ascomycetes, è strutturalmente molto diversa, comprendendo organismi mono-cellulari (lieviti) ed organi­ smi con ife multiceilulari (muffe). Poiché crescono su legno, cuoio, materiali cheratinici (piume, capelli, corno), sul letame e sul terreno essi hanno un grande significato economico: il lievi to nella preparazione del pane e nella fermentazione alcoolica; le muffe blu e verdi nel deterioramento della frut­ ta, del pane e del cuoio; come agenti patogeni delle piante (la ruggine del noce, la malattia dell'olmo); e come sorgenti di alcuni dei più preziosi antibiotici, compresa la penicillina. 46 Pianle d'impiego allucinogeno Gli Ascomycetes portano le spore sessuali internamente negli aschi, di solito otto per asco; sono spesso presenti nelle spore asessuali, molto diver­ se nella forma. La classe si divide in due sottoclassi : gli Ascomycetes più semplici (sottoclasse Hemiascomycetidae), organismi unicellulari senza ascocarpi; e gli Ascomycetes più avanzati (sottoclasse Euascomycetidae), con talli filiformi ed aschi portati negli ascocarpi. HYPOCREACEAE Si tratta di una famiglia di cinquantasette generi di parassiti di grami­ nacee, alberi, bruchi, al tri insetti, ed al tri funghi , con cara tteristici peri teci sferici che si aprono attraverso pori apicali e aschi ad otto spore alla base di ciascun peritecio. Il micelio è di solito insignificante, e spesso produce un tessu to denso. La maggior parte dei generi vi ve nei climi tempera ti. Claviceps Tulasne È un genere costituito da una mezza dozzina, o più, di specie, general­ mente parassi ti di diverse graminacee. Ergot è un nome francese definito come «petit ongle pointu derrière le pied du coq».' Altri nomi usati dalla cultura popolare europea sono seigle ivre, hled farouche, MutterkorVl, Rockenmutter, Bockshorn, Brandkorn .e Toll­ korn. Almeno due di questi - seigle ivre (<<segale ubriaca») e Tollkorn (<<gra­ no pazzo») - alludono alla sua attività psicotropa. Fino a poco tempo fa, non vi era prova che l'ergot - ' 0 segale cornuta - fosse stato impiegato deliberatamente come allucinogeno, ma le ricerche sui suoi alcaloidi, condotte durante gli ultimi decenni, hanno evidenziato che alcuni di essi (e specialmente alcuni dei derivati semisintetici) possie­ dono una pronunziata attività psicotomimetica. L'introduzione alla grande quantità di pubblicazioni originali sugli alcaloidi della segale cornuta è fornita dalla monografia di Hofmann (1964b), e dagli articoli di aggiorna­ mento di Stoll ed Hofmann (1965, 1970), Hofmann (1972), Stadler e Stutz (I975). Durante il Medio Evo, prima di scoprire le cause di tale epidemia, interi villaggi e regioni europee, specialmente nelle zone dell'Europa orien- . tale consumatrici di segale, erano colpiti dal periodico flagello dell'ergoti­ smo. Migliaia d'individui che consumavano pane di segale contaminata da segale cornuta soffrivano di allucinazioni, cancrena, perdita di arti, talvolta demenza irreversibile e perfino morte: Nel 1093, nel sud della Francia, fu fondato un ordine religioso il cui scopo era' di curare i malati colpiti dall'ergotismo . Il nuovo ordine scelse Sant'Antonio come suo santo protettore. Da quel momento, il flagello, che era conosciuto come ignis sacer (<<fuoco sacro») o mal des ardents, fu chiama­ to anche fuoco di Sant'Antonio. La causa delle epidemie. fu scoperta nel diciassettesimo secolo, e da I In francese nel testo. 47 Claviceps purpurea , il fungo che cresce sulle spighe della segale . (Foto A . Bra c k). allora i casi di avvelenamento da segale cornuta divennero soltanto spora­ dici. Nella regione francese della Sologne , nel 1777 si ebbero 8.000 morti di ergotismo cancrenoso. La storia della segale cornuta e dell'avvelenamento provocato da que­ sto fungo ha trovato l,a sua descrizione classica nella monografia di Barger, Ergot and Ergotism (Segale cornuta ed Ergotismo), del 1931. Uno studio completo sulla storia dell'ergotismo è stato scritto da Chaumartin (1946). Una monografia che comprende storia, chimica e farmacologia della segale cornuta, ha per autore Bové (1970) . . Sono stati descritti due tipi di ergotismo, l'ergo tismo cancrenoso e l'er­ gotismo convulso. Il primo era caratterizzato da manifestazioni cancrenose che portavano alla mummificazione ed anche alla perdita delle estremità. Uno dei primi sintomi era una sensazione d 'intenso calore nella parte colpi­ ta, più di frequente il piede che la mano: ciò giustifica nomi coloriti come fuoco sacro o fuoco di Sant'Antonio. Nel secondo prevalevano sintomi ner­ vosi, come convulsioni degli arti e dell'intero corpo, stati epilettici , delirio ed allucinazioni. 48 Piante d'impiego allucinogeno Le manifestazioni di ergotismo cancrenoso possono essere correlate con l'a vvelenamen to da una specie di segale cornu ta con tenen te sopra ttu tto alcaloidi peptidici, di cui è conosciuta l'azione costrittiva sui vasi periferici. L'ergotismo convulso potrebbe invece essere spiegato col consumo di pane preparato con segale contaminata da segale cornuta contenente un'elevata percentuale di ammidi allucinogene dell'acido lisergico. Della Claviceps purpurea è ben documentata la grande variabilità nella composizione di alcaloidi. Nel Medio Evo , tuttavia, la segale cornuta veniva usata in Europa dalle levatrici come ausilio nei parti difficili. È interessante far notare che alcuni dei suoi costituenti sono ancora usati nella moderna ostetricia, soprattutto per la loro attività sui muscoli involontari e la loro proprietà di controllare l'emorragia post-parto. Oltre a spiegare i disturbi psichici nel quadro dell'ergotismo convulso, la presenza di alcaloidi allucinogeni nella segale corn'uta ha fatto avanzare l'interessante ipotesi che alcune specie di questo fungo, o di suoi estratti, possano essere state usate per preparare la pozione segreta, di indubbia azione allucinogena, che aveva un ruolo fondamentale nei Misteri Eleusini dell'antica Grecia (Wasson ed altri, 1978) . La maggior parte degli alcaloidi della segale cornuta deriva dall'acido lisergico. R=OH: Acido d·Jjsergico R=NH 2 : Ergina (ammide del I'acido lisergico) COR /CH 3 R=NHCH : ldrossietilammide dell'acido Jisergico "OH /CH 3 R=NHCH : Ergonovina (Ergomelrina) (Ergobasina) "CH 2 0H /CH(CH 3 h R=NHCH Melil estere della Lisergil-L-valina "COOCH 3 R = :rripeplide ciclica: Alcaloidi del gruppo dell 'Ergotamina e dell'Ergotossina Esistono due tipi strutturali di alcaloidi dell'acido Iisergico. Nel tipo semplice, nell 'ergina, ergonovina, idrossietilammide dell'acido lisergico, e nell 'estere metilico dellisergil L-valina, l'acido lisergico è unito al gruppo ammidico con un radicale debole. Mentre l'ergina, l'idrossieti­ lammide dell'acido lisergico, e l'estere metilico del Iisergil L-valina sono presenti solo in tracce nella segale cornuta,~.!JS2novi[}a (sinonimi: ergome­ trina, ergobasina), che è il fattore ossitocico specifico della segale cornuta , si trova spesso in grandi qu;;mtitativi. In contrasto, l'ergina e l'idrossieti­ lammide dell'acido lisergico sono i principali costituenti di una particolare 49 4 Botanica e chimica degli allucinogeni segale cornuta che cresce su graminacee selvatiche, come il Paspalum disti­ chum. Questi alcaloidi sono anche i principali costituenti nella droga ritua­ le messicana ololiuqui, nei semi di alcune specie di Convolvulacee, Turbina corymbosa ed lpomoea violacea. Un tipo più complesso di alcaloidi, presenti in maggioranza nella sega­ le cornuta, dove R è un tripeptide ciclico, è rappresentato dagli alcaloidi del gruppo dell'ergotamina e dell 'ergotossina. Alcuni di questi alcaloidi peptidi, ed i loro derivati, costituiscono la base di importanti sostanze far­ maceutiche. Essi non possiedono proprietà allucinogene. Alcuni costituenti minori della segale cornuta appartengono agli alca­ loidi della clavina, che differiscono da quelli dell 'acido lisergico per la ridu­ zione del gruppo carbossilico dell 'acido lisergico in un radicale idrossimeti­ lico o metilico. Gli alcaloidi della serie della clavina sono presenti soprat­ tutto nella segale cornuta che si sviluppa sulle graminacee selvatiche Agro­ pyrum semicostatum ed Elymus mollis, e sono anche reperibili nelle specie più evolute delle Convolvulacee, come componenti minori della mistura di alcaloidi della magica pianta allucinogena messicana ololiuqui. Fra gli alcaloidi naturali della segale cornuta, si è verificato che le ammidi semplici (ergina, idrossietilammide dell'acido lisergico, ed ergono­ vina), sviluppano una notevole azione allucinogena (Hofmann, 1963, 1968, 1970; Wasson ed altri, 1978). Questa scoperta non stupisce, considerando la similarità strutturale di questi composti con il derivato semisintetico dell'acido lisergico (dietilam­ mide dell 'acido lisergico) ovunque conosciuto come LSD-25, o semplice­ mente LSD (Hofmann, 1955, 1968, 1970). La piccola differenza nella strut­ tura chimica fra le ammidi naturali dell'acido lisergico e l'LSD, si accom­ pagna a nette differenze in qualità e quantità di attività allucinogena (vede­ re Turbina ed Ipomoea). La conoscenza relativamente recente dei costituenti psicotropi specifici degli alcaloidi della segale cornu ta , ha fornito la spiegazione di alcune componenti allucinogene nell'avvelenamento da tale fungo. Claviceps purpurea (Fr.) Tulas11.e in Ann. Sci. Nat., ser. 3, 20 (1853) 45. È caratterizzata da due periodi distinti (attivo ed inattivo) e da diversi stadi. Nello stadio inattivo, quello importante , la segale cornuta forma uno sclerozio compatto, che finisce per sostituirsi alle cariossidi del cereale ospite. Le ascospore o conidi infettano i fiori delle gramiriacee, germoglian­ do in ife che secernono un fermento (costituito da un muco giallo chiamato « rugiada di miele", che attrae gli insetti i quali si attaccano ai conidi) e penetrano nella parte basale dell'ovario ; le ife crescono nel tessuto dell'ava­ rio formando il micelio . Il micelio si espande nell'avario, indure ndosi in un fragile sclerazio, color violaceo o nerastro (internamente bianco) , a forma di clava cilindrica, rozzamente triangolare, in genere piuttosto curva, con sol­ chi longitudinali ed incrinature trasversali , rastremata su entrambe le estremità ottuse, lunga da 0 ,8 a 4,5 cm e larga da 2,5 a 5 mm: la segale cornuta (o ergot) del periodo inattivo . Cadendo a terra la segale cornuta sviluppa dei germogli, con in cima delle teste globulari - gli stromati od 50 Piante d'impiego allucinogeno Ger:mina Zio n e ;/ ~ D ()Oa C 'd' onl I cO Ifa C Somalica K ~ ~ìfìf'f I Ascos pora ge rminal e Ascoca rpo Pare te dd Sclerozio ge rminal e l'o n produzione di pe rit ec i p~ri tec io Anteridiu Ascogonio Cell u la madre dd l'asco Me iosi "- Cariogamia '- Gamelangi Diagramma de l ciclo vilale del fungo Claviceps purpurea, (Da C.J , Alexopoulos, / n/roduc/o')' Mvcologv, sec. ed ., 1962. Ri sI. " u( or. da Jo hn Wiley & So ns, Inc.). ascocarpi - ciascuna delle quali porta dei periteci, dalla cui base si sviiup­ pano gli aschi con le ascospore filiformi, La disseminazione delle ascospore avviene in seguito alla rottura degli aschi, Questa specie è parassita di alcuni cereali (più frequentemente della segale (Secale cereale, ma anche del frumento e dell 'orzo); e di certi carici. Vive nelle regioni temperate, specialmente dell'Eurasia, ma si trova anche in Africa , Nuova Zelancla , e nel Nord e Sud America . La coltivazione com­ merciale della segale cornuta si esegue principalmente in Inghilterra, Sviz­ zera, Ungheria e Polonia . 51 Botanica e chimica degli allucinogeni BASIDIOMYCETES (FUNGHI A CLAVA O BASIDI) I Basidiomiceti, di cui fanno parte anche i tipi più familiari di funghi con cappello e le Vesce, comprendono più di 400 generi ed almeno 14.000 specie. Essi hanno una grande importanza economica come agenti distrutti­ vi (ruggini e fuliggini) di colture vegetali (malattie di vari cereali, patate, granturco, pino, ciliegio, fagioli, ecc.). Parecchi funghi possiedono dei costi­ tuenti allucinogeni ed hanno avuto dei ruoli significativi nelle cerimonie magico-religiose delle società primitive. In questa classe vi sono i funghi della putrefazione del legno. I Basidiomiceti sono cosmopoliti. Essi hanno le spore sessuali all 'esterno su ife specializzate, chiamate basidi. Le spore dei Basidiomiceti, come quelle degli Ascomiceti, derivano da meiosi. Molti dei Basidiomiceti più grandi hanno perso la capacità di produrre spore asessuate. Questa classe viene divisa in due sottoclassi: Ete­ robasidiomiceti (carboni, ruggini, scope delle streghe, galle, ecc.) con basidi settati, che derivano da teliospore probasidi, e le basidiospore; ed Omobasi­ diomiceti (funghi superiori, Vesce, ecc.), con basidi semplici. Tutti i funghi allucinogeni finora utilizzati intenzionalmente dall'uomo appartengono al­ la sottoclasse degli Omobasidismiceti. In questa sottoclasse, si distinguono i Gasteromiceti e gli Imenomiceti . Nei Gasteromiceti, comprendenti Vesce, «corni maleodoranti» e simili, i basidi maturano in basidiocarpi chiusi, e la propagazione delle spore viene affidata al vento, acqua, insetti, od altri animali. I tipi ritenuti alluci­ nogeni considerati in questa trattazione appartengono all'ordine dei Lyc~­ perdales, nella famiglia delle Lycoperdaceae: le Vesce. Negli Imenomiceti, i basidi non maturano in basidiocarpi chiusi, la disseminazione delle spore mediante distacco per strozzatura delle basidio­ spore e la dispersione aiutata dal vento, sono molto efficaci. In questa serie vi sono due ordini. I tipi allucinogeni sono compresi nella classe degli Aga­ rici, i funghi lamellati , ed in un gruppo di funghi porosi. Lycoperda les I Lycoperdales, o Vesce, sono distribuiti in tutto il mondo. Se ne cono­ scono 7 generi ed oltre 100 specie; la maggior parte di queste specie appar­ tiene al genere Lycoperdon 2 . I basidiocarpi, solitamente epigei, sono com­ pletamente chiusi; sono costituiti da una parete esterna, o peridio, e da un rivestimento interno spugnoso, o gleba. I basidi si sviluppano all'interno della gleba, che si rompe alla maturazione dei basidi, lasciando nel peridio solo le basidiospore ed una massa di filamenti. Il basidiocarpo si essicca formando un involucro resistente pieno di milioni di spore, che sono di frequente espulse attraverso un poro all'apice del basidiocarpo mediante una pressione a mantice esercitata naturalmente o da animali. 2 Dal greco lykos (lupo) e perdon (peto). Di qui il nome volgare Vescia, loffia di lupo, peto di lupo (N.d.E.). ' 52 Pian le d' impiego allucinogeno LYCOPERDACEAE Lycoperdon Persoon Secondo le stime più recenti, vi sono da 50 a 100 specie di Lycoperdon, diffuse soprattutto nelle zone temperate, in foreste con sottobosco ricoperto da muschio. Un recente rapporto indica che due specie di Vesce - Lycoperdon mar­ ginatum Vi tt. e L. mi..xtecorum Heim - sono usate come allucinogeni dagli indiani Mixtechi a sud di Tlaxiaco, Oaxaca, Messico, ad un'altitudine di 2000 m ed al tre . I Mixtechi chiamano il Lycoperdon mi..xtecorum, un fungo endemico di Oaxaca, gi'-i-wa (<<fungo di prima qualità») ed il L. marginatum, una specie nota anche nell'Europa temperata e nell'America, che ha un forte odore di escremento, gi'-i-sa-wa «<fungo di seconda qualità»). Non sembra però che queste due Vesce occl.lpino il posto importante di altri funghi come agenti divinatori presso altri indiani di Oaxaca (Heim, 1967; Ravicz, 1961). Il più attivo delle due specie - il Lycoperdon mi..xtecorum - causa uno stato di semi-sonno mezz'ora dopo l'ingestione di uno o due esemplari. Si (A) LycoperdO/l margi na· IL/m (B) L . mixlecorum. (Da R . He im . No u vel/es I nvesl;· gaf iol1s sur les Champignons f1allu cinogénes. e d. del Mu seum Na li o naJ d 'His toire Nalu rolle , 1967) . odono voci ed echi, e si dice che le voci rispondano alle domande. Un indiano ha riferito: «Mi sono addormentato per un'ora, un'ora e mezzo e la Vescia mi ha parlato, dicendo che mi sarei ammalato, ma che sarei guarito dalla malattia ». Gli effetti della Vescia differiscono molto da quelli dei funghi allucinogeni; essi possono anche non indurre visioni, sebbene l'intos­ sicazione sia caratterizzata da allucinazioni uditive. Si dice che, fra· gli indiani Tarahumara di Chihuahua, nel nord del Messico , una Vescia, conosciuta col nome spagnolo pata de p erro , venga «usata dalle streghe» (Bye, 1976). Nella letteratura sono stati descritti gli effetti narcotici delle Vesce, sebbene queste informazioni dal Messico siano praticamente le prime che indicano una deliberata utilizzazione di queste piante come inebrianti . Un rapporto del 1869, proveniente dal sud-est degli Stati Uni ti, dice (Heim, 1967): Alcuni scri ttori di argomenti medici asseriscono che le spore delle Vesce possiedono proprietà narcotiche, e che si tratta di un analgesico che , inalato , agisce talvolta come il cloroformio. lo però non ho mai sperimentato alcun effetto di questo genere mangiando le Vesce. Tuttavia, il dr. Harry Hàmmond ...mi ha scritto, «da quando ti scrivo, io ed un certo numero di altre persone 53 Botanica e chimica degli allucinogeni abbiamo mangiato diverse volte il Lycoperdon, e credo di aver scoperto su di me la netta evidenza di un'azione narcotica: due altri sperimentatori mi hanno descritto sensazioni simili . Mi ricordo di aver sentito dal sig . Mahan che un suo amico, un medico della Georgia, è stato seriamente colpito da una sensazione analoga, dopo un pasto abbondante a base di Lycoperdon. Alcuni recenti studi hanno indotto dei ricercatori a dubitare dell'asseri­ to impiego delle Vesce come allucinogeni ad Oaxaca (Ott ed altri , 1975). Questo dubbio è basato in parte sulla loro scoperta che l'informatore originale indiano possa aver confuso un certo numero di funghi e che le Vesce «sono commestibili»; ciò ignora la riconosciuta attendibilità degli scienziati che per primi hanno riferito questo possibile impiego e, natural­ mente, non prende in considerazione il fatto noto che le Vesce possono talvolta essere tossiche, e che ne è stato riferito l'uso «da parte di streghe» in un 'altra regione. Tuttavia, saranno necessarie altre ricerche prima che il problema possa essere definitivamente congedato. È anche vero che non vi è ancora alcun fondamento fitochimico per avvalorare i presunti effetti inebrianti di questi Gasteromiceti. Lycoperdon mixtecorum Heim in Comptes Rend. 254 (1962) 789; Rev. Mycol. 31 (1966) 156. Ricettacolo di diametro 2-3 cm, subgloboso, leggermente appiattito, bruscamente ristretto in un breve peduncolo lungo 3-4 mm. Esoperidio non echinolato, ma interamente cosparso di escrescenze di colore marrone­ rossiccio chiaro . Endoperidio setoso, papiraceo, liscio, color paglia. Involu­ cro peridiale bruno-giallastro inframezzato da arancio, ricoperto alla base da una peluria biancastra. Opercolo frastagliato. Gleba leggermente spu­ gnosa, di colore dal grigio-ambrato ad un leggero violetto, con filamenti capillari dritti, irregolari, lunghi 2-6~. Base sterile scarsamente sviluppata , dà giallo-limone a quasi arancio, con cellule relativamente grosse (2-3 mm), orientate radialmente. Spore bruno-ambrate con una lieve sfumatura vio­ letta, sferiche, 7,8-1O~ piccola scultura compresa , alate-muricate, che pre­ sentano cinque membrane distinte ricoperte con una maglia di fibre palli­ de, incomplete ed ineguali. Terrestre nelle foreste rade e nei pascoli, Oaxa­ ca, Messico. Agaricales Gli Agaricales o Agarici, di cui fanno parte i funghi più familiari, quelli a cappello, comprendono, secondo una classificazione sistematica moderna, 16 famiglie con 197-200 generi, secondo un'altra, 7 famiglie con 275 generi e 7.000 specie. I membri di quest'ordine sono saprofiti, parassiti, o micorri­ ze, con un micelio ben sviluppato, talvolta perenne e nascosto nel sustrato (terreno, legno marcio, ecc.). La struttura riproduttiva, a corpo fruttifero, è in genere macroscopica, possiede una grande diversità morfologica, e pre­ senta un imenio ben marcato, la cui apparenza molto variabile ha dei caratteri che spesso consentono di distinguere le famiglie. Tutte le specie sono omobasidiali, con i basidi clava ti e normalmente semplici, uniforme­ mente unicellulari (con sterigmi apicali e quattro basidiospore), che in ge­ 54 Piante d'impiego allucinogeno nere sono fianco a fianco, paralleli sullo stesso asse dei vicini basidi, dando luogo ad una specie di palizZata , l'imenio appunto. Tutti i tipi di funghi che danno ebbrezza compresi nell'elenco che segue - Amanita, Conocybe, Copelandia, Panaeolus, Psilocybe e Stropharia - sono classificati in una famiglia ampiamente definita: le Agaricaceae. Molte del­ le caratteristiche utilizzate nel dividere questa famiglia sensu lato sono recondite e spesso non delineano nettamente le differenze. Le suddivisioni delle famiglie più piccole ora riconosciute si basano su differenze nella morfologia della trama imenoforale, sul tipo ed il colore della spora, oltre che su numerose caratteristiche minori. Inoltre, è necessario ricordare che fra gli specialisti vi è ancora un notevole disaccordo sulla classificazione delle famiglie. Per gli scopi di que­ sto libro, vi sarebbero buone ragioni per continuare ad usare la vecchia classificazione (che è stata seguita nella prima edizione); ma in questa seconda edizione, verrà adottata la classificazione in famiglie proposta da Singer (1949, 1962). In senso lato, gli agarici comprendono i funghi lamellati, che si distin­ guono per l'area fruttifera a pieghe laminate (branchie o lamelle), in genere presente sulla superficie inferiore del pileo. I corpi riproduttivi sono gene c ralmente carnosi, e, pur variando considerevolmente, sono in genere pilei­ formi od ombrelliformi, con un cappello o pileo ed un gambo. Quando è giovane, il corpo riproduttivo può essere racchiuso in un velo che si rompe con la crescita, spesso rimanendo come una volva alla base del gambo e, a frammenti, sopra il pileo . Le specie sono per lo più terrestri, e crescono più frequentemente nel terreno argilloso o sabbioso, oppure nell 'humus delle zone forestali, spesso nel muschio, occasionalmente nei pascoli e sui prati, talvolta su materia vegetale vivente o in degradazione. La famiglia è prati­ camente cosmopolita nella sua estensione, ma le specie sono spesso distri­ buite in zone limitate. AMANITACEAE È una famiglia pressoché diffusa in tutto il globo e composta di sei generi , il più importante dei quali è l'Amanita. Amanita Persoon ex Hooker Il genere Amanita comprende da 50 a 60 specie (anche se alcuni stima­ no che raggiungano le 100). È praticamente cosmopolita, essendo presente in tutti i continenti, ad eccezione del Sud America e dell'Australia, ma le specie individuali sono in genere ristrette ad aree ben definite. L'Amanita muscaria è stata di recente introdotta nella Colombia,presumibilmente tramite pini piantati secondo i programmi di ripopolamento forestale. Al­ cune specie di Amanita sono tossiche in vario modo e la loro costituzione chimica , sebbene sia in genere poco nota, sembra essere molto variabile; i principi tossici non sono gli stessi in tutte le specie velenose. Alcune specie sono mangerecce e da tempi remoti in Europa sono state conosciute come cibo; poche specie presentano proprietà antibiotiche. Alcuni moderni trattati includono le Amanite nella famiglia Amanita­ ceae, separa'te dalle Agaricaceae, cui sono strettamente imparentate in base 55 , Botanica e chimica degli allucinogeni Amanica muscaria, l' «agarico muscar io ». Svizzera. (Foto C. H. Eu gs tcr). a particolari della mòrfologia della trama imenoforale, al tipo di spore, e ad altre caratteristiche minori. Probabilmente la più vecchia delle piante allucinogene, e forse un tem­ po la più diffusa (almeno per quanto concerne la sua utilizzazione da parte dell'uomo), può essere l'agarico muscario, un fungo della zona temperata dell'Eurasia settentrionale: Amanita muscaria . L'uso allucinogeno dell'Amanita muscaria nel Nord America, fra gli indiani Ojibway dello stato del Michigan , è stato scoperto solo di recente. L'i mpiego cerimoniale di questo fungo è stato riferito da uno sciamano Ojibway, Keewaydinoquay (Keewaydinoquay, 1978). Le indicazioni sul suo uso nell'America Centrale devono essere ancora confermate (Lowy, 1974, 1977). 56 Piante d'impiego allucinogeno .l:. Di segno di I. Brady. (Da un 'illus trazione di Les Champigl1ol1s Toxiques ef H allucil1ogèl'les di R. Heim , Ed . N. Boubée & c., 'Pa r is, 1963). Amanita mlAScaria Fries ex linnQew; L' «aga rico muscario» usato in Siberia come agente allucinogeno Di segno tratto da Heim: Champignons toxiqu es el hallucil1oge l1es Nonostante il suo impiego sia antichissimo, solo di recente si è comin­ ciato a chiarire la chimica de i suoi principi attivi. Gli Europe i hanno scoperto l'uso narcotico dell'Amanita muscaria fra le tribù primitive de lla Siberia nel diciottesimo secolo, e precisamente quan­ do, nel 1730, un ufficiale dell'esercito svedese pubblicò un libro sui suoi dodici anni trascorsi in Siberia come prigioniero . Fino a tempi recenti, è stata impiegata come inebriante orgiastico o sciamanico da gruppi sparsi - gli Ostyak ed i Vogul, popoli Ungaro-Finnici della Siberia Occidentale, oltre ai Chukchi , i Koryak ed i Kamchadal del Nordest de ll a Siberja, lungo le coste del Pacifico . Il suo uso era tradizionalmente diffuso in altri gruppi di questa vasta regione. È stata avanzata l'ipotesi che gli antichi berserker scandinavi, che si abbandonavano periodicamente ad orge omicide, otte­ 57 Botanica e chimica degli allucinogeni nessero l'ebbrezza, che si trasformava in folle frenesia, ingerendo l'agarico muscario, ma non esiste alcun elemento, benché minimo, pro o contro que­ sta teoria (Wasson, 1967b , 1972a, 1972b; Wasson e Wasson, 1957). I consumatori siberiani di questi funghi, che non avevano altra sostan­ za inebriante fino a che la Russia non introdusse l'alcool, li ingerivano da soli, essiccati al sole o sopra un fuoco lento, come infuso nell'acqua o nel latte di renna, oppure con il succo di Vaccinium uliginosum (Ericaceae) o di Epilobium angustifolium (Onagraceae) . Quando viene ingerito da solo, il fungo secco si può tenere inumidito nella bocca, oppure masticato e ridotto in una pallottolina che le donne offrono all'uomo perché la possa inghiotti­ re . I funghi, in queste regioni della tundra nord-siberiana, sono in genere costosi, così gli appartenenti alle tribù praticano la bevuta rituale dell'uri­ na degli individui inebriati; hanno imparato che i costituenti inebrianti del fungo vengono secreti inalterati dai reni o in forma di metabòliti ancora attivi. Un primo resoconto di questa curiosa abitudine dei Koryak (Schul­ tes, 1970c; Wasson, 1967b) dice : Quando essi fanno una festa, mettono nell 'acqua alcuni di questi funghi e li fanno bollire. Poi bevono il liquido che dà loro uno stato di ebbrezza ; i più poveri , che non hanno mezzi per procurarsi questi funghi, in tali occasioni si a ppostano attorno alle capanne dei ricchi, aspettando che gli ospiti escano per orinare, quindi usano dei recipienti di legno per raccogliere l'urina, che subito bevono avidamente , perché copserva ancora alcune delle proprietà del fungo ; in tal modo anch'essi si ubriacano. Gli effetti fisici e mentali dell 'Amanita muscaria possono variare da individuo a individuo. Si dice che l'ingestione di uno-quattro funghi sia sufficiente ad indurre uno stato d 'ebbrezza, che comincia da quindici minu­ ti a un' ora dopo l'ingestione, con contrazioni spasmodiche, tremore, e leg­ gere convulsioni degli arti. I piedi diventano insensibili. Un'euforia, caratte­ rizzata da felicità, leggerezza dei piedi, e desiderio di danzare, apre la strada a colorate allucinazioni visive. La macropsia è comune . Di frequente si verificano vibrazioni mistiche. Occasionalmente, subentrano attacchi di violenza e di pazzia fino a che la stanchezza conduce ad un sonno profondo (Wàsson, 1967b). Recenti studi fanno ritenere che l'Amanita muscaria possa aver avuto un ruolo magi co-religioso vitale in India, molto più a sud dell'a ttuale area d'impiego in Siberia , ed in tempi molto remoti. Circa 3.500 anni fa, dei popoli Ariani scesero dal nord fino alla valle dell'lndo in India , portandosi di etro il culto del soma, un narcotico divino di origine vegetale . Essi idolatravano questo inebriante sacro, e ne beveva­ no un estratto nei riti religiosi. Dei più di 1.000 inni sacri composti da queste popolazioni, 120 sono dedicati esclusivamente al soma. Questi sono giunti intatti ne i Rigveda. Il culto alla fine scomparve e, per qualche oscuro motivo , la pianta sacra originale fu dimenticata , ed altre piante senza effet­ ti psicoattivi la rimpiazzarono (Wasson , 1967a, 1970). Senza dubbio, uno dei più grandi enigmi etnobotanici del secolo scorso è stato l'identificazione del soma. Per più di 2.000 anni la sua origine è stata un mistero. Nel secolo passato, sono state avanzate più di 100 ipotesi 58 Piante d'impiego allucinogeno di identificazione del soma originale. Fra le <<identificazioni» più largamen- . te accreditate vi sono state la Sarcostemma viminale e la Periploca aphylla (Asclepiadaceae), il Rheum sp. (Polygonaceae), il Peganum harmala (Zygop­ hyllaceae) e l'Ephedra spp . (Gnetaceae). Anche la Cannabis sativa (Canna ba­ ceae) è stata presa in considerazione. Alcuni studiosi hanno anche posto il dubbio se esistesse un narcotico così straordinario, ipotizzando che il soma fosse qualcosa di mitico e leggendario. Nessuna delle soluzioni si adattava alle descrizioni fornite nei Veda. Sulla base di uno studio meticoloso ed approfondito dei Veda, e di una intensiva ricerca interdisciplinare, Wasson ha di recente identificato il so­ ma originale con l'Amanita muscaria, un'identificazione che apparentemen­ te soddisfa tutti gli intricati frammenti di prove dirette ed indirette com­ preso anche un riferimento nei Rigveda alla cerimoniale bevuta d'urina (Wasson, 1967a). L'Amanita muscaria dal cappello scarlatto si trova, spesso in abbondan­ za, in associazione micorriziale con i pini fra 1.600 e 2.300 m circa in numerose località dell'India (Subramanian, comunicazione personale, 1977). Per un lungo periodo, dalla scoperta della muscarina da parte di Schmiedeberg e Koppe nel 1869 fino al 1960, si pensò che questo composto fosse il più importante principio attivo dell'Amanita muscaria (Schmiede­ berg e Koppe, 1869). (+ )-Muscarina Tuttavia, la natura dell'azione esclusivamente colinergica della musca­ rina, che differisce in modo significativo dagli effetti sul sistema nervoso centrale del fungo stesso, fece sollevare dei dubbi se la muscarina fosse o no realmente il principale c.ostituente tossico del fungo. Inoltre, il bassissimo contenuto di muscarina nell'Amanita muscaria fresca (0,0002-0,0003%), non potrebbe spiegarne la tossicità (Eugster, 1968). Successive indagini sull'Amanita m~lscaria da parte di Eugster ed altri in Svizzera, di Takemoto ed altri in Giappone, hanno portato alla separa­ zione di vari derivati degli amminoacidi, con attività psicotrope tipiche corrispondenti agli effetti psichici che seguono l'ingestione di questo fungo. Questi erano l'acido ibotenico, il muscimolo, il muscazone, l'(R)-4-idrossi­ pirrolidone-(2). L'acido ibotenico è lo zwitterion 3 dell'acido monoidrato o:-ammino-o:-[3­ 3 Zwitterion è un termine tedesco che si usa per indicare un amminoacido che si presenta come ione bipolare (o ibrido) cioè dotato di due cariche: positiva e negativa (N.d.T.). 59 Botanica e chimica degli allucinogeni HO ~ ) -CH-C00 8 I 'O ffi NH~· H 20 Acido ibotenico HN- Muscimolo ­ 0=6'o)-CH-COO e I EB NH3 Muscazone idrossi-isossazolil-(5)]-acetico. È presente nel fungo in forma racemica (Good ed al., 1965; Muller ed Eugster, 1965) . Si separa dall'acqua sotto forma di cristalli incolori, p.L (punto di fu­ sione) 145°C. L'acido ibotenico dev'essere considerato uno dei principali costituenti attivi dell'Amanita muscaria , essendo presente nel quantitativo di 0,3-1 gr/kg di carpofori non secchi di questa specie raccolta nella Germa­ nia meridionale ed in Svizzera. L'ac ido ibotenico si decarbossilizza facil­ mente e perde acqua trasformandosi in muscimolo, che è l'enol-betaina del 5-amminometil-3-idrossi-isossazolo . Il muscimolo forma dei cristalli incolo­ ri, il cui p.f. è di 174-175°C: essi sono solubilissimi in acqua . Il muscimolo probabilmente non è un costituente genuino dell'Amanita muscaria vivente. Si produce principalmente per decomposizione dell'acido ibotenico durante l'estrazione dai funghi (Eugster, 1968; Eugster e Takemoto, 1967). Il muscazone, farmacologicam ente meno attivo, è presente in propor­ zioni variabili nell'Amanita muscaria, assieme all'acido ibotenico ed al mu­ scimolo. Si tratta di un amminoacido racemico, come l'acido iboten ico, nominalmente acido ex-ammino-ex[2(3H)-ossazolonil-(5)]-acetico (±), che for­ ma cristalli incolori , p.f. 190°C (decomposizione) (Fritz ed altri, 1965 ; Rei­ ner ed Eugster, 1967). L'irradiazione all'ultravioletto dell'acido ibotenico dà luogo alla produ­ zione di muscazone, con un rendimento del 35 per cento (Goth ed al., 1967) . Le formule di struttura dell'acido ibotenico e del muscimolo sono con­ fermate dalla sintesi di queste sostanze. Lo schema a fianco rappresenta sintesi dell'acido ibotenico realizza­ ta da Eugster ed altri (Gagneux ed altri, 1965b), partendo dall'acido 3-bromo-isossazolo-5-carbossilico (l) e procedendo attraverso i passaggi (2)-(9). Due altre vie per la sintesi dell'acido ibotenico sono state suggerite da Sirakawa (1966) e da Kishida ed altri (1966). Oltre alla preparazione del muscimolo mediante decarbossilazione del­ l'acido iboten ico , per la sua sintesi sono stati descritti altri due modi (Ga­ gneux ed altri, 1965a). Una sintesi parte dal 3-bromo-5-amminometil-isossaz010 (1), che, per la 60 Piante d'impiego allucinogeno nr-Ir--) N nzo I- COOH KOH/ BzOH --7 'o I N O I- ' O x X ·= COOH : X = CHO : O X = CH-CN : 3- bromo-lsossazolo (1) j acido S-carbossilico HO Il N ) BzO Il I-CH-COOHt-'-(O --- N I 'O I OH ) I-CH-COOEt I 'O Br Y Y = OH: Y = OTs: Y = Br: (8]) @ e 4 H NO Il N 'O (2) (3) (4) (5) (6) (7) jL I cn-co08 I (9) Et> NH 3 acido ibotenico riscaldamento con KOH/MeOH, si trasforma in 3-metossi-S-amminometil­ ispssazolo (2). Questo composto, dopo l'idrolisi, dà luogo al muscimolo. (1) 3-bromo-S-amminometil­ isossazolo (2) l muscimolo r 61 Botanica e chimica degli allucinogeni U n altro metodo utilizza come materiale di partenza il chetale del ex-cloro-acetoacetato (3), che viene trattato con idrossilammina per dare il corrispondente acido idrossamico (4). La ciclizzazione con Hel gassoso sec­ co in acido acetico assoluto fornisce il 3-idrossi-5-clorometil-isossazolo (5), che può essere trasformato in muscimolo mediante trattamento con NH 3. Studi farmacologici e di psicologia sperimentale con l'acido ibotenico ed il muscimolo hanno dimostrato che fra queste due sostanze non vi è una particolare differenza qualitativa; tuttavia, quantitativamente, il muscimo­ lo si è dimostrato almeno cinque volte più attivo dell'acido ibotenico. Negli esperimenti farmacologici su animali, il principale effetto dimo­ strabile è l'inibizione delle funzioni motorie. Questo è causato da un mecca­ nismo d 'azione sul sistema nervoso centrale sovraspinale. Le funzioni vege­ tative sono comunque difficilmente influenzate da queste due sostanze. Gli esperimenti psicologici su individui normali hanno mostrato che, sia l'acido ibotenico che il muscimolo, provocano uno stato di intossicazio­ ne relativamente poco caratteristico. Il muscimolo, in dose oral~ di 10-15 mg, produce nell'uomo sintomi di confusione, disorientamento nella posizione e nella percezione del tempo, disturbi delle funzioni visive ed uditive, contrazioni muscolari, senso di stanchezza , fatica e sonno. Le funzioni psichiche e l'apprendimento dimi­ nuiscono. Gli effetti simulano un tipo di reazione esogena acuta, ma non portano ad una vera psicosi, quale può essere prodotta con l'LSD o la psilocibina (Theobald ed altri, 1968; Waser, 1967). L'interesse circa l'attività biologica dell'acido ibotenico recentemente si è spostato dall'attività psichica all'azione sui neuroni centrali di varie specie di animali, che vengono stimolati in modo più efficace che non dal­ l'acido glutamminico. Il muscimolo è un energico GABA 4 mimetico, che passa la barriera del sangue nel cervello (Eugster, 1977) . L'acido ibotenico ed il 'muscimolo sono stati riscontrati nell'urina umana entro un 'ora dall'ingestione di Amanita muscaria. Questi esperimen­ ti preliminari e soltanto qualitativi sull'uomo sembrano indicare che l'aci­ do ibotenico passi nell'urina con relativa efficienza. I controlli quantitativi sulla sorte del muscimolo negli animali sono stati eseguiti con muscimolo tritiato, iniettando dentro il peritoneo del topo del 3H-muscimolo. Soltanto il 27 per cento della quantità somministrata è stato riscontrato nell'urina secreta entro le prime quarantott'ore. Sembra quindi improbabile che l'urina di un topo che riceve oralmente una dose soglia di muscimolo possa giungere ad inebriare un secondo topo (Ott ed altri, 1975) . Tuttavia , questo risultato sulla sorte dei principi attivi dell'A.muscaria nell 'uomo non è definitivo. Due costituenti addizionali dell'Amanita muscaria, isolati solo molto di recente, che possono contribuire all'attività farmacologica di questo fungo, sono: un altro derivato degli amminoacidi, (-)-R-4-idrossi-pirrolidone-(2), cristalli incolori, p.f. 15Y-155°, [a]T> = -44,so (metanolo), ed un composto indolico, l'acido (-)-1 ,2,3 ,4-tetraidro-l-metil-~-carbolin-carbossilico (Ma tsu­ moto ed altri, 1969). 4 62 Acido y-amminobutico (N .d .T.) Piante d'impiego allucinogeno H HO---­ COOH OO N H CH 3 L'idrossi-pirrolidone possiede un'azione narcotico-resistente. Fino ad oggi, non si conoscono i risultati sulle proprietà farmacologiche del compo­ sto indolico (Eugster, 1968). Effetti psichici simili a quelli dell'Amanita muscaria sono prodotti an­ che dalla specie consimile Amanita pantherina (Heim, 1963). Si dice che questo fungo, come il primo, venga usato a scopo ricreativo nell'ovest dello stato di Washington, e che sia anche preferito all'altro (Ott, 1976). Signifi­ cativamente, gli studi indicano che l'A. pantherina contiene delle quantità di acido ibotenico e di muscimolo considerevolmente maggiori dell'A. mu­ 'Scaria (Benedict ed altri, 1966). L'acido ibotenico ed il muscimolo sono stati riscontrati anche nell'A­ manita cothumata e negli ibridi dell'A. gemmata e dell'A. pantherina (Ott., 1976). Amanita muscaria (L. ex. Fr.) Persoon ex W. 1. Hooker, Fl. Scot., (maggio 1821) 19. Pileo di diametro 7-20 cm, ovale, da emisferico passa a convesso ed alla fine piano, viscido quando è immaturo, da biancastro a giallo oppure, di solito in Eurasia, da arancio a scarlatto, normalmente screziato con verru­ che ruvide gialle o bianche, striato marginalmente, carne bianca, gialla sotto la cuticola. Lamelle bianche o crema, libere od attaccate al gambo con un breve tratto. Gambo alto fino a 20 cm, 1-2,5 cm di diametro, cilin­ drico e qualche volta affusolato, cavo o pieno di una massa fibrillare, bian­ ca o color crema, bulboso alla base e ricoperto da scaglie tutto intorno. Anello bianco o crema, ampio, di solito membranoso, persistente. Valva fioccosa, che si presenta come una scaglia o anello a collare lacerato e giallastro. Spore bianche, ovate, apicolate, 7,5-10 x 6,3-7,5~. Cresce nelle foreste di betulle e di conifere e nei pascoli molto ricchi di vegetazione. Presente nella zona nor.d temperata di entrambi gli emisferi, fino a 2.000 m d'altitudine, nel Vecchio Mondo si estende a sud fino al Nord Africa, dove cresce nei boschi di quercia e di eucaliptus. Vi sono diversi «tipi» di Amanita muscaria, riconoscibili per forma, dimensione e colore del gambo . Diverse varietà sono state descritte. BOLBITIACEAE Una famiglia cosmopolita, nella quale si pensa vi siano da sette a tren­ ta specie, che crescono in foreste e radure, sul terreno nudo o sul muschio e nei prati, sul legno in Jjsfacimento, sui formicai, sul carbone e sul letame. Conocybe Fayod Conocybe, un genere di ventitré specie che crescono in foreste, pasture, i 63 Botanica e chimica degli allucinogeni giardini, sul letame, sul carbone e sui terreni sabbiosi, -sui formicai e sul legno in disfacimento, è diffuso in tutto il mondo. Anche se può essere compreso nelle Agaricaceae, Singer pone questo genere in una famiglia separata, le Bolbitiaceae . COPRINACEAE Una famiglia quasi cosmopolita, composta da tre sottofamiglie naturali e molto affini che crescono su vari substrati: terra, legno morto, humus, letame, foglie , sabbia, ed anche nelle vecchie costruzioni. Copelandia Bresadola Un genere di una (o forse diverse) specie che si trova nelle regioni calde di entrambi gli emisferi: in Florida e nell'America Centrale, nelle Filippine ed in Indonesia; occasionalmente introdotta in alcune zone temperate (ad esempio, nel sud d e lla Francia) . Panaeolus (Fr.) Quélet Panaeolus, un genere di larga diffusione comprendente circa venti spe­ cie; in senso lato è compreso nelle Agaricaceae, ma Singer lo pone nelle Coprinaceae, ed Heim nelle Strophariaceae. Le specie crescono prevalente­ mente sul terreno e sul letame. STROPHARIACEAE Una famiglia che è quasi cosmopolita nelle regioni temperate e tropica­ li; comprende cinque generi molto simili fra di loro. Psilocybe (Fr.) Quélet Psilocybe, indubbiamente il genere più importante degli allucinogeni «sacri» messicani, rappresenta un genere a diffusione pressoché globale. Si trova dall'artico ai tropici , anche se la sua principale distribuzione è nelle zone temperate. Le specie crescono al suolo e su una grande varietà di substrati organici, come humus, letame, legno marcio, residui della lavora­ zione della canna da zucchero (bagassa), torba ed anche nel muschio. Compreso tradizionalmente nelle Agaricaceae, alcuni sistematici moderni lo classificano nelle Strophariaceae. Se ne conoscono attualmente circa quaranta specie, ma indubbiamente ve ne sono molte altre non ancora descri tte. La maggior parte delle specie allucinogene rientra nella sezione Caerulescentes di questo genere . Stropharia (Fr.) Quélet La Stropharia , compresa nel passato nelle Agaricaceae, è ora spesso assegnata alle Strophariaceae . Singer ne ha nettamente delimitato i confini generici ed accetta come Slropharia soltanto nove specie laddove i primi sistematici ne riconoscono circa settanta. La sua distribuzione è pressoché cosmopolita. Le specie crescono di solito al suolo o sul letame, ma alcune si trovano sulle foglie e sul legno marcio. I conquista tori spagnoli del Messico furono mol to turba ti da un impor­ tante culto religioso basato sul consumo rituale di funghi sacri chiamati 64 Pial1le d'impiego allucirlOgenu dagli Aztechi teonarzacall (<<carne divina»). Gli indiani comunicavano con il mondo dello spirito attraverso le allucinazioni indotte dal fungo. Divinazio­ ne, profezia, e riti curativi dipendevano tutti dal suo effetto narcotico (Sa­ hagun, 1938; Schultes, 1939, 1940a; Wasson, 1963; Wasson e Wasson, 1957). Come fece con le altre religioni messicane che utilizzavano piante ine­ brianti, la persecuzione europea costrinse i cultori del fungo a nascondersi nei territori interni del paese . Nella maggior parte i primi cronisti erano ecclesiastici che volevano ad ogni costo distruggere un'usanza così inaccet­ tabile come il consumo rituale di funghi inebrianti. La loro condanna del teonanacatl fu anche più veemente di quella del cactus peyotl e dell'ololiu­ qui. Come micofobi, il loro fanatismo religioso era fatalmente diretto con­ tro la «spregevole» pianta che, con la capacità di provocare visioni, teneva in soggezione gli indiani. La Cristianità, comunque, paragonata al potere soprannaturale dei funghi, poteva offrire ben poco alla mente degli indi­ geni. Il cui to del fungo sem bra a vere delle profonde radici nei secoli. Affre­ schi provenienti dal Messico centrale, intorno al 300 d .C., contengono im­ magini che datano la venerazione dei funghi ad almeno 1700 anni fa. Fun­ ghi stilizzati - probabilmente lo Psilocybe aztecorum - decorano il piedi­ stallo di una statua di Xochipili, il «Dio . dei Fiori» azteco, scoperta sulle pendici del monte Popocatepetl e datata approssivativamente 1450 d.C. Sul corpo di Xochipili sono incise diverse altre piante psicoattive, la faccia è stravolta come se avesse un'estasi allucinatoria, e la testa è inclinata come se ascoltasse delle voci (Wasson, 1973). Un'interessante terracotta, risalente al 100-300 d .C. trovata a Colima, mostra delle figure che danzano attorno ad un fungo simile allo Psilocybe. Statuette di creta con l'effigie del fungo provenienti da Jalisco hanno circa 1800 anni (Furst, 1976). Ancora più rimarchevoli sono i manufatti archeologici ora chiamati «pietre fungo», scavati in gran numero sulle colline della zona Maya in Guatemala. Risal­ gono circa al 500 a .c. Consistono in un gambo verticale con scolpita alla base una figura umanoide o animale, e la cima sagomata ad ombrello. Queste pietre per lungo tempo hanno costituito un rebus, ed alcuni archeo­ logi ritenevano che fossero dei simboli fallici. Una recente teoria sostiene la loro connessione con il rituale mesoamericano del gioco della palla (Rose, comunicazione personale) . Gli studiosi moderni, tuttavia, sostengono gene­ ralmente che rappresentino una specie d'icona legata al culto dei funghi. Il significato reale di queste pietre sta nella rivelazione dell'esistenza di un sofisticato culto del fungo in un'epoca così antica, molto oltre gli attuali limiti geografici dell'impiego magico-religioso dei funghi stessi (Borhegy, 1961; Heim e Wasson, 1958; Mayer, 1977; Wasson, 1963). Uno dei primi rapporti europei sul teonanacatl faceva menzione di funghi «che sono nocivi e che inebriano come il vino», cosÌ che chi ne fa uso «ha delle visioni, diventa debole di cuore ed è spinto alla lussuria ». Veniva riferito che gli indigeni mangiavano i funghi con del miele e «quando co­ minciavano ad essere eccitati, si mettevano a ballare, a cantare e a piange­ re. Alcuni ... avevano la visione di loro stessi morenti; altri si vedevano divorati da animali feroci, altri ancora si figuravano catturati come prigio­ nieri di guerra, si immaginavano di essere ricchi, di possedere molti schia­ 65 5 l) Fungo di pietra a effigie umana. Area montagnosa del Guatemala, cultura maya tardo periodo classico, 500-100 a.c. Spesso l'espressione e l'atteggiamento di queste figure scolpite ai piedi o lungo il gambo del fungo sembrano esprimere contemplazione o estasi. vi, oppure di aver commesso un adulterio e che, per punizione, veniva loro fracassato il cranio». Altri antichi rapporti descrivono l'uso e gli effetti del teonanacatl in modo analogo, e parecchi offrono delle rozze iUustrazioni dei funghi (Schultes, 1939). Hernandez, il medico personale del re di Spagna, scrisse che gli Aztechi idolatravano tre tipi di funghi narcotici . Quelli chiamati teyhuintli «non causano la morte, ma la pazzia che talvolta perdura ... Ve ne sono altri che ... mostrano agli occhi -ogni sorta di cose, come guerre e sembianze di demoni. Altri ancora sono ricercati dai principi per le loro feste e banchetti, e questi raggiungono un prezzo elevato: Vengono consumati in veglie orride e terri­ ficanti che durano tutta la notte. Questo genere è scuro ed alquanto acre" (Hernandez, 1651) . Nonostante l'epoca a cui risale il culto dei funghi, e i numerosi e detta­ gliati resoconti spagnoli su questa curiosa abitudine, le nostre conoscenze sulla loro identificazione, sull'utilizzazione e sulla chimica , sono tutte re­ centi. Se bbene i funghi tossici fossero conosciuti nel Messico, nell'arco di quattro secoli non s'è mai trovato che venissero utilizzati per scopi magico­ religiosi. Circa sessantacinque anni fa, un tentativo d'identificare il teona­ naca tI fece ri tenere che il «fungo sacro» non fosse altro che il cactus peyotl. I ricercatori erano però stati imbrogliati o fuorviati dagli indiani , perché i 66 Pial1te d'impiego allucil1ogeno «bottoni di mescaI» del cactus, che si presentano come discoidi bruni essic­ cati, assomigliano vagamente ad un fungo secco; inoltre, gli effetti descritti per il teonanaca ti ed il peyotl erano quasi identici (Safford, 1915). Sfortunatamente, questa «identificazione» fu largamente accettata, no­ nostante le voci di protesta. I primi campioni veramente identificabili di funghi furono raccolti nel territorio degli indiani Mazatechi di Oaxaca negli anni '30. La prima specie identificata risultò essere di poca importanza (Panaeolus sphinctrinus), la seconda (Stropharia cubensis), lo fu assai di più. Il lavoro successivo, eseguito ad Oaxaca e in altre parti del Messico da Wasson, ha portato all'identificazione di un numero rèlativamente grande di specie (fra queste di particolare importanza sono quelle del genere Psilo­ cybe), che hanno un ruolo preminente nei riti magici e divinatori dei Maza­ techi, Chinantechi, Chatino, Zapotechi, Mije e Mixtechi di Oaxaca; dei Na­ hoa del Messico e, probabilmente, degli Otomi di Puebla e dei Tarascana di Michoacan. Altrettante specie erano probabilmente conosciute ed usate da­ gli antichi abitanti dell'impero Azteco (Guzman, 1959a, 1959b; Heim, 1963, 1967; Heim e Wasson, 1962; Schultes, 1939, 1940a; Singer, 1959a). Le specie allucinogene usate nei riti magico-religiosi del Messico sono le seguenti: Conocybe siligineoides, Panaeolus sphinctrinus, Psilocybe acutis­ sima, P. aztecorum, P. caerulescens con quattro' varietà, P. caerulipes, P. cordispora, P. fagicola, P. hoogshagenii, P. isauri, P. mexicana, P. mixaeensis, P. semperviva, P. yungensis, P. zapo lecorum, Stropharia cubensis (qualche volta compresa nel genere Psilocybe) (Guzman, 1959a, 1959b; Heim, 1956a, 1957b; Schultes, 1939, 1940a; Singer e Smith, 1958; Wasson , 1961). Sono conosciute altre specie di Panaeolus, Psilocybe e Stropharia, messi­ cane o di altre località, di cui si sospetta un'attività allucinogena; sono stati anche isola ti costi tuenti psicotomimetici da specie che non hanno mai avu­ 'ro un'utilizzazione narcotica (ad esempio le specie europee o nord­ americane di Panaeolus e Psilocybe) (Ola'h, 1968, 1969a, 1969b; Tyler, 1961). La Psilocybe mexicana e la P. hoogshagenii possono essere ritenute le due specie al1ucinogene più importanti del Messico, anche se è difficilè accertare l'importanza relativa delle diverse specie largamente impiegate per i riti nativi; la piccola P. mexicana, di colore fulvo, si trova nelle pasture umide. La P. zapolecorum, del terreno paludoso, è conosciuta dagli Zapote­ chi come «fungo a corona di spine». La P. caerulescens var. nigripes ha un nome nativo che sign.ifica «fungo della ragione superiore». Uno dei funghi più potentemente allucinogeni è quello del letame: Stropharia cubensis. Un certo numero di specie, sicuramente psicoattive, non viene utilizzato nei rituali' indigeni a causa dell'estrematossicità; alcuni autori hanno enume­ ra to delle specie confondendole con funghi realmente attivi, oppure funghi biodinamicamente attivi, anche se apparentemente non 'impiegati dagli aborigeni (Heim, 1957b, 1967; Heim e Wasson, 1958). Diversi ricercatori, ad esempio, sostengono che gli indiani di Oaxaca non usano il Panaeolus sphinctrinus (Guzman, 1959a; Heim, 1963; Ola'h, 1968, 1969b; Singer, 1958a). Si deve tuttavia ricordare che questa e le specie consimili sono altamente allucinogene (un tipo ne viene usato, si ritiene, per provocare l'ebbrezza, anch e in località così a nord come il Maine negli Stati Uniti) e che da esse sono stati isolati dei principi narcotici (Ola 'h, 1968). Il P. sphinc­ 67 R. GO['don Wasson , autore di studi interdi sc iplinari s ui fun gh i sacri e al tr i allucinogeni m essica ni oltre che su l so ma d el l'a ntica India. ( Per gentil e concessIOne di R.G. Wasson). trinus è sicurame nte usato ne l nordest di Oa xac a. Il motivo pe r cui nel Messico vengono usati come narco tici così tanti tipi di funghi, è semplice­ ment e che i vari stregoni usano funghi diversi per scopi diversi e, nelle varie stagioni, secondo le variazioni stagionali, ogni dato fungo può più o meno essere facilmente reper ibile. Si deve anche tener conto delle preferen­ ze fra gli sciamani: la ormai famosa Maria Sa bina, per esempio, si rifiuta di usare la Stropharia cubensis, anche se è uno dei più potenti funghi alluc ino­ ge ni. Abbiamo indicazioni circa l'esistenza fra gli aborigeni de l Messico di nuove spec ie e generi di funghi allucinogeni, diversi da quelli che fino ad ora conosciamo. L'uso di funghi psicoattivi non è stato ancora riscontrato in ness uno dei gruppi nativi c9ntemporanei del Sud America. I pettorali antropomorfi d 'o­ ro provenienti dalla cultura Sinu nel nord della Colombia, tuttavia, sono stati interpretati come allusivi all'importanza cerimoniale dei funghi. Al «Museo de l Oro » di Bogo tà sono esposte' decine di questi oggetti. I manufat­ ti primitivi più rea listici hanno dei cappe lli semisferici separati dalla tes ta con gambi ben definiti; nei pezzi più tardi , sia la fi gura umana ch e il «fun go» div en tano più stili zzati, i «funghi » perdono il lo ro gambo e sono tutt 'uno con l'idolo, come un paio di seni femminili . Quest i oggetti sferici sono stati chiamati «ca mpane lli del telefono » e potrebbero rappresentare dei funghi. Ciò che è anche più .interessante, e probabilmente più significa­ tivo , è la presenza di molti di questi pe ttorali sul petto di un rospo, un animale di grande valore religioso nell'antico Sud America (Furst, 1974). 68 Il micologo fra ncese Roge l Heim le cui r icerc he ha nno enorm e me nte es teso la conoscenza dei fun ghi me ss ica ni imp iegali co me a lluc inogeni sacri . (Per gen lil e concessio ne dì R. H l:'irn). Gli indiani Yurimagua dell 'ovest dell'Ama zzonia, nel Peru , sono ricor­ dati negli scritti dei Gesuiti della fine del diciassettesimo e dell 'inizio del diciottesimo secolo perché usavano bere una potente bevanda inebriante preparata con un «fungo d'albero ». È stata avanzata l'ipotesi che quel fun­ go possa essere stato lo Psilocybe y ungensis, noto in quella regione (Schul­ tes , 1966). La ricerca sul posto, tuttavia , non ha svelato l'uso di alcuna pratica di questo genere nell'Am azzonia dei nostri tempi. Era invece pensa­ bile che una ta le caratteristica culturale fosse sopravvissuta, a lmeno nella memori a degli indigeni, essendo la regione ancora abitata da molte tribù di condizioni culturali primitive . La relazione dei Gesuiti afferma che «gli Yurimagua mescorano i funghi che crescono sugli alberi caduti con una specie di pellicola rossiccia che si trova di soli to attacca ta ai tronchi marce­ sc e nti ~ Questa pelli çola è molto piccante al gusto. Nessuno che la beva può evitare di cadere sotto l'effetto dopo tre sorsi, tanto è forte o, più precisa­ mente, tossica ». Prescindendo da tutti gl'importanti effetti allucinogeni dei fun ghi usati a scopo ritualistico nel Messico, i sintomi più evidenti dell'intossicazione sono : rilassamento d e l tono muscolare , flaccidità e midriasi ai primi stadi , seguiti da un periodo di disturbi emotivi , quali un 'estrema ilarità e difficol­ tà di concentrazione. A questo punto appaiono di solito allucina zioni visive e uditive, cui fanno seguito senso di spossatezza, depressione fisica e menta­ le con serie alterazioni n ella percezione del tempo e dello spazio . Una pecu­ liarità dell'intossicazione, che può avere un interesse nella psichiatria speri­ 69 2. Fùnaeolua epIiInctrlnus Fri.. L Psiloc:ybe mexicQ/Xl H.11lI 5. !'si \ocy~ semper;Mi • < Co.IU."" Disegno di I. Brady 4. Psilocybe zapotecomm Hejm (Da un'illustrazione di Les Champignons Toxi­ ques et Ha!lucinogènes di R. Hein1. Ed. N. Boubèe & C.. Parigi. 1963) . 3. Strophario. cub.nst. E<!TI.. Alcuni funghi indicati in Messico come agenLi allucinogeni mentale, è l'isolamento del soggetto dal mondo circostante; pur senza per­ dere coscienza, egli è completamente indifferente a ciò che lo circonda, che perde di realtà, mentre il suo stato onirico gli sembra reale (Heim, 1963; Hoffer ed Osmond, 1967). Gli effetti psicotomimetici che si verificano in seguito all'ingestione di trentSldue esemplari çli Psilocybe mexicana, sono stati descritti come segue (Hofmann, 1968): Essendo perfettamente consapevole che la conoscenza dell'origine messica­ na dei funghi mi avrebbe portato ad immaginare soltanto uno scenario messica­ no, mi sforzai di osservare quanto mi circondava con gli occhi della normalità. Tutti gli sforzi volontari di vedere gli oggetti nelle loro abituali forme e colori, si rivelarono tuttavia vani. Sia che i miei occhi fossero chiusi o aperti , vedevo solo forme e colori messicani. Quando il medico che sovraintendeva all'esperi­ mento si chinò su di me per controllare la pressione del sangue, si trasformò in un prete azteco, e non mi sarei meravigliato se avesse estratto un coltello di ossidiana. Nonostante la serietà della situazione, mi divertiva vedere come la 70 ---... STROP(-JARIA cu6cznsis i ·:: :- .... [Clr/Q 5tropharia cubensis, la più importante delle due specie di funghi identificate nel 1930 tra i Maza­ techi di Oaxaca. faccia teutonica del mio collega avesse acquistato un'espressione tipicamente indiana. Al culmine dell'intossicazione, un'ora e mezza circa dopo l'ingestione dei funghi, il sus'seguirsi frenetico delle immagini interiori , per lo più cangianti nella forma e nel colore, raggiunse un tal grado che io temetti di essere travolto in quel vortice di sagome e di colori fino a dissolvermi in esso. Dopo circa sei ore, il sogno terminò. Soggettivamente, non avevo alcuna idea di quanto si fosse protratta questa condizione . Il ritorno al"la realtà 'di ogni giorno mi apparve come il felice rientro da un mondo strano e fantastico, ma provato.in modo del .tutto reale, in un vecchio ambiente familiare. Con un'abile tecnica, Heim riuscì a sviluppare delle culture di Psilocybe mexicana"e di altre specie, aprendo la strada a studi chimici che portarono a risultati sorprendenti (Heim, 1967; Heim e Wasson, 1958). «La storia della soluzione del mistero del teonanacatl», si è detto, «è un bellissimo esempio di come la moderna ricerca scientifica, nel suo sforzo di ottenere dei nuovi composti utili in medicina, può risalire alle antiche 71 Botanica e chimica degli allucinogeni Coltiva zione do mes ti ca di SIrupharia cuberlsis. (Fo lo J Bi g"'oodl conoscenze delle forze miracolose nascoste nel regno vegetale» (Hofmann, 1968). I principi attivi del teonanacatl, i "funghi sacri» del Me~sico, sono la psilocibina e la psilocina, essendo il primo il componente principale. Questi composti furono isolati per la prima volta dalla Psilocybe mexicana nel 1958 da Hofmann ed altri (1958b). Ps ilocibina Psilocina A causa dei risultati inconcludenti dei test su animali, nel tentativo di seguire i principi attivi attraverso l'estrazione e l'analisi cromatografica, dovettero essere in trapresi esperimen ti umani nei vari stadi della concen­ trazione dei principi attivi (Hofmann, 1960). Più tardi, anch e in altre specie di Psilocybe appartenenti al gruppo del teonanacatl, fu riscontrata psilocibi­ 72 Piante d'impiego allucinogeno Panaeolus sphinctrinus, fun go coslJ1opoti la delle SIro ) haI'iaceae. na, di solito assieme ad una piccola quantità di psilocina: ad esempio nei P. caerulescens varo maz.alecorum, P. zapotecorwn, P. azlecorum, P. semperviva, ed anche nella Slropharia cubel1sis (Heim ed Hofmann, 1968). La psilocibina è stata trovata anche in funghi della specie Psilocybe scoperti di recente, come i P. bOl1eUii e P. cal1dipedes (Ott e Guzman, 1976). Inoltre, psilocibina e psilocina sono state riscontrate anche in specie del Nord America, alcune delle quali sono note per essere usate come droghe ricreative (Weil, 1977), particolarmente dagli studenti: P. pelliculosa (TyJer, 1961); P. cvanescens, P. baeocyslis, P. quebecensis (Ola'h ed Heim, 1970), e il P. stunlzii recentemente scoperto (Guzman ed Ott, 1976); a questi si aggiunge la specie Conocybe cyanopus (Benedict ed altri, 1962), botanicamente simile. La psilocibina è contenuta anche nelle specie europee di Psilocybe, p. semilanceala (Hofmann, Heim e Tscherter, 1963) e P. coprinifacies (Semerd­ zie va e Nerud , 1973). Psilocibina e psilocina sono state anche isolate da specie del genere Panaeolus: P. sphinctrimls, P. foenisecii, e P. subballealus (Ola'h, 1968, 1969; Ott e Guzman, 1976; Robbers, Tyler ed Ola'h 1969). Ola'h elenca queste specie come «psilocibino-latenti: ciò sta a significare che a1cuni campioni hanno dato risùltati positivi, altri negativi». Con la scoperta della psilocibina e deJJa psilocina nella Copelandia cya­ nescens (Heim, 1967), la presenza di questi principi allucinogeni è ora con­ fermata in cinque generi: Psilocybe, Stropharia, Conocybe, PanaeoZus e Cope­ Zandia. Derivati demetilati della psilocibina furono isolati da colture artificiali di Psilocybe baeocyslis: queste sostanze furono chiamate beocistina e nor­ beocistina (Leung e Paul, 1968). 'Gli studi sulla degradazione hanno dimostrato che la psilocibina è una 4-fosforil-ossi N, N-dimetiltriptammina. L'idrolisi della psilocibina dà 73 Botanica e chimica degli allucinogeni o OH ~/ P O/ "" H O I Col N) ~ Il H (+) I CT-LGHo N-H - I I CH.,Cfk)N- H - - I· (jrT 3 II H Beocistina Norbeocistina quantità equimolecolari di acido fosforico e psilocina, che ii una 4-idrossi­ N,N-dimetiltriptammina (Hofmann ed altri, 1958a; Hofmann e Troxler, 1959). Queste strutture sono state confermate da sintesi (Hofmann ed altri, 1959). OH I 0~ OCHi..!6H5 I CH 3 1/. ""NO z 'p","gg; , n i ~N j l) (COCI)2 2) HN(CH 3)2 I II La produzione sintetica della psilocibina è un'operazione molto plU razionale che non la sua estrazione dai funghi. Il fungo secco contiene dallo 0,2 allo 0,4 pe r cento di psilocibina. La psilocina invece è presente soltanto in tracce . La psilocibina è un composto stabile, facilmente solubile in acqua, ed ottenibile ifl cristalli incolori. La psilocina è invece molto sensibi­ le all'ossidazione e difficilmente solubile in acqua. La psilocibina è il primo e, fino alla sua scoperta, l'unico composto naturale conosciuto dell'indolo con un radicale dell'acido fosforico. Psilocibina e psilocina sono comunque sostanze nuove in quanto sostituite da un gruppo ossidrilico nella posizione 4 della struttura dell'indoI9. I cristalli di psilocibina e psilocina sono mono­ clinici, gruppo spaziaIe P2J/c (Petcher e Weber, 1974; Web er e Petcher, 1974) . Il triptofano sembra essere il precursore biogenetico della psilocibina. Il D,L-triptofano-W-C I4 ] viene utilizzato ad un tasso del 10-20% dal fungo Psilocybe semperviva per produrre psilocibina (Brack ed altri, 1961) . . La dose media orale di psilocibina per l'uomo è di 4-8 mg; questa dà luogo agli stessi sintomi provocati dall'assunzione di circa 2 gr del fungo 74 Piante d'impiego allucinogeno Psilocibina secco Psilocybe mexicana, secondo quanto è stato riferito dagli esperimenti condotti su se stessi da R. Heim, A. Hofmann, A. Brack ed R. Cailleux (Heim e Wasson, 1952). Gli effetti psicotomimetici di psilocibina, psilocina, LSD e mescalina, sono stati confrontati da Wolbach ed altri (1962a, 1962b) e riscontra ti qualita ti vamen te simili. La dura ta delle reazioni della psiloci­ bina e della psilocina è più breve di quella delle reazioni da LSD o mescali­ na. La psilocina è circa 1,4 volte più potente della psilocibina. Il rapporto fra i pesi molecolari dçdle due sostanze è lo stesso. Il manifestarsi di tolle­ ranza incrociata fra LSD e psilocibina avvalora l'idea che queste due dro­ ghe provochino disturbi psichici agendo su aJcuni meccanismi comuni , op­ pure su meccanismi che si esplicano mediante una conclusione comune (Abramson ed altri, 1960; Isbell , 1959; Isbell ed altri, 1961). La psilocibina non presenta effetti caratteristici su organi isolati (inte­ stino, utero, cuore), con l'eccezione di un accentuato effetto inibitorio verso la serotonina. Nell'animale integro, tuttavia, presenta effetti caratteristici 75 Botanica e chimica degli allucinogeni Effigi in oro. Molto probabilmente si tratta di raffigurazioni di oggetti connessi ai funghi allucinoge­ ni. Caratteristiche della cultura colombiana , esse sono datate all ' incirca fra il 100 e il 350 d.C. (Per gentile concessione di A. BrighI. Museo del Oro, Bogotà . Colombia). autonomi: dilatazione della pupilla, contrazione della membrana nJttItan­ te, piloerezione, aumento della temperatura e così via. Questa è una sindro­ me di eccitazione ergotropica (muscolare), che risulta principalmente da una stimolazione centrale delle strutture del simpatico (Cerletti, 1959; Weidmann ed altri, 1958). Un effetto caratteristico della psilocibina è l'au­ mento regolare dei riflessi spinali monosinaptici: ad esempio il riflesso patellare dei gatti (Weidmann e Cerletti, 1959) . . La tossicità della psilocibina negli animali è molto bassa in confronto alla dose efficace per l'uomo. L'LDsos per il topo è di 280 mg/kg; la psiloci­ bina è quindi 2,5 volte me'no tossica della mescalina in questo test, mentre nell'uomo ha un effetto psicotomimetico 50 volte superiore (Hofmann, 1960). Fra il gran numero di derivati sintetici della psilocibina e della psiloci­ na (Troxler ed altri, 1959), sono stati provati sull'uomo gli N,N-dietil deri­ vati, 4-fosforilossi-N,N-dietiltriptammina (CY-19) ed il 4-idrossi-N,N­ 5 76 LD so indica la dose letale sul 50% degli animali, ovvero la dose emi-letale (N.d.T.). Varie specie di funghi messlcam : Psilocybe azlecortl/n, P. mexicana, Stropharia cubensis, Conocybe siligineoides, Psilocybe caerulescens v. nigripes, P. zapotecorum, P. caerulescens v. mazatecorwn. dietiltriptammina (CZ-74), (Leuner e Baer, 1965). Questi due composti non mostrano nel loro effetto alcuna differenza significativa qualitativa o quan­ titativa . Essi differiscono dalla psilocibina e dalla psilocina per il loro pe­ riodo d 'azione, che è alquanto più corto, raggiungendo la media di tre ore e m ezza. Conocybe siligineoides Heim in Comptes Rend . 242 (1956) 1390. Pileo di 1,3-2,3 cm di diametro, alto 0,9-1,9 cm, inizialmente sub­ emisferico, poi conico~campanulato, mai allargato, di colore fulvo-rosso­ arancio, verso il centro di un arancio leggermente più intenso, glabro, da opaco diventa lucido, sul margine .regolarmente crenato, bianco con stria tu­ re p(ù scure. Gambo snello, rigido, cilindrico (appena rigonfio verso la base), alto fino a 6 cm, di diametro 1,5 mm, bianco farinaceo in alto, di un arancio pallido nella parte superiore, al trove di colore crema-ci trina, con una sfumatura di rosa opaco verso la metà , inizialmente più scuro, sempre bianco sulla base, fistoloso; la crescita del gambo continua anche dopo la maturità della cappella del fungo. Polpa sottile, translucida nel pil eo , bian­ ca o di un leggero color carne. LameIJe più o meno distanti , piuttosto spesse, annesse, accompagnate da due serie di lamellule molto disuguali, color zafferano o bruno-arancio. Spore molto polimorfe, ovoidali , appena leggermente cilindriche, s pesso di profilo lievemente esagonale 11-15 x 77 Esemplari di Psilocybe me.xicana coltivata nei laboratori Sandoz di Basilea. 7-10 X 6-121-1, con un grande poro germinativo, color ocra chiaro o giallo cromo . Conosciuto come originario di Oaxaca, nel Messico meridionale, cresce sui tronchi marcescenti e fruttifica in giugno e luglio. - Panaeolus sphinctrinus (Fr.) Qùélel, Les champignons du Jura et des Vosges, voL 1 (1872) 151. Pileo di diametro 2-5 cm, all'inizio conico o subovoidale e campanula­ to, talvolta con un rilievo centrale, grigio-bruno o grigio-oliva, glabro, idro­ fano, sovente alquanto aerolato allo stato secco, margine all'inizio legger­ 'mente incurvato, può portare frammenti di velo. Carne sottile, di colore simile alla superficie, più o meno inodore. Gambo cavo, alto 6-12,5 cm, diametro 0,2-0,3 cm, uguale, da grigiastro a rosso-bruno, striato apicalmen­ te, alla base alq~anto allargato. Lamelle ascendenti-ad nate, recedenti, sub­ distanti, larghe, inizialmente grigiastre, diventano nerastre e maculate, 78 Psilocybe caerule­ scens, fotografata da J. Bigwood in Messico. Tra i prin­ cipi attivi di diverse varietà è stata riscontrata psiloci­ bina e una certa quantità di psilo­ cina. bordi bianco-fioccasi. Spore nere, a forma di limone, 13-19 x 9-12j.l, lisce. Une specie molto diffusa, conosciuta in molte zone temperate del mon­ do; cresce in piccoli gruppi in foreste, pascoli, campi e lungo i bordi delle strade, quasi sempre sullo sterco di mucca; fruttifica in estate e d'autunno. Psilocybe mexicana Heim in Comptes Rend. 242 (1956) 967; Rev. Mycol. 22 (1957) 77. Pileo di diametro 0,5-2 cm (raramente fino a 3), alto 0,4-1,9 cm, conico­ campanulato, talvolta da emisferico diventa convesso, spesso con una pa­ pilla centrale, da ampiamente conico diventa umbonato; l'umbo spesso si presenta con una papilla a forma di gemma, glabro o glabrescente; margine talvolta solco-striato fino al disco apicale; disco di colore ocra intenso fino a bruno-arancione, rosso-bruno, quasi lilla nello stadio di crescita, quindi fulvo, con l'area marginale più pallida, grigio-bruno; velo bianco serico che scompare presto a partire dal margine. Gambo lungo 2-6 cm (raramente 79 Botanica e chimica degli alluc inoge/1i Qu a ndo si parla di funghi magici ci si riferisce in genere alla Psilocybe, a l Panaeolus, a ll a Copela ndia, al Conocybe e all a Slropharia tutti co ntenenti i prin ci pi attivi dell a psi locibina e talvolta della psilocina e tutti ragg ruppati neJJa gra nde famigli a de lle Agaricaceae alla qual e appart iene anche fino a 8), cavo, affusolato verso l'alto, spesso flessuoso , specie nella parte più bassa che non è bulbosa; da ocraceo a lievemente giallo-rosa, più palli­ do sopra, ful vo o leggermente rossastro ne lla parte mediana, rosso-bruno o grigio bruno a lla base; velo membranoso, che las cia delle fibrill e setose sul terzo superiore, evanascente. Carne de l pileo di un giallo chiaro, più pallida verso l'interno, rosa-.crema nel gambo, non livida, ma che diventa bluastra guando viene schiacciata , odore farinaceo. Spore di circa 8-12 x 5-8 x 5­ 6,7f,l , co mpresse, ovoidali, s ubi sodiame tri che, lisce. Deposito dell e spore di colore variabil e dal seppia scuro al bruno-viola scuro. Si trova ne l Messico del sud e nel Gua tema la fra 1500 e 1800 m, spe­ cialmente nelle zone calca ree, cresce isolata o sparsa sul mus chio e neUe erbe lungo le strad e, nei prati umidi , ne i campi di grano e nell e vicinanze di forest e di pini e guerce . Fruttifi ca da maggio a ottobre. Stropharia . cubensis Earle in Est. Agron. Cuba, l CI 906) 240 . Pileo di diametro 1,6-5 cm (raramente 8,5-12,5) , conico-campanulato, papilloso sull'apice, dive nta poi da co nvesso a pi ano, talvolta con una de­ pressione intorno all 'umbo che diventa ottuso (umbo o papi Ila talvolta as­ 80 Pia/ile d'impiego allucinogel1o 3 4 l'Amanila muscaria, il «fungo sacro». Fra gli specialisti botanici regna ancora oggi un notevole disaccordo circa la classificazione delle varie specie. Questo libro adotta il criterio proposto da Singer(1949-1962). l Amanila muscaria, «fungo sacro» delle Agari~aceae. 2 Pa/Jaeolus sphinc­ lrinus 3 Copelandia cyane­ scens 4 Conocybe siligineoides 5 Stropharia cubensis 6 Psilocybe mexicana 7 Psilocybe caerulescens 6 7 senti), di colore bruno-cioccolato e bruno-arancio, umbo giallo, da rossiccio chiaro a biancastro verso la periferia, area centrale più o meno fulva; diven­ ta bluastro quando invecchia' oppure se viene danneggiato. Chiaramente viscoso, con scaglie fioccose distaccate, sparse, diventa lucido, glabro; mar­ gine regolare, intero, non appendicolato. Gambo alto 4-7 cm (talvolta fino a 15), diametro 0,4-2 cm, cavo, in genere più spesso verso la base, rigido, 81 6 Botanica e chimica degli allucinogeni sovente piegato, da bianco diventa giallastro o rosso cenere, fortemente solco-striato, altrimenti liscio, da glabro a fibrilloso, non idrofano; anello ampio, membranoso, liscio, fragile, irregolare, stracciato o lacerato, da biancastro diventa nero violaceo. Lamelle da intere a ondulate, seghettate, da adnate ad annesse, strette, e ventricose nella porzione mediana, che ha colorazione da biancastra a grigio-violetto scuro o bruno-viola, alquanto chiazzata. Carne bianca, azzurrastra se lesionata, inodore. Spore elissoidali, lisce, opache, bruno-violacee, 11,5-17,5 x 8-11,5 x 7-911. Nota nel Messico del sud, nell'America Centrale, nelle Indie occidentali, in Florida, segnalata in Sud America e nel Sudest asiatico. Cresce singolar­ mente o in piccoli gruppi, di solito sul letame o sul terreno da pascolo fertile; fruttifica da febbraio a novembre o dicembre, al sud dell'equatore da novembre ad aprile. Alcuni sistematici ne riconoscono tre «varietà di colore». Certi autori (Guzman, 1977, Singer e Smith, 1958) considerano la Stropharia cubensis appartenente al genere Psilocybe. Copelandia Bresadola Questo genere è strettamente imparentato al Panaeolus. Si trova nel suolo o sul letame, ed è distribuito nei climi caldi, in Florida, America Centrale, Filippine e Indonesia. Si conosce una sola specie di Copelandia. Secondo una informazione recente, la Copelandia cyanescens viene coltivata nell'isola di Bali, in Indonesia. Gli indigeni la coltivano nei loro giardini su escrementi di mucche e bufali. È stato riferito che mangiano il fungo duran­ te particolari feste e che lo vendono a stranieri ed «hippies» che viaggiano nel paese. Un campione di questo fungo balinese fu identificato nel 1974 nei labo­ ratori della Sandoz a Basilea. I carpofori secchi, coltivati in laboratorio da basidiospore ricava te dai funghi originari di Bali, contenevano l' 1,2% di psilocina e lo 0,6% di psilocibina (Kobel, appunti inediti, 1977). Tale conte­ nuto è di gran lunga la più alta concentrazione di questi principi attivi riscontrata in un fungo allucinogeno. La più alta concentrazione trovata in Psilocybe o Stropharia è lo 0,6% di psilocibina, con un minor quantitativo di psilocina. L'elevato contenuto di psilocina è una notevole scoperta in questi funghi balinesi. Antoine (1970) ha riferito che campioni secchi di Copelandia cyanescens contenevano dallo 0,15 allo 0,2% di psilocibina. Sebbene la Copelandia sia principalmente tropicale, la psilocibina è stata trovata per la prima volta, nel 1966 (Heim, 1967), in un esemplare di C. cyanescens raccolto in un giardino nel sud della Francia. Copelandia cyanescens (Berk. e Br.) Singer in Lilloa 22 (1949) 473. Pileo carnoso o quasi membranoso, campanulato, pigmentato, con rive­ stimento esterno cellulare. Gambo snello, fragile, pigmentato. Lamelle va­ riegate, con ai lati vescicule metuloidi, colorate, a parete spessa. Trama imenoforale regolare. Spore nere, ellissoidali o a forma di limone, lisce, opache, con parete complessa e poro germinale grande, distinto, 1011 o più grande, tendente al nerastro. 82 Piante d'impiego allucinogeno ANGIOSPERMAE Con l'eccezione di quelle comprese fra i Funghi, tutte le piante cono­ sciute o sospettate di esse re allucinogene, appartengono alle Angiospermae . Insieme con le Gymnospermae, le Angiospermae costituiscono le Pha­ nerogamae (piante che producono un embrione) nelle quali la riproduzione si compie mediante organi riproduttori visibili. Le Gymnosp ermae, le quali differiscono dalle Ang iospermae principa lmente par avere i semi nudi che crescono in sporofilli aperti (e quindi senza ovario) a «coni ", sono un picco­ lo gruppo di circa 700 specie viventi, di cui non si conoscono costituenti a llucinogeni. Le An giospermae, il gruppo di piante ora dominan ti sulla terra con almeno 300 .000 specie (ma probabilmente molte di più) , hanno gli o vuli protetti da un ovario chiuso la cui struttura chiamata pistillo o car­ pe llo fa parte del tipico fiore . Le Angiospe rmae sono suddivise in due classi: le Monoco tyledonae, ne lle quali l 'e mbrion e ha un cotiledone o seme, e le Dicotyl edonae, con due (raramente di più) co til edoni. Le prime non producono vero legno, presen­ tano le foglie quasi sempre con venature parallele, ed i fiori sono in ge nere cos ti tui ti da tre parti. Le seconde spesso producono del vero legno , hanno le foglie generalmente pennipervie o reti colate, e i fiori divisi in quattro­ c inque parti. Le Monoco tyledonae comprendono approssimativamente da un quarto ad un quinto delle specie rispetto alle Dicotyledonae. L'ultimo gruppo è molto più diversi ficato del primo. Fra le Monocoty ledon ae sono sta te seg nalate diverse s pecie presunte allucinogene, ma di gran lunga il maggior numero è compreso nelle Dicotyledon ae. Le Dicotyledonae sono ulteriormente suddivise in Archichlamydeae e Metachlamydeae, sulla base dei caratteri d ella corolla. La prima classe, considerata di solito la più primitiva da un punto di vista evolutivo , presen­ ta un perianzio semplice, non differenziato , con i petali separati , qua ndo sono prese nti : essa comprende quindi tutte le famiglie polipetale ed apeta­ le. La seconda, considerata generalmente più evoluta , ha i petali uniti in un organo più o meno tubolare, o a forma di campana, lobato, chiam a to corol­ la o tubo corollare. Le piante. allucinogene sono rappresentate in entrambe le sottoclassi delle Dicotyledonae e, escl usi alcuni esempi isol at i, non sembra che vi sia un significato chemiotassonomico circa la distribuzione degli age nti a lluci­ nogeni. MONOCOTVLEDONAE CVPERACEAE Ques ta famiglia , apparte nente alle Glumiflorae ed imparentata con le Grami na ceae o erbe, comprende una novantina di ge neri e più di 4.100 specie diffuse in tutto il mondo, in ogni tipo di condi z ioni ambientali. Sono piante di scarso valore economico, ad eccezione del Cyperus papyrus, la pianta del pa piro, d'importanza storica nell'antico Egitto . Scirpus spp. Le 300 specie di Scirpu s sono distribuite in tutto il mondo e sono so­ prattutto ca ratteristiche di brughi ere, paludi e acquitrini. 83 Bolanica e chimica degli allucinogeni Molti indiani Tarahumara considerano la bakana (conosciuta anche co­ me bakanoa e balcanawa) un potente narcotico (Bye, 1976). Essa infatti rappresenta una delle piante psicotrope più importanti di questo gruppo indo-mess icano . La pianta cresce soltanto in certe zone montagnose del paese dei Tarahumara nel Chihuahua. Ha dei piccoli bulbi che gli indiani raccolgono durante apposite spedizioni od ottengono con scambi. Non vie­ ne coltivata perché gli indiani temono che i rumori che secondo loro la pianta emette, li portino alla pazzia. I piccoli bulbi sono usati dalla popolazione per la cura degli psicopati­ ci. La bakana è considerata una m edicina che rappresenterebbe un agente protettivo e curativo pe r molte malattie di origine fisica e mentale . Prima di utilizzare la pianta, gli indiani devono cantare per lei ed offrirle d el cibo. Se viene in qualche modo mutilata, la pianta provoca la morte d ell'offenso­ re , o quanto meno lo fa impazzire. Si dice che l'in ges tione dei bulbi induca un sonno profondo, durante il quale vengono intrapresi dei lunghi viaggi , si hanno conversazioni con pa­ renti morti e si vedono dei colori brillanti . L'esame chimico d e lle specie di Scirpus utilizzate dai Tarahumara non è stato ancora eseguito, ma d al genere, come pure da diverse specie di Cyperus della stessa famiglia e di altri ge neri imparentati , sono stati isolati alcaloidi dell 'harmala (Raffauf, 1970; Willaman e S~hub e rt, /1961) . DICOTYLEDONAE CANNABACEAE Le Cannabaceae (qualche volta erroneam~'nte chiamate Cannabinaceae o Cannabidaceae), che appartengono all'ordine Urticales, comprendono due generi: Cannabis ed Humulu s. Native delle zone temperate dell 'Asia centra­ le, sono ora diffuse quasi in ogni parte del mondo , anche se sono meno comuni nei tropici umidi. Imparen tate molto da vicino alle Urticaceae e alle Moraceae , dividono con entrambe le famiglie un certo numero di carat­ teristiche, e sono spesso comprese nelle Moraceae, come un sottogenere. Vi sono tuttavia molte valide ragioni morfologiche e chimiche per tenere di­ stinte le Cannabaceae. Cannabis Linnaeus La Cannabis, la famosa canapa, è stata in genere considerata una specie monotipica , m a un cresce nte numero di bota nici asserisce ora che compren­ de diverse specie. Nel passato è stata compresa spesso n elle Moraceae o anche nelle Urticaceae, ma la classificazione corrente la pone a parte, assie­ me al genere del luppolo, Hwnulus, in una famiglia distinta: le Cannaba­ ceae. Dalla Cannabis si ricavano fibre tessili, acheni commestibili, un olio di uso industriale, medicine popolari e vari preparati narcotici. Si ritien e che il genere sia originario dell'Asia centrale, in particolare del territorio sovietico a nord dell'Afghanistan e della zona dei monti Altai . Indubbiamen te uno degli psicotomimetici più antichi usati dall'uomo, ed oggi l'allucinoge no più diffuso nel mondo, la Cannabis è ancora uno dei gruppi di piante meno compreso sotto molti punti di vista. 84 Pianle d'imp iego allucinoge,"o La canapa può essere considerata una delle più antiche piante coltivate dall 'uomo: nel Vecchio Mondo risale quasi all'origine dell'agricoltura. È noto che veniva tenuta in grande pregio dai cinesi di quasi 8500 anni fa. Gli assiri usavano questa pianta nel IX sec. a.C. sotto forma di incenso. L'antico Zend-Avesta iraniano fa menzione della sua resina inebriante nel 600 a.C. Erodoto , nel 450 a.C. circa , scriveva che gli sciti - cavalieri nomadi che dall 'Asia centrale scesero verso l'Europa - ne bruciavano i semi in una specie di bagno di vapore per produrre un fumo narcotico. A Tebe, la cana­ pa era utilizzata in una bevanda, alla quale venivano attribuite proprietà simili all'oppio. Galeno osservò l'uso della canapa in focacce, che, se man­ giate in grande quantità, avevano proprietà inebrianti. Nell'Asia Minore del tredicesimo secolo, agli hashishin, una setta musulmana, veniva promesso dell'hashish come premio per un lavoro ben fatto. L'hashish è la resina ricavata dalla Cannabis; si ritiene che da questa associazione la parola assassino sia giunta alle lingue europee attraverso l'arabo (Joyce e Curry, 1970; Lewin, 1927; Schultes, 1970c). Sebbene l 'uso della Cannabis come narcotico, in India, nel Vicino Oriente, in alcune regioni dell'Africa, ed in altre zone del Vecchio Mondo, risalga a qualche migliaio di anni, la sua odierna diffusione in quasi tutte le parti del globo ne ha fatto crescere l'impiego come inebriante nelle società sofisticate, specialmente nei centri urbani, ed ha creato uno dei maggiori dilemmi per le autorità, particolarmente americane ed europee. Gli studi in profondità sull'utilizzazione della Cannabis da parte delle società meno occidentalizzate, e le moderne possibilità offerte dalla chimica, dovrebbero portare nuova luce su alcuni dei problemi e dei pericoli che derivano dal suo uso ed abuso presso le comunità più avanzate. I metodi di impiego della Cannabis sono molto variabili. Nel Nuovo Mondo, la marijuana (o, in Brasile, la maconha) - le cime fiorite e le foglie, fatte seccare e sbriciolate - quasi invariabilmente viene fumata, spesso mescolata con tabacco, sotto forma di sigarette o «spinelli». In alcune zone dell'Africa primitiva, la Cannabis ha un ruolo importante nella religione e nella magia , rivelando un'abitudine molto antica. Nel sud dell'Africa viene chamata dagga, un termine usato talvolta come oggetto di qualificazione per indicare alcune specie di labiate del genere leonotis, alcune delle quali producono un lieve effetto narcotico quando se ne fumano le foglie. Nel Marocco, dove l'uso della Cannabis è comune, il nome locale è kif L'ha­ shish, la resina dei fiori pistillati appena fertilizzati , viene fumato, mangia­ to o bevuto da milioni di individu'i, specialmente nelle zone d'influenza musulmana del Nord Africa e del Vicino Oriente (Lewin , 1927). È tuttavia in India che la Cannabis assume un importante significato religioso per alcuni culti e, come risultato, l'uomo ne ha selezionato delle varietà caratterizzate da concentrazioni particolarmente elevate di canna­ binali attivi. L'antico testo indiano Atharvaveda chiamava la droga <<libera­ trice dal peccato» e «guida divina». La pianta è ancora considerata sacra in molti templi, dove viene coltivata nei giardini. Gli indiani riconoscono co­ me narcotici tre preparazioni di Calmabis. La più debole Bhang consiste nella pianta essiccata, raccolta verde, polverizzata, e ridotta a bevanda con acqua o latte, oppure, con zucchero e spezie, preparata in dolci chiamati 85 I metodi di consumo della Calmabis variano a seconda dei luoghi e delle culture. Nei paesi arabi fumare con pipe ad acqua e carboncini accesi e del tutto naturale. majum; in qualche caso sembra vi si aggiungano oppio e Datura. La Ganja, di solito fumata con il tabacco, ma talvolta mangiata o bevuta sotto forma di infuso, consiste nelle cime mature essiccate, ricche di resina trasudata. Questa preparazione si ottiene da varietà coltivate o selvatiche particolar­ mente ricche di tetrai'drocannabinolo. La Charas, resina pura raccolta dalle foglie e dagli stami di varietà fortemente narcotiche, anche appositamente colt.ivate, viene in genere fumata, ma può anche essere mangiata mescolata con spezie. La Cannabis costituisce per i poveri la sorgente .d e i narcotici in India, dove, oltre al suo particolare impiego religioso, gode molto credito nella medicina popolare come presunto afrodisiaco. Edonisticamente, la Cannabis è ritenuta anche un narcotico euforico, specialmente in attività che richiedono resistenza e sforzo fisico. La Cannabis si è diffusa in Africa molto presto e in molte culture ha assunto un'importanza religiosa e cerimoniale. Anche in località lontane, come il Messico indigeno, la'pianta è stata all'occorrenza adottata, in qual­ che caso, anche come sostituto del sacro peyotl (Emboden, 1972). Anche se la notevole diffusione dell'abitudine di fumare la marijuana 86 Grossi fornelli o pipe di terracotta sono osati dai nomadi afgani per fumare in gruppo mentre nelle fasce tropica li si fabbricano rudimentali pipe ad acqua con le noci di cocco. Vecchio indiano, sadd hu col tradizionale chillum. negli Stati Uniti ed in Europa ha creato una varietà di proble mi complessi, la maggior parte della droga illecitamente usata in queste zone nord­ temperate è leggera , qualche volta quasi del tutto priva di costituenti nar­ cotici. Questa droga infatti non è costituita da pura resina, ma da foglie sbriciolate, ramoscelli, e parti apicali di piante, molte delle quali hanno un basso contenuto di tetraidrocannabinolo a causa della loro appartenenza genetica. Gran parte della marijuana americana proviene da piante che crescono spontaneamente, spesso originate dalla canapa che un tempo veni­ va coltivata in piantagioni per la produzione delle fibre. Negli Stati Uniti, dove l'industria della fibra di canapa è quasi del tutto scomparsa, la colti­ vazione della Cannabis sal iva era una volta - fin dall'epoca della Guerra Civile - la maggiore attività agricola localizzata nel Kentucky e dintorni. La marijuana contrabbandata negli Stati Uniti dal Messico, dalla Colombia e da altre regioni calde e secche, oppure l'hashish introdotto in Europa dal Medio Oriente e dall'Africa, rappresentano un na'rcotico più energico e, di conseguenza , potenzialmente più nocivo e pernicioso. Un tempo si pensava che il clima fosse il fattore principale per la produzione della resina e per un'elevata concentrazione di principi inebrianti, ma un recente lavoro spe­ rimentale ha indicato che l'origine del seme - cioè la composizione geneti­ ca del tipo, razza, varietà o specie - è molto più importante dei fattori ambientali. Nonostante si tratti di uno dei principali narcotici utilizzati da lungo tempo dall'uomo in molte culture, e nonostante il grande valore economico della pianta per usi diversi da quello narcotico, la Cannabis è tuttora bota­ nicamente caratterizzata più per quello che non ne sappiamo che non per quanto rien tra nelle nostre cognizioni. La mancanza di conoscenza sulla Cannabis e sulla sua utilizzazione come narcotico, non solo costituisce un ostacolo per comprendere le impli­ cazioni morali, legali, sociologiche ed economiche della sua importanza per le culture presso le quali si è affermato il suo uso, ma fa s1 che molti aspetti 87 Botanica e chimica degli allucinogeni tecnici - botanici, chimici, farmacologici, medici e di salute pubblica ­ presentino tuttora indicazioni contrastanti ed incertezze, nonostante il nu­ m ero di autorevoli studi apparsi negli ultimi anni . I botanici per lungo tempo hanno ritenuto che la Cannabis fosse una pianta monotipica, e che la sua sola specie polimorfica - C. Saliva - si fosse diversificata in molti ectotipi e varietà coltivate . Nella let teratura botani ca esiste una seq ue la di sinonimi binomiali con la C. saliva. Ne l 1869, De Ca ndolle indicava quelle che considerava le reali variet à botaniche della Cannabis saliva e dava di esse una descrizione dettagliata, oltre a pubblicarne i nomi specifici. Nonostante il convincimento generale della natura monotipi ca della Cannabis , per molti anni vi sono state anche dell e opinioni contrarie. Il concetto poli tipico risale al 1783 , quando Lamarck descrisse la C. indica come distinta dalla C. saliva, indicando chiara mente come la nuova speci e differi sse nello sviluppo e nei caratteri morfologici. Ne sottolineava inoltre le maggiori proprietà narcotiche, supponendo che potessero essere dovute a differenze chimiche. Lungo gli anni, i ta ssonomi hanno seg uito la tendenza a non riconosce­ re la CQ/111abis indica, ma questo binomio - o l'a lternativa C. sal iva var. indica - si è mantenuto nella lett era tura chimica e farmacologica, general­ m e nt e per indicare un tipo molto più attivo di Cannabis. Ne l 1924, J anischewsky d esc risse una terza specie - la Cannabis rude­ ralis - che eg li distingueva principalmente per i caratte ri morfologici del­ l'achenio . Ques ta specie si es tendeva dal nord della Russia europea fino all'ovest d ella Siberia e dell 'Asia centrale. Altri botanici russi che hanno studiato sul posto la Cannabis sostengono che il genere comprende diverse specie. Soltanto negli ultimi sei o sette anni, l'importanza del carattere mono­ tipi co della Cannabis contro quello poli tipi co è diventata qualcosa di più di un problema accademico ed ha raggiunto l'attenzione generale. Il motivo ha la sua origine soprattutto in ques tioni legali concernenti il significato del termine marijuana, specialmente negli Stati Uniti. Le leggi nazionali e molt e delle leggi degli stati, com e pure in div ersi altri paesi, definiscono la marijuana come un prodotto della sola C. saliva . Se esiste più di una specie, l'autorità giudiziaria deve prova re che il mater iale sospetto proviene dalla C. saliva, e non da altre specie. I campioni ridotti a frammenti di Cannabis possono essere identificati mediante un attento esa m e microscopico , seguito dal riconoscimento all 'in­ fraros so o allo spettroscopio di massa di qualunque cannabinoide caratteri­ stico . Su campioni di Cannabis co nfiscati dall'a utorità, tuttavia, la maggior parte, se non tutti , dei caratteri diagnostici de lla pianta originale vengono alterati o del tutto cancellati. r endendo impossibile un' accurata identifica­ zione delle specie. Inoltre, la morfologi a base della pianta - cioè luogo d'origine, modalità di crescita, abitudini , ecc. - non è naturalmente distin­ guibile . Come Kurzman e Fullerton (1975) hanno posto in rili evo, anche per un esperto botanico è spesso.impossibile identifi ca re del materiale oltre un livello generico di interesse lega le. E del resto, pur disponendo di campioni intatti, è accaduto che degli specialisti sbagliassero l'identificazione . 88 Piante d'impiego allucinogeno I laboratori di medicina legale negli Stati Uniti hanno spesso usato dei test che non sono specifici per la Cannabis o i cannabinoidi. Questi test comprendono: 1) un esame microscopico solo per i p eli cistolitici, comune­ mente presenti in molte famiglie di piante; 2) il saggio colorimetrico Du­ quenois-Levin e, che reagisce positivamente anche con molti oli essenziali, alcuni tipi di caffè, una grande varietà di materiali vegetali e con i resorci­ noli; 3) procedimenti cromatografici, anche se è stato chiaramente stabilito che composti diversi possono avere lo stesso Rf o tempo di ritenzione. Per complicare il problema , si è riscontrato che vi sono delle varietà o specie di C. saliva virtualmente prive di ~ 1(6) e/o ~ I-tetraidrocannabinoli, i principi attivi. Il materiale proveniente da tali specie, anche se identificabile con la pianta proibita, non potrebbe essere considerato droga. Con questi problemi di identificazione assoluta del materiale ad un livello generico, è chiaro che l'identificazione ad un livello subgenerico ­ specie o sottospecie e varietà - dev'essere ancora più complessa. Sebbene le differenze morfologiche e microscopiche fra Cannabis saliva, C. indica e C. ruderalis siano state descri tte , tali differenze, come indicato sopra, sono di solito alterate od obliterate nella preparazione del materiale per l'impie­ go. La differenziazione di queste categorie subgeneriche su campioni secchi , sbriciolati e spesso vecchi, divi ene difficile , dubbia, o impossibile, e dipende dalle condizioni del campione o dall'abilità e dall'attenzione del botanico che studia il materiale . Vi è ancora un disaccordo sulla classificazione botanica della Cannabis. Questa è stata assegnata ad almeno tre diverse famiglie, sebbene i moderni tassonomi di solito, anche se non unanim eme nte, collocano il genere nelle Cannabaceae: una famiglia che consiste di soli due generi - Cannabis ed Humulus, il genere del luppolo . II maggiore problema tassonomico, tutta­ via, concerne il numero delle specie nel genere - una questione ben lungi dall'essere risolta. Schultes e collaboratori (1974) hanno studiato il proble­ ma nella letteratura e negli erbari, hanno esa minato piante coltivate presso l'Università del Mississippi da semi importati da alcune centinaia di locali ­ tà del mondo, ed eseguito studi sul posto in diverse regioni, specialmente nell'Afghanistan. Tre specie, a loro avviso, possono essere distinte: C. saliva, C. indica e C. ruderalis. Di conseguenza, essi sono d'accordo con i botanici rus.s i, che da lungo tempo hanno ammesso tale distinzione. Emboden acce t- CONFRONTO FRA SILEMI DELLA CANNABIS C. saliva Concentrazione dei vas i Dimensione dei va s i Fibre ge latinose Dim ensione delle fibre Dimensione dei raggi Tipo d el la ceJlula raggio Raggi con cr istall i pochi stretti si stret te stretti eretto no C. ruderalis da pochi a molti stretti sì larghe stre tti procombente si e no C. indica molti larghi no larghe largh i procombente si Principali caratteris tiche anatomiche delle tre spec ie di Cannabis. (Per gt' nlile cuncessione di Le. Andersun): 89 Botanica e chimica degli allucinogeni ta un concetto simile (1974). Anderson ha studiato l'anatomia del legno di Cannabis e, pur avendo esaminato pochi esemplari, le grandi differenze rilevate studiando nove caratteristiche della struttura del legno gli sono apparse «imponenti in un sistema conservativo come quello del legno» (J 974). I suoi studi lo hanno portato alla convinzione che si trattava di più di una specie. Sulla base dei suoi studi, durati diversi anni, Small ha difeso il punto di vista monotipico, affermando che l'intera controversia è solo di ordine semantico (J 975a, 1975b, 1976). Egli ha meticolosamente riassunto le sue ricerche sulla citologia, sul meccanismo di riproduzione, sulla variazione chimica, sulla morfologia dell'achenio e sulla tassonomia (Small, 1975c; Small ed altri, 1975), raggiungendo la conclusione ch e la Cannabis rappre­ senta una specie altamente variabile con due sottospecie (Small e Cron­ quist, 1976). Questa variazione, egli pensa sia dovuta soprattutto all'inter­ vènto umano. Egli distingue due grandi classi: un gruppo del nord di «po­ tenziale inebriante relativamente limitato» (Cannabis saliva sottosp. sali­ va), ed un gruppo del sud che possiede un maggior potenziale inebriante (C. saliva sottosp. indica). Questi due gruppi vengono da Small divisi in due «fasi parallele» : quella «erbacea , naturalizzata o indigena » e quella «colti­ vata o spontanea». CosÌ, nella C. saliva sottosp. saliva, si riconoscono due varietà : rispettivamente var. sponlanea e var. saliva. Nella C. saliva sottosp. indica si riconoscono due varietà : rispettivamente la var. kafirislanica e la Confronto tra le dim e ns ioni de i tre tipi di Cann abis. (Disegno di M. Dars I. per genLile- concessione di L.e. Anderson) . C. 90 SATIVA C. INDICA C. RUDERALI S Piante d'impiego allucinogeno Raccolta uella ca napa in Ungheria nel secolo scorso. E e vidente la costituzione alta e slan­ ciaLa della C. saliva. Due esemp lari di Ca1f}wbis indica pi s tillat a. matura, cresc iuta s pontaneam e nte in un cam­ po ne i press i di Kande har, Afgh a ni sta n. ( Per gt' nlilc concess ione ul.:1 Pl1iladelphla Muscu m . Philé\­ dclphia l. ( Foto R . E . Sc hult cs). var. indica . In realtà, un'interpretazione obiettiva dei dati chimici di Small, porterebbe a sostenere il concetto poli tipico. L 'intero «proble ma» legale potrebbe essere risolto se la legge che proi­ bisce l'uso della marijuana fosse formulata in modo più logico, e compren­ dess e «qualsiasi specie di Cannabis». La controversia in atto negli ambienti botanici non poggia tanto su basi semantiche, quanto rifl e tte definizioni divergenti su cosa costituisce realmente una specie. La stragrande maggio­ ranza dei botanici accetta una specie morfologica; cioè i caratteri morfolo­ gici definiti che si trasmettono immutati da una generazione all'altra devo­ no essere distinguibili; non è importante se si verifica o meno l'ibridazione con discendenza fertile. Alcuni botanici, tuttavia, accettano una specie bio­ logica; cioè ritengono che delle piante possono essere considerate di specie diverse se esiste fra loro una barriera riproduttiva: se due piante s'incrocia­ no e producono una discendenza fertile, esse devono rappresentare una sola specie . In base a quest'ultima definizione, molti generi che per anni sono stati largame nte riconosciuti come composti da specie diverse, sarebbero ridotti a concetti monotipici. CO,nsiderando i diversi punti di vista tassonomici, tuttavia, prima che si raggiunga' un accordo può passare ancora molto tempo . Nel frattempo , occorre fare attenzione a manten ere il giudizio tassonomico ad un livello scientifico, e non, com'è stato s uggerito di r ece nte, sottoporlo alle «necessi­ tà della socie tà» (Small e Cronquist, 1976). È essenziale per ora ch e le differenze di opinione sulla nomenclatura e sulle questioni tassonomiche non ostacolino i nostri tentativi di cercare di capire le ragioni dell 'alto grado di variabilità naturale che si manifesta nella Cannabis. Non è ancora stato possibile accertare quale differenza vi sia nella composizione chimica delle diverse specie a sottospecie, ammesso che vi sia. Oltre alla confusa tassonomia della Cannabis , il problema è stato com­ 91 Botanica e ch im ica degli allucinogeni CQ/1nabis indica coltivata a Oxford, Mi ss issippi, da semi import ati dall'Afgh anista n. La pianta mos tra la forma conica e la ramifica zione int ensa e rigogliosa caratter istiche de lla specie. (Foto T.C. Plow man ). plicato dall 'i mpossibilità da parte dei chimici di lavorare su esemplari sicu­ ri. Un'incer tezza ancora maggiore fu generata dall 'aver constatato la g ran­ de variazione chimica nei tipi e varietà di C. saliva. Gran parte degli studi chimici riportati dalla letteratura sono indubbiamente basaLi sulla C. sali­ va. Alcuni chimici, tuttavia, possono aver avuto fra le mani della Cannabis indica. Poich é la C. sa liva ha cinque classi di impiego diverse (fibre tess ili , semi comm es tibili, olio iodustriale, m edicin a popolare, preparati inebri a n­ ti), durant e i millenni in cui ha avuto importa nza economica, è stata sele­ zionata dai popoli delle aree nelle quali veniva coltivata in base alle carat­ teristiche richi es te. Lo stesso è ugualmente valido per la C. indica. Dove le proprietà narcotiche determinavano il suo ruolo nei riti religiosi , ad ese m­ pio , tendeva no ad esse re selezionati i tipi e le varietà più ricche di costi­ tuenti inebria nti ; dov 'era importante il valore nutritivo dell 'achen io , veni­ vano selezionate le piante che produceva no più frutti ; dove il suo valore era rappresentato dalla fibra, erano più richi es ti i generi che davano delle fibre più lunghe e più res iste nti. Non è raro riscontrare che, in una pianta colti­ vata, la selezione intensiva per una caratteristica porta spesso ad un offu­ scamento, o anche a Jla scomparsa, di un'altra caratteristica. Nella C. saliva sono state sviluppate delle varietà che danno una produzione eccezional­ 92 Cannabis sativa. Originaria dell'A sia centrale ma diffusa nelle zone temperate e tropicali asciutte di entrambi gli emisferi come pianta erbacea, avve ntizia o naturalizzata. La foto mostra una ricca piantagione nei pressi di Napoli. Pur essendo una d elle piante più antiche e domestiche, molto lavoro resta ancora ai botanici per precisarne l'aspe tto bilogico-ecologico, tassonomico e citologico. mente elevata di olio di semi, oppure di fibre superiori, ma che hanno un contenuto inferiore di principi narcotici, o ne sono addirittura prive; ciò nonostante, queste varietà possono crescere nella stessa regione, spesso in campi vicini. D'altro canto, sono conosciute varietà narcotiche nelle quali la quali tà della fibra è decisamente inferiore; per tale motivo dette varietà sono considerate economicamente senza valore. Le varietà, tuttavia, spesso non sono tassonicamente distinguibili per caratteri morfologici stabili (Schultes, 1970d). Mentre si è di solito pensato che il clima avesse un effetto determinante sulla potenza narcotica - cioè sul contenuto di cannabinolo - della Can­ nabis, alcune recenti ricerche indicano che l'origine del seme è più impor­ tante dei fattori ambientali (Holley ed altri, 1975; Nordal e Braenden, 1973; Quimby ed altri, 1973; Turner ed altri, 1975). 93 "~ L'infi orescenza, o coda, di una pianta di canapa femmina. I fiori si nascondono nei ciuffi di foglioline. Ess i producono una resina che contiene la massima concentrazione di princi pi attivi. -,,-,,___ ..J Dodici tIpI O «varietà» di Cannabis saliva furono fatti crescere in Inghilterra all'aperto per diverse stagioni. I risultati di questo esperimento dimostrarono che, evidentemente, un clima caldo con abbondanza di sole non è necessario per avere un elevato contenuto di THC. 6 I risultati furono confrontati con quelli delle stesse varietà cresciute in altre parti del mondo: tutte le varietà presentavano la stessa situazione qualitativa in relazione al contenuto in cannabinolo, sia come percentuale di THC che di cannabidio­ lo. Dal momento che la composizione chimica sembra essere indipendente dall'ambiente , i ricercatori ne dedussero che questi tipi rappresentavano 6 94 THC sta per tetraidrocannabinolo (N.d.T.). Pianle d'impiego allucinogeno delle diverse varietà chimiche comprese nella C. sativa, e che non sono fenotipi (Fairbairn e Rowan, 1975). Un'ulteriore e più recente informazione sui fattori climatici e genetici che hanno effetto sulla composizione chimica della Cannabis viene espressa in una lettera del professor Carlton E. Turner della Scuola di Farmacia, Università del Mississippi (comunicazione personale, 16 novembre 1977): Nel J976 abbiamo avuto un periodo secco molto lungo ... seguito da un periodo umido , poi da uno secco. Dalle piante di Cannabis abbiamo prodotto una marijuana mol to pote nte. Infatti le sigarette sono ri sul ta te con tenere più del 2,8% di t,9-THC. Il materiale vegeta le utilizzato per fare queste sigarette ne conteneva il 3,69%. Nei nostri grafici di crescita alcune varianti messicane che nel 1974 avevano prodotto il 2,0% di THC, nel 1976 ne produssero il 3,0% ed anche il 4,0%. Le piante erano cresciute nello stesso giardino, nello stesso luogo , e con la stessa tecnica di coltivazione, ecc. Riguardo ai fattori ambientali , vi è un'altra cosa che io ho osservato per alcuni anni. Le varianti messi ca ne conten­ gono so.ltanto cannabicromene e, raramente, del ca nnabidiolo quando crescono nel Messico. Abbiamo esaminato div ersi campioni autenti ci provenienti da va­ rie localit à del Messico. Soltanto un campione conteneva cannabidiolo. Facendo crescere nel Mississippi questi ca mpioni, abbiamo notato un leggero aumento del cannabidiolo ed una lieve diminuzion e di quello che tutti per anni hanno chiamato cannabidiolo, il ca nnabicromene . Ciò è dovuto apparentemente a fat­ tori ambientali. La mia opinione personale è che entrambi i fattori influenzino la potenza della pianta, ma penso che quelli genetici siano dominanti. b,l-THC 6 Cannabidiolo N umeraziol1e (armale Numerazione mOl1otelpenoide 95 A sinislra: sezione trasve rsale di legno di Cannabis indica che mostra le ca tene radiali di vasi, le fibre Iibriformi e il parenchima a raggio procombente. A destra: sezione trasv ersal e di legno di C. saliva che m ostra la tende nza ai vas i solitari, a l dimorfismo delle fibre, al parench ima a raggio ra dialmente più corto (ere tto) . (Per gentile concessione di L.e . Anderson). Molti de i caratteri di base della Cannabis , in relazione alla sua biologia - ecologia, tassonomia, citologia - devono ancora essere chiariti dai bota­ nici , e questo a dispetto del fatto che la C. saliva è una delle più antiche fra le piante utilizzate dall 'uomo . . Negli ultimi anni sono uscite più pubblicazioni sulla Cannabis ed i suoi costituenti che su tutti gli altri aJlucinogeni insi em e. Gli aspetti chimici d elle ricerche sulla Cannabis sono stati autorevolmente riesaminati da un certo numero di specialisti (Bailey, 1974; Curry e Joyce , 1970; Hanus e Krejei, 1974; Mechoulam, 1970, 1973; Mechoulam ed altri, 1976; Na has, 1976; Ne umeyer e Shagoury, 1971; Razdan, 1973; Waller, 1971 ; Waller ed altri, 1976). Per un più dettagliato apprendimento, disponendo di tale recente e voluminosa' bibliografia sulla chimica e la biochimica dei canna­ binoidi, il lettore dovrebbe consultare questi scritti. Dal momento che gli studi chimici sulla Cannabis raramente, se non maC sono stati pubblicati sulla base di esemplari sicuri e d'origine docu­ mentata, in modo da perme ttern e una identificazione precisa, l' esame sui costituenti chimici di ques ta pianta viene riportato come se tutti gli esemplari analizzati fossero riferiti alla C. saliva, cosa che può anche non essere esa tta (v.p . 94). L'azione euforica ed allucinogen a dalla canapa e delle sue preparazio­ ni, come l'hashish, il bhang e la marijuana, dev'essere attribuita al loro contenuto in composti monoterpenoidi , chiamati cannabinoidi. Il composto di gran lunga più attivo di questi cannabinoidi è il (-)-L~J-3,4-trans­ tetra id ro-cannabinolo (~'-THC). 96 Pianle d'impiego allucirlOgeno C. indica I n allO: sezione tra sve rsa le di legno di Cannabis indica che mostra le pa re ti spesse dei componenti del vaso e le fibre Jibriform i; notare i cristalli cuboidali ne ll e ce llule a ra gg io. I n basso: sez ione tra sversa le di legno di C. saliva che mostra la relativa fragilità delle paret i dei va s i; notare la contrazione dell e pareti secondarie de ll e fibre ge latinose . (Per gentil e concessione di L.e. Anoersonl. .,," C. sativa 97 Botanica e chimica degli allucinogeni Raphael Mechoulam, eminente studioso della chimi ca dei cannabinoidi. Si dev e a lui la sintesi del (1,1_ tetraidrocanna­ binalo . (Per gen lile concessione di R. Mechoul am ). La configurazione assoluta in entrambi i centri asimmetrici C3 e C4 nel natut-ale è (R). Questo è stato stabilito mediante correlazione chi­ mica con (-) mentolo (Mechoulam e Gaoni, 1976a) e mediante sintesi da monoterpeni a configurazione assoluta nota. Sfortunatamente vi è una certa confusione sulla nomenclatura dei can­ nabinoidi, dovuta all'uso di due diversi sistemi di numerazione. La maggior parte delle pubblicazioni americane usa la numerazione formale basata sull'anello del pirano, mentre la maggioranza dei testi europei usa soprat­ tutto la numerazione basata sulla parte caratteristica di un monoterpenoi­ de. Qui viene seguito il sistema monoterpe noide , poiché consente la stessa numerazione per i cannabinoidi che non possiedono un anello piranico, come ad esempio il cannabidiolo . Fino ad oggi, dalla Cannabis e dai suoi preparati, sono stati isolati più di cinquanta cannabinoidi o cannabinoidi riordinati. Gran parte di qu esti sono costituenti in tracce , e a,lcuni si pensa siano artificiali. Del tetraidro­ c-annabitriolo libero, chiamato anche ca11.nabitriolo, è stato isolato dalla ganja giapponese e giamaicana (Chan ed altri, 1976). Sono stati isolati e descritti un gran numero di componenti non canna­ binoidi della Cannabis saliva (flavanoidi, monoterpeni, sesquiterpeni , triter­ peni, steroli, alcani, acidi grassi, amminoacidi, proteine, derivati di acidi nucleici, acidi fenolici, ed altri), costituenti non specifici della Cannabis e che sono presenti anche in altre pianle . Si conosce poco del contributo di questi costituenti non cannabinoidi all'attività biologica della Cannabis saliva e de i suoi preparati , pertanto ess i non verranno descritti dettagliata­ mente . Alcune ricerche recenti di Malingré e di suoi colleghi (1975) sostengono ~ I-THC y 98 Piante d'imp iego allucinogeno che i cannabinoidi sono principalmente localizzati nei pe li ghiandolari del­ la pianta. Gli idrocarburi terpenici de ll'olio essenziale ottenuto mediante distillazione a vapore e i cannabinoidi con una struttura parz ialmente ter­ penica, prese nti entrambi nelle ghiandole della Cannabis, suggeriscono una relazione biogenetica fra questi componenti. La biogenesi dei cannabinoidi rima ne un campo vergine di ricerca (Me­ choulam ed altri, 1976). Nel 1946, Todd suggerì che essi potessero essersi formati inizialmente nella pianta mediante condensazione di un derivato del terpene (un ipotetico mentatriene) con olivetolo . Il composto iniziale cannabidiolo-tipo poteva quindi ciclizzarsi a TBC e a ca nnabinolo. I recenti progressi nell a conoscenza de lla bioge nesi dei terpe ni e degli steroidi, e l'isolamento di nuovi e numeros i cannabinoidi -- in part icolare cannabige­ rolo ed acido cannabigerolico -- hanno reso possibile una formulazione più dettagliata del processo bioge nico (Mechoulam , 1970) . La condensazione del geranil-pirofos fato con olivetolo od acido olivetolico, porta a cannabige­ rolo od acido cannabigerolico. Questi prodotti della bioge nesi dei cannabi­ noidi verrebbero quindi trasformati mediante combinazione, ciclizzazione, processi riduttivi ed ossidativi , in altri composti del gruppo cannabinoide. OH HO"~: H------~·~ 5 11 Gera ni I·pi rofosfa lo R= H: oli \'e lo lo R=COOH : ac ido o li velo lico R= H: ca nnabigerolo R=COOH: acid o cannabigeroli cu Poic hé non è ancora stato pubblicato nessun lavoro sperimentale sulla biosintes i dei cannabinoidi , Mechoulam mette in rilievo che la sua pro pos ta dev'essere considerata soltanto un'ipotesi di la voro (I 973b). Nell e piante fresche di Cannabis saliva, i ca nnabinoidi si trovano so­ prattutto sotto forma degli ac idi carbossilici da loro derivati. Alcuni non sono naturali, e si formano nella conservazione, nel riscaldamento e nelle condizioni sperimentali durante l'estrazione. Claussen e Korte (1966) hanno ide,ntificato su piante fresche di ' provenienza europea l'acido cannabidiolico come principale costituente: questo è il precursore del cannabidiolo. Ne lle piante provenienti da paesi con clima più ca ldo , sono stati invece riscontra­ ti come principali compone nti gli acidi ~I - TBC. Questi acidi si trasformano nel più importante principio attivo de lle preparazioni di Cannabis, il ~ ITBC (Claussen e Korte , 1968a, 1968b). Considerando la nota variabili tà chimi ca dei costituenti della Cannabis, è possibile che, mentre in alcune piante sono presenti soltanto acidi, altre contengano sia acidi che cannabi­ noidi neutri. Questo fatto importante non era noto ai primi stad i della ricerca, ed essa fu indirizzata soprattutto su cannabinolo, ca nn ab idiolo, e sui tetraidrocannabinoli. 99 Botanica e chimica degli allucinogeni Acido cannabidiolico Tetraidroca n na b ino lo (Isome ri) . I I ~ OH Cannabidiolo Cannabinolo John A. Beutler, del Philadelphia College of Pharmacy and Science, ci ha perm esso di citare quello che noi riteniamo costituisca un progresso significativo (ancora non pubblicato) in uno dei finora scarsi rapporti sulla chimica della Cannabis su campioni d 'origine conosciuta (Lettera a Norton Miller dell'Università di Harvard, 22 settembre 1977): Ho eseguito i saggi ~ui tre campioni di Cann abis ruderalis che mi ha fatto avere per controllare il loro contenuto di cannabinoidi. I risultati sono i se­ gue nti : Attualmente non % sul peso a secco identificati ~ 9-THC Cannabi­ Cannabi­ Numero diolo campione nolo a e g 0,26 assente 0,14 tr. R-l 1,35 tracce 0,12 tL R-3 tr. 0.15 0,24 tr, 0,06 tr, 2,00 S-1 tracce tr. Il cannabinolo è un prodotto della conservazione, si forma cioè da altri cannabinoidi dopo la morte della pianta, Ciò che è più interessante è il rapporto fra CBD e THC. Un basso quantitativo di THC ed uno alto di CBD sono caratte­ ristici di molte varietà di C. saliva; per esempio, la canapa «selvatica» che cresce nello Iowa presenta un rapporto simile, Ques to vale anche per la costitu­ zione chimica della varietà di C. ruderalis che sto impiegando nei miei esperi­ menti di riprod uzione, L'anali s i preliminare del mio incrocio Cannabis saliva X C. ruderalis mo­ stra che la progenie ha un elevato cont enuto di THC ed uno basso di CBD. Poiché ora sospetto che il THC si formi nella pianta da CBD mediante un processo enzimatico, è probabile che l'incrocio di una pianta omozigote per que ll'enz ima (che io ho chi amato «CBD ciclase», ma che non ho studi a to) COI1 100 Piante d'impiego allucinogeno una pianta omozigote per l'assenza di que ll'enzima, dovrebbe produrre un ete­ rozigote Fl ancora provvisto dell'enzima. La gen e tica probabilmente non è così semplice, ma per il momento sembra essere una buona ipotesi di lavoro. Que­ sto, se vero, dovrebbe rendere alquanto insignificanti le differenze chimiche (THC :CBD) per la tassonomia , poiché implich erebbe soltanto un "JocUS».7 Un'altra osservazione interessante è che la progenie conserva le caratteristi­ che di crescita lenta e maturazion e rapida della Cannabis ruderalis genitrice. Queste pian te fioriscono dopo la comparsa della seconda o terza serie di vere foglie. Ciò è in chiaro contrasto con lo sviluppo della C. saliva , che per fiorire richiede un maggior tempo, ed è stato un ostacolo inatteso negli esperimenti di riproduzione, dal momento che per ottenere un incrocio è necessario che la fioritura sia contemporanea. I picchi non identificati (a, e, g, i) dei miei cromatogrammi si riscontrano anche nella C. saliva. Non sono ancora sicuro ch e. si tratti di tutti, o solo in parte, cannabinoidi, in ogni modo non sono caratteristici solo della C. ntderalis. Le strutture del cannabinolo e dei tetraidrocannabinoli isomerici sono state chiarite per la prima volta da Cahn (1930,1931. 1932, 1933), da Bergel ed altri (1943), e da Adams ed altri (1940a , 1940b, 1949). La struttura del cannabidiolo è stata proposta da Mechoulam e Shvo (1943) e da Santavy (1964). L'acido cannabidiolico è stato isolato da Schultz ed Haffner (1958, 1959) e da Krejci ed altri (1959), mentre la sua struttura è stata chiarita da Mechoulam e Gaoni (1965). Il cannabinolo ed i tetraidrocannabinoli isomerici sono stati anche pre­ parati sinteticamente (Adams ed altri, 1940a, Ghosh ed altri, 1940a, 1940b). Il miscuglio oleoso dei tetraidrocannabinoli consiste di diversi isomeri, che differiscono fra di loro per la posizione del doppio legame nell'anello tetraidrofenilico e per la disposizione sterica degli atomi di carbonio asim­ metrici 3 e 4. Il tetraidrocannabinolo sintetico è un composto racemico, che risulta 14,6 volte meno attivo della mescolanza naturale levogira di (-) tetraidrocannabinolo ottenuta dalla canapa (Loewe, 1950). Gaoni e Me­ choulam (1964) hanno descritto !'isolamento di un composto puro dall'ha­ shish, da essi identificato come (-)~ '-3,4-trans-tetraidrocannabinolo, e che sembra essere il principale componente attivo della mescolanza dei tetrai­ drocannabinoli. Un altro isomero attivo del THC, (-)~ 1(6J-3,4-trans­ tetraidrocannabinolo, è presente solo in piccoli quantitativi e, di conse­ guenza, non contribuisce 'in modo essenziale all'effetto psicotomimetico delle preparazioni di Cannabis (Mechoulam ed altri, 1970). In questi ultimi anni sono state eseguite diverse sintesi di (-)~1-3,4trans-tetraidrocannabinolo (Jen ed altri, 1967; Mechoulam ed altri, 1967; Petrzilka ed altri, 1969). Il metodo più valido è quello di Petrzilka ed altri, rappresentato dallo schema a pagina seguente: Razdan e collaboratori (1974) hanno descritto una modifica di questa sintesi: (+ )-p-Mentadiene-(2,8)-olo, olivetolo e trifluoruro di boro davano ~ l-THC, invece di ~ 1(6)_THC. quando veniva aggiunto un agente essiccante 7 Per « locus» s'inte nde una determinata posi zione ch e ciascun gene e ciascuno dei suoi alleli occupano sul cromosoma (N.d.T.). l Ol Bota/1ica e chimica degli allucinogel1i - . A (+ )-p-Mentadiene-(2,8)-ol Olivetolo l-cloro-3 ,4-1 ra ns-esaid roca nnabi nolo \ OH ~5"" (- )-.6. 1(6)-3,4-lranS-letraidrocannabinolo (- )_.6. 1_3,4_1 rans-tel raidrocannabinolo alla miscela reagente. Questa modifica rappresenta un'utile via diretta al ~ I-THC. Oltre al ~ I-THC attivo, dall'hashish sono stati isolati gli acidi isomerici A e B del ~J-THC, biologicamente inattivi (Mechoulam, 1973; Mechoulam ed altri, 1964) L'acido ~ '-THC A è stato anche preparato per sintesi (Me­ choulam ed altri, 1970). Il (urna trasforma questi acidi nei composti fenolici attivi. Acido L', t_ THC A Acido L','-THC B L'acido B si trova in quantità considerevolmente inferiori all'acido A. L'acido THC B è presente in alcuni, ma non in tutti, i campioni di hashish. I metodi classici per l'isolamento e l'analisi dei costituenti delle piante, us?ti nei primi stadi di ricerca' sulla Cannabis in questi ultimi anni, sono stati integrati da tecniche moderne. I metodi cromatograFici - cromatogra­ fia a colonna, cromatografia su strato sottile (TLC), e gas cromatografia (GLC) - sono stati particolarmente affinati; l'introduzione della spettrome­ tria di massa, spesso combinata con la GLC, ha portato alla scoperta, all'i­ solamento, ed alla conoscenza della struttura di un grande numero di costi­ tuenti minori della Cannabis. Un rapporto dettagliato sugli aspetti analitici della chimica della Cannabis è stato pubblicato da Mechoulam e collabora­ tori (1976). I costituenti minori della Cannabis ed i suoi componenti che sono stati isolati--;] egli ul timi anni sono elencati di seguito. 102 Pia/lle d'i mpiego allucinogeno Ca nnab igemlo (R ~H ) Ac ido ca nnabi gero lico (R ~ COOH ) Cannabic iclo lo (R~ H ) Ac ido ca nn ab ic icl o li co Canna bicrornene (R=H ) Aci do cannabicromenico (R = COOH) Ca nn a bici lra no (R~COO H ) Acido cannab ie lsoico A Ac ido ca nnab ino lico (R '~ COO H , R " ~ H) Acido cannab ielsoico B (R' ~H , R"=COO H ) Ca n nab icro m a none Dcid rocannab if urano Canna bi fura no 2-0ss i-ò 3-T HC 103 Botanica e chimica degli allucinogeni Il cannabigerolo è stato isolato, e la sua struttura chiarita da Gaoni e Mechoulam, il quale ha anche identificato l'acido cannabigerolico (I 964, 1965). Due gruppi di ricercatori hanno isolato e stabilito indipendentemente la struttura del cannabicromene (Claussen ed altri, 1966; Gaoni e Mechou­ lam, 1971). La struttura dell'acido cannabicromenico è stata scoperta da Shoyama ed altri (1968). Il componente minore cannabiciclolo è stato isolato indipendentemente da Korte e Sieper (J 964) e da Mechoulam e Gaoni (J 967b). La sua struttura fu chiarita dal secondo gruppo e da Claussen e colleghi (J 968), che chiama­ rono il composto cannabipinolo. L'acido cannabiciclolico è una sostanza otticamente inattiva, come il cannabiciclolo, nonostante la presenza di quattro centri a simmetria chira­ le. Si suppone che questi due composti siano artificialmente formati per irradiazione da cannabicromene otticamente inattivo e dal suo acido. La conversione sperimentale è stata riportata anche da Shoyama e altri (J 972). Il cannabicitrano, ottenuto in diverse sintesi e trasformazioni di canna­ binoidi, e ritenuto un prodotto naturale, è stato riscontrato nell'hashish libanese (Bercht ed altri, 1974). L'acido cannabielsoico A e B sono stati isolati dall'hashish da parte di Shani e Mechoulam (J 974), che sono anche stati in grado di sintetizzare l'acido A mediante una ciclizzazionc ossidativa dell'acido cannabidiolico. L'acido cannabinolico, il corrispondente acido carbossilico del canna bi­ nolo, uno dei maggiori cannabinoidi neutri, è anche stato trovato come costituente in preparati di hashish (Mechoulam e Gaoni, 1965). La presenza di un solo acido cannabiciclolico, in cui il gruppo carbossi­ lico si trova in posizione orto nel gruppo fenolico libero, fa seguito alla presenza nella Cannabis di un solo acido cannabicromenico. L'acido canna­ binolico è anch'esso conosciuto in una sola forma. Questo, tuttavia, non è un fenomeno generale. Entrambi gli acidi THC A e B, come anche gli acidi cannabielsoici A e B, sono conosciuti in natura. L'acido B, tuttavia, è pre­ sente in quantità considerevolmente inferiori rispetto agli acidi della serie A. Non si sa se queste osservazioni siano d 'importanza biogenetica. Cannabicromanone, cannabifurano, deidrocannabifurano e 2-0SS0-~3tetraidrocannabinolo (2-0SS0-~3_THC), quattro cannabinoidi minori, sono stati isolati di recente 'da hashish di origine incerta (Friedrich-Fieèhtl e Spiteller, 1975). Gli eteri monometilici di cannabinoidi sono dei costituenti minori na­ turali -della Cannabis. Un etere monometilico del cannabigerolo fu trovato nella Cannabis giapponese (Mechoulam, 1973b). L'etere monometilico del cannabidiolo e l'etere metilico del cannabinolo (Shoyama ed altri, 1972; Bercht ed altri, 1973) sono due ulteriori componenti di questo tipo. Gli omologhi butilici del ~ '-tetraidrocannabinolo, dell'acido ~ '­ tetraidrocannabinolico, del cannabinolo e del cannabidiolo, sono stati iden­ tificati in diversi campioni di Cannabis (Harvey, 1976). I cannabinoidi neutri con una catena laterale pentilica sono in genere accompagnati, in piccoli O minimi quantitativi, da omologhi con una cate­ na laterale propilica. Il cannabidivarolo, chiamato anche cannabidivarina 104 Piante d'impiego allucinogeno (propilcannabidiolo), è stato il primo componente di questo tipo ad essere isolato (Vollner ed altri, 1969). Più tardi, il cannabivarolo ed il ill­ tetra idrocannabivarolo (tetraidrocannabivarina) (propil-il'THC) (Merkus, 1971) furono riscontrati in tutti i campioni di Cannabis. Nell 'hashish hanno potuto inoltre essere identificati il propilcannabigerolo (Shoyama ed altri, 1975), il propilcannabiciclolo ed il propilcannabicromene (Mechoulam ed a ltri, 1967). Sono stati anche osservati tre cannabinoidi che contengono un gruppo metilico invece d ella catena laterale pentilica: cannabidiorcolo (metilcan­ nabidiolo) , cannabiorcolo (metilcannabinolo) e ilJ-tetraidrocannabiorcolo (metil-il J-THC) (Vree ed altri, 1972). L'equivalente acido carbossilico del propil-il'-THC , l'acido ill­ tetraidrocannabivarolico, è stato isolato da foglie fresche di Cannabis sativa nata da semi prove nienti dal Sud Africa (Mechoulam ed altri, 1976). Il primo esempio di un cannabinoide dimerico fu trovato da von Spu­ lak ed al tri (1968) e iden tifica to come l'estere tetraidrocannabi triolico del­ l'acido cannabidiolico: Gli alcaloidi della Cannabis sono stati oggetto di interesse da parte di molti ricercatori per oltre un secolo, poiché si riteneva che il componente attivo foss e un alcaloide. La presenza nella C. saliva di diverse sostanze di basso peso molecolare contenenti azoto, comprendenti colina, trigonellina, muscarina, piperidina, N-(p-idrossi-~-feniletil)-p-idrossi-trans-cinnamide, neurina, L-prolina e L-isoleucin-betaina , è stata riferita da Turner ed altri (1976). Questi composti ·non sono però specifici della Cannabis; essi sono presenti anche in molte altre piante, e non contribuiscono all'attività psico­ tropa caratteristica dei preparat i di hashish . Lo stesso vale per l'ordenina, che è stata trovata recenteme nte anche nella C. saliva (El-Fera ly e Turner, ' 1975) . Il primo costituente alcaloide di un certo interesse è un nuovo alcaloide apparten te al gruppo della spermidina, la cannabisativina, isolato nel 1975 da radici di Cannabis sal iva (Lotter ed altri, 1975; Turn er ed altri, 1976). Non sono ancora noti risultati di ricerche sull'attività biologica della cannabisativina . I primi studi farmacologici sono stati eseguiti principalmente da Loewe (1946, 1950) poi ripresi da Goodman e Gilman (1955) e da Miras (1965) . Durante il successivo decennio sono apparse molte pubblicazioni sulla far­ 105 Botanica e chimica degli allucinogeni Cannabisativina macologia e la biochimica dei cannabinoidi (Neumeyere Shagoury, 1971; Paton , 1975; Paton e Pertwee, 1973a; Mechoulam ed altri, 1976). Per controllare la potenza delle preparazioni di Cannabis sono stati indotti due effetti caratteristici - l'atassia nei cani e l'areflessia corneale nei conigli (Gayer, 1928) - con il presupposto che l'attività in questi test fosse correlata con gli effetti psicotomimetici osservati nell'uomo. Tuttavia mancano degli esperimenti paralleli ben controllati a sostegno di tale pre­ supposto. Sull'utilità dell'areflessia corneale del coniglio le opinioni sono contrastanti. L'intensità del disturbo nel coordinamento animale sembra analogo all'in tensi tà psichica nell 'uomo, ma in generale il valore dei con­ trolli su animali per accertare l'attività dei cannabinoidi viene messo in discussione. Esiste senza dubbio una difficoltà di fondo nel paragonare gli effetti delle droghe psicotrope sull'uomo, con quelli sugli animali. Tuttavia, confrontando le esperienze con diversi tipi di animali, la scimmia rhesus viene ritenuta un modello adatto (Mechoulam ed Ederly, 1973). Si è ottenuta la preparazione di t. 1- e t. 6 -THC puri contrassegnati con 14C_ e trizio, rendendo possibile l'impiego di queste sostanze per studi me­ tabolici su animali e sull'uomo (Burstein, 1973). 11 gruppo 7-metilico sembra essere il principale punto di attacco, con la formazione rispettivamente di 7-0H-t. I -THC e 7-0H-t. 6 -THC. Questa rea­ zione è di particolare significato, in quanto i composti 7-idrossi presentano un'elevata attività in tutti gli animali da laboratorio usati per le ricerche sul THC. L'esperienzq disponibile sull'uomo indica che questi composti sono probabilmente coinvolti nel meccanismo d'azione del t. 1_ e del t. 6 _ THC. Una ulteriore idrossilazione dei composti 7-idrossi porta quasi alla disattivazione. I metaboliti finali sono principalmente sostanze acide. Non è ancora stabilito se l'hashish sia in primo luogo Lino stimolante centrale o un depressivo, oppure ambedue le cose. Gli effetti diversi da quelli sul sistema nervoso centrale sono relativamente poco importanti. Le modifiche fisiologiche, che nell 'uomo si accompagnano agli effetti sulla mente, consistono in un aumento del polso, un lieve rialzo deUa pressione del sangue, tremore , atassia, vertigine, iperreflessia, acutizzazione della sensibilità al contatto, e dilatazione pupillare. È anche caratteristico un ! netto risveglio dell'appetito, specie per i dolci. La resina di Cannabis ed il THC sintetico presentano nel topo un forte effetto ipotermico mentre è stato 106 Jose ph Moreau de Tours, autore di Du Hashisch et de /'A/iénation Mentale, uno dei primi studi psicologici sugli effetti della Cannabis su Il'uomo, .1" .,1'1'" \!, !Id .' t l 'i\ r lr~l' "" 1'11' .d Iql .::11<-'.,." l't i l'''''~t 1," /I ... . I: \\ \ 1'11' 1) 1Il''II:1':.&I ,II''.h 't \1 tir. ~'.JJ.~ , I U, ­ : I .'U '-, l·oU'l· l'!t ., \ .. 11.1, 'j r ,I" '1 tl'!!' iJt ,,,,"" h, ,; ~ , Il 1 111l ~, .1J" Jf1 1 ti. t' \1 " ,i l,I li., l,l . 'I .... t.., Ir" I }{'.w --,· lw IH\, l'''u (~~. ç:--" .-----' riferito che gli individui sotto l'effetto della Cannabis avvertono un senso di freddo alle estremità. Poco si sa sugli effetti del tetraidrocannabinolo puro sull'uomo. Esiste però un'estesa letteratura sugli effetti tipici degli estratti grezzi di Can­ nabis . Il primo studio scientifico sugli effetti mentali dell'hashish fu intrapre­ so dallo psichiatra francese Joseph Moreau de Tours (1804-1884). Egli stu­ diò l'influenza di questa droga sulla popolazione araba dell'Egitto e del Vicino Oriente, e sperimentò anche su se stesso l'hashish ed altre droghe psicotomimetiche. Fu il primo ad accorgersi che gli effetti dell'hashish sono simili a certi disturbi mentali e che potevano essere sfruttati per indurre quelle che sono state chiamate psicosi modello. i\1oreau de Tours pubblicò le sue indagini e le sue convinzioni in una monografia fondamentale, Du Ha­ shisch et de l'Aliénation Mentale (Parigi, 1845). Sono anche famose le descri­ zii::mi delle esperienze personali sotto l'influenza dell 'hashish del poeta Bau­ delaire (1860). Relazioni più recenti sono quelle di Adams (1942) e di Watt e Breyer-Brandwijk (1962). Gli effetti sull'uomo sono ben riassunti da Good­ man e Gilman (1955). Un rapporto che comprende i risultati di numerose ricerche recenti è stato pubblicato da Paton e Pertwee (1973b). Poco dopo aver assunto la Cannabis, il soggetto si trova in uno stato sognante di coscienza alterata. Le idee sono confuse , incontrollabili, e tal­ volta sovrabbondanti. Spesso si ha una sensazione di estremo benessere, esaltazione e gioia interiore, che si alternano a uno stato depressivo in cui il soggetto può affondare in fantasticherie malinconiche, provare stati di 107 Botanica e chimica degli allucinogeni panico o paura della morte. La percezione visiva diventa più nitida, e l'udi­ to più acuto. La cognizione del tempo è spesso sconvolta. Con forti dosi si possono sperimentare vivide allucinazioni; queste sono generalmente piace­ voli e possono avere implicazioni sessuali. Come con altre sostanze alluci­ nogene, il dosaggio influenza non solo l'intensità , ma anche la qualità del­ l'esperienza, e si può presentare una variabilità dell'effetto in base alla personalità del soggetto (Weil ed altri, 1968). La difformità degli effetti della Cannabis grezza può anche essere attribuita alla riconosciuta variabi­ lità nella composizione chimica del materi31e vegetale e della sua origine (varietà o specie). Similmente, l'effetto di una data dose dipende dalle modalità di somministrazione; lo stesso vale per la durata dell'azione. Quando una preparazione viene fumata piuttosto che inge rita, occorre me­ no tempo perché l'effetto si manifesti, l'inizio è più rapido, e la durata può essere di una-tre ore soltanto, mentre all'assunzione orale può seguire un effetto molto più prolungato (Paton e Pertwee , 1973b). Ciò può essere par­ zialmente spiegato dal fatto che gli acidi d ei cannabinoidi inattivi, il cui contenuto è spesso considerevole nella marijuana e nell 'hashish, quando vengono fumati sono completamente o in gran parte decarbossilati nei ri­ spettivi composti attivi (Claussen e Korte, 1968a; Kinzer ed altri, 1974). È stato dimostrato che il THC stesso è più attivo quando viene fumato che quando viene ingerito: Kinzer ed altri (1974) hanno scoperto che circa il 50% di THC nelle sigarette di marijuana viene distrutto durante la fumata. Uno studio di Isbell ed altri (1967) con (-)-6. 1-THC puro ha mostrato che 8 mg (120 Ilg/kg) oralmente o 3,5 mg (50 Ilg/kg) se fumati producevano modera ti effetti psichici. Con dosi orali di 20-30 mg (300-480 Ilg/kg) , oppure di 14-18 mg (200-250 Ilg/kg) per fumo, nella maggior parte dei pazienti si verificavano una marcata distorsione nella percezione visiva ed uditiva , depersonalizzazione, distacco dalla realtà ed allucinazioni, sia uditive che ottiche. Mechoulam ed Ederly (1973) hanno trovato che il (-)-6. 1-THC è attivo sull'uomo in dosi di 3-5 mg. Se l'hashish debba essere considerato o meno una droga che provoca dipendenza è una questione di d efinizione . Una dipendenza organica o fisio­ logica, evidenziata da sintomi caratteristici dell'astinenza , in definitiva non s'instaura, tuttavia al suo uso continuativo possono spesso seguire abitudi­ ne o dipendenza psichica. Le ricerche sui nuovi potenziali impieghi medici dei preparati di Can­ nabis negli ultimi anni sono passate in larga misura dai cannabinoidi natu­ rali alle varianti sintetiche di questi composti naturali . Le sintesi degli analoghi dei cannabinoidi contenenti azoto sono le modifiche strutturali più frequentemente utilizzate (Kurth ed altri, 1976; Pars ed altri, 1976; Razdan e Dalzell, 1976; Razdan ed altri, 1976a, 1976b; Winn ed altri , 1976). In questo sviluppo indubbiame nte hanno avuto un ruolo importante pro­ blemi farmaceutici, difficol tà di stabili tà e solubili tà dei costi tuenti na tura­ li, così come le implicazioni legali e politiche. Mechoulam e collaboratori (1976) hanno riassunto lo stato attuale delle nostre conoscenze sul rapporto struttura-attività nel gruppo dei cannabi­ noidi. In rapporto all'azione psicotomimetica, i requisiti strutturali possono essere così ri assun ti : 108 Piante d'impiego allucinogeno R 1. Una struttura di tipo benzopirano (oppure uno xantene), con un gruppo idrossilico in posizione aromatica 3' ed un gruppo alchilico in posizione aromatica 5' , sembra essere uno dei requisiti. L'apertu­ ra dell'anello piranico porta ad una completa perdita di attività. 2. Il gruppo idrossile aromatico dev'essere libero od esterificato. Bloc­ cando il gruppo idrossilico come un etere, la molecola viene inatti­ vata. 3. Quando i gruppi alchilici sono sostituiti sull 'anello fenolico in posi­ zione C-4', l'attività viene mantenuta. La sostituzione in C-6 ' elimina l'attività. I gruppi elettronegativi, come un carbossile, un carbossi­ metile, un acetile sia in C-4' che in C-6', portano all 'annullamento dell'attività. 4 . Una certa lunghezza della catena laterale aromatica è uno dei requi­ siti per l'attività. La diramazione della catena laterale può portare ad un considerevole aumento di forza. Una catena laterale tipo 1,2­ dimetileptil- o 1,1-dimetileptil sembra essere l'optimum. 5 . Non tutti i THC teoricamente possibili sono attivi . Così il ~I- ed il ~6-THC sono attivi solo nelle serie 3R,4R; il ~ 5-THC ed il ~7-THC sono inattivi; il ~3-THC è attivo; il ~173,4-cis-THC è inattivo. 6. Gli anelli terpenoidi e piranici possono essere considerevolmente modificati. Queste modifiche non sembrano seguire uno schema re- · golare e non possono ancora essere stabilite delle ipotesi di compor­ tamento. Cannabis sa ti va Lil1.l1.aeus, Sp . PI. (1753) 1027. Pianta erbacea annua, robusta , lussureggiante, alta fino a 6 m (di solito più bassa), normalmente (eccetto in alcune specie coltivate) dioica; dimorfi­ ca: piante staminate alte, snelle, muoiono dopo l'antesi, più massicce le pistillate, maggiormente fogliose nella regione dell'infiorescenza. Stelo sol­ cato, spesso cavo, arrotondato o angolare nella sezione trasversale , scabro, punteggiato di resina nelle giovani piante in sviluppo; il grado di ramifica­ zione dIpende dalle condizioni di crescita. Foglie opposte vicino alla base dello stelo, disposte a spirale al di sopra e sui rami, digitate, piccioli lunghi 4-6 cm, stipole piccole, triangolari, persistenti (foglie più alte talvolta con una singola seghettatura); foglioline membranose, sessili, 3-15 (di solito 8-10), da lineari a lanceolate, acuminate, fortem ente seghettate, lunghe 6-11 cm, larghe 0,2~1,5 cm , con superficie superiore verde scura, tricomi conici, rigidi, e superficie inferiore verde pallida con puntini brunastri di resina sparsi e peli ispidi. Infiorescenze ascellari staminate o pannocchie terminali cimose: fiori pedicellati, penduli alla maturità , che cadono quando hanno diffuso il polline; tepali verdognoli, qualche volta gialli o bruno-porpora, 109 Botanica e chimica degli allucinogeni quinconciali in boccio, sparsi nell'antesi, lunghi di solito circa 5 mm, stami cinque, antere pendenti, deiscenti per poro apicale, peli ghiandolari sull'u­ nione dei lobi dell'antera. Infiorescenze pistillate ascellari o terminali, fitte serie di falsi aculei (asse aggiunto, foglie, piccioli e brattee, di solito fitta­ mente provvisti di peli ghiandolari resinosi): fiori normalmente appaiati, sessili, ciascuno chiuso in una bratteola periginosa, membranosa, verde scura, sottesa da una brattea; perianzio ialino, intero, che avvolge comple­ tamente l'ovario sessile , stilo profondamente bifido, lungo 5 mm, legger­ mente oscillante. Il frutto è un achenio, ovoidale, leggermente compresso, reticolato, qualche volta brunastro, coperto da un calice persistente, ed avvolto da brattea allargata. Seme singolo, ovoidale, circa 3-5 x 2 mm, lucido, grigio-cenere, endosperma carnoso, embrione ricurvo. Originaria delle zone temperate dell'Asia centrale, ma diffusa nelle zo­ ne temperate e tropicali asciutte di entrambi gli emisferi come pianta erba­ .cea avventizia o naturalizzata. Altre specie sono: Cannabis indica Lamarck, Encyl. Méth. 1 (1785) 695. Cannabis ruderalis Janischewsky, Uchenye Zap. Gos. Sar. Univo 2 voI. 2 (1924) 14. Classificazione proposta di recente (Small e Cronquist , 1976): Cannabis saliva Linnaeus sottosp. 'saliva (L.) Small e Cronquist var. saliva (L.) Small e Cronquist, Taxon 25 (1976) 421. Cannabis saliva Linnaeus sottosp. saliva (L.) Small e Cronquist var. spontanea Vavilov, loc. cit. 423. Cannabis saliva Linnaeus sottosp. indica (Lam) Small e Cronquist var. indica (Lam.) Wehmer, Die PElanzenstoffe (1911) 248. Cannabis saliva Linnaeus sottosp. indica (Lam.) Small e Cronquist varo kafiristanica (Vav.) Small e Cronquist, Taxon 25 (1976) 429. M YRISTICACEAE Le Myristicaceae, appartenenti all'ordine Ranales, sono pantropicali e comprendono una dozzina di generi e da 300 a 350 specie di alberi; sono imparentate con le Annonaceae. La famiglia è particolarmente diffusa in Asia e nel Sud America. Oli grassi e spezie sono i principali prodotti com­ merciali della famiglia. I membri con proprietà allucinogene appartengono ai ge~eri Myristica e Virola. Myrislica Gronovius Myristica è un genere di alberi dei tropici del Vecchio Mondo. Durante l'ul timo secolo, la famiglia delle Myristicaceae fu considerata monogeneri­ ca, comprendente soltanto la Myristica, un genere pantropicale molto vasto (compresi tutti i rappresentanti americani della famiglia), suddiviso da vari specialisti in 7-13 sezioni o sub-generi. Nel 1897, Warburg stabilì la classifi­ cazione della famiglia come viene accettata dai botanici contemporanei, riconoscendo i sub-generi come generi, con la Myristica rappresentata in Asia da 120 specie, soprattutto in Malaysia ed in Polinesia. 110 Piante d'impiego allucinogeno Uno degli allucinogeni vegetali plU largamente conosciuto e più facil­ mente reperibile è la noce moscata. Originario dell'arcipelago indiano orientale, il generoso albero tropicale Myristica [ragrans produce due diver­ _se spezie; la noce moscata da seme,ed il macis dall'arillo rossiccio deI1a drupa carnosa che assomiglia all'albicocca. Pur essendo sostanzialmente simili nei loro costituenti chimici, l'olio di noce moscata e l'olio di macis differiscono leggermente nelle concentrazioni relative dei diversi composti; è questo il motivo del gusto e dell'aroma lievemente diversi delle due spezie. Oltre alla M. [ragrans, diverse specie producono noce moscata e macis: là' più importante è la M. malabarica. . La tossicità della noce moscata è chiaramente provata, ma le vaghe e incerte voci circa lo sfruttamento dei suoi effetti allucinogeni da parte dei nativi di alcune regioni dell'Asia sud-orientale, non sono state ancora suf­ fragate da prove concrete. Nell'antico trattato medico indiano Ayurveda, la noce moscata viene chiamata madashaunda, un termine che significa «frut­ to narcotico»; essa viene spesso aggiunta, probabilmente anche per i suoi effetti inebrianti, al betel che si usa masticare nell'India odierna. Sempre in India, la noce moscata verrebbe anche aggiunta al tabacco, masticata e fiutata. Altre notizie non controllate dicono che la noce moscata viene fiuta­ ta dai nativi delle regioni interne dell'Indonesia e forse in qualche caso adoperata in Egitto come sostituto dell'hashish (Weil, 1965). Sia vero o no che la noce moscata viene usata come narcotico in Asia o in altre zone dai popoli indigeni, non vi è alcun dubbio che le proprietà psicotomimetiche molto pronunciate che presenta abbiano portato alla sua utilizzazione come allucinogeno nelle sofisticate società europee ed ameri­ cane. Alcuni resoconti confermano il suo uso da parte di studenti, carcerati, marinai, alcolizzati, fumatori di marijuana, ed individui privati delle loro droghe preferite. Negli Stati Uniti, particolarmente frequente è l'uso della noce moscata nelle prigioni, nonostante l'abituale sorveglianza del persona­ le di custodia (Weil, 1967 , 1969). La noce moscata viene presa oralmente, oppure fiutat.ll quando è usata come narcotico. Affinché intervengano allucinazioni od altre sindromi cl1rà­ ramente psicotomimetiche, che possono durare da due a cinque ore, è necessario ingerirne almeno un cucchiaino da tè, ma di solito anche molto di più. L'intossicazione è estremamente variabile, estendendosi da nessuna al terazione men tale a esperienze ali ucinogene complete vagamen te con­ frontabili a quelle indotte dall 'hashish. Quasi sempre si hanno degli effetti collateré!li iniziali fastidiosi, come mal di testa, tachicardia , capogiro e nau­ sea. Ciò significa che la noce moscata non è un allucinogeno specifico nel senso comune di questo termine. I suoi effetti allucinogeni sono piuttosto la manifestazione di una tossicità generale laddove la droga venga usata in grandi quantitativi (Weil, 1967). Potrebbe quindi essere definita uno pseu­ doallocinogeno. L'intossicazione è in genere caratterizzata da distorsione nella perce­ zione del tempo e dello spazio e da una sensazione di distacco dalla realtà. Sebbene le allucinazioni visive non siano così frequenti come con l'LSD o la mescalina, si manifestano tuttavia in molti individui. Sono anche comuni allucinazioni uditive o d'altro tipo, come la sensazione di galleggiare, o di 111 BOlGnica e chimica degli allucinogeni volare, o di distacco degli arti dal corpo, ed aberrazioni simili che caratte­ rizzano l'intossicazione dovuta ad altri ben noti allucinogeni (Weil, 1969). La noce moscata ed il macis erano sconosciuti ai greci ed ai romani dei tempi classici. Queste spezie furono introdotte in Occidente da mercanti arabi nel primo secolo d.C., ma la prima testimonianza della diffusione della noce moscata in Europa risale al dodicesimo secolo. La sua vera origine non era comunque conosciuta fino a che i portoghesi non la scopri­ rono all'inizio del sedicesimo secolo (Weil, 1967). Gli arabi descrissero presto il suo presunto valore terapeutico. All'ini­ zio del diciassettesimo secolo era raccomandata per i disturbi digestivi, renali, le malattie linfatiche e di altro tipo. Nella medicina indiana, tutta­ via, l'uso della noce moscata per la cura di febbre, tubercolosi, asma e disturbi cardiaci, è molto più antico, e la spezia viene ancora largamente prescritta dalla medicina popolare in India ed in Malaysia (Weil, 1967). L'azione tossica della noce moscata dev'essere stata sco perta fin da quando il suo impiego in medicina divenne popolare. Descrizioni di avvele­ namento risalgono, in Europa, al tardo Medio Evo, quando spesso si verifi­ cava lo stato d'incoscienza indotto dalla sua ingestione in dosi massicce. L'interesse tossicologico nella noce moscata data da lungo tempo. Già nel 1676, van Leeuwenhoek notò che un costituente volatile della noce moscata uccideva o allontanava l'acaro della scabbia. Un maggior numero di reso­ conti sull'intossicazione da noce moscata, tuttavia , apparve verso la fine del secolo, quando la spezia godeva di una fama temporanea come emmenago­ go ed abortivo, specialmente negli Stati Uniti ed in Inghilterra (Weil, 1965, 1967). In una recente pubblicazione, Schulze (1976) ha riferito che i carcerati ne i Caraibi la utilizzavano aspirando i fumi ottenuti dalla sua polere scal­ data su un pezzo di metallo, o fumandola mista a tabacco. Usata in questi modi, sembra essere una droga che altera lo stato d'animo oppure un agen­ te allucinogeno. Non sono stati osservati effetti di alterazioni a lungo ter­ mine. Se bbene la tossici tà della Myristica fì-agrans non sia ancora del tutto chiarita, i principi psicoattivi sono probabilmente presenti nell'olio essen­ ziale del seme e dell 'a rillo . È stato dimostrato che questa frazione di olio provoca negli animali da laboratorio gli stessi effetti deH'intero seme . Espe­ rimenti sull'uomo con noce moscata macinata e privata dei suoi composti volatili non hanno dato origine ad alcun feno meno psicofarmacologico (Truitt ed altri, 1961). La frazione volatile consiste principalmente di. due 'gruppi di composti: i terpen i e gli eteri aromatici. Se bbene gli idrocarburi dei terp eni costituiscano in larga misura la parte principale della frazione volatile , dal ·punto di vi sta dell 'attività biologica sono di solito considerati degl i irri tanti. Gli eteri aromatici sembrerebbero quindi la fonte principale dell 'az ione psicotropa della noce moscata. La Tabella 'rII mostra le struttu­ re dei composti trovati nella frazione aromatica (Shulgin ed altri, 1967). Fra i costituenti primari , la miristicina è di gran lunga il più abbon­ dante e, per questa ragione, è stata particolarmente studiata per la sua azione psicotropa. Dosi di 400 mg di miristicina, quasi il doppio del quanti­ tativo presente in 20 gr di noce moscata (20 gr sono considerati la dose 112 Pianle d'impiego allucinogeno TABELLA III FRAZIONE AROMATICA DELL 'OLIO DI NOCE MOSCATA Slrullura Nome Safrolo CH,OO CH,O- f CH,O ' -CH "CH=GH, Quanlilalivo in milligrammi per 20 gr di noce moscala intera 30 Metileugenolo 18 EugenoJo 5 MetilisoeugenoJo 11 Isoeugenolo 6 Miristicina 210 Elemicina 70 Isoelemicioa 3 MetossieugenoJo 8 ­ CH,0l\.. CH 30 - { J - CH =C'HCH3 CHl)O CH,O HO- CH.10 ­ f , -CH,CH=CH, ­ mInIma richiesta per produrre effetti psicotropi), furono sommlOlstrate a volontari umani, ed i sintomi osservati furono almeno indicativi di effetti psicotropi su sei dei dieci soggetti. La miristicina è sta ta indica ta come un componente del fumo di sigaretta. Altri composti aromatici, come l'elemici­ na ed il safrolo, potrebbero avere l'attività sinergica necessaria per produr­ 113 Botanica e chimica degli allucinogeni re la sindrome completa da noce moscata. Miristicina, elemicina e safrolo possono essere considera ti precursori delle anfetamine, ed in tal senso po­ trebbero esercitare un effetto simpaticomimetico dopo biotrasformazione. Nei test farmacologici, la frazione miristicina-elemicina dell'olio di no­ ce moscata produce degli effetti caratteristici della noce moscata grezza macinata, ma è priva dell'energia adeguata per spiegarne su basi quantita­ tive la sindrome d'intossicazione. La noce moscata e la miristicina prodotta sinteticamente dimostrano nei test in vivo ed in vitro un moderato livello di azione in i bi trice dell'ossidasi monoamminica (Trui tt, 1967). Dev'essere anche messo in rilievo che il safrolo è un noto agente cange­ rogéno (Farnsworth ed altri, 1976) e che l'uso prolungato di noce moscata e di altri prodotti che contengano safrolo può avere delle serie conseguenze. Myristica fragrans Houttuy11., Handleid. 2 (1774) 333. Albero alto fino a 16 m (raramente 20), espanso, dioico (occasionaI me n­ te monoico), con radici superficiali; corteccia grigia . Foglie alternate, esti­ polate, brevi-picciolate, penninervie (8-11 paia), glabre, ellittiche od oblan­ ceolate, acuminate, basalmente acute, verde-scure, lucide superiormente, molto più pallide inferiormente, lunghe 5-15 cm, larghe 2-8 cm, aromati­ che. Infiorescenze staminate e pistillate, poco fiorite (1-10 nelle prime, 1-3 nelle ultime), cime ascellari umbellate, peduncolo lungo fino a 1,5 cm. Fiori di solito unisessuali, raramente ermafroditi, fragranti, gialli, cerei, carnosi, glabri, apetali; calice campanulato, alla base nettarifero, 3 lobi triangolari, acuti, riflessi; fiori staminati lunghi 6-7 mm, stami 8-12, antere adnate alla . colonna centrale e lateralmente annesse l'una all'altra; fiori pistillati lunghi fino ad 1 cm, ovario sessi le, puberulento, unicellulare, stimma corto, bifido. Frutto drupaceo, piriforme, od occasionalmente subgloboso, pendulo, gial­ lastro, lungo 6c 1O cm, longitudinalmente con solcatura circoiiferenziale lun­ go la quale il pericarpo giallo si divide in due valve alla maturità. Semi bruno-purpurei, lucidi, ovoidali, lunghi 2-3 cm, racchiusi in un arillo laci­ niato rosso-brillante o rosso-arancio, che forma una rete compatta intorno al seme. Si pensa che la Myristica fragrans sia originaria della Malaysia orienta­ le . Questa specie non è ancora stata trovata allo stato assolutamente selva­ tiè6, ma le altre due specie comprese con la M. fragrans nella serie Fragrans di Warburg - ovviàmente imparentate da vicino - sono originarie e si trovano selvatiche a Halmahera e nella Nuova Guinea. - Vi sono circa sei varietà di Myristica fragrans, che differiscono tra loro per caratteristiche minori , come la forma, la dimensione e l'aroma delle noci. I centri di coltivazione commerciale si trovano oggi principalmente nelle Isole delle Spezie o Molucche, a Penang ed al tre isole della Malaysia, e a Grenada nelle Indie Occidentali. Virola Aublet Un genere di circa quarantacinque-sessanta specie di alberi della fore­ sta tropicale del Centro e Sud America, particolarmente abbondante nella Valle delle Amazzoni. 114 Piante d'impiego allucinogeno Un certo numero di tribù indiane del nordovest dell'Amazzonia (in Brasile ed in Colombia) e dell'alto Orinoco (in Venezuela), usa edonistica­ mente, e a scopo cerimoniale , annusare una sostanza fortemente allucinoge­ na ottenuta dalla resina rosso-sangue della corteccia di diversi alberi della giungla appartenen ti al genere Virola . Questa sostanza da fiuto ha vari nomi, secondo la tribù o la località, ma i termini più comunemente riconosciuti sono yakee e yalo in Colombia, parica, epena e nyakwana in Brasile (Schultes, 1967b; Schultes ed Holm­ stedt, 1968). Nel 1909, l'antropologo tedesco Koch-Grunberg, descrisse una sostanza da fiuto preparata con la corteccia di un albero dagli indiani Yekwana nell'alto Orinoco. Gli stregoni inspiravano dal naso la sostanza, conosciuta come hakudufha, durante cure ritualistiche. È una sostanza da fiuto magica, usata esclusivamente dagli stregoni e otte­ nuta dalla corteccia di certi alberi che, dopo essere stata sminuzzata, viene fatta bollire in un pentolino di terracotta, finché l'acqua evapora e sul fondo rimane un sedimento. Questo sedimento viene fatto tostare nella pentola a fuoco lento, quindi finemente polverizzato con la lama di un coltello. Quindi lo scia mano soffia un po' della polvere mediante una canna ... nell'aria. Poi t;,gli fiuta, fischia, con la stessa canna , assorbendo la polvere in ciascuna narice rispettivamente. La hakudufha ha evidentemente un forte effetto eccitante , perché lo stregone comincia subito a cantare e ad urlare selvaggiamente , dimenando il busto avan­ ti e indietro. . La prima associazione sicura di questa sostanza da fiuto con il genere delle miristicacee apparve nel 1938, quando il botanico brasiliano Ducke scrisse che gli «l diani dell'alto Rio Negro usano le foglie secche di questa specie [V. lheiodora] e di V. cuspidata per ottenere una polvere ,da fiuto, che essi chiamano :1arica». Nel 1939, discutendo dell'albero delle leguminose Anadenanthera peregrina, i semi del quale danno una sostanza da fiuto allu­ cinogena usata nel bacino dell'Orinoco, egli affermò: "Martius.ed altri scrit­ tori attribuiscono a questa specie la [Dnte del narcotico paricc] usato da certi indiani dell 'Amazzonia ... Ciò nonostante, secondo le informazioni che ho ottenuto io stesso dagli abitan~i in due località dell'alto Rio Negro, la polve­ re di parica proviene dalle foglie delle specie di Virola .. . » . Anche se ora è certo che le foglie non sono utilizzate nella preparazione della sostanza da fiuto, l'affermazione di Ducke rappresenta evidentemente la prima identifi­ -cazione di questo narcotico con la Virola. La Virola da fiuto fu descritta iri dettaglio per la prima volta, ed identi­ ficata éome specie sulla base di esemplari sicuri, nel 1954, come risultato di studi etnobotanici nella Colombia amazzonica. Gli indiani della zona di Vaupés preparavano una sostanza da fiuto brunastra, conosciuta fra i Pui­ nave come yakee e fra i Kuripako come yato. Fortemente narcotica, essa veniva usata soltanto dagli stregoni per la diagnosi ed il trattamento di malattie, per profezie e divinazioni e per scopi magici (Schultes, 1954b). I molti indiani che risiedono nel Vaupés colombiano - Barasana, Makuna , Puinave, Kabuyari , Kuripako ed altri - strappano la corteccia degli alberi la mattina presto, prima che il sole riscaldi il tronco, e dalla morbida scorza interna raschiano via un trasudato resinoso rossastro. La 115 Bolanica e chimica degli allucinogeni Vl1\EL.k cakJ''foJ~ Ma.c<~rr Disegno di E .W. Smith. porzione raschiata viene impastata con acqua e, una volta scolata, fatta bollire fino ad ottenere un denso sciroppo . Quando questo sciroppo è statò essiccato al sole, viene polverizzato, filtrato e mescolato con le ceneri della corteccia di una specie selvatica di Theobrama : T. subincanum. La polvere da fiuto risultante da questo procedimento è molto potente, e provoca un'intossicazione che, è stato detto, ha talvolta causato la morte di medici­ stregoni anziani. I nativi del Vaupés colombiano impiegano tre specie di Virala per la 116 Piante d'impiego allucinogeno . Per il fiuto e la presa d ell a polvere di Vira ta gl i indiani Makun a d e l Rio Pira paraml, Colombia, usan o oss i di uccello e conchigli e di c hiocciola. (Per- gentile conces~ i o n e de l Botanica l Ivlu se um , Har\'ard Unj\'(.~ rs il .\ ). preparazione della polvere da fiuto: V. calophylla, V. calophylloidea e V. elongata (SchuÌtes, 1954b). . Gradualmente, gli studi indicano che il più largo impiego dei prodotti da fiuto di Virola può forse riscontrarsi verso l'Est, concel)trato fra i diversi gruppi di indiani che vivono nel bacino superiore dell'Orinoco in Venezuela e nel territorio brasiliano a nord del Rio Negro. Questi gruppi di indiani sono variament e conosciuti dagli antropologi come Kirishana ,' Karauetari, Karimé , Parahuri, Shiriana , Surara, Pakidai, Yanomani ed altri, tuttavia è stato loro dato il nome generico di Guaika o Waika (Schultes ed Holmstedt, 1968). Essi in genere chiamano la loro sostanza da fiuto epena o ebene, oppure nyakwana (Chagnon ed altri, 1971; Seitz, 1967; Zerries , 1960). Al contrario degli indiani dell'ovest, questi gruppi annusano tranquilla­ mente la droga nella vita di tutti i giorni, anche individualmente, così come pure collettivamente a scopo cerimoniale; il suo impiego non è limitato agli stregoni, ma è prerogativa di ogni componente maschile d ella tribù di età superiore ai tredici o quattordici anni. Inoltre, la polvere da fiuto viene assorbita in quantitativi enormi - addirittura incredibili - e sembra si tratti di un preparato ancora più forte di quello usato dagli indiani della Colombia . La specie principale utilizzata dai Waika è la Virola theiodora. Ma nella letteratura sono state indicate anche altre specie come origine della polvere da fiuto usata nel Rio Negro: V. calophylloidea, V. cuspidata e V. rufula (Biocca, 1966). Poiché ques te specie danno reazioni positive ai test sugli alcaloidi eseguiti sul posto, potrebbero anch'esse dare origine ad un intossi- . cante, tuttavia la maggior parte degli esemplari presi in esame od illustrati si riferiscono alla V. theiodora. La preparazione di epena o nyakwana dei Waika può avvenire secondo metodi diversi . Talvolta si raschia lo strato interno morbido de lla corteccia e i suoi trucioli essiccati sono delicatamente arrostiti a fuoco lento. Vengo­ no quindi conservati fino a che non servono p er preparare della polvere da 117 ,. r' Botanica e chimica degli allucinogeni Disegno di EW. Smith . fiuto. A questo scopo, i trucioli vengono frantumati, triturati e polverizzati, in un mortaio con un pestello ottenuto da un frutto dell'albero della noce del Brasile Bértholletia excelsa. Il tutto viene quindi setacciato e ridotto in una polvere finissima ed omogenea, di color bruno-cioccolato, particolar­ mente acre. A questo punto viene preparata una polvere con foglie secche di una pianta erbacea aromatica, la Justicia pectoralls var. stenophylla: questa viene aggiunta alla polvere bruna di resina di Virola in parti approssimati­ vamen te uguali. Un terzo ingrediente è la cenere della corteccia di un raro 118 Piante d'impiego allucinogeno " . .~ , "'\\' Indiani del bacino amazzon ico con tu bi per «soffiare" la polvere di Virola nel na so. (Da Crévau x). albero leguminoso, l'Eli zabet ha princeps, conosciuto dai Waika come ama o \ amasi/a. La corteccia grigia es terna viene tagliata in piccoli pezzi e posta sul fuoco, quindi rimossa e lasciata a ridursi in cenere. Quando le ceneri sono aggiunte in ugual qua ntitativo alla mescolanza della polver e Virola­ Justìcia, la polvere da fiuto risultante, pronta per l'uso, è grigiastra ed estremamente fine (Schultes ed Holmstedt, 1968). Altri indiani Waika, che preparano questo composto soltanto occasio­ nalmente e per scopi .cerimoniali, seguono una diversa procedura. La cor­ teccia di Viro la theiodora viene tagliata da alberi abbattuti da poco. Sul luogo dell 'abbattimento si accende un fuoco. Le strisce di corteccia lunghe circa 60 c m e larghe 15 , sono poste sullo vicino al fuoco e riscaldate gra­ dualmente per provocare un copioso «trasudato» di resina rossa, che vi ene raccolto in un vaso di coccio . La resina viene quindi fatta bollire, fino a raggiunger e una consistenza spessa e, dopo raffreddam ento, si cristallizza, dando origine a d una bellissima resina rosso-ambrata . Questa viene poi meticolosamente macinata e ridotta in una polvere estre mamente fine che, senza alcun'altra agg iunta, costituisce la nyakwana . Occasionai mente , pos­ sono essere aggiunte foglie polverizzate di Justicia " per fare in modo che la polvere da fiuto sia di odore più gradevole» ma ciò che si ottiene dalla sola resina di Viro la è già altamente tossico e, di conseguenza , non vi è alcuna 119 Botanica e chimica degli allucinogeni Vl:RgLk ~ (Sf'r. ex Btft) Warb~ Di seg no di E.W. Smith. necessità reale di aggiungere la polvere di Justicia (Prance, 1970; Prance e Prance, 1970; Schultes ed Holmstedt, 1968) . Gli effetti dell'intossicazione da Virola variano, ma fra gli indiani generalmente sono caratterizzati da una eccitabilità iniziale, che compare diversi minuti dopo la prima fiutata. Seguono quindi intorpidimento degli arti, contrazione dei muscoli facciali, impossibilità di controllare l'att ività muscolare, nausea, allucinazioni visive e, alla fine, un sonno profondo ed agitato. La visione ingrandita degli oggetti è frequente, e rientra nelle 120 Piante d'impiego allucinogeno Indiano Waikà che raccogJi e resina da un tronco di Vi rata theiodora pe r la preparazione delJa misce la allucinogena nyakwana . Rio TotOlobi, BrasiJ e amazzonico . (Foto R.E. Schulles). -credenze dei Waika. sugli spiriti che dimorano nella pianta (Becher, 1960; Schultes, 1954b; Schultes ed Holmstedt, 1968) . Un aspetto ancora non risolto nella tossicologia della Virola è il suo impiego da parte dei Waika per avvelenare le frecce. La resina viene applicata direttamente su frecce e dardi: raccolta fresca dalla corteccia, viene soltanto leggermente riscaldata sul fumo per far solidificare i diversi strati da spalmare. Non si è ancora compresa la base chimica di questa azione curaro-simile . Un modo interessante di usare la resina di Virala per assunzione orale è stato scoperto nella: Colombia amazzonica e nell'adiacente Perù. Gli indiani Witoto, Bora e Muinane ingeriscono delle palline di resina di V. theiodora per vedere e comunicare con «il piccolo popolo» (Schultes, 1969a). L'albero di Viro la è conosciuto dai Witoto come oo-ko6-na, koo-tro6-koo dai Muinane . Essi usano anche le specie V. elongata, V. pavonis, e probabilmente V. loretensis e V. suriname11Sis. Un'interessante scoperta fra i Witoto del Perù è l'indicazione che la corteccia della miristicacea Iryanthera macrophylla viene- talvolta usata per preparare palline narcotiche (Schultes, Swain e Plowman, 1977). Questi indigeni raschiano la parte interna della corteccia appena tolta dall'albero, arrotolano in palle il materiale raschiato (che consiste princi­ palmente di tessuto cambiale), e ne spremono la resina in una pentola d'acqua che viene fatta bollire da cinque a sei ore, fino a che la massa diventa uno sciroppo denso che si attacca al mestolo di legno usato per mescolare. La sola ragione per raschiare la parte interna del floema è chia­ ramente di ricavarne tutte le tracce di cambio che vi aderiscono. La droga stessa si ottiene dalla sola linfa cambiale, che viene prima bollita rapida­ 121 Indiani Witoto che raccolgono corteccia di Virola theiodora per raschiarne, successivamente, i I tessuto cambiale dall'interno. Rio Karaparana , Amazzonia, Colombia. (Foto R .E. Schultes). mente, causando la coagulazione delle proteine e forse dei polisaccaridi, e quindi a fuoco lento per ridurre il suo volume quasi a secco. Ciò dà luogo al prodotto bruno ed appiccicaticcio dal quale si ottengono delle palline di resina-. La consistenza di queste palline è diversa da quella dell'essudato di corteccia, sia allo stato fresco che essiccato (Schultes e Swain, 1976b). L'intero procedimento è simile a quello usato per isolare i prodotti naturali dal cambio di altri alberi, come la coniferina dalle gimnosperme, . con la differenza che oggi si usano alcool etilico od acetone, al posto del calore , per distruggere l'attività enzimatica che potrebbe altrimenti agire negativamente sul prodotto richiesto (Schultes e Swain, 1976b; Schultes, Swain e Plowman, 1978). Benché questa operazione con la resina di Virala sia molto diffusa, un· altro procedimento indiano consiste nel ridurre in ceneri ogni tipo di mate­ 122 Piante d'impiego allucinogeno Si mescola l'impastu bruno, denso e gommoso ottenuto dalla lunga eboll izione dell'estratto liquido del cambio della v. theiodora per poi farne delle polpettine da ingerire come allucinogeno. Indiani Witoto , Rio Karaparam\, Amazzonia, Colombia. ( Fo to R.E . Sch ultes). riale vegetale. Anche se le piante usate per ottenere la cenere sono generica­ mente chiamate hé-rog in lingua Witoto, ogni pianta ha un suo nome speci­ fico. Le ceneri sono poste in un imbuto fatto di foglie, si versa dell'acqua fredda sulla polvere e si lascia a macerare fino a che nel filtrato non si vede intorbidamento. L'acqua viene quindi fatta bollire lentamente fino a che non rimane un residuo grigiastro o «sale», chiamato le'-sa in lingua Witoto (Schultes e Swain, 1976b). Le ceneri preferite, secondo i Witoto, sono quelle ottenute dalla cortec­ cia dell'al bero delle leci tidaceae Eschweilerà itayensis o Gustavia poeppigia­ na. Altre materie usate per ottenere le ceneri sono le radici fibrose, le foglie e -le infiorescenze di Spathiphyllum cannaefolium; il ceppo legnoso di una grossa specie ciclantacea di Carludovica o Sphaeradenia; la corteccia di Theobroma subincanum delle sterculiacee; il tronco e le foglie di due palme del genere Geonoma e Bactris. La resina addensata viene appallottolata con le dita fino ad ottenere delle sferette di dimensioni pari a chicchi di caffè, queste vengono strofina­ te sui residui simili al sale delle ceneri di corteccia. Le palline, così rivesti­ te, sono ingerite intere oppure disciolte in acqua e bevute. Inizialmente si prendono da tre a sei «pillole », e si dice che l'intossicazione cominci entro cinque minuti e duri fino a due ore. Quando l'effetto della droga tende a 123 BOlarlica e chimica degli allucir/Ogerli T ABELLA IV ALCALOIDI CONOSCIUTI DELLA VIROLA N ,N-dimetiltriptammin a (DMT) N-metiltriptammina (MMT) 5-metossi-N ,N -d i meti Itri ptammina (5-MeO- DMT) 5-metossÌ-N-metil triptammina (5-MeO-MMT) 2-metil-6- m'e lOssi-l ,2,3 ,4-tetraid ro-f3-carbol i na (6-MeO-THC) l ,2-dime ti 1-6-met ossi -1 ,2,3,4-tetrai d ro-f3- carbo lina (6-MeO-DMTHC) 124 Piante d'impiego allucinogeno TABELLA V PRESENZA DI ALCALOIDI IN TRE SPECIE DI VIROLA Specie V. theiodora Origine: Mamius , Brasile Parte della pianta di pianta secca Alcaloidi % Corteccia 250 DMT 5-MeO-DMT 6-MeO-THC MMT 5-MeO-DMT DMT 5-MeO-MMT DMT MMT DMT 5-MeO-DMT 5-MeO-DMT DMT DMT MTHC DMT 5-MeO-DMT DMT 5-MeO-DMT DMT MMT DMT MMT 5-MeO-DMT DMT 5-MeO-MMT 6-MeO-THC 5-MeO-DMT 5-MeO-MMT DMT 6-MeO-THC DMT MMT 52 43 4 1 62 Radice V. lheiodora Origine: Tototobi, BI"asile V. calophy/la mg/lOO gr 17 Gemme fiorali 470 Foglie 44 Corteccia 65 Foglie 21 Corteccia 9 Origine: Manaus, Brasile Radice V. rufula Origine : Manaus, Brasile Gemme fiora li 193 Foglie 155 Corteccia 200 Radice 144 Foglie 98 22 15 93 7 99 95 5 98 2 91 9 87 13 96 4 96 4 95 4 94 4 l 94 6 diminuire d'intensità se ne possono prendere altre. Le palline di resina possono anche essere -ingerite senza il rivestimento di polvere salina, spe­ cialmente se consumate subito (Schultes ; 1969a). Un gruppo di indiani Maku (una tribù molto primitiva) della Colombia amazzonica beve la resina di Virola elongata senza alc.una preparazione ottenendone degli effetti inebrianti (Silverwood - Cope, comunicazione per­ sonale). Vi sono delle vaghe indicazioni sull'uso della corteccia di Virola sebifera da parte di stregoni nel Venezuela (Schultes, 1970b). Queste indicazioni si trovano sulle etichette di esemplari dell'erbario del Venezuela nel Museo di Storia Naturale di Chicago: "La corteccia interna viene essiccata e fumata ' dagli stregoni durante le danze per curare le febbri; essa è molto energica». U n 'altra collezione della stessa specie provenien te dall' alto Ori noco ad ope­ ra dello stesso botanico, reca questa nota : "Gli indiani fanno bollire la 125 Bo/anica e chimica degli allucinogeni Il professor Bo Holmstedt del Karolinska Institutet di Stoccolma che ha condotto approfonditi studi fitochimici su diversi allucinogeni pubblicandone assieme ai colleghi i risultati, arricchiti da ricerche storiche e indagini etnofarmacologiche svolte sul luogo. (Per gentile concessione di B. Holmstedt, copyright Svensk Pressfoto). corteccia e la usano per scacciare gli spiri ti del male». I nomi indiani di questa specie sono riportati come wircaweiyck, oppure orika-bai-yek e pias­ samo Tenendo conto della scoperta di alcaloidi nella corteccia di V. sebifera (Corothie e Nakano, 1969), non potrebbero forse queste note indicare che i nativi la usano come allucinogeno anche fumandola? Inizialmente si pensava che le proprietà biodinamiche della resina di Virola fossero dovute alla miristicina. Studi recenti hanno tuttavia accerta­ to, in tal une specie di Virola usate dagli aborigeni nella preparazione di polveri da fumo, la presenza di alcune interessanti triptammine (Agurell ed altri, 1969). I derivati della triptammina e le ~-carboline trovate sono ripor­ tati nella Tabella IV. Una polvere da fiuto indiana - quella degli indiani Waika del Rio Tobotobi nella regione amazzonica del Brasile - preparata soltanto con resina di Virola theiodora, si è dimostrata particolarmente ricca di alcaloidi (11 %) (Holmstedt, 1965r Questa consisteva principalmente di S-MeO­ DMT,8 con un minor quantitativo di DMT (Agurell ed altri, 1968; Holm­ stedt ed-altri, 1967). Un campione di corteccia di Virola peruviana analizzato di recente e raccolto vicino Leticia, in Colombia, conteneva principalmente S-MeO­ DMT, con piccoli quantitativi di DMT e di S-metossi-triptammina (Lai ed altri, 1973; Schultes e Holmstedt, 1971). La concentrazione di alcaloidi nelle diverse parti della stessa pianta (foglie, corteccia, radici) varia in modo apprezzabile, come si può veder'e nella tabella V. 8 126 5-metossi-N-N-dimetil-triptammina (N.d.T.). Rami fioriti di Virala theiodora. Manaus, Brasile. (Foto R.E. Schultes). I derivati della triptammina sono facilmente sintetizzabili. Il DMT fu prodotto per la prima volta nel 1931 da Manske. Più tardi, furono descritte un certo numero di sintesi più perfezionate per il DMT ed i derivati metos­ siJati della triptammina ·(Fish ed altri, 1956; Speeter ed altri, 1954; Stoll ed altri, 1955; Vitali ed altri, 1959). Il costituente 2-metil-6-metossi-tetraidro-~-carbolina è stato sintetizza­ to da N-metil-5-metossi-triptammina e formaldeide, mentre la l,2-dimetil­ 6-metossi-tetraidro-~-carbolina è stata preparata con una reazione analoga da N-metil-5-metossi-triptammina ed acetaldeide (Agurell ed altri, 1969). Le proprietà psicotomimetiche della N,N-dimetil-triptammina sinteti­ ca sono state controllate da Sto Szara (Arnold e Hofmann, 1957; Sai-Hahis-z ed altri, 1958; Sto Szara, 1956), e più tardi confermate da altri autori, (Turner e Merlis, 1959). La dose efficace per l'uomo è risultata essere approssimativamente 1 mg/kg intramuscolare. Gli effetti allucinogeni s'in­ 127 Botanica e chimica degli allucinogerli staurano rapidamente, quindi diminuiscono d'intensità e scompaiono dopo cinquanta-sessanta minuti (St. Szara, 1961) . Il DMT non è attivo oralmente. In un test che evita la risposta condizionata, la 5-metossi-N,N-dimetil­ triptammina (5-Me-DMT) è stata trovata più attiva della 5-idrossi-N,N­ dimetil-triptammina (bufotenina) o DMT (Gessner e Page, 1962). Benington ed altri riferiscono che gli effetti del 5-MeO-DMT sul gatto sono drammatici (1965). Non è disponibile alcun dato sull'attività allucinogena del 6-MeO-THC e del 6-MeO-DMTHC. Queste ~-carboline possono, tuttavia, agire da inibito­ ri dell'ossidasi monoamminica. Ciò potrebbe spiegare l'attività della Virola quando viene assunta oralmente, dato che si ritiene che le triptammine non siano attive se prese per bocca. Può accadere che l'uso dei prodotti della pianta sotto forma di polveri da fiuto abbia un qualche effetto nel modificare l'attività allucinogena della triptammina e dei derivati della ~-carbolina. Virola theiodora (Spr. ex Benth.) Warburg in Nova Acta Acad. Leop .-Caro!. 68 (1897) 187. Albero snello, alto da 8 a 25 m, tronco cilindrico di diametro fino a 50 cm, corteccia liscia, bruna e macchiata da chiazze grigie . Ramoscelli leg­ germente rosso-bruno tomentosi, tendenti al glabro. Foglie (con pronuncia­ to aroma di tè quando sono secche) rigide-papiracee, talvolta anche spesse e cartacee, sovente punteggiate da rade ghiandole, da oblunghe ad ampia­ mente ovai dali , sulla base da ottuse a cordate, apicalmen te lungo­ acuminate, di solito con il margine ondulato. Lunghe 9-35 cm, larghe 4-12 cm, superficie superiore glabra, verde scuro, nitida, superficie inferiore stel­ lata-puberulenta in modo sparso, venature secondarie di 9-20 cm, di solito molto prominen ti, ascendenti ed arcua te, picciolo subcilindrico, lungo 4-15 cm, spesso bruno-tomentoso. Infiorescenze staminate, multifiorite, a pan­ nocchia, di solito più corte delle foglie, lunghe fino a 15 cm (normalmente più corte), spesso di colore bruno o bruno-dorato, tomentose, in genere diventano glabre , brattee lunghe 2,5 cm, decidue. Le infiorescenze pistillate sono più corte . Fiori staminati fortemente pungenti, singoli o in grappoli di 2-10, pedicello lungo ci(ca 2 mm, perianzio sottile, puberulento all'interno ed all'esterno, infundibuliforme, lungo 1,5-2,5 mm, lobato subacutamente per circa un quarto della lunghezza; androceo lungo 2 mm, filamento a colonna spesso, lungo 0,5-0,8mm, antere 3-5 (normalmente 3), lunghe 1-1,7 mm, di solito connate, apicolate. I frutti sono circa 5-8 per infiorescenza (spesso di meno), subglobosi, lunghi IO-20 mm, diametro 8-15 mm, di solito leggermente apicolati, glabrescenti quando sono maturi, pedicelli lunghi 3-4,5 mm, arillo mèlllbranoso, di solito laciniato per circa la metà della lunghezza. È distribuita principalmellte nell'Amazzonia occidentale del Brasile e della Colombia, probabilmente anche nelle zone adiacenti del Perù e del Venezuela; specialmente abbondante nel bacino del Rio Negro. Albero pro­ prio delle foreste ben drena te . 128 Piante d'impiego allucinogeno Le altre specie usate comprendono le seguenti: Virola calophylla Warburg in Nova Acad. Acta Leop.-Carol. 68 (1897) 231. Virola calophylloidea MarkgrafinRepert. Sp. No\!. 19 (1923) 24. Virola elongata (Spr. ex Benth.) Warburg in Ber. Deutsch. Bot. Ges. 13 (1895) 89. Virola peruviana (A.D.C.) Warburg in Nova Acta Acad. Leop-Carol. 68 (1897) 188. LEGUMINOSAE Le Leguminosae, appartenenti all'ordine Rosales, sono molto VICine alle Rosaceae, Chrysobalanaceae e Connaraceae, famiglie che non compren­ dono specie usate come allucinogeni, anche se la Connaraceae contengono delle specie velenose. Probabilmente la terza maggiore famiglia delle angio­ spenrie: le Leguminose, comprendono più di 600 generi e forse 13.000 spe­ cie; la loro distribuzione è cosmopolita. La famiglia si divide naturalmente in tre sottofamiglie. Caesalpinoi­ deae, Mimosoideae (soprattutto tropicali) e Papilionoideae (tropicali e tem­ perate); queste sottofamiglie sono talvolta considerate come famiglie distin­ te. Dei dieci generi di cui è noto o sospettato l'uso come allucinogeni, due, Anadenanthera e Mimosa, appartengono alle Mimosoideae; sette, Canavalia, Cytisus, Erythrina, Mucuna, Rhynchosia, Sophora e Zornia, appartengono alle Papilionoideae; uno, Caesalpinia, appartiene alle Caesalpinoideae. Spe­ cie tossiche, la maggior parte delle quali contenenti alcaloidi, sono abbon­ dantemente rappresentate in tutte e tre le s'ottofamiglie. Nel panorama delle piante psicotomimetiche ancora sconosciute ci si può aspettare che la scoperta di altri allucinogeni usati da popoli primitivi avvenga tra specie di Leguminose. Tenendo conto dell'altissima concentrazione di alcaloidi nelle Legumi­ nose, specialmente nelle regioni tropicali e della vastità di questa famiglia, non dobbiamo sorprenderci se i popoli primitivi ne hanno trovato ed utiliz­ . zato un buon numero di specie come allucinogeni. La circostanza sorpren­ dente, invece, è l'apparente scarsa imp~rtanza di questa famiglia fra gli allucinogeni del Vecchio Mondo, dove le Leguminose sono tuttavia ben rappresentate e comprendono' molte specie tossiche. Fra le Leguminose si­ curamente conosciute per il loro impiego come agenti psicotomimetici, sol­ tanto una --=- Cytisus canariensis, la Ginestra - è originaria del Vecchio Mondo, ma anche questa specie viene apparentemente utilizzata per la sua azione psicoattiva soltanto nel Nuovo Mondo. Anadenanthera Spegazzini Il genere Anadenanthera, molto vicino ai generi Piptadenia e Mimosa, appartiene alle Piptadenieae della sottofamiglia Mimosoideae. Comprende due specie e si trova nelle regioni tropicali o subtropicali del Sud America e delle Indie Occidentali. Le due specie di Anadenanthera sono state in origine 'considerate come appartenenti al genere Niopa, una sezione delle Piptade­ 129 9 Botanica e chimica degli allucinogeni nia. Vi sono ora motivi morfologici e chimici per separarle in un genere distinto. Più di un secolo fa, nel 1840, Bentham riconobbe cinque specie nella sezione Niopa, sebbene egli stesso indicasse che avrebbero potuto rappre­ sentare varietà di una sola specie; nel 1875, ne distingueva ancora quattro come specie valide, comprendendole nella sua « Revisione del sottordine Mimoseae» come appartenenti al genere Piptadenia. Spegazzini istituì il genere Anadenanthera nel 1923 , comprendendo in esso la P. peregrina e la P. falcata. Nel 1927 Britton e Rose, non riconoscendo la priorità deL nome Anadenanthera dato da Spegazzini, proposero di elevare tutta la sezione Niopa allo stato di genere. Nel 1955 Brenan, riesaminando la Classificazione del genere Piptaden ia sulla base di una nuova interpretazione dei caratteri, suggerì di rivedere i concetti che prima facevano appartenere l'Anadenan­ thera alla sezione Niopa per formare un nuovo genere distinto. La stessa decisione fu presa da Altschul nella sua revisione del genere (1964). Una potente polvere da fiuto psicotomimetica ottenuta con i semi dei baccelli di Anadenanthera peregrina (più generalmente conosciuta come Pip­ tadenia peregrina), viene preparata nel nord dell'America Latina, special­ mente nella valle dell'Orinoco; la stessa veniva usata nelle Indie Occidenta­ li, probabilmente in tempi pre-coloniali. Le prime informazioni su questa polvere da fiuto risalgono ad osserva­ zioni fatte nel 1496. Gli indiani Taino dell'Hispaniola la inalavano chia­ mandola cohoba, per comunicare con il mondo degli spiriti. La sua azione fu descritta da un cronista dell'epoca come «coSÌ forte, che quelli che la prendono perdono la coscienza; quando l'azione stupefacente sta per esau­ rirsi, le braccia e le gambe s'indeboliscono e la testa resta penzoloni ... e quasi immediatamente essi credono di vedere la stanza capovolgersi e le persone camminare a testa in giù». Sembra che questa polvere da fiuto non sia più impiegata nelle Antille, dove però restano oggi soltanto pochi gruppi aborigeni (Safford, 1917). Fu Safford che, nel 1916 identificò definitiva mente come Anadenanthe­ ra peregrina la cohoba ) di cui parlavano i primi europei: prima di questa identificazione nei testi vi era stata molta confusione (Safford, 1916). La polvere da fiuto conosciuta come cohoba era di solito ritenuta un derivato del tabacco, anche se, com'era stato fatto notare già nel 1898 da Uhle, <d'estrema energia della polvere, come viene descritta da Petrus Martyr, di gran lunga superiore a quella del tabacco, ne indica la diversa natura, tipica del1a Piptadenia» (Uhle, 1898). Più tardi, Safford, descrivendo l'uso della A. peregrina nell'Orinoco per la preparazione di una polvere da fiuto narcotica chiamata yopo, ancora molto usata fra gli indiani, stabilì la sua identità con l'antica cohoba delle Indie Occidentali. L'area centrale di diffusione di questa droga è, ed è probabilmente sempre stata, il bacino dell'Orinoco (Granier-Doyeux, 1965). Si pensa che le tribù delle Indie Occidentali siano state, in massima parte, costituite da invasori provenienti dalle zone setlentrionali del Sud America: nel qual caso, l'abitudine di fiutare la polvere di Arzaderzanthera nelle Antille, può essere considerata un tratto culturale importato dal Sud America. La A. peregrina cresce selvatica soltanto nel Sud America, eliminando così ogni 130 Piante d'impiego allucinogeno /ty.)' .J. /~"JM71f;; Q>~ l'h- ~,.".,:U "",4 ~!f<:. (J~ M-L- ;fit-UM '" d,Jé,.., ~ 1'/~/j<.L ..; L./,J ..... /ti: ~ .,. n",,,,,,,, t..-", I-J&. l"Afd ....:.. ;ié ~:tt. 7/fA- IM?--r eri If'i. !;#/"..,,./ i (Jl,... "II/h~ /I.~ VI,,./.,~ ..:.. ;1'.... -7 ••,.,..// I X,,,,,';;:' ->I) «'/"d ..;, h,t ~ #.Z f7,"A 7K<"...t 'i l/', y~,. >t. ".,...g ,;. IC-/.t-...;. " ~ ~d~ -l''' r' 6 ........ ./,.."",1 d Y m<-<~,...,( ~1t:f,i:1 _"(J~ J.t:...,q;~<-<xi't .. "",/éi""NI':""-' Una pagina di appunti di Richard Spruce, datata 15 giugno J 855. Spruce vi descrive la preparazione e l'impiego della polvere da fiuto niopo o yopo nell'alto bacino dell'Orinoco. (Per gentile co ncessione del Botanic Museum. Royal BOlanic Gardens. Kew, In gh ilterra). Jt-Ic.,/, r & Mç;",,(,.,tZ-~/,(z ;>;';tGl'-'<><.....~~, nw.(', ,....:)I.a, I ­ <i........ ~r"<LòL/-1Y!4'-"'- "....r<t<d, ~d f!j) ~:t ..... "9 f/{ """"'1"'.-. !ti.-.., "" $: ~ -I ....- ",#,;,z ';:~;", /:~".7,{-f M' ,,,,,.) IC tl-"r'" /l.~ r},/"I (1(-/": >'c 0-7/';r.;:-Jk./.~:"· ~/7L ;/ru'!!-. /f... /I lA d I~ -I tfJ+'-':'", (/lA- ~.!~ 7t" 7..c:..... ....: '/-7.-. [",. LJ ...:t-,rr;: t/?.--"., .,.,... .4 ~ f- $ ~"."I ~,( y,";; l',JL. X ~.t;;;,..."Z j"'- ~y $ ~ ,,~~ -I b,;..I: /'..,.-., >'­ "frA <nn-4.~/'{~d. ,?!. .7f;T --.,t O.jI.~.6) z,-<Q,<TJu ~ t-unI_~/>< 'l''rn<<'- O'-fn-:t::/., d,;.;,. .ti;. .' L<4 t>?/~,(. ~ ';u.,~ i """Y:;;.oAr'rl.) .w/..d "" -:.y.k~ 'i " . o.r..w() /j"·,d 7f(;: V"-'fo Il''''i';'; 7'..;."t.j.1f;: iI'".',;..., ( / •• ,...wtn'~ /1J./rA-L.. • k-.:#:()< ~ t4 f .., .wt,d ~ 0/ d_ ?u.: '" v d"u-<d ",,:/:.- .~4; 4_Jf,./~". Il //.t,~ .é /.r; ""r :z:::te.~..:. ..,/,,d /.é):(A,,~7:; ",r-X/~' /.,v" .'... ( ,. , "'.//..,. """d.l!. j $w~ ~ f'~ ~7 #; dd~ M.:.- {J'';')~.\. .a/:-!J.r";< La u...,/, /,,.//, -i /.. / ;nu7:11,t.••/' /.( ·.·401/':. j,,'/''''';'' .«l'f" N." 4 _ir,G /q7.( )é",(.",,1 ~u ,,/'jl4- ;>;;" ,1;.( /J . / Il t1tu;/~' ti-~? '" I~~r.;" 1( V/J,?,,,,,. ~ . • idea di manipolazione umana , presente o p·a ssata . I nativi dell e Indi e Occi­ dentali , come teorizza uno specialista di questo gruppo di leguminose, «possono aver trovato più facile coltivarla che non mantenere le comunica­ zioni con il continente come loro fonte di rifornimento » della polvere da fiuto (Altschul, 1972). Il primo rapporto scientifico su questo narcotico sembra sia quello di von Humboldt il quale identificò l'albero di provenienza come Acacia niopo (von Humboldt e Bonpland, 1852-53). Egli riferì che gli indiani Maypure dell'Orinoco , dove vide preparare la droga nel 1801 , rompevano i lunghi baccelli , li inumidivano e li lasciavano fermentare; quando diventavano neri i semi ammorbiditi venivano impastati in piccole focacce con farina di cassava e calce di guscio di chiocciola. Queste focacce venivano ridotte in polvere quando servivano. Secondo il parere di Humboldt «no n si deve credere che i baccelli dell'Acacia "iopo siano la causa principale dell'azione stimolante della polvere da fiuto ... Questa proprietà è dovuta alla calce appena preparata ».. Fu Spruce a fornire il primo rapporto dettagliato sul narcotico, basan­ 131 Baccelli e semi di Anadenanthera peregrina raccol ti nel 1855 da Richard Spruce nel bacino dell'Orinoco. (Per gentile concessione de l BOlanic Museum, Royal Botanic Gardens, Kew , Inghilterra). ·. - •••• e --._- . . .....'r:_,_ . ...-.-­ ~ /:" , "; ~' ::;-, ::,'::r::':./'-:..--'" ,( :.~72.~r~:<~~~! . . _h_.._.. . _.· . .-.. . n 'o_a. • • __ . ~L ,.... .., .. , - _ .. . ....... _ • ' ...' .. _ .... ..~_~:..T ,"':_J".,.r."-I. c...:..-:-;;:~ :-:::..,. .=.!:.r;"-~ •....._" .... _ ·coo . . . _ ... . . ,...... ~:- • • 1 _ .• ' , .. ~ . . . . . . .. ";:::w ~._-- .;-;;::;-;-;., . Utensili per la preparazione e il consumo dello yopo, raccolti da Richard • Spruce nel 1855 nell 'Alto Orinoco e conservati nel Museo Botanico dei Royal Botanic Gardens di Kew, Inghilterra. (Per genliJe concessione dello stesso). do la sua relazione su osservazioni eseguite fra i Guahibo del bacino dell'O­ rinoco in Colombia ed in Venezuela nel 1851 (Spruce, 1908). La preparaziore della polvere da fiuto yapa varia in modo notevole da tribù a tribù. Gli indigeni di solito abbrustoliscono e polverizzano in modo sjmile i semi, ma, mentre molti aborigeni aggiungono una miscela alcalina di calce o cenere, altri, come i Guahibo della Colombia , annusano diretta­ mente la polvere senza aggiungervi altre sostanze . Sembra che per la pre­ parazione dello yopo da fiuto non si impieghino mai altri ingredienti vege­ tali (Wassén, 1964, 1965, 1967, 1969). I testi sulle sostanze da fiuto impiegate in Sud America sono molto confusi. Nella preparazione di queste polveri aborigene nel continente ven­ gono usate piante diverse senza relazione fra di loro. Indubbiamente il tabacco, soprattutto il Nicotiana tabacum, era ed è tuttora il principale materiale da fiuto , e quello del fiuto rappresenta, in molte parti delle pia­ nure del Sud America, il metodo più diffuso di consumazione del tabacco. 132 Piante d'impiego allucinogeno Certe tribù dell 'estremo nordovest dell'Amazzonia fiutano foglie di coca in polvere (Erythroxylon coca) mescolate con ceneri di Cecropia. Una recente indagine sul posto ha indicato l'importanza e la diffusa utilizzazione di polveri da fiuto inebrianti preparate con la resina di corteccia di Virola. Tuttavia, la letteratura, soprattutto antropologica, ha ingiustificatamente sottolineato l'importanza e la diffusione delle polveri da fiu to ottenute da leguminose di tipo Anadenanthera (Schultes, 1967b). L'errata credenza che tutte le sostanze da fiuto dell'Amazzonia che non siano apertamente composte da tabacco debbano essere derivate dall'Ana­ denanthera peregrina, può essere fatta risalire alla generalizzazione di Bent­ ham secondo cui «tutti gli alberi del Sud America ... indicati come fonte di polvere da fiuto narcotica erano probabilmente di una sola specie, identifi­ cabile con la Mimosa peregrina di Linneo». Le pubblicazioni più recenti e le mappe che mostrano la distribuzione delle polveri da fiuto, comprendono l'intero bacino dell'Orinoco e le aree adiacenti del Venezuela del sud fino all'est; ad ovest attraverso le Ande colombiane del nord e gran parte della Valle Magdalena; lungo le Ande attraverso la Colombia, l'Equador, il Perù e la Bolivia; la regione costiera del Perù; alcune aree sparse isolate nel nord dell'Argentina ; la parte centrale ed occidentale della valle dell'Amazzonia. Anche se si ammette che possano essere presenti specie diverse della A. peregrina, in alcune delle aree più a sud, questa estensione non è suffragata dalla distribuzione conosciuta delle piante in questione (Cooper, 1949; Schultes, 1967b). L'albero dello yopo, Anadenanthera peregrina, cresce sia spontaneamen­ te, che coltivato nelle pianure aperte o llanos del bacino dell'Orinoco della Colombia e del Venezuela, nelle savane e nelle foreste meno fitte nel sud della Guiana britannica, in Brasile nei campos della regione del Rio Bran­ co, ed anche, molto localmente, . nelle savane della regione del basso Rio Madeira. Quando se ne trovano esemplari altrove, si tratta di qualche raro albero importato coltivato da indiani immigrati di recente (Altschul, 1964; Ducke, 1939) . Considerando la diffusione relativamente limitata dell'Anadenanthera peregrina, l'uso di una polvere da fiuto preparata dai suoi semi dev'essere ovviamente molto meno esteso di quello che i testi fanno supporre. Esempi dell'impressione erronea che fornisce la letteratura sono l'osservazione di La Condamine, all'inizio del diciottesimo secolo, circa una polvere da fiuto allucinogena usata dagli Omagua della regione amazzonica del Perù , ed un rapporto recente sull'uso di una polvere da fjuto narcotica presso i Tikuna dell'alta Amazzonia; entrambe le polveri sono ritenute derivate dall'A. pere­ grina (Cooper, 1949). Poiché quest'albero è sconosciuto nella zona abitata da quelle due tribù, l'attribuzione della sostanza da fiuto all'A. peregrina dev'essere messa in discussione. Anche nell'area d'estensione dell'A. peregri­ na non si può affermare con certezza che tutte le sostanze da fiuto psicoto­ mimetiche siano ricollegabili ad essa. La confusione che concerne la specie d'origine può essere spesso dovuta all'uso da parte dei nativi - come nel caso della parola brasiliana parica nell'Amazzonia - del termine generico «sostanza da fiuto» per identificare la specie originaria di queste polveri (Schultes, 1967b) . 133 Anadenanthera peregrina, l'albero dello yopo. Presso Bòa Vista , Rio Branco , Brasile amazzonico. (Foto R.E . Schuhes). Si è supposto che certe polveri da fiuto conosciute per essere state usate in località isolate del Sud Am erica centrale e meridionale, fossero derivate dal secondo genere dell'Anadenanthera, l'A. colubrina. Queste sono chiamate vilca o huilca nel sud del Perù e nella Bolivia, e cébil nel nord dell'Argenti­ na. Sebbene le prove siano piuttosto deboli , è possibile che l'identificazione dell'origine di queste poLveri da fiuto sia corretta, poiché alcuni dei medesi­ mi principi allucinogeni conosciuti dell'A. peregrina sono stati isolati anche da materiale attribuito all'A. colubrina. Anche al di là della naturale area meridionale del genere, gli indiani Comechingon "prendevano qualche cosa chiamata sébil attraverso il naso ... e gli Huarpe per essere più forti mastica­ vano una sostanza chiamata cibi!» (Altschul, 1964, 1967). Di conseguenza, questa specie meridionale, da un punto di vista fitochimico, potrebbe servi­ re come fonte per una polvere da fiuto psicoattiva (Altschul, 1967; Safford, 1916). ~ Il termine yilca nel moderno Perù si riferisce qualche volta all'Anade­ nanthera colubrina, sebbene nel Sud America questo e nomi simili indichino un certo numero di piante diverse. Un'antica relazione, che risale al 1571 circa, dice che gli stregoni inca facevano delle profezie mettendosi in con­ 134 Piante d'impiego allucinogeno tatto con il diavolo durante lo stato di ebbrezza indotto bevendo la chicha ed un'erba chiamata villca. Relazioni ancora più antiche fanno menzione di una pianta medicinale dello stesso nome , ed in alcune di queste si sottoli­ neano le proprietà lassative ed emetiche di tale pianta. La pratica del fiuto era largamente diffusa ed apparentemente alquan­ to comune nelle regioni meridionali del Sud America, come viene indicato dai molti utensili (scodelle, tubi ed altro armamentario) provenienti dalle località archeologiche e dai recenti manufatti etnografici. Molti di questi attrezzi probabilmente venivano impiegati per l'uso del tabacco da fiuto, ma alcuni degli scritti più antichi fanno riferimento a polveri da fiuto fortemente psicoattive usate nell'area in questione (Wassén, 1965, 1967). Nelle specie di Anadenanthera usate per la preparazione di polveri da fiuto allucinogene, specialmente nell'A. peregrina, sono stati trovati gli stes­ si derivati della triptammina e le stesse ~-carboline presenti nella Virola: dall'Anadenanth era è stata inoltre isolata la 5-idrossi-N,N-dimetiltriptam­ mina (5-0H-DMT) (Holmstedt ed a ltri, 1967; Wassén ed Holmstedt, 1965). Bufotenina (S-OH-DMT) Stromberg fu il primo, nel 1954, ad isolare il 5-0H-DMT dai semi di Anadenanthera peregrina. Nella stessa pianta , come pure nell'A. colubrina (A. macrocarpa), Fish ed altri riscontrarono DMT, 5-0H-DMT , N-ossi-DMT, e 5-0H-DMT-N-ossi (1955). Fu dimostrato che la corteccia di A. peregrina contiene MMT, 5-MeO-DMT e 5-MeO-MMT (Legler ed altri, 1953). Di recen­ te poi , si è trovato che la corteccia di A . peregrina contiene piccoli quantita­ tivi di ~-carboline 6-MeO-THC e 6-MeO-DMTHC, oltre a 5-MeO-DMT e 5­ MeO-MMT come costituenti principali (Agurell ed altri, 1969). È stata confermata la presenza di bufotenina e di 5-MeO-DMT nello yopo da fiuto dell'alto Orinoco, Venezuela (De Budowski, 1974). L'attività biologica di questi indoli, ad eccezione di quella del 5-0H­ DMT, è stata descritta nel paragrafo sulla Virola. Il composto 5-0H-DMT (chiamato bufotenina perché fu scoperto per la prima volta nelle ghiandole della pelle di rospi (sottosp. Buro), è ora noto per essere largamente distri­ buito nelle piante superiori e negli animali (Stowe, 1959). In una recente ricerca, usando tecniche anali tiche moderne - gas-cro­ matografia combinata con spettrometria di massa (GC-MS) - è stato possi­ bile identificare la frazione alcaloidea di un campione di A. peregrina che Spruce raccolse nel 1854 lungo il confine colombo-venezuelano nelle sava ne di Maypures, Nei semi, vecchi di 120 anni, fu trovato soltanto un alcaloide, la bufotenina, Materiale di riferimento raccolto di fresco, semi di A. peregri­ 135 BOLanica e chimica degli allucinogeni AnadenanLhera peregrina in frutto. I baccelli coriacei o sublegnosi contengono da tre a quindici semi sottili e piatti. San Juan, Puerto Rico. (Foto R.E. Schultes). na provenienti da Portorico, conteneva lo stesso bufotenina, con in plU piccoli quantitativi di DMT, 5-MeO-DMT e tracce di MTHC. Nello stesso materiale, analizzato due anni dopo, fu trovata sol tanto bufotenina, come nei campioni di Spruce (Schultes ed altri, 1977). Alcuni ricercatori hanno riferito che la bufotenina, somministrata per via endovenosa, produce degli effetti allucinogeni (Fabing ed altri, 1956). Altri, tuttavia, non hanno riscontrato alcuna attività allucinogena per som­ ministrazione orale, an"he con dosi più elevate (Hofmann, 1963; Turner ed altri, 1959). Sembra quindi probabile che il 5-0H-DMT eserciti un'attività psicotE>mimetica soltanto sotto forma di polvere da fiuto. Anadenanthera peregrina (L.) Spegazzini in Physis 9 (1923) 313. Arbusto od alberello alto 3-20 m, tronco di diametro 20-50 cm, chioma estesa di aspetto piacevole. Corteccia spessa, sugherosa, rugosa, da grigia a nera, lenticellata, spesso provvista di spine coniche, robuste, oppure spor­ genze cuneate. Rami senza spine, ramoscelli pubescenti. Foglie bipennate, lunghe 12-30 cm (compreso il picciolo), pubescenti, glabrescenti quelle vec­ chie, rachide principale solcata, 10-30 o più penne, ciascuna lunga 2-5 cm o più , opposte o subopposte. Picciolo con ghiandola ovale, lungo 0,5-5 mm 136 Piante d'impiego allucinogeno AN ADE ~~AN T H E. R A PEREGRII A I Semi di Anadenan/hera peregrina raccolti a Portorico. Di forma schiacciata, marrone o neri, lucenti, da orbicolari a suborbicolari, del diametro di 10-20 mm . (FOlo R.E. Schull es). alla base della foglia, rachide occasionaI mente con 7-10 ghiandole più piccole. Foglioline in 25-80 paia, membranose , lineari, oblunghe o lan­ ceolate, dritte o bilcate, alla base oblique o tronche, apicolate all'apice, lunghe 2-8 mm, larghe 0,5-1,5 mm , superficie superiore verde scura, super­ ficie inferiore più pallida. Infiorescenza normalmente compatta, testa glo­ bosa-capitata con 35-50 fiori bianchi molto piccoli in racemi terminali o ascellari, diametro 10-18 mm, a mazzetti in numero di 1-5; peduncoli lun­ ghi 1,7-4 mm , pubescenti. Fiori membranosi, calice campanulato, penta­ lobato, lungo 0,5-2 ,5 mm, 5 petali, liberi o leggermente connati, lunghi 2-3,5 mm. Stami in numero di lO, liberi , lunghi 5-8 mm , antere senza ghiandole o con una minuta ghiandola a stipite nel bocciolo . Baccello coria­ ceo o sublegnoso, brunastro, opaco, squamoso o verrucoso, approssimativa­ mente dritto o a forma di cinghia, lungo 5-35 cm (escluso il peduncolo), largo 1-3 cm, di solito schiacciato fra i semi. Semi in numero di 3-15 (di VICInO 137 Disegno di I. Brady. solito soltanto pochi maturano nel baccello), molto sottili, piatti, da orbicolari a sub-orbicolari, di diametro 1 Q-20 111.111., da marroni a neri, lucenti. L'Anadenanthera peregrina vive nella zona settentrionale del Sud Ameri­ ca (Brasile del nord, Guyana Britannica, Colombia, Venezuela) e (probabil­ mente importata) nelle Indie Occidentali; essa cresce soprattutto nelle aree aperte pianeggianti, nella boscaglia o nel terreno incolto, nelle savane lungo i corsi d:acqua, nelle colline boscose e sui crinali aperti, preferendo i suoli argillosi o di arenaria e, almeno nel Sud America, gli habitat semia­ ridi. Gran parte della letteratura indica questa specie con il suo vecchio nome, Piptadenia peregrina CL.) Bentharn, in louro. Bot. 4 (1841) 340. È stata altresì descritta una varietà più meridionale, l'Anadenanthera 138 Piante d'impiego allucinogenu peregrina var. falcala. Nota nel sud del Brasile e nel Paraguay, differisce morfologicamente dalla prima per avere penne più numerose, con foglioline in minor numero, più brevi e più dritte, fiori gialli e baccelli più corti e falca ti (non dri tti). L'Anadenanthera colubrina si trova nel Brasile dell'est, ed una sua va­ rietà, l'A. colubrina var. cebil è conosciuta in Argentina, Bolivia, Paraguay, Perù e in diverse località nel sud-est del Brasile. La storia della nomenclatura dell'Anadenanlhera è estremamente com­ plessa. Il recente studio monografico di Altschul ha costituito un bel passo avanti per porre fine alla confusione esistente sulle categorie generiche ed infrageneriche CI 964). Anadenanthera peregrin{' (L.) Spegazzini var. falcata (Benth.) Altschul in Contrib. Gray Herb. Harvard Univo 193 (1964) 50. Anadenanthera colubrina (Vell.) Brenan in Kew Bui!. 2 (1955) 182. Anadenanthera colubrina (Vell.) Brenan var. cebil (Griseb.) Altschul in Contrib. Gray Herb. Harvard Univo 193 (1964) 53. Cytisus Linnaeus Vi sono circa ottanta specie di Cytisus conosciute nelle isole dell'Atlan­ tico, in Europa e nell'area mediterranea. Alcune di queste specie sono orna­ mentali, mentre un certo numero sono tossiche. U n recente rapporto indica che gli stregoni Yaqui del Messico serten­ trionale usano il Cytisus canariensis (conosciuto anche come Genista cana­ riensis) - h ginestra dei fiorai - come allucinogeno nelle loro pratiche (Fadiman, 1965). Questa è una specie introdotta dal Vecchio Mondo, origi­ naria delle Isole Canarie, e non vi è altrove alcuna segnalazione di un suo impiego come narcotico. Il genere Cytisus è ricco di citisina (Willaman e Li, 1970), un alcaloide del gruppo dellupino, del quale non è ancora stata dimostrata farmacologi­ camente l'attività allucinogena (v. descrizione sotto Sophora). Questo alca­ loide è anche stato chiamato ulexina, baptitossina, soforina, ed è comune nelle Leguminosae. Ulteriori esami chimici potranno stabilire se nel C. ca­ nariensis siano presenti altri costituenti che possano spiegarne l'uso da parte degli indigeni. Cytisus canariensis (L.) O. Kuntze, Rev. Gen. p!. 1 (1891) 177. Arb~sto non spinoso, multi-ramificato, sempreverde, alto fino a 2 m. Rami villosi-pubescenti; ramoscelli solcati. Foglie trilobate, picciolate, per­ sistenti; foglioline cuneiformi, ovali od oblunghe-ovali, ottuse o arrotonda­ te, lunghe 0,8-1,5 cm, pubescenti su ambedue le superfici. Fitte infiorescen­ ze, racemi terminali brevi, multi-fioriti. Fiori profumati, di un giallo chiaro, lunghi 15 cm; calice campanulato, a due labbra, denti brevi, lunghi e larghi nella stessa misura o leggermente più lunghi, stami monoadelfi, stilo curvo. Baccelli piatti, deiscenti, pubescenti, lunghi 15-20 mm. Semi con appendice basale callosa. È originario delle Isole Canarie, ma è largamente diffuso nei climi miti. 139 Botanica e chimica degli allucinogeni Mimosa Linnaeus Il genere Mimosa appartenente alla sottofamiglia Mimosoideae, molto vicino al genere Acacia, comprende circa 500 specie di erbe ed arbusti tropicali e subtropicali, la maggior parte dei quali distribuiti in America, ed alcuni con habitat in Africa e in Asia. Sebbene l'uso del vinho de jurema, una bevanda inebriante preparata con le radici di Mimosa hostilis, sia apparentemente estinto, la droga era un tempo molto importante neHe culture aborigene delle regioni nordorientali del Brasile. Costituiva la base della cerimonia ajuca. degli indiani Pankaru­ ru, ed era impiegata anche fra i Kariri, Tusha, Fulnio, Guegue, Acroa, Pimente ira , Atanaya ed altre tribù ora scomparse o completamente occi­ dentalizzate. Sembra inoltre che l'impiego magico-religioso di questo nar­ cotico sia en trato a far parte di alcuni dei rituali afro-americani del Brasile orientale (Lowie, 1946a , 1946b, 1946c) . Le radici di Mimosa hostilis, la quale cresce nella vegetazione caatinga secca e cespugliosa della zona, sono l'origine di questa bevanda inebriante. Il culto jurema è apparentem ente molto antico, essendo stato un tempo praticato da un certo numero di tribù, la maggior parte delle quali sono ora estinte o completamente occidentalizzate: Guegue, Acroa, Pimenteira ed Atanaya ..Una delle prime descrizioni della cerimonia jurema è datata 1788. In un'altra, che risale al 1843, si asserisce che, in un certo numero di tribù, la jurema veniva presa per «trascorrere la notte navigando nella profondità del sonno» (Gonçalves, 1946). ()uesta potente bevanda allucinogena merita uno studio più particola­ reggiato . È ancora aperta la questione se gruppi d'indiani la usino tuttora: fra i nativi che la utilizzavano di recente, i partecipanti alla cerimonia erano gruppi di sacerdoti, guerrieri, oppure uomini giovani e forti ed anzia­ ne donne cantanti, che s'inginocchiavano inchinandosi per ricevere la loro porzione di bevanda . Un tempo, tale cerimonia veniva eseguita prima di partire per la guerra. Una descrizione del culto jurema (Lowie, 1946a , 1946b, 1946c), dice quanto segue: Un vecchio maestro delle cerimonie, che brandisce un sonaglio da danza decorato con un mosaico di piume, serve una ciotola dell 'infuso falto con radici di jurema a tutti i celebranti, che quindi hanno visioni splendenti della terra degli spiriti, con fiori ed uccelli. Essi possono anche cogliere un'apparizione delle rocce impervie c0e distruggono le anime dei morti vaganti alla ricerca di una meta, oppure vedere l'Uccello tonante che lancia fulmini da un alto ciuffo sulla, testa ed emette fragori di tuono correndo qua e là. Un altro vecchio rapporto dice che «gli stregoni dopo averla ingerita facevano sogni fantastici e piacevoli». Una fonte missionaria asserisce che l'uso della jurema doveva essere un tempo molto più diffuso (Gonçalves, 1946). Fu soltanto nel 1873 che iniziarono gli studi botanici sulla jurema, con il lavoro del brasiliano Aruda Camara, il quale descrisse diverse piante come rappresentative della jurema. Una pianta cespugliosa conosciuta co­ me jurema branca, che egli aveva identificato come «Mimosa jurema alba», era «usata come narcotico». La jurema prela, che egli citava come Acacia 140 Piante d'impiego allucinogeno hosfilis (Mart.) Benth. J Be Disegno di J .B, Clark , jurema, cresceva a suo avviso solo nelle zone più secche delle caatinghe e delle sirti; egli la descri~eva come una grande pianta dalla quale «i locali ricavavano una bevanda che per incanto li trasportava in cielo» (Gonçalves, 1946). Più tardi, nel 1881, fu scritto che la jurema era un rimedio popolare degli abitanti delle sertoes o dell'interno: «il popolo della campagna addol­ cisce la fatica e i disagi con la corteccia di quest'albero» e «gli indiani estraggono dalla jurema un certo tipo di vino inebriante con effetti delizio­ si. Per fare il vino, staccano la corteccia e, dopo averla fatta bollire per 24 ore, aggiungono miele per neutralizzare il sapore amaro della bevanda ine­ briante che viene conservata per un uS9 successivo » (Gonçalves, 1946). Nel 1946 è stato botanicamente identificato il materiale di diversi « ti­ pi» di jurema proveniente dal Brasile nord-orientale: la jurema pn~ta si è 141 Bo/anica e chimica degli allucinogeni configurata come Mimosa nigra e M. hostilis, ed era la radice di quest'ulti­ ma, M. hostilis, che forniva la «bevanda miracolosa ') consumata ritualmen­ te nella cerimonia ajuca. La jurema branca, usata come stupefacente, fu identificata nella M. verrucosa ed altre specie simili (Mors e Rizzini, 1966). Un alcaloide isolato nel 1946 dalle radici di Mimosa hostilis fu chiama­ to nigerina (Gonçalves , 1946). Durante studi più recenti, un unico alcaloide, N,N-dimetiltriptammina, fu estratto in quantità 0,57 per cento dalle radici di M. hostilis, e fu stabilita l'identità della nigerina con questo alcaloide (Pachter ed altri, 1959). La N,N-dimetiltriptammina è anche uno dei princi­ pali costituenti di un genere allucinogeno affine, l'Anadenanthera. Mimosa hostilis (Mart.) Bentham in Trans. Linn. Soc. 30 (1875) 415. Alberello cespuglioso, ramoscelli minutamente viscidi-pubescenti, sti­ pole subulate, spine poco fitte, robuste, dritte, rigonfie alla base, lunghe 5-6 mm. Foglie bipennate, lunghe 3-4 cm, 4-6 iugate. Penne multiugate (8-18), lunghe 2,5-3 cm. Foglioline piuttosto spesse, oblunghe obliquamente, molto ottuse, lunghe 1-2 mm, aculeate, pubescenti. Infiorescenza vagamente cilin­ drica, lunga 5,5-6 cm, rachide pubescente, brattee piccole, spatolate. Fiori bianchi, calice minuto, ottusamente quadrilobato, corolla profondamente divisa in 4, stami dUe volte più lunghi della corolla. Baccello sessile o brevi-stipitato, lungo 2,5-3 cm, diametro circa 3 mm, viscido pubescente, valve membranose, si" aprono in 4-6 sezioni. Originaria del Brasile orientale: Mihas Gerais, Bahia, Pernambuco. Sophora Linnaeus La Sophora appartiene alle Sophoreae della sottofamiglia Papilionoi­ ·deae. Affine a Myroxylon, Baphia, ed al genere altamente tossico Ormosia, essa comprende approssimativamente cinquanta specie diffuse nelle zone tropicali e caldo-temperate di entrambi gli emisferi . I bellissimi semi scarlatti della Sophora secundiflora, conosciuti come fagioli di mescal, fagioli rossi, fagioli corallo o, nel Messico, come frijolillos o colorines, un tempo costituivano la base di un culto imperniato sulla ricerca di visioni diffuso fra gli indiani del Messico settentrionale, del Texas e del Nuovo Messico (La Barre, 1938; Schultes, 1937b, 1961a, 1969b) . . Uno dei primi esploratori della costa del Texas, Cabeza de Vaca, fece menzione nel 1539 dei fagioli di mescal come uno degli articoli di scambio fra i nativi. Secondo i risultati della spedizione di Stephen Long, nel 1820 si venne a cònoscenza del fatto che le tribù Arapaho e Iowa usavano i grossi fagioli rossi a scopo medicinale nonché narcotico. Recenti reperti archeologici, sicuramente datati, del nordest del Messi­ co e del Texas oltre il Rio Pec6s, fanno risalire l'uso di droghe psicoattive addirittura al nono millennio a.C., e forniscono la prova di uno sviluppo evolutivo di queste sostanze. La Sophora secundiflora fu trovata in tutti gli strati di un enorme rifugio roccioso conosciuto come Fate Beli Shelter, detti livelli comprendono un periodo fra il 7000 a.c. ed il 1000 d.C. Resti di S. secundiflora furono trovati nello strato occupazionale inferiore del Bonfire Shelter, datato con il l4C fra 1'8440 e 1'8120 a.c. Un altro ancora dei più antichi siti scavati - Frightful Cave - presentava abbondanza di S. secun­ 142 Piante d'impiego allucinogeno diflora nei livelli datati dal 7500 a.c. al 570 d.C. Poiché i fagioli di mescal non sono commestibili, e sono stati trovati nei rifugi più frequentemente che non il peyotl e l'Ungnadia speciosa , il cosiddetto «occhio-di-caprone messicano», pianta di sospetta a zione psicotropa, è plausibile asserire che questi ritrovamenti archeologici indicano un impiego magico-religioso o cerimoniale dei fagioli di mescal (Adovasio e Fry, 1976). Anche se, come ha scritto Campbell, «la presenza di fagioli di mescal in alcuni ... luoghi, trovati in contenitori e vicino ad utensili ed altri oggetti, non significa necessariamente la presenza di un culto del fagiolo di me­ scal... Vi sono documenti archeologici supplementari che suggeriscono l'esi­ stenza di un culto preistorico che poteva comportare l'uso di tale fagiolo» (Campbell, 1958). In ogni caso, nei tempi moderni è esistito un culto di questa pianta ben sviluppato fra un certo numero di tribù indiane del Nord America: le tribù Apache, Comanche, Delaware, Iowa, Kansa, Omaha, Oto, Osage, Pawnee, Ponca, Tonkawa e Wichita. Altre tribù consideravano il fagiolo come una medicina od un feticcio ma, almeno apparentemente, non svilupparono un culto basato sul suo impiego. Nel culto - variamente conosciuto come «Danza Wichita», «Danza dei cervi», «Danza del fagiolo rosso» e «Società del fagiolo rosso» - questi semi venivano impiegati ritualmente, oppure come mezzo divinatorio per indurre visioni nei riti d'iniziazione, e come emetico e stimolante cerimoniale (Campbell, 1958; Howard, 1957; La Bar­ re, 1957,1960; Merrill, 1977, Troike, 1962). Fra alcuni aspetti del moderno culto del peyotl c la Danza del fagiolo rosso vi sono molti paralleli e similitudini; entrambi chiaramente hanno un'origine meridionale a causa della distribuzione naturale delle piante utilizzate. Una pratica di massimo interesse etnobotanico e farmacologico è la mescolanza di una bevanda narcotica di peyotl e fagioli di mescal, docu­ mentata presso le tribù Comanche, Oto, e Tonkawa. Questa bevanda, usata probabilmente nel periodo di transizione fra la scomparsa della Danza del fagiolo rosso e lo stabilirsi del culto del peyotl nel secolo scorso, dev'essere stata indubbiamente una preparazione narcotica molto potente, se non pe­ ricolosa. Ad essa si può probabilmente far risalire la responsabilità della confusione creatasi nei testi meno recenti, fra i termini fagiolo di mescal e peyotl (Campbell , 1958; Howard, 1957; La Barre, 1938). Sembra probabile che la Danza del fagiolo rosso, sviluppata al massi­ mo fra le tribù delle pianure, fosse un culto antecedente al peyotl, e che il ruolo'di narcotico sacro di questa pianta si sia perso o sia stato dimenticato con l'introduzione del cactus allucinogeno, molto meno pericoloso . Anche oggi i Kiowa, i Comanche ~d altri capi o «guide» della cerimonia del peyotl indossano spesso, come parte dell'abbigliamento ornamentale, una collana di semi di S. secundiflora. Recentemente è stato fatto notare che in realtà gli indiani del Nord America impiegavano bottoni di mescal più diffusamente come decorazioni sui vestiti o come perline per collane di semi, pur utilizzandoli anche come medicinale (Merrill, 1977) . Anche se questa affermazione è vera, è molto probabile che l'uso così diffuso di questi fagioli rossi come ornamento possa essere strettamente collegato alla considerazione in cui erano tenuti a causa 143 Botanica e chimica degli allucinogerli SO PH O R A secundlflora (OrI.) Leo. 2 Disegno di 1.B. Clark. delle loro proprietà inebrianti, e anche perché incutevano una sorta di timore come «esseri sensibili, viventi, capaci di riprodursi e di agire per conto proprio» (Merrill, 1!977). Le ricerche chimiche sulla Sophora secu ndiflora risalgono alla fine del­ l'ottocento. Fu isolato un alcaloide, la soforina (Plugge e Rauwerde , 1896), che più tardi risultò essere identico alla citisina, trovata in molti generi di Leguminose (Leonard, 1953). La struttura chimica e la configurazione asso­ luta della citisina, che appartiene al gruppo degli alcaloidi del lupi no, sono sta te completamente chiari te . Recenti ricerche sulla S. secundiflora hanno rivelato la presenza di diversi alcaloidi minori: N-metilcitisina , lupinina, ~5-deidrolupanina , anagirina e termopsina (Izaddoost ed altri, 1976; Keller 144 Pianle d'impiego allucinogeno Sophora secundiflora fiorita. Uvalde county, Texas. La Sophora secundiflora assume talvolta le dimensioni di un arbusto solido dalla chioma piuttosto ampia. (Foto D.S. Correli). 145 lO Botanica e chimica degli allucinogeni (1 e 2) Semi di Sophora secundiflora. Presso le tribù Kiowa di Anadarko, Oklahoma, durante le cerimonie del peyotl il capo usa adornarsi di collane fatte di semi di Sophora. (Per gentile concessione del Botanical Museum, Harvard University). 2 ed altri, 1976). Gli alcaloidi più importanti sono la citisina e la sparteina. Da un punto di vista farmacologico, la citisina appar~iene allo stesso gruppo della nicotina (Zachowski, 1938). E' un veleno potente, che provoca nausea, convulsioni, e la morte per insufficienza respiratoria. Non è stata descritta farmacologicamente alcuna attività allucinogena della citisina o degli alcaloidi minori della Sophora secundiflora. Si-dovrebbe ripetere l'a­ nalisi chimica della Sophora secundiflora usando tecniche più moderne per determinare se esistano o no altri alcaloidi in questa pianta atti a spiegare il suo originario impiego come allucinogeno. Sophora secundiflora (Ort.) Lagasca ex De Candolle, Cat. Hort. Monsp. (1813) 148. Arbusto od alberello, alto 8-13 m, tronco di diametro 15-20 cm, che si divide presso la base in rami eretti, che formano una stretta corona. Ramo­ s'celli tomentosi, glabrescenti o quasi. Foglie sempreverdi, persistenti, lun­ ghe 10-15 cm, picciolate; piccioli pubescenti, leggermente allargati alla ba­ se. Foglioline in numero di 7-11, subsessili, cartacee, oblunghe-ellittiche, lunghe 1,5-6 cm, ottuse all'apice o in qualche caso mucronate, ampiamente 146 Piante d'impiego allucinogeno cuneate alla base, superficie superiore intensamente giallo-verde, lucida, superficie inferiore sericea, specialmente quando sono giovani. Fiori su ra­ cemi terminali, mono-Iaterali di 5-10 cm, dal profumo dolciastro, blu­ violetti (solitamente con poche macchie più scure alla base), lunghi 2-3 cm, calice campanulato, petali brevi-ungulati , ovario bianco-sericeo. Baccello duro, legnoso, affusolato alle estremità si restringe fortemente fra i semi, lungo 2,5-20 cm, diametro 1,7 cm, tomentoso quando è vecchio, indeiscente, contiene da 1 a 8 semi. Semi di colore scarlatto chiaro, ovoidali, lunghi circa 1,5 cm, ilo piccolo, più pallido, episperma duro. Vive dal Messico settentrionale al Texas e nel Nuovo Messico, nella boscaglia, sugli argini dei fiumi, di solito su terreni calcarei. Viene spesso coltivata come pianta ornamentale. MALPIGHIACEAE Quella delle Malpighiaceae, che appartiene all' ordine Geraniales, è una famiglia di piante tropicali (particolarmente ben sviluppata nel Sud Ameri­ ca) comprendente oltre 800 specie ripartite in 60 generi. Si divide in due sottofamiglie: Planitorae (alberi di distribuzione neo tropicale) e Pyramido­ torae (liane e rampicanti dei tropici di entrambi gli e misferi) . Ad eccezione di qualche albero da frutto poco importante, non vi è alcuna specie econo­ micamente significativa, anche se un certo numero di generi sono conosciu­ ti dai popoli primitivi come velenosi, oppure hanno degl'impieghi interes­ santi nella medicina popolare. La ricerca chemiotassonomica delle Malpi­ ghiaceae non si è molto sviluppata. Banisteriopsis C. B. Robinson e ~mall Banisteriopsis è un genere dell'America tropicale che comprende circa 100 specie di rampicanti. Nel Sud America settentrionale vi è una bevanda narcotica largamente usata a scopo profetico, divinatorio e come allucinogeno magico defin-ita con nomi indigeni, ma generalmente conosciuta come ayahuasca, caapi, pinde, natéma o yajé. Sebbene non sia così diffusamente conosciuto come il peyotl o come i funghi sacri, questo preparato narcotico è stato oggetto di un enorme numero di articoli che gli hanno fantasiosamente attribuito stravaganti ed infondate proprietà ed in p a rticolare piesunte facoltà «tele­ patiche». Nella preparazione di questa bevanda narcotica vengono utilizzate di­ verse specie di Banisteriopsis. La bevanda viene ottenuta dalla cort~ccia del tronco nelle regioni amazzoniche di Brasile, Bolivia, Colombia, Equador, Perù, nell'Orinoco venezuelano, e lungo la costa pacifica di Colombia ed Equador . Di solito si adopera una sola specie ma, occasionalmente, possono anche essere usate delle miscele. Gl'ingredienti base della bevanda sembra siano costituiti da due specie di Banisteriopsis: B. caapi, nella maggior parte della diffusione geografica della droga; B. inebrians, nella regione più a ovest del bacino amazzonico, sulle pendici orientali delle Ande. Queste due specie, come molte altre di tale genere, sono conosciute in maniera piuttosto superficiale , e ciò in parte è dovuto alla scarsità di valide collezioni disponibili per gli studi tassonomi­ 147 Botanica e chimica degli allucinogeni BANISTERIOPSIS Caal'i (SpYuce ex Griseh) Morto~ Disegno di E.W. Smith. ci. Entrambe sono liane della jungla che fioriscono raramente. È difficile per chi non è un botanico comprendere la nostra mancanza di conoscenze sulle delimi tazioni specifiche di piante narcotiche il cui impiego è noto da piLl di un secolo (Cuatrecasas, 1958, 1965; Morton, 1931; Schultes, 1957). Di recente, sono state indicate come fonti di bevande narcotiche usate nelle regioni amazzoniche della Colombia diverse altre specie di Baniste­ 148 Piante d'impiego alluc inogeno BANISTERIOPSIS inebrians Mox~o1'V Disegno di E.W . Smith. riopsis: B. cabrerana e B. martiniana var. laevis. (Garda - Barriga 1975, Schultes 1975). La prima descrizione dell'ayahuasca sembra essere quella di Villavi­ cencio nella sua geografia ecuadoriana, pubblicata nel 1858. La pianta da cui si ricava la droga, egli scriveva, era un rampicante usato dagli Zaparo, Angatero, Mazan, e da altre tribù del bacino del Rio Napo: 149 Bo/anica e chimica degli allucinogeni Ramo fiorito di Banisteriopsis ca api, liana delle zone tropica­ li del Nord e Sud America e delle Indie Occidentali. Ha la corteccia liscia e bruna, foglie verde scuro e fiori rosei. [Tale droga] era usata per prevedere e per rispondere con sicurezza nei casi difficili , per rispondere in modo opportuno agli ambasciatori di altre tribù in una questione di guerra; per decifrare i piani dei nemici mediante questa be­ vanda magica ed intraprendere le mosse giuste per l'attacco e la difesa; per sapere, quando un parente s'ammala , quale mago gli ha dato il malocchio; per compiere visite amichevoli ad altre tribù; per dare il benvenuto ai viaggiatori stranieri, per essere sicuri dell'amore delle loro donne. Sette anni prima, nel 1851, l'esploratore e botanico inglese Richard Spruce aveva scoperto che le tribù Tukano del Rio Vaupés del Brasile amazzonico usavano una liana, chiamata caapi, per ottenere un effetto ine­ briante, ma le sue osservazioni non furono pubblicate se non più tardi (Spruce, 1908). Diversamente da Villavicencio, Spruce aveva identificato con precisione il caapi come una nuova specie di malpighiacea. Dalla liana usata per preparare la bevanda furono raccolti dei campioni in piena fiori­ tura, e Spruce qe tracciò una descrizione dettagliata, chiamandola Baniste­ ria caapi dal suo nome volgare. La descrizione fu pubblicata da Grisebach. Con il progressivo arricchimento della conoscenza tassonomica sulla fami­ glia delle Malpighiaceae durante questo secolo, fu dimostrato che sia que­ 150 Richard Spruce, il botanico inglese studioso della flora della zona set­ tentrionale del Sud America che av­ viò le ricerche su diverse piante allu­ cinogene delle valli del Rio delle Amazzoni e dell'Orinoco. Qui è ritra tto all'inizio della spedizione del 1849. (Disegno di E.W. Smith). sta, sia le specie concettualmente affini non potevano essere comprese con precisione nella Banisteria. Nel 1931, Morton descrisse come specie analo­ ga, ugualmente impiegata a scopo allucinogeno, la Banisteriopsis inebrians, servendosi di materiale proveniente dalla parte più occidentale dell'Amaz­ zonia colombiana. Spruce era così all'avanguardia rispetto ai botanici suoi contempora­ nei; che raccolse dei fusti per l'analisi chimica della pianta originale già nel 1851 (Schultes, 1968b) . Questo materiale fu analizzato solo nel 1969 e, dopo più di un secolo dalla sua raccolta, diede dei risultati paragonabili a quelli di materiale recente (Schultes ed altri, 1969b). Nel 1853, Spruce s'imbattè nell'uso del caapi fra gli indiani Guahibo dell'alto bacino dell'Orinoco in Colombia ed in Venezuela. Qui - egli riferiva - i nati,-;i «non solo bevono un infusQ simile a quello degli Uaupés (Vaupés), ma masticano anche il fusto essiccato ... ». Di nuovo, nel 1857 , nelle Ande ecuadoriane, egli incontrò gli Zaparo che prendevano un narcotico conosciuto come ayahuasca, che egli considerò essere «della stessa specie di quello degli l)aupés, ma diffuso sotto un altro nome ». Spruce scrisse che, sebbene Villa vi cencio «non potes­ se dire della piant~'l niente di più del fatto che era una liana o un rampican­ te », la descrizione da lui fattane circa le proprietà coincideva «meraviglio­ samente con quanto ho precedentemente imparato in Brasile » (Spruce, 1908). Nel secolo che seguì al notevole lavoro di Spruce, molti esploratori, botanici , ed altri - von Martius, Orton , Crévaux e Koch-Grunbe rg, per fare 151 BOlanica e chimica degli allucinogeni Dalla coll ezio ne origina le di Spruce: framm en ti di Banisleriopsis ca api raccolti nel 1851 su l Rio Uaupes, Brasile amazzonico. (Per gentile concessione del Bot anic Museum, Royal Botanic Gardens, Kew , ln ghi lterra) . soltanto alcuni nomi - parlarono di ayahuasca, caapi, o yajé casualmente e spesso senza alcuna precisione botanica al di là dell'affermazione che la droga proveniva da una ,diana de lla jungla» (Naranjo, 1970; Schultes , 1957, 196Ia). Negli anni che seguirono al primo lavoro, si dimostrò che l'area d'im ­ piego di ayahuasca, caapi, o yajé era più vasta, includendo l'Amazzonia del Perù e della Boli via, e le regioni del Pacifico d ella Colombia e de ll 'Ecuador pluviali e ricoperte da fores te. È stato riferito che vengono impiegate diver­ se altre specie di Banisteriopsis , ed anche una spec ie di Mascagnia, ma le indicazioni sono vagh e e, di solito, prive di un 'adeg uata autenticità botani­ ca (Schultes, 1957) . Di grandissimo interesse è stato il lavoro svolto in Bolivia da Rusby e White nel 1922 e la pubblicazione nel 1931, da parte di Morton, delle detta ­ gliate descrizioni eseguite sul campo dal m eticoloso botanico-collezionista Klu g nel Putumayo colombiano. Ugualmente validi sono stati gli studi, nella Caqueta colombiana, del 1925-26, dei raccoglitori russi Voronof e Juzepczuk . Il lavoro in loco de} botanico colombiano Ga rcia-Barriga ha contribuito ad ampliare le nostre conoscenze; nel 1965 fu pubblica to da Friedberg uno studio e'tnobotanico eccezionalmente completo. Nel 1958, lo studio p1onografico di Cuatrecasas suHe Malpighiaceae della Colombia ha definitivamente fornito, per la prima volta , una solida base tassano mica per chiarire i problemi etnobotanici e fitochimici di questo curiosissimo allucinogeno (Cooper, 1949; Nara njo, 1970; Schul tes, 1970a , 1970c). Nei primi tentativi di identificare ayahuasca, caapi e yaj é si presenta­ rono subito, tuttavi a, delle serie complicazioni. Nel 1890 un missionario pubblicò un articolo nel quale confondeva l'albero narcotico Brugmansia, usato fra gli Jivaro, con un a llucinogeno dell e malpighiacee: una co nfusione che si diffuse rapidamente nella let teratura farmacologica e chimica e che permane tuttora. La beva nda narcotica fu , in un caso, addirittura attribuita ad una specie di Aristolochia (Schul tes, 1957). 152 Piante d'impiego allucilwgeno Esemplare di Banisteriopsis caapi coltivata a Fusugasugà, Colombia. (Foto R.E. Schultes). Sezione trasversale del fus to della Banisteriopsis caapi con la sua caratteristica forma a rosetta. (Foto ~. Big\Vood). 153 B e il r ag e z u r G i f t k u n d e Herauegegeben lIon Professor Dr. LoulS Lewln Heft3 Banisteria (aeDi . ein neues Rauschgift und HeUmittel Frontespizio dello studio di Louis Lewin sulla Baniste­ riopsis caapi, pubblicato nel 1929. Tra gli anni 1927 e 1928 alcuni ricercatori isola­ rono dalla pianta un alcaloi­ de al quale diedero il nome di telepatina o banisterina. von Praf. Dr. Lauis Lewin Mit:2 Karten '929 Verlag von Georg Stllke I Berlln Si sviluppò anche, soprattutto fra lettori poco critici, o per una errata interpretazione del lavoro in loco di Spruce , una strana credenza che fu ampiamente accettata dalla letteratura; si presunse, sebbene ayahuasca e caapi siano ottenute dalla Banisteriopsis, che la droga nota come yajé fosse preparata con la Prestonia amazrmica (Haemadictyon amazonicum della fa­ miglia delle Apocynaceae). Anche se è stata chiarita, questa erronea identi­ ficazione s'incontra ancora nei testi specifici in riferimento allo yajé, ed occasiQnalmente anche ad ayahuasca e caapi. Ciò ha confuso lo studio etno­ botanico, chimico e farmacologico di ' questa droga in modo incredibile e, sfortunatamente, l'equivoco persiste, persino nelle pubblicazioni scientifi­ che (Schultes e Raffauf, 1960). Da una valutazione critica del lavoro eseguito in loco da vari ricercato­ ri, è ora chiaro che le due principali fonti di ayahuasca, caapi e yajé nel bacino amazzonico, del natéma nell'Ecuador e del pinde lungo la costa pacifica della Colombia, sono. le cortecce di Banisleriopsis caapi e B. ine­ brians. . Le prime analisi chimiche di Banisleriopsis erano viziate dalla mancan­ za di una sicura identificazione botanica del materiale base. Da alcuni 154 Pianle d'impiego allucinogeno TABELLA VI COSTITUENTI ATTIVI DELLA BANISTERIOPSIS R R=CH 3 : armina R=COOCH 3 : estere metilico dell'acido armico R=CONH 2 : amido armico R=COCH 3 : acetii norarmina Armolo R N-Ossi armina R=CH 3 : armalina R=COOH: acido armalinico Tetraidroarmina Chetotetraidro-norarmina ricercatori fu isolato un alcaloide, chiamato telepatina (Perrot ed altri, 1927), o banisterina (Lewin, 1928). Ulteriori ricerche di Elger (1928), Wolfes e Rumpf (1928), miser9 in evidenza che si trattava di un solo alcaloide e che questo era identico alla già nota armina, isolata molto prima dal Peganum harmata. Oltre a quello principale, p,iù tardi fu dimostrata la presenza di diversi alcaloidi minori: armalina, tetraidroarmina, armalo, estere metilico dell'acido armico, acido armico, acetiI norarmina, N-ossi-armina, acido ar­ malinico e tetraidro-cheto-norarmina (Deulofeu, 1967; Hashimoto e Kawa­ nishi, 1975, 1976; Hochstein e Paradies, 1957; Rivier e Lindgren, 1972). Nella Tabella VI sono riportate le formule corrispondenti. La chimica delle Banisteriopsis è stata riveduta e riassunta da Deulofeu (1967). Le strutture di armina ed armalina sono sta te proposte nel 1919 da Perkin e Robinson e confermate per sintesi nel 1927 da Manske ed altri. Metodi di sintesi più convenienti furono pubblicati più tardi da Spath e 155 Botanica e chimica degli allucinogeni Lederer (1930a , 1930b), da Akabori e Saito (1930), da Harvey e Robson (1938) e da Spenser (1959). La sintesi dell'armalina mediante condensazione di 6-metossitriptam­ mina con glicolaldeide (metodo di Spenser) è la seguente: Armalina Per riduzione, l'armalina dà tetraidroarmina ; per ossidazione leggera, questa si trasforma in armina (Fischer, 1889). Un altro aspetto molto importante, ma ancora poco conosciuto, delle ricerche su questo allucinogeno, è l'identificazione delle piante usate da alcune tribù amazzoniche come additivi dell'ingrediente base costituito da Banisteriopsis. L'usanza di servirsi di queste aggiunte o misture può essere o molto localizzata - talvolta è per esempio \'invenzione di un solo strego­ ne - od anche largamente diffusa. In molti casi vi è motivo di supporre che esse alterino o rinforzino gli effetti provocati dalle sole B. caapi o B . ine­ brians. I Siona della Colombia aggiungoflo alla bevanda probabilmente del­ la Brugmansia suaveolens, ed i loro vicini, gli Ingano, sembra che preferisca­ no l'aggiunta dell'amarantacea Allernanthera lehmannii. I Kofan e gli Jivaro della Colombia e dell'Ecuador aggiungono la solanacea Brunfelsia. Gli stre­ goni Makuna del Rio Popèyak<i della Colombia orientale aggiungono occa­ sionalmef\te delle foglie sbriciolate dell'apocinacea Malouetia tamaquarina. Sembra che, in qualche caso, si mescoli alle piante allucinogene anch e del tabacco. Una interessante relazione antropologica ha di recente elencato cinque liane, le cui cortecce vengono impiegate assieme alla B. caapi dai Tukano dell'area brasiliana del Rio Vaupés, ma, sfortunatamente, le piante sono identificate soltanto con il loro nome nativo. Sembra che la bevanda sia resa molto più potente con l'aggiunta di un rampicante dai nodi molto ispessiti, conosciuto dai Tukano come kuri-kaxpida, e che potrebbe essere lo Gnelum sp., molto abbondante nella vegetazione che cresce lungo i fiumi (Rivier e Lindgren, 1972 ; Schultes, 1957, 1970a, 1970c, 1973) . Da non molto , due tra i tanti additivi hanno attirato l'attenzione, poi­ 156 Piante d'impiego allucinogeno ché la ricerca fitochimica ne ha avvalorato gli usi popolari. Molto più spes­ so tuttavia gli specialisti hanno chiarito che diversi additivi di questa e di altre composizioni narcotiche e veleni (il curaro è un buon esempio), sono basati sulla superstizione. I componenti in oggetto sono Banisteriopsis rusbyana 9 ed una specie di Psychotria (Schultes, 1970a). Le foglie di Banisteriopsis rusbyana, conosciute nell'Amazzonia colom­ biana ed ecuadoriana come oco-yajé, costituiscono un additivo importante alla bevanda preparata dalla corteccia di B. caapi e B. inebrians. Alcune popolazioni aggiungono queste foglie «per esaltare e prolungare » le alluci­ nazioni visive nello stato di ebbrezza. Si sa adesso che vi è una base chimi­ ca per questa mescolanza : la bevanda risultante , contenente gli alcaloidi della ~-carbolina ed N ,N-dimetiltriptammina, entrambi derivati indolici allucinogeni, è, in effetti, di gran lunga più potente. Nel 1965, Poisson indicò che le foglie di Banisteriopsis rusbyana conten­ nevano N ,N-dimetiltriptammina in concentrazione relativamente elevata. " Questa scoperta fu confermata più tardi da diversi ricercatori (Agurell ed altri, 1968a; der Marderosian ed altri, 1968). I costituenti minori consistono in N-metiltriptammina, 5-metossi-N ,N-dimetiltriptammina e bufotenina (v. Virola). Oltre a questi, fu riscontrata in tracce anche N-metiltetraidro-~­ carbolina (Agurell ed altri, 1968a). Q-:r)-CH. H N -meti l tetraidro-f3-carbol i na I recenti studi etnobotanici in loco hanno evidenziato che, in due locali­ tà distanti del bacino amazzonico, nell'Ecuador occidentale e nell'Acre del Brasile, alle bevande di Banisteriopsis vengono aggiunte foglie di Psychotria (Prance, 1970; Prance e Prance, 1970; Schultes , 1970a, 1970c; Urzua ed altri, 1972). Una delle specie è la Psychotri(1 viridis utilizzata in entrambe le località; l'altra non è ancora stata identificata come specie. L'analisi chimi­ \ ca ha di recente indicato la presenza di N ,N-dimetiltriptammina nelle fo­ glie di P. viridis, per la prima volta nelle Rubiaceae (der Marderosian ed altri, 1970). Nelle, foglie di Psychotria viridis e di P. carthaginensis, usate come addi ti vi alla corteccia di Banisteriopsis ci;wpi nella preparazione qella aya­ huasca dagli indiani Sharanahua e Culina nel bacino sud-occidentale del­ l'Amazzonia, oltre alla N,N-dimentiltriptammina furono trovate N­ metiltriptammina e N-metiltetraidro-~-carbolina (Rivier e Lindgren, 1972). In relazione alla scoperta di N,N-dimetiltriptammina nella Banisteriop­ sis rusbyana, è da notare che, nel 1957, due chimici descrissero un'analisi di ayahuasca e yajé del Perù amazzonico. Essi identificarono l'ayahuasca come B, caapi e il yajé come Prestonia amazonica, affermando che i nativi 9 Il nome botanico corretto di questa specie è ora Diplopterys cabrerana (Cuatr.) Gates. 157 Botanica e chimica degli allucinogeni BANISTERIOPSIS Rusbyana (Ndz.l Mort. J BC Diseg no di l.B. Clark. del Rio Napo «consumano comunemente un estratto misto di foglie di B. caapi e P. amazonica, con la credenza che le ultime sopprimano le allucina­ zioni più, sgradevoli attribuite agli estratti puri della B . caapi » (Hochstein e Paradies, 1957). L'(<Ìdentificazione» delle foglie di «Preslonia amazonica» fu eseguita su un estratto acquoso di foglie, avuto dai nativi come yajé e così identificato in buona parte dei testi. La N,N-dimetiltriptammina non è presente nelle Apocy.oaceae e, alla luce di studi recenti, appare possibile che l'estratto di foglie chiamato yajé fosse, in realtà, composto con B. rusbyana o Psychotria viridis. Prima che si possa avere una completa conoscenza della complessa situazione degli allucinogeni ayahu asca -caapi-yajé , sono necessarie ancora molte ricerche in loco ed in laboratorio , preferibilmente a carattere interdi­ sciplinare, nonostante sia passato più di un secolo dalle prime identificazio­ 158 Piante d'impiego allucinogel/IJ Banisteriopsis rusbyana. Dalle fo­ glie di questa specie, che conten­ gono triptammina, si estrae un liquido che, aggiunto al caapi, ne potenzia e ne prolunga l'effet­ to allucinogeno. . ni botaniche. È sconfortante pensare che, con la rapida e progressiva occi­ dentalizzazione di una tribù dopo l'altra, il tempo per completare ricerche di questo genere stia rapidamente diminuendo. Il decorso dell 'intossicazione da armina in gatti integri corrisponde agli effetti di un eccitante spasmogeno del sistema nervoso centrale (Beer, 1939a , 1939b). L'evidente azione eccitante di armina ed armalina è molto probabilmente in relazione con il loro effetto inibitorio dell'ossidasi mo­ noamminica (MAO) (Pletscher ed altri, 1959). È noto che questo enzima partecipa alla decomposizione d 'importanti ammine biogeniche e che la sua inibizione porta ad un accumulo di epinefrina e nor-epinefrina nell'or­ ganismo . È stato riscontrato che piccole dosi di armina (25-75 mg per via sotto­ cutanea) provocano nell 'uomo euforia (Lewin, 1928). Turner ed i suoi assi­ stenti dubitavano che fosse una sostanza psicotomimetica (1955), ma Ger­ shon e Lang (1962) hanno trovato che nei cani provoca irrequietezza ed evidenti allucinazioni (1962) . Pennes ed Hoch (1957) hanno osservato su malati di mente d,egli effetti di tipo LSD per somministrazione endovena di 150-200 mg, mentre la somministrazione orale (300-400 mg) produceva, còme solo disturbo percettivo, un 'i mpressione di movimento ondoso del­ l'ambiente, come pure paraestesia ed una minor sensibilità della pelle al contatto ed allo stimolo del dolore . . In una indagine condotta su trenta volontari, ai quali fu somministrato oralmente o per via endovenosa idrocloruro di armalina (non se ne conosce la dose), Naranjo ha osservato distacco dal mondo esterno ed estrema passi­ vità. L'effetto più caratteristico era la contemplazione ad occhi chiusi d 'im­ magini vivide, intensamente colorate. Non furono osservati altri effetti psi­ cotomimetici, come sensazioni estatiche, caratteristiche di altri allucinoge­ ni (Naranjo, 1957). Gli effetti allucinogeni delle preparazioni di ayahuasca possono essere 159 Botanica e chimica degli allucinogeni Vis ioni ayahuasca di uno sc'ia mano del Perù amazzonico duranLe una «cerimonia di cura », (Di s~ gno dell'a rti s ta peruviano Yando de Rio', 1977), il risultato dell'attività còmbinata dell'armina e dei suoi derivati con la dimetiltriptammina ed altri derivati della triptammina che furono riscon­ trati in certe aggiunte all'ayahuasca, come la Banisteriopsis rusbyana e la Psychotria viridis, Gli inibitori dell'ossidasi monoamminica (MAO) , armina ed armalina, possono potenziare gli effetti delle triptammine, Si deve tutta­ via tener presente che il narcotico provoca sempre allucinazione, anche quando, come spesso accade, è preparato esclusivamente da specie di Bani­ steriopsis senza additivi ricchi di triptammine. Banisteriopsis caapi (Spr. ex Griseb.) Morton in louro. Wash. Acad. Sci. 21 (1931) 485. Arbusto rampicante o liana estesa, Corteccia solitamente di un bruno­ 160 Piante d'impiego allucinogeno cioccolato chiaro, liscia. Ramoscelli subcilindrici affusolati agli apici, leg­ germente pubescenti, diventano presto glabri, nodi distanti. Foglie opposte, cartacee, verdi, picciolo sinuoso, lungo 1-2,5 cm, a tratti pubescente, bi­ ghiandolare all'apice, grossolanamente ovali-Ianceolate, arrotondate alla base o cuneate-decorrenti, all'apice acuminate-cuspidate (fino a 2 cm), mar­ gine intero, lunghe 8-18 cm, larghe 3,5-8 cm, superficie superiore glabra, superficie inferiore glabra o con peli sparsi. Infiorescenze ascellari o termi­ nali, cimose a pannocchia, più brevi od uguali alle foglie, brattee fogliacee ovali, acute, arrotondate alla base, pubescenti, lunghe 1,5-3 cm, larghe 1-1,5 c;m; alla base carnose-ghiandolose , assi e ramoscelli cinerei-villosi­ tomen tosi. Fiori di diametro 12-14 mm, pedicella ti, pedicelli lunghi 3-8 mm, cinereo-villosi, sepali lanceolati-ovali, piuttosto ottusi, densi cinereo­ villosi, lunghi 2,5-3 rum, larghi 1,5 mm, con o senza 8 ghiandole basali . Petali rosa, cocleati-suborbicolari od ovali, sfrangiati, lunghi 5-7 mm, lar­ ghi 4-5 mm, unghia lunga 1,5 mm (quinto petalo più breve, piatto, subellit­ tico, margine ghiandolare-sfrangiato, 2-3 ghiandole capitate-stipitate, un­ ghia più robusta, lunga 2-2,5 mm). Stami in numero di lO, filamenti piutto­ sto spessi, complanari, antere disuguali, ellittiche, lunghe 0,6-1,2 mm, più o meno pelose, connettivo ghiandolare-carnoso. Ovario villoso, stilo glabro, allargato alla base, lungo 3 mm. Noce di samara lunga 5 mm, schiacciata­ villosa, venulata-costata, alla base acutamente verrucosa, ala dorsale pube­ scente o glabra, semiovale, o semiovale-oblunga, margine superiore ispessi­ to , alla base leggermente gibboso, margine inferiore eroso-crenulato , non ristretto alla base, lungo 2,5-3 ,5 cm, largo 1,2-1,4 cm. È diffusa nel bacino occidentale amazzonico di Brasile, Bolivia, Colom­ bia, Equador e Perù, sia allo stato selvatico, sia coltivata negli appezzamen­ ti di terreno indiani. Altre specie impiegate sono le seguenti: Banisteriopsis cabrerana Cuatrecasas in Webbia 13 (1958) 493. Banisteriopsis inebrians Morton (1931) 485 . in Journ. Wash . Acad. Sci. 21 Differisce dalla B. caapi principalmente nella struttura della foglia, nella disposizione delle ghiandole e nella forma di foglie e samare. È diffusa nelle regioni amazzoniche più occidentali della Colombia, in Ecuador e probabilmente in Perù. Banisteriopsis rusbyana (Ndz.) Morton in Journ. Wash . Acad. Sci. 21 (1931) 487. È una specie conosciuta in modo incompleto, di cui si trovano esempla­ ri nell'Amazzonia boliviana, colombiana ed ecuadoriana, e probabilmente nel Perù. La straordinaria differenza chimica fra questa specie, la B. caapi e la B. inebrians, indica che ulteriori studi chemiotassonomici potrebbero far sorgere dei dubbi anche sulla sua appartenenza al genere Banisteriopsis. Tetrapteris Cavanilles Il genere Tetrapteris comprende circa novanta specie di rampicanti , 161 11 Botanica e chimica degli allucil10geni Disegno di E.W. Smith. raramente alberelli, distribuiti in tutte le regioni tropicali umide del Nuovo Mondo. . Diversi studiosi, fra i quali Spruce e Koch-Grunberg, hanno menziona­ to più di un «tipo» di caapi nel bacino del fiume Vaupés del Brasile e della Colombia (Koch-Grunberg, 1909, 1923; Spruce, 1908). Nel 1948, Schultes fu testimone della preparazione e provò una bevan­ da narcotica di cui facevano uso gli indiani nomadi Makù sul Rio Tikié, un affluente del Vaupés, nell'estremo nordovest del Brasile. Alcuni campioni di un rampicante in fioritura, dalla corteccia del quale veniva ottenuto un infuso con acqua fredda senza alcùna aggiunta di altre piante, rappresenta­ 162 Piante d'impiego allucinogeno vano una specie non ancora descritta del genere Tetrapteris , molto affine al genere Banisteriopsis. La specie fu descritta e le fu attribuito il nome di T. methystica (Schultes, 1954a) . La bevanda preparata con questa liana della jungla presentava una colorazione giallastra, del tutto diversa dal colore bruno-caffè caratteristico di tutte le preparazioni ottenute dalla corteccia di Banisteriopsis caapi nella stessa regione (Schultes, 1954a). Sfortunatame nte non sono stati eseguiti studi chimici sulla Tetrapleris melhystica . L'accostamento del genere alle Bavzisleriopsis, e la somiglianza degli effetti a quelli indotti da B. caapi, suggeriscono la probabili tà che basi ~-carbolinich e siano responsabili della sua attività. È giusto ritenere che la Tetrapteris methystica possa rappresentare il secondo «tipo» di caapi indicato da Spruce e Koch-Griinberg; può darsi che l'epiteto caapi-pinima (<<caapi colorata»), riportato da ambedue questi scrit­ tori, non alluda alle foglie, ma all'insolita colorazione giallastra de lla be­ vanda con esse preparata. Recentem ente, anche la Telrapleris mucronata è stata indicata come la base di un tipo di caapi fra gli indiani Karapana del bacino del Rio Apaporis in Colombia (Schultes, 1975). Tetrapteris methystica R.E. Schultes in Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo 16 (1954) 202. Arbusto rampicante; tronco con corteccia nera. Rami cinereo-giallastri , con internodi lunghi 4-10 cm. Ramoscelli affusolati alle estremità, legger­ mente canalicolati , grigio-sericeo da giovani, diametro 0 ,8-3,3 mm . Foglie cartacee, ovali, lungo-acuminate, arrotondate alla base, con margini inte ri ma leggermente ondulati, lunghe 6-8,5 cm, larghe 2,5-5 cm, superficie supe­ riore verde brillante fortemente scolorita , vagamente sericea, superficie in­ feriore verde cenere, fittamente sericea e provvista di cera. Stipole piccole, che cadono presto . Infiorescenze pseudocorimbose, poco fiorite (in genere 4-5 fiori), molto più brevi delle foglie , lungh e 2,5-3 cm, peduncoli fittamente sericei. Brattee lesiniformi, lunghe 1,5 mm; bratteole ovali-triangolari o suborbicolari, lunghe 1,5 mm. Sepali spessi, senza peli, ovali-lanceolati, subacuti, lunghi 3 mm con 8 ghiandole ovali nere, lunghe 0,5 mm. Petali che si allargano, m embranosi, generalmente gialli, ma rossi o brunastri al centro, allungati-orbicolari od ovali, arrotondati all'apice, ottusi alla base , subcrenulati marginalmente, lunghi 4 mm, larghi generalmente 2,5 mm, unghia carnosa, lunga.O ,5 mm. Stami non compresi , uguali ; antere allantoi­ di, lunghe 1,3 mm, diametro 0,4 mm , arcuate, filamenti appiattiti, lunghi 1,3 mm. Stili uguali , ricurvi. Ovario densame nte ricoperto di peli bianchi. Noce di samara sericea, glabrescente, ovale-complanata, 5x6x2 mm, areo­ la ventrale ovoidale, alta circa 3 mm; ali cartacee, brunastre, le inferiori obcuneiformi, troncate-arrotondate all'apice, 12 x 2,5 mm, le superiori simi­ li, ma spesso sub-ovoidali o semiorbicolari e leggermente più larghe; ala dorsale lunga 2,5-5 mm. Specie nota soltanto in una località del Rio Vaup és presso il confine tra il Brasile e la Colombia. L'altra specie di cui è stato citato l'impi ego è la seguente: Tetrapteria mucronata Cavanilles , Diss, 9 (1970) 434 , t. 262. 163 Botanica e chimica degli allucinogeni Tetrapteris methy­ slica, liana e ram­ picante. Rio Tikié, Brasile amazzonico. (FolO R.E. Schuhes). CACTACEAE Le Cactaceae rappresen tana una famiglia la cui posIzione ed affinità nelle Archichlamideae 'è alquanto enigmatica. Storicamen te sono state comprese in un ordine proprio, Opuntiales (Cactales), che si pensa sia deri­ vato dalle Pari etales . Alcuni studi recenti hanno però indicato che la fami­ glia dovrebbe essere collocata vicino o nell'ordine dell e Centrospermae. Un filogen ista ha jpotizzato che le Cactaceae possano essere derivate dall e Phy­ tolaccaceae, e che la famiglia si sia sviluppata segue ndo una specie di evo­ luzione parallela a ll e Aizoaceae. Sorprende ntemente, diversi tasson omi so­ stengono una stretta affinità fra le Cactaceae e la famiglia delle Cucurbita­ ceae metaclamidacee. Non si è ancora raggiunto un accordo definitivo . Mentre proseguono gli studi fitochimici sulla famiglia dei cactus, le affinità chemiotassonomiche potrebbero fors e essere d'aiuto per giungere ad un chiarimento di questo mistero. 164 Piante d'impiego allucinogeno La famiglia delle Cactaceae comprende circa 50 generi (sebbene alcuni sistematici ne riconoscano da 150 a 220) e forse fino a 2000 specie. È nativa delle regioni più aride dell 'America tropical e (ad eccezione del genere Rhip­ salis, che si incontra in Africa ed in altre regioni meridionali dell'emisfero orientale dove probabilmente è stato introdotto), ma alcune specie raggiun­ goho a nord il Canada ed a sud la Patagonia, come pure si trovano nelle Ande sino ad oltre 3500 m. L'estremo adattamento alle regioni aride carat­ terizza la famiglia. Nonostante le insolite differenze nella forma - base delle rilevanti variazioni tassonomiche-la struttura dei fiori presenta una inattesa somiglianza in tutta la famiglia. In genere si riconoscono tre grup­ pi (considerati talvolta delle sottofamiglie): Pereskieae, con foglie larghe e piatte; Opuntieae, con foglie più o meno affusolate alle estremità , piccole e decidue; Cacteae, con foglie rudimentali, ridotte a piccole scaglie. Da un punto di vista economico, la famiglia delle Cactaceae è soprat­ tutto importante come fonte di curiose piante ornamentali. Alcune specie forniscono dei frutti per i mercati tropicali. Anche se gli aborigeni ne usano alcune nella medicina popolare, vi sono poche Cactaceae economicamente significative. Tuttavia , sembra che questa fami glia possa rappresentare una promettente riserva di costituenti organici secondari altamente interessan­ ti, e merita certamente una più approfondita ricerca chimica. Ariocarpus Scheidweiler Il genere Ariocarpus , molto affine alla Lophophora, comprende cinque specie, tutte native del Mess ico ed, apparentemente, localizzate nei deserti del Chihuahua. Alcuni gruppi d'indiani del Messico settentrionale considerano delle specie di Ariocarpus - specialmente A. fissuratus ed A. retusus - come «falsi peyotl». L'A . fissuratus è noto come peyote cimarr6n e, fra i Tarahu­ mara, come hikuli sunami (Bye, 1976); essi affermano che è «più forte» del vero peyotl o Lophophora w illiamsii (Lumhol tz, 1902). Viene consumato fresco o spremuto nell'acqua , ed è usato come stimolante per i corridori. Gli Huichol considerano l'A . retusus un falso peyo tl ed asseriscono che è «mal­ vagio » e che fa impazzire se viene ingerito (Furst, 1971) . I Tarahumara non lo usano perché l'e bbrezza che induce è sgradevole. Entrambe le specie sono molto simili. Conosciute negli St~ti Uniti come «roccia vivente» (living mck) e «cactus stella» (star cactus), n el Messico hanno un altro nome ancora: chaute. L'Ariocarpus è stato spesso compreso nel genere Mammillaria , mentre l'A. fissuratus viene talvolta indicato come Roseocactus fissuratu s. Dall'A. retusus sono state isolate: ordenina, N-metiltiramm~na (v. Tabel­ la VIII), N-metil-3,4-dimetossifenetilammina e N-metil-4-metossifenetilam­ mina (Braga e McLaughlin, 1969; Neal e McLaughlin 1970) . N-metil-3,4-dimetoss ifenetilammina N-metil-4-metossifenetilammin a 165 Bola'ùca e chimica deg li alluc inogeni Gli stessi a lcaloidi, ad eccezione de l costituente indicato per ultimo, sono stati trova ti a nche nell'Ariocarpus fl ssuralus (McLaughlin, 1969; Nor­ quis~ le McLa ug hlin, 1970). Lo stesso va le a nch e per l'A. scapharoslrus, ne l quale è s ta ta riscontrata anche N ,N-dim e til -3,4-dimetossifene tilammina (Bruhn, 1975). N ,N -d i m e til- 3.4-dime toss ife net ilammina N ,N -dime ti 1-4- id ross i- 3-metoss ife ne ­ til amm in a L'ord enin a è an che l'alcaloide prin cipa le dell 'Ariocarpus agavoides, olt re a N,N-dim e til-4-idrossi-3-m e tossife n e tilammina e N-m e til- 3 ,4­ dimetossifene til a mmina (Bruhn e Bruhn, 1973), come pure nell'A . trigonus la N-metil-3,4-dime tossifeIietilammina (Spe ir ~d a ltri , 1970) e nell'A. kotscho u­ beyanus (N ea l e a ltri , 1971), dove la N-me tTli ira mina è stata invece trova ta come costitue nte supplementare. Ese mpl are d i Ariocarpus relUSUS raccolto ne l Chi­ huà hua, Mess ico . (Fol o PT fur s l). Ariocarpus retusus Scheidweiler in Bull . Acad. Sci, Bruxelles 5 (18 38) 492. Pianta g lobul a re od alquanto schiacc ia ta , di a m e tro 10-12 cm, da ve rde­ g ri gio a vi olacea , la nosa al centro . Tube rcoli corne i, imbri cati , lun ghi 5 cm o più brev i, oval e- tri a ngolari , da ac uti ad acuminati, spesso con a reola lanosa sul la to s uperiore vicino all 'api ce ; a pice saltuariamente spinoso. Fio­ ri sulle asce lle d ei tubercoli giovani in prossimità del centro , bian chi , lu n­ ghi 6 cm; pa rti es terne del perianzio r osa, da a cute ad acumina te, par ti interne inizi al m ente bianche, poi rosate , stre tt a m ente oblanceolate , mucro­ 166 Piante d'impiego a/hlcÌ>1Ogel1o nate aJl'apice ; stami num erosi , eretti; stilo bianco; stigma a 9 lobi, lineare, bianco . Frutto oblungo, bianco. Semi globulari, di diametro 1,5 mm, neri, rugosi. È nota soltanto ne l Messico centrale e settentrionale , dove cresce di solito in luoghi ap e rti e pielrosi. Coryphantha (Engelm.) Lemaire Si conoscono circa sessanta specie di COl)'phantha. Sono diffuse dal sudovest d eg li Stati Uniti e dal Messico fino a Cuba. È stato asserito che la Coryphantha palmerii viene ta lvolta usata come narcotico (Dominguez ed altri, 1970) . Bye riferisce che gli indiani Tarahu­ mara di Chihuahua considerano la C. compacta come un tipo di peyotl o hikuli, la chiamano wichuri ed affermano che è una potente m edicina, usata dagli sciamani e temuta da molti. È conosciuta come bakana o bakanawa, lo stesso termin e usato per le specie allucinoge ne del genere cip eraceo Scirpus, che è così importante pe r i nativi. Né Bye né Bruhn hanno scoperto ch e specie di Coryphantha vengano usate pe r i loro effe tti psicotropi, sebbene, considerando la composizione chimica , non si possa escludere la possibilità che qualche sp ec ie possa essere stata usata dagli aborigeni per le proprietà medicinali , narcotiche od allucinogene (Bruhn, 1975; Bye, 1979). La Cor)'phantha macromeris viene chiamata donarw (Dona Ana, donna Anna) nel Mess ico setlen trionale , dove è probabilmente ancora usa ta come allucinogeno rituale. Risulta che , in ques ti ultimi anni, i giovani hanno introdotto negli Stati Uniti qu es ta pianta come droga ricreativa. La C. ma cromeris è stata recentemente dichiarata sacrame nto da una «c hi esa» californiana d'orientamento allucinogeno , i cui appartenenti coltivano que­ sta pianta pe r usarla nelle cerimonie religiose (Ott, 1976). La rice rca chimica ha rivelato la prese nza di alcaloidi . Il costituente principale è stato strutturalmente individuato e chiamato macromerina (Hodgkins ed altri , 1967). tre R= H: ma cromerina R'=CH,: (-)- (3-0-metilmaeromerina R=H: norma cro meri na R=CH, : (-)-(3-0-metilnormacromcrina La somministrazione ad animali ha m esso in rilievo l'attività allucino­ gena e simpaticolitica della macromerina , che strutturalmente è analoga alla m esca lina e all'epinefrina. In una varie tà di Coryphantha l11acromeris - C. l11acrOl11eris var. nmyo­ nii - la normacromerina è risultata il costituen te principale (Below ed altri 1968; Kelle r e McLaughlin , 1972). Un recent e studio su questo cactus, eseguito da Keller e dai suoi assistenti (1973a), ha fornito una documenta­ zione iniziale circa la presenza di N-formil-normacromerina ; il primo ritro­ vam e nto documentato di metanefrina e N-me tilmetanefrina ne l regno vege­ 167 BOlan'ica e chimica degli allucinogeni La prima illustrazione bota· nica conosciuta della Lop· hophora williamsii, (In ((Botaf!ical Maga z ine », 1847, L 4296), tale; il primo riscontro di sinefrina ed N-metiltiramina in questo cactus; la conferma dei dati precedenti sulla presenza di N-metil-4-metossi-~­ fenetilammina, N-metil-3,4-dimetossi-~-fenetilammina, tiramina ed ordeni­ na; ed inoltre la verifica delle precedenti informazioni sull'isolamento di macromerina e normacromerina. Il controllo degli alcaloidi su sette specie di Coryphantha ha dimostrato che essi sono presenti in tutte le specie esaminate. Dalla Coryphantha comifera varo echinus sono stati isolati due alcaloidi che non erano stati segnalati prima nelle Cactaceae: N-metil-4-idrossi-~­ metossifeniletilammina (=~-O-metilsinefrina) e 4-metossi-~-idrossifeneti­ lammina (Kelley Hornemann ed altri, 1972). Da un'altra specie di Coryphantha - C. calipensis - sono stati recente­ mente isolati due alcaloidi molto affini alla macromerina, (-)-~-O-metilnor­ macromerina e (-)-~-O~metilmacromerina (Bruhn ed Agurell, 1974). Dalla Coryphantha ramillosa, una specie di cui non si ha conoscenza d'impieghi popolari, sono stati isolati cinque alcaloidi della fenetilammina: N-metil-4-metossifenetilammina (per la formula, vedere paragrafo sull'Ario­ carpus) , ordenina, ~-O-metilsinefrina, N-metiltiramina e sinefrina (Sato ed altri, 1973). In uno studio biosintetico sulla Coryphantha macromeris varo runyonii, D,L-tirosina, tiramina e D,L-norepinefrina sono state specificamente incor­ porate nella normacromerina, mentre l'incorporazione di D,L dopa e dopa­ mina era sorprendentemente bassa (Keller ed altri, 1973b). Il genere Coryphantha si sta rivelando un gruppo molto interessante e promettente per ulteriori ricerche chimiche e farmacologiche. 168 Piante d'impiego allucinogeno TABELLA VII ALCALOIDI DELLA CORYPHANTHA / Rl R2 R3 R4 Rs Alcaloide CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 CH 3 H H H CH 3 CH 3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 Macromerina H H H H CH 3 OCH3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 H H OCH 3 OH OH OH OH {:l-O-Met ilsi nefri na H H H H OCH 3 4-Metossi-{:l-idrossifenetilammina CH3 H OCH H eH 3 H H Normacromerina (-) {:l-O-Metilmacromerina (-) {:l-O-Metilnormacromerina N-Formilnormacromerina Metanefrina N-Metilmetanefrina Sinefrina Coryphantha compacta (Engelm.) Britton e Rose, The Cactaceae 4 (1923) 36. Pianta solitaria , in genere alquanto appiattita , alta 3-6 cm, di diametro 5-8 cm. Tubercoli prominenti, disposti in 13 file , serrati, lunghi 8 mm, solcati sopra. Spine radiali in numero di 13-16 , rigide, intrecciate, bianca­ stre, lunghe 10-20 mm ; mancano di solito le spine centrali. Fiori gialli, lunghi e larghi 2 cm. Frutto ovale. Semi gialli e lisci. Conosciuta soltanto nel Chihuahua in Messico. Coryphantha macromeris (Engelm.) Lemaire, Cactées (1868) 35. Coryphantha palmerii Brillon e Rose, op. cit. 39. Echinocereus Engelmann Questo genere comprende circa settantacinque specie che vivono nel sud degli Stati Uniti e nel Messico . Due specie di Echinocereus - E. salm-dyckianus e E. triglochidiatus ­ sono conosciute dai Tarahumara come dei tipi di peyotl o hikuli (Bye, 1976, 1979). Queste specie sono gli hikuli delle zone montagnose del paese dei Tarahumara. Vengono impiegate nello stesso modo della Coryphantha com­ pacta, ma sono considerate " più leggere». 169 Botanica e chimica degli alluci nogeni Distribuzione della EL PASO "-"-.. _.. _ . i-· · -··-~,. ". " , CLOPHOrpHOl(GA '. 1, , ............ _ - - - ........ ,I HERMOSILLO .''''' ' _ . ' "\ .., :J CHIHUAHUA , ' •./ " ~ "\ SAN PIEDRAS' \ NEGRAS ),., '\ \ \. '. \. \ LAREDO j \ \>"._." E '?X I C 0\ / J " -. " I TORREON· ANTONIO ''- ..'\ ,"\ ",- ..... - - - - - ' (. • / MONTERR EY S,,*TlLLO I ZACATECAS , ,, \ \. (D isegno di J .G. Bru hn da un 'ill us tra z ione di E .F. Anderson jn B ri tt un ia, 1966). , I ) I '" VICTOR lA \ \ Di st r ib u z ione de ll a Lophophora. CIUDAD I ,~-- ./ . SAN LUIS POTOSI PACIFIC '.'. \ ... . OCEAN ./ aUERETARO MEXICO Il. I • a.. , .tALI IN HILI. JB Nella specie affine Echil10cereus merkeri sono stati tro vati c inque a lca­ loidi: N ,N-dimetil-3 ,4-d ime toss ifenetila mm ina; N-metil-3 ,4-di metossifene­ til a mm ina; 3,4-dimetossifene tilammin a; ordenina e salsoli na (Agurell ed a ltri, 1969), McLa ughlin afferma ch e le ricerche prelimina ri su E. triglochi­ diatus indi can o la presenza di un derivato della tript am mi na , probabil­ mente 5-metossi-N ,N-dimetiltrip ta mmina, il primo ri sco ntro di una t rip­ tammina in ques to genere (Bye) . Echinocereus salm-dyckianus S cheer in Seemann, Bot. Herald (1856) 291. Pianta ch e cresce a ces puglio. S te li decofo benti, gia llo-verdi , lunghi 15-20 cm , di a me tro 2-4 cm ; 7-9 nervature . Areole di s ta n ti 5-8 mm, inizial ­ mente ri co per te da una peluri a gia llas tra, più ta rdi di ve ntano glabre . Spine 170 williamsii Lophophora williamsii. Il principale cos tituen te re­ sponsabi le dell'attività a llucinogena di questo cactus è considerata la mesca lina. radiali in numero di 8-9, giallastre, rossastre all'apice, lunghe 7 mm; spina centrale più lunga. Fiori lunghi 12 cm , di colore rosso-arancio; tuba provvi­ s ta di spine bianche, rivestimento bianco; filamenti rossi. Cresce nelle zone secche di Chihuahua e Durango in Messico . Echinocereus troglochidiatus Engelmann in Wislizenus , Mem . Tour. North Mex . (1948) 93. Lophophora Coulter Un genere di due specie, affine ad Ariocarpus e Mammillaria, nativo d el sud ovest degli Stati Uniti e del Messico centrale e settentrionale, la Lop­ 171 Botanica e chimica degli allucinogeni hophora appartiene alla famiglia delle Cereeae, sottofamiglia Echinocaclei­ nae, la quale comprende circa ventotto generi. Una delle religioni più significative praticate dagli indiani del Messico pre~co lombiano era imperniata sul culto delle divinità mediante un piccolo cactus, grigio-verde, napiforme e senza spine: il peyotl o Lophophora wil­ liamsii (La Barre, 1938). Cresce ne i deserti del Messico centrale e settentrio­ nale e nelle adiacenti zone statunitensi ed è concentrato particolarmente nella valle del Rio Grande (Bravo , 1967). Questo cactus, conosciuto come pevoll nella lingua nahuatl così com'era parlata nell'impero azteco , potrebbe logicamente essere chiamato il «proto­ tipo» degli allucinogeni del Nuovo Mondo, poiché fu uno de i primi ad essere scoperto, ed indubbiamente fu la prima e la più spettacolare pianta allucinogena incontrata dai conquistatori spagnoli del Messico . La religione del peyotl era già saldament e affermata all'epoca della conquista. Ha resi­ stito a quattro secoli di opposizione civile ed ecclesiastica , viene ancora praticata da un certo numero di tribù messicane, soprattutto quelle Tara­ humara, Huichol e Cara (Rouhi er, 1927). Una serie di rifugi e caverne nel bacino di Cuatro Ciénegas a Coahuila, Messico, datati con il 14C e che abbracciano circa 8000 anni di occupazione saltuaria, hanno fornito una gran quantità di materiale identificabile, com­ prendente Lophophora willia111sii, il fagiolo rosso (Sophora secundiflora) e l' «occhio di caprone messicano » (Ungnadia speciosa), una pianta di sospetta azione psicotropa (Adovasio e Fr.v , 1976). I primi resoconti europei sul peyo tl indicano che i Chichimecas ed i Toltechi erano al corrente delle sue proprietà già nel 300 a.C., sebbene l'attendibilità di questa affermazione dipenda dall'esattezza d'interpreta­ zione dei calendari primitivi da parte di questi scrittori europei (Rouhier, 1927). 'Sahagun, scrivendo nella seconda metà del sedices imo secolo, afferma­ va che «il peyoll. .. è bianco; si trova nel nord del paese; chi lo mangia ha dell e visioni spaventose o piacevoli; questa intossicazione dura due o tre giorni e quindi cessa; li ...sostiene [i Chichimecas] e gli dà coraggio per co mbattere, ed essi non sentono né paura , né fame , né sete; e dicono che li protegga da tutti i pericoli ». I Chichimecas, a suo avviso, sono stati i primi a scoprire e ad usare il peyotl. Lo s tesso cronista scrisse nel ]591 che essi «ma ngiano il peyotl, perdono i se nsi, hanno visioni terrificanti, come quella del diavoLo, e sono in grado di predire il futuro» , e denunziava la pianta . come «un trucco satanico » (Sa hagun, 1938). Hernandez, medico del re di Spagna, scrisse nel suo grande trattato sulle piante medicinali messic a ne : «s i dice che uomini e donne ne traggano vantaggio ... Macinato ed applicato sulle giunture doloranti, sembra dare sollievo. Alla sua radice sono attribuite proprietà m era vigliose ... Chi lo inghiotte è in grado di vedere nel futuro e di predire gli eventi ... oppure di sapere chi gli ha rubato qualche oggetto» (Hernandez, 1651) . Gli sforzi spagnoli di cancellare la religione del peyo tl , fecero sì che i suoi seguaci la praticassero di nascos to. Nel diciassettes imo secolo fu pub­ blicata una descrizione dettagliata del rito fra i Cara . Ne l] 760, un opuscolo ]72 Piante d'impiego allucinogeno Guida o capo della cerimonia del peyotl • degli indiani Kiowa dell'Oklahoma. Opera dell'artista kiowa Stephen Mopope. (Per gen I i le concess ione del Botanical Harvard MUSCUlll . Unin.'rs il ~ ) . cattolico diffuso nel Messico sentenziava che l'uso del peyotl era allo stesso livello del cannibalismo (L,a Barre, 1938). Nel Messico settentrionale il culto del peyotl comprendeva in genere una lunga 'cerimonia, nella quale la danzçl aveva una parte fondamentale, mentre per gli indiani degli Stati Uniti la cerimonia è standardizzata (con piccole variazioni da tribù a tribù), e consiste in un rituale che dura tutta la notte e si svolge in una tenda, con canti, recita di salmi, meditazione, preghiere e, di solito , un breve «sermone» tenuto daJ]a guida o capo. Questo rituale termina al mattino con un pasto comunitario (La Barre, 1938; Slot­ kin, 1956). Il peyotl veniva usato nel Texas già nel 1760 e, durante la guerra civile, era conosciuto da alcuni indiani americani. A partire dal 1880, il peyotl cominciò a diffondersi fra gli indiani degli Stati Uniti, specialmente fra le tribù delle pianure . Gli indiani erano venuti a conoscenza del peyotl duran­ 173 BOlanica e ch imica degli allucinogeni I resti di un altare a mezzalun a dopo lo smantellamento del tipi sotto il quale s i è svo lta la cerim on ia notturna de l peyotl. Tribù kiowa di Ana­ darko,Oklahoma. (Folo R.E. Schultes ). te scorrerie o visite nel Mess ico settentrionale. Essi adottarono subito qu e­ sto «sacramento» esclusivame nte indiano e costruirono tutto un nuovo ceri­ moniale attorno a l suo impiego, cerimoniale in cui e ntrarono a far parte elem e nti indige ni e pagani m escola ti ad eleme nti cristiani. La religione s i diffuse rapidamente gra zie alle proprietà psicoattive del peyo tl e alla sua r e putaz ione di «m edicina» soprannaturale. Organizzato ora lega lmente co­ me chiesa indige na americana (Native American Church), il culto del peyotl è diffuso fra molti gruppi indiani negli Stati Uniti e nel Canada e compren­ de circa 250.000 aderenti (La Barre, 1960; Schultes, 1937a, 1937b) . Il peyotl viene quasi invari a bilme nte co nsumato so tto forma dei cosid­ detti bottoni di mescal, IO le parti s uperiori (o corone) ess ic ca te, di color m arrone e a forma di scoidale, d el cactus. Questi vengono semplicemente messi in bocca, ammorbiditi con la saliva ed in ghiotti t i senza m as ticazione, ma occasionalmente gli indiani possono immergere i bottoni in acqua e bere il liquido ine briante. La corona o la parte clorofil1acea della pi an ta (l'uni ca che cresce fuori da l terre no) viene divis a dalla radice ed essiccata. In quest a forma i bottoni di mescal sono praticamente indis truttibili e possono essere tras portat i per lunghe distanze sen za detrime nto. N e l Messi ­ co, gli Hui chol ed' i Tarahumara compiono dei pellegrinaggi sacri annuali nei luoghi dove il peyotl cresce, spesso lontani mi glia e miglia d a lle loro abitazioni, p er rac cog li ere la pja~ta. La maggior parte degl'indiani m ess i­ ca ni ottengono oggi le loro forniture di peyo tl dagli Huichol. L'indistruttibi­ lità e la durata dei bottoni essiccati, hanno reso possibile a l culto del peyot~ di estendersi ben oltre l'area di cresc ita del cac tus, addirittura fino al Cana- IO Il term in e mescal usato in relazione a l peyotl è impro pri o. Correttamente, il termine si riferisce ad un a bevanda fort e , di stilla ta da un a pianta del ge nere Agave, la cosidde tta pianta del secolo. Questo errore, sfortunata m en te , è a nch e responsa bil e della denominazione del principale alca loide a lluci nogeno, la mescalil7a. La mesèalina non è presente n el gen ere Agave, che fa parte delle Amaryllidaceae. . 174 ) Indiani Navaho raccolti attorno alla colazione del mattino dopo la cerimonia del peyotl durata tutta la notte . da. I peyotisti indiani negli Stati Uniti e nel Canada ricevono normalmente le loro forniture per posta dal Texas (La Barre, 1938,1960; Safford, 1917). Grazie ai classici studi antropologici sul colto del peyotl eseguiti da La Barre, la storia e l'importanza di questa religione popolare negli Stati Uni­ ti, sono ora completamente conosciute (La Barre , 1938, 1957, 1960). Duran­ te il secolo scorso, esisteva una costante opposizione al diritto degli indiani di usare il peyotl a scopo religioso, ma l'opinione odierna, nonostante qual­ che debole e circoscritto tentativo di proibire la droga, è favorevole al mantenimento di tale diritto. C'è voluto spesso lo sforzo combinato degli indiani e degli scienziati per contrastare le leggi repressive che volevano abolirne il culto. L'intossicazione da peyotl, una delle più complesse e più variabili pian­ te allucinogene, è caratterizzata soprattutto da visioni colorate in modo indescrivibilmente vivace ed in movimento caledoiscopico. Queste allucina­ zioni visive, attribuite alla mescalina, che è uno dei tanti alcaloidi della pianta, sono spesso accompagnate da allucinazioni uditive, di gusto, olfatti­ ve e tattili. Normalmente si hanno anche sensazioni di mancanza di peso, macropsia, depersonaliizazione, sdoppiamento dell'ego, alterazione o per­ dita dell'a percezione del tempo ed altri effetti soprannaturali. La differenza reale , e spesso trascurata , fra l'intossicazione da peyotl e l'intossicazione da mescalina dev 'essere sempre tenuta presente. Fra i consumatori aborigeni, quella che viene ingerita è la cima secca del cactus, con il suo contenuto totale di alcaloidi; la mescalina, somministrata oralmente o per iniezione, si utilizza solo sperimentalmente, e produce gli effetti di un solo alcaloide, senza l'interazione fisiologica delle altre basi presenti nel materiale vegeta­ le grezzo. Di conseguenza, le descrizioni di allucinazioni visive che si trova­ no in rapporti di esperimenti psicologici, non dovrebbero essere del tutto comparate agli effetti sperimentati dai consumatori di peyotl nelle loro cerimonie (Khiver, 1928; Rouhier, 1927; Slotkin, 1956). 175 BO/anica e chimica degli allucinogeni Durante l'annuale pellegrinaggio gli indiani Huichol del Chihuahua, Messico, riempiono intere ceste di «bottoni di mescaL, e festeggiano il raccolto con musica e danze. (Foto P.T. Furst). Una manciata di piante vecchie e giovani. Notare la differenza di dimensione e di numero delle sezioni nella corona: le piante giovani di solito ne hanno cinque e sono considerate particolarmente sacre dagli Huichol, per i quali il cinque è un numero magico. Secondo i botanici, le piante a cinque o più sezioni -le vecchie - rappre­ sentereb bero specie diverse, ma questa opi­ nione non è condivisa dagli indiani Huichol. (Foto P.T. Furst). 176 Pianle d'impiego allucil1ogel1D Un esemplare di Lophophora williamsii. La caratteristica corona è conosciuta col nome di «bottone di mescal". A scopo all.ucinogeno, gli indiani la tagliano e la mangiano secca, oppure bevono l'acqua in cui l'hanno bollita. Le dosi fra i consumatori indiani variano moltissimo, da quattro a più di trenta bottoni. L'intossicazione che segue tende ad avere due fasi: un periodo di soddisfazione ed ipersensibilità, ed uno di calma nervosa e tor­ pore muscolare, spesso accompagnati da iperattività cerebrale e dalle tipi­ che visioni colorate. Prima che compaia l'allucinazione, il soggetto vede dei lampi di colore attraversare il suo campo visivo; la profondità, la ricchezza e la saturazione dci colori sfidano ogni descrizione . Sembra esservi una specie di sequenza nelle visioni: da figure geometriche, a scene e volti fami­ liari, a scene ed oggetti non familiari, ad oggetti secondari che variano con differenze individuali, o che possono anche essere assenti (Berittger , 1927; Kluver, 1928). I testi sono ricchi di descrizioni eccellenti e dettagliate sulle allucina­ zioni visive provocate da intossicazione sia da peyotl che da mescalina, e forniscono una quantità di dati interessanti per la ricerca psicologica e psichiatrica. Sebbene l'allucinazione visiva sia importante per i culti indi­ geni, il peyotl è venerato in gran parte per la sua efficacia come «stimolan­ te» e «medicinale» . Le Sl,le proprietà «medicinali» soprannaturali derivano dal suo potere di mettere l'uomo, attraverso le visioni, a contatto con il mondo dello spirito, da cui gli aborigeni credono che provengano le malat­ tie ed anche la morte, ed al quale si rivolgono gli stregoni per diagnosi e cure (Schultes, 1938, 1940). L 'intossicazione da peyotl, con l'ingestione di molti alcaloidi, differisce notevolmente da quella indotta da mescalina. La maggior parte degli espe­ rimenti psicologici sono stati eseguiti con quest'ultima. Studi ormai classici sull'intossicazione da mescalina sono quelli di Beringer (1927) e K1uver (1928). I poteri magico-terapeutici della Lophophora williamsii godono di tale considerazione nel Messico che molte altre piante sono confuse con il peyotl, o ad esso rese affini nella denominazione dialettale: piante apparte­ 177 12 Weston La Barre, autore di The Peyole Culi. Le sue ricerche antropologi­ che hanno ampiamente con­ tribui lO alla conoscenza in­ lerdisciplinare dell'impiego del peyoll e di al tri allucino­ geni nelle società aborigene. (Per genti le con cessione di W. La Barre). nenti a Compositae, Orchidaceae, Crassulaceae, Leguminosae, Solanaceae, per non parlare poi di altre specie di cactus. Nella medicina popolare e nel folclore sono considerate simili alla L. williamsii le specie di almeno dieci generi di cactus: Ariocarpus, Astrophytum, Aztekiwn, Coryphan/ha, Dolichot­ hele, Echinocereus, Epithelantha, Mammillaria, Obregonia e Pelechyphora, Questa «classificazione» di «affini al peyotJ» potrebbe essere definita il «complesso del peyotl », poiché comprende tutte le specie messicane della famiglia che hanno un potere psicoattivo, vero o presunto, Nella terminolo­ gia nativa queste specie sono tutte classificate come peyotl o tipi di peyotl, e l'esperienza ha dim~strato che, da un punto di vista etnobotanico, è bene tener conto di queste idee aborigene (Bruhn, 1973; Bruhn e Bruhn, 1973). Tali piante sono ritenute affini dagli aborigeni, sia a causa di una somi­ glianza superficiale con la Lophophora, che, più spesso, a causa degli effetti tossici, presunti o reali , che ricordano 'quelli della Lophophora (Schultes, 1937b; 1967a) . Nel 1927, il farmacologo francese Alexandre Rouhier pubblicò un importante studio interdisciplinare sul peyotl, intitolato La Plante qui Fait les Yeu;( Emerveillés - le Peyotl, Questo testo rappresenta uno dei pochi e certamente uno dei primi tentativi di considerare un allucinogeno sotto tutti i punti di vista: storico, antropologico e sociale, oltre che botanico, farmacologico e chimico (Rouhier, 1927). È risaputo che gli indiani del Messico settentrionale hanno stimato 178 Piarue d'impiego allucinogeno Al exa ndre Rouhier, ch im ico fa rmaceutico fran cese, a utore del primo studio interdisciplinare sul peyo tl e il s uo impiego, Le Peyot/­ La piante qui (ai tlex yeux emerveil/és. (Per gelltìle concessione d~lta famiglia!. come cactus inebri a nti anche piante diverse dalla Lophophora williamsii. L'es ploratore Lumholtz scrisse nel 1902 che i Tarahumara attribuiv ano elevate qualità mentali ... a tutte le specie di Mam millaria ed Echinocaclus, dei piccoli cactus, sui quali è sta to istituito un culto regolare. I Tarahumara ne indica no diverse piante come hikuli, sebbene il nome apparte nga so ltanto ad un a specie , che usano più fre quen temente . Queste piante sopravvivono per mesi dopo ch e sono state sradicate, ed il mangiarle provoca uno stato di es tasi. Esse sono, di conseguenza , co nsiderate delle se mi-divinità, e , come ta li trattate con grande deferenza .. . I tipi principali sono conosciuti scientificamente co m e Lo­ phophora williamsii e Lophophora williamsii varo lewinii ... I Tarahumara la chiamano hikuli per eccellenza. (hikuli wanamé) o semplicemente hikuli, poiché si tratta deU'hikuli per a ntonomasia. Oltre aU'hikuli wanamé normalmente usato , i Tarahumara conoscono e venerano le seguenti varietà: 1) Mulato (Mammillaria microfneris) [conosciuta ora come Epilhelanlha micro meris]. Si crede che renda gli occhi grandi e chi a ri per vedere s tregon i, che prolunghi la vita e che di a velocità ai corridori ; 2) Rosapara . Ques to è soltanto uno s tadio vegetativo più avanzato d ella specie precedente - anche se sembra del tutto diversa , essendo bianca e spinosa ... 3) Sunami (Mammillaria fissurata) [chiamata ora Ariocarpus fi ssura lus]. È rara, ma viene ritenuta ancora «p iù fo rte» del wanamé ed è usata ne llo s tesso modo dell a precedente; la bevanda prodotta con essa è anche forte m ente inebriante. I ladri non hanno alcuna possibilità di rubare dove il Sunami chiama i soldati in suo a iuto . 4) Hikuli walula saeliami. Questa è la più grande di tutte, ed il nome s ignifica «grande a utorità hikuli». È estrema­ mente rara fra i Tarahumara, ed io non ne ho visto nessun esemplare, ma mi è stato raccontato che cresce in cespi di diametro da 20 a 30 cm, rassomi glianti al wanamé, con tante pi ant icelle giovani tutt'atto rno. Gli altri hikuli sono suoi serv i ... Tutte queste spec ie sono considera te buone, provenient i da Tala Dios e 179 Botanica e chimica degli allucinogeni Arthur Heffter, il chimic o tedesco che ha eseguito Ernst Spath, in una fotografia ripresa a Vienna nel 1943. Spath eseguì vaste ricerche sugli alca­ le prime analisi sul peyotl scoprendo diversi nuovi alcaloidi e sottoponendosi a ripetuti espe­ loidi della Lophophora williamsii e dimostrò l'esatta s truttura della mescalina. rimenti per accertarne la psicoattività. (Per gentile concessione di J .G. Bruhn). (Per genti le concessione della famiglial. ben disposte verso la gente. Vi sono però alcune specie di hikuli che sono ritenute provenienti dal Diavolo. Una di queste, con lunghe spine bianche, viene chiamata ocoyome. Essa è usata molto raramente e a scopi malefici. Anche i moderni 1a rahumar~ fanno uso nelle loro feste di al tre specie di cactus narcotici; oltre alla Lophophora Vt/illiamsii, usano Ariocarpus fissu­ ratus, A. retusus, Epithelantha micromeris, Mammillaria heyderii, diverse spe­ cie di Echinocereus e Coryphan/hus compacta. Il Pachycereus pectin­ aboriginum, che si trova sempre nella regione dei Tarahumara, verrebbe usato anch'esso come, narcotico da questi indiani (Bye, 1976; Furst, 1971; Pennington, 1963, 1969) . U~ prime serie ricerche chimiche sulla Lophophora williamsii sono state intraprese verso la fine del secolo scorso da Heffter, che. ebbe successo nell'isolare dai bottoni di mescal un certo numero di alcaloidi in forma pura. Studiando le proprietà farmacologiche di queste sostanze con esperi­ menti su animali ed, eroicamente, su se stesso, egli scoprì che l'alcaloide principale, che chiamò rnescalina, presentava le proprietà allucinogene visi­ ve caratteristiche del peyo tl (Heffter, 1894 , 1896, 1898). Ernst Spath dimo­ strò che la struttura chimica della mescalina è 3,4,5-trimetossifenileti­ lammina, e fu anche in grado di produrre l'alcaloide per sintesi (1919). Da allora sono state descritte diverse varianti di questa sintesi (Banhol­ zer ed altri, 1952; Bennington e Morin , 1951; Dornow e Petsch, 1951, 1952; 180 /' PÙ1I11e d ' impiego allucil1Ogeno HO-OI-COOH CH 30-OI-COOH HO­ (CH 3)2S04 CH 0­ __ P_C....:.h~ ~I NaOH) a ~I OH OCHa H / CHao-OI-COCI Pd/BaSO\ CH 30 - O ' l-C ~ CH 30- ~ H2 CH 30- ~ O I I OCH 3 CH30---QI- CH=CHN02 CH30-~ OCH, OCHa red. CH30-QI-CH2CH2NH2 ) CH 30--- ~ OCH3 Mescalina Eme e Ra mirez, 1950; Hahn e Rumpf, 1938, Hahn e Wassmuth, 1934; Kind­ ler e Petsch, 1932 ; Slotta e Hell er, 1930; Siotta e Szyszka, 1933; Tsao, 1951). Dalla Lophophora w illiamsii sono stati isolati deriva ti della mescalina, come N-m etilmescalina ed N-ace tilmesca lina (S path e Bruck , 1937, 1938). Più tardi, nel peyotl furono anche trovati in piccola quantit à degli altri derivati se mplici della fene tilammina: tiramin a, N-metiltiramina, ordenina (= analina), candi c ina (= sale qua ternario del!'ordenina), 3,4-dimetossi-5­ idrossifene tilammina e 3,4-dimetossifenet il am mina (Agurell , 1969; Lund­ stròm ed Agurell , 1968; McLaughlin e Paul , 1966) (Tabella VIII). Usando un a tecmica mista di gas-croma tografi a-spettromet ri a di massa, fu possibi- Cristalli di mescalina (Foto J . Bigwood). Bo/anica e chimica degli allucinogeni le isolare ed identificare diversi altri componenti minori del peyotl, come la peyonina, che differisce dalla mescalina per la sostituzione del gruppo am­ minico primario con un gruppo acido carbossilico pirrolidinico (Kapadia e Highet , 1968) . Ancora, usando questa tecnica , sono stati trovati altri derivati N-acilati della mescalina: N-formilmescalina, N-formil- ed N-acetil-3,4-dimetossi-5­ idrofeni letilammi na, N-(3 ,4 ,5-trimetossifeniletil)-succinimmide, N-(3,4 ,5­ trimetossifeniletil)-malimmide, N-(3 ,4 ,metossifeniletil)-maleinimmide, me­ scalotam e peyoglutam (Kapadia e Fales, 1968). o mescalotam peyoglutam Un gruppo cospicuo di altri alcaloidi minori della Lop}zophora william­ sii appartiene al tipo strutturale degli alcaloidi della tetraidroisochinolina, già isolati da Heffter ed altri ricercatori (Boit, 1961; Kapadia e Fayez, 1970). Questi alcaloidi sono riportati nella Tabella IX. Le recenti ricerche di Kapadia ed altri hanno portato alla scoperta di un grande numero di derivati degli alcaloidi elencati in questa tabella. La N-etilanalonina fu isolata in quantitativi minimi e chiamata peyoforina (Kapadia e Fales, 1968b). Analidina, lofoforina e pellotina furono trovate sot~o forma di alcaloidi deil 'ammonio quaternario e chiamati rispettiva­ mente analotina, lofotina e peyotina (Kapadia e Fales, 1968a). F4. inoltre dimostrato che sono presenti in piccoli quantitativi anche gli N-acil deriva­ ti degli alcaloidi del peyotl di tipo tetraidroisochinolina: N-formilanalinina, N-formil-O-m e tilanalonidina, N-formil- ed N-acetilanalammina, N­ formilanalonidina e N-formil- ed N-acetilanalonina (Kapadia e Fales, 1968a). In totale , dalla Lophophora 'vvilliamsii sono stati isolati più di trenta alcaloid,i ed i loro acil derivati (Kapadia e Fayez, 1970). Alcuni campioni archeologici di Lophophora williamsii datati con il radiocarbo­ nio intorno a11'810-1070 d.C. sono stati di recente analizzati chimicamente. Si sono identificate in estratti mescalina, analonina, lofoforina, pellotina e analonidina. Si crede che rappresenti uno dei materiali più antichi mai sottoposto ad analisi chimica per alcaloidi (Bruhn e altri, 1978). Non è disponibile alcuna relazione sull'attività allucinogena di un cosÌ gran numero di costituenti minori del peyotl. La mescalina sembra essere la principale responsabil e delle propri età allucinogene visive della Lopho­ phora williamsii. Essa ha offerto per la prima volta la possibilità di produrre e di studia­ re il fenomeno delle allucinazioni visiv e con un composto chimico puro . In 182 Piante d'impiego allucinogeno TABELLA VIII ALCALOIDI MINORI DELLA LOPHOPHORA WILLlAMS// DEL TIPO FENETILAMMINA Rs Alcaloide OCH 3 N-Metilmescalina H OCH 3 OCH 3 OCH 3 OCH 3 H 3,4- Di me toss i-fenetiJamm ina H OCH 3 OCH 3 OH 3,4 - Di m e tossi -5- idross i­ RI R2 R3 H CH 3 H H R4 ine fenetiJammina H H H CH 3 H Ii OH H OH H N-Met iJtirami na CH 3 CH 3 H OH H Ordenina CH 2 CHCOOH OCH 3 OCH 3 OCH 3 Peyonina I I Tira m ina CH 2 -CH 2 TAB ELLA IX ALCALOIDI MINORI DELLA LOPHOPHORA WILLlAMSff DEL TIPO TETRAIDROlSOCHINOLlNA Rl R2 H H CH, CH, CH, H CII, H H H H H CH, CH, CH, CH, R, OCH, OCH, OCH, OCH, OCH, OCH, OCH, OCH, R4 OCH, OCH, O-CH 2 OCH, OCH, OCH, OCH, O-CH 2 R6 OH OCH , -O OH OCH, OH OlI -O Alcaloide Analamina Analinina Analonina Analonidina O-Metil-anaJonidina Analidina· Pellotina Lofo fol"i na effetti, è stato il primo allucinogeno chimicamente puro. La dose orale media per l 'uomo è pari a 0,2 gr, mentre 0,6 gr costituiscono una dose relativamente elevata. Di solito, l'intossicazione.;:]a mescalina inizia con sintomi spiacevoli: nausea, tremore e traspirazione. Questi si attenuano dopo un a -due ore e 183 Botanica e chimica degli allucirlOge"i sono sostituiti da uno stato allucinatorio simile al sogno, che dura da cin­ que a dodici ore. I caratteristici effetti mentali sono preceduti dai sintomi tipici di un dopo-sbornia. Un esame della farmacologia della mescalina è stato eseguito da Fischer (1958). Nell'uomo essa provoca una sindrome di stimolazione del simpatico centrale simile a quella della psilocibina e dell'LSD, caratterizza­ ta da dilatazione della pupilla, aumento della frequenza del polso e della pressione del sangue, oltre all 'aumento della temperatura corporea. La me­ scalina diminuisce anche la soglia di sollecitazione del riflesso del ginoc­ chio (Wolbach ed altri, 1962a). Vi sono molte descrizioni dello stato mentale indotto dalla mescalina. Fra tutta la letteratura concernente rapporti clinici sull'intossicazione da peyotl o da mescalina e le possibilità di un loro impiego in psichiatria, devono essere menzionate le opere ormai classiche di Prentiss e Morgan (1895), Mitchell (1896) ed Ellis (1898), come pure le monografie di Lewin (1927), Beringer (1927) e Kluver (1928). L'attività psicotropa della mescalina ha spinto i chimici alla prepara­ zione di un gran numero di derivati di questo alcaloide, nella speranza di trovare in queste modificazioni chimiche dei composti con proprietà farma­ cologiche utili. Sono state operate modificazioni nei metossi sostituenti dell'anello benzenico c nella catena laterale etilamminica. I composti più attivi sono stati ottenuti sostituendo l'ctilammina con un radicale isopropi­ lamminico. Ciò ha portato a sintetizzare sostanze che mostrano le caratteri­ stiche della mescalina e la struttura dell'anfetamina. Il principale contribu­ to in questo caso è stato quello di Shulgin, che di recente ha pubblicato un'eccellente relazione su queste ricerche (1976). Due composti, la più attiva delle metossianfetammine, 2,5-dimetossi-4­ meri lfèni lisopropi lammi na, e la 2,S-d imetossi-4-etilfeni lisopropi lammina, hanno anche trovato un impiego paramedico nel campo della droga (con la sigla DOM), chiamati anche rispettivamente STP c DOET. R • R=CH 3 :DOM, STP. R=CH 2 CH 3 :DOET L'attività di questi composti, il cui dosaggio totale nell'uomo è di 3 mg, è cento volte superiore a quella della mescalina. Ragguardevole è anche l'inatteso prolungamento della durata dell'intossicazione, superiore di tre volte o anche più. La storia botanica, chimica e farmacologica del peyotl è così stretta­ 184 Piante d'impiego alluc inogeno mente intrecciata, che è quasi impossibile dissociare i tre elementi. Dal momento che la nomenclatura e la tassonomia del cactus peyotl sono cosÌ imbrogliate, e poiché la consapevolezza di questa confusione è in diretto rapporto con l'esatta conoscenza chimica della pianta, appare utile far se­ guire qui una breve e semplificata esposizione degli aspetti botanici che sono in relazione con quelli chimici dello studio. , Il vero cactus peyotl fu descritto botanicamente per la prima volta da Lemaire nel 1845, e fu assegnato al genere Echinocactus come E. williamsii. (Le pubblicazioni francesi di solito usano il binomio E. williamsii) , Nel 1872; Voss lo considerò come appartenente ad una specie di Ariocarpus, e procedette al cambiamento di nomenclatura: A. williamsii, Anni dopo, nel 1885, lo stesso Lemaire trasferì la specie al genere Anhalonium, ed il bino­ mio Anhalonium williamsii durò p er molti anni nella letteratura specifica antropologica e chimica, Nel 1891, CouIter inèluse la specie nel genere Mammillaria , ma tre anni più tardi descrisse un genere monotipico, la Lop­ hophora, per includervi questa specie anomala, assegnandole la denomina­ zione di L. williamsii, La storia del peyotl dai suoi inizi fino alla moderna farmacologia e nella chimica è stata chiarita soltanto di recente (Bruhn, 1975, 1977; Bruhn e Holmstedt, 1974), Si ritiene in genere che le prime ricerche chimiche sul peyotl siano state intraprese dalla Parke Davis & Company su materiale inviato da Lare- Esemplare di Lvphophora 1VUlial71sii raccolta presso Laredo, Texas. (Foto R.E. Sellultes). 185 Kurt Beringer, il r icerca tore che intuì !'impor­ tanza della mescalina nell'indagine psicologica, autore di Der Mescalinrausch. (Per gentile concessione di B. HoJmstetlt). Heinrich KILiver, i cu i stud i sull'intossicazione da mescalina e i.I libro Mescal - Th e "Divine» Pian! and /ls Psvc/I<J!ogind E((ec!s hanno esteso la co­ noscenza de i meccanismi delle allucinazioni. (Per genlile concessione di H . Kluver). do (Texas) da un'infermiera, la signora Anna B. Nickels. In realtà, il dr. John R. Briggs, un medico texano, aveva descritto le sue esperienze.perso­ nali con i «bottoni di muscale» fin dall'aprile del 1887. Nel giugno del 1887, egli inviò del materiale alla Parke Davis di Detroit. La compagnia spedì a sua volta i campioni al dr. H. H. Rusby di New York, che ne fu «completa­ mente sconvolto». Egli li spedì al Gray Herbarium presso l'Università di Harvard, dove il dr. Sereno Watson li identificò come «cactacei », attribui­ bili al genere Anhalonium. Nel luglio di quell'anno, Briggs inviò cinque staie di bottoni di mescal alla Parke Davis . Nel frattempo, il dr. Louis Lewin di Berlino stava viaggiando attraver­ so gli Stati Uniti. Quando, nel 1887, visitò Detroit , ottenne un certo quanti­ tativo di peyotl dalla Parke Davis e promise di studiarlo. In quel periodo, un certo Wetzel, dipendente della compagnia " riferì che i bottoni di mescal «contengon,o un grande quantitativo di alcaloide, o piuttosto di alcaloidi, poiché sono certo che ve n'è più d'uno». Questa è la prima annotazione sull'esistenza di alcaloidi nelle cactacee. Lewin , che aveva estratto una mescolanza di alcaloidi, da lui trovati molto tossici, chiese al botanico Hennings di identific-are il materiale vege­ tale in suo possesso. Nel 1888, Curt Hennings descrisse una nuova specie:, l'Anhalonium lewin ii, che affermò essere molto affine all'A. williamsii. Era la prima volta che la specie di appartenenza della droga veniva corretta­ mente identificata . Si riteneva che l'Anhalonium lewinii differisse morfologicamente da quello che fino ad allora era stato chiamato A. williamsii, e questo è l'inizio 186 Piante d'impiego allLlcinogenu di una confusione che ha inquinato per molti anni la ricerca botanica e fitochimica. Hennings aveva ricevuto dei bottoni di mescal essiccati, che aveva fatto rinvenire in acqua per poterli descrivere, visualìzzando somma­ riamente la pianta da questo materiale (1888). È ora chiaro che Hennings stava descrivendo semplicemente una fase di vecchiaia del cactus. Egli basò la distinzione dell'A. lewinii su caratteri come il numero dei rilievi e dei tubercoli e le differenze di biancore, lunghezza e sericità dei ciuffi di peli. Nello stesso tempo, sembrò anche esservi una differenza nei costituenti chimici. Anche Hennings, tuttavia, confessò che non poteva riconoscere dai caratteri morfologici se si trovasse in presenza di A. williamsii o di A. lewi­ nii, ma insisteva di poter distinguere le due specie dal punto di vista chimi­ co. Negli anni che seguirono, l'epiteto lewinii ebbe varie attribuzioni: in una specie di Lophophora (L. lewinii), come varietà di L. williamsii (L. williamsii var. lewinii), ed anche in una specie di Mammillaria o di Echinocactus. Nel 1888, Lewin pubblicò la sua prima relazione sugli alcaloidi della pianta. Nel frattempo, la Parke Davis era entrata in contatto con la signora Nickels, che rappresentò una delle prime fonti di approvvigionamento di bottoni di mescal in g'r andi quantità. Nello stesso anno, la compagnia intro­ dusse la sostanza nella pratica medica, ed il suo catalogo del 1889 compren­ deva la «tintura di Anhaloniwn lewinii», con l'indicazione di «marcata azio­ ne fisiologica simile alla stricnina» e, negli anni successivi, la raccomanda­ va come stimolante e tonico cardiaco nel trattamento dell'angina pectoris. Questo, tuttavia, non rappresenta il primo inserimento del peyotl nella medicina moderna, poiché esso aveva già trovato posto nella Farmacopea Messicana del 1846. Gli studi botanici sul peyotl continuarono comunque ad ingenerare confusione, fino a che, nel 1894, Coulter descrisse un nuovo genere, l,-ophop­ hora, classificando il peyotl come L. williamsii e L. williamsii var. lewinii. Nello stesso tempo stava crescendo l'interesse farmacologico e chimico. Nel 1891, il chimico Rudolph Boehm di Lipsia ricevette un grande quanti­ ta ti vo di « pellote» e lo affidò al suo assisten te Arthur Heffter; non si tra tta­ va però di Lophophora, ma piuttosto di Ariocarpus fissuratus. Da fornitori agricoli tuttavia Heffter riuscì ad ottenere materiale identificato come A. williamsii ed A. levvirzii. Dal primo, egli isolò un nuovo alcaloide, la pelloti­ na; nel secondo individuò invece due alcaloidi e la presenza di un terzo componente . Nel 1893, dietro suggerimento di Lewin, la Merck iniziò delle ricerche sul peyotl, ed il suo chimico E. Kauder cristallizzò l'analonina. Lewin stu­ diò questo composto e confermò la scoperta di Heffter della pellotina. Egli sostenne che, per la classificazione della pianta, le differenze chimiche do­ vevano essere prese in considerazione, ma il botanico Karl Schumann nel 1895 sostenne che poteva essere riconosciuta soltanto una specie, che avreb­ be dovuto chiamarsi Echinocactus williamsii, sebbene' ammettesse due for­ me chimiche: pellotinica e arzalorzirzica. Nel 1896, Heffter aveva isolato analonidina, mescalina, analonina e lofoforina dal materiale fornito dalla Parke Davis. Egli evidenziò anche gli effetti ipnotici della pellotina. Nello stesso tempo, il dr. S. Weir Mitchell e A. Ellis studiavano l'intos­ 187 Bo/anica e chimica degli allucinogeni sicazione da mescal, descrivendone le allucinazioni visive colorate. Ellis scrisse che «vi è ogni probabilità che il mescal diventi popolare. Certamen­ te avrà un grande avvenire fra quelli che amano le droghe che inducono visioni». Nel 1897, Heffter accertò che era la mescalina a provocare le allucinazioni visi ve colorate. Da allora, dal peyotl furono isolati sempre nuovi alcaloidi, fino al nu­ mero totale oggi conosciuto, che supera i trenta (Kapadia e Fayez, 1970). In questo intervallo di tempo, le ricerche di Erost Spath rappresentarono un notevole contributo, compresa la determinazione corretta della mescalina, nel 1891: 3,4,S-trimetossifeniletilammina. La via di biosintesi principale che porta alla mescalina ed agli alcaloidi della tetraidroisochinolina nella Lophophora williamsii procede dall'ammi­ no acido tirosina, attraverso tiramina, dopamina, e 3-metossitiramina fino a 3,4-diidrossi-5-metossifenetilammina (Kapadia e Fayez, 1970; Lundstrbm, 1971 a). Questo composto Cl) è un importante intermedio. La metilazione del gruppo idrossilico in posizione meta dà il composto 3, la cui ulteriore metilazione porta alla mescalina. La paramctilazione di l dà il composto 4, che viene facilmente attivato in orto con la chiusura dell'anello, dando luogo agli alcaloidi della tetraidroisochinolina. CH 3 0 X [ ì I HO CH NH 2 CH3~'2~ CH 3 lf' 3 CH3~ 3 NH 2 I OCH 3 Mescalina NH2 ~ ! CH ~ C.H 3 0IWNH CH 0 ' 3 . OH R R=H : Analamina R=CHJ: Analonidina CH3~NHCH CH 0 3 3 H ~ CH 0 3 W CH O 3 I I CH 3 OH R R=H: Analidina R=CH , : Pcllolina Gli esperimenti di biosintesi con la Lophophora williamsii hanno ' porta­ to alla verifica di queste vie, ma il composto 4 veniva convertito in pelloti­ na soltanto in minima parte. Un miglior precursore deUa pellotina, sor­ prendentemente, è apparso il composto l (Battersby ed altri, 1968; Khanna ed altri, 1970). 188 Lophophora di/ii./sa nel 'proprio hab it a t na tura le, Qu é ré ta ro, Mess ico. (1'010 J.G . Sruh ,,) La tas so nomia della Lophophora è stata completamente chiarita soltan­ to r ece nteme nte, grazie all'opera di Bravo (1967) e di Anderson (1969), con il supporto de,lla chimica e un risultato diretto delle ricerche di Bruhn sulla fitochimica del genere, appoggiata da un es teso lavoro sul luogo (Bruhn e Bruhn, 1973) . È ora chiaro che la Lophophora comprende due specie : L. tyilliamsii e L. diffusa. È stata avanzata l'ipotesi che la L. diffusa possa rappresentare il tipo ancestrale del genere (Boke ed Anderson, 1970). Una recente analisi sugli alcaloidi dell a Lophophora diffusa ha rivelato la presenza di alcaloidi fenolici della tetraid roisochinolina, principalmente pellotina e piccoli quantitativi di O-metilpeJlotina, come costituenti princi­ pali , e solo con tracce di mescalina. Tale r isultato spiega alcuni punti con­ troversi del precedente lavoro di ricerca (Bruhn ed Agurell, 1975; Bruhn ed Holmstedt , 1974). . 189 ~. Botanica e ch im ica degli allucinogeni Luphophora dIffusa, pianta giovane. Higu e rillos , Qu e ré taro, Mess ico . (Raccol ta da J.N. Rose ncl 1905). Una spiegazione 'possibile fu ottenuta quando Lundstrom (1971 b) trovò che il composto 5 era ben incorporato nella pellotina . Lo stesso composto fu identificato anche nella Lophophora williamsii. Gli elementi ricavati da queste due scoperte, indussero Lundstr6m (1971 b) a ipotizzare che la pellotina, e probabilmente anche l'analidina, si formass ero nella L. william­ sii seguendo una strada diversa, lungo la quale s 'incontravano i derivati N-metilati della fen e tilammina. Non si sa ancora in quale fase avvenga la N-metilazione, ma sembrerebbe che nella L. williamsii vi sia un equilibrio fra le tre strade indica te nelle formule. Bruhn ed Holmstedt hanno trovato che nei bottoni di mescal inviati da Rusby a Watson nel 1887 vi erano ancOra presenti degli alcaloidi (Bruhn ed Holmstedt, 1974). I campioni sono stati conservati nelle casse dell'erbario dell'Università di Harvard per circa novant'anni . La percentuale di alcaloi­ di totali, e le proporzioni fra gli alcaloidi fenolici e non fenolici, sono circa le stesse delle cime di cactus raccolte ed essiccate di recente. La differenza principale risi ede nel contenuto di m escalina de i bottoni più vecchi, che è molto più basso di quello riscontrato nel materiale più fresco. Gli altri alcaloidi non hanno mostrato differenze se non minime. Non è possibile, ovviamente, attribuire la differenza del contenuto di mescalina a degrada­ zione nel tempo o ad una variazione naturale della pianta originaria. 190 ~. Piante d'impiego allucinogel1o \ La Lophophora williamsii ha una corona blu-verde con rilievi e solchi ben definiti , ciuffi di peli uniformemente spaziati sui rilievi e fiori rosati (raramente biancastri); si trova nei rilievi centrali del Messico nord­ occidentale (a nord di San Luis Potosf) e nell'area del Rio Grande nel Texas; una grande percentuale del contenuto totale di alcaloidi (30%) è costituita da mescalina , con soltanto il 17% di pcllotina. La L. diffìlscl ha una corona giallo-verde , generalmente manca di rilievi e solchi ben definiti ed ha i ci uffi di peli sparsi in modo disuguale sulle sporgenze rileva n ti, si presen ta di solito con fiori bianchi o bianco-gialli e si trova localizzata nello stato di Querétaro. L'alcaloide principale (oltre il 90%) è la pellotina, mentre la . mescalina è· quasi assente. La L. diffusa si distingue inoltre per il basso contenuto di alcaloidi non fenolici (soltanto il 2% degli alcaloidi totali), producendo principalmente alcaloidi fenolici tetraidroisochinolinici. Lophophora williamsii (Lem.) Coulter lO Contrib. U .S. Nat. Hérb. 3 (1894) 13l. Pianta semplice, raramente cespitosa, di solito unicefala, diventa police­ fala con l'età o se lesionata, senza spine, molto succulenta, di colore bluastro opaco e verde grigiastro; radici napiformi, lunghe di solito 8-11 cm. Corone globulari, di forma rigonfia , od alquanto appiattite, di diametro 2-8 (di solito 5-6) cm, con 7-13 (raramente di più o di meno) rilievi, larghi arrotondati, disposti in linea o a spirale, talvolta irregolari ed indistinti, con solchi trasve rsali, che formano dei tubercoli poliedrici , più o meno regolari; areole rotonde, piatte, che recano i fiori soltanto quando sono giovani, con ciuffi di opachi peli lanosi lunghi ed eretti. Fiori solitari, che crescono al centro ombelicato della corona, ciascuno circondato da una massa di peli lunghi, di solito di un rosa pallido (raramente biancastri), campanulati, trasversalmen­ te 1,5-2 ,5 cm quando sono aperti ; segmenti del perianzio esterno e squame ventralmente verdastre, ricoperti da ispessimenti ; filamenti più brevi dei segmenti del jJerianzio, stimma con 5-7 lobi, lineare, rosa ; ovario nudo. Frutto cIaviforme, rosso o rosaceo, lungo 2 cm o più breve. Semi di diametro 1 cm, con ampio ilo basale, ruvido-tubercolato . È diffusa dal nord del Messico centrale al sud del Texas e nel Nuovo Messico, cresce isolata od in gruppi, usualmente nei deserti calcarei, sui pendii rocciosi, o sui letti dei fiumi in secca. Per la Lophophora v.~illiamsii sono stati proposti molti binomi e trinomi , dovuti iq parte ad un disaccordo sui limiti generici, ed in parte alla grande variazione nel numero e nella forma dei rilievi de lla corona. Alcuni sistema­ tici hanno cercato di accettare come variazioni specifiche quelle che sono semplicemente forme legate all'età (Bravo, 1967) . Fra queste forme in rap­ porto all'età, apparenteme nt e molto diverse, vi è tutta una serie di differen­ ze; in qualche caso è possibile trovare diverse di queste cosiddette «specie» o «varietà» che crescono sulla stessa radice! Poiché nei testi chimici sono stati usati numeros i binomi, può essere utile elencare qui quelli che s'incontrano più frequentemente. Si tel1ga pre­ sente che questo elenco è ben lungi dal comprende re tutti i sinonimi della. Lophophora williamsii. 191 1­ Bota nica e chimica degli allucinogen i Echinocactus williamsii Lemaire ex Salm-Dyck in Otto e Dietrich , Allg, Gartenz . 13 (1845) 385. Anhalonium williamsii (LemJ Rumpler in Fbrster, Handb. Cact. ed. 2 (1886) 233 . Anhalonium lewinii Hennings in Gartenfl . 37 (1888) 410. Echinocactus lewinii (Henn.) K. Schumann, Nat. Pflanzenfam. 3, Abt. 6a (1894) 173. Lophophora williamsii (Lem.) Coulter var. lewinii (Henn.) Coulter in Contrib . U.S. Nat. Herb. 3 (1894) 131. Lophophora lewinii (Henn.) Rusby in Bull. Pharm. 8 (1894) 306. A causa de lla sua grande importanza da un punto di vista chemiotasso­ nomico, come pure storico ed etnobotanico, riportiamo la citazione botanica ed il sinonimo della Lophophora diffusa. Lophophora diffusa (Croizat) Bravo H. in Cact. Sue. Mex . 12 (1967) 13 . Lophophora echinata (Lem.) Coul/er var. diffusa Croizat in Desert Pl. Life 16 (1944) 44. Mammillaria Haworth Ques to vasto genere, che è diffuso dalle regioni del sud-ovest degli Stati Uniti e dal Messico fino al Sud America settentrionale e nelle Indie Occi­ dentali, comprende circa settantacinque specie. La Mammillaria cra igii, un piccolo cactus rotond eggiante, con forti spi­ ne ed un tess uto lattifero, cresce nel Chihuahua sui pendii de lle barrancas. I Tarahumara usano abbrustolirlo, dopo averlo tagliato a m età e aver aspor­ tato le spine. Per curare alcuni disturbi uditivi, usano anche spremere il succo lattiginoso del tessuto centrale nelle orecchie. Vie ne considerata una pianta magica , che aiuta gli stregoni a re ndere più acuta la visione e ad individuare le s treghe. I corridori la usano come energico stimolante. Le spine vengono tolte e si mangiano il frutto e la parte superiore carnosa de lla pianta. Gli sciamani la usano in cerimonie particolari. Viene spesso ingerita per indurre il sonno , durante il quale gli indigeni possono viaggiare lontano e vedere panorami dai colori brillanti. Tuttavia , se l'individuo non . è adeguatamente preparato, corre il rischio di impazzire. Alcuni Tarahuma­ ra credono che maltrattare una pianta di questa specie sia altamente peri­ coloso, e ciò riempie di terrore chiunque si macchi di tale misfatto (Bye, 1976). Il nom e locale - witculiki, wichuri, o wichuri - può essere messo in relazione al termine Tarahumara che significa pazzia: wichuwa-ka (Bruhn e Bruhn , 1973). Dalla specie affine Mammillaria heyderii è stato isolato l'alca loide N­ meti!, 3-4-dimetossifeniletilammina (Bruhn e Bruhn , 1973). La Mammillaria craigii è molto simile alla M. heyderii, Mammillaria craigii Lindsay , Cactu s Succ . Journ. 14 (1942) 107, La Mammillaria grahamii var ooliviae cresce in piccoli gruppi ne l terri­ torio Tarahumara nel Chihuahua, e rappresenta uno dei numerosi tipi di 192 Piante d'impiego allucinogeno Neoraimondia macrostibas. (Da N.L. Brillon e J .N. Rose . The Cacla ceoe, 2, 1920, t. 257. Carnegic In Slilution or Washi ngton , Washin gton DC.). hikuli o peyotl. Si distingue dalle specie consimili per le sue spine centrali rosse e per il tessuto vascolare del fusto che è dello stesso colore. La parte centrale e quella superiore della pianta, ingerite dopo eliminazione delle spine, provocano assopimento seguito da un «v iaggio» tra colori brillanti. In alcune cerimonie può essere consumata sia dagli sciamani che dai parte­ cipanti, ma gli indiani ritengono che, se non usata correttamente, può pro­ vocare pazzia permanente (Bye, 1976). Questa specie non è ancora stata analizzata chimicamente. Mammillaria grahamii Engelmann var. oliviae (Orcutt) L. Benson, Cacti of Arizona (1969) 22. Diverse mammillarie, non ancora determinate come specie, sono consi­ derate fra i Tarahumara come falsi peyotl. Come molte delle specie di cactus hikuli del Chihuahua, hanno la reputazione di causare la follia, se usate in modo improprio (Bye, 1976). Il cactus conosciuto dai Tarahumara come hikuli rosapari - che ora si pensa sia riferibile alla specie EpiIhelantha micromeris - nel passato è stato identificato come Mammillaria senilis (Bye, 1976) . Trichocereus Riccobono Il genere Trichocereu s, distinto dal Cereus , compre nde una quarantina . di specie reperibili nelle zone temperate e subtropicali del Sud America, specialmente nelle regioni andine. Curiosamente, i nativi del Sud America hanno scoperto le proprietà allucinogene di questo grosso cactus a forma di colonna, non imparentato al peyotl, nel quale è stata riscontrata la m esca lina come principio attivo . . La pianta, conosciuta in Ecuador come aguacolla ed in Perù come San 193 13 .... Botanica e chim ica degli allucinogeni Trichocereus pachanoi in mostra nel banco di un mercato indigeno in Pern , (FOlO c, F riedbe rg). Pedro, costituisce la base di una preparazione psicotomimetica usata nelle . Ande centrali, Inizialmente, era stata confusa con l'Opuntia cylindrica (Gu­ tiérrez-Noriega e Cruz-Sanchez , 1947 , 1948), ma ora si sa che si trattadel Trichocereus pachanoi (Friedberg, 1959) , Il Trichocereus può essere impiegato da solo o costituire la base di una bevanda allucinogena chiamata cimora, contenente, fra i diversi altri ingre­ dienti vegetali, il cactus Neoraimondia macrostibas, l'amarantacea /resine, una specie di Brugmansia , l'euforbiacea Pedilanthus tithymaloides e la cam­ panulacea Isotoma longiflora (Dobkin de Rios, 1977; Friedberg, 1959). La bevanda viene comune mente usata dagli stregoni per diagnosticare malat­ tie, a scopi divinatori, e per impadronirsi dell 'identità altrui (Cruz-Sanchez, 1948). Dal Trichocereus pachanoi è stata isolata mescalina in discreta quantità (2% sulla pianta essiccata o 0,12% su quella fresca). Sono state inoltre . trovat e in quantità apprezzabili 3,4-dimetossifenetilammina . e 3­ metossitiramina, come pure tracce di orde,n ina, tiramina , 3,5-dimetossi-4­ idrossifeniletilammina, 3,4-dimetossi-5-idrossifeniletilarnmina, ed analoni­ dina , che sono state identificate mediante spettroscopia di massa (Agurell, 1969; Crosby e MçLaughlin, 1973; Poisson, 1960). La formazione di mesca­ lina e di 3,4-dimetossifenetilammina dalla tlrosina come precursore, è stata studiata nel T. pachanoi da Lundstrbm (1970), il quale ha identificato l'analinina come un altro costituente minore di questo cactus. La biosintesi della mescalina nel T. pachanoi è stata indicata come esperimento per gli studenti in farmacognosia (Bruhn e Lundstrbm, 1976). La presenza di alcaloidi è stata riscontrata in oltre venticinque specie di Trichocereus, e molte di queste contengono anche mescalina (Agurell ed altri, 1971; Crosby e McLaughlin, 1973). Mescalina e composti affini sono stati recentemente isolati, per esempio, da Trichocereus peruvianus (Pardanani ed altri). I 194 Piante d'impiego allucinogeno Trichocereus pachanoi B ritton e Rose, The Cactaceae 2 (1920) 134, t. 196 . . Pianta alta da 3 a 6,5 m. Rami stretti, biancastri da giovani, in seguito verde-scuro. 6-8 nervature, larghe alla base, ottuse, con una profonda de­ pressione orizzontale sopra l'areola. Poche spine, in numero di 3-7, spesso non presenti, disuguali, marroncine, lunghe fino a 1-2 cm. Boccioli a punta. Fiori grandi, lunghi 19-23 cm, crescono in prossimità dell'apice dei rami e sbocciano di notte, molto profumati, segmenti esterni del perianzio di colo­ re rosso-bruno, segmenti interni bianchi; i filamenti degli stami sono lungni e verdastri; stilo verdastro in basso, bianco sopra; lobi dello stimma lineari, giallastri, avario nero-peloso. Assi delle brattee su tubi floreali e frutti con lunghi peli neri. Questa specie di Trichocereus vive nelle zone andine dell'Ecuador e del Perù, e probabilmente in Bolivia, fra i 2000 e i 3000 m. Sembra che venga largamente coltivata nelle Ande centrali. Recentemente, il Trichocereus pachanoi è stato trasferito in un altro genere, ed è nata la nuova combinazione: Echinopsos pachanoi (Britt. e Rose) Friedr. e Rowl. A questo punto, tuttavia, sembra prudente seguire la classificazione convenzionale e riconoscere il Trichocereus come un genere, e detta specie come un membro del genere stesso. LYTHRACEAE Le Lythraceae, appartenenti all'ordine delle Myrtiflorae, comprendono circa 25 generi e circa 580 specie di erbe, arbusti ed alberi delle zone temperate e tropicali di entrambi gli emisferi. La famiglia è degna di nota per la sua importanza economica come fonte di piante ornamentali e per l'estrazione della tintura henné. Heimia Link e Otto Genere di tre specie difficilmente distinguibili, l'Heimia si estende dal sud degli Stati Uniti all'Argentina. Il Sinicuichi è una interessante bevanda narcotica delle zone monta­ gnose del Messico ancora poco conosciuta. Le foglie di Heimia salicifolia, leggermente appassite, sono frantumate nell'acqua, ed il succo viene lascia­ to al sole a fermentare. La bevanda che ne risulta è un blando inebriante che provoca una lieve vertigine, un offuscamento o una contrazione dimen­ sionale del mondo circostante, un piacevole intorpidimento o euforia e sor­ dità oppur~ allucinazioni uditive con suoni distorti che sembrano provenire da grandi distanze. Di solito non si hanno effetti postumi spiacevoli. Si dice che un uso eccessivo della bevanda sia dannoso (Reko, 1936). Nel caso del sinicuichi è necessario un maggior lavoro di ricerca etno­ botanica in loco prima che la realtà possa essere separata dalla fantasia, ma non v'è dubbio che venga "utilizzato come allucinogeno, anche se non ritualmente né cerimonialmente. I nativi del Messico credono che il sinicui­ chi abbia virtù sacre o soprannaturali. Essi asseriscono che li aiuta a ricor­ dare eventi accaduti molti anni addietro come se fossero successi ieri' e di essere in grado, grazie alla pianta, di rievocare anche avvenimenti o condi­ zioni prenatali (Tyler, 1966). I 195 ./ H E I M lA salicifolia .:t. Disegno di r. Brad y. L'Heimia salicifolia e la specie affine molto simile, H. myrtifolia (che potrebbe rappresentare soltanto una variante geografica), si estendono dal­ le zone mo~t'agnose del Messico meridionale ad Uraguay, Paraguay ed Ar­ gentina settentrioh'ale. In tale area di diffusione, queste piante hanno strani impieghi nella medicina popolare, ma apparentemente soltanto nel Messico le loro proprietà alluéinogéne sono importanti nelle pratiche dei nativi. Certi nomi popolari locali indicherebbero alcune sue proprietà biodinami­ che: nel Brasile, abre-o-sol (<<che apre il sole») ed helVa da vidr.z (<<erba della vita»). Nel Messico, il termine sinicuichi (o i suoi derivati come sinicuil o sinicuilche) si riferisce anche ad altre piante, ma tutte quelle cosÌ denomi­ nate sono, in un modo o nell'altro, inebrianti (ad esempio alcune specie'di Erythrina, Piscidia, Rhynchosia) (Schultes 1970a, 1970c). 196 Pianle d'impiego allucinogeno Una rassegna degli aspetti etnobotanici, chimici e farmacologici della Heimia salicifolia fu pubblicata da Tyler nel 1966. La prima ricerca sistematica sugli alcaloidi della Heimia salicifolia fu eseguita nel 1964 da Blomster ed altri, che isolarono e descrissero quattro alcaloidi : litrina, criogenina, heimina e sinina . La separazione di due alca­ loidi supplementari, vertina e litridina, fu descritta da Douglas ed altri (1964). Alla fine , Appel ed altri (1965) isolarono altri due alcaloidi , che chiamarono nesodina e liofolina. Ricerche più approfondite dimostrarono che la criogenina è identica alla vertina . La struttura completa degli alca­ loididelle litracee che appartengono al tipo chinolizidina. fu chiarita da Zacharias ed altri (1965) e da Ferris ed altri (1966), utilizzando l'analisi ai raggi X. o Il ~ I OH Criogenina (Verlina) Di questi alcaloidi, la criogenina (vertina) sembra possed ere l'attività farmacologica più incidente, simulando qualitativàmènte e quantitativa­ mente l'azione di tutti gli alcaloidi della pianta (Robichaud ed altri, 1964, 1965). Come medicinale, si è trovato che la criogenina possiede proprietà antispastiche, anticolinergiche, di rilassamento dei muscoli scheletrici ed ha effetti tranquillanti. Mentre esiste un quadro dettagliato dell'azione far­ macologica della criogenina e degli altri alcaloidi dell'Heimia salicifolia (Kaplan e Malone, 1966), un rapporto che ne spieghi gli effetti sull'uomo in segui.to a ingestione di preparazioni con la pianta intera, sotto il punto di vista delk proprietà allucinogene manca del tutto . Heimia sa/icifolia (HBK) Link e Otto , Enum, Pl. 2 (1822) 3. Arbusto alto d~ 60 cm a 2 m, compl e tamente glabro. Foglie per lo più opposte, le più alte alternate, sessili, lineari-Ianceolate o lanceolate , acute o , acuminate, lunghe 2-9,5 cm. 'Fiori ascellari solitari , gialli, senza profumo, pedicellati. Calice campanulato, lungo 5-9 mm con appendici lunghe a for­ ma di corno alla base dei lobi. Petali prestò caduchi, in numero di 5-7, ovali, lunghi 12-17 mm. Stami in numero di 10-18. È comune lungoi~ corsi d'acqua e nei luoghi umidi delle zone montane del Messico e del Texas occidentale, a El Salvador, in Jamaica e nel Sud America settentrionale. 197 Botanica e chimica degli allucinogeni DESFONTAINlA <31 sf71nosa Ruiz etPaV. Disegno di E.W. Smith . . DESFONTAINIACEAE Quella delle Desfontain iaceae è una famiglia comprendente specie dif­ fuse nelle zone montane dell'America Centrale e del Sud, essa è affine alle Loganiaceae ed alla Potaliaceae. La famiglia è monogenerica. Desfontainia Ruiz e Pavon Genere di due o tre specie di arbusti od alberi bassi. La Desfontainia spinosa è stata descritta due volte, con campioni. d'origine documentata, come un allucinogeno delle Ande colombiane meridionali (Schultes, 1977) . 198 Des(onlainia Spi/1OSa v. Hookeri. Nasce lungo le Ande, in terre inospitali . In Colombia la chiamano borrachero, in Cile taique, chapico, michai bianco e t.raut.rau. La D. spinosa var. hookeri è stata indipendentemente indicata come un narcotico utilizzato dagli indiani Mapuche del Cile (Mariani, 1965). Poco si sa sull'uso odierno della pianta in entrambe le località, eccetto che in Colombia gli stregoni della Valle di Sibundoy preparano un tè con le sue foglie «quando vogliono sognare» oppure «avere delle visioni e diagnostica­ re una malattia». Un rapporto dice che questo tè è così potente che essi «impazziscono». La pianta è usata poco frequentemente, anche perché non è mai stata coltivata e per procurarsela è necessario recarsi fin sulle monta­ gne dove nasce spontanea. Cresce in lande inospitali o paramos. In Colom­ bia, l'arbusto viene chiamato borrachero de paramo; in Cile, taique, chapico, michai blanc,o e trautrau. Gli studi chimici su questo gruppo di piante non sono ancora stati completati , ma la prova alla tocca iniziale sugli aLcaloidi (usando un rea­ gente di Dragendorff IJlodifi,cato), eseguita su campioni d'erbario, Da fornito sia risultati negativi che leggermente positivi (Raffauf, comunicazione per­ sonale). Desfontainia spinosa Ruiz et Pav6n Fl. Peruv. Chile 2 (1799) 47 . Arbusto eretto o semirampicante, senza spine, alto da 45 cm a (rara­ mente) 4 m. Foglie opposte, frequentemente decussate, in genere da subco­ riacee a coriacee, di colore verde scuro, superiormente lucide, ellittiche 199 Tabeman/he ibof!,a. Apprezza la pe rle proprietà al luci nogene o ltre che per gli effelti s timolanti e pres unti afrodi siac i. (D a A . Lan urin . De /'i boga el de /'ib oga;"e. 1905). ; oppure obbvate, marginalmente rozzamente sinuate ed acutamente api co­ late con spine, alla base cuneate od alquanto arrotondate, lunghezza varia­ bile, ma in genere di , l ,5-8. cm. Fiori solitari o raggruppati; peduncoli di solito glabri, lunghi più o meno lO mm, sottesi alla base con due piccole bratteo le lineari; sepali verdastrì o verde-bruno, connati alla base, da ovali ad oblungo-ellittici, lunghi 5-10 mm, larghi 2-4 mm, glabri; corolla alquan­ to carnosa, glabra, da arancio intenso a rosso , gialla all'interno, di solito molto più lunga del calice, lunga fino a 3 cm o più, con i lobi imbricati , arrotondata all'apice; stami non sporgenti; pistilli glabd, lunghi 2,5-3 cm. I! frutto è una bacca, di colore giallastro, con molti semi, subglobosa, minu­ 200 Pianle d'impiego allucinogeno tamente apicolata, dal diametro più o meno di 12 mm; semi lucidi, bruni, ovoidali-allungati. Si trova negli al topiani, dalla Costa Rica a sud lungo le Ande, dalla Colombia al Cile. ApOCYNACEAE Quella delle Apocynaceae è una famiglia naturale nell'ordine delle Con­ tortae, molto affine ad Asclepiadaceae, Loganiaceae e Gentianaceae. Com­ prende circa 180 generi ed almeno 1700 specie, principalmente arbusti rampicanti o liane, raramente alberi; la famiglia è prevalentemente tropi­ cale, ma alcuni esemplari sono reperibili anche nelle zone temperate. Quasi tutte le specie - se non tutte - contengono un lattice bianco appiccicatic­ cio. La famiglia si divide di solito in due sezioni: Plumieroideae (con tre generi), ed Echitoideae (con due generi). Pochi generi sono economicamente importanti, soprattutto come fonte di gomma e spezie. Uno dei misteri nello studio dei narcotici usati dalle società primitive riguarda il perché le Apocynaceae, presumibilmente la famiglia più ricca di alcaloidi , siano così limitatamente rappresentate nell'elenco delle specie conosciute ed utilizzate per le loro proprietà psicotomimetiche. In questa famiglia vi sono indubbiamente parecchie specie che possiedono costituenti organici in grado d'indurre allucinazioni visive o di altro genere, ma, o non sono mai state scoperte dagli aborigeni, oppure sono troppo tossiche per poter essere consumate, È anche possibile che la ricerca etnobotanica in loco sia in grado in futuro di scoprire l'uso di allucinogeni ricavati dalle Apocinacee fra popolazioni isolate non ancora esaminate dagli antropologi. Tabel71anthe Baillon Tabernanthe è un genere di cinque-sette specie, tutte confinate nell'Afri­ ca tropicale. L'unica specie di Apocynaceae di cui si conosca con sicurezza l'utilizza­ zione come allucinogeno è l'iboga, la radice giallastra della Tabem.anthe iboga, un narcotico africano di notevole e crescente importanza a livello sociale, specialmente nel Gabon e nelle regioni adiacenti del Congo. Gli esploratori francesi e belgi cominciarono a descrivere i notevoli effetti dell'iboga durante la metà del secolo scorso, sottolineandone la gran­ de fama di potente stimolante ed afrodisiaco, Si diceva che raddoppiasse la forza muscolare e la resistenza, e. che i guerrieri, sotto il suo effetto, fossero in grado di compiere imprese straordinarie, La prima descrizione, datata 1864, asserisce che la radice d'iboga, «non è tossica, se non quando è fresca e ingerita in dosi çlevat,e. In piccole quantità è un afrodisiaco ed uno stimo­ lante del sistema nervoso; guerrieri e cacciatori la usano costantemente per non assopirsi durante le veglie notturne .. ,» (Pope, 1969). Alcune tribù scoprirono che, in forti dosi , l'iboga poteva indurre alluci­ nazioni visive ultraterrene, ma dosi eccessive pote vano sovente causare la morte. Questi nativi inserivano l'iboga nei culti segreti dei riti d 'iniziazione (Raponda-Walker e Sillans, 1961), La Tabernanthe iboga è usata in tutti i luoghi in cui viene raccolta ­ 201 "~ Botanica e chimica degli allucinogeni nel Gabon ed in alcune parti del Congo - ed anche altrove, ma viene coltivata solo nel Gabon, dove è apprezzata per le sue qualità allucinogene oltre che per gli effetti stimolanti e presunti afrodisiaci (Séro, 1944). I nativi del Gabon distinguono due «varietà» d'iboga. Queste dovrebbe­ ro differire nella forma del frutto, allungato oppure rotondeggiante, rugoso oppure liscio. Non è ancora stata chiarita la posizione tassonomica di que­ ste varianti (Raponda-Walker e Sillans, 1961). Entrambe sono largamente impiegate nella medicina popolare. Si ritiene che, in dosi eccessive, entram­ bi i tipi possano provocare la morte, oppure degli stati letargici che durano fino a quattro-cinque giorni. La prima descrizione degli effetti allucinogeni della radice d'iboga risa­ le al 1903, quando Guien riferì le esperienze di un iniziato ad un culto feticista del Congo: «Rapidamente tutti i suoi muscoli si tendono in modo straordinario. Una follia epilettica s'impadronisce di lui, e durante questa fase, inconsciamente, egli pronunzia delle parole che per gl'iniziati hanno un significato profetico e che sono la prova che lo spirito è entrato in lui» (Pope 1965). Nel Gabon, l'allucinogeno viene impiegato nei riti d'iniziazione da un certo numero di società segrete, la più famosa delle quali è la Bwiti o Bouiti, per cui la droga ha significati sociali di vasta portata. Un iniziato entra a far parte del culto, secondo i nativi, quando ha «visto Bwiti» oppure «mangiato l'iboga», che è la sola via per vedere Bwiti. Le complicate ceri­ monie e le danze tribali che accompagnano la consumazione della radice d'iboga e lo stato d'ebbrezza che ne segue, variano da località a località. L'iboga entra comunque a far parte anche di altri aspetti della vita Bwiti. Gli stregoni, ad esempio, fanno uso della droga per mettersi in contatto con il mondo dello spirito, e coloro che celebrano il rito mangiano radici d'ibo­ ga per un giorno intero prima di chiedere consiglio agli antenati. Durante gli ultimi cinquant'anni, il culto Bwiti si è diffuso, senza alcuna flessione. Potrebbe costituire la forza sociale più potente contro l'opera missionaria della Cristianità e dell'Islamismo nel Gabon, poiché unifica molte delle tribù che un tempo erano in guerra tra loro e che oggi cercano di resistere alle innovazioni europee. Questa droga, ed il culto ad essa legato, indubbia­ mente continueranno per lungo tempo ad esercitare una grande influenza nel Gabon (Pope, 1969). Gli studi btochimici sulle radici di Tabemanthe iboga, che hanno avuto inizio sul volgere del secolo, hanno rivelato la presenza di almeno una dozzina di alcalpidi indolici, il principale dei quali è l'ibogaina (Dybowski e Landrin, 1901; Haller ed Heckel, 1901). La sua struttura, e tutta la stereochimica, sono state chiarite soltanto di recente (Hesse, 1968). H Ibogaina 202 H Pianle d'impiego alluci/1Ogeno Nel "Culto della Zanna» dei Bwiti (Congo) la cerimonia dell' "offerta agli antenati» ha luogo tra due cespugli di Tabernanthe iboga . (FOIOJ.W . Fernandez). Una sintesi totale dell'ibogaina è stata pubblicata nel 1966 (Biichi ed altri). Mentre la farmacologia dell'ibogaina è stata studiata a fondo, poco si sa circa l'attività biologica degli alcaloidi secondari della Tabemanthe ibo­ ga. L'ibogaina sembra essere la principale responsabile degli effetti psico­ farmacologici della droga grezza . Questi possono essere divisi in tre parti. Piimo, inibisce la colinesterasi, che provoca nell 'uomo ipotensione, stimola­ zione della digestione e dell'appetito (Vincent e Séro, 1942). Secondo, il suo effetto maggiore stimola il sistema centrale, e, a dosi tossiche, induce con­ vulsioni, paralisi e, alla fine, l'arresto della respirazione . Terzo, provoca allucinazioni visive e d'altro genere, associate a grave ansietà ed apprensio­ ne (Schneider e Sigg, 1957) . Occasionalmente, assieme all'iboga vengono consumate altre pial?te; 203 Fu s ti e radici di Tabemal1/he i/Jaga. Pianta originaria del Gabon e delle regioni sud -ori en tali del Congo. (Foto J. Big\\looJ). talvolta anche dieci. È necessaria un'identificazione botanica e chimica di ques ti additivi, che potrebbero portare alla scoperta di nuove piante alluci­ nogene, una delle quali è l'euforbiacea Alchornea floribunda. Si dice che essa venga utilizzata ~ello stesso modo dell'iboga in un 'altra società segreta del Gabon (Byeri) , e potrebbe quindi ben trattarsi di un allucinogeno. La chimica dell'Alchornea floribunda non è stata ancora del tutto chia­ rita. Le prime indicazioni sulla presenza di yohimbina nelle radici e nei semi i questa pianta (Paris e Goutarel, 1958), non sono state confermate (Raymond-Hamet e Goutarel, 1965). Gli alcaloidi che vi sono stati trovati devono ancora essere identificati (Tyler, 1966). Tabernanthe iboga Baillon in BuI!. Soc. Linn. Paris 1 (1889) 783. Piccolo arbusto a lto fino a 2 m . Radici robuste, molto ramificate. Rami sottili , affusola ti' alle estremi tà , lenticella ti . Foglie picciola te (piccioli lun­ ghi 2-3 mm) , ellittiche-ovali, oppure obovate-lanceo late , acuminate, alla base acute o lungo-cuneate , lunghe generalmente 7,5-13 cm, larghe 2,5-4,5 cm; 9-11 nervatu re obliqué ed arcuate. Infiorescenza vagamente umbellifor­ me o subcorimbosa , con pochi fiori (fino a 12), nutante, più corta delle foglie; peduncolo lungo 1-4 cm; pedicelli lunghi circa 8 mm. Fiori bianchi, qualche volta con macchie rosa; calice penta-partito, lungo 1-1,5 mm; sepa­ li vagamente ovali o subtriangolari, ciliolati, in quelli interni vi so no 1 02 ghiandole basali; corolla subcilindrica, che si restringe nella metà in alto, lunga circa 5 mm, lobi arrotondati, lunghi 2,5 mm; stami inseri ti a lla metà 204 Piante d'impiego al/ucinoge/1O del tubo; antere lunghe 2 mm; stilo lungo 2 mm. Frutto ellissoidale, lungo 18-24 mm con un pericarpo crostaceo liscio, talvolta incoronato con la base persistente dello stilo. Semi globoidali od alquanto ellissoidali, lunghi 6 mm, con una testa sugherina, rugosa-Iamellata. Pianta originaria del Gabon e delle regioni sud-orientali del Congo. AJchomea floribunda Mueller-Argoviensis, Fl. Ratisb. (1864) 435. È una specie che vive in tutta l'Africa equatoriale. CONVOLVULACEAE lpomoea Linnaeus; Turbina Rafinesque L'lpomoea è un genere molto vasto di oltre 500 specie delle zone tropi­ cali e caldo-temperate di entrambi gli emisferi; quasi tutte le specie sono erbe rampicanti od arbusti. Il genere comprende diverse specie utili come medicinali (purganti), ma quella economicamente più importante è senza dubbio la patata dolce (l . batatas). Il genere Turbina è stato separato da quello lpomoea per diversi carat­ teri minori che spesso s'intrecciano, offrendo la giustificazione per com­ prendere nuovamente tutte le specie nell'lpomoea. Le dieci specie di Turbi­ na sono originarie dell 'America tropicale . Diversi cronisti all'epoca della conquista spagnola del Messico descris­ sero l'uso religioso e medico di un piccolo seme a forma di lenticchia chia­ mato ololiuqui. Gli Aztechi ed altri indiani ingerivano l'ololiuqui a scopo di divinazione. Il seme veniva da una liana con foglie cordate conosciuta nella lingua nahuatl come coaxihuitl o «pianta-serpente» (Hernandez, 1651; Sahagun, 1938). Nel 1615 Ximénez pubblicò alcuni degli appunti etnobotanici di Herna­ dez. Senza identificare l'ololiuqui, egli affermò che «non è sbagliato aste­ nersi dall'indicare il luogo di crescita , perché importa poco descrivere qui la pianta o che gli spagnoli ne vengano a conoscenza». Un certo numero di descrizioni ed alcune illustrazioni del tempo, indicavano tuttavia che si trattava di una convolvulacea. Hernandez la descrisse e la disegnò. Saha­ gun, contemporaneo di Hernandez, descrisse tre piante denominate ololiu­ qui, una delle quali era «un'erba chiamata coatlxoxouhqui, che reca un seme denominato ololiuqui». Il Codex Fiorentino illustrava chiaramente una liana convolvulacea con foglie cordate e radice tuberosa. Un antico documento, scritto nel 1629, riferisce che «il seme, quando viene preso; priva dei sensi chi se ne è servito, perché'è molto potente». Un'altra fonte ancora dice .che «priva della ragione colorci che lo usano. I nativi ... comunicano con il diavolo ... quando hanno ottenuto l'ebbrezza con l'ololiuqui, e sono ingannati dalle varie allucinazioni che attribuiscono alla divinità che credono risieda nei·semi ... ». Un terzo documento riferisce come «questi semi ... siano tenuti in grande venerazione ... Essi depongono delle offerte ai semi ... in luoghi segreti, di modo che non possano essere scoper­ te ... Essi pongono anche questi semi fra gl'idoli dei loro antenati ... Non desiderano offendere l'ololiuqui con dimostrazioni circa l'uso dei semi da­ vanti ai giudici e bruciandoli pubblicamente» (Schultes, 1941). 205 . Turbina co'ymbosa, l'ololiuqui degli a ntichi messicani. Da (F. H errl<\nde;; , Ren oN Medicanull Novae Hispal1iae ThesOffrrfS, seti Plan/Grum. Al1ìlnofillll1, Minera/i wn MexicanorulN His toria, Roma J 65 1). , L'ololiuqùi era anche usato come pozione magica, di presunte proprie­ tà analgesiche. Ques to è un aspetto non ancora chiarito dell'etnofarmacolo­ gia dei semi. Una documentazione asserisce che i sacerdoti Aztechi , prima di offrire sacrifici dalle' cimé delle montagne «prendevano un gran numero d 'insetti velenosi .. . li bruciavano... e mescolavano le ceneri insieme ... con radice di ocoll, tabacco, ololiuqui ed altri insetti vivi. Si spalmavano addos­ so questa mistura diabolica e .. . non avevano più timore di alcun pericolo». Un altro resoconto riferisce che « .. .questo unguento è composto con diverse bestie velenose ... molto tabacco o pectum .. ., un'erba che essi usano molto per intorpidire la carne, poi vi mettono anche un certo seme ... chiamato 206 Turbina corymbosa in fiore . Miami , Florida. (Foto J .F. Morton ). ololuchqui, dal quale gli indiani ricavano una bevanda che provoca delle visioni .. . I sacerdoti che si spalmano con questo unguento perdono ogni timore ... dicono di provare in tal modo un notevole sollievo, che potrebbe essere dovuto ad un intorpidimento della pelle , perché sia il tabacco che l'ololuchqui hanno questa proprietà». Hernandez, la cui descrizione sembra la più credibile tra tutte quelle dei cronisti dell'epoca, fa menzione dei suoi presunti effetti di alleviare il dolore e, dopo un elenco dettagliato dei molti impieghi dell'ololiuqui nella medicina, afferma che «quando i sacerdoti vofevano comunicare con le loro divinità e ricevere un messaggio da loro, ingerivano questa pianta per provocare un delirio, durante il quale appari­ vano loro migliaia di visioni e di allucinazioni sataniche.» (Schultes, 1941) . Per quasi quattro secoli, nel Messico non si riscontrò l'impiego di nes­ suna pianta delle convolvulacee come allucinogeno divinatorio o ritualisti­ co. Inoltre, da nessuna specie di convolvulacea era mai stato isolato un costituente inebriante. Tutto ciò rappresentava un enigma. Nel 1911, Hart­ wich suggerì che l'ololiuqui potesse essere lIna solanacea, e Safford, nel 1915, partèndo dal presupposto chè i primi cronisti avrebbero potuto essere stati ingannati dagli indiani , identificò definitivamente il narcotico come Datura meteloides. La sua identificazione fu largamente accettata nella let­ teratura antropologica, b'otanica e farmacologica. Vi furono però delle voci di dissenso. B. P. Reko, per esempio, nel 1919 accettò l'identificazione di Urbina dell'ololiuqui come Turbina corymbosa (lpomoea sidaefolia), fatta nel 1897 e ribadita nel 1903 e nel 1912; nel 1934, egli pubblicò una rassegna storica dell 'ololiuqui. Fu solo nel 1939, tuttavia, che Schultes e Reko raccol­ sero del materiale botanico, identificabile con la T. corymbosa, da una pian­ ta coltivata, usata a scopo divinatorio da uno stregone zapoteco nell'Oaxaca 207 Botanica e chimica degli allucinogen i nord-orientale (Schultes, 1941). Il seme viene usato anche da altri indiani della regione di Oaxaca - Chinantechi, Mazatechi e Mixtechi - e, come afferma Wasson, «oggi, in quasi tutti i villaggi di Oaxaca si può scoprire che i semi servono ancora ai nativi come un aiuto sempre presente al mo­ mento del bisogno » (Wasson, 1963). Sebbene nelle Convolvulaceae fossero sconosciuti dei principi tossici, nel 1937 Santesson descrisse per primo la psicoattività dei semi di Turbina corymbosa (Santesson , 1937a, 1937b). Egli non riuscì, tuttavia , ad isolare dei composti cristallini ben definiti. Gli estratti alcoolici producevano una specie di narcosi, o narcosi parziale, nelle rane e nei topi, ed alcune reazioni chimiche sembrarono suggerirgli la presenza di un gluco-alcaloide. Nel 1955, lo psichiatra Humphrey Osmond condusse una serie di espe­ rimenti su se stesso , e, dopo aver preso da 60 a 100 semi di Turbina corym­ bosa, sperimentò uno stato di apatia e d'indifferenza, accompagnato da un aumento di sensibilità visiva. Dopo circa quattro ore, sopravvenne una sensazione di rilassamento e di benessere che durò per un tempo più lungo . In contrasto con questi risultati, Kinross-Wright, nel 1959, descrisse degli esperimenti condotti su otto maschi volontari a cui furono somministrate massicce dosi, fino a 125 semi, senza che si riscontrasse alcun effetto accer­ tabile, neanche in un solo caso. L'enigma dell'ololiuqui e la natura chimica dei suoi principi attivi furo­ no risolti nel 1960 da Hofmann. L'analisi dei semi di Turbina corymbosa provenienti da Oaxaca rivelò la sorprendente scoperta che i costituenti psicoa tti vi dell' ololiuqui sono gli s tessi alcaloidi della segale cornu ta (Hof­ mann ed altri, 1960). Un altro passo nello studio delle convolvulacee psicoattive del Messico (morning glories) fu compiuto nel 1960, quando McDougall trovò che i semi di Ipomoea violacea (I. tricolor) venivano assunti insieme oppure al posto di quelli di Turbina corymbosa, spec ialmente fra alcuni gruppi di Zapotechi ad Oax~ca , che ne parlavano come di badoh negro. Ques ti semi , che sono di un nero lucido ed hanno una forma diversa da quelli della T. corvmbosa, erano stati precedentemente menzionati da Parsons (1936) con il nome locale degli zapotechi di Mitla. Wasson ha ipotizzato che ques ta specie può rappresenta­ re l'antico narcotico azteco tlitliltzin, un termine di lingua nahuatl derivan­ te dalla parola «nero » unita ad un suffisso reverenziale (1963). Uno degli antichi cronisti, per esempio, aveva descritto «ololiuqui, peyotl e tlitlilt­ zin», indicandoli come tre diversi agenti inebrianti. Gli studi chimici sui semi di Ipomoea violacea hanno completamente convalidato i dati etnobotanici che indicavano la loro utilizzazione come allucinogeni . Hofmann ha dimostrato che, come nel caso della Turbina co­ rymbosa, i principi ps icotomimetici sono gli alcaloidi della segale cornuta (Hofmann, 1961 b, 1963, 1964; Hofmann ed altri, 1960). Le informazioni popolari indicano che J'Ipom.oea camea viene u sata nell'Ecuador a scopo allucinogeno, e che i nomi volgari bon-achero e mata­ cabra si riferiscono ai suoi effetti inebrianti o tossici. Alcaloidi della segale COlì1uta sono stati isolati anche dai semi di questa pianta (Lascano ed altri, 1967; Naranjo, 1969; Naranjo ed altri, 1964). 208 Capsule e semi di Turbina corvl11bosa. (Disegno di G.w. Dillon). •I \I Da un punto di vista chemiotassonomico, il ritrovamento di alcaloidi della segale cornuta nelle Convolvulaceae è stato del tutto inatteso e di particolare interesse specifico, ciò perché gli alcaloidi dell'acido lisergico, che prima erano stati isolati soltanto nei funghi inferiori dei generi Clavi­ ceps, Penicillium o Rhizopus, risultavano ora presenti, per la prima volta, anche in piànte superiori, nelle Convolvulaceae appunto, appartenenti alla famiglia della Fanerogame. Le ricerche chimiche successive in altri labora­ tori hanno confermato la presenza di alcaloidi della segale cornuta anche in altre specie di Convolvulaceae, come Argyreia, Ipomoea, Stictocardia e Cu­ scuta (Beyerman ed altri, 1963;· Chao e Der Marderosian, 1973; Der Marde­ rosian, 1966, 1967a; Hylin ed altri, 1965; Gròger, 1963; 1967a; Taber ed Heacock, 1962: Taber ed altri, 1963a, 1963b). Il principale costituente dell'ololiuqui (semi di Turbina corymbosa) è l'ammide dell'acido d-lisergico, anche chiamato ergina. Sono stati inoltre isola­ ti i seguenti alcaloidi secondari: ammide dell'acido isolisergico (isoergina), 209 _. Botanica e chimica degli àllucinogeni cianoclavina, elimoclavina e lisergolo. I semi di lpamaea vialacea hanno fornito gli stessi alcaloidi, con la differenza che è stata ottenuta ergometri­ na (ergonovina) al posto dellisergolo. In altri campioni di semi di T. carym­ basa ed I . vialacea si è riscontrato che lisergolo ed ergome trina sono presen­ ti entrambi (Der Marderosian e Youngken, 1966) . Più tardi , si è trovato che ergina ed isoergina erano presenti nei semi in una certa misura, rispettiva­ mente sotto forma di N-(1-idrossietil) ammide dell 'acido lisergico ed N-(1­ idrossietil) ammide dell'acido isolisergico, e che , durante il procedimento di separazione , queste s 'idrolizzavano facilmente in ergina ed isoergina, rispettivame nte, e in acetaldeide. La presenza di altri alcaloidi secondari (ergometrinina, penniclavina), è stata riscontrata soltanto mediante esame cromatografico (Hofmann , 1963). Ricerch e più recenti (Chao e Der Marderosian , 1973; Heacock, 1975), e tecniche analitiche migliorate (Weber e Ma, 1976), hanno rivelato la presen­ za di altri tipi di alcaloidi dell'ergolina e dell'ammide dell'acido lisergico nei summenzionati generi di piante convolvulacee: agroclavina, cianoclavi­ na (II) , se toclavina, isosetoclavina, festuclavina, molliclavina, lisergina, iso­ lisergolo , e rgometrinina, ergosina, ergosinina e cicloclavina. Fino ad oggi sono stati descritti più di venti alcaloidi delle Convolvulaceae (Tavola X). Ad eccezione della cicloclavina, che è stata isolata da Ipamaea hildebrandtii (Stauffacher ed altri, 1969), tutti questi alcaloidi si trovano in diverse spe­ cie e vari e tà di segal e cornuta e funghi affini (Hofmann , I 964b). Ergosina ~d ergosinina, ottenute da I . argyrophylla (Stauffacher ed altri, 1965), rappre­ sentano gli isomeri degli alcaloidi di tipo peptidico de lla segale cornuta, non allucinogeni e terapeuticamente importanti (Hofmann, 1964b). Il contenuto totale in alcaloidi nei semi di Turbina carymbasa è dello 0 ,012 per cen to , mentre i semi di lpamaea vialacea contengono lo 0,06 per cento di alcaloidi totali . Questo fatto spiega perché gli indiani usano un minor quantitativo di semi della seconda specie rispetto a quelli della pri­ ma (Hofmann , 1963). L'ammide dell'acido d-lisergico e l'ammide dell'acido d-isolisergico so­ no state ottenute per la prima volta come prodotti dell'idrolisi alcalina degli alcaloidi della segale cornuta (Smith e Timmis, 1932, 1936), quindi mediante sintesi parziale dell'acido lisergico e, più recentemente, come alcaloidi di origine naturale, insieme con le corrispondenti N-(1-idrossietil) ammidi, da sega le cornuta di Paspalwn (Arcamone ed altri, 1960). La ciano­ clavina era stata scoperta in precedenza nella segale cornuta del miglio tropicalefennisetum typhaideum (Hofmann ed altri, 1957). L'elimoclavina è stata isolata per la prima volta dalla segale cornuta di una graminacea selvatica, l'Elym us mallis . Il lisergolo è stato prodotto sinteticamente per riduzione dell 'acid<? d-lis ~rg ico (Stoll ed altri , 1949), prima che fosse sC<fper­ ta la sua esistenza in natura come uno dei principi attivi dell 'ololiuqui . L'ergometrina (sinonimo ergònovina) è l'alcaloide principalmente respon­ sabile de ll 'azione emostatica e tonico-uterina della segale cornuta. Questa sostanza può anch e essere ottenuta per sintesi (Stoll ed Hofmann, 1943) . L'attività psicotomimetica dell 'y.mmide dell'acido lisergico e la sua marcata componente narcotica furono constatate da Hofmann con esperi­ menti su se stesso (1963) . Questa azione dell'ammide dell 'acido d-lisergico , 210 Pian te d'impiego allucinogeno TABELLA X FORMULE S T RUTTURALI DE G LI ALCALOIDI DELLE CON VOLVULACEAE COR "COR si9 i '7 )1 C1:l H HI: ~ 3 :::,.... 1 HN HN- I CH H 3 I Ergi na: R= NH ,: Isoergina eH) I N-(t -id ross ie lil )-arnm ide del l'ac ido liser"gico: R= NH CH: N-(J -idross ie ti I)ammide dell'acido iso li serg ico I OH ~CH~:: ~ ~ :'7 NHCH " :::,.... H HN I Cianocl avina Li sergolo CH20H 3 :'7 H' ' NCH ~I HN I El imoclavina Er"gometrina 3 H} ; : . , 0 WH HN Agroc lavina R=OH : Pen niclav ina R= H: Setoc lav ina Fe Sl uci avina Liserg ina C icloclav ina 211 BOlanica e chimica degli allucinogeni Turbina corymbosa . Il principale costituente dei semi di questa pianta è l'ammide dell'acido d-lisergico, chiamato anche ergina. (Disegno di G.w. Dillon). fu successivamente confermata da Solms con ricerche sistematiche compa­ rative (l956a) . Egli descrisse quest'azione come segue: «il composto LA-III induce apatia, una dilJlinuzione dell'attività psicomotoria , la sensazione di svanire nel nulla, ed un desiderio di dormire ... finché il progressivo offuscamento della coscienza provoc,a infi,ne il sonno». .r Heim ed al tri (1968), in seguito ad esperimenti sull'uomo , conclusero che l'ololiuqui ed i suoi principali costituenti (ammide dell 'acido lisergico, ammide dell'acido isolisergico) non producono tipici sintomi psicotomime­ tici,ma pièttosto effetti molto più simili a quelli che s'incontrarono nelle psicosi tossiche risultanti dall'azione di/ma droga come l~ scopolamina. Sull 'a tti vi tà . dell'ammide dell'acid6 isolisergico (isoergina) esiste . una scarsa documentazione . Dopo averne preso 2 mg oralm,ente, Hofmann spe­ 212 Piante d'impiego allucinogeno Cari Guslav Sanlesson, il chimico svedese che per p~"imo analizzò i funghi allucinogeni messicani e le Ipomoee. (Per gen t j le concessione di B Holmsledl e l.G. Bruhn). rimentò stanchezza, apatia, una sensazione di vuoto mentale, distacco e totaleJI1ancanza d'interesse per il mondo esterno (Hofmann, 1963), L'N-(1-idrossietil) ammide dell'acido lisergicò provoca contrazioni nel­ l'utero isolato del porcellino d'India e nell'utero in situ del coniglio, e pre­ senta circa dal 30 al 50 per cento, l'attività dell'ergometrina, Nel topo e nel coniglio produce la sindrome di stimolazione del simpatico centrale, come piloerezione,midriasi ed ipertermia, il che fa pensare che potrebbe avere un'azione tipo LSD; questa ipotesi, tuttavia, non è ancora stata verificata con esperimenti condotti su esseri umani. Elimoclavina e lisergolo provocano una sindrome di eccitazione in vari animali, ca~sata da una stimolazione centrale dei nervi simpatici, che sem­ brerebbe indicare un'attività psicotomimetica (Yui e Takeo, 1958). Non sono ancora disponi bili risul ta ti di test clinici. L'ergometrina vi,ene u~ata in larga scala in ostetricia come tonico utrri­ no ed agente emostatico. Somministrato a questo scopo in piccole dosi, l'alcaloide apparentemente non ha alcun influsso sulle funzioni psichiche. In forti dosi, provoca tuttavia chiari effetti psicotomimetici (Wasson ed altri, 1978). G)i effetti psicnici dell'ololiuqui non sono attribuibilÌ'alla cianoclavina, che, del resto, non presenta alcuna particolare attività farmacologica. Dai risul ta ti degli esperimenti esegui ti finora con alcaloidi puri, emer­ 213 Botanica e chimica degli allucinogeni CONH H 2 I Ammide dell'acido d-lisergico Ergina (dalJ 'ololiuqui) Dietilammide dell'acido d-lisergico LSD-25 (semisintetico) ge che i principali responsabili degli effetti psicotomimetici dell'ololiuqui sono l'ammide dell'acido lisergico, la N-(1-idrossietil) ammide d~ll'acido lisergico, l'elimoclavina, il lisergolo, l'ergometrina e probabilmente anche l'ammide dell'acido isolisergico. La scoperta delle ammidi dell'acido lisergico nell'Ipomoea violacea e nella Turbina corymbosa pone queste antiche «piante magiche» in relazione diretta con l'LSD-25, il nome in codice di laboratorio della dietilammide dell'acido d-lisergico. L'LSD, il più potente allucinogeno finora conosciuto, è un composto sintetico; differisce dal principale costituente dell'ololiuqui - ammide dell'acido d-lisergico - soltanto per la sostituzione di due idro­ geni del gruppo ammidico con due radicali etilici. L'LSD fu sintetizzato nel 1938 da Hofmann, partendo da acido lisergico naturale, e la sua straordina­ ria attività allucinogena fu rivelata nel 1943, molto prima che le ammidi dell'acido lisergico simili all'LSD fossero scoperte come costituenti attivi dell'antico, magico ololiuqui (Hofmann, 1959, 1970a). La piecola differenza nella struttura chimica fra i costituenti dell'olo­ liuqui e dell'LSD è molto significativa per quanto riguarda l'attività alluci­ nogena. La dose orale efficace di LSD per l'uomo è di 0,05 mg; così questo composto è da 50 a 100 volte circa più attivo dell'ammide dell'acido lisergi­ co, che è attivo in dosi che vanno da 2 a 5 mg. Inoltre, fra i principi attivi di Ipomoea violacea e di Turbina corymbosa e l'LSD non vi è soltanto una differenza quantitativa, ma anche qualitativa; l'LSD è un allucinogeno mol­ to specifico, mentre gli effetti psichici dell'ammide dell'acido lisergico e di tutti gli alcaloidi di queste due piante sono caratterizzati da una pronunzia­ ta componente·narcotica (Hofmann, 1968). È interessante far notare che, una volta divenute di pubblica conoscen­ za le proprietà di questi convolvuli messicani, alcuni gruppi marginali di europei ed americani hanno cominciato a consumare semi di convolvula-( cee, specialmente quelli provenienti dalle varietà coltivate, procurandoseli principalmente dai vivai di piante e dall'industria del giardinaggio. Questo . abuso, ad un certo punto, si è talmente propagato che, in certe zone si è dovuto adottare e rafforzare dei metodi di controllo da parte delle autorità preposte alla salute pubblica. Molte varietà coltivate sono prive di alcaloidi psicotomimetici, ma altre, come quelle chiamate «Heavenly Blue», «Pearly Gates», «Flyiqg Saucers», «Wedding Bells», «SummeL Skies"";, e «Blue 214 Piante d'impiego allucinogeno lPOA\9E~ vi@~tll~CW? Linnaeus .. _ ____ ~ _ _ _. _ _ _ _ _ _____.J Disegno di E.W. Smith . f Stars», contengono gli stessi principi allucinogeni delle convolvulacee narco­ tiche messicane (Der Marderosian, 1966, 1967a, 1967b). I semi di Argyreia nen;osa, chiamata «baby Hawaiian woodrose», che sono usati nel mondo della droga come sostituto dell'LSD, contengono ammidi defl 'acido lisergico ed altri composti dell 'ergolina in quantità ancora maggiore rispetto all'olo­ liuqui: ciO'è l~ 0,3 per cento (Hylin e Wats9n, 1965; Ott, 1976ì. 215 ' Capsula e semi di lpomoea viola cea. (Disegno di E .W. Smilh) . Ciò che lascia perplessi, dal punto di vista etnobotanico, è perché, con composti allucinogeni presenti in una famiglia geograficamente e filogeneti­ camente così diffusa come quella delle con voI vulacee, i nati vi al di là del Messico non abbiano mai impiegato queste piante per le loro specifiche proprietà psicotomimetiche. O lo hanno fatto? Ipomoea violacea Lilmaeus, Sp. Pl. (1753) 161. La pianta è un rampicante annuo, molto ramificato, completamente glabro. Foglie membranose , intere, ovali, lunghe 4-10 cm, larghe 3-8 cm , profondamente cordate, lungo-acuminate, spesso facilmente caduche; pic­ cioli lunghi fino a 1,5 cm . Infiorescenza cimosa, con 3-4 fiori; stelo ispessito, cavo, simile a una verga, più lungo del picciolo; brattee triangolari-ovali, acute, lunghe fino a 1,2 mm ; bratteole simili ma molto piccole. Fiori larghi 5-7 cm; tubo bianco, orlo della corolla bianco, rosso, viola, blu-violetto o blu, spesso macchiato; sepali triangolari-ovali, acuti, lunghi 5-6 mm, disu­ guali, quelli esterni marginati,.carenati dorsalmente; corolla infundibuli­ forme, lunga 5-7 cm. Frutto ovoidale, lungo 13 mm. Si estende dal Messico occidentale e meridionale, al Guatemala, alle Indie Occidentali ed al Sud America tropicale. Come accade con molte specie di Convolvulacee, la nomenclatura e la tassonomia di queste piante sono confuse e la difficoltà di tracciare la storia dei diversi nomi. completa tale confusione (Der Marderosian, 1965; Schul­ tes, 1964; Shinners, 1965). Altri nomi usati di frequente sono lpomoea rubrocaerulea e 1. tricolor. Ipomoea rubrocaerulea Hooker in Bot. Mag. 61 (1834) t. 3297. Ipomoea tricolor Cava/1illes, Icon . 3 (l794) 5 t. 208. Turbina corymbosa (L.) Rafznesque, Fl. Tellur. 4 (1838) 81 . Pianta rampicante ,' perenne, con stelo !igneo. Foglie lunghe 5-9 cm, ~:. larghe 2,5-6 cm, grossolanamente cordate od ovate-cordate, completamente glabre o molto di rado pubescenti, lungo-picciolate. Peduncoli ascellari, di soli to pluri-fiorì ti. Fiori profuma ti, crescono su infiorescenze ascellari ter­ minali molto ricche; corolla infundibuliforme o ipercraterimorfa, lunga 2-4 cm, trasversalmente larga quasi 3 cm quando è aperta, bianca o biancastra con stiiature verdastre, lobi interi, glabri; 2 stimmi; stami compresi; ovario , 216 / Piante d'impiego allucinogeno lpomoea violacea. Oaxaca, Messico. Nome locale «Q uiebra plata», la famosa «Morn ing glory» degli americani. (FOlO R.G . Wasson). glabro diviso in due celle; sepali ovalì od ovali-lanceolati, ingranditi nel frutto, scariosi, alquanto legnosi , lunghi circa 1 cm. Frutto a bacca, indei­ scente, ellissoidale,mucronato, con un seme lungo 5-10 mm, largo 4-5 mm, marrone scuro. Seme rotondo , marrone, minutamente pubescente, lungo 4 mm, largo 3-5 mm, con incisione quasi circolare. Diffusa nell'America tropicale e subtropicale, in Florida e nelle zone costiere statunitensi de! Golfo del Messico, nelle Indie Occidentali, in Ame-t., rica Centrale e nella metà settentrionale del Sud America; divenuta indige- . na in alcune regioni tropicali del Vecchio Mondo dove è sfuggita alla colti­ vazione . Sinonimi di Turbina corymbosa usati di frequente: Rivea corymbosa (L.) H allier filius in Engler Bot. J abrb. 18 (1893) 157 . 217 --- .3" Dettaglio dell'affresco murale Tlalocan di Tepantitla, Teotihuacan, Messico, restaurato da Augustfn Villagra. Nel disegno del rampicante è stata vista una rappresentazione della Turbina coryl11bosa. Museo Nacional de Antropologia, Messico. (Per gentile c~essione. di P.T. FurSI) . Ipomoea sidaefolia Choisy in Mém. Soc. Phys. Hist. Nat. Genève 6 (1833) 459. La classificazione delle Convorvulaceae è sempre sta ta difficile. È sta to particolarmente laborioso classificare la specie qui indicata come Turbina corymbosa, che ha avuto varie attribuzioni ai generi Convolvulus, Ipomoea, Legendrea, Rivea e Turbina . Gran parte della letteratura etnobotanica e chi­ mica recente su questa specie ha usato il binomio Rivea corymbosa . Alcuni autori, ritenendo che quello di Rivea dovesse essere considerato un genere esclusivamente del Vecchio Mondo, hanno pensato che questa pianta del Nuovo Mondo non potesse esservi compresa e tendono a classificarla nel genere strettamente àmericano di Turbina, che comprende da nove a dieci specie. I generi di Rivea e di Turbina sono stati distinti da quello di Ipomoea per alcune caratteristi<zhe in realtà secondarie, che si incrociano e quindi v\ sono dei buoni motivi per comprendere tutte queste specie in un genere Ipomoea più largamente inteso, come era stato fatto nella vecchia letteratu­ ra, che si riferiva generalmente a questa specie come l. sidaefolia. Come Stearn ha affermato recentemente: «Il genere delle Convolvulaceae, in con­ fronto a quelli di alcune altre famiglie, appare poco definito. Le specie possono essere riunite in gruppi, nei quali esse si assomigliano nella genera­ lità delle lon;> caratteristiche, più che non in ~ltri gruppj, ma q-ueste, quan­ 218 ~. Pianle d'impiego allucinogeno do viene stabilito un ordine generico, possono soltanto essere mantenute distinte come ultima risorsa mettendo in rilievo un particolare carattere » (Stearn, 1976). I frequenti cambiamenti dei nomi delle piante da parte dei tassonomi continua a confondere i ricercatori in altre discipline come i fitochimici e i farmacologi. Si rendono necessari alcuni cambiamenti dettati da considera­ zioni scientifiche e dall'interpretazione biologica di regole internazionali sulla nomenclatura botanica. Molti, invece, sfortunatamente , sono il risul­ tato di studi superficiali o, peggio, di fantasie personali. Sebbene la recente tendenza della letteratura botanica sia quella di usare il binomio di Turbina corymbosa invece di quello meglio conosciuto di Riveà corymbosa, ci erava­ mo sentiti obbligati a continuare a far riferimento alla pianta come Rivea corymbosa, in attesa di una critica revisione tassonomica. Stearn ha recen­ temente provveduto ad una tale revisione, per concludere che il binomio più proprio è quello di TW'birza corymbosa. Di conseguenza, anche'se con riluttanza, ci siamo adattati ad usare questo binomio. LABIATAE Le Labiatae , appartenenti all'ordine Tubiflorae e molto affini alle Ver­ benaceae, sono una famiglia naturale di 200 generi e più di 3500 specie. Questa famiglia viene suddivisa in 8 sezioni, soprattutto sulla base dei caratteri dei fiori e del frutto. È cosmopolita, ma il suo centro di distribu­ zione è la regione del Mediterraneo. La maggior parte delle specie sono delle erbe o dei subarbusti; poche dimorano negli stagni; alcune sono ram­ picanti o piccoli alberi. Diversi generi sono tipici delle foreste pluviali, ma molti sono adatti a condizioni xerofitiche. La maggior parte delle labiate possiede ghiandole epidermiche che secernono oli essenziali molto aromati­ ci , che conferiscono loro aromi e sapori caratteristici . Quasi tutte le labiate utili debbono la loro importanza economica al contenuto di oli essenziali e sono impiegate come spezie e condimenti, oppure come medicinali. Non deve sorprendere che nel1e Labiatae, così ricche di oli essenziali , siano stati trovati degli allucinogeni. Il fatto curioso è forse che le culture primitive hanno usato cosÌ poche specie per le loro proprietà psicoattive . È tuttavia interessante osservare che uno dei «nuovi» allucinogeni usati negli Stati Uniti da certi gruppi di artisti, letterati ed altri circoli ugualmente «sofisticati» dediti alla sperimentazione con le droghe , è l'erba gatta, Nep e­ ta cataria, una labiata (Jackson e Reed , 1969) . Salvia Linnaeus Vi sono circa 700 specie di Salvia distribuite nelle zone temperate e tropicali di entrambi gli emisferi. La specie economicamente più importan~ te è la S. officinalis, la comune salvia degli orti, che viene usata come spezia. Nel Messico meridionale, fra i Mazatechi di Oaxaca , le foglie sbriciolate di Salvia divirzorum, conosciuta loca lmente come hierba de la Virgen o hierba de la' Pastora, sono tenute in gran conto e impiegate nei riti divinatori per le loro proprietà psicotomimetiche laddove altri alluc inogèni più potenti, come i fungh} o le convolvulacee, non siano r,e peribili (Wasson~ 1962b). --- 219 ·c' Botanica e chimica degli allucinoge/1i divinorum Epling & Jativa .:I. Disegno d! 1. Brady. Questo, allucinogeno è conosciuto virtualmente da tutti gli indiani mazatechi. Molte famiglie mazatache ne possiedono una coltivazione priva­ ta, quasi sempre lontano dai luoghi abitati e dai sentieri, quasi volessero nascondere la pianta ai viandanti. La pianta si riproduce per talea, sPE;z­ zando un germoglio é pian'tandolo su terreno ricco e concimato, ad altitudi­ ni di circa 1800 m, La Salvia divirzorum è apparentemente una cultivar, e non sembra che si trovi allo stato selvatico; ciò forse può essere un'indica­ zione del fatto che la pianta è coltivata da epoca remotissima ~Wasson, ·1962b), ' Non si sa ancora se questo allucinogeno sia o no usato al di fuori del territorio dei Mazatechi; gli indiani Cuicatechi e Chinantecm, immediata­ \ , 220 Pia rlle d'impiego allucinogeno mente contigui, in Oaxaca probabilmente ne fanno uso. Si è pensato che la Salvia divinorum potesse rappresentare lo psicotomimetico pipiltzintzintli degli antichi Aztechi Il (Wasson , 1962b). Anche se alcuni ricercatori hanno dimostrato sperimentalmente l'atti­ vità psicotomimetica della Salvia divirzorum; gli studi chimici non ne hanno ancora determinato un principio psicoattivo (Schultes, 1970a, 1970c). Salvia divinorum Epling e Jativa-M. in Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo 20 (1962) 75. Erba perenne, alta un metro o poco più. Foglie lunghe 12-15 cm , ovali, acuminate, più o meno arrotondate alla base, dentellate e merlate con peli nelle sinuosità lungo i margini , glabre ma con peluria lungo le venature inferiori; terminano in un picciolo lungo 2-3 cm. Fiori azzurrini, lievemente pubescenti, a grappoli su rami lunghi 30-40 cm. Tubo del calice azzurra­ stro, lungo 15 mm con il labbro superiore lungo 1,5 mm e tre venature profonde; tubo della corolla sigmoidea blu, lungo 22 mm, con il labbro superiore alto 6 mm, labbro inferiore più breve ed incurvato; stami inseriti in prossimità della bocca del tubo, inclusi; stilo irsuto, con ramo posteriore piuttosto lungo, ottuso, piatto, ramo anteriore apparentemente carenato. Conosciuta soltanto da materiale coltivato proveniente dalle gole bo­ scose del nordest di Oaxaca, Messico, questa specie è affine alla Salvia cyanea lindI. del Messico centrale . SOLANACEAE Appartenenti all'ordine Tubiflorae ed affini alle Scrophulariaceae e a diverse altre famiglie (suggerendo la possibilità di un'origine polifiletica),le Solanaceae comprendono una novantina di generi e ben oltre 2400 specie di erbe, arbusti ed alberelli, alcuni di conformazione lianosa o strisciante. Distribuite nelle regioni temperate e tropicali di entrambi gli emisferi , han­ no il loro centro di diversificazione nelle Ande del Sud America. La classifi­ cazione solitamente accettata divide la famiglia in cinque gruppi: Nican­ dreae, Solaneae, Datureae , Cestreae e Salpiglossideae. Economicamente, le Solanaceae sono importanti come fonte di piante alimentari (frutti, tuberi amidacei, spezie) , di numerosi veleni, narcotici e medicinali, oltre che di diverse piante ornamentali. Una caratteristica significativa della falfiglia è la prevalenza degli alcaloidi in molte specie. Atropa Linnaeus È un genere di quattro specie, distribuite in Europa, nell'area Mediter­ ranea, e dall'est dell'Asia Centrale fino all'Himalaya. La pianta belladonna , Atropa belladonna , è ben conosciuta come una '­ specie altamente tossica ed è stata utilizzata come veleno fin dall 'epoca classica. È risaputo che la belladonna era spesso uno dei principali ingre- Il Il pipiltzintzintli è stato identificato come Cannabis saliva, una identificazione che di recente viene considerata «più compatibile con i dati degli archivi dell'Inquisizione» (Diaz , 1976). Secondo la nostra opinione, tale identificazione è assolutamente improbabile. 221 Botanica e chimica degli allucinogeni dienti nelle pozioni allucinogene delle streghe dell'Europa medievale (Han­ sen, 1976, 1978; Hartwich , 1911; Lewin , 1920, 1964; Wagner, 1969) . Il principale costituente attivo dell'Atropa belladonna è la iosciamina, che è accompagnata da piccoli quantitativi di scopolamina (sinonimo iosci­ na), un alcaloide più specificamente psicoattivo. Vi è stata anche trovata atropina in vari quantitativi, che potrebbe però essere risultata dalla race­ mizzazione della iosciamina durante l'estrazione. Quando vengono impie­ gate delle particolari procedure che evitano il verificarsi delle condizioni di racemizzazione, non si trova atropina se non in tracce. Altri alcaloidi che sono risultati soltanto in tracce sono tropina, scopina, N-metil-pirrolidina, N-metil-pirrolina, cuscoigrina, belladonnina e nicotina. Il contenuto totale degli alcaloidi nelle foglie è dello 0,4 per cento, nelle radici 0,5 per cento, nei semi 0,8 per cento. ·Una ricerca più recen te ha dimostrato che negli estratti di Atropa bella­ donna, Hyoscya mus niger e Datura stramonium, oltre agli alcaloidi terziari iosc iamina e scopolamina, si possono trovare dei piccoli quantitativi di N-ossi iosciamina e N-ossi scopolamina (Phillipson ed Handa, 1973) . Non vi sono risultati farmacologici che convalidino l'attività allucino­ gena dei componenti minori dell 'Atropa belladonna o di altre solanacee. La discussionechimica , di conseguenza , sarà limitata ai principali costituenti, con documentata attività allucinogena. Dalla prima separazione dei principali alcaloidi dell'Atropa balladonna, avvenuta nel secolo scorso, si è accumulata un 'a mpia letteratura circa la struttura chimica e la sintesi di questi composti. Inoltre, la stereochimina, compresa la configurazione assoluta, è stata chiarita di recente, ed al riguardo sono state pubblicate delle esaurienti relazioni (Fodor 1960, 1967, 1970; Stoll e Jucker, 1954). Il risultato di queste ricerche è cosÌ riassunto: Pseudotropina R'= H : Tropina R =(-)- Tropoil :Iosciamina R =(±)"TropoiI:Atropina H Q-R R=H: Scopina R = (-)- Tropoil: Scopolamina (losci na) 222 Pianle d'impiego allucinogeno La iosciamina è l'estere della tropina con acido (-)-tropico e dell'atropi­ na con acido racemico (±)-tropico. La scopolamina è l'estere della scopina con acido (-)-tropico. La configurazione assoluta dell'acido (1)-tropico è S, come rappresentato dalla seguente formula: CH 20H I IIOOC-C-H I O S(-)-Acido tropico Iosciamina e scopolamina possiedono una specifica attività antispasti­ ca e anticolinergica, ed esercitano anche una particolare azione sul sistema nervoso centrale. Questi effetti si concretano con la stimolazione se le dosi sono minime e con la depressione a dosi più elevate. L'attività anticoliner­ gica è dovuta quasi esclusivamente alla figura S(-). Per quanto riguarda l'attività antispastica la iosciamina è quindi due volte più efficace dell'atro­ pina. Nell'attività centraie, la iosciamina è da otto a cinquanta volte più potente dell'isomero (+ )-. L'intossicazione da atropina o iosciamina è caratterizzata da eccitazione psichica, spesso accompagnata da panico ed allucinazioni. Si è scoperto che la scopolamina produce uno stato di eccita­ zione seguito da una specie di narcosi in cui, nel momento di transizione fra la coscienza ed il sonno, si presentano talvolta delle allucinazioni (Hei­ mann, 1952). Questi effetti spiegano l'aggiunta di belladonna e di altre solanacee come ingredienti delle pozioni magiche nell'Europa medioevale e dei medicamenti sacri da parte degli indiani del Messico e del Sud America. Atropa belladonna Linnaeus Sp. Pl. (1753) 181. Erba perenne, ramificata, alta fino a m 1,35. Fusto glabro o viscido­ pubescente. Foglie alternate o, specialmente quelle terminali, in paia disu­ guali, da ovali ad oblunghe, lunghe 8-20 cm, intere, acuminate, si restringo- / no in brevi piccioli. Fiori ascellari, solitari , o raramente appaiati, lunghi 25-30 mm, su peduncoli pendenti lunghi 1-2 cm, di solito di color viola verdastro. Calice alquanto accrescente, foglioso, profondamente pentamero; lobi triangolari-ovati, acuminati. Corolla tubolare-campanulata, con 5 lobi, larghi ed imbricàti; lobi ottusi. Stami in numero di 5, inseriti alla base della corolla, inclusi; filamenti ispessiti alla base; celle dell'antera distinte. Stilo sporgente. Stimma peltato. Ovario dilatato, con due brevi celle, impiantato su disco. Bacche globulari, con molti semi, sottese da un largo calice, di \. colore nero, diametro 15-20 mm. LAtropa belladonna è originaria dell'Eu­ ropa. Brugmansia Persoon Un genere di cinque o sei specie di arbusti ed alberelli, tutti nativi del Sud America, principalmente delle regioni Andine (ma alcune specie sono , 223 Botanica e chimica degli allucinogeni Brugmansia aurea. (Disegno di L.T. Bales da un'illustrazione dell'opera di T.E. Lockwood. A Taxonomic Revision Brugmal1sia [Solal1aceae), 1973). or SC'n"\.. Brugmansia aurea Lagerh. / largamente coltivate come piante ornamentali nelle zone caldo-temperate di tutto il mondo), la Brugmansia è molto affine alla Datura, sia nella mor­ fologia che nella cos ti tozione chimica. La Brugmansia in genere è sta ta trattata çome una divisione del genere Datura. I suoi impieghi presso le società primitive sono molto simili a quelli di quest'ultima. La tassonomia e la nomenclatura delle specie comprese ora sotto il nome generico di Brugmansia sono sempre state improntate all'incertezza. La Brugmansia, tu'ttavia, è stata recentemente oggetto di uno studio a~pro­ fondito e di una monografia 'da parte di Lockwood (1973). Mentre la mono­ grafia non è ancora stata pubblicata, un sommario della classificazione più recente è apparso su Hortus Third. Secondo la nuova descrizione, il genere è chiaramente sep'arato dalla Datura sia nei caratteri morfologici che in quel­ li biologici. Alcune società aborigene del Sud America, specialmente nelle reglODI 224 Pianle d'impiego allucinogeno sangumea (R,&p) D Don Brugmallsia sa /1gU il1ea. (Disegno di L.T. BJtes da un'illustrazione dell'opera citala). andine ed in quelle dell'Amazzonia occidentale, utilizzano ormai da lungo! tempo la Brugmansia come medicina ed allucinogeno (Safford, 1920). PujÌf darsi che tutte le specie siano cultivar, e non si trovino più allo stato selva­ tico, condizion,e che indica una lunga associazione con l'uomo e le sue pratiche agricole. Il genere tende ad aberrazione cromosomica, ed alcune delle specie producono solo occasionai mente frutti regolari, Di solito queste piante si propagano per talea: un segmento di ramo viene semplicemente ~ infilato nella terra lavorata e,'nei climi umidi, si ha subito la formazione di . radici. Di conseguenza, vista la facilità con cui attecchisce la Brugmansia, viene spesso piantata nelle regioni Andine, per recintare il bestiame e le pecore. Queste piante presentano dei complessi problemi biologici risultan­ ti dalla stretta associàzione con l'uomo nel corso dei millenni. Bristol hà scritto: «Molti cronisti hanno notato la frequenza con cui gli alberi di Datu­ ra sonb associati con le abitazioni umane, ma il grado di questa assòciazio­ 22S 15 Botanica e chimica degli allucinogeni Brugmansia sua veolens. (Di segno di L.T. Bates da un 'illus traz ione dell 'opera ci tala). Brugmansia suaveolens (H &' B ex. Willd.) Bercht. &' Presto . J ne e le sue implicazioni non sono stati del tutto compresi ... Le Ande setten­ trionali ... sono il centro di variabilità e probabilmente l'area di origine di questo gruRpo » (Bristol, 1966, 1969). Secondo Lockwood, vi sono cinque specie: Brugmansia arborea, B. au­ rea, B. sanguinea, B. suaveolens e B. versicolor. Egli ha inoltre riconosciuto due ibridi sicuri: B. x candida e B. x insignis. Tutti questi nomi indicano piante utilizzate come nar'cotici in una o più regioni del Sud America coJo­ sciute con diversi nomi locali'; quelli che s'incontrano più frequentemente sono : borrachero, huacacachu, huanlo, chamico, campanilla, floripondio, maicoa, longa e loa, La Brugmansi'a arborea si trova sporadicamente nelle Ande da 3300 a 4000 m, dalla Colombia al Cile, ma non è comune in alcun luogo , Questo biòomio - oppure quello di Datura arborea - è stato largamente accettato 226 Piante d'impiego allucinogeno Brugmansia X insignis. (Disegno di L.T. Bales da un'illustrazione dell'oPèra citata). \ Brugmansia X insignis (8. Rodrigues) Lockwood dai testi di orti cultura ed usato talvolta a sproposito anche per la B. aurJ;; per la B. x candida. La Brugmansia aurea, un alberello con fiori giallo-oro o bianchi , si trova in Venezuela, Colombia ed Ecuador da 3000 a 3600 m. La B . x insignis rB. suaveolens x B . versicolor) rappresenta un ibrido della se­ conda generazione incrociato con la B . suaveolens e si trova sulle pendici orientali più basse delle Ande in Perù, Colombia, e probabilmente anche nell'Ecuador. La B . sanguinea , una specie nettamente distinta, si estende" nelle località fra i 2800 e i 3200 m nelle Ande di Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia e Cile settentrionale. La sua stretta corolla tubolare, unica nel gene­ re, è di solito rossa , sebbene si trovino delle varietà nelle quali la corolla è tutta, o in parte , giana. La variabilità naturale dei colori preclude la possi­ bilità di riconoscere le varietà su questa base . La B. suaveolenssi distingue a causa delle antere conniventi e dei denti della corolla relativamènte corti. 227 Botanica e chimica degli allucinogerli L'anomala eteromorfia floreale che spesso s'incontra in questa specie, è unica nel genere. È nativa delle pianure più calde del Brasile sud-orientale, ma è stata introdotta largamente nelle altre aree tropicali del Sud America. La B. versicolor, un grazioso arbusto, ha dei grandi fiori con il tubo della corolla che si restringe ben oltre l'uscita dal calice; la corolla è a forma di tromba, svasata e ricurva sulla bocca; inizialmente bianca, diventa presto color albicocca, oppure color pesca o rosa. Originaria delle zone pianeg­ gianti lungo la costa pacifica dell'Ecuador, la B. versicolor è stata introdotta in altre aree calde di Ecuador, Colombia e Perù. La B . x candida è, secondo Lockwood, un ibrido fra B . aurea x B. versicolor e, sebbene sia largamente coltivata nei tropici, è nativa della Colombia meridionale e dell'Ecuador. Lockwood considera la specie descritta con il nome di Datura vulcani­ cola una sottospecie della Brugmansia sanguinea. Si differenzia sulla base . del colore e d ella forma della corolla; per il pericarpo, che esternamente è legnoso con un reticolo di sughero verrucoso; per il peduncolo, estrema­ mente grosso e legnoso; per il legno molto duro; per il calice che non è visibilmente persistente sul frutto; per la superficie normalmente liscia del seme; per forma e dimension e della foglia. Sebbene Lockwood abbia dimo­ strato che: « il legno duro; il peduncolo spesso e legnoso ed il pericarpo duro e legnoso del frutto, potrebbero tutti rappresentare gli effetti pleiotropici di ùn genere mutante che controlla la lignificazione », sembra che vi siano caratteri sufficienti per accettare uno status specifico. Di recente è stato sancito il necessario passaggio alla Brugmans ia, come B. vulcanicola (Schul­ tes e Bright, 1977). La B. vulcanicola è conosciuta' soltanto nella Colombia meridionale, ad altitudini fra i 3000 e i 3700 m . Essa è particolarmente abbondante nel Volcan de Puracé. Da un disegno indiano si ha la prova che la B. Vulcanicola , di recente scoperta, era impiegata come allucinogeno nella Colombia meridionale. La Brugmans ia suaveolens è conosciuta come tossico e narcotico nell'A­ mazzonia occidentale, dove viene ancora impiegata a scopo allucinogeno sia da sola che mescolata con altre droghe come la Banisteriopsis. Tuttavia, la zona d'impiego allucinogeno delle varie specie di Brugmansia è concen­ trata nelle Ande. Sebbene le specie siano largamente utilizzate , la letteratu­ "­ ra è molto carente in proposito, ed ha descritto soltanto poche tra le molte tribù che le impiegano nella vita quotidiana. Una quantità di popolazioni aborigene di Colombia meridionale, Ecuador, Perù, Bolivia e Cile, si servo­ no di queste piante come allucinogeni ritualistici e come m edicine: i Chib­ chas, i Choc6s., gl 'Inganos, i Kamsas ed i Kofans della Colombia; i Quechuas di Bolivia, Ecuador e Perù; i Mapuche Huilliches del Cile e le tribù Canelos, Piopos,Omaguas, Jjvaros e Zaparos dell'Ecuador orie ntale. Alcune tribù delle regioni costiere d yl Pacjfico in Colombia ed Ecuador usano ugualmen-( te la B. suaveolens. In Cile, i Ma,puche usano la B. aurea e la B . sanguinea come mezzo corre ttivo per bambini troppo turbolenti; i Jivaro credono che gli spiriti dei loro antenati parlino ed ammoniscano i bambini recalcitranti durante le allucinazioni da Brugmal1sia. I Chibchas del Bogota della pre­ conquista somministravano la chicha (una beva nda di granturco fermenta­ to) con Brugmal1sia (probabilmente B. aurea aB. sanguinea) alle mogli ed agli schiavi dei guerri er i e dei capi tribù morti, per provocare loro'Uno stato 228 Pianle d'impiego allucinogeno Quattro specie di Brugmansia: I) B. arborea; 2) B. aurea; 3) B. X insignis; 4) B. sanguinea. di intontimento prima' di seppellirli vivi per accompagnare i loro mariti o~ padroni nel «lungo viaggio». Gli indiani che vivevano nel nord del Bdgota, a Sogamoza, usavano la B. sanguinea nelle cerimonie che si svolgevano nel Tempio del Sole, Il narcotico preparato con questa specie dai fiori rossi, chiamato localmente tonga, viene ritenuto più forte di quello ottenuto con la specie a fiori bianchi. Nel Perù, anche se l'accostamento alla Cristianità da parte di molti gruppi di indiani ne ha modificatoJe antiche cretlenze e le 229 Botanica e chimica degli allucinogeni Brugm ansia vulcanico/a . (Di seg no di L.T . Bales da un 'jllu straz ìone dell'opc,oa c itata ). abitudini , molti indigeni credono ancora che piante come la B . sanguinea consentano di comunicare con gli antenati ed altre entità del mondo degli spiriti . Gli indiani della città peruviana di Matucanas, per esempio, credo­ no che essa possa rivelare i tesori conservati nelle tombe antiche o huacas: da ciò prov iene il nome locale huacacachu o « pian ta delle tombe» (Rei n­ berg, 1921; Safford, 1922; Schultes, 1970c; Uscategui, 1959). Lungo le . Ande, ad eccezione del Cile meridionale, il modo di prepara­ zione e d'impiego della Brugmansia differisce da tribù a tribù, tuttavia molto spesso la droga viene assunta quasi da tutti sotto forma di semi polverizzati aggiunti a b~vanqe fermentate, oppure come infuso di foglie e , ramoscelli. L'intossicazione è di solito caratterizzata da effetti iniziali tal­ mente violenti che dev'essere esercitata sull'individuo drogato una costri­ zione fisica fino al momento in cui questi non cade in un sonno profondo, durante il quale è in preda~d allucinazioni. Lo stregone interpreta le visio­ ni come visite degli spiriti che gli consentono di diagnosticare il male, di smascherare i ladri, e di fare delle profezie su questioni ed aspirazioni della società' tribale (Schultes , 1970c; Wagner, 1969) . ' 230 - . Pianle d'impiego allucilwgeno Bri'gmansia sal1guinea. Pressu Zipaquini , Cundinamarca, Colombia. (Fol o R .E . Sc hult"s). Non si hanno informazioni sicure sulle quali basare una identificazione precisa delle specie di Brugmansia impiegate a tale scopo. Le descrizioni che si trovano nella letteratura 50'110 quasi sempre tratte da campioni non sicuri. Di conseguenza, le specie interessate in ogni singolo caso devono essere di solito desunte da una ricerca fitogeografica o ecologica, oppure, quando esistano, da descrizioni del colore o di altri particolari morfologici ; talvolta , anche l'uso del nome volgare può essere d'aiuto. Tuttavia, poiché tutte o quasi, le specie di Brugmansia contengono alcaloidi del tropano simili fra di loro, che variano soltanto nelle concentrazioni relative, questo metodo per riconoscere la specie impiegata non pone problemi o incertezze particolari , e, normalmente non vi è neppure il rischio di confondere la Brugmansia con altri allucinogeni. Da tempo si sarebbero dovuti intrapren­ dere degli studi chImici comparativi su tutte le specie identifìcate con cam­ pioni d 'origine documentata , perché , se la tassonomia di ques to genere può, essere ancora descritta' comé incerta (ed è questo il caso), la nostra cono-" sce nza circa la chimica di tali piante , da un punto di vista comparativo, è addirittura caotica; questo è soprattutto il risultato di una identificazione poco accurata o superfjci~le , e dell'assenza di un archivio di campioni sicu­ ri che permetta di compiere ogni tipo di analisi (Schultes , 1970a). La tassonomia e la chimica della Brugmansia, in certe regioni andine, sono .complicate dalla prevalenza di curiose «razze » atrofiche di" alcune 231 BOlanica e chimica degli allucinogeni Una o e lle varietà a trufiche di Brugmansia aurea. Ame'rica occioenl a le e Suo Amej-ica. specie . Queste sono maggiormente ricercate dai nativi perché il loro aspetto bizzarro sembra renderle più adatte alla magia , od anche a causa dei diver­ si effetti fisiologici dovuti, presumibilmente, ad una composizione chimica variante. Queste «razze» si riproducono vegetativamente per talea , e rap­ presentano virtualmente diversi cloni con nomi popolari molto definiti. Un esempio eccellente di questo fenomeno biologicamente interessante è stato studiato nell'altopiano di Sibundoy, nella Colombia meridionale, dove gli indiani Kamsa ed Ingano fanno uso di diverse specie - B. aurea e B. san­ guinea - come pure di un certo numero di cloni atrofici di B. aurea. Quesi cloni potrebbero anche rappresentare delle «varietà » incipienti, come risul­ tato di mutazioni. Alcuni sono cosÌ diversi e mostruosi che la loro identifi­ cazione botanica con specie conosciute, fino a poco fa, ha resistito ad ogni tentativo. Si dice che essi differiscano dalle Brugmansie «normali» negli effetti e nell'intensità narcotica, risultando «più deboli o più forti». Queste «razze » provenienti da Sibundoy sono state studiate recentemente da Bri­ stol che ha assegnato loro dei nomi di cultivar (Bristol, 1966, 1969 ; Lock~ wood, 1973; Schultes, 1963a, 1963b, 1965 , 1970a, 1970c). Non è ancora stata fornita una spiegazione soddisfacente del perché debba esserci una così grande concentrazione di forme atrofiche in una . singola località. Ovviàm'ente, 'il profondo interesse delle popolazioni indige- ,.. ne nell 'uso dei narcotici ha favori to la preservazione di questi tipi aberranti che, se non fossero serviti agli indiani dediti alloro consumo, indubbiamen­ te si sarebbero estinti. Ma come si sono originati? Un'ipotesi attribuisce la causa della mutazione rispettÒ alla pianta originale ad una grave infezione viraJe, non rara nelle Solanacee (SchuItes, 1963a, 1963b). Un'altra ipotesi avalla l'idea di Blakeslee, il quale afferma che alm(}Oo lél Datura erbacea 232 Piante d'impiego allucinogeno Brugmansia aurea. Sibundoy, Putumayo, Colombia. Questa specie entrava a far parte di una bevanda a base di granturco fermentato, la chicha usa ta ritualmente dai Chibchas del Bogota. (Foto L.M. Bristol) . « ... dimostrava una grande variabilità e l'apparizione spontanea di molte caratteristiche poco comuni. Delle 541 mutazioni genetiche riscontrate, 72 apparivano derivanti da riscaldamento, lesione, invecchiamento, oppure erano avvenute spontaneamente in natura. I geni recessivi che controllano la forma delle foglie, la <;limen,sione del. fiore, ~a sua sagoma ed il colore, e Iii forma del frutto, sono fra quelli scoperti. E del tutto possibile che questi . singoli geni recessivi, che influenzano tassonomicamente dei caratteri signi­ ficativi, siano presenti anche nelle Datura arboree » (Barclay, 1959). Indagini sistematiche sugli alcaloidi contenuti nelle varie specie di Brugmansia sono state eseguite soltanto molto di recente. Evans ed i suoi collaboratori hanno pubblicato una rassegna delle loro ricerche e di quelle di altri gruppi, intraprese per correlare le caratteristich~ chimiche d~ que­ 233 Botanica e chimica degli allucinogeni ste specie con accurati studi tassonomici (Evans ed altri, 1959, 1965). La separazione della scopolamina come alcaloide principale, assieme a norscopolamina, atropina, meteloidina, oscina e noratropina dalle parti ae­ ree della Brugmansia candida e 3cx, 6~-ditigloilossitropano-7~-01, scopolami­ na, norscopolamina, 3cx-tigloilossitropano, meteloidina, atropina, oscina, noratropina e tropina dalle radici, indica che fra gli alcaloidi di questa pianta e quelli di altre specie affini finora controllate, vi è una minima differenza quali tati va. Inol tre, gli stessi alcaloidi si riscontrano anche nelle varie cultivar di Sibundoy . Il contenuto totale di alcaloidi varia fra lo 0,3 e lo 0,55 per cento del materiale secco della pianta, con una percentuale di scopolamina che va dal 31 al 60 per cento. Le specie di Brugmansia utilizzate come narcotici in Sud America sono: Brugmansia arborea (L.) Lagerheim in Bot. Jahrb. 20 (1895) 663. B. aurea Lagerheim in Bot. Jahrb . 20 (1895) 664. B. sanguinea (Ruiz e Pav.) D. Don, Sweet Brit. Fl. Gard. 2 (1835) 272. B. suaveolens (H. e B. ex Willd.) Bercht e PresI, Rostl. 2. Solanaceae (1823) 45. B. versicolor Lagerheim in Bot. Jahrb . 20 (1895) 666 . B. vulcanicola (A.S. Barday) R.E. Schultes in Bot. Mus. Leafl ., Harvard Univo 25 (1977) 154 . Brugmansia aurea Lagerheim in Bot. Jahrb. 20 (1895) 664. Albero alto 2-5,5 m, tardivamente lignificato, con alcuni rami dicotomi biforcati. Foglie ovali, oblunghe-ellittiche, od ovali-lanceolate, interamente o grossolanamente dentellate (mai angolate), glabre oppure leggermente e minutamente pubescenti, di solito appaiate, con una delle due più piccola dell'altra, lunghe fino a 25 cm, larghe 15 cm , di solito lungo-picciolate. Fiori molto grandi ed appariscenti, di solito penduli, lunghi 20 cm ed anche di più, di solito a forma di tromba, bianchi o gialli, con un pronunciato aroma di muschio , specialmente dopo il tramonto. Calice spatiforme, lun­ go-acumin~to, largo 1,5-3 cm, da mono a quadri-dentato. Corolla lunga 20 cm o di più, bianca, tubolo basale in parte affusolato alle estremità, molto sottile, compreso interamente nel calice, bordo ampiamente svasato con denti lunghi (4-9 cm) e ricurvi, margine del bordo fra i denti intero od arrotondato. Antere distinte, non conglomerate, gialle. Frutti verdi, da oblunghi-cilindrici a fusiformi, senza calice persistente, lungo-acuminati, lungo-peduncolati, lunghi normalmente 15-25 cm. Semi angolari, con epi­ sperma spesso e suberoso. La Brugmansia aurea vive negli altipiani andini di Venezuela, Colombia ed Ecuador, ma è anche largainentecoltivata altrove in regioni calde. Brunfelsia Linnaeus U n genere comprendente forse quaranta specie di arbusti delle regioni tropicali del Sud America e delle Indie Occidentali. Varie specie di Brunfelsia hanno avuto dei ruoli importanti presso aleu­ ni gruppi di indiani del Sud America come medicine 'Popolari ed allucino­ 234 Pial1te d'impiego allucil10gellu 7 Varietà atrofiche di Brugmal1sia aurea e Methysticodel1drol1 (7). Sibundoy, Colombia. (Disegno di M.L. Bristol, per gentile concessione del BOlanie Museum Lea[lets, Harvard Universil\'). geni, Soltanto di recente è stata messa in evidenza l'utilizzazione della Brun{elsia come allucinogeno, anche se i nomi locali delle piante, la cura particolare ed i metodi seguiti per la loro coltivazione, ne avevano prece­ dentemente indicato la naturale importanza magico-religiosa (Schultes, 1967a). Il genere occupa un posto di primo piano nella farmacopea primitiva di un certo numero di tJ;'ibù perché viene utilizzato per un largo spettro di. impieghi terapeutici, che va dal. trattamento della "febbre gialla» al morso dei serpenti. Le parti della pianta ritenute più efficaci sono le radici. L'im­ piego più importante è contro la sifilide e i reumatismi; notevoli sono le sue proprietà diuretiche e diaforetiche. L'estratto fluido di una specie - Brun­ {elsia uniflora (più comunemente chiamata B. hopeana) - è compreso nella farmacopea brasiliana come diuretico ed antireumatico. La B. grandiflora e la B: chiricaspi sono conosciute nell'Amazzonia occidentale come chiricaspi 235 Bolanica e chimica degli allucinogeni BRUNFELSIA grandiflora D. Don Bnm(elsia grandiflora sottosp. graridiflora e sottosp . schullesii. (Disegno di L.T. Bales .. per ge nlile concess ìo ne del Botanica l Museum , Harva rd Uni vers it y). e chiricsanango , che in lingua kichwa significano rispettivamente «albero freddo» e «medicina fredda », in riferimento alla sensazione di freddo che provocano, motivo fondamentale del loro impiego locale nel trattamento delle febbri. La B. grandiflora è velenosa per il bestiame, ed è stata usata come agente ittiotossico (Plowman, 1973) . La Brunfelsia grandiflora, e probabilmente anche la B. chiricaspi, sono impiegate nelle regioni più occidentali dell'Amazzonia colombiana, in Ecuador ed in Perù ,per q loro effetto allucinogeno, in aggiunta ad uqa bevanda composta soprattutto da Banisteriopsis. Tale bevanda è ben cono­ sciuta e viene indicata con uno dei nomi locali di queste piante: borrachero / «dnebriante»). La mistura è particolarmente diffusa fra gli indiani Kofan, Siona ed Inga lungo il confine Colombia-Ecuador, fra i Jivaro dell'Ecuador e gli ayahuasqueros (curatori con erbe) della regione di Iquitos (Schultes, 1970a, 1970c) . . Una segnalazione, ancora non approfondita dell'uso fra gli indiani Ka­ 236 B rw 'l{è/sia grandiflora, coltivata a Parq ue de l Es te , Caracas, Venezuela . chinawa della parte alta del territorio Tarauaca nel Brasile amazzonico, di quella che è stata descritta come una nuova specie -la Brunfelsia tastevinii - indicava che una bevanda allucinogena veniva preparata direttamente dalla Brunfelsia. Tuttavia, vi sono dei seri dubbi sulla validità di questa segnalazione, e si sospetta che l'a utore abbia confuso la Brun{elsfa con .la Banisteriopsis, soprattutto· perché la d escrizone da lui fatta cir~a gli effètti allucinogeni di questa bevanda corrisponde esattamente a quella di un'in­ tossicazione da Banisteriopsis. È probabile che la B runfelsia fosse semplice­ mente un additivo. Esiste, tuttavia, la possibilità che in qualche luogo una delle specie di quest'ultima venga usata da sola nella preparazione di una particolare bevanda allucinogena . Sulle specie di Brunfelsia sono state eseguite soltanto indagini chimiche 237 Botanica e chimica degli allucinogeni preliminari. La letteratura meno recente fa menzione della separazione di alcaloidi, ai quali sono stati attribuiti nomi quali «franciscaina», «manaci­ na» e « brunfelsina», ma nessuno di questi appare caratterizzato in maniera soddisfacente. In un rapporto più recente di ricerche eseguite su B. uniflora, B. pauciflora e B. brasiliensis, non si fa menzione di alcaloidi , ma della separazione di un composto non azotato, la scopoletina (=6-metossi-7­ idrossi-cumarina), che non possiede azione psicotropa (Mors e Ribeiro, 1957). Nel 1977, i membri della spedizione amazzonica Alpha Helix, fase VI, furono in grado di eseguire delle osservazioni chimiche preliminari su cam­ pioni freschi di Brunfelsia grandiflora sottosp . schultesii, nella regione di Pebas, Perù, alla foce del Rio Ampiyacu , alla sua confluenza con il Rio delle Amazzoni . A causa della mancanza di ricerche chimiche in grado di spiega­ re la psicoattività della Brunfelsia, il rapporto di questa spedizione, per quanto si riferisce alla Brunflesia, afferma: Dopo concentrazione, gli estratti acquosi della corteccia risultarono avere effetti eccitativi molto potenti nei topi a livello del sistema nervoso centrale. Il principio tossico risultò non identificabile. L'estratto conteneva grandi quantità di scopoletina, che dimostrò un'attività psicofarmacologica nei topi, e che può essere rimossa mediante estrazione con CHCI 3 ; il residuo contiene molti compo­ sti polari, compreso acido chinico, acido tartarico, acido lattico e .. .zuccheri. Nessuno di questi sembra essere responsabile degli effetti tossici . L'es tratto senza scopoletina fu sottoposto a cromatografia su colonna HPLC su silica gel ed a TLC preparatoria essendosi quest'ultima tecnica rivelata adatta per con­ centrare il principio attivo. Le migliori separazioni furono ottenute su silica gel, usando come eluenti prima acido acetico all'I % (banda attiva Rf 0,55) , e poi cloroformio-metanolo (1: l, R f 0,45); l'attività veniva seguita con saggio biologi­ co ed UV. La frazione attiva era successivamente esaminata mediante GC-MS dopo derivatizzazione; gli estratti ed altri campioni di corteccia sono stati con­ servati per l'indagine successiva. In questo studio di Alpha Helix la B. grandiflo­ ra ha fornito anche acido salicilico, identificato mediante GC-MS. BrunEelsia grandiflora D. Don in Edinb. New Phil. J. (Apr.-Ott. 1829) 86. Arbusto od alberello alto 1-5 m. Corteccia sottile, che si sfoglìa in sca­ glie cartacee, color camoscio, piuttosto lucide. Foglie alternate, da largo­ ellittiche ad oblunghe-Ianceolate, acuminate, intere, si restringono alla ba­ se, lunghe 6-20 cm, larghe 2-8 cm, le più giovani sono spesso pubescenti, poi diventano glabre, 7-9 venature laterali, arcuate, che si anastomizzano vici­ no al margine, da sottili a solidamente membranose, superiormente di colo­ re verde scuro, al disotto verde pallido. Picciolo lungo 2-6 mm. Stipole assenti. Infiorescenza cimosa, da poco a molto fiorita; brattee piccole, laò­ ceolate, decidue, "lunghe 2 rum. Calice da tubolare ad alquanto rig~nfio, penta-partito, lungo 5-10 mm, persistente, glabro, diventa subcoriaceo nel' frutto e si suddivide irregolarmente; denti acuti, lunghi 1-3 mm. Corolla · ipocrateriforme ; lievemente zigomorfa, tubo 2-3 volte più lungo del calice, di colore violetto pallido; il lembo è ondulato, sottile-membranoso, 1,5-4 cm trasversalmente, lobi arrotondati lunghi 1,2 cm, da violetto à viola con anello bianco alla gola, si decolorano con l'età fino a divenire bianchi. 238 Piante d'impiego allucinogeno Stami in numero di 4, due nella parte superiore del tubo; due parti esterne dei filamenti più lunghe, pistillo eccedente; due interne più brevi; antere semplici, reniformi, incombenti , lunghe l mm, deiscenti longitudinalmente. Ovario biloculare, sessile, conico; stilo incurvato, più corto del tubo della corolla; stimma spesso, bilobato, incluso. Frutto capsulare, ovoidale o glo­ boso, bivalve, a due celle, submucronato, diametro 1-1,8 mm, verde scuro. Semi numerosi, oblunghi, lunghi 5 mm, reticolati-vaiolati, di color marro­ ne-rossastro scuro . La Brunfelsia grandiflora, una specie estremamente variabile, è larga­ mente distribuita nel Sud America tropicale : Colombia, Venezuela, Ecua­ dor, Perù, Bolivia e Brasile . È reperibile nelle foreste umide. I seguenti tipi sono usati come additivi in bevande allucinogene: BrunEelsia grandiflora D. Don sottosp . schultesii Plowman in Bot. Mus. Leafl., Harvard Univo 23 (1973) 259. BrunEelsia chiricaspi Plowman , op. cit. 255 . Datura Linnaeus Si è sempre pensato che il genere Datura comprendesse da quindici a venti specie divise in quattro sezioni : (I) Stramonium, con tre specie diffuse nei due emisferi; Dutra, comprendente sei specie; Ceratocaulis, con una specie messicana; Brugmansia, di cui fanno parte alberi del Sud America che rappresentano probabilmente sei-sette specie . Quest'ultima è ora consi­ derata un genere distinto di cinque o sei specie. La Datura, in entrambi gli emisferi, ha una lunga storia come genere impiegato per scopi allucinogeni (Hartwich, 1911; Lewin, 1927, 1964; Saf­ ford, 1921a, 1921b, 1922). La specie narcotica più importante del Vecchio Mondo è la Datura meteI. Antichi scritti sanscriti e cinesi parlano di un allucinogeno che è stato identificato con questa specie, ed era probabilmente D. metei la droga citata dall'arabo Avicenna nell'undicesimo secolo come Jouz -mathel. Nel 1578, Acosta descrisse il suo impiego come afrodisiaco nelle Indie Orientali, di­ cendo che «chi ne fa uso, perde la ragione per diverso tempo, ridendo, piangendo, o dormendo ... ogni tant.o appare normale , ma in realtà non lo è ... » . In Cina la pianta era spesso considerata sacra, e si credeva che, quan­ do Budda predicava, il cielo la cospargesse di goccie di rugiada. Il nome Datura fu tratto da Linneo da quello volgare indiano di dhatura o dutra; in India gli effetti . inebrianti della pianta. sono noti fin dalla preistoria, ed . ancora.adesso viene usata perle sue proprietà narcotiche. Sempre in India, la D. meteI viene usata come additivo comune nei preparati a base di cannabis, e per scopi criminali. Le foglie della varietà a fiori bianchi (spesso .. considerata una specie d{stinta, D.fastuosa) vengono fumate con la canna­ bis o con il tabacco in alcune regioni dell'Africa e dell'Asia . La D. ferox, una specie asiatica ora molto diffusa nelle zone calde di entrambe gli emisferi, è ugualmente considerata una droga narcotica e medicinale in varie regioni (Safford, 1922). Sebbene non vi sia accordo circa il luogo d'origine della Datura stramo­ nium, l'~~idenza sembra indicare che si trovasse già nel Nuovo Mondo. In 239 Da/ura il10xia o tolohuaxihuitl dell'antico Messico. (Da E.w . Emmart ed .. Baclia llus J\tlanuscripl, 1940). entrambi gli em isferi viene usata come na rco ti co. Anche gli Algonquin ed altre tribù delle reg ioni boschive orientali del Nord America hanno usa,to lo slramonio come allucinogeno. Il medicame nto tossico wysoccan, usato ne i riti dell 'adolescenza di questi indiani, conteneva probabilmente D, slramo­ nium·come componente attivo principale, In tali riti d'iniziazione, i giovani venivano confinati per lunghi periodi, e alimentati con «nessun'altra so­ stanza se non infusi o decotti ricavati da alcune radici velenose ed inebrian­ ti",» per cui «essi Sembravano impazzire ed erano tenuti per diciotto o venti giorni in ques te co"ndiziémi deliranti",», Si diceva che in questo modo ~ «si liberassero delle loro vite precedenti» e diventassero uomini dimenti­ cando persino di essere stati bambini (Safford, 1922), Le zone di maggiore impiego allucinogeno della Datura , tuttavia, sono nell'America sud-occidentale e nel Messico (Schultes, 1965, 1969-70, 1970a, 1970c), La specie apparentemente più importante nel Nord America è la Datu­ 240 Piante d'impiego allucinogeno ra inoxia, meglio conosciuta come D. meleloides. Nelle regioni sud­ occide ntali e nel Mess ico sono tuttavia sfruttate come allucinogeni anche altre specie: D. discolor, D. wrighlii, e certamente D. kymalocarpa , D. pruino­ sa , D. quercifolia e D. rebun'a. Tutte queste specie, ed in parti colar modo la D. inoxia, nel Messico sono chiamate loloache. Una specie messicana molto interessante è la D. ceralocaula, una pianta piuttosto carnosa d a l fusto spes­ so e biforcato, che cresce negli stagni e nelle acque poco profonde. Il suo nome volgare toma-loco (<<pianta che rende pazzi ») sottolin ea le sue energi­ che proprietà narcotiche. Gli antichi messicani , che si riferivano a questa specie come «sorella dell'ololiuqui ", la consideravano molto sacra . I preti, quando stavano per impi egarla come medicamento sacro, si rivolge vano ad essa con riverenza prima di prenderla (Safford, 1922). Nel sudovest americano, molte tribù hanno utilizzato la Datura a scopo cerimoniale, specialmente fra gli indiani di California, Arizona e Nuovo ' Messico. È stato d et to che la D. inoxia fosse la droga più universalme nte usata dai nativi di questa regione. Gli Zunis la chiamano a-neg-la-kya e la ricerca no come allucinogeno, anestetico e per farn e impacchi da applicare su ferite e contusioni. Qu es ta pianta a ppartiene escl usivame nte , fra gli Zu­ nis , ai sacerdoti della pioggia, ed è concesso solo a questi raccoglierne le radici. Quando i sacerdoti vogliono comunicare, di notte, con il mondo degli spiriti, si m e ttono negli occhi la radice polverizzata e masticano le radici chiedendo agli spiriti d ei morti d 'intercedere presso gli dei p erché facciano piovere . La D. inoxia è alla base de i riti d'iniziazione deg li adole­ scenti presso molte tribù d el sudovest. Gli Yumans ne fanno uso p er provo­ care sogni , ottenere poteri occul ti e predire il futuro. Moi ti indiani credono che mediante essa possano acquisire forze occulte e, durante la cerimonia , raggiun gere un liv ello di conoscenza segre to . Gli Yokuts di solito usano i semi soltanto una volta ne lla vita, ma i ragazzi ch e vogliono diventare sciamani devono sottoporsi all'intossicazione una volta all'anno (Safford, 1921a , 1922) . L'importanza della Dalura fra gli indiani del Messico (si a ora che ai tempi prima della conquista) è anche maggiore. Una delle prime descrizio­ ni accura te è stata quella di Hern a ndez, che ha elencato molti degli impi e­ ghi terapeutici del toloalzin, avvertendo che un uso eccessivo di ques to pote va condurre il paziente a d una forma di follia caratterizzata da «ç1 iver­ se e vane immag inazioni ». I moderni Tarahumara, per esempio, aggiungo­ no la D. inoxia al lesguino (una bevanda preparata con granturco germo­ gliato), per repderlo più fo rte ; le radici, i semi e le foglie di questa speci e sono anche la base di una bevanda consuma ta a scopo cerimoniale per indurre visioni. I guari tori Tara humara la prendono come aiuto per diagno­ sticare i mali . Fra alcuni indiani messican i, il toloac he , diversamente dal peyotl, è considerato un a li'ucinogeriO «a bitato da uno spirito maligno » \­ (Furst, 1971; Safford, 1922). . Tutte le specie di Dalura contengono come componente attivo principa­ le scopolamina (ioscina). Sono inol tre tutte molto simili tra loro per quànto riguarda il contenuto di alcaloidi minori . Sarà quindi sufficiente discutere qui in dettaglio la chimica di due sole s pecie rappresentative: D. Slrtimo­ nium e D. melel. 241 16 Botanica e chimica degli allucinogeni Gl'.ingredienti attivi della Datura stramonium sono iosciamina, atropi­ na (in quantità molto inferiori) e un quantitativo trascurabile di scopolami­ na (Dieckhoefer ed altri, 1971). Un ibrido F, di D. stramonium x D. discolor con 0,12 per cento (del peso secco) di alcaloidi totali, conteneva come costi­ tuenti principali scopolamina e iosciamina (1 :2), con quantitativi inferiori di noratropina, apoatropina, meteloidina, norscopolamina, aposcopolami­ na, tropina e pseudotropina (AIYahya ed Evans, 1975). Nelle varie parti di Datura meteI sono state trovate le seguenti percen­ tuali in alcaloidi: frutti, 0,12 per cento; foglie, da 0,2 a 0,5 per cento; radici, da 0,1 a 0,2 per cento; semi, da 0,2 a 0,5 per cento. Assieme al componente principale, la scopol~mina, sono stati trovati anche i seguenti alcaloidi minori: meteloidinà, iosciamina, noriosciamina e norscopolamina, oltre a due alcaloidi non appartenenti al gruppo del tropano: cuscoigrina e nicoti­ na. La meteloidina, isolata per la prima volta da D. meteloides (= D. inoxia) è l'estere della 6,7-~-diidrossitropina con acido tiglico (Hegnauer, 1973; Henry, 1949). H \ HO H O-CO C-CH) -cl' I CH J Meteloidina La compOSIZIOne degli alcaloidi della Datura inoxia è risultata lieve­ mente diversa da quella degli alcaloidi della D. meteI, e solo nei componenti minori. Datura mete} Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 179. Pianta erbacea estesa, talvolta diventa cespugliosa, alta 1-2 m. Steli affusolati alle estremità, lucidi, glabri, inve~chiando presentano cicatrici fogliari persistenti. Foglie ovali od ovali-triangolari, sinuose, quasi intere o con dentellatura rada ma profonda, acute, lunghe 15-21 cm, larghe 7,5-10,5 cm; piccioli lunghi fino a 2 cm. Fiori solitari, grandi, viola, bianchi o gialli (talvolta violacei all'esterno, biancastri all'interno); peduncoli lunghi fino ad 1 cm. Calice regolare, minutamente pubescente, lungo 5-7 cm, con 5 denti brevi, t~iangolari-Ianceolati. Corolla tubolare, lunga 14-15 cm, a for­ ma d'imbùto o di tromba, quasi circolare quando è dilatata, di solito con 5 nervature radiali equidistanti, che terminano in brevi code, semplici, dop­ pie o triple a causa di ' sopniccrescita degli stami e delle superfici interne \ della corolla. Stilo lungo 11-13 èm. Capsula globosa, nodosa, vistosamente tubercolare o muricata, diametro 4-6 cm, cresce su peduncoli corti, grossi ed inclina ti. Questa specie, della quale vi sono diversi tipi abbastanza distinti, è originaria dell'Asia, ma ora si trova largamente distribuita anche nelle re­ gioni tropicali e subtropicali di Asia, Africa ed America. 242 \ Lang-tang o Hyoscyamus Iliger. ( Da un 'edizione dci 1249 del «Chèng-Icj pen-Ls'ao. Per gentile concessione di H.-LLi ). Hyoscyamus Linnaeus Un genere comprendente una ventina di specie reperibili in Europa, Nord-Africa ed Asia centrale e sud occidentale. Lo Hyoscyamus niger, pianta annuale o biennale nativa dell'Europa , ora nat~ralizzata e di crescità spontanea nell 'Asia settentrionale temperata , e nel Nord America, comunemente è chiamato giusquiamo. Fin dai tempi più antichi è stato impiegato come medicamento ed apprezzato come seda­ tivo ed anodino per indurre il sonno; le foglie ed i semi trovano impiego in farmacia; tuttavia, una sua incauta ingestione si accompagna spessQ. ad allucinazioni. Fin dal Medioevo ed anche prima, sono stati segnalati in Europa degli avvelenamenti accidentali , e si ritiene che lo Hyoscyamus sia stato usato come uno degl 'ingredienti attivi nelle pozioni delle streghe e di altri preparati tossici del Medioevo, quando le allucinazioni visive ed i voli fantastici erano effetti frequentemente ricercati da coloro che praticavano queste forme di stregoneria (Hansen, 1976, 1978) . L'allucinogeno cinese 243 BotaYlica e chimica degli alluciYlogel1i lang-tang è stato identificato come H. niger (Li, 1977) .. Altre specie, in parti­ colare.lo H. muticus, potrebbero essere state utilizzate in modo simile come narcotici (Lewin, 1920; Wagner, 1969). L'alcaloide principale dello Hyoscyamus niger è la iosciamina, isolata per la prima val ta dai suoi semi da Geiger ed Hesse nel 1833. Ma una proporzione essenziale degli alcaloidi "totali, fino al 50 per cento di ioscia­ mina, consiste di scopolamina. Gli alcaloidi minori dello H. niger isolati sono: tropina, scopina, apoatropina e cuscoigrina. Il contenuto totale in alcaloidi nelle varie parti della pianta è il seguente: foglie, da 0,04 a 0,08 per cento; radici, 0,16 per cento; semi, da 0,06 a 0,1 per cento (Henry, 1949). Lo Hyosymnus muticus presenta essenzialmente la stessa composizione alcaloidea dello H. niger, ma il contenuto totale in alcaloidi tende ad essere maggiore: foglie, 1,4 per cento; semi, da 0,9 a 1,34 per cento. Hyoscyamus niger Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 179. Pianta annuale o biennale con odore sgradevole, ghiandolare­ pubescente, alta fino a 115 cm. Stelo robusto, legnoso alla base. Foglie oblunghe-ovali, quasi intere o con pochi grossi denti, quelle inferiori lunghe fino a 15-20 cm, picciolate; quelle cauline sono più piccole, amplessicauli. Fiori in numero di 6-8, subsessili su cime scorpioidi, di circa 2 cm; brattee fogliose. Calice urceolato, pentamero; denti triangolari, acuminati, cresco­ no fino ad includere il frutto e diventano rigidi con una punta acuta alla maturità. Corolla a forma d'imbuto, piuttosto zigomorfa, spesso divisa late­ ralmente, di diametro 2-3 cm, gialla con vene violacee; lobi arrotondati. Stami inseriti alla base del tubo della corolla; antere viola. Stilo filiforme. Stimma capitato. Capsula liscia, con molti semi, si apre con coperchio apicale. Lo Hyoscyamus niger è originario dell'Europa, dell'Asia occidentale e del Nord-Africa. Iochroma Bentham Genere comprendente due dozzine di specie di arbusti dell'America tropicale. Il nome generico viene conserva:to. Per un certo numero di anni, dei vaghi resoconti indicavano che alcune specie di Iochroma potevano essere occasionalmente usate per indurr~ allu­ cinazioni dagli indiani che vivono nelle Ande della Colombia meridionale. Si sa ora che la I. fuchsioides è almeno uno dei medicamenti magico­ religiosi usati dagli stregoni Kamsa nella valle di Sibundoy, a circa 2200 m nelle Ande colombiane (Schultes, 1977). In questa località l'arbusto viene detto borrachero, un termine impiegato per indicare anche altre piante ine­ brianti della regione. f:sso ~ anche chiamato arbol de campanilla, guatillo, "nacadero e paguando. In lingua kamsa, il suo nome è totubjansush. Gli stregoni ed i guaritori coltivano assiduamente la Iochroma fuchsioi­ des negli orti che circondano le loro abitazioni, ed in piantagioni private assieme ad altri potenti allucinogeni come la Brugmansia ed il Methystico­ dendro11. L'arbusto - spesso la radice - è l'origine di un medicamento molto apprezzato per curare coliche, acidità di stomaco, oppure difficoltà digesti­ 244 Piante d'impiego allucinogeno lochroma fuchsioides (Solanaceae), nativa delle zone tropicali del Sud America. La scorza fresca ciel gambo mescolata in egual misura a foglie lenere forma la miscela per la preparazione di un tè allucinogeno che si beve freddo. ve e delle funzioni intestinali. È considerato un energico purgante e viene prescritto quando è presente nel malato un'emorragia interna. La radice viene grattuggiata e mangiata cruda con sale quando si sospetta che vi sia una lesione interna in seguito a contusione. Si dice anche che un infuso della pianta sia utile nei casi di parto laborioso. Quando la lochroma fuchsioides viene utilizzata a scopo allucinogeno dagli sciamani, una manciata di corteccia fresca appena raschiata dal fusto ed un ugual quantitativo di foglie fresche vengono bolliti in acqua per preparare una specie di tè che, una volta raffreddato, essi bevono senza alcuna aggiunta. Sembra che da una a tre tazze di questo decotto, nell'arco di tre ore, sia la dose normale per scopi allucinogeni. Secondo i guaritori Sibundoy, nei «tempi antichi» la lochroma fuch­ sioides era usata molto più di frequente. Al giorno d'oggi guaritori e strego­ ni preferiscono compiere le loro divinazioni, realizzare profezie e curare malattie sfruttando una delle molte «razze» di Brugmansia che essi coltiva­ no. La l. fuchsioides viene riservata per i casi particolarmente critici, poi­ ché è facile assumerne una dose eccessiva, cosa che richiede poi un periodo di recupero particolarmente lungo. Quando avvertono i sintomi di avvele­ namento da lochroma, gli stregoni ingeriscono un infuso sudorifico prepa­ rato con la clorantacea Hedyosmum translucidum, un arbusto comune nelle alte colline che circondanQ Sibu,ndoy. Alcuni esami su foglie di lochroma fuchsioides indicano che la pianta con tiene degli alcaloidi, e, considerando le sue affini tà botaniche, sembra logico dedurre che potrebbe anche parzialmente trattarsi di alcaloidi del tropano. Il solo studio farmaco-chimico eseguito su l. fuchsioides è riassun­ to nel seguente rapporto non pubblicato. In esso non vi è l'evidenza di un costituente allucinogeno (Miller, Svoboda e Tafur, comunicazione perso­ nale). 245 Botanica e chimica degli allucinogeni Un inibitore della renina ottenuto da lochroma fuchsioides. Si è riscontrato che gli estratti di Iochroma fuchsioides inibiscono l'attività enzimatica della renina in un metodo di saggio fluorometrico che utilizza un substrato octopeptidico sintetico . Il controllo successivo con altri metodi di saggio della renina che utilizzano substrati di proteine naturali ha confermato questa attività inibitoria, sebbene i valori Iso fossero molto inferiori nei sistemi a plasma con substrato naturale. L'estratto acquoso grezzo dava un Iso di 5,6 \Jg/ml nel metodo di saggio fluorometrico, mentre era di 150 \Jg/ml nel sistema a plasma di coniglio. È anche stata dimostrata l'attività in vivo mediante esperi­ menti su topi trattati con renina. L'iniezione endovena, sia di preparazioni grezze che parzialmente purificate, abbassava l'elevata pressione del sangue di questi topi. La purificazione parziale dell'inibitore presente negli estratti acquosi della pianta veniva compiuta da precipitazione di solfato , d'ammonio , seguita da cromatografia su setaccio molecolare sul Sephadex G-50 . Furono ottenute due frazioni attive. La frazione con il maggior peso molecolare non fu rallentata nella colonna del Sephadex G-50 e, sottoposta a controllo, risultò avere un'atti­ vità pari a solo il 40% di quella dell'estratto grezzo " La frazione con il minor peso molecolare, che fu eluita con un volume doppio di solvente, risultò essere otto volte più attiva dell'estratto grezzo iniziale. Il componente attivo nella frazione a più basso peso molecolare è apparso essere un glicopeptide stabile al calore nell'intervallo di peso molecolare 4.000­ 6.000, risultante anionico a pH neutro. Fino ad oggi, i tentativi di una ulteriore purificazione non hanno avuto successo. Un'altra specie comune nell'area è la I . gesnerioides. Anche questa è chiamata borrachero ma non vi è alcuna prova che abbia le stesse funzioni della I. fuchsioides . Iochroma fuchsioides (HBK.) Miers in Hooker, Lond. Journ. Bot. 7 (1848) 346. Arbusto o alberello, di solito alto 3-5 m , talvolta anche 6-7 m, densa­ mente ramificato, senza spine. Rami rosso-bruni, tomentosi. Foglie obova­ te-oblunghe, .alquanto ottuse, lunghe 10-15 cm, larghe 5,5-9 cm, superior­ mente più o meno glabre, inferiormente bianco-tomentose, lunghe 20-30 mm. Infiorescenze plurifiorite su grappoli ascellari e terminali; pedicelli cinerei-tomentosi. Fiori rossi, lunghi 25-35 mm, larghi alla bocca normal­ mente 8-9 mm, ma qualche volta fino a Il mm. Calice bilobato , subglabro, marrone-tomentoso, sul margine molto breve e penta-dentato in modo disu­ guale, lungo circa 5 mm. Corolla campanulata-tubolare, si allarga vistosa­ mente alla bo~ca, tomehtosa (raramente subglabra) all'esterno, piuttosto pubescente all'interno. Stami inclusi, con filamenti leggermente rigonfi e pubescenti. Stimma verdastro. Frutto a bacca, rosso, ovoidale o piriforme, acuto acuminato, lungo 15-25 mm, 6-15 mm di diametro, coperto con un calice ingrandito diviso alla base: La Iochroma fuchsioides è originaria delle regioni andine della Colom­ bia e dell'Ecuador. Latua Philippi Genere monotipico proprio delle montagne lungo la costa del Cile cen­ trale, apparentemente non abbonda in alcun luogo. . 246 ~ Piante d'impiego allucinogeno ( 4 JBC 5 LA T.U A publflora (Grl •. ) BollI. Di seg no di J .B. Clark. L'insolito e raro arbusto o alberello spinoso, Latua pubiflora, nel passa­ to veniva impiegato dagli stregoni, specialmente nella provincia di Valdi­ via, come energico agente tossico in grado di produrre delirio, allucinazioni e, in qualche caso, anche pazzia permanente. La pianta era chiamata local­ mente Zatué o arboL de Los brujos «d'albero degli stregoni»). Il suo uso non era oggetto, per quanto si sa, di culto o di rito; tuttavia nella regione la pianta era molto rispettata e temuta. Si diceva che grazie ad essa, secondo il desiderio dello stregone ed in base alla concentrazione della dose, poteva essere indotta una pazzia di varia durata. I dosaggi erano un segreto gelosamente custodito dai praticanti nativi. Avvenivano anche )247 Botanica e chimica degli allucinogeni degli avvelenamenti accidentali, poiché la L. pubiflora assomiglia molto alla Flotowia diacanthoides, un arbusto conosciuto come tayu, la cui cortec­ cia era utilizzata nella medicina popolare sotto forma di decotto per tratta­ re contusioni e gonfiori. Le due piante venivano spesso confuse (Murillo, 1889; Plowman ed altri, 1971; Schultes, 1970a, 1970c). \ Lalua pubiflora (Griseb.) Baillon, Hist. Plant. 9 (1888) 334. Arbusto od alberello, alto 3-10 m. Corteccia sottile, striata con fessure sugherose longitudinali, diventa alquanto ruvida, da rossiccia a marrone­ grigiastra. Rami lisci, provvisti di spine. Ramoscelli annuali ricoperti da una pubescenza bruno-giallastra, poi diventano glabri . Spine erette, che sorgono come rami modificati nelle ascelle fogliari, rigide, lunghe 20 mm, di solito con una piccola foglia basale ed 1 o 2 minuscoli catafilli verso la cima. Foglie alternate, a cespo sui virgulti più corti, sparse sui rami lunghi, strettamente ellittiche od oblunghe-Ianceolate, acute, intere od irregolar­ mente dentellate, assottigliate alla base, lunghe 3,5-12 cm, larghe 1,5-4 cm, pelose, con la crescita diventano glabre, picciolo normalmente corto, 2 (15) mm, peloso , glabrescente. Peduncolo solitario, che sorge dall'ascella della spina e della foglia basale, eretto, con un solo fiore, lungo 5-9 (20) mm, tomentoso, squamoso alla base; squame ciliate, ovate, lunghe circa 2 mm. Calice pentamero, campanulato, persistente, lungo 8-10 mm (nel frutto è lungo 11-16 mm), tomentoso, di colore dal verde pallido al violaceo; lobi a valve, acuti, triangolari, lunghi circa 3 mm. Corolla più grande del calice, pentamera, urceolata, ristretta alla base, si restringe leggermente sotto il bordo, rigonfia, lunga 3,5-4 cm, diametro 1,5 cm alla metà, densamente pelosa al di fuori , di colore fucsia o rosso-viola, lobi con i margini doppi all'interno che si toccano reciprocamente, brevi, trilobati, ricurvi, lunghi circa 5 mm. Stami in numero di 5, inseriti alla base della corolla; filamenti di diversa' lunghezza , leggermente eccedenti la corolla, filiformi, lunghi 3-4 cm, adnati per 8 mm , pelosi alla base, glabri al disopra, rosa; antere a, due loculi, longitudinalmente deiscenti, ellittiche, lunghe 2 mm , brunastre. Ovario ovoidale, alla base gibboso, a due loculi; stilo filiforme, che uguaglia la corolla, rosa; stimma breve, semicircolare, appena bilobato, verde. Il frutto èuna bacca carnosa, globosa, a due celle, base dello stilo persistente, diametro 2 cm, di colore verde pallido o giallo. Semi numerosi, reniformi o di forma irregolare, di solito appiattiti ventralmente, con un episperma spesso, reticolato-cellulare, di colore da marrone scuro a nero. Nativa dell e montagne lungo le coste del Cile centrale fra i territori di Valdivia e Chiloé, la Latua pubif10ra cresce nelle foreste montane umide, oppure è avventizia ,nei ca,mpi e nei pascoli fra i 500 e i 700 m d'altitudine .' La stessa specie è anche s~ata conosciuta con il nOJTle di Latua venenoiti (Philippi, 1858). Un'indagine chimica sulle foglie di questa pianta ha rivelato la presenza dello 0 ,18 per cento di iosciamina e dello 0,08 per cento di scopolamina. I frutti secchi non contengono sicuramente alcun alcaloide, sebbene gli aborigeni asseriscano che quelli freschi sono altamente tossici (Bodendorf e Kummer, 1962) . J, 248 Pian/e d'impiego allucinogeno La Mandragola maschio e femmi na Mandragora o((icinarum , Mandragola . (Da John Gerard, The Herball or Generali H iSlOrie of fI/ames, Londra . 1632). , Mandra,g ora Linnaeus Sono conosciute sei specie di Mandragora, o Mandragola originarie delle regioni ène vanno dal Mediterraneo orientale all'Himalaya. La Mandragora officinarum, la famosa mandragora europea (mandrake. nei paesi anglosassoni), è conosciuta da lungo tempo per le proprietà t~ssi­ che e per quelle medicinali, reali e presunte. La sua complessa storia popo-' lare come pianta magica non può essere uguagliata da alcun'altra specie . . Nònostante la sua tossici tà, nella medicina popolare la mandragora era considerata una panacea, consigliata come sedativo ed agente ipnotico nel trattamento degli stati nervosi e di dolore. Il timore ed il rispetto di cui gli europei del Medioevo e delle epoche precedenti circondavano la mandrago­ 249 Botanica e chimica degli allucinogeni ra e molti dei suoi impieghi popolari, erano inestricabilmente collegati alla cosiddetta «Dottrina delle Segnature ». Le radici di Mandragora, a forma di piccolo uomo o donna, erano chiamate Alraune, Erdmannchen, o Erdweib­ chen; si attribuiva loro un grande valore come amuleti e nel Medioevo erano usate per ogni ge~ere di magia. Uno dei loro scopi era quello di combattere il dolore durante gl'interventi chirurgici. Erano tuttavia impie­ gate anche per molte altre malattie e condizioni anormali. In diverse regio­ ni godevano la reputazione di afrodisiaco (Hansen, 1976, 1978 ; Lewin, 1920; Wagner, 1969) . AI pari dell'Atropa e dello Hyoscyamus, non sembra esistere alcun dub­ bio che la Mandragora servisse come costituente potenzialmente allucinoge­ no nei filtri delle streghe durante i secoli oscuri e nel basso Medioevo in Europa. Questa può essere una delle spiegazioni del nome attuale della pianta in Germania: Hexenkraut (Wagner, 1969) . La prima seria indagine chimica sugli alcaloidi della Mandragora fu eseguita nel 1901 da O. Hesse . Si riscontrò 'che il costituente principale era la iosciamina, con piccoli quantitativi di scopolamina , pseudoiosciamina (noriosciamina) ed un nuovo alcaloide che venne chiamato mandragorina. Un'ànalisi più recente delle radici di questa pianta, con l'impiego dei moderJli procedimenti d'isolamento e d'identificazione , ha fornito ulteriori dati (Staub, 1962). Il contenuto totale in alcaloidi è risultato dello 0,4 per cento, essendo l'alcaloide principale la iosciamina , seguito da scopolamina e atropina nei rapporti di 18 : 2,5 : l. Fu anche isolata in piccoli quantitati­ vi la cuscoigrina che Phokas (1969) dimostrò essere iden tica alla mandrago­ rina di Hesse. CJ-CH2COCH2-l ) N N CH3 CH3 I I Cuscoigrina (Mandragorina) Mandragora officinarum Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 181. Pianta .erbacea senza stelo con radice carnosa più o meno ramificata (che, con una certa fantasia, assomiglia ad una forma umana) ; Foglie in gran parte radicali , increspate, ovali od ovali-oblunghe, intere od alquanto sinuose-dentellate, le inferiori ottuse , le superiori spesso acute od acumina­ te, glabre o minutamente pubescenti, lunghe 15-25 cm (diventano più lun­ ghe - fino a 40 cm .,- nelle piante con i frutti) . Fiori brevi-peduncolati, solitari, di color viola pallido o,bianco; peduncoli lunghi come il calice o di più. Calice foglioso , pentamero, che continua a crescere nel frutto; lobi lanceolati. Corolla campanulata, pentamera per metà della sua lunghezza, lobi larghi, che si sovrappongono, seni induplicati fra i lobi, di colore blua­ stro o verde biancastro. Stami in numero di 5, inseriti sotto la metà del tubo della corolla; filamenti filiformi ; celle dell 'antera quasi parallele . ava­ rio impiantato su disco. Stilo lungo, filiforme. Stimma capitato, più o meno bildbato . Bacca profumata, succulenta, globosa, gialla, di diametro 3 mm. 250 / Piante d'impiego allucinogeno La Mandragora officil1arum è originaria delle regioni mediterranee europee. Methysticodendron R. E. Schultes Genere anomalo, monotipico, che rappresenta forse una forma aberran­ te di Brugmansia, conosciuto solo come albero coltivato nella valle di Si­ bundoy, nelle Ande colombiane meridionali. Oltre alle diverse specie di Brugmansia ed ai cloni o «razze» di B . aurea, gli indiani di Sibundoy, nella Colombia, coltivano un albero straordinario ed enigmatico che è stato descritto come un nuovo genere, Methysticoden­ dron amesianum, conosciuto localmente come culebra borrachero o, in lin­ gua kamsa, come milskway borrachero. Si propaga per talea ed è destinato dagli indigeni a scopi medici e narcotici molto specifici (Schultes, 1955). Il Methysticodendron è ovviamente molto simile alla Brugmansia, e può essere dimostrato (come già è stato suggerito) che non rappresenta un gene­ re distinto, ma un clone altamente atrofico di una Brugmansia, sebbene Lockwood (1973) e Bristol (1969) ritengano entrambi che rappresenti una delle numerose cultivar riprodotte vegetativamente e preservate dai guari­ tori nella valle di Sibundoy. Bristol lo indica con un nome cultivar: Datura candida cv. «Culebra»; Lockwood lo cita come una cultivar di B. aurea. È stato ipotizzato che questo genere rappresenti una specie di Brugmansia, divenuta altamente atrofica come probabile risultato di un'infezione virale: di questa intuizione non esiste però alcuna prova sicura. Un'altra spiegazio­ ne afferma che questa pianta può essere risultata «dall'effetto di un'unica mutazione pleiotropica del gene ... una mostruosità di qualche specie di Brugmansia... » (Barclay, 1959b). Considerando la nostra attu'ale scarsa co­ noscenza della biologia della Brugmansia, in virtù del curioso atrofismo di queste piante a Sibundoy, e della nostra impossibilità di assegnare tale variante ad una specie definita di Brugmansia, sembra opportuno continua­ re ad usare il binomio Methysticodendron amesianum, l'unico ormai ampia­ mente adottato in tutti gli studi chimici. Il Methysticodendron differisce dalla Brugmansia per la sua corolla pro­ fondamente lobata; le foglie strette e ligulate, i tre carpelli conduplicati.con i tre stili liberi (con aree stimmatiche non divise) che conservano la condi­ zione conduplicata , per la struttura concava degli stili la quale làscia la 'cavità dell'ovulo alquanto aperta sull'apice, esponendo gli ovuli apicali fino al punto dove, all'incirca ad un terzo della lunghezza verso il basso, le pareti dei càrpelli si fondono per formare un sincarpo a tre loculi. (Schul­ tes, 1955). Gli alberi di Methysticodel1dron sono «proprietà » di certi guaritori delle tribù Kamsa ed Ingano, che usano l'allucinogeno in casi eccezionalmente difficili di diagnosi di malattie ; oppure per divinazione, profezia o stregone­ . ria. Di solito si usa un'infusione delle foglie. L'indagine chimica sulle foglie e sul fusto di Methysticodendron amesia­ num ha evidenziato quantità dello 0,3 per cento di alcaloidi totali, con l'80 per cento di scopolamina . Gli alcaloidi minori sono risultati i'atropina e .,;, due alcaloidi non ancora identificati (Pachter e Hopkinson, 1960). L'elevata percentuale di scopolamina può giustificare la forte azione psicotropa che 251 Botanica e chimica degli allucinogeni ( Disegno di E.W. Smilh. gli indiani attribuiscono a quest'albero . Essa può produrre eccitaziòne, allucinazioni e delirio, anche in dosi terapeutiche, mentre, con l'atropina, sono di solito richi es te delle dosi al limite della tossicità per provocare effetti allucinogeni e l'e"ccitamento del sistema centrale (Goodman e Gil­ man , 1955) . Methysticodendron amesianum R. E . Schultes in Bot. Mus. Leafl . Harvard Univ o 17 (1955) 2. Albero alto fino a 8,5 m. Foglie membranose, verde scuro, molto strette ·e ligulate , acuminate all'apice , alla base lungo-assottigliate, margine comu­ 252 / Piante d'imp iego allucinogeno nemente sub-ondulato od ondulato, lunghe 20-26 cm, larghe 1,3-2 cm, mi­ nutamente ed irregolarmente pelose su entrambi le superfici. Fiori lunghi fino a 28 cm (di solito circa 23 cm), diametro all'apice 10-13 cm, dopo il tramonto emettono un profumo dolce ed intenso . Calice spataceo, verde, papiraceo o membranoso, che si divide in 2-5 sepali con denti acuti, lunghi 3/5 della corolla, minutamente peloso. Corolla divisa da 3/5 a 4/5 della sua lungh ezza, di solito a 5 petali (ma spesso anche a 4 o 6), membranosa, bianca, spatulata o sub-spatulata rombiforme, lungo-acuminata , circin~ta, lunga 14-16 cm, diametro all'apice del tubo 6 mm, 2,5-3,3 cm nella parte più larga , minutamente pelosa alla base; tubo all'interno con peli bianchi piuttosto fitti. Stami di solito in numero di 5, più corti dei pe tali della corolla, lunghi più o meno 5 cm, pelosi ad eccezione de ll'apice ; antere giàlle, lungh e 2,7-3 cm. Ovario subcilindrico, marcatamente trisolcato, gla­ bro , lungo fino a 1,5 cm, diametro 0,5 cm. Stili glabri, lunghi fino a 9 cm, all 'a pice legge rmente clavellati e fortemente complanati ; stimma nerastro, papilloso . Appe ndice nella parte centrale dell 'ovario simile agli stili , lunga 5,5 cm ed accompagnata da altre 1 o 2 appendici carnose sub-clavellate, lunghe 2-5 mm . . Nota soltanto come specie coltivata nella valle di Sibundoy , Putumayo, Colombia, a circa 2500 m d'altitudine . Di qu es to genere è stato pubblicato il seguente adattamento di nomen­ datura : Datura candida (Pers.) Safford cv. Culebra Bristol in Bot. Mus Leafl., Harvard Univo 22 (1969) 218. Petunia Jussieu Sono note una quarantina di specie di Petunia, originarie del Sud Ame­ rica (principalmente del Sud America meridionale) e delle regioni più calde del Nord America. Petunia sp. Uno degli allucinogeni sud-americani segnalato più di rece nte è una specie di Pet unia conosciuta negli altopiani ecuadoriani come s·hanin. Si dice che induca la sensazione di levitare o di volare (Haro A ., 1971) . Anche se nel breve rapporto originale non veniva ci tato alcun esempla­ re sicuro, la serietà della fonte merita attenzione . La Petunia non e ra co no~ sciuta ,tra la flora d elle Ande più settentrionali, ed il rapporto si .limita ad indicare che veniva impiega ta una «Petunia ». È difficilme nt e credibil e che una pianta così conosc iuta come la Petunia possa essere confusa con una qualsiasi altra splana~ea. Noi, di conseguenza , accettiamo la possibilità che si sia trattato di una Pet ~(I1ia coltivata. I tipi principali di Peturzia attualmente coltivati sono d'origin e ibridà, derivati della P. violacea, dai fiori viola e dalla bianca P. axillaris, entràmbe originari e dell 'Argentina. . Nonostan te la lunga utilizzazione della Petunia come pianta ornamerì­ tale, non si sa quasi nulla della fitochimina del gruppo . È stato riferito che la Petunia hybrida contiene cloruro di petunidina e un sale f1avilico , l'aglu­ 2.53 · ~ Botanica e chimica degli allucinogeni Methysticodendron amesianum. La rassomiglianza con la Brugmansia potrebbe far pensare che non si tratti di un genere distinto sebbene Bristol nel 1969 e Lockwood nel 1973 abbiano avanzato l'ipotesi che sia una delle numerose cultivar riprodotte e conservate dagli scia mani della valle del Sibundoy (Colombia) dove , conosciuta come cu/ebm borrachero, è usata a scopi medicinali e allucinogeni. cane di petunina. La petunina forma una patina violetta su rame lucido con acido cloridrico diluito ed ha un punto di fusione di circa 178°C. Questa è la sostanza colorante delle petunie. Nel genere non sono stati trovati principi psicoattivi, almeno per ora, pur appartenendo alle Cestreae che fanno parte delle Solanaceae, per cui l'ipotesi che contenga alcaloidi non è infondata (Stecher ed altri. 1968). Solandra Swartz Genere comprendente circa dieci specie, originarie del Messico e dell'A­ merica tropicale, molto affine ai generi Datura e Brugmansia. Salandra è un nome generico che è stato conservato. Gli Huichol- e probabilmente anche altri gruppi nel Messico - consi­ de'rana la Salandra un allucinogeno con potenti implicazioni mitologiche e simboliche. Finora soltanto le S, guerrerensis e brevicalyx sono state identifi­ cate come allucinogeni fra gli Huichol; ma è probabile che siano usate allo stesso scopo anche diverse altre specie, L'inebriante è costituito da un tè ottenuto dal succo dei ramoscelli. La Salandra guerrerensis o hueipatl, citata da Hermindez Sutto il nome di tecamaxachitl, viene ancora oggi usata come narcotico nella regione di' Guerrero. 254 .' -... Piante d'impiego allucinogeno Per gli Huichol, la Salandra è una pianta-dio (una delle loro più sacre piante-dio o kieli) , così potente da poter dispensare favori e da costituire anche un importante aiuto nelle pratiche di stregoneria e negli incantesimi. Essi pensano che chiunque molesti la pianta può andare incontro alla paz­ zia o addirittura alla morte (ciò ha creato non poche difficoltà ai botanici che cercavano la pianta!). Alla base della pianta gli Huichol depusitano come doni frecce votive , tortillas, tequila e disegni tessuti in lana. La COno­ scenza di queste piante è un segreto accuratamente conservato, e molti indiani negano ogni familiarità con esse. Le piante crescono di solito nei dirupi e sui pendii più impervi, dove sembrano spuntare dalla solida roccia. Gli Huichol riconoscono la stretta affinità fra Salandra e Brugmansia: l'impiegò della prima come narcotico è spesso associato con la seconda. Essi fanno distinzione fra talaache (Datura spp., specialmente la D. inaxia), alla quale si riferiscono come kielitsa o «ca tti va kieli», ed il vero kieli o Salandra. Sembra che questa non produca allucinazioni del tipo peyotl , ma piut­ tosto visioni spaventose di «serpenti, lupi e creature velenose». I frutti e le radici sono considerati di gran lunga «più potenti» delle foglie, ritenute allucinogene solo se impiegate per via anale. Come risultato delle sue pro­ prietà inebrianti, la Salandra ha assunto una grande importanza nella pra­ tica dei riti magici e nella stregoneria degli Huichol. Gl'iniziati ai segreti della pianta hanno bisogno di un periodo di addestramento di addirittura cinque anni per diventare sciamani; durante questo tempo la ingeriscono soltanto in seguito ad un digiuno completo e dopo l'astensione dal sale e da ogni attività sessuale. Sebbene rimanga ancora molto lavoro da compiere prima di raggiun­ gere una conoscenza completa della chimica del genere Salandra, le ricer­ che preliminari hanno indicato che in essa sono presenti piccoli quantitati­ vi di atropina, noratropina, l-iosciamina e noriosciamina (Raffauf, 1970), come pure tropina, nortropina, scopina, cuscoigrina ed altri (Evans ed altri, 1972; Hegnauer, 1973). Il contenuto totale in alcaloidi delle diverse specie è dello 0,15 per cento circa (Hegnauer, 1973). La serie degli alcaloidi presenti nella Salandra non è diversa da quella della Datura, ma non altrettanto estesa. Anche la Salandra ha prodotto effetti velenosi (Gibbs, 1974). Solandra guerrerensis Martfnez in An. Instit. Biolog. Univ Mex. 37 (1967) 101, t. 4. ~. Arbusto legnoso, rampicante su alberi o roccia, lungo fino a 20-30 m . Fusto grigiastro, affusolato alle estremità, divaricato, diametro 7-10 cm. Rami e ramoscelli lisci, fragranti appena tagliati, con cicatrici circolari. Foglie raggruppate al termine dei ramoscelli, da ovali a suborbicolari, lun- ' ghe 11-22 cm, larghe9-l'5 cm;intere, lisce su entrambe le superfici, ottuse o subacute all'apice, raramente arrotondate, arrotondate alla base, talvolta subtronche, frequentemente decorrenti, con 7-10 nervature ricurve; picciolo liscio, lungo 3,5-5 cm. Fiori profumati, biancastri o giallo-verdastri, essic­ candosi diventano marrone-tabacco. Peduncolo lungo 5 mm . Calice lungo 7 cm, liscio, talvolta lievemente tomentoso da giovane, con 4-5 segmenti acu­ ti; tubo della corolla lungo 17-20 cm fino alla gola , con linee longitudinali e . 255 Botanica e chimica degli allucinogeni l Disegno di E.w. Smith. ramificazioni diritte e ascendenti, che si restringe gradualmente verso la gola, dove si divide in 5 lobuli crenati-dentati; gola violetta, con 5 bande larghè dello stesso colore; stami quasi uguali, inclusi; antere ellittiche, lun­ ghe 13 mm ; stilo sporgente , v'ioletto; stimma capitato , verde, Frutto su bo­ voidale, pendulo, carnoso grigiastro, ottuso , lungo 7-11 cm, diametro alla base 5,5-6 cm , Semi numerosi, vagamente reniformi, lunghi 3-4 mm , Questa specie è diffusa negli stati di Guerrero e del Messico, Appare nettamente diversa dalle altre quattro specie messicane , .È probabile che, oltre alle due specie già citate ed impiegate dagli Huichol, anche la Salan­ dra guttata e la S, nitida abbiano le stesse proprietà inebrianti, 256 ... Pian/e d'i mpiego a/lLicinogel1o ACANTHACEAE l 250 generi e le 2600 specie di Acanthaceae sono soprattutto tropicali , sebbene alcuni vivano negli Stati Uniti, in Australia e nelle regioni mediter­ ranee; i centri primari di diversificazione sono Brasile, America Centrale, Africa e lndo-Malesia. La maggior parte delle specie sono erbe od arbusti, sebbene vi sia una grande varietà n ell 'habitat (rampicanti, piante acquati­ ch e , xerofite); poche specie sono arboree . Facendo eccezione per qualche specie ornamentale, la famiglia ha poche piante economicamente significa­ tive . Justicia Linnaeus Genere di oltre 350 speci e, molte delle quali aromatich e, diffuse nelle regioni tropicali e subtropicali di e ntrambi gli emisferi. Alcuni rece nti studi etnobotanici hanno rivelato l'uso delle foglie polve­ rizzate di Ju s ticia peetoralis varo slenophylla come additivo occasionale di una polvere da fiuto allucinogena ricavata principalmente dalla resina del­ la corteccia di Virala nell 'alto Orinoco e lungo gli affluenti più a nord del Rio N eg ro , in Brasile. È stato riferito che anche gli ingjjlni Wajl? prepara­ no una polvere da fiuto allucinogena con questa e con altre specie di Ju s/i­ eia (Brewe r-Carias e Steyermark, 1976; Chagnon ed altri, 1971 ). Ì Waika ed altri indiani di questa zona sono abituati, all'occorre nza , ad aggiungere la polvere aromatica di Juslieia «per rendere la sostanza da fiuto più profumata », In molti posti, la 1. peeloralis varo stenophylla viene coltivata negli orti casalinghi a questo scopo. Vi sono testimonianze sulla preparazione da parte degli indigeni di alcune località dell'Orinoco di una polvere da fiuto allucinogena composta esclusivamente di Ju s /ieia; altre s pecie de llo stesso genere potrebbero essere impiegate nel medesimo modo (Chagnon ed altri , 1971; Schultes, 1967a). L'esame chimico della Justieia è ancora agli inizi. Le indicazioni preli­ minari della presenza di N,N-dimetiltriptammina nell e foglie di 1. peelora­ lis var. slenophylla devono ancora essere convalidate con altro materiale (Schultes , 1970a; Schultes ed Holmstedt, 1968). Se questa base fosse real­ m e nte presente nella Ju slicia, sarebbe la prima volta che la triptammin.a ­ o comunqu e un principio allucinogeno - viene riscontrata nelle Aeanlha­ eeae. È inte ressante notare che una specie di Pseudoanthemum, conservata in un erbario peruviano, è conosciuta col nome popolare di dormidero (<<che provoca il sonno») e viene indicata come «crba narcotica » (Killip e Smi/h 29826). Justicia pecloralis Jaequil1 varo stenophylla Leol1ard in Contrib. U. S. Nat. H e rb. 31 (1958) 615. Pianta erbacea alta fino a 30 cm, compatta. Fusti eretti od ascendenti, talvolta radicano fino ai nodi inferiori, subquadrangolari, alquanto scanala­ ti , glabri oppure occasionalmente pelos i; inte rnodi brevi, di solito lunghi m e no di 2 cm. Nume rose foglie lineari , molto strettamente lanceolate , lun­ ghe 2-6 cm, largh e 2-8 mm , acuminate, cuneate alla base, intere, ~labrc . sopra e sotto, piccioli sottili, lunghi fino a 6 nìm. Infiorescenza che spesso 257 , 17 Botanica e chimica degli allucinogeni Indiano Waik à con un cesto di foglie di Jusl icia peclOra lis varo slen ophy/la da mesco lare a ll a polvere da fiut o nyukwana della Viro/a. Rio Tototobì, Brasile amazzonico. :Foto R.E. Schultcs.) diventa compatta, lunga fino a lO cm, ma di solito molto più corta , con peli ghiandolari e non, Fiori piccoli: calice pentamero, segmenti subulati, lun­ ghi circa 2 mro, larghi 0,25 mm, pubescenti; corolla bianca o violetta, talvolta macchiata di viola, lunga circa 7-8 mm, all'esterno lievemente pu­ bescente; stami che superano la gola della corolla di circa 1 mm ; stilo lungo circa 7 mm. Capsule davate, lunghe circa 8 mm, Semi appiattiti, larghi circa 15 mm, ruvidi, di colore rosso-bruno. Questa varietà differisce dalla Ju sticia pectoralis soprattutto per la sua statura inferiore, per avere le foglie strettamente lanceolate ed una infiore­ scenza più corta. Mentre la 1. pectoralis è largamente diffusa nelle Indie Occidentali e nell'America tropicale continentale, la varietà stenophylla è nota soltanto nella Colombia orientale e nelle regioni adiacenti del Brasile amazzonico, dove vien e spesso coltivata nei cortili e cresce spontaneamente negli spazi aperti. RUBIACEAE Le Rubiaceae sono una famiglia naturale nell'ordine Rubiales, una delle più grandi famiglie delle Fanerogame, comprendente circa 500 generi e più di 6500 specie, costituite principalmente da alberi tropicali , arbusti ed er­ be. La famiglia viene divisa di solito in tre sezioni: Cinchonoi"deae, con otto generi; Rubioi"deae , con undici generi; Guettardoi"deae, con un genere. Alcuni generi sono economicamente importanti come origine di bevande contenen­ ti caffeina (Coffea) , spezie (Cephaelis, Cinchona), e coloranti (Rubia). 258 Piante d'impiego allucinogeno Psychotria Linnaeus Il genere Psychotria appartiene alle Rubioideae e comprende più di 700 specie, la maggior parte delle quali sono degli alberelli che crescono nelle zone più calde di entrambi gli emisferi . Poiché le Rubiaceae sono una famiglia molto vasta e ricca di alcaloidi, è curioso il fatto che solo il genere Psychotria sia stato impiegato per scopi allucinogeni. Inoltre, questo particolare impi ego è stato scoperto soltanto di recentè. Ancora più interessante è osservare che la Psychotria sembra essere utilizzata soltanto mescolata con altre piante allucinogene. In diverse località dell'Amazzonia, molto distanti tra loro, le foglie di Psychotria, in certe occasioni, sono aggiunte a bevande psicotomimetiche ~omposte di Banzsteriopsis caapi o B. inebrians. Gli indiani Kofan della Colombia e dell'Ecuador amazzonici uniscono le foglie di Psychotria viridis per far durare di pi~ e rendere più intense le visioni indotte. I Kashinahua del Perù orientale e del Brasile occidentale, usano le foglie di due diverse specie di Psychotria, conosciute con i termini nativi di nai-kawa e matsi­ kawa. L'identità di queste due specie non è sicura, perché è possibile racco­ gliere soltanto del materiale sterile; il nai-kawa tuttavia è stato collegato ad una delle seguenti specie: Psychotria horizontalis, P. carthaginensis, P. mar­ ginata o P. alba, ciascuna delle quali cresce abbondantemente nella regione. I nativi di Tarauaca, nell'Acro del Brasile, dove sia gli indiani che i brasilia­ ni usano l'allu(i;inogeno ayahuasca, rinomato per la sua potenza, preparano la bevanda con Banisteriopsis e con l'agg iunta di foglie di Psychotria viridis (Der Marderosian ed al tri, 1970; Prance, 1970; PraI)ce e Prance, 1970; Scbultes, 1967a, 1970a). La composizione chimica delle foglie di Psychotria spiega perché la pianta sia utilizzata come additivo e non come l'unico costituente di una bevanda. Le foglie contengono N,N-dimetiltriptammina (Der Marderosian ed altri, 1970), che, assunta oralmente senza un inibitore della ossidasi monoamminica, è inattiva. Quando le foglie di Psychotria sono mescolate con Banisteriopsis, che contiene alcaloidi della ~-carbolina, inibitori della ossidasi monoamminica, la triptammina è attiva se somministrata oralmen­ te, ed in realtà altera materialmente l'intossicazione (Der Marderosian ed altri, 1970). Psychotria viridis Ruiz e Pavon, FI. Peru v. 2 (I799) 61, t. 210, fig. B. Arbusto od alberello, alto fino a 4, 6 m, completamente glabro. Stipole grandi, acuminate, sottili, rnarroncine, caduche. Foglie brevi-picciolate, obovate od oblunghe-obovate, acute o brevi-acuminate, lungo cune~te alla base, lunghe 8-1 $ cm, 'larghe 2,5-5 cm. Infiorescenza terminale, peduncola­ ta, a pannocchia spigata, 'più corta delle foglie, lunga fino a 10 cm, rami infe riori più o meno verticillati. Fiori sessili in glomeruli distanti , molto piccoli, di solito lunghi 4 mm, corolla bianco-verdastra, non gibbosa alla base. Frutto piccolo, drupaceo. Vive nelle foreste lungo tutto il bacino amazzonico settentrionale, ·fino' all'America Centrale ed a Cuba. 259 Botanica e chim ica degli allucinogeni .x. Disegno di I. Brady. é!A (~/0a~ ('~~>j :f \;.~ii)~~~V PSYCHOTRIA viridis R. & P. COMPOSITAE Le Compositae, appartenenti all'ordine delle Campanulatae sono una d e lle più grandi famiglie delle spermatofite e comprendono da 900 a 1000 ge'neri e da 15000 a 20000 specie. Rappresentano probabilmente, da un punto di vistà evolutivo, la famiglia più avanzata delle dicotiledoni. Quasi cosmopolite, esse vivono e si ambientano all'incirca in tutte le condizioni ecologiche, pur essend~ più .rare nelle foreste tropicali pluviali; la maggior parte delle Compositae sono piante erbacee, ma alcune sono alberi ed arbusti. Affine naturalmente a Brunoniaceae, Campanulaceae, Goodeniaceae e Stylidiaceae, la famiglia è ben definita ne i suoi caratteri, il più singolare dei quali è la disposizione dei fiori,'ammassati in gran numero in grappoli compatti, con alla base un involucro costituito da un certo numero di brattee, che spesso persistono fino alla fruttificazione . Le Compositae si dividono in due gruppi: Tubiflorae, con circa undici classi e Li guliflorae, con 260 Pianle d'impiego allucinogeno un'unica classe. Nonostante l'ampiezza della famiglia, relativamente poche sono le specie interessanti dal punto di vista economico. Calea Linnaeus Il genere Calea comprende circa 100 specie delle regioni tropicali ame­ ricane, che crescono specialmente nelle savane e sui fianchi delle colline aride. Uno degli allucinogeni descritto più di recente è la Calea zacatechichi, un arbusto poco appariscente diffuso dal Messico centrale fino alla Costa Rica. Il nome specifico deriva dalla parola azteca che significa «erba ama­ ra», con allusione al sapore fortemente aspro di questa pianta. Essa è stata impiegata fin dai tempi più antichi nella medicina popolare, ed era citata nei primi erbari messicani, specialmente per il trattamento delle febbri intermittenti, come aperitivo, e come astringente nei casi di diarrea. Se il decotto ricavato dalla pianta apparentemente aiuta ad abbassare la tempe­ ratura negli stati febbrili, esso non è tuttavia di alcun valore nella cura della malaria, nonostan te la sua fama di antimalarico. La C. zacatechichi ed altre specie sono state impiegate localmente come insetticidi. Sebbene non vi siano prove di un culto magico-religioso collegato con l'uso della Calea zacatechichi, McDòugall ha riferito recentemente chè gli indiani Chontal di Oaxaca , i quali «credono alle visioni oniriche», usano questa pianta sacra per provocare allucinazioni. Le foglie secche frantuma­ te vengono messe in infusione nell'acqua, ed il tè che ne risulta viene bevu­ to lentamente, dopo di che l'indigeno si sdraia in un luogo tranquillo e fuma una sigaretta fatta con altre foglie secche della stessa pianta. L'india­ no sa di averne preso una dose sufficiente quando avverte un senso di tranquillità e di sonnolenza e riesce a sentire il battito del suo cuore e del suo polso. Gli stregoni Chontal, i quali affermano che la pianta è capace di «purificare i sensi», la chiamano thle-pelakano o «foglia degli dei» (McDou­ gall, 1-968). Vi è un'altra descrizione di un narcotico che potrebbe essere la Calea zacatechichi. Aguilar, parlando degl'inebrianti usati nel Messico precolom­ biano, menziona il chichixihuitl, uno dei nomi volgari usati oggi per indica­ re la C. zacatechichi. Sebbene non sia affatto stato descritto, il chichixihuitl degli antichi Aztechi potrebbe essere la stessa pian ta (Aguilar, 1946). Esiste ancora qualche dubbio se la Calea zacatechichi sia un vero alluci­ -nogeno o no, ma un'ulteriore indagine in loco e l'analisi chimica potrebbero sicuramente chiarire questa incertezza. Le ricerche chimiche eseguite in passato su questa pianta sono di dubbio valore; è pertanto necessario uno studio più accurato e con tecniche moderne. Dalla C. zacatechichi è stato recentemente isolato un nuovo alcaloide di struttura ancora indeterminata (Schul tes, 1970a). Sono sta ti anche trova ti alcun i costi tuenti non alcaloidei (Diaz, 1977). Calea zacatechichi Schlechtendal in Linnaea 9 (1834) 589 . . Arbusto ampiamente ramificato, da pubescente a subglabro. Foglie op­ poste, con piccioli corti, da ovali a ovali-triangolari, dentellate lungo il 261 Botanica e chimica degli allucinogeni CALE A ZACATECHICHl Schlecht. .:1: Disegno di 1. Bradv. margine, acute od acuminate, lunghe 2-6,5 cm, rugose, superficie inferiore più o meno pubescente. Infiorescenze piccole, fitte, cime ad ombrello con cirèa 12 fiori, pedicelli normalmente più corti delle teste, involucro dispo­ sto in diverse serie, br;atteole asciutte, cime poco estese, raggi assenti. Ache­ ni più o meno angolati; pappo più corto degli acheni. Il suo habitat va dql Me~sico meridionale alla Costa Rica, dove cresce sui fianchi delle colline cespugliose e su terreno accidentato. Tagetes Linnaeus Nel genere delle calendule coltivate, quello di Tagetes comprende una cinquantina di specie originarie delle regioni più calde delle Americhe, dell'Arizona, del Nuovo Messico fino all'Argentina. Appartiene alla sezione Helenieae della famiglia. 262 Pia'1 1e d'impiego allu cin oge no \ 'i l ,', J l, l ,, Tageles lu cida. (Da A.J . Cavan illes , Icones, 3, 1795, t. 264). La Tagetes luczda , 16 yahutli degli Aztechi , yauhtli nel Messico odierno, era, secondo Sahagun , pol'verizzata e gettata sul viso dei prigionieri «per intorpidire i loro sensi » prima di sacrificarli (Diaz, 1975, 1976). Nell 'antico Mess ico , i suoi fiori erano usati comunemente nelle cerimonie funebri. Gli indiani Huichol, che conoscono la pianta come lumutsali , fumano a scopo cerimoniale una mescolanza di Nicotiana rustica e Tagetes lucida ­ mistura chiamata ye-tumutsali - per indurre visioni. Spesso accompagna­ 263 Botanica e chimica degli allucinogeni no il fumo con l' ingestione di peyotl o bevendo tesguino (granturco fermen­ tato), oppure cai (un distillato di cactus). Quando viene usato con questi altri inebrianti attivi , lo ye-tumutsali produce delle allticinazioni più lumi­ nose e delle visioni meno intense . Ciò nonostante , poiché il tumutsali (Tage­ tes) è di solito più abbondante e più facilmente reperibile dello ye (Nicotia­ na), quasi sempre viene fumato da solo. A quanto sembra, nella Tageles non sono stati trovati alcaloidi. Un certo numero di specie possiede oli essenziali, di cui uno dei costituenti caratteristici è il tagetone. Nel genere è stata anche indicata la presenza di derivati del tiofene e di l-inositolo, come anche di saponine, tannini e glico­ sidi cianogeni (Gibbs, 1974; Hegnauer, 1964). È stata anche descritta la presenza di deriva ti della cumarina (Dfaz, 1977). Ta.g etes lucida Cavanilles, Icones 3 (1795) 33, t. 264 . Pianta erbacea perenne fortemente profumata, alta fino a 45 cm, piut­ tosto ramificata. Foglie opposte, sessili, semplici, ovali-Ianceolate od oblun­ ghe-Ianceolate, con margini finemente dentellati, punteggiate da ghiandole olearie. Infiorescenze con fiori in fitti grappoli terminali, di diametro più o meno 10-12 mm con 2-3 raggi di solito gialli o giallo-arancio. Involucro unico, punteggiato di ghiandole, cilindrico con denti acuti. Acheni con un pappo composto da 2 o 3 scaglie corte ed ottuse e 2 peli rigidi più lunghi a mo' di barba. Nativa del Messico, dove cresce particolarmente abbondante negli stati di Nayarit e Jalisco. 264 Capitolo V Pian te di possibile o sospetto impiego allucinogeno FUNGHI B ASIDIOMYCETES Agaricales BOLETACEAE Famiglia di circa quattordici generi divisi in quattro sottofamiglie . Le specie sono praticamente cosmopolite , ma il maggior numero è distribuito nelle zone caldo-temperate delle Americhe; crescono su legno in disfaci­ mento , generalmente in simbiosi con gli alberi della foresta. Boletus Dillenius ex Fries Un genere composto da circa 225 specie di distribuzione cosmopolita , delle quali da 50 a 60 sono a mericane . Boletus Boletus Boletus Boletus kumaeus Heim in Rev . Mycol. 27 (1963) 279. manicus Heim, op. cit. 280. nigroviolaceus Heim, op . cito 282. reayi Heil11, op . cito 278 . Heimiella Boedijn Molto affine al Bolelus , questo genere comprende di verse spec ie origi­ narie dell'Asia. Heimiella anguiformis Heim in Rev . Mycol. 27 (1963) 283 . Heimiella retispora (Pa l. e Baker) Boedij11. in Sydowia 5 (1951) 217 . RUSSULACEAE ; Famiglia cosmopolita, che si trova dall'Artico, ai tropici e dalle zone costiere alle regioni alpine. Sulla reale vastità del genere c'è scarso accordo : le stime variano da 275 a 500 specie. Russula Persoon ex S.F. Gray Genere largamente distribuito , quasi cosmopolita, composto da più di 200 specie. Parlando di funghi allucinogeni o narcotici , occorre citare la cosiddetta " follia del fungo » dei nativi della valle Wahgy nella Nuova Guinea. È stato 265 Botanica e chimica degli allucinogeni riferito che queste popolazioni ingeriscono un fungo conosciuto come nonda e cadono in uno stato di frenetica pazzia, durante il quale si contano talvol­ ta anche dei morti, a causa delle scorrerie folli e paurose compiute da diversi individui. Sebbene gli studi su questo fenomeno siano ancora ad uno stadio preliminare, vi è una certa evidenza che i funghi consumati siano solo parzialmente responsabili della folle frenesia o forse non lo sono affatto: molti di questi funghi non sembrano essere di per sé psicoattivi, anche se gli indigeni ritengono che sia la loro ingestione ad innescare i fenomeni descritti . Uno dei funghi indicato come agente responsabile dello stato di follia, è stato identificato Heimiella relispora (Heim e Wasson, 1965). Singer ha descritto una nuova specie di Russula come uno dei funghi alluci­ nogeni interessati a questo fenomeno (Singer, 1957). Come risultato delle ricerche in loco di Heim e Wasson fra i Kuma della Nuova Guinea, si è saputo che vengono associati alla "follia del fungo» i seguenti funghi: Bole­ lus reayi, B. kumaeus, B. manicus, B. nigroviolaceus, Russula cf. delica ed Heinziella anguiformis (Heim, 1963; Heim e Wasson, 1965). Può essere importante riportare qui le conclusioni raggiunte da Heim e Wasson come risultato del loro studio su questo particolare comportamento collettivo degli aborigeni (Heim e Wasson, 1965): Le manifestazioni dela "follia del fungo» (o Komugl fai e ndaadl nella lingua nativa yuwi), che hanno spesso spaventato gli europei residenti nella valle Wahgi, devono essere considerate come parte di un più vasto avvenimento nella vita della comunità indigena, al quale ogni individuo adulto prende parte. Questo fenomeno si estende al di là della valle Wahgi e oltrepassa le comunità confinanti, che almeno in un caso appartengono a ben diverse famiglie linguisti­ che. Noi siamo persuasi del fatto che, nel comportamento culturale di questi indigeni , vi sia spazio per un evento drammatico particolarmente interessante e che non mette in pericolo nessuno. Siamo in parte approdati a questa c'onclusio­ ne poiché, in decenni d'esperienza, non abbiamo trovato traccia di un solo incidente mortale, o anche di un solo ferimento grave, causati dalla furia di questi uomini che agiscono sotto l'effetto presunto della droga. Alla luce di queste scoperte, gli europei dovrebbero assumere un atteggiamento diverso e senza pregiudizi verso tali manifestazioni che sono frutto di un'antica cultura. Fra di loro dovrebbe esserci il ricercatore che analizza un simile comportamen­ to in tutti i suoi aspetti, come un'importante testimonianza nei nostri giorni di un'attività primaria che potrebbe portare nuova luce sull'origine di alcune isti­ tuzioni della nostra società. Se il mondo si interessasse di più a questa «follia del fungo», gli europei che vivono sul posto la considererebbero con maggiore riguardo. I funghi ~ od almeno la maggior parte di essi - non sembrano provocare effetti psic010giCi che portano alla follia. Le crittogame ritenute responsabili di quest'ultima appartengono a due grandi categorie che comprendono sei generi e due ordini (o famigJie): Boletales ed Asterosporales; oppure, detto più semplice­ mente, almeno sei boleti ed una rilssula. Inoltre, si potrebbe pensare che questi funghi agiscano soltanto su alcuni individui, scelti per eredità, uno per ogni famiglia; che essi provochino un diverso comportamento negli uomini e nelle donne; che per la maggior parte del tempo non suscitino alcun disturbo; ma che, ad intervalli irregolari, risalen­ do la valle Wahgi, (ci sono circa due giorni di cammino tra un clan e l'altro), acquisirebbero un potere farmacologico rispetto a quegli individui e quindi li 266 Pial1te di possibile o sospetto impiego allucinogeno farebbero diventare folli , con le conseguenze che tutti conosciamo; e questa follia potrebbe essere estinta od anche esorcizzata in modo permanente, sempli­ cemente immergendo l'individuo in acqua fredda. Questa non è micologia ma mitologia. Fra gli europei che risiedono nella valle Wahgi abbiamo riscontrato una singolare ignoranza sui funghi, una mancanza di curiosità sul loro mondo, un'avversione ad esplorarlo, ed anche una certa ripugnanza per tutta la questio­ ne. Questi europei sono principalmente del ceppo di lingua inglese ... È naturale tracciare un parallelo fra la pazzia dei funghi dei Kuma e le altre due r egioni del mondo neJle quali funghi ad azione psicotropa sono delibe­ ratamente usati per i loro effetti inebrianti. Nella valle Wahgi nessuno discute che le prove di resistenza dimostrate durante gli attacchi di «pazzia» degli «uomini selvaggi » dei Kuma , siano superiori ad ogni normale attività fisica. Per ore essi si precipitano su e giù per i sentieri montani, brandendo armi e urlando con tutta la forza dei loro polmoni. In Siberia, fra i Koriaki ed i Chukchi, circolano descrizioni di imprese di estrema resistenza fisica al riguardo di uo­ mini che hanno fatto uso dell'Amanita l11uscaria. L'aspetto erotico della condi­ zione ndaadl fra le donne Kuma ha anche un suo parallelo in Siberia e forse nel Messico. Tuttavia, la profonda esperienza religiosa degli indiani messicani che consumano i funghi sacri non trova riscontro nella valle Wahgi sebbene le manifestazioni sciamaniche della Siberia ci forniscano molte analogie con la santa comunione celebrata di notte con i funghi nelle remote valli di Oaxaca. Un confronto dettagliato tra queste tre aree, in rapporto all'impiego dei funghi, non è ancora stato fatto, e noi lo proponiamo per sottoporlo ad un ulteriore studio. Mentre i siberiani ed i messicani usano funghi psicotropi, rioi non ne abbiamo trovato alcuno in uso nella valle Wahgi, anche se gli indigeni attribui­ scono ai funghi la causa del loro comportamento straordinario. Esiste la follia del fungo) Anche se possiamo considerare superato il problema principale , re­ stano ancora da risolvere tre quesiti. Perché i nativi credono, o vogliono crede­ re, che i funghi inducano tali follie) Perché attribuiscono questa proprietà ad alcune specie di funghi, e soltanto a quelle, sebbene fra di loro non vi sia accordo di quali specie si tratti? Perché troviamo qui nuovamente un ruolo magico del fungo, come già nel Messico e in Siberia, senza riscontrare però alcuna prova a sostegno nella composizione degli stessi funghi? Una certezza sembra tuttavia acquisitq : durante la preistoria della valle Wahgi - e tale periodo è finito soltanto 30 anni fa - i funghi non servivano soltanto come cibo (il che è valido anche ora), ma avevano anche un valore culturale e magico, ruolo che sopravvive tutt'ora. Queste circostanze ci fanno sperare che le nostre ricerche possano fare in un prossimo futuro un ulteriore passo avanti. ~ONOCOTYLEDONAE ARACEAE Le Araceae, una Jamiglia naturale dell'ordine Spathiflorae, comprendo­ no circa 115 generi e più di.2000 specie e si dividono in 8 sezioni. Poche specie vivono nei climi temperati, la maggior parte sono tipiche dei tropici di entrambi gli emisferi: piante erbacee grandi e piccole, arbusti rampican­ ti, forme epifitiche, abitanti delle paludi, ed anche un genere interamente acquatico. Un certo numero di specie contiene un lattice caustico o tossico; alcune producono grossi rizomi amidacei commestibili. Molte sono orna­ mentali. Le Araceae rappresentano, sia dal punto di vista tassonomico che 267 Botanica e chimica degli allucinogeni da quello fitochimico , una delle famiglie delle monocotiledoni meno cono­ sciute. Acorus Linnaeus Genere di due specie delle zone settentrionali temperate e più ,calde di entrambi gli emisferi. Gli indiani Cree del Canada settentrionale masticano le radici di Acorus calamus, conosciuto come flag rool, ral rool o sweel calomel «<radice bandie­ ra», «radice topo» o «calomelano dolce») a scopo medicamentoso e come energetico stimolante . Hoffer e Osmond (1967) riferiscono che, nelle lunghe camminate, gli indiani non sentono la fatica masticando questa radice: un indigeno ha descritto che si ha la sensazione di camminare sollevati dal terreno. Gli esperimenti eseguiti con soggetti consapevoli indicano che, a' forti dosi, le radici provocano un effetto simile a quello indotto dall'LSD. Questi ricercatori asseriscono che i principi attivi delle flag rool sono asaro­ ne e ~-asarone. L'asarone presenta una struttura chimica che ricorda la mescalina, ma i suoi effetti farmacologici sono opposti in quanto non ha mai manifestato proprietà psicotomimetiche (Baxter ed altri, 1960; Vrkoc altri, 1961) . Prima di poter asserire che gli indiani nord-americani usano la pianta a scopo allucinogeno, sono necessari ulteriori studi etl)obotanici, le ricerche chimiche e farmacologiche devono quindi scoprire i principi responsabili di un tale impiego. ed Acorus calamus Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 324 . . Homalomena Schott Si conoscono circa 140 specie di Homalomena, queste crescono in Asia tropicale e in Sud America. È stato riferito che i nativi di Papua ingeriscono, per ottenere un effetto narcotico, le foglie di ereriba, una specie di Homalomena, insieme alle foglie ed alla corteccia di Galbulimima belgravearza. Ciò provoca uno stato di vio­ lenza e di follia che sfocia in un sonno profondo, durante il quale il consu­ matore vede e sogna uomini ed animali che vorrebbe uccidere. Non è anco­ ra stato chiarito se e quale principio allucinogeno sia presente in questa Aracea (Barrau, 1958; Schultes, 1970a, 1970c). HOllJalomena belgraveana Sprague in lourn. Bot. 60 (1922) 138. Questa specie si trova in Nuova Guinea e Papua. GRAMINEAE Una vasta famiglia che: con le Cyperaceae forma l'ordine delle Glumi­ florae, composto da 625 generi e da più di 11000 specie rappresentate prati­ camente in ogni habitat, dall'Artico all'Antartico. Indubbiamente è la fami­ glia di maggiore importanza economica, le sue piante erbacee forniscono cibo (tutti i cereali appartengono a questa famiglia), foraggio e pasture, fibre, stuoie, coperture per i tetti, medicinali, profumi, oli grassi, oli volati­ f68 Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno li, amidi, alcooL zuccheri e molti materiali di base per l'industria della plastica. , Cymbopogon Sprengel Le sessanta specie di Cymbopogon sono originarie delle regioni più cal­ de dell'Africa e dell'Asia. Alcune specie hanno un'importanza commerciale come fonti di oli essenziali. Un erbario di Cymbopogon densiflorus (Newbould ed Harley 4319) del Tanganica porta la seguente annotazione: «Fiori fumati da soli o con tabac­ co da stregoni per provocare dei sogni. Si dice che tali sogni siano premoni­ tori». Cymbopogon densiflorus Stapf in Prain, Fl. Trop. Afr. 9 (1918) 289. Questa specie vive soltanto nell'Africa tropicale. AMAR YLLIDACEAE Le Amaryllidaceae sono una grande famiglia dell'ordine Liliiflorae, im­ parentate con le Liliaceae. Comprendono 86 generi e più di 1300 specie, divise in 4 sottofamiglie, alcune delle quali sono separate da numerosi sistematici come famiglie distinte. La famiglia è distribuita soprattutto nei tropici e nelle regioni subtropicali, e molti membri sono adattati ad habitat xerofitici. Le piante ornamentali delle Amaryllidaceae sono numerose e curiose; molte specie trovano diversi usi nelle società primitive, nell'agri­ coltura moderna e nell'industria. Pancratium Linnaeus Un genere comprendente una quindicina di specie; il Pancratium è ori-' ginario soprattutto di Asia ed Africa. È stato descritto l'uso allucinogeno da parte dei boscimani di Dobe , Botswana, del Pancratium trianthum, un bulbo perenne noto localmente come kwashi. Si dice che possano essere provocate allucinazioni visive stro­ finando il bulbo su un'incisione praticata sulla testa di un individuo. Non si sa di più su questo curioso-costume, e non sono stati eseguiti studi per identificare gli eventuali costituenti psicotomimetici. Nell'Africa tropicale occidentale, il P. triarzthum è ritenuto molto tossico ed è normalmente pian­ tato.Ìn giardini che circondano luoghi sacri (Schultes 1969b). Il genere Parzcratium possiede dei principi che sembrano tossici, ed anche degli alcaloidi. Alcune specie sono impiegate nella medicina popolare ,­ come emetici , altre costituiscono dei veleni cardiaci e sembra che una spe­ cie provochi la morte mediante paralisi del sistema nervoso centrale (Schultes, 1970a). Pancratium trianth~m Herbert in Ann. Nat. Hist., ser. 1 4 (1840) 28. ZINGIBERACEAE Le Zingiberaceae sono una famiglia di erbe perenni, la maggior parte delle quali aromatiche, appartenenti all'ordine delle Scitamineae. Le stime sulla vastità della famiglia variano molto: da 42 a 47 generi e da 400 a 1400 specie tropicali e subtropiCali diffuse in entrambi gli emisferi, principal269 ~ BOlanica e chimica degli allucinogeni mente nell 'Indomalesia. La famiglia si divide in due sottofamiglie. Econo­ micamente le Zingiberaceae sono importanti per gli oli essenziali che se ne ricavano e come piante ornamentali. Kaempferia Linnaeus Questo genere comprende circa settanta specie distribuite nell'Africa tropicale, e nell 'area compresa fra India, Cina meridionale e Malesia occi ­ dentale. Alcune informazioni piuttosto vaghe indicano che la Kaempferia gaZanga potrebbe essere usata a scopo allucinogeno ~ai nativi di diverse zone della Nuova Guinea, dove la pianta è nota come maraba (Barrau, 1962) . . Il rizoma di ga Zanga , ricco di oli essenziali , ha un gran valore come condimento e come medicina popolare nell 'Asia tropicale . Nelle Fil\ppine, il rizoma, mescolato con olio, viene impiegato come cicatrizzante e si\a ppli­ ca su pustole e foruncoli per farli maturare. Altre specie oltre c he come condime nti sono ricerca te come medicamenti per accelerare la guarigione di ferite e bruciature (Schultes, 1970a) . La conferma fitochimica di un'eventuale azione allucinoge na o di altre proprietà psicoattive della Kaempferia gaZanga è totalmente mancante, ben poche ricerche sono state , tuttavia, eseguite su questa specie. Kaempferia galanga Linnaeus, Sp. Pl. (I753) 3 . ORCHIOACEAE Le Orchidaceae rappresentano la più vasta famiglia di piante, con qual­ cosa come 30-35000 specie ripartite in circa 620 generi. Esse sono reperibili in tutto il mondo, ma abbondano in modo particolare a i tropici. Questa famiglia viene generalme nte considerata la più altamente evoluta delle Monocotiledoni. Di grande interesse orticolturale, le Orchidaceae possiedo­ no un solo gruppo di evidente valore economico - Vanilla, specialmente V. pZanifolia - come origine della vaniglia in co mmercio. Ricerche recenti h a nno rivelato la presenza di alcaloidi di struttura estremamente cOm­ plessa. Oncidium S'Yartz Genere di circa 350 specie epifite che vivono nelle zone caldo-temperate delle Americhe, della Florida e de lle Indie Occidentali e nel Messico, fino all'America Centrale e del Sud. Nella zona del Rio Chiipas, nel territorio Tarahumara del Chihuahua, Messico , gli indiani considerano l'Oncidium Zongifolium . un «sostituto tem­ poraneo in caso di mancanza del peyo tl» (Bye, 1976). Sul! 'i mpiego di que­ sta orchidea si sa poco di più. L 'Oncidium Zongifolium è considerato di solito un sinonimo di O. ceboZ­ Zeta . È stato rife rito che il genere Oncidium contiene degli alcaloidi, ma il tipo di alcaloide non è ancora stato specificato (Willaman e Li, 1970). Oncidium cebol/eta Swartz in Vet. Akad. Handl. Stockh. 21 (1800) 240. 270 Piante di possibile o sospello impiego allucinoge/1o KAEMPFERIA Galanga L. Disegn o di I. Brady. DICOTYLEDONAE MORACEAE Le Moraceae, appartenenti all'ordine Urticales ed affini a Urticaceae e Cannabaceae, comprendono circa 70 generi e ben oltre 1000 specie, soprat­ tutto tropicali. La famiglia viene di solito divisa in 4 sottofamiglie o classi, una delle quali - Cannaboideae - viene oggi più frequentemente conside­ rata come una famiglia a parte. Le Moraceae sono economicamente impor­ tanti come fonti di frutta commestibile, di fibre e di piante ornamentali . 271 Botanica e chimica degli allucinogeni He/icosty/is Trécul Una dozzina di specie di questo genere, che si distingue difficilmente da quello di Olmedia, è costituita da grandi alberi delle foreste, originari delle regioni tropicali di Centro e Sud America. Takini è il nome indiano karib usato per diverse specie affini all'Helico­ sly lis nella Guyana e nella parte nordorientale dell'Amazzonia brasiliana. Gli indiani ed i negri delle foreste della Guyana Olandese usano il succo rossastro della corteccia, che è leggermente tossico, presumibilmente per provocare allucinazioni durante i cerimoniali magici. Si ritiene che vengano usate nello stesso modo le due specie Helicoslylis lomenlosa ed H. pedunculala. Gli estratti raccolti dalla corteccia interna di queste specie sono stati esaminati farmacol ogicamente e si è scoperto che nei topi provocano effetti sedativi sul sistema nervoso centrale . Alcùni degli effetti sono descritti come simili a quelli dell 'intossicazione da Cannabfs. Gli studi chimici su questo genere sono allo s tadio preliminare . È stata pubblicata una relazione circa i costituenti del takini, ma gli autori avanza­ no riserve sull'identità botanica del materiale vegetale da loro esaminato (Schultes e Farnsworth). He/icosty/is tomentosa (Poepp e Endl.) Rusby in Mem. Torr. Bot. Club 6 (1896) 120. Grosso albero, generalmente alto 25 m . Chioma compatta o allargata . Piccioli, peduncoli, ricetta coli rossastri e pubescenti-vellutati. Foglie spesse, oblunghe ed oblunghe-ellittiche , acuminate all'apice, da acute a subrotonde alla base, superiormente glabre escluso lungo le n ervature, soffici al disotto, di colore rosso-bruno, pub escenti, lunghe 8-22 cm, larghe 4-8 cm; piccioli lunghi 6-10 mm. Ricettacoli staminati con 3-10 fa scicoli; peduncoli lunghi 5-15 mm. Ricettacoli pis tilla ti soli tari, globosi. Ques ta specie cresce nella Guyana, nel Brasile amazzonico, nel Perù e sicuramente anche nella Colombia amazzonica . He/icosty/is peduncu/ata Benoisl (1919) 298. lO Bull . Mus. Hist. Nat. Paris 25 Maquira Aublet Genere composto da cinque specie di grandi alberi, di apparenza piut­ t.asto uniforme e strettamente imparentato al genere Perebea , dal quale differisce principalmente nelle parti vegetative. Il genere vive soprattutto nel Sud America settentrionale, con una specie che si estende all 'America Centrale . Gli indiani della reg ione Pariana della parte cenlrale dell'Amazzonia brasiliana, utilizzavano nel passalo una polvere da fiuto allucinogeno du­ rante cerimonie e danze. Tale usanza è apparentemente scomparsa con la acculturazione della popolazione locale, ma l'origine della polvere da fiuto , ora conosciuta sempljcemente con il suo nome portoghese rapé dos indios, è 272 ............. . ........._-.. _.........................................-................................ ......··.. ·......·..........·..·....·.... ·_........··.. ·..·..;A....· i Disegn o di J . Gron i m. ancora nota agli abitanti della zona. Sembra che la polvere provenga dai frutti di un albero molto alto, Maquira sclerophylla, ma per chiarire tutti gli aspetti di questo curioso narcotico è necessaria un'ulteriore conferma etno­ botanica (Schultes, 1961a, 1963a, 1963b, 1965, 1969) . Maquira sclerophylIa (Ducke) C. C. Berg (1969) 463 . In Acta Bot. Néerl. 18 Di solito alberi alti, monoici o dioici, lattiferi, foglie caduche al termine della stagione piovosa . Ramoscelli puberulenti. Foglie coriacee e èartacee, da ellittiche a lanceolate, acuminate, ottuse alla base, lunghe 13-38';\:m, larghe 5-16 cm, glabrescenti sopra, scabrose al disotto; 13-20 paia di vena­ ture prominenti; piccioli lunghi 8-25 mm. Infiorescenze staminate, fino a 4 insieme, da discoidali a subglobose, diametro 3-12 mm; involucro con brat­ 273 18 Shang-Iu oPhytolacca acinosa. (Da «Chéng-lei Pén-I s'ao», ed.1249.Pergentile concessio~e di H .·L.Li). tee acute, ovali, in 3-5 serie; fiori liberi o connati alla base. Infiorescenze pistillate solitarie o con 1-2 infiorescenze staminate , subsessili o peduncola­ te; peduncolo lungo 6-8 mm; involucro con tre serie di brattee da reniformi ad ovali, acute od ottuse; fiori "singoli e liberi, oppure 2-4 connati alla base; perianzio tetralobato. Perianzio fruttificante di solito globoso, alto circa 20 mm, pubescente. La Maquira sclerophylla è distribuita nelle foreste, sopra il livello di piena, dalla bassa Amazzonia del Brasile fino alla Guyana Olandese. Non risulta che esistano studi chimici su questa pianta o sulla s.!:§ polvere da fiuto; fino ad ora non è stata possibile alcuna osservazione-diret1 ta sulla preparazione e sull'uso della polvere narcotica (Schultes, 1970a). Sembra che il hrnice della Maquira coriacea del Sud America settentriona­ le costi tuisca un veleno mortale (Berg, 1972). 274 Piarlle di possibile o sospetto impiego allucinogeno Questa specie è stata trasferita nella Maquira soltanto di recente. Prece­ dentemente era descritta come Olmedioperebea sclerophylla, in un genere di due specie di alberi della giungla de II' Amazzonia brasiliana. Questo presun­ to allucinogeno è stato finora indicato nella létteratura con il suo vecchio nome: O. sclerophylla. Olmedioperebea sclerophyl/a Ducke in Arch. lardo Bot. Rio lan. 3 (1922) 34. PHYTOLACCACEAE La dozzina di generi e le circa 100 specie di questa famiglia sono distri­ buite principalmente nell'America tropicale e nel Sud Africa . Phytolacca Linnaeus Vi sono circa tre dozzine di specie di Phy lolacca nelle regioni tropicali e subtropicali di entrambi gli emisferi. Molte specie di Phylolacca possiedono foglie commestibili, le radici sono per la maggior parte dei casi tossiche . Lo shang-lu è stato identificato con la P. acinosa, che è ovunque diffusa in Asia. Gli erbari dell'antica Cina raccomandavano i fiori e le radici di shang-lu per svariati impieghi medici­ nali, ma la radice è talmente tossica che può essere impiegata soltanto per uso esterno nella cura delle infiammazioni. Le proprietà allucinogene della radice sono citate da numerose fonti cinesi, e sembra che siano state larga­ mente impiegate dagJi stregoni. T'ao Hungching affermò nel 510 'd.C. che <<I T'aoisti la usano. Facendola bollire o ad infusione e quindi bevendola, può essere usata contro i parassiti addominali e per vedere gli spiriti». Circa 500 anni più tardi, Su Shing scriveva che la radice era «molto usata dagli stregoni dei tempi antichi», e ne descriveva «due tipi, rosso e bianco. Il tipo bianco è usato nella medicina. Il tipo rosso può essere usato per evocare gli spiriti. Esso è molto velenoso ... Una volta ingerito, può rivelarsi estrema­ mente nocivo, provocando feci sanguinolente. A volte il suo effetto è fatale. Chi lo prende vede gli spiriti» (Li, 1977). Phytolacca acinosa Roxburgh , Hort. Bengal. (1814) 85. N Y MPHAEACEAE Famiglia cosmopolita di tre generi e settantacinque-ottanta specie di piante acquatiche perenni. I Nymphaea Linnaeus Vi sono una cinquantina di specie di Nymphaea nelle zone temperate e tropicali e sono tutte acquatiche . Il quelzalaxochiacall (( il prezioso fiore acq ua tico ») del Messico potreb­ be essere il giglio acquatico Nymphaea ampla. Largamente rapPresentata ., nell'arte Maya , è stata probabilmente impiegata durante il periodo Maya come pianj.a.psicoattiva sacra . Alcuni affreschi maya sono la conferma di questa supposizione (Diaz , 1975, 1976). 275 Bo/anica e chimica degli allucinogeni A Chiapas, diverse relazioni descrivono l'impiego di «alghe allucinoge­ ne» che vivono nell'acqua. Fino ad oggi non sono ancora state trovate alghe allucinogene, e si pensa che queste relazioni possano riferirsi alla Nymp­ haea ampIa. Dobkin de Rios, sulla base di numerosi reperti archeologici, ha supposto che, durante la loro civiltà, i Maya usassero un giglio acquatico a scopo narcotico. L'unico «giglio» acquatico nella zona è la Nymphaea ampIa. Le recenti ricerc-he messicane di etnobotanica non sono ancora riu­ scite a trovare un esempio d'impiego allucinogeno di questa pianta, sebbe­ ne, da un punto di vista chimico, vi siano motivi per ritenere che essa possa avere un'azione biodinamica. Dalle Nymphaeaceae sono stati isolati almeno diciotto alcaloidi (Diaz, 1975, 1976); questi appartengono ai gruppi della chinolizidina , della benzi­ lisochinolina e dell'aporfina (Gibbs, 1974). La maggior parte di essi si trova­ no nel genere Nelumbo, talvolta considerata a parte, carne famiglia distinta. L'azione di alcuni degli alcaloidi potrebbe essere psicodislettica. Dalla Nymphaea è stata isolata la ninfeina, un alcalaide della chinalizidina (Gibbs, 1974; Raffauf, 1970). Nymphaea ampIa (Salisb.) De Candolle, Syst. 2 (I 821) 54 . RANUNCULACEAE Famiglia costituita principalmente da piante erbacee perenni delle re­ giani nord temperate; le 800 Specie sono distribuite in circa 50 generi. Molte piante sono tossiche o hanno avuto impartanti impieghi nella etno­ medicina. Ranunculus Linnaeus Vasta genere di circa 400 specie di distribuziane casmapolita, ma sa­ prattutta nei climi temperati e freddi, oppure, ai trapici ad elevate altitu­ dini. Il Ranunculus acris è stato indicato come il mao-ken dell'antica Cina, ma l'identità di questa pianta non è ancora sicura (Li, 1977) . Un autare del quarta secala, Ko-Hung , ha scritto quanto segue sul maa-ken: «Fra le erbe, vi è lo shui-lang (lang acquatico, una specie di mao-ken), una pianta con faglie arratandate che cresce lungo i corsi d'acqua e viene mangiata dai granchi. È velenasa per l'uomo. e , se ingeri ta per errare, può pradurre deli­ rio. maniacale, a cui si aggiungono altri sintomi , ad esempio. arresta delle funziani cerebrali, paralisi, emorragie gastriche. L'unico rimedia può essere ingerire liquirizia» (Li, 1977). Ranunculus acris Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 554. AIZOACEAE Le Aizaaceae appartengono all'ordine delle Centrospermae e campren­ dana piante erbacee xerofite o piccoli arbusti, principalmente ariginari à.,el Sud Africa, ma diffusi anche nell'Africa tropicale, in Asia, in Australia, in Califarnia e nel Sud America. Le stime circa la vastità della famiglia'laria­ no. natevalmente, a causa delle discordi opinioni dei concetti di genere e di 276 Piante di possibile o sospello impiego allucinogeno specie; esse vanno da 80 a 130 generi, con circa 1200 specie riconosciute. La famiglia si divide in due sottofamiglie. Le Aizoaceae sono importanti nel­ l'orticoltura. Mesembryanthemum Linnaeus Vi sono circa 1000 specie di Mesembryanlhemum (sensu lalo); circa due dozzine di specie sudafricane sono state separate come rappresentanti di un genere dis,tinto, lo S cerelium. _/ Gli ottentotti dell'Africa meridionale, secondo informazioni che risalgo­ no a oltre 225 anni or sono, masticavano la radice di una pianta chiamata kanna o channa per indurre allucinazioni visive. La sostanza masticata veniva tenuta in bocca per un certo tempo, dopo di che "i loro spiriti animali si svegliavano, gli occhi brillavano e i loro volti manifestavano ilarità e gaiezza. Venivano alla mente migliaia di pensieri piacevoli, ed erano perv~si da un'allegria che consentiva loro di divertirsi con semplici scherzi. Abusando della sostanza, essi perdevano la conoscenza e precipita­ vano in un terribile delirio» (Lewin, 1964). L'identità d ella kanna è rimasta un allettante miste ro. Questo nome diale ttale, ai nostri giorni viene usato nel Sud Africa per indicare alcune specie di Mesembryanthemum (o Sceletium) , specialmente le specie M. ex­ pansum e M. tortuosum. Le radici e le foglie di queste due specie vengono masticate e fumate nelle zone interne, apparentemente non a scopo alluci­ nogeno. Alcune decine di specie di Mesembryanthemum conte ngono alcaloi­ di (Schul tes, 1970a). Il contenuto di alcaloidi della kanna varia dall'l all'I,5 per cento. I principali costituenti ~ono mesembrina e mesembrenina, nelle p e rcentuali rispettivam e nte dello 0,7 e dello 0,2 per cento. Una mezza dozzina di altri alcaloidi è presente in quantita tivi molto limitati (Popelak e Lettenbauer, 1967) . Le mesembrina possiede proprietà sedative e proprietà simili alla cocaina quindi può anche provocare torpore nell'uomo. Mesembrina Mesembrénina Sfortunatamente, non vi sono prove per stabili~con sicurezza un col­ legamento fra la kanna degli ottentotti ed il Mesembryanthemum. Lewin dubitava che queste piante d elle Aizoaceae potes-Jero essere responsabili 277 Botanica e chimica degli allucinogazi degli effetti descritti, anzi sospettava che il narcotico potesse essere la Can­ nabis sativa, che gli ottentotti impiegavano abitualmente. Egli inoltre face­ va notare che nel Sud Africa vi erano altre piante inebrianti, come le ana­ cardiacee Sclerocarya caffra e S. schweinfurthiana, che avrebbero potuto essere prese in considerazione come possibili responsabili. Mesembryanthemum expansum Linnaeus, Syst. Ed. lO (1759) 1059 . . Mesembryanthemum tortuosum Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 487. Sclerocarya caEEra Sonder in Linnaea 23 (1850) 26. Sclerocarya schweinEurthiana Schinz in Verh. Bot. Vero Brand. Aoband. 29 (1888) 63. HIMANTANDRACEAE L~ Himantandraceae, appartenenti alle Ranales ed imparentate con Magnoliaceae e Degeneriaceae, costituiscono una famiglia monogenerica, residua di una o diverse specie della Malesia orientale e dell'Australia. Galbulim)ma F. M. Bailey Il genere Galbulimima comprende da una a quattro specie di grandi alberi; il numero delle specie può variare secondo la fonte botanica consul­ tata. In Papua, le foglie e la corteccia di Galbulimima belgraveana sono usate insieme alle foglie di una specie di Homalomena per indurre una violenta ebbrezza che sfocia in un sonno profondo, durante il quale si hanno. visioni e sogni (Barrau, 1958; S~ultes, 1970a, 1970c). Le foglie ed il legno contengono soltanto quantitativi minimi dei pro­ dotti base che non sono stati ancora esaminati, ma dalla corteccia si sono fino ad ora isolati ben ventotto alcaloidi. All'epoca della prima separazione degli alcaloidi, si riteneva che il nome corretto del gen~e fosse Himantan­ dra e, di conseguenza, il nome attribuito agli alcaloidi cominciava con la sillaba him, come himbacina, himbosina, himgalina, ecc. Gli alcaloidi della galbulimima sono derivati policiclici della piperidina. La struttura della maggior parte di essi è stata chiarita. L'himbacina presenta azione antispa­ stica con bassa tossicità, ma non vi sopo indicazioni di effetti allucinogeni in rapporto a questi alcaloidi (Ri tchie e Taylor, 1967). Galbulimima belgraveana (F. Muell.) Sprague in Journ. Bot. 60 (1922) 138. GOMOR TEGACEAE Quella delle Gomortegaceae è una famiglia delle Ranales comprenden­ te un solo genere, Gomortega, rigorosamente endemico delle Ande più meri­ <iionali, imparentato strettamente con Atherospermataceae e Lauraceae. Gomortega RUlz e Pavon Genere di una sola specie, Gomortega lce~de, un grande albero che con­ tiene un olio essenziale nelle foglie. Sembra che cresca.. su un'area di soli ( . -. 230 km 2 circa. 278 Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno Gomorlega keule. I primi a usare il frutto di questa pianta che contiene alta concentrazione di oli essenziali ed ha effe t ti marcatamente narcotici, e talvolta allucinogeni, sono stati gli indiani Mapuche del Cile centrale. Gli indiani Mapuche del Cile, che conoscono la Gomortega keule come keule o hualhual, un tempo consideravano questa specie- un narcotico. Gli effetti inebrianti potrebbero anche essere di tipo allucinogeno. È risaputo ­ che i frutti, specialmente allo stato fresco, sono inebrianti, probabilmente a causa della elevata concentrazione in oli essenziali (Mariani, 1965; Schul­ tes , 1970a). Su ques ta specie anomala ancora non sono state eseguite appropriat e ricerch e chimiche. .,' Gomortega keule (Mal.) 1. M. Johnslon in Contrib , Gray Herb., n.s. , 3, n. 70 (1924) 92. LEGUMINOSAE Caesalpinia Linnaeus Questo genere comprende approssimativamente un centinaio di specie - distribuite nelle regioni tropicali e subtropicali di entrambi gli emisferi. Sebbene sia impiegato in una grande varietà di preparazioni dalla far­ macologia cinese, lo Yun-shih è considerato allucinogeno. Esso è stato iden­ ( 279 • Botanica e chimica degli allucinogeni Yun-shih o Caesalpinia sepiaria. (Da «Chèng-le i Pén-ts 'ao », ed . J249. Per gen tile concessione di H.-L.Li). tificato con la Caesalpinia sepiaria, un arbusto rampicante, con fusto cavo munito di spine retrorse uncinate. A scopo medicinale sono impiegati radi­ ci, fiori e semi . Alcune antiche fonti cinesi confermano le proprietà allucinogene della Caesalpinia sepiaria. Il primo erbario cinese - Pen-ls' -ao ching - riferiva che i fiori «possono dare la capacità di vedere gli spiriti e, quando sono presi in eccesso, fanno barcollare paurosamente. Se sono usati per un perio­ do prolungato, producono levitazione somatica e consentono di comunicare con gli spiriti». Vi si legge inoltre che i semi assomigliano al Lang-lang o Hyoscyamus niger visto che «se vengono bruciati , possono evocare gli spiri­ ti ... » (Li, 1977). I Caesalpinia sepiaria Roxburgh, Hort. Bengal. (1814) 32 . Canavalia Adanson Le cinquanta specie di Canavalia sono distribuite soprattutto nell'Ame­ ' rica tropicale e subtropicale e nell'Africa. Quella più conosciuta è la C. ensiformis, il «fagiolo spada». 280 Piante di possibile o sospello impiego allu cinogeno Recentemente è stato riferito che una specie di Canavalia, probabil­ mente la C. maritima, viene fumata in sostituzione della marijuana da ma­ .rinai e pescatori del Golfo del Messico. Non è stato osservato alcun uso " della pianta da parte degli aborigeni (Diaz, 1976). È noto che la Canavalia contiene la l-betonicina, un alcaloide piridinico (Gibbs, 1974; Raffauf, 1970), e vi sono indizi della presenza di altri alcaloidi nei baccelli secchi (Diaz, 1976; Raffauf, 1970). Nella C. insiformis è stata segnalata la presenza di glucosidi cianogeni (Gibbs, 1974). Canavalia maritima Petit-Thouars in Desvaux Journal Bot. 1 (1813) 80 Erythrina Linnaeus Genere appartenente alle Papilionoideae, l'Erythrina comprende circa 100 specie tropicali e subtropicali di entrambi gli emisferi. Un certo nume­ ro di specie sono altamente tossiche. Si ritiene che i semi di alcune specie di Erythrina fossero usati dagli antichi Aztechi.a scopo inebriante. Molte delle specie hanno dei semi che si confondono facilmente con quelli della Sophora secundiflora, con i quali dividono il nome comune di colorines. Questi semi si trovano spesso mesco­ lati tra loro nei mercati indigeni di verdure nel Messico settentrionale. I semi di queste specie sono usati occasionalmente a scopo curativo. I Tarahumara, ad esempio, usavano con cautela i fagioli rossi di Erythrina flabelliformis per trattare il mal di denti e i disturbi intestinali. I semi macinati sono impiegati come cataplasmi per gli occhi stanchi e «per mi­ gliorare la vista». Conoscendo la tossicità della pianta, i Tarahumara rac­ contano spesso un'antica leggenda sull'avvelenamento «dei giganti» con questi semi. È stato riferito che gli scia mani del Guatemala li ingeriscono allo scopo di rendere possibile la comUnicazione con gli spiriti. Tutte le indicazioni dell'uso dei ~emi di Erythrina come allucinogeni sono estremamente vaghe e presentano larghi margini di dubbio. Alcune specie di Erythrina contengono alcaloidi (Raven, 1974) che pos­ siedono tutti lo stesso sistema ad anello tetraciclico chiamato eritrano (Hill, 1967). Questi alcaloidi esplicano un'attività curariforme (Deulofeu, 1959), ma non esistono prove farmacologiche circa una loro azione allucinogena. Erythrina l7abelli{ormis Kearney in Trans. N. Y. Acad. 14 (1894) 32. Mucuna Adanson Nelle regioni tropicali e subtropicali di entrambi gli emisferi crescono circa 120 specie di Mucuna. Sebbene non si sia mai detto nulla circa un suo uso a scopo allucinato­ rio, nella Mucuna pruriens sono stati recentemente riscontrati composti psicotomimetici. L'insieme delle indolalchilammine isolate da questa spe­ cie è stato sottoposto ad indagine per individuarne l'attività allucinogena: esse provocano marcati sbalzi di comportamento; sono antagoniste della narcosi indotta da pentobarbitone; inibiscono la ptosi provocata da reserpi­ 281 Bolanica e chimica degli allucinogeni na, l'ipotermia e l'effetto sedativo; riducono la catatonia dovuta a clorpro­ mazina, ed incrementano nei topi la tossicità dell'anfetamina (Bhattacha­ rya ed altri, 1971). È possibile che queste proprietà siano state scoperte e sfruttate da qualche società primitiva. Mucuna pruriens (L.) De Candolle, Prodr. 2 (1825) 405. Rhynchosia Loureiro Imparentata all'Erythrina e sempre appartenente alle Papilionoideae, la Rhynchosia è un genere tropicale e subtropicale diffuso in entrambi gli emisferi (particolarmente sviluppata in America ed in Africa) -che compren­ de circa 300 specie. Il principio tossico della Rhynchosia pyramidalis è sconosciuto. Un esa­ me chimico e farmacologico preliminare dei semi di R. phaseoloides è stato intrapreso da Santesson. La presenza di un alcaloide o di un glucoalcaloide è stata presunta dalle reazioni positive dei saggi per gli alcaloidi e per i glucosidi, ma senza giungere all'isolamento di tale composto. Nelle rane, gli estratti grezzi producono'una sorta di seminarcosi (Santesson, 1937a). In un'altra ricerca, un estratto, anche questo non chimicamente defini­ to, ha dimostrato un'attività curaro-simile (Folkers ed Unna, 1939). Altri ricercatori hanno isolato un altro alcaloide, che tuttavia non è stato identificato chimicamente; non sono state inoltre intraprese ricerche farmacologiche (Ristic e Thomas, 1962). I semi di Rhynchosia pyramidalis raccolti nella provincia di Oaxaca non contenevano alcun alcaloide (Hof­ mann, note non pubblicate). Gli antichi messicani probabilmente hanno usato diverse specie di Rhynchosia come nçtrcotici (Schultes, 1965). Gli indiani di Oaxaca dei no­ stri giorni fanno riferimento ai semi tossici di R. pyramidalis e R. longerace­ mosa con lo stesso nome di piule che usano per i semi delle Ipomoee psicoattive. Esistono pitture azteche in cui sono stati identificati i fagioli rossi e neri della Rhynchosia insieme a dei funghi e ciò ne suggerisce un possibile impiego allucinogeno da parte di questo popolo (Schultes, 1970c). Rhynchosia longeracemosa Martens e Galeotti in Bull. Acad. Brux. lO, voI. 2(1843) 198. Rhynchosia pyramidalis (Lam.) Urban in Fedde, Rep. 15 (1918) 318 . . Zornia J. F. Gruel Genere di circa settantacinque specie, particolarmente ben rappresen­ tato nel Nuovo Mondo. Una nota di un erbario brasiliano che riguarda la Zornia latifolia (Pran­ ce, Rodrigues ed altri, 8917) dice che il nome comune di questa pianta è maconha brava (<<marijuana selvatica») e che le «foglie essiccate vengono fumate per il loro effetto allucinogeno in sostituzione della Cannabis». Nel genere Zornia non sono ancora stati trovati costituenti in grado di provocare allucinazioni. Sono stati descritti tannini e saponine (Gibbs, 282 Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno RH Y N CH05 I A phaseololdes (Sw.l DC. Di segno di J .B. Clark. 1974). Ciò nonostante, si tratta di un genere che merita un'indagine chimi­ ca. In un altro erbario, per esempio , è indicato che la Zornia gibbosa è usata in Nuova Guinea nella stregoneria (Clemens 10620). Zornia Jatifolia De Candolle, Prodr. 2, (1825) 317. Z YGOPHYLLACEAE Le Zygophyllaceae, appartenenti all'ordine Geraniales ed imparentate con le Rutaceae, comprendono 25 generi e 250 specie originarie dei tropici e dei subtropici di entrambi gli emisferi. La famiglia, generalmente composta 283 BOlanica e chimica degli allucinogeni r . • Peganum harmalaL. Originario dell e zone desertiche mediterranee. Il fru tto ven i va usato come allucinogeno nei riti magico-religiosi ma anc he come med ici na . (Folo A. Danin. ri presa a sud di Beers heba, Israele). da piante lignee perenni, con molte specie adattate ad habitat xerofitici o alofitici, si divide in cinque sezioni. Peganum Linnaeus Genere delle Peganoideae - una d elle sezioni della famiglia - il Pega­ num comprende sei specie e vive dal Mediterraneo orientale alla Mongolia, nel sud degli Stati Uniti e nel Messico . La ruta siriana o Peganum harmala , una pianta erb acea nativa delle regioni aride che vanno dal Mediterraneo orientale all'India settentrionale, alla Mongolia e alla Manciuria, possiede sicuramente dei costi tuenti alluci­ nogeni (Schultes, 1970a). Il suo pieno impiego come narcotico per indurre visioni non è stato tuttavia ancora verificato con certezza. Per una più completa conoscenza del P. harmala sono necessa ri un esame critico della letteratura, specialmente delle cronache più antiche, ed un moderno lavoro di ricerca etnobotanica sul posto (Porter , 1962). I semi di questa pianta contengono gli alcaloidi della ~-carbolina, armi­ na, armalina e relative basi, di cui è nota la presenza- in almeno otto fami­ glie di piante superiori (vedere capitolo su Banisteriopsis). I frutti di Pega­ num harmala producono un colorante rosso e un olio . Questa ed altre specie sono molto ricercate nella medicina popolare come vermifughi, soporifici, afrodisiaci, la ttiferi e come sostanze per curare alcuni disturbi della vista; la considerazione di cui gode il P. harmala fra le popolazioni orientali è straordinaria e suggerisce il suo probabile impiego, almeno nel passato, come importante allucinogeno nelle pratiche magico-religiose. Peganum harmala Linvzaeus, Sp . Pl. (1753) 444. SAPINDACEAE Grande famiglia comprendente circa 150 generi e più di 2400 specie originarie dei tropici e dei subtropici di entrambi gli emisferi, le Sapinda­ 284 Ramo con foglie di Peganum harmala, originario delle zone aride del Med i terra neo orientale, deJJ'India settentrionale, della Mongolia e della Manciuria. ceae possiedono un certo numero di specie d'interesse economico. Nel gene­ re Paullinia sono compresi, in Sud America, molti rampicanti ricchi di caffeina. Nei generi Serjania e Paullinia, si trovano molte specie tossiche, usate nelle società primitive come veleni per i pesci. Nephelium Linnaeus Questo genere comprende circa trentasei specie, tutte originarie dell 'A­ sia sud-orientale. Un riferimento agli effetti allucinogeni dellung-li (Nephelium topengii) si trova nei resoconti dell'antico scrittore cinese Fang Cheng-ta del dodice­ simo secolo: "Il lung-li cresce nel Ling-nan (provincia di Kwang-tung). La forma (del frutto) è simile ad un piccolo Litchi, con la polpa che ha il gusto del Longan. Anche il tronco e il fogliame assomigliano a queste due piante da frutto, perciò è chiamato Lung-li. Fiorisce nel terzo mese con dei fiorelli­ ni bianchi . Il frutto matura nello stesso periodo del litchi e non può essere mangiato crudo ma solo dopo cottura a vapore. Il sapore è dolce. Se man­ giato crudo, provoca la pazzia o la visione di diavoli» (Li, 1977). L'identificazione del Lung-li è stata discussa per lungo tempo. È stato associato al LiLchi chinensis ed all'Euphoria longan, ma Li ritiene che si . tratti probabilmente del Nephelium topengii. Il genere Nephelium è stretta­ mente imparentato ai generi Litchi ed Euphoria, ed i tre sono talvolta consi­ dera ti congenerici. Il frutto di Nephelium topengii è commestibile, ma il seme è tossico. Nephelium topengii (Merr.) H. S. Lo , Fl. Hainanica 3 (1974) 85. Ungnadia Endlicher Questo genere comprende una sola specie, originaria del Messico e del Texas. 285 Bo/anica e chimica degli allucinogeni Le testimonianze archeologiche locali indicano che i semi di Ungnadia speciosa potrebbero essere stati impiegati un tempo in un contesto magico­ religioso come medicina sacra o inebriante , probabilmente come allucino­ geno (Adovasio e Fry, 1976). Non vi sono prove , tuttavia, che tal e usanza sia sopravvissuta fra gli odierni gruppi indigeni della regione . Nel Messico la Ungnadia speciosa viene chiamata monilla; Texas buc­ keye(<<oc.c.hio eh c.aprone texano ))} nell' ~merlca sucl-orlenta\e. È stata ritro­ vata, spesso in abbondanza, in alcuni anfratti rocciosi e caverne di Coahui­ : la, nel Messico nord-orientale, e nel Texas oltre il Pecos. Queste caverne hanno ri vela to presenza di peyotl (Lophophora williamsii) , del fagiolo rosso (Sophora secundiflora) e di Ungnadia speciosa, molto spesso insieme, in stra­ tificazioni che indicano un'occupazione intermittente nell'arco di circa 8000 anni. Il livello più antico, datato con il 14C, risale al 7500 a .C. circa, e trac€e di « buckeye» m ess icano sono riscontrabili fino a circa il 1000 d.C. (Adovasio e Fry, 1976) . . Un 'associazione cosi consistente con i due noti allucinogen i - fagioli di m escal e peyotl - indica che probabilmente l'Ungnadia speciosa ha avuto un impiego simile, specialmente considerando il fatto che i suoi semi , spes­ so trovati in grande a bbondanza, non potevano essere utilizzati come ali­ mento. Uno studio critico sui resti vegetali trov at i in queste caverne ha sugge­ rito ad Adovasio e Fry (1976) che la Ungnadia speciosa deve essere conside­ rata una pianta potenzialmente psicotropa, essendo stata invariabilmente trovata in contesti che ne indicano un uso rituale o comunque particolare. Ques ti ricercatori , inoltre, sono convinti che: l'impiego regolare di sos tanze psicotrope si è diffuso nell'area del Messico nord­ orientale e del Pecos in Texas, nell'8500 a.c. circa. Si può postulare un 'inte res­ sante evoluzione nell'uso degli agenti psicotrop i, dai tipi più tossici a quelli meno tossici, Le piante più antiche sembrerebbero essere il buckeye e il fagiolo rosso, sebbene la frequenza di utilizzazione della prima sia molto m aggiore della seconda . In segu ito , l'uso del fagiolo rosso divenne più comune, mentre quello del buckeye declinava. Ad un certo momento , non determinabile ancora con precisione , l'uso del fagiolo rosso a sua volta declinò a favore del peyot l che divenne la pianta favorita. Ciò conferma l'opinione di La Barre e di altri secon­ do cui un culto largamente diffuso del fagiolo rosso avrebbe preceduto l'uso del peyotl nell'area in discussione ... Un fatto interessan te della sequenza ora pre­ sentata è la chiara tendenza verso l'impiego di piante sempre meno leta li. La Ungnadia, se usata come psicotropo, è ... molto pericolosa, mentre la Sophora lo è di meno. Al contrario, la Lophophora, anche se consumata in eccesso, non è fisicamente dannosa. I semi di Ungnadia speciosa contengono composti cianogeni (Gibbs, 1974) . Ungnadia speciosa Endlicher, Atakt. Bot . (1833) t. 36. CORIARIACEAE La Coriariacea è una famiglia monogeneri ca, la cui parentela è poco sicura, e che viene di solito classificata nell 'ordine delle Sapindaceae. 286 ' Piante di possibile o sospetto impiego allucinogen u Ungnadia speciosa. (Da Sargenl, $)'lva o(Norlh America, 2, l892, \. 73). Coriaria Linnaeus Genere comprendente circa quindici specie, comunemente arbusti, con una particolare distribuzione : dall'area mediterranea fino al Giappone, sul- . le alture che vanno dal Messico al Cile, e nella Nuova Zelanda, Ben cono­ sciuta e temuta nelle regioni Andine come pianta tossica virulenta per gli animali da pascolo, la Coriaria thymifolia è stata solo recentemente indicata 287 Botanica e chimica degli allucinogeni Coriaria thymifo/ia. Antica· pianta conosciuta e temuta nei paesi andini ,'dalla Colombia al Cile , come tossico virulento. Recen temen te annovera ta tra gli allucinogeni. come allucinogena. I suoi frutti sono presumibilmente ingeriti da alcuni popoli dell'Ecuador, dove la pianta è chiamata shanshi. Sembra che provo­ chi un'intossicazione caratterizzata dalla sensazione di volare (Naranjo, 1969) . Gli effetti allucinogeni sono dovuti probabilmente ad un glicoside di cui ancora non si conosce l'identità chimica (Naranjo e Naranjo, 1961). Coriaria thymiEolia Humboldt e Bonpland ex Willdenow, Sp. Pl. 4, voI. 2 (1806) 819. MALVACEAE Famiglia cosmopolita comprendente circa 75 generi e 1200 specie di piante erbacee, arbusti e piccoli alberi, le Malvaceae sono particolarmente ben sviluppate nelle regioni tropicali . Molte specie sono d'interesse orticoltu­ rale. Altre sono economicamente importanti essenzialmente come fonte di fibre; il Gossypium, da cui deriva il cotone, rappresenta indubbiamente il genere più di rilievo. Sida Linnaeus Le 200 specie di Sida vivono nelle regioni calde, ma sorio particolarmen­ te abbondanti nelle Americhe. I soldati dello stato di Vera Cruz, nel Messico, fumano presumibilmente la Sida acuta -localmente nota come chichipe - per il suo effetto eccitante. La superstizione popolare attribuisce proprietà psicotrope a questa pianta e distingue el macho (il maschio), S. rhombifolia, dalla hembra (la femmina), S. acuta; questa distinzione è basata unicamente sulla lunghezza dei peduncoli (Diaz, 1975, 1976). La prima pianta è conosciuta nel Messico come huinari o axocatzin, la seconda come malva colorada o come malva del platanillo. 188 ' Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno Nel genere Sida sono state trovate L-efedrina e pseudoefedrina (Diaz, 1975, 1976; Raffauf, 1970) sebbene la presenza di questi alcaloidi sia stata messa in dubbio (Gibbs, 1974). La ricerca fitochimica sulle specie di questo genere è però solo ad uno stadio preliminare. Sida acuta Burman filius, Fl. Ind. (1768) 147 . Sida rhombifolia Linnaeus, Sp. Pl. (1753) 684. CACTACEA E Camegiea Britton e Rose Genere monotipico del Messico e del suçl-ovest degli Stati Uniti, la Camegiea giganlea rappresenta la più grande di tutte le Cactacee, raggiun­ gendo un'altezza anche di 40 m . È localmente conosciuta come saguaro. Il saguaro è stato usato per lungo tempo dagl'indiani del Sud-ovest americano e del Sonora settentrionale come cibo, bevanda, e per altri scopi. Un antico rapporto sul saguaro narra dell 'uso dei suoi frutti come cibo e per la preparazione di una bevanda alcoolica. Tali impieghi sono ancora comuni. Il saguaro è anche un importante medicamento: gli indiani Seri di Sonora, ad esempio, lo considerano utile per il trattamento dei dolori reumatici (Bruhn, 1975). Sebbene non vi sia alcuna indicazione etnobotanica del saguaro come allucinogeno, nel cactus sono stati riscontrati degli alcaloidi farmacologica­ mente attivi e teoricamente in grado di produrre effetti psicotomimetici. Gli alcaloidi della Camegiea giganlea sono stati studiati inizialmente da Heyl (1928), che ha isolato la carnegina . Nel 1967, Hodgkins ed altri hanno descritto la scoperta della gigantina, che si è dimostrata essere 5­ idrossicarnegina (Kapadia ed altri, 1970). Bruhp e Lundstrbm (l976b) hanno evidenziato la norcarnegina (=salsolidina) come principale alcaloide della C. gigantea e, oltre alla carnegina , hanno isolato in piccoli quantitativi 3­ OH Gigantina Arizonina m e tossitiramina ed un nuovo alcaloide , l'arizonina, da essi identificata come 8-idrossi-7-metossi-l-metil-1,2,3,4- te traidroisochinolina . Sono stati anche proposti dei possibili schemi di biosintesi degli alcaloi­ di della Camegiea (Bruhn e Bruhn, 1973): si ritiene che il precursore primario sia la dopamina, presente in grande quantità nella C. gigantea (Steelink ed altri, 1967). 289 19 Botanica e chimica degli allucinogeni Carnegiea gigantea (Engelm.) Britton e Rose in Journ. N. Y. Bot. Gard. 9 (1908) 188. Epithelantha Weber ex Britton e Rose Le tre specie di Epithelal1tha crescono nel sud-ovest degli Stati Uniti e nel Messico settentrionale. I Tarahumara del Messico settentrionale tengono in grande considera­ zione l'Epithelantha micromeris per le sue proprietà narcotiche. Si dice che «rende gli occhi grandi e chiari per vedere gli stregoni, prolunga la vita e dà velocità ai corridori" (Lumholtz, 1902). La pianta viene ingerita dagli sciamani per provocare allucinazioni visive. I Tarahumara chiamano que­ sto cactus hikuli mulato. Le piante vecchie sono distihte con il nome hikuli rosapari, e gli indigeni asseriscono che provocano un'insanità mentale per­ manente. La E. micromeris rappresenta uno dei diversi tipi di cactus classi­ ficati dai Tarahumara come falsi peyotl (Bye, 1976). Sull'Epithelantha mi­ cromeris non sembra siano ancora state eseguite ricerche chimiche. Epithelantha micromeris (Engelm.) Weher ex Britton e Rose, The Cactaceae 3 (1922) 93. Pachycereus Bri tton e Rose Le cinque specie di questi grandi cactus a colonna sono native del Messico. I Tarahumara di Chihuahua, Messico, frantumano i rami giovani del Pachycereus pecten-aboriginum e mescolano la fibra vegetale con acqua otte­ nendo una bevanda da loro chiamata cawé o chawé. Questa bevanda viene presa durante le cerimonie per indurre degli effetti simili a quelli della Lophophora williamsii, compreso lo stordimento ~ le allucinazioni visive (Bye, 1976; Pennington, 1963). Fino ad ora, da questo cactus gigante sono stati isolati quattro alcaloi­ di: carnegina (= N-metilsalsolidina), salsolidina, 3-idrossi-4-metossife­ netilammina e 3,4-dimetossifenetilammina (Agurell, 1969; Agu eli ed altri, 1971; Br,uhn e Lindgren, 1976; Spath, 1969). R=H: Salsolidina R=CH 3 : Carnegina (N-MetilsaJsolidina) La salsolidina, l'alcaloide principale, provoca tremore nei topi. La 3­ idros'si-4-metossifenetilammina e la 3,4-dimetossifenetilammina, di recent~ indicate come tossi ne endogene della schizofrenia e del morbo di Pàrkinson, non producono effetti allucinogeni in dosi orali fino a 800 mg. 290' Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno Epithelantha micromeris. (Da G. Engelmann, Caclaceaeofthe Boundary, United Statesand Mexican Boundary Survey, 1858, tav.I). Pachycereus pecten-aboriginum (Engelm.) Britton e Rose in Contrib. U.S. Nat. Herb. 12 (1909) 422. Pelecyphora Ehrenberg Genere monotipico di piante desertiche senza spine, proprie del Mes­ sico. , Il bellissimo cactus Pelecyphora asellifomlis è molto conosciuto in que­ sto paese, dove viene chiamato peyote, peyotillo e peyole meco. Costituisce un'importante medicina popolare, e viene venduto nei mercati di San LUis Potosi come febbrifugo (Safford, 1909). Esso è considerato anche antireu­ Botanica e chimica degli alluci;wgeni Pachycereus pecten­ aboriginum. (Da ContyibLflions [rom Ihe Uniled States National Herbarium, 5, 1899, tav. 58) . . matico (Bruhn e Bruhn, 1973). La Pelecyphora aselliformis ridotta in polvere pare venisse venduta a Parigi come «poudre de peyote » (Hobschatte, 1929). Anche se la pianta porta lo stesso nome popolare della Lophophora william­ sii, non vi sono prove dirette che venga impie'ga ta come narcotico dalle popolazioni aborigene del Messico, nonostante esse la impieghino come medicinale . Nella Pelecyphora aselliformis sono stati riscontrati degli alcaloidi della tetraidroisochinolina, analidina e ordenina (Agurell ed altri, 1971). Studi . 292 Piante di possibile o sospeuo impiego allucinogeno Pelecyphora asellifomlis. Analisi recen t i hanno rivelato la presenza di mescaJina in tracce in ques!a specie. (Foto J.L. MacLaughlin). successivi hanno indicato la presenza di N,N-dimetil-3-idrossi-4,5­ dimetossifeniletilammina e pellotina, come pure tracce di mescalina, N,me­ tilmescal ina, 3 A-di metossifeniletilammina ed N -metil-3 A-dimetossifenileti­ lammina (Neal ed altri, 1972). Pelecyphora aselliformis Ehrenberg i n Bot. Zei t. 1 (1843) 737. UMBELLlfERAE Famiglia di piante soprattutto erbacee, di distribuzione cosmopolita, diffuse principalmente nelle zone settentrionali temperate, comprendente 275 generi e più di 2800 specie. La famiglia comprende numerose specie tossiche, sebbene diverse altre siano importanti come alimenti od aromi. Peucedanum Linnaeus Genere composto da circa 125 specie che vivono nell 'Eurasia temperata e ne! Sud Africa. Anche se ritenuto deleterio alla salute, il Peucedanum japonicum è mol­ to conosciuto nella medicina cinese come fang-k'uei; nella quale viene usato come purgante, diuretico, antitosse, sedativo e tonico. Toa Hung-ching scriveva nel 510 d.C. che «le persone febbricitanti non devono prenderlo, perché provoca delirio e fa apparire gli spiriti». Un altro antico saggio cinese, Ch'en Yen-chih, affermava, pressappoco nello stesso periodo, che « il fang-k'uei, se viene preso in dose ecce'ssiva, provoca il deli­ rio e una sorta di pazzia». Ancora un altro scrittore cinese, Li Shih-chen, 293 Fang-k'uei oPeucedanum ;aponicum. (Da «Chèng-Iei Pén-ts'ao», ed. 1249. Per gentile concessione di H.-L.Li.) suggeriva che gli effetti allucinogeni potessero essere dovuti alla sofistica­ zione col lang-tu, una specie di Aconitum od Euphorbia, ma nes'suno di questi due generi possiede principi allucinogeni (Li, 1977). Peucedanun japonicum Thunberg, Fl. Jap. (1784) 117. 8iler Miller Un genere monotipico dell'Europa e dell' Asia sette.ntrionale. Un vago accenno nell'antica letteratura cinese fa supporre che il fang­ feng (Sile~ divaricatum) possa avere delle proprietà allucinogene. 294 Piante di possibile o sospello impiego allucinogeno Si dic e che T'ao Hun g-chin g abbia scritto: " la radice è aromatica e non velenosa . Solo qu ella che si biforca in alto produce pazzia . Quella invece. che si biforca in basso provoca l'a tavismo di anti chi di s turbi " (Li, 1977). In qualche erbario an tico , la radice di questa specie viene ra ccomanda­ ta come antidoto per l'a vvelenamento da acònito. Si/er divaricatum B entham e Hooker fil., Gen. Pl. 1 (1867) 909. ERICACEAE Le Ericaceae, divise in 4 sezioni o sottofamiglie, appartengono all'ordi­ ne Ericales e sono strettamente imparentate alle Clethraceae e alle Pyrola­ ceae . Ad esclusione dell 'Aus tralasia e di alcune aree desertiche, le Ericacee sono pressoc hé cosmopolite, e- particolarmente sviluppate ne lle zone nord­ temperate e ne i tropici ad e leva te altitudini. La fami g lia comprende circa 50 ge neri e 1500 specie di piccoli subarbusti, arbusti e pic€Oli alberi. Le Ericacee sono economicam ent e importanti , in modo particolare come pian­ te ornamentali; poche specie producono frutti commestibili ed oli medici­ nali volatili ; alcune specie sono tossiche . Pernettya Gaudichaud Molto a ffine alla Gaultheria, la Pernettya comprende forse una trentina di specie distribuite in Tasmània e Nuova Zelanda e nell 'area che va dal Mess ico al Sud America tempera Lo. . - I frutti di Pemettya f~(re11.s, conosciuti in Cile come hued-hued o hierba loca , sono tossici, e producono confusione mentale, d em enza ed anche follia perman ent e. Se sono consumati in eccesso, sembra ch e provochino un'in­ tossicazione simile a quella da Datura (Manske ed altri, 1931). Nell 'Ecuador, la Pernellya parvifolia , chiamata localmente taglli, ha frutti tossici che, una volta in ge riti , possono provocare a llucinazioni ed altre alterazioni psichiche e motori e (Naranjo , 1969). Non è no to se la Pernellya sia mai stata volutamente usa ta come alluci­ nogeno, se bbene un tale impiego sia stato descritto rece ntemente (Naranjo, 1969). ­ Non sembra si siano ancora eseguite appropriate ricerche chimiche ­ sulla Pernettya (urens, ma nei frutti di P. parvifolia è s tata ri scontrata andro­ medotossina (Schultes, 1970a). Pernettya furens (Ho ok. ex DC.) Klotsch in Linnaea 24 (1851) 83. Pernettya parvifolia Bentham, PI. Hartw. (1846) 219. Effetti narcotici e l'impiego come inebrianti sono s tati a ttribuiti anche ad altre Ericacee. Alcuni erbari indicano che specie di Pernettya , Gauf.theria anastomosans e Vaccinium floribundu m sono conosciute in Vènezuela come borrachero (rispettivamente Pittier 13214, Steye rma rk 104846 , Steyermark 104845) . ­ 295 Botanica e chimica degli allucinogeni . APOCYNACEAE Alstonia R. Brown Le circa cinquanta specie di Aislonia sono native dell'lndo-Malesia e della Polinesia. Nell'India meridionale (soprattutto nelle colline di Ganjam e Godawa­ ri, nel Ghats occidentale e nel Nilgiris e nelle montagne di Tinnevelly fino ad un'altitudine di 2000 m) l'AlslOnia venenala viene usata nel trattamento della pazzia e dell'epilessia. Sebben,e non esistano informazioni precise circa un suo impiego come allucinogeno, l'arbusto è una ricca fonte di alcaloidi indolici. Quattro degli otto alcaloidi terziari dell 'AlslOnia venenala appartengono agli alcaloidi me­ no comuni 4-metossi-indolici, e due di essi - alstovenina e venenatina ­ possiedono un'interessante attività psicotropa. In piccole dosi, l'alstovenina presenta azione inibitoria sulla ossidasi monoamminica , a dosi maggiori rivela notevoli effetti stimolanti sul sistema nervoso centrale, epilessia e convulsioni. Al contrario , la venenatina possiede un i.nsieme di attività simile alla reserpina . OH Aistovenina Venenatina Poiché la sostituzione in posizione 4 del sistema ad anèllo indolico è caratteristica di allucinogeni molti attivi e potenti (psilocibina, LSD, ecc.), è possibile che l'attività psicotropa dell'alstovenina e della venenatina sia legata a questo tipo di composto (Bhattacharya ed altri, 1975). Alstonia venenata R. Brown in Mem. Wern. Soc. 1 (1809) 77 . LABIATAE Coleus Loureiro Vi sono approssimativamente 150 specie di Coleus, tutte originarie dei tropici del Vecchio Mondo. Si ritiene che le foglie di due specie di Coleus (C. pumilus e C. blumei) siano usate all 'incirca nello stesso modo di quelle della Salvia divinorum degli indiani Mazatechi di Oaxaca. Gli indigeni affermano che vi .sono due «forme» di C. blumei utilizzabili come allucinogeni. Inoltre considerano tutte le «labiate come membri di una stessa famiglia:· la S" divinorum è 296 Piante di possibile o sospetto impiego allucinogeno " la femmina» (la hembra); "i l maschio» (el macho) è il C. pumilus; "il bam­ bino» (el nene) ed "il figlioccio» (el ahijado), sono le due forme usabi li di C. blumei (Wasson, 1962ì b Le proprietà psicoattive delle due specie di Coleus non sono ancora state convalidate sperimentalm~nte. Studi chimici su queste specie (almeno s ulla base del'materiale proveniente dal Messico sud-orientale) non sono stati ancora ·condotti e non si conosce alcun principio psicoattivo nel Co­ leus. Coleus pumilus Bianco, Fl. Philip. Ed. 1 (1837) 482. Coleus blumei B entham, Lab. Gen. e Sp. (1832) 56. Lagochilus Bunge Un genere di circa tren tacinqu e specie, tutte originarie dell'Asia centra­ le, dalla Persia all'Afghanistan . Un narcotico interessante ma poco conosciuto deriva da questo piccolo arbusto, il Lagochilus inebrians, diffuso nelle aride s.teppe del Turkestan. Per molti secoli , tajik, tartari, turcomanni e uzbechi hanno usato questo inebriante , raccogliendone le foglie di solito nel mese di ottobre. Ne viene preparato un tè di foglie tostate, talvolta mescolate ai piccioli , alle cime fruttifere ed ai fiori bianchi , con l'aggiunta di miele o di zLÌtchero per mitigare il gusto fortemente amaro della pianta. Si dice che la fragranza aumenti con l'essiccamento e la conservazione. ­ I versatili effetti farmacologici del Lagochilus inebrians, studiati inizial­ mente da Akopov presso J'Istituto Medico del Kuban , hanno portato alla sua adozione ufficiale nella farmacopea russa. Ne viene raccomandata l'in­ fusione o la tintura come antiemorragico, per i suoi effetti emostatici, per ridurre la permeabilità dei vasi sanguigni e come ausilio per la coagulazio­ ne del sangue. È stato anche considerato utile per il trattamento di alcune allergie e malattie della pelle, e ne è sta ta indicata l'efficacia per la cura dei disturbi nervosi in quanto ipotens ivo, antispastico e sedativo. Le sue pro­ prietà calmanti sono dovute probabilmente agli stessi costituenti responsa­ bili dell'azione sul sistema nervoso centrale, che sono alla base dell'impiego popolare della pianta come narcotico (Schulz, 1959). Le indagini fitochimiche sul Lagochilus inebrians hanno portato alla separazione di un composto cristallino chiamato lagochilina , presente nel materiale secco della pianta in una quantità fino al 3 per cento (Abramov, 1957). La struttura chimica completa della lagochilina è stata chiarita mol­ to di recente . La lagochilina è un cliterpene del tipo grindelano, contenente tre ossidrili primari, uno secondario ed un etere (Chishov ed altri, 1969). Gran parte degli studi farmacologici sulla lagochilina eseguiti di recen­ te nell'Unione Sovietica è ri volta soprattutto alle sue proprietà emostati­ che. Non si sa se la lagochilina possieda o meno un'azione psicotropa e poco si conosce dell 'at tività fisiologica di tutta la pianta (Tyler, 1966). Sul Lagoch ilus inebrians devono essere eseguite ulteriori ricerche etno­ botaniche, come base di studi fitochimici e farmacologici più critici ed approfonditi , specialmente per sapere se questa pianta inebriante venga ' usata anche per ottenere effetti allucinogeni. 297 Botanica e chimica degli allucilwgeni LagochiJus inebrians Bunge in Mém. Sav. Etr. Petersb. 7 (1847) 438. SOLANACEAE Cestrum Linnaeus Le 150 specie di Cestrwn sono indigene delle regioni più calde delle Americhe. Una specie di Cestrwn, probabilmente la Cestrwn laevigatum diffusa ' sulle coste brasiliane, si dice venga venduta come sostituto della marijuana" 4:' (Cannabis sativa) o maconha nei porti del Brasile meridionale. Conosciuta localmente come "dama da noite», pare venga usata soprattutto dai ma­ rinai. I costituenti caratteristici delle specie di Cestrwn sono saponine. Dal C. laevigatum e dal C. parqui sono state isolate gitogenina e digitogenina. Que­ ste sostanze tuttavia non hanno alcuna azione psicotropa. Esiste soltanto una relazione sull'isolamento di un alcaloide : la solasonina, trovata nel C. parqui (Silva ed altri, 1962). La solasonina è un alcaloide steroide glucosidi­ co, che, per idrolisi , dà l'aglicone solasodina e diversi zuccheri (glucosio, galattosio e ramnosio). Non si sa nulla sulle proprietà allucinogene di que­ sti tipi di composti. Cestrum Jaevigatum Schlechtmdal in Linnaea 7 (1832) 59. BIGNONIACEAE Le Bignoniaceae comprendono circa 120 generi e 700 specie principal­ mente tropicali, presenti in entrambi gli emisferi, ma soprattutto abbon­ danti nel Sud America settentrionale, dove molte specie sono costituite da Tanaecium nocturnum. Nativo delle zone tropicali del Centro America, del Sud America e dell'India Occidentale. Usato come base di polveri da fiuto dai Paumari del Brasile . amazzonico che lo chiamano koribo. 298 Piante di possibile o sospello impiego allucinogeno Indiano Paumari che scorleccia un ramodi Ta'1a ecium .1Octurnum per n cava rne koribo, Rio Purus, Brasile amazzonico, (FoloG.T. Prance) . grandi liane rampicanti, La famiglia si distingue per la particolare struttu­ ra delle liane, per i suoi semi alati e per l'assenza di endosperma, Molte delle piante che ne fanno parte vengono utilizzate come ornamentafi , La specie più conosciuta nella zona temperata è probabilmente la Catalpa, Tanaecium Swartz Vi sono sette specie di Tanaecium originarie del Centro e Sud America tropicali e delle Indie Occidentali, Sono tutte grosse liane, Le foglie di Tanaecium 110cturnum hanno un acuto odore di mandorla. Esse costituiscono l'ingrediente base d~lla polvere da fiuto più frequente­ mente usata dagli indiani Paumari del Rio Purus nell 'Amazzonia brasilia­ na, nota come koribo , Le foglie verdi vengono sminuzzate, abbrustolite, polverizzate e quindi filtrate attraverso un panno sottile. La polvere risul­ tante viene mescolata con tabacco da fiuto (Nicotiana labacum) preparato nello stesso modo (Prance , 1977). La miscela, annusata soltanto occasionai mente dagli stregoni durante il trattamento dei pazienti, sembra essere psicoattiva , Più frequentemente è usata a scopo ritualistico per la protezione dei bambini e nei riti della pubertà delle fanciulle. Le donne non usano la polvere da fiuto, ma possono bere 'il koribo sotto forma di tè ottenuto dalla corteccia della radice . Questò tè provoca sonnolenza, difficoltà di concentrazione e calo dell 'a ttenzione . -Mezza tazza è sufficien te per provocare un notevole effetto. I Paumari talvolta coltivano il Tanaecium noclurnum, ma la fonte prin­ cipale è costituita dalle piante selvatiche che crescono nella foresta. La coltivazione sembra rappresentar'e una consuetudine nuova . Gli effetti psicoattivi di questa pianta (senza ricorrere all'uso della pol­ vere da fiuto o del tè , ma limitandosi ad aspirarne l'odore) sono stati speri­ mentati' in loco dai ricercatori. 299 Botanica e chimica degli allucinogel1i Al momento attuale non può ancora essere definitivamente chiarito se si tratta di un vero aÌlucinogeno, o se possieda altre proprietà psicoattive. Un esame chimico preliminare ha indicato un'elevata concentrazione di acido cianidrico nelle foglie fresche. Gli effluvi delle foglie possono essere tossici, infatti gli indiani non rimangono vicino alle foglie fresche per molto tempo. L'abbrustolimento delle foglie probabilmente rimuove i cianuri, la­ sciando intatti gli altri composti inebrianti . .Nel genere Tanaecium sono state trovate delle saponine. Gli indiani Karitiana del Rio Madeira in Brasile usano un t.è di foglie di Tanaecium nocturnum mescolato con le foglie di una pianta leguminosa non ancora identificata, come rimedio per la diarrea. Il Tanaecium viene consi­ derato afrodisiaco dagli indiani del Choco colombiano. Tanaecium noctumum (Barb.-Rodr.) Bureau e K. Schumann in Mar­ tius, Fl. Bras. 8, voI. 2 (1896) 186. CAMPANU LACEAE Le Campanulaceae, appartenenti all'ordine Synandrae o Synandrales, comprendono dai 60 ai 70 generi ed oltre 2.000 specie diffuse nelle regioni montuose temperate, subtropicali e tropicali di entrambi gli emisferi . La maggior parte delle specie sono erbe perenni, alcune sono alberi ed arbusti. La famiglia si divide in tre sezioni: Campanuloideae, Cyphioideae e Lobe­ lioideae. Alcuni sistematici separano le Lobelioideae e le consideràno come una famiglia distinta, Lobeliaceae. Lobelia Linnaeus Genere cosmopolita, soprattutto tropicale e subtropicale, sviluppato specialmente in America, che comprende 300 specie, alcune delle quali trovano impiego come piante ornamentali. La Lobelia lupa, una pianta erbacea alta e polimorfa, distribuita nelle Ande, è largamente riconosciuta come specie tossica. Nota nella zona più a sud della sua estensione come lupa o labaco del diablo, la pianta è ricercata in Cile come narcotico e medicamento. I contadini cileni ne usano il succo per lenire il mal di denti, e gli indiani Mapuche ne fumano le foglie come inebrianti. Non vi è ancora alcuna certezza che gli effetti narcotici siano di origine allucinogena, ma le descrizioni dei metodi e degli scopi dell'uso, suggeriscono comunque una matrice psicoattiva. Dovrebbero essere esegui­ te delle ricerche etnobotaniche nei luoghi in cui la pianta viene fumata (Mariani, 1965). . Le foglie di tupa contengono gli alcaloidi della piperidina: lobelina, lobelanidina e norlobelanidina. Non si ritiene che questi costituenti abbia­ no effetti allucinogeni (Schultes, 1970a). Un'altra pianta della campanulacee , la /soloma longiflora, costituisce un addi tivo della bevanda allucinogena preparata col Trichocereus nelle Ande peruviane. Non è chiaro se contenga o meno principi narcotici che possano giustificare un simile impiego. Lobelia tupa Linnaeus, Sp. Pl. Ed. 2 (1763) 1318. lsotoma Jongiflora PresI, Prod. Lobel. (1836) 42. ­ 300 Piante di possibile o sospello impiego allucinogeno ,­ LOBELIA Tupa L. JBC Di segno di J .B. Clark. COMPOSITAE Una delle maggiori famiglie di piante da fiore, con più di 13000 specie raggruppate in 900 generi, la Compositae, è caratterizzata dai fiori raggrup­ pati insieme su cime racemose. La famiglia è cosmopolita e crèsce in quasi tutte le condizioni ecologiche, dal livello del mare alle montagne più alte, dai tropici umidi ai deserti ed alle regioni alpine e artiChe. Possiede relati­ vamente poche specie di rilievo dal punto di vista economico ad eccezione d elle piante usate a scopo ornamentale. Cacalia Linnaeus Vi sono una cinquantina di specie di Ca calia , una delle quali si estende fino alla Russia europea ed un'altra è tipica del Nord Americ.a. 301 Botanica e chimica degli allucinogeni La Cacalia cordifolia in Messico è stata chiamata peyote (Schultes, 1937b). Non vi è indicazione dell'impiego allucinogeno per nessuna specie del genere. La chimica della Cacalia è alquanto complessa. Dalle radici della C. decomposita sono stati isolati dei lattoni sesquiterpenici (Diaz, 1976). In questo genere sono presenti gli alcaloidi astacina e castacina (Gibbs, 1974; Willaman e Li, 1970). Cacalia cordiFolia Linnaeus filius, Suppl. (1781) 351. Helichrysum Miller corro Persoon Un vasto genere di circa 500 specie diffuse in Europa, Africa (special­ mente meridionale), Asia tropicale ed Australia. Secondo le annotazioni circa questo genere, riportate su due erbari provenienti dallo Zululand nel Sud Africa - Helichrysum foetidum e H. stenopterum (Gerstner 4828 e 4841) - queste piante erbacee vengono «ina­ late dagli stregoni per cadere in trance» . Nel' genere Helichrysum è nota la presenza di diterpeni e di derivati della cumarina (Gibbs, 1974). Recentemente, dall'H. italieum è stato isolato un nuovo lattone tri terpenoide (Mezzetti ed altri, 1970) . Helichrysum Foetidum Moench, Meth. (1794) 575 . Helichrysum stenopterum De Candolle, Prodr. 6 (1838) 20 l. ' Senecio Linnaeus Genere vasto e molto variabile di quasi 3000 specie di piante erbacee, arbusti ed anche alberi, sparso in tutto il mondo ed in vari tipi di habitat. Diverse specie di Senecio della Valle del Messico sono state identificate come peyotes (Diaz, 1976; Schultes, 1937b). Il peyote de Tepic è stato identifi­ cato come Senecio hartwegii. Numerose specie di Senecio hanno dei costituenti che potrebbero essere psicoattivi. Quello che è stato indicato come il guantlapatzintzintli azteco­ il Senecio tolucanus - contiene un alcaloide chiamato tossisenecina, che negli animali induce analgesia , seguita da irritabilità e da morte dopo para­ lisi parziale. Il Senecio caricida - izcuinpahtli in lingua nahuatl, yerba del pueblo in sp'agnolo - provoca nei cani la paralisi dei quarti posteriori. Altre specie di Senecio - S. cardiophyllus, S. cervariaefolius, S. grayanus, S. prae­ cox --:- sono state chiamate peyote, palo loco (<<pianta pazza»), o palo bobo «<pianta stupefacente») in .diverse parti del Messico e possiedono proprietà neurotrope. ' Gli studi chimici sulle specie messicane di Senecio sono ancora in fase iniziale. Le piante di questo genere sono conosciute per il notevole contenu­ . to di alcaloidi, specialmente pirrolizidine (Raffauf, 1970; Diaz, 1977). Senecio hartwegii Bentham, Pl. Hartweg. (1839) 18. 302 Capitolo VI Piante con presunti effetti allucinogeni Molte specie di piante sono state indicate come allucinogene. Alcune di queste non sono mai state usate a tale scopo da nessuna comunità, in parte forse a causa degli spiacevoli effetti tossici collaterali. Altre possono essere state impiegate in passato, ma sono successivamente cadute in disuso per svariati motivi. Sia in Europa che in America, le recenti attività sperimentali di alcuni settori della cosiddetta «cultura della droga» hanno portato alla scoperta di molte specie con presunti effetti allucinogeni. Alcune di queste piante sono state usate per un discreto periodo di tempo; altre per periodi più lunghi; altre ancora sono evidenti mistificazioni. Ciò nonostante, una grande per­ centuale di queste possiede i composti chimici teoricamente in grado di provocare allucinazioni od effetti simili. Ma la sperimentazione su 'piante selvatiche prosegue di parte di alcune frange della nostra società, così l'elenco delle specie presumibilmente psicoattive continuerà senza dubbio a crescere. Può essere di qualche utilità presentare un elenco parziale di piante ritenute psicotomimetiche, se non altro per estendere la nostra conoscenza della chimica vegetale. Si noterà che i riferimenti bibliografici sono stati omessi dall'elenco, ma i ricercatori cui interessino ulteriori studi potranno seguire le citazioni bibliografiche nei diversi articoli di Farnsworth che appaiono nella bibliografia generale al termine di questo volume. Amaranthaceae Araliaceae Altemanthera sp. fresine sp. Panax ginseng Amaryllidaceae Borago officinalis Ungemia minor Burseraceae Apocynaceae Boswellia serrata Bursera bipinnata Malouetia tamaquarina Vinca minor Voacanga dregei Boraginaceae Cannabaceae Humulus lupulus Araceae Compositae Arisaema draconium Artemisia absinthium 303 BO/anica e chimica degli allucinogeni Cineraria aspera Lactuca virosa Matricaria chamomilla Convolvulaceae Argyreia tuberosa Ipomoea argyrophylla Ipomoea batatas Ipomoea hederacea Ipomoea muricata I pomoea nil · Ipomo ea pharbitis Ipomoea purpurea Merremia tuberosa Stictocardia titia efolia Cucurbitaceae Echinocystis lobata Mimosa verrucosa Piptadenia excelsa Sarothamnus scoparius Swainsonia galegifolia Wisteria chinensis Loganiaceae Gelsemium sempervirens Loranthaceae Phrygilanthus eugenioides Malpighiaceae B anisteriopsis argentea Banisteriopsis longialata Banisteriopsis quitensis Mascagnia psilophylla varo antife­ brilis Cycadaceae Menispermaceae Dioon edule Cocculus leaeba Cocculus pendulus Equisitaceae Equisetum anlense Euphorbiaceae Elaeophorbia drupifera Monadenium lugardae Sebastiania pavonia Gnetaceae Ephedra nevadensis Labiatae Leonotis leonurus N epeta cataria Ocimum micranthum . Scutellaria arvense Lauraceae Cinnamomum camphora Musaceae Musa sapientum Myristicaceae Virola cuspidata Virola rufula Virola venosa Nyctaginaceae Mirabilis multiflora Palmae Areca catechu Pa pa veraceae Argemone m exicana Eschscholzia californica Leguminosae Passiflora ceae Passiflora incarnata Astragalus amphyoxys Astragalus beseyi Astragalus cagopus Astragalus mollissimus Erythrina americana Piperaceae Piper betle Piper methys ticum Piper nigrum Piante con prestl.?ti effelli allucinogeni Rubiaceae Styracaceae Corynarz the yohimbe M itragy rza speciosa Styra:x tessmannii Rutaceae Turn era diffusa Evodia bonwickii Umbelliferae Sapindaceae Daucus carota Ferula sumbal Foeniculum officinale Foeniculum vulgare Paullinia yoco Scrophulariaceae Digitalis purpurea Tumeraceae Valerianaceae Valeriana officinalis Solanaceae Capsicum Ql1nuum Capsicum frutescens Zingiberaceae Zingiber officinale ." . < 305 20 Bibliografia Abe, M., Yamano, T., Kozu, Y., e Kusumoto, M.: Researches on ergot fungus. Part 25. Produc­ tion of alkaloids by ergot fungus parasitic on Elymus mollis TRIN. (fungo della segale cornuta). 1. AgI'. Chem. Soc. Japan 29: 364-369,1955. Abramov, M. M.: The isolation of lagochilin . J. Appl. Chem. USSR [traduzione inglese]. 30: 691-692,1957 Abramson, H. A., Rolo, A., Sklarofsky, B., e Stache , l. : Production of cross-tolerance to - psychosis-producing doses of lysergic acid diethylamide and psilocybin. J. Psychol, 49: 15 1- I 54, I 960. Adams, R.: Marihuana . Harvey Lect., 37: 168-197, 1942. Adams, R. , e Baker, B. R.: Structure of cannabinol. V. A second method of synthesis of canna­ binol. 1. Am. Chem . Soc., 62: 240 I, 1940a. ' Adams, R., Baker, B. R., e Wearn , R. B.: Structure of cannabinol. III. Synthesis of cannabinol, l-hydroxy-3-n-amyl-6, 6, 9-trimethyl-6-dibenzopyran. J. Am. Chem. Soc., 62: 2204-2207, 1940b. Adams, R., Harfenist , M., e Loewe, S.: New analogs of tetrahydmcannabinol. XIX. J. Am. Chem. Soc., 71: 1624-1628, 1949. Adovasio, 1. M. e Fry, G. F.: Prehistoric psychotropic drug use in northeastern Mexico and trans-Pecos Texas. Econ. Bol., 30: 94-96, 1976. Aguilar, G. F.: La medicina. In Hurtado, E. (Ed.): Mexico Prehispànico. Mexico, Editorial Emma Hurtado, 1946. AgureJl , S.: Cactaceae alkaloids. 1. Lloydia, 32: 206-219, 1969. Agurell, S., Lundstrom, l., e Masoud, A.: Cactaceae alkaloids. VII. Alkaloids from Echinocereus merkeri Hildm. 1. Phann. Sci., 58: 1413-1414, 1969. Agurell, S., Bruhn; l. G. , Lundstrom, 1., e Svensson, U.: Cactaceae alkaloids. X. Alkaloids of Trich ocereus species and some other cacti. Lloydia, 34: 183-187, 1971. Agurell, S ., Holmstedt , B., e Lindgren, l.-E.: Alkaloid content of Banisteriopsis rusbyana (Ndz.) Morton. Am. 1. Phann. , 140: 148-151,1968. Agurell , S., Holmstedt, B., Lindgre n, l.-E., e Schultes, R. E.: Identification of two new ~­ carboline alkaloids in South American hallucinogenic plants. Biochem. Pharmacol, 17.: 2487-2488,1968. Alkaloids in certain species of Virala and other South American plants of ethnopharmacolo­ gic interes t. Acta Chem. Scand., 23: 903-916,1969 . Ainsworth , G. c.: Ainsworth and Bisby's Dictiol1ary o[the Fungi, 6" ed., Kew, Surrey, Common­ wealth MycologiCal Instituté, 1971. ' Akabori, S. eSaito, K .: Synthetische Versuche in der Indol-Gru ppe. VIII. Synthese von Har­ man and Harmin. Bericht, 63: 2245-2249, 1930. Allen, P. H.: Indians of southeastern Colombia. Geogr. Rev., 37: 580-582 , 582, 1947. AIYahya , M. e Evans, W. c.: Alkaloids of the F, Hybrid of Datura stramonium x D. discolor. J. Phm-m . Phannacol., 27: 87, 1975. Altschul, S. von R.: A taxonomic study of the genus Anadenanthera. Contrib. Gray Herb. Har­ vard Univo No. 193: 3-65, 1964. -: Vilca and its uses . In Efron, D. , Holmstedt, B ., e Kline, N . S. (Ed): Ethnophannacologic 306 B ibliogra(ia Search (or Psychoactive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washinglon D. C., U. S. Govt. Printing .O ffice, 1967,307-314. The Genus Anadenanthera in Amerindian Cultures. Cambridge, Mass., Harvard Botanical Museum , 1972. Anderson, E. F.: The biography, ecology and taxonomy of Lophophora (Cactaceae). Brittonia, 21: 299-310, 1966. ( Anderson, L. C.: A study of systematic wood anatomy in Cannabis. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 24: 29-36,1974. Antoine, P.: Les Champignons Hallucinogènes: Mémoire, Mycologie Humaine et Veterinaire. Antwerp, Instit. Med. Trop. "Prince Leo p6Jd" Anvers , 1970. Appel , H., ROlher, A., e Schwarting, A. E.: Alkaloids of Heimia salicifolia. II. Isolation of nesodine and Iyfoline and their correlation wilh Jythraceae alkaloids. Lloydia, 28: 84-89, 1965. Arcamone, F., Bonino, c., Chain, E. B., Ferretti , A., Pennella, P., Tonolo, A., e Vero, L.: Produc­ tion of Iysergic acid derivatives by a strain of Claviceps paspali Stevens and Hall in submerged culture. Nature, 187: 238-239 , 1960. . Arnold , O. H. e Hofmann , G.: Zur Psychopathologie des Dimethyltryptamin. Wien. Z. Ner­ venheilkd., 13: 438-445 , 1957. Atkinson, G. F.: Mushrooms, Edible and Poisonous, 2" ed. New York, Hafner, 1961. Bailey, K.: Progress in CQ/1I1abis research. Can. 1. Pharm. Sci., 9: 1-7, 1974. Banholzer, K., Campbell, T. W., e Schmid, H.: Notiz iiber eine Synthese von Mezcalin, N­ Methyl- und N-Dimethylmezcalin. Helv. Chimo Acta, 35: 1577-1581, 1952. Barelay , A. S.: New considerations in an old genus: Datura. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 18: 245-272, 1959a. -: Studies in the genus Datura (Solanaceae). 1. Ta.xonomy of Subgel1us Datura. Tesi di laurea, Harvard Univ., 1959b. Barger, G.: Ergot al1d Ergotism. London , Gurney e Jackson, 1931. Barrau, J.: Nouvelles observations au sujet des plantes hallucinogènes d'usage autochtone en Nouvell e-G uinée.1. Agric. Trop. Bot. Appl., 5: 377-378, 1958. -: Observations et travaux récents sur Jes végétaux hallucinogènes de la NouveJle-Guinée. 1. Agric. Trop. Bot. Appl., 9: 245-249,1962. Battersby, A. R., Binks, R. , e Huxtable, R.: Biosynthesis of peUotine. Tetrahedron Lett, 6111­ 6115, 1968. Baudelaire, c.: Les Paradis Arti(iciels. Baxter, R. M., Dandiya, ' p'. c., Kandel, S. I., Okany, A., e Walker, G. C.: Separation of the hypnotic potentialing principles from the essenlial oil of Acorus calamus L. of Indian origin by liquid-gas chromatographv. Nature, 185: 466-467,1960. Becher, H.: Die Surara und Pakidai , zwei Yananami Stamme in Nordwestbrasilien. Mitteil. Mus. Volkerkunde Hamburg, 26: 1-138, 1960. Beer, A. G.: Beitrage zur Pharmakologie des extrapyramidalen S ystems. I. Mitteilung: Die-' Wirkung des Harmins beL Katzen mit intaktem Nervensystem. Arch. Exp. Path. Phanna­ kol., 193: 377-392, 1939a. Beitrage zur Pharmakologie des extraphyramidalen Sistems. II. Mitteilung: Die Wirkung des Harmins bei Katzen oh ne Neocortex. Arch. Exp. Path. Pharamakol. , 193: 393-407, 1939b. Below, L. E., Leung, A. Y., McLaughlin, J. L. e Paul , A. G.: Cactus alkaloids. IV. Macromerine from Coryphantha runyonii. J. Pharm. Sci., '57: 5 I 5-5 16, 1968. , Blmedict, R. T., Brad y, L. R., Smith , A. H. , e Tyler, V. E.: Occurrence of psilQcybin and psilocin in certain Conocybe and Psilocybe species. Lloydia, 25: 156-159, 1962. Benedict , R. G., Tyler, V. E ., Jr., e Brady, L. R.: Chemotaxonomic significance of isoxazole derivativesin Amanita species. Lloydia, 29: 333-342, 1966. Benington , F. e Morin, R. D.: An improved synthesis of mescaline. J. Am. Chem. Soc., 73: 1353, 1951. ' Benington , F., Morin, R . D., e Clark, J. L. t.: 5-methoxy-N, N-dimethyltryptamine, a possible endogenous psychotoxin. Ala. J . Med. Sci., 2: 397-403, 1965. Bercht , C. A. L., Lousb'erg, R. J . J. c., Kuppers, F. J. E. M. , Salemink, C. A., Vree, T. B., e van Rossum, J. M.: Cannabis. VII. ldentification of cannabinol methyl ether from hashish . J. Chrol11atogr., 81: 163-166, 1973. . 307 / BOlanica e chimica deglì allucinogeni Bercht, C. A. L. , Lousberg, R. J. J . c. , Kuppers , F. J. E. M ., e Salemink, C. A.: Cannabis. IX. Cannabicitran. New naturally occurring telracyc li c diether from Lebanese Cannabis sali­ va. Phylochemislry, / 3 : 619-621,1974. B"rg, C. c.: F/ora N eolropica. Monograph No.7, New York, Hafner, 1972. Bergel, F., Morrison , A. L., Rinderknecht, H., Todd , A. R., MacDonald, A. D. , e Woolfe , G.: Cannabis indica. part. XII. Some analogues and a water-soluble derivative of tetrahyd-ro­ cannabinol. J. Chem. Soc. [Drg.]: 286-287,1943. Beringer, K.: Der Meskalinrausch. Berlin, Springer-Verlag, 1927. Ristampa 1969, New York, Springer-Ve rlag . Beyerman, H. C., van de Linde, A., e Hennin g, G. l.: On ergot alkaloids from plants. Chem. Weekb/ad, 59: 508-509, 1963. von Bibra , E.: Die JWrkO lischen Genussmi/le/ und der Mensch. Neurenburg. Germany, Verlag von Wilhelm S c hmid , 1855. Bhattacharya, S. K ., Ray, A. B., e Dutta, S. c.: Psyc hopharmacological inves tigation s of the 4-methoxyindole a lkaloids of A/slOnia venenala. P/aJ71a Med. (Slullg.), 27: 164-170, 1975. Bhattacharya, S. K. , Sanyal, A. K. e Ghosai, S.: H al lu ci nogenic activity of in do le alkylamines _ isolated Erom Mu c una pruriens. Indian 1. Physio/. Allied Sci., 25, NO.2: 53-56, 1971. Bick, I. R. C. e Clezy, P. S.: Some constituents of takini bark. Chem. lnd. (LondOJ1): 631,1958. Biocca, E.: Viaggi Ira gli indi a/Io Rio NegJ'(r-allO Drinoco. Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 1966, voI. 2, 235-252. Blomster, R. N. , Sc hwarting , A. E. , e Bobbi t, J. M.: Alkaloids of Heimia salicirolia. Lloydia, 27~ 15-24 , 1964 . Bodendorf, K. e Kummer, H.: Ueber die Alkaloide in LallAa VeneJlOsa. Ph annaz. Zen/ralhalle, 101: 620-622,1962. Bogoras, W.: The Chukchee. Mem. Am. Mus. Na/. His /. , Il , par/s, 1-3: 1904-1909. Boit, H. G.: E rgebnisse der Alkaloid-Chemie bis 1960. Berl in , Akademie-Verlag , 1961. Boke, N. H . e Anderson, E. F.: Structure, d~velopment and taxonom y in the genus Lophophora . Am.1. BOI., 57: 569-578,1970. Borhegyi, S. A.: Miniature mushroom stones from Guatemala. Am. A n/., 26: 498-504,1961. Boszorményi, Z. e Szàra, S.: Dimethyltryptamine experiments with psychotics. 1. MeJ71. Sci., 104: 445-453,1958. Bottoml ey , W. e White, D. E.: Auslralia J . Sci. Research, Ser. 4: 107, 1935. Bouquet , R . l.: Cannabis. Bull. Narco lics, 2, NO.4: 14-30, 1950; 3, No. I: 22-45, 195 I. Bove, F . l .: The Story or E rgo/. Base l, S. Karger, 1970. Brac k, A., Hofmann, A., Kalberer, F., Kobel , H. , e Rutschmann , J.: Trytop han als biogenetische Vorstufe des Psi locy bins . Arch. Phannaz., 294/66, NO.4: 230-234, 1961. Braga , D. L. e McLaughlin , J. L.: Cactus alkaJoids. V. Iso lation of hordenine and N­ methyltyramine Erom Ariocarpus re /u sus. Pian/a Medica, 17: 87-94,1969. Bravo, H. H.: Una revisi6n del género Lophophora . Cac/. Succo Mex., 12: 8-17,1967. Brewer-Carias, C. e Steyermark, J. A. : Halluc inogenic snuff drugs of the Yanomamo Caburiwe­ Teri in the Cauaburi River, Brazil. E con. Bo/., 30: 57-66 , 1976. Bris tol, M . L.: Notes on the species of Iree daturas. Bo/. Mus. Lea(l. Han!ard Univo No. 2 1: 229-248 , 1966. -: Tree Dalura drugs of th e Colombian Sibundoy. Bo/. Mu s. Lea fl. Harvard Univo No. 22: 165-227,1969. Bristol , M. L. , Evans , W. ' c., e Lampard, l. F.: The aJkaloid s of th e genus Da/ura, section Brugmansià. parto VI. Tree Datura drugs (Da/ura candida cvs) oE tbe Colombian Sibundoy. Lloydia, 32: 123-130, 1969 . Bri t ton , M. L. e Rose , l. N.: The Cac/aceae. Wa s hington , D. C., Carnegie Inst. , 1922 , voI. 3. 83-85. Brucke, F. T. V., Hornykiewi cz, O. , e Sigg, E. B.: Th e Ph annacology or Psycholherapeu /ic; Drugs. New York, Springer Verla g, 1969 . • Bruhn, l. G.: Ethnobotanical searc h for hallucinogenic cact i . Pian/a Medi ca, 24: 315-319,1973. - : Pharmacognostic studies oE peyote and related psychoact ive cacti. Ac/a Univo Upsaliensis, 6: 1-38,1938. -: Phen e thylamines oF M/o carpu s scapharos/rus. Phyloch em is /ry, 14: 2509-2510, 1975 , - : Early records of Loph òphora g iff'usa. Caci. SUCCo 1. U. S., 48: 115-118, 1976. 308 B ibliografla - : Three men and a drug: Peyote research in the 1880 's. Ca cI. Succo J. CreaI BriI. , 39, NO.2: 27-30, 1977. Bruhn, l. G. e Agurell. S. : Cactaceae alkaloids. XVIII. Two new alkaloids from Coryphanlha calipensis H. Bravo. 1. Pharm. Sci. 63: 574-576, 1974 . -: O-Methylpellotine, a new peyote a lkaloid from Lophophora diffusa. Phylochemislry, /4: 1442-1443,1975. Bru hn , l. G. e Bruhn , c.: Alka loicls a nd ethnobotany of Mexican peyote cacti and relatecl species. Econ. Bol. , 27: 241-251 ,1973. Bru hn , l . G. e Holmstedt , B.: Early peyote research. An interdisciplinary s tucl y. E con. BOI ., 28: 353-390 , 1974. Bruhn, l . G. e Lindgre n, l.-E.: Cacta ceae a1kaloicls. XX III. Alkalo icl s of Pachycereus peclen­ aboriginum a\ld Cereus jamacaru. f-b Bruhn, l . G. e Lundstrom , l .: A s tu dent expe riment in pharmacognosy: Biosynthesi s of mesca­ line in the cactus Trichocereus pachanoi. Am. 1. Phann. Educ., 40: 159-160, 1976a . _. Alkalords of Camegzea glganlea Anzonrne, a new te trah ydrolsoq urnoline aJkalOld. Lloydla, 39: 197-203, 1976b. Bruhn, l. G., Agurell, S., e Lindgren, l. -E.: Cactaceae alk a loids. XXI. Phenethylamine alka loids of Coryphanlha species. Acla Pharm. Suecia, /2: 199-204, 1975. Bruhn, l. G., Lindgren , l.-E. , e Holmsted t, B.: Peyo te alka loids: Identification in a pre hi storic specimen of Lophophora from Coahuila , Mexico. Science, / 99: 1437- 1438, 1978. Bruhn, l . G., Lindgren , l .-E., Holms teclt, B., e Adovasio, l . M.: Peyo te a lkaloids: Icle ntifica tion of a prehistoric spec imen of Lophophora williamsii from Coahuila , Me xico. Séience. Bruhn, l . G., Svensson, U., e Agurell, S .: Bi osy nthesis of tetrahydroisoquinoline a lkaloids in Carnegiea giganlea Br. and R., Acta Chem. Scand., 24: 3775 -3777, 1970. . Bru zzi, A. da S.: A Civi/i z.açao I ndigena do Uaupés. Sao Paulo, Braz i!, Linografica Eclit6ra, Ltd a ., 1962,228. Buchi, G., Coffen, L., Kocsis, K., Sonnet, P. E. e Ziegler, F. E .: The total synthesis of iboga a lk a loids .1. Am. Chem. Soc., 88: 3099-3109, 1966. Buckley, l. P., Theobold, R. l. , C",'ero I. et al.: Prelimina ry pharmacological evaluation of extracts of takini: Helicostylis 10111e11l0sa and H elicoslvlis pedul1culala. Lloydia 36: 341-345 , 1973. Biinge, A.: Beitrage wr Kenntniss der Flora Russlancls und der Steppen Centt-al-Asiens. Mem . Sav. Elr.- Pelersb. , 7: 438, 1847. Burs tei n, S. H. : Labeling and me tabo li sm of the te tra hyclroca nnabino ls. In Mec houlam , R. (Ed.): Marijuana. New York, Academic, 1973, .167-190. Bye, R. A., lr .: Plantas psicotrò pica s de los Tarahumaras. Cuad. Ciel1l. Cemet: (Mexico) , No, 4: 49-72, 1976. -: HaJluc in oge nic plants of th e Tarahumara. 1. EI/1I'Iophannacol. Cahn , R . S.: Cannabis Ìlldica resin. parto I. The constitution of nit mca nn a binolactone (oxyca n­ nabin). J. Chem. Soc. [arg.]. 986-992, 1930. -: Cannabis indica resin. part. II . J. Chem. Soc. [arg.]: 630-638, 1931. -: Cannabis indica resin. p a rt. III. The cons titution of cannabinoJ. 1. Chem. Soc. [Grg. ]. 1342 ­ 1353 , 1932. -: Cannabis indicaresi n . part IV. The sy nthes is of some 2:2-dimethylclibenzopyrans, ancl co n­ firmation of the s tru cture of ca nn abi no l. J. Chem. Soc. [arg.]: 1400-1405 , 1933. Campbell, T. N.: Origin of the Mescal Bear. Cult. Am. Anlhrop. , 60: 15 6-160, 1958. Cardenas, M.: Manual de Planl as Econ6micas de Bolivia. Coc habamba, Imprenta Iehthus, 1969, 234-235 Carias-B re wer, C. e Steyermark, l. A .: Ha llucinogenic snuff dru gs of th e Yanamamo Caburive­ Teri in the Cauaburi River, Brazi!. Econ. Bol., 30: 57-66 , 1976. Cerletti , A .: Biochemie, Physiologie uncl Ph arma kologie des S-Hydroxytryptamins (Serotonina, Enteramina). H elv. Med. ACla, 25: 330-350, 1958. - : Pharmacology of psilocybin . [n Brad ley, P. B., Den ike r, P . e Radouco-Thomas, C. (Ed .): Neuro -Psychopharmacology. Ams terdam , Elsevier, 1959,29 1-294. Chagnon, N. A., Le Quesne, P., e Cook , l . M.: Yanomamò h a llucinogens: Anthropological, botanical and che mifindin gs. Curr. Anlhrop., 12: 72-74, 197 1. Chaumartin, H .: Le Mal des Ard ents et le Feu Saint·Antoine. Vienne-La-Romaine, France, Imprim erie Ternet-Martin, [946. "19 ? ' 309 Bolanica e chimica degli allucinogeni Chan, W. R., Magnus, K . E., e Watson, H. A.: The structure of cannabitriol. Experienlia, 32: 283-284,1976. Chao, J .-M. e Der Marderosian, A. H.: Identification of ergoline alkaloids in the genus Argyreia and related genera and their chemotaxonomic implications in the Convolvulaceae. Phy~ lochemistry, /2: 2435-2440, 1973. Chen, A. L. e Chen, K. K.: Harmine, the alkaloid of caapi. Quarl. 1. Pham1. Pharmacol., 12: 30-38, 1939. Chizhov, O. S., Kessenikh, A. V., Yakovlev, I. P., Zolotarev, B. M., e Petukhov, V. A.: Structure of lagochilin. Telrahedron Lell., No. 17: 1361-1364, 1969. Clark, W. G. e del Giudice, J.: Principles orpsychopham1Qcology. New York, Academic, 1970. Clark, W. H.: Chemical Ecstasy-Psychedelic Drugs and Religion. New York, Sheed, 1969. Claussen, U. e Korte, F.: Herkunft, Wirkung und Synthese der Inhaltsstoffe des Haschisch. Nalurvvissenchafìen, 53: 541-546, 1966. Ueber das Verhal ten von Hanf und von 6 9 -6a,JOa-trans-Tetrahydrocannabinol bei m Rauchen. Liebigs Ann. Chern., 7/3: 162-165, 1968a. Phenolische Inhaltsstoffe der Hanf-Pflanze und ihre Umwandlung zu Haschisch­ Inhaltsstoffen. Liebigs Ann. Chern., 7/3: 166-174, 1968b. Clausse n, U., van Spulak , F., e Korte, F.: Haschisc h-X. Cannabichromen, ein neuer Haschisch­ Inhaltsstoff. Telrahedron , 22: 1477-1479, 1966. -: Haschisch-XIV. Zur Kenntnis der Inhaltsstoffe des Haschisch. Telrahedron, 24: 1621-1623, 1968. Coelho, V. P. (Ed .): Os Alucin6genos e o Mundo Simb6/ico. Sao Paulo, Editòra Pedagògica e Universi taria, Ltda., 1976. Cohen, S.: The hallucinogens. In Clark, W. G. e del Giudice, J. (Ed): Principles or Psychophar­ macology. New York, Academic, 1970,489-503. Collier, J.: The peyote cult. Science, 1/5: 503-504,1952. Cooke, M. c.: The Seven Sislers or Sleep. London, James Blackwood, 1860. Cooper, J. M.: Stimulants and narcotics. In Steward, J. H. (Ed.): Hai1dbook or SOUlh Arnerican India/H, Bur. Am. Ethnol. Bull. No. 143, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1949, vol. 5, 525-558. Corothie, E. e Nakano, T.: Constituents of the bark of Virola sebirera. Planla Medica, 17: 184­ 188,1969. Crosby, D. M. e McLaughlin , J. L.: Cactus alkaloids . XIX. Crystallization of mesca line HCL and 3-methoxytyramine HLC from Trichocereus pachanoi. Lloydia, 36: 416-418, 1973. Cruz-Sanchez, G.: Informe sobre las aplicaciones populares de la cimora en el norte del Peni. Rev. Farm. Med. Exp (Lima), /: 253-258,1948. Cuatrecasas, J. : Prima flora Colombiana 2-Malphighiaceae. Webbia, /3: 343-664, 1958. -: Banisleriopsis caapi, B. inebria/1s, B. rusbyana. 1. Agric. Trop. BOl. Appl., /2: 424-429, 1965. De Budowski, J., Marini-Bettolo , G. B., Delle Monache, F., e Ferrari , F.: On the alkaloid co m­ position of the snuff drug yopo from the Upper Orinoco (Venezuela). Fam1Qco, (Ed. Sci.), 29 : 574-578,1974. Der Marderosian, A. H.: Nomenclatural history of the Morning Glory, Ipomoea violacea L. Taxon ., 14: 234-240,1965. -: Psychotomimetic indoles in the Convolvulaceae. Am. 1. Pharm. , 139: 19-26, 1967a. -: Psychotomimetic co mpounds from higher plants. Lloydia, 30: 23-38 , 1967b . -: Comunicazione privata , 1972. Der Marderosian, A. H., Kensinger, K . M., Chao , J-M., e Goldstein, F. J.: The use of hallucina­ tory principles of the psychoactive beverage of the Cashi nahua tribe (Rio delle Amazzoni). Drug Dependence, NO.5: 7-14,1970. Der Marderosian, ·A . H., Pinkley, H. V. , e Dobbins, M. F.: Native use and QCcurrence of N, N-dimethyltryptamine in the leaves of Banisleriopsis rusbyana. Am. 1. Pharm , 140: 137­ 147, 1968. ' Der Marderosian, A. H. e Youngken, H . W. Jr.: The di stri bution of indole alkaloids among certain species and varieties of Ipomoea , Rivea and Convolvulus (Convolvulaceae). Lloydia , 29: 35-42, 1966 Deulofeu, V.: The curarizing a.lkaloids of Erylhrina species. In Bovet, D., Bovet-Nitti. F., e' Marini-Bettolo, G. B. (Ed.): Curare and Curare-like Agel1/s. Amsterdam , Eisevier, 1959, 163-169 . 310 cl· B ibliogra(ia -: Chemical compounds isolated from Banis/eriopsis and related species . In Efron, D., Holm­ stedt, B., and Kline , N. S. (Ed.): E/hnopham1Qcologic Search (or Psychoac tive Drugs. Public Health Serv. PubI., No. 1645, Washington D. c., U. S. Gov!. Printing Office, 1967, 393-402. Diaz, J. L. (Ed.): Etno(armacologia de Plal1tas Alucin6genas Latinoamericanas. (Atti di un simpo­ sio dell'8° congresso latino americano di psichiatria, Acapulco, 1975). Mexico, D . F., Cen­ tra Mexicano de Estudios en Farmacodependencia. Cuadernos Cientificos, 1975, voI. 4. AIgunas plantas mexicanas cOn efectos sobre el sistema nervioso. In Lozoya , L. (Ed.): . Es/ado Aclual del Conocim ien/o en Plan/as Medicinales Mexicanas, voI. X. Mexico, Instituto Mexicano para el Estudio de las Plantas Medicinales, 109-130, 1976a . -: Mexican psychotropic plants: Botanical distribution and identification. In Psico/r6picos de Origen Vege/al, sus Implicaciones Hist6ricas y Cul/urales. Mexico, Instituto Mexicano para el Estudio de las Plantas Medicinales, 79-85, 1976b. -: Ethnopharmacology of sacred psychoactive plants used by the Indians of Mexico . Ann. Rev. Phannacol. Toxicol., 17: 647-675 , 1977. Dieckhoefer, K:, Vogel, T., e Mayer-Lindenberg, J.: Darura s/ramonium als Rauschmittl. Nerve­ narzl, 42: 431-437,1971 . Dobkin de Rios, M.: Visionary Vine. San Francisco, Chandler Publishing Co., 1972. -: The wilderness of mind : Sacred plants in cross-cultural perspective . Sage Research Pap. Soc. Sci., 5: 1976. -: Pian t halluc inogens and the religion of the Mochica-An ancient Peruvian people . Econ. BOI., 31: 189-203, 1977. Dominguez , X. A., Excarria, S., e Pérez, E. c.: Chemical studies of cacti. V. Constituents of Coryphanlha palmeri Britton-Rose and Echinocac/us grandis Rose. Pian/a Medica 18: 315­ 317,1970. Doorenbos, N. J., Fetterman , P. S., Quimby, M. W ., e Turner, C. E.: Cultivalion, extraction, and analysis of Cannabis saliva L. Ann. N. Y. Acad. Sci., /91, No.5: 3-14 , 1971. Doroow, A. e Petsch , G.: Notiz zur Darstellung des ~-Oxy 13-(3,4,5-trimethoxy-phenyl)­ athy lamins (Ossi mescal ina), des Bis-[I3-(3 ,4,5-trimethoxy-plenyl)-a thyl]-amins (Di mescali­ na) und des ~-(3,4,5-trimethoxy-phen y l)-athylamins (Mescalina). Arch. Pham1. , 284: 160­ 163, 1951. -: Ueber die Darslellung des Oxymezcalins und Mexcalins. Arch. Phann., 285: 323-326, 1952. Douglas, B. , Kirkpatrick , J. L. , Raffauf. R. F. , Ribeiro, O:, e Weis bach, J. A.: Problems in chemotaxonomy. Il. The major alkaloids of the genus Heimia. Lloydia , 27: 25-31, 1964. Ducke, A.: Plantes nouvelles . Arch.lnsl. Biol. Veg., 4, No. I: 3,1938. -: As leguminosas da Amazo/1ia brasileira. Rio de Jan e iro, Servicio de Publicidade Agricola , 1939,41. Dybowski, J. e Landrin, E.: Sur l'iboga , sur ses propriétés excilantes, sa composition et sur l'alcaloide qu'il renferme. Comp/es R end, 133: 748-750,1901. El-Feral y, F. S. e Turn er, C. E.: Alkaloids of Cannabis saliva leaves . Phytochemistry, /4: 2304, 1975. Elger, F.: Ueber das Vorkommen von Harmin in einer siidamerikanischen Liane (Yagé). Helv. Chimo ACla, Il: 162-166, 1928. EIJis , H.: Mescal: A new arlificial paradise. Ann. Rep/. Smilhsonian In sl.: 537-548, 1898. Emboden, W. A., Jr.: Narco/ic Pian/s. New York, Macmillan Co. , 1972. - : Cannabis: A polytypic genus. Econ. BOI ., 28: 304-310, 1974. -: Plant hypnotics among the North American Indians. In Hand, W. D. (Ed .) : American Folk Medicine: A Symposlum, Berkeley, Univo or Cal. Pr., 1976, 159-167. - : Ritual use of Ca/1/1abis sal iva L.: An historical-ethnographic survey. In Furst, P. T. (Ed.): Flesh o( Ihe Gods, New York, Praeger, 1972 , 214-236. Emmerich, A.: Swea/ o( /he Sun (md Tears o( the Moon: Gold and Silver in Pre-Columbial1 ArI. Seattl e, Washington , Univ o of Wash. Pr., 1965. Eroe, M. e Ramirez, F.: Ueber die Reduktion von I3-Nitrostyrolen mit Lithiumaluminiumhy­ drid. Helv. Chimo Ac/a, 33: 912 -9 16, 1950. Eugster, C. H.: Wirkstoffe aus dem Fliegenpilz Na/urwissenscha(len, 55: 305-313 , 1968. -: Comunicazione privata, 1977. Eugster, C. Il ., Miiller, G. F. R., e Good , R.: Wirkstoffe aus AmO/1i/a muscaria: Ibotensaure und Muscazon . Telrahedron Lel/ ., No. 23: 1813-1815 , 1965. 311 Bo/anica e chimica degli allucinogen i Eu gs ter, C. H. e Takemoto, T.: Zur Nomenklatur der neuen Verbindungen aus Amanita-Arten. H elv. Chimo Acta, 50: 126-127 , J967. Evans, W. c., e Well endorf. W.: The alk a loids of the roots of DalUra. 1. Chem. Soc. [Org.J: 1406, 1959. Evans , W. c., Ghani, A., e Wooley, V. A.: Alkal oids of Solandra species. Phy/ochemis/ry 2: 470-472 , J 972. Evans , W. C., Major, V. A., e Pe than , M.: The alkaloids of the ge nus Da/ura, section Brugma n­ sia. part III. Datura sanguinea R. and P. Pianta Medica, 13: 353-358, /965. Evans, W. C. e/ al.: Phylochemislry, 11: 469-470,1972. Fabing, H. D. e Hawkins, J. R.: Intravenous injec tion of bufotenine in humans. Science, /23: 886-887, 1956. Fadiman, J.: Genis/a ca nariens is: A minor psychedelic. Econ. Bol., /9 : 383-384,1965. Fairbairn, J. W. e Rowan, M. G.: Cannabinoid pattern in Cannabis saliva L. seedlings as an indication of chemical race . 1. Pharm. Pharmacol., 26: 413-419,1974. Farnsworth, N. R.: Hallucinogenic plants. Science, /62: 1086-1092, 1968. -: Some haJlucinogenic and related plants. In Gunckel, J. E. (Ed.): Currenl Topics in Pian/ Sciences. New York , Academic, 1969,367-399. Farn sworth, N. R., Bingel , A. S., e_Fong, H. H . S.: Oncogenic and tumor-promoting sperma­ tophytes and pteridophyles and their active principles. Cancer Trea/. Rep. , 60: 1171-1214 , 1976. Fernandez, J. W.: Tabemal1lhe iboga: Narcotic ecstasis and the work of the ancestors. In Furst, P. T. (Ed.): Flesh orlhe Gods, New York, Praeger, 1972,237-260. Ferris, J. P. , Boyce, C. B. , e Briner, R. c.: Lythraceae alkaJoids. Structure and stereochemistry of th e major alkaloids of Decodon and Heimia. Te/rah edrO I1 Lell ., No. 30: 3641-3649, 1966. Fetterman , P. S., Keith , E. S., Wa ller, C. W., Gue rrefo~-O :, Doorenbos, N. J., e Quimby, M. W.: Mississippi grown Cannabis saliva L: Preliminary observation on chemical definition of . phenotype and variation in tetrahydrocannabinol content versus age, sex and plant·part. 1. Pharm S ci., 60: 1246-1249,1971 . Fischer, O.: Ueber Harmin und Harmalin . II. Berichl, 22: 637-645 , 1889. Fischer, R.: Pharmacology and metabolism of mescaline. Rev. Can. Biol., 17: 389-409,1958. Fisch, M. S., Johnson, N. M., e Horning, E. c.: Pip/adenia alkaloids. Indole bases of P. peregrina L. Benth and related species. 1. Am. Chem. Soc., 77: 5892-5895 , 1955. -: t-Amine oxide rearrangements. N,N-dimethyltryptamine oxide.J. Am. Chem. Soc., 78: 3668­ 3671,1956. Flores, M.: An E/hnobo/anical Inves/iga/ ion or Calea zaca/echich i. Tesi di laurea, Harvard Uni­ versity, Cambridge, Mass., 1977. Fodor, G.: The tropane aJkaloids. In Manske, R. H. F. e Holmes, H. L. (Ed.): The Alkaloids. New York , Academic , 1960, voI. 6,145-177. - : The tropane alkaloids. In Manske R. H . F. e Holmes, H. L. (Ed.): The Alkaloids. New York, Academic, 1967, voI. 9, 269-303. Folkers, K. e Unna, K.: Erylhrina alkaloids: V. Comparative curarelike Jike potencies of species of the genus Ery/hrina. 1. Am.Pharm. Assoc., 28: 1019-1028, 1939. Friedberg, c.: Rapport som maire sur une mission au Pérou. J. Agric. Trop. BaI. Appl., 6, No. 8-9: 1959. • -: Des Baniste riops is utilisés comme drogue en Amérique du Sud. J. Agric. Trop. BaI. Appl., 12: 403-437,1965. Friedrich-Fiechtl. J. e Spileller G.: Neue cannabinoide-1. Te/rahedron, 31: 479-487,1975. Fritz, H., Gagneux, A. R., Zbinden, R. , e Eugster, C. H.: The structure of muscazone. Te/rahe­ dron Le/t., No . .25: 2075-2076, 1965. FuJlerton , D. W. e Kurzman, M. G.: The identification and misident ification of marijuana. Conlemp. Drug Problems: 291-344, Fa Il , 1974. -: Winning stra tegies for defense of marijuana cases: Chemical and botanical issues. Nat'I 1. Criminal Der , /: 487-543 , 1975. Furst, P. T.: Ariocarpus relusus, the "false peyote" of Huichol tradition. Ecol7. BaI. , 25: J 82-187, 1971. -: To fiod our life: Peyote amo ng the Huichol Indiaos of Mexico. In Furst, P. T . (Ed.): Flesh or /he Gods. New York, Praeger , 1972, 136-184. 312 Bibliografia Hallucinogens in preco lumbian art. In King, M. E. e Tray lo r, I. F. (Ed.): Art and Environ­ ment in Native America. Special PubI. Mus. Texas Tech. Uni v., No.7, Lubbock , Texas, Te xas Tech. Press, 1974. - : Mornin g GloL"y and mother goddess at Tepantitla , Teotihuacan : Iconography and analogy in pre-Colombian art. In Hammond, N. (Ed .): Mesoamerican Archaeology-New Approaches. London , Duckworth, 1974 , 187-215. -: Hallu ci nogens and Culture. San Franc isco, Chandler & Sharp , Publishers , 1976. Furst, P. T. e Coe, M . D.: Ritual enemas. Na t. Hist., 86: 88-91, Ma rch 1977. Gagneu x, A. R., Hafliger, F., Eugster, C. H . e Good, R .: Synthesis or pantherine (agarina). Tetrahedron Le/I., No. 25: 2077-2079, 1965. Gagneux, A. R. , Hafl iger, F., Mei er, R. , e Eugster, C. H .: Synthesis or ibote nic acido Tetrah edro n Lel/., No. 25: 2081-2084, 1965 . Gaoni, Y. e Mec houlam, R.: The st ruc ture and synthesis of cannabigerol, a new ha shish co nsti­ tuent. Proc. Chem. Soc. (London): 82 , 1964a. - : Isolati o n, structure, and partial synthes is of a n active constituent of hashish . J. Am. Chem. Soc., 86 : 1646-1647, I 964b. -: The iso lation and s truc ture of D '-te trahydrocannabinol and other neut ra l cannabinoids from hashish.J. Amer. Chem. Soc. , 93: 217-224,1971. Garcia-Barriga , H. : Flora Medi cinal de Colombia, 2 a ed . Bogo ta, Univ ersidad Nacional, 1975. Gayer, H.: Pharmakologische Wertbes timmung von orientalischen H aschisch und Herba Can­ nabis indi cae.·Arch. Exp. Pa/hol. Pharmakol. , /29: 312-318 , 1928. Geiger, P. L. e Hesse, O.: Ueber e inige neue giftige organische Alkalien. Ann. Ph arm ., 7: 269­ 280,1833. Gershon , S. e Lang. W . l .: A psycho-pha r maco logical study of some indole a lkaloids. Arch . lntem. Pharmacodyn. Therap., /35 : 31-56,1962. Gessn er, P. K . e Page , l. H.: Behaviora l effects of 5-methoxy- N,N-dimeth yltry ptamine, other tryptamines, a nd LSD. Am. J. Physiol., 203: 167-172 , 1962. Ghosh, R., Todd , A. R., e Wilkinso n, S .: Cannabis indica. part. IV. The synthesis of some tetrahydrodibenzopyran d eriv a tives. J. Chem. Soc . [Org.]: 1121-1125,1940. - : Cannabis illdica. part. V. The synthesis of ca nn abi nol. J. Chem. Soc. [Org.]: 1393-1396, 1940. Gibbs , R. D.: Chemotaxonomy of Flowering Plants. Montreal, McGil l-Queen's Univo Pr., 1974. Glasser, A.: Some pharmacol ogica l actions of D-I yse rg ic acid methyl carbinolamide. Na/ure, / 89: 3 13-314,1961. Goldman, I.: The Cubeo - 1ndians or /he Nor/"\;ves/ Ama zon. Urbana III. Univ oof III., Pr. 1963. Gonçalves de Lima , O .: Observaçòes sòbre o vinho da ju re ma utilizado pelos indios Pancaru de Tacaratu (Perna mbuco). Arquiv. 1ns t. Pesquisas AgrO/l., 4: 45-80, 1946. Good, R ., Mull er, G. F. R., e Eugste r, C. H.: lsoli erun g und Charakterisieru ng von Pramusc imol (=Ibotensaure) und Muscazon aus Amanita muscaria. Helv. Chimo Acta, 48: 927-930 , 1965. Goodman , L. S. e Gilman, A.: Tile Phannacolog ical Bas is or Th erapeutics, 2 a ed. New York, Macm illan , 1955. Gath , H. , Gagneu x, A. R., Eugster, C. H . e Schmid, H .: 2(3H)-Oxazolone durch Photoumlage­ rung von 3-Hydroxyisoxazolen. S y nthese von Mu scazon . Helv. Chimo Acta, 50: 137-142 , 1967. Grainer-Doyeux, M _: Nati ve halluci noge nic drugs Piptade nias. Bull. Narcotics, 17, N O.2: 29'-38, 1965 . Green, R. C. l r.: Nutmeg poisoning. J. Am. Med. Assoc., 17/: 1342-1 344 , 1959 . Grager, D.:. Ue ber das Vork om m e n von Ergolinderivaten in lpomoea-Arten . Flora, 153: 373­ 382,1963 Gutiérrez-Noriega, C. e Cruz-Sanchez, G.: Alteraciones mental es producidals por la Opun/ia cylindrica. Rev. Neuro-Psiquiatr. , lO: 422-468,1947. - : Psi cos is expe rim e ntal producida por la Opuntia cylindrica. Rev. Neuro-Psiquiatr., Il : 155­ 170,1948. ' Guzman, H . G .: Sinopsis de 10s co noc imientos sobre los hongos alu c in6ge nos mexicanos . Bol. Soc. Bot. Mex., No. 24: 14-3 4, 1959a. -: Es/udio Taxonomico y Ecologico de los Hongos Neurotr6picos Mexica nos. Tesi . Ins t. Politécn. Nac. Esc. Nac . Ciénc. Biolog., Mexico, D. F., 1959b. Guzman, H. G. e Ott , J.: Description and chemi ca l analysis of a new species of ha llucinogenic Psilocybe from the Pac ific Northwest. Mycologia, 68: 1261-1267, 1976 . 313 Botanica e chimica degli allucinogeni Guzman, H. G., Oll, l., Boydston, l., e Pollock, S. H.: Psychotropic mycoflora of Washington, Idaho, Oregon, California and British Columbia. Mycologia, 68: 1267-1272, 1976. Hahn, G. e Rumpf, F.: Ueber ~-[Oxy-phenyIHithylamine und ihre Umwandlungen, V. MitI.: Kondensation von Oxy-phenyl-athylaminen und a-Ketonsauren. Bericht, 71: 2141-2153, 1938 . Hahn, G. e Wassmuth, H.: Ueber ~-[Oxy-phenyl]-athylamine und ihre Umwandlungen, 1. MitI.: Synthese des Mezcalins. Bericht, 67: 696-708, 1934. Haller, A. e Heckel, E.: Sur l'ibogine, principe actif d'une piante du genre Tabemaemontana originaire du Congo. C. R. Acad. Sci., 133: 850-853, 190 I. Hansen , H. A.: Heksens Urtegiird. Th. Laurens Bogtrykkeri, T\l>oder, Denmark, 1976. Hanus, L. e KrejCi, Z.: The present state of knowledge in the chemistry of substances of Cannabis sativa L. 1. Substances of cannabinoid type. ACI Univo Palacki Olomuc. Pac. Med., 71: 239-251,1974. . Harner, M.l.: The sound of rushing water. Nal. Hisl., 77: 28-33 , 1968. Harner, M. l. (Ed.): Hallucinogens and Shamanism. New York, Oxford Univ., 1973. Haro A., S. L.: Shamanismo y farmacopea en el Reino de Quito. 11151. Ecual. Cienc. Nal. Contr., No. 75: Nov . 1971. Hartwich, C.: Die Menschlichen Genussmil/el. Leipzig, Chr. Herm. Tauchnitz, 1911. Harvey, D. l.: Characterization of the butyl homologues of 6 J-tetrahydrocannabinol, cannabi­ noi and cannabidiol in samples of cannabis by combined gas chromatography and mass spectrometry.1. Pharm. Pharmacol., 28: 280-285, 1976. Harvey, D. G. e Robson , W.: The synthesis of r-6-methoxytryptophan and of harmine, with a note on the action of acetaldehyde on tryptophan. 1. Chem. Soc. [Org.]: 97-101,1938. Hashimoto, Y. e Kawanishi , K.: New organic bases from Amazonian BaniSleriopsis caapi. PhylOchemislry, 14: 1633-1635, 1975. -: New alkaloids from Banisleriopsis caapi. Ph)'lochemislry, 15: 1559-1960, 1976. Heacock, R. A. : Psychotomimetics of the Convolvulaceae. In Ellis, G. P. e West, G. B. (Ed.): Pragress in Medicai Chemislry. Amsterdam, North Holland Pub . Co., 1975; voI. II, 92-118. Heffter, A.: Ueber zwei Kakteenalkaloide. Ber. Deutsch. Chem. Ges., 27: 2975-2979, 1894. -: Ueber Kacteenalkaloide. Ber. Deulsch. Chem. Ges., 29: 216-227, 1896. -: Ueber Pellote. Mch, Exp. Palhol. Pharmakol. , 40: 385-429, 1898. Hegnauer, R.: Chemola.xonomie der Pflanzen, 6" ed. Basel, Birkhauser Verlag , 1973. Heim, R.: Les champignons divinatoires utilisés dans les rites des indiens Mazatèques, recueil­ lis au cours de leur premier voyage au Mexique, en 1953, par Mme, Valentina Pavlovna Wasson et M. R. Gordon Wasson. Comptes Rend., 242: 965-968, 1956a. -:Les champignons divinatoires recueillis par Mme. Valentina Pavlovna Wasson et M. R. Gordon Wasson au cours de leurs missions de 1954 et 1955 dans les pays Mije, Mazatèque, Zapatèque et Nahau du Mexique Meridional et CentraI. Compi es Rend., 242: 1389-1395, 1956b. Les agaries hallucinogènes du genre PSilocybe recueillis au cours de notre récente mission dans le Mexique Meridional et Centrai en compagnie de M. R. Gordon Wasson. Comples Rend., 244: 659-700, 1957a. Notes préliminaires sur les agarics hallHcinogènes du Mexique. Rev. Myçol., 22: 58-79, 1957b. , - : Les Champignons Toxiques et Hallucinogènes . Paris, N. Boubée & Cie., 1963. Les substances indoliques produites par les champignons toxiques et hallucinogènes. Bull. Méd, Leg., 8: 122-141,1965. Nouvelles Invesligalions SUY les Champignons HaliL/cil1ogènes. Paris, Edil. Mus. Nat. Hist., 1967. . Champignons d'EL/rape, 2" ed. Paris, N. Boubée & Cie., 1969. Heim, iì., Heimann, H., e Lukacs, G.: Die psychischen Wirkungen der mexikanischeh Droge "O\à-liuqui" am Menschen. Ps)'chopham1Qcologia , 13: 35-48, 1968. . Heim . e Hofmann, A.: Ph y tochimie - Isolement de la psilocybine à partir du Slrapharia cuhensis Earle et d'autres espèces de champignons hallucinogènes mexicains appartenant au genre Psilocybe. Comples Rend., 247: 557-561,1958 . Heim, . e Wasson , R. G.: Les Champig110ns Hallucinogènes du Mexique. Paris, Edit. Mus. Nat. Hist., 1958. 314. Bibliografia -: Une investigation sur les champignons sacrés des Mistèq ues. Comptes Rend. , 254: 788-791, 1962. -: The "mushroom madness" of the Kuma. Bot. Mus. Leafl. HOIvard Univo No. 21: 1-36, 1965. Heimann, H.: Die Scopolaminwirlamg, Basel, S. Karger, 1952. Hennings, P.: Eine giftige Kaktee, Anhalonium Lewinni n.sp. Gartenfl., 37: 410-412,1888. Henry, T. A.: The Alkaloids. London, J. e A. Churchill, 1949,66. Hermindez, F.: Nova Plantarum, Animalium et Mineralium Mexicanorum Historia . Roma, B. Deuersini et Z. Masotti, 1651. Hesse, M.: Indolalkaloide in Tabellen , Berlin, Springer-Verlag, 1968, 30. Hesse, O.: Ueber die Alkaloide der Ma ndragorawurzel, J. Prakt. Chemie, 64: 274-286, 1901. Heyl, G.: Ueber das Alkaloid von Camegiea gigantea (Engelm.) Britt. e Rose (Cereus giganteus Engelm.). Arch, Pharm., 266: 668-673,1928. Hill , R. K.: The Ery/hrina alkaloids. In Manske, R. H. F. e Holmes, H. L. (Ed.): The Alkaloids. New York, Academic, 1967, voI. 9, 483-515. Hochstein, F. A. e Paradies: A. M.: Alkaloids of Banis/eria caapi and Pres/onia amazonicum. J. Am. Chem. Soc., 79: 5735-5736,1957. Hocking, G. M.: Harma lae Semen. Quar/. J. Crude Drug Res. , 6: 913-916, 1966 . Hodgkins, J. E ., Brown, S. D., e Massingill, J. L.: Two new alkaloids in cacti . Tetrahedron Lel/. : 1967. Hoffer, A. e Osmond, H.: The Hallu cinogens. New York, Academic, 1967. Hofmann , A.: Die Gesc hichte des LSD-25. Triangel Sandoz-Zeitsch. Mediz. Wissen., 2: 117-124, 1955. -: Psychotomimetic drugs. Chemical and pharmacological aspects. Acta Physiol. Pharmacol. Neerl., 8: 240-258 , 1959. -: Psychotomimetica. Chemische, pharmakologische und medizinische Aspekte. Svensk Kem. Tidskr. , 72: 723-747,1960. -: Chemical, pharmacological and medicai aspects of psychotomimetics. J. Exp. Med. Sci:, 5: 31-5 l, 1961a. -: Die Wirkstoffe der mexikanischen Zauberdroge "Ololiuqui". Pianta Medica, 9: 354-367, 1961b . -: Psychotomimetic substances. Indian J. Pharm., 25: 245-256 , 1963a. -: The active principles of the seeds oE Rivea corymbosa and Ipomoea violacea. Bol. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 20: 194-212 , 1963b. -: Mexikanische Zauberdrogen und ihre Wirkstoffe. Pianta Medica, 12: 341-352, 1964a. -: Die MUl/erkomalkaloide. Stuttgart, Ferdinand Enke Verlag, 1964b. -: Alcaloldes indoliques isolés des plantes hallucinogènes et narcotiques du Mexique. Collo­ ques Intema/ionau.x du Centre Na/ional de la Recherche Scien/iric No. 144. Paris, Editions Centre Nat. Rech. Scient., 1966,223-241. ' -: Psyc ho-aktive Stoffe aus Pflanzen, Therapie Woche, 17: 1739-1746, 1967. -: Psychotomimetic agents. In Burger, A. (Ed.): Chemical COl1s/i/u/iol1 and Pharmacodyl1al11ic Ac/ion, 2a ed., New York, M. Dekker, 1'968, 169-235 . -: The discovery of LSD and subseq uent investigations on naturally occuring hallucinogens. In Ayd , F. J. Jr. e Blackwell, B. (Ed.): Discoveries il1 Biological Psychia/ry. Philadelphia, Lippincott, 1970a. -: Struktur und Synthese der Halluzinogene. J. Mond. Pharm., NO.3: 187-205, 1970b. -: Ergot - A rich source of pharmacologitally active substances. In Swain, T. (Ed.): Plal1/s in /he Developmen/ or Modern Medicine. Cambridge, Mass. , Harvard Uni. Pr., 1972,235-260. Hofmann, A. , 8runner, R., Kobel , H., e Brack, A.: Neu e Alkaloide aus der saprophytischen Kultur des Mutterkornpilzes von Pel1l1isetwn /yphoideul11 Rich. Helv. Chimo Acta, 40: 1358­ 1373 , 1957 . . Hofmann, A., Frey, A., Ott, H., Petrzilka, T ., e Troxler, F.: Konstitutionsaufkliirung und Synthe­ se vonPsilocybin. Experiel1/ia, 14: 397-399 , 1958. Hofmann , A., Heim , R., Brack, A., e Kobel , H .: Psilocybin, ein psychotroper Wirkstoffaus dem mexikanischen Rauschpilz Psilocybe mexical1a Heim. Experienlia , 14: 107-109, 1958. Hofmann, A. , Heim , R., Brack, A., Kobel. H., Frey, A. Ott, H., Petrzilka, T., e Troxler, F.: Psilocybin und Psilocin. Helv. Chimo Acta, 42: 1557-1572 , 1959. Hoffmann, A., Heim , R., e Tscherter, H.: Présence de la psilocybine dans une espèce euro­ péenne d 'agaric, le "Psilocybe semilal1cea/a". Comp/es Rend., 257: 10-12 , 1963. 315 \ Botanica e chimica degli allucinogeni Hoffmann, A. e Troxler, F.: Identifizierung von psilocin. Experientia, 15: 101-102, 1959. Hoffmann, A. e Tscherter, H.: Isolierung von Lysergsaure-Alkaloiden aus der mexikanischen Zauberdroge Ololiuqui (Rivea corymbosa L. Hall.f.). Experientia, 16: 414, J 960. Holley, l. H., Hadley, K. W., e Turner, C. E.: Constituents of Cannabis saliva L. XI. Cannabidiol and cannabichromene in samples of known geographical origino J. Phann. Sci., 64: 892­ 894, 1975. Hollister, L. E.: Chemical Psychoses: LSD and Related Drugs, Springfield, Thomas, 1968. Holmstedt, B.: Tryptamine derivatives in epené, an intoxicating snuff used by some South American Indian tribes. Arch. In/. Pharmacodyn. Ther., 156: 285-305, 1965. Historical survey. In Efron, D., Holmstedt, B., e Kline, N. S. (Ed.): Ethnopharmacologic Search {or Psychoaclive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967a, 3-32. Holmstedt, B. e Lindgren, l.-E.: Chemical constituents and pharmacology of South American snuff. In Efron, D., Holmstedt, B., e Kline, N. S. (Ed.): Elhnopharmacologic Search {or Psychoaclive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967b, 339-373. Howard, l. H.: The Mescal Bean Cult ofCentral and Southern Plains: An ancestor of the Peyote Cult? Am. Anthrap., 59: 75-87,1957. Humboldt, T. von e Bonpland, A.: Personal Narralive o{ Travels to the Equinoclial Regions of America, Ross, T. (ed. e trad.). London, Henry G. Bohn, 1852-53. Hylin, l. W. e Watson, D. P.: Ergoline alkaloids in tropical wood roses. Science, 148: 499-500, 1965. Isbell, H.: Comparison of the reactions induced by psilocybin and LSD-25 in mano Psychophar­ macology, l: 29-38, 1959. Isbell, H., Gorodetzsky, C. W., lasinski, D., Claussen, U., V. Spulak, F., e Korte, F.: Effects of(-) 6 9 -trans-tetrahydrocannabinol in mano Psychopharmacology, 11: 184-188, 1967. Isbell, H., Wolbach, A. B., Wikler, A., e Miner, E. l.: Cross tolerance between LSD and psilocy­ bino Psychopharmacology, 2: 147-159, 1961. Izaddoost, M., Harris, B. G., e Gracy, R. W.: Structure and toxicity of alkaloids and amino acids of Sophora secundiflora. 1. Pharm. Sci., 65: 352-354, 1976. lackson B. e Reed, A.: Catnip and the alteraion. J. Am. Med. Assoc., 207: 1349-1350, 1969. laniger, O. e Dobkin de Rios, M.: Nicotiana an hallucinogen) Econ. Bo/., 30: 149-151, 1976. len, T. Y., Hughes, G. A. e Smith, H.: Total synthesis of 6 8 -(6 j(6 J)-tetrahydrocannabinol, a biologically active constituent of hashish (marijuana). 1. Am. Chem. Soc., §9: 4551-4552, 1967. lohnston, l. F.: The Chemislry o{ Common Li{e. New York, D. Appleton and Co., 1855. loyce, C. R. B. e Curry, S. H. (Ed.): The Botany and Chemislry o{ Cannabis. London, l. & A. Churchill, 1970. Kapadia, G. l. e Fales, H. M.: Krebs cycle conjugates ofmescaline. Identification of fourteen new peyote alkaloid amides. Chem. Commun.,: 1688-1689, 1968a. -: Peyote alkaloids. VI. Peyophorine, a tetrahydroisoquinoline cactus alkaloid containing an N-ethyJ group.1. Pharm. Sci., 57: 2017-2018, 1968b. Kapadia, G. l. e Fayez, M. B. E.: Peyote constituents: Chemistry, biogenesis, and biologica l effects.1. Pharm. Sci., 59: 1699-1727, 1970. Kapadia, G. l. e Highet, R. l.: Peyote alkaloids. IV. Structure of peyonine, nove I ~­ phenethylpyrrole from Lophophora williamsii. 1. Pharm. Sci., 57: 191-192, 1968. Kapadia, G. l., Shah, N. l., e Zalucky, T. B.: Peyote alkaloids. Il. Anhalotine, lophotine, and peyotine, the quaternary alkaloids of Lophòphora williamsii. 1. Phemn. Sci., 57: 254-262, 1968. Kaplan, H. R. e Malone, M. H.: A pharmacologic study of nesodine, cryogenine and other alkaloids of Heimia salici{olia. Lloydia, 29: 348-359,1966. Karnick, C. R. e Saxena, M. D.: Datura Linn. - The famous narcotic from the East. Quart. 1. Crude Drug Res., 10: 1493-1516, 1970. Karsten, R.: Berauschende und Narkotische Getranke unter den Indianern Sudamerikas, Bei­ trage zur Sittengeschichte der sudamerikanischen Indianern. Act. Acad. Aboensis Hum., 1: 28-72,1920. Keller, W. l.: Alkaloids from Sophora secundiflora. Phytochemistry, 14: 2305-2306, 1975. Keller, W. l. e McLaughlin, l. L.: Cactus alkaloids. XIII. Isolation of (-)-normacromerine from 316 Bibliografia Coryphantha macromeris varo runyonii. 1. Pharm. Sci., 61: 147-148, 1972 . Keller, W. J. , Hatfield , G. M., e Valdes , L J. Isolation of lupinine and 6 S -dehydrolupanine from Sophora secundiflora. Lloydia , 39: 472, 1976. KeJler, W. J. , McLaughlin, l. L , e Brady , L. R .: Cactus alkaloids. XV. Isolation of phenethyla­ mine derivatives from Corvphal1lha macromeris varo runvonii. 1. Pharm. Sci., 62: 408-411, 1973a. Keller, W. J., Spitznagle, L. A., Brady , L R., e McLaughlin, J. L.: Cactus alkaloids. XX. The biosynthesis of catechol-O-methylated -h ydroxy phenethylamines (normacromerina e mac­ romerina) in Coryphantha macromeris var nmyol1ii. Lloydia, 36: 397-409, 1973b. Kelley Hornemann, K. M., Neal , J. M., e McLaughlin, l. L.: Cactus alkaloids. XII. Phenethyla­ mine alkaloids of the genus Coryphantha. J. Phann. Sci., 61: 41-45,1972. Khanna, K. L., Takido, M., Rosenberg, H ., e Paul, A. G.: Biosynthesis of phenolic tetrahydroiso­ guinoline alkaloidsof peyote. Phytochemislry, 9: 1811- I 815, 1970. Kindler, K. e Peschke, w.: Ueber neue und uber verbesserte Wege zum Aufbau von pharmako­ logisch wichtigen Aminen. VI. Ueber Synthese des Meskalins. Arch. Phaml., 270: 410-413, 1932. Kinross-Wright, V. l.: Research on Ololiu gui : The Aztec drug. In Bradley, P. B., Deniker, P. , e Radouco-Thomas, C. (Ed.): Neuro-Psychopharmacology. Amsterùam, Eisevier, 1959, 453­ 456. Kinzer , G. W. , Foltz, R. L. , Mit chell , R. l. e Truitt , E. B ., Jr.: The fate of the cannabinoid components of marijuana during smoking. Bull. Narcot. , 26: 41-45 , 1974. Kishida, Y. , Hiraoka, T. , lde , J., Terada , A. , e Nakamura , N.: Studies on acetylenic compounds . XLlll. Synthesis of ibotenic acido Chem. Pharm . Bull. (Tokio), 14: 92-94,1966. Kli.ìver , H.: Mescal, lne "Divine" Plant, and Its Psychological E((ects. London, Paul Kegan, 1928. Knab, T.: Notes concerning use of Solandra among the Huichols, Econ. BOI., 31: 80-86, 1977 . Kobel, H.: Note di laboratorio inedite , 1974 . Koch-Grunberg, T.: Zwei Jahre unCer del1/ndianem. Berlin, Ernst Wasmith A.-G., 1909. -: Vom Roraima zum Oril1oco. Stuttgart, Stecker und Schroder, 1923, voI. 3, 324, 386. Korte, F. e Sieper, H.: lur chemischen Klassifizierung van Pflanzen. XXIV. Untersuchung von Haschisch-Inhaltsstoffen durch Dunnschichtchromatographie. J. Chromatogr., 13: 90-98, 1964 . . Kraepelin, E.: Ueber die Beeinflussul1g ei/1(acher psychischer Vorgiil1ge durch eil1ige ArZl1eimittel. lena, Verlag von Gustav Fischer, 1892 . Krejci, l. , Horak, M., e Santa v)', F.: Hanf (Cannabis sa tiva) -Antibiotisches Heilmittel. 3. Mittei­ lung: Isolierung und Konstitution zweier aus Cannabis sativa gewonnener Sauren. Phar­ mazie, 14: 349-355, 1959. Krieger , L. C. C.: The Mushroom Hal1dbook, New York , Dover, 1967. Kurth, H . l., Kraatz, U. , e Korte , F .: lur Synthese thioanaloger Cannabis-Derivate. Chem. Ber., /0 9: 2164-2176,1976. Kurzman, M. G. e Fullerton, D. S.: Winning s trategies for defense of marijuana cases: Chemic­ al and botanical issues. Na!,l 1. Crimi/wl Der, I. 487-543, 1975. La Barre , w.: The Peyote Culto Yale U. PubI. Anthrop. N'b . 13. New Haven, Yale Univo Pr., 1938. -: Mesca lism and peyotism. Am. Al1lhrop., 59: 708-711, 1957. -: The narcotic complex of the New World . Diogenes, 48: 125-138, 1964. -: Twenty years of peyote studies. Curr. Al1throp., I: 45-60, 1960. Old and New World narcotics: A statistical question and an ethnological reply. ·Ecol1. Bot., 24. 73-80, 1970. Hallucinogens and the shamanic origins of religion. In Furst, P. T. (Ed.): Flesh o( the Gods. New York, Praeger, 1972,261-278. Lai, A. , Tin-Wa, M., Mika, E. S., Persinos, G. l., e Farnsworth , N. R.: Phytochemical investiga­ tions of Viro la peruviana, a new hallucino genic plant. 1. Pharm. Sci. 62: 1561-1563, 1973. L.ascano, C., Naranjo, E. e Naranjo, P.: Estudio fitoquimico de la especie psicotornimética !pomoea carnea. Ciel1c. Nat., 9: 3,1967. Leary , J . D. : Alkaloids of the seeds or Datura sanguinea. Lloydia, 33: 264-266,1970. Leeuwe nberg, A. l. M.: Notes on American Loganiaceae . IV. Revision of Desfontainia Ruiz e Pa v. Acta Bot. Neerl., 18: 669-679, 1969. Legler, G. e Tschesche , R.: Die IsoJierung von N-M e th yltryptamin , 5-Methoxy-N­ methyltryptamin und 5-Methoxy-N, N-dimethyltryptamin aus der Rinde von Pipldenia 317 .­ Botanica e chimica degli allucinogeni peregrina Benth. Na/urwissenscha(/en, 50: 94-95, 1963. Leonard, N. l.: Lupin alkalòids. In Manske, R. H. F., e Holmes, H. L. (Ed.): The Alkaloids. New York, Academic, 1953, voI. 3,119-199. Leuner, H . e Baer, G.: Two new short-acting hallucinogens of the psilocybin group. In Bente, D. , e Bradley, P. B. (Ed.): Neuro-Psychopharmacology. Amsterdam, Eisevier, 1965,471-474 . Leung, A. Y. e Paul, A. G.: Baeocystin and norbaeocystin: New analogs of psilocybin from Psilocybe baeocys/is. J. Pharm. Sci., 57: 1667-1671, 1968. Lewin, L. : Ueber Anhalonium lewinii. Arch. Exp. Pa/h. Pharmakol., 24: 401-411,1888. -: Die Ci(te in der Weltgeschich/e. Berlin, lulius Springer Verlag, 1920. -: Phantastika - die Betiiubenden und erregenden Cemlssmitlel. Berlin, Verlag G. Stilke, 1924, Phantastica - Narcotic and Stimulating Drugs - Their Use and Abuse, London, Routledge & Kegan Paul, 1964. Unterschungen iiber Banisteria caapi Spr. (ein siidamerikanisches Rauschmittel). Arch. Exp. Path. Pharmakol., 129: 133-149, 1928. -: Banisteria caapi, ein neues Rauschgi(t und Heilmitlel. Berlin, Georg Stilke, 1929. Li, H.-L.: Hallucinogenic plants in Chinese herbals. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 25: 161-181, 1977 . Lockwood, T. E.: A Taxonomic Revision o( Brugmansia (Solanaceae). Tesi di laurea, Harvard University, Cambridge, Mass., 1973. Loewe, S.: Studies on the pharmacology and acute toxicity of compounds with marijuana activity.J. Pharmacol. Exp. Ther., 88: 154-161, 1946. -: Cannabiswirkstoffe and Pharmakologie der Cannabinole. Arch. Exp. Pa/h. Pharmakol., 211: 175-193 , 1950. Lotter , H . L., Abraham, D. l. , Turner, C. E ., Knapp, l. E., Schiff, P. L., e Slatkin, D. l.: Cannabisativine, a new alkaloid from C. sa tiva L. Root. Te/rahedron Letl.; 2815-2818, 1975. Lowie , R. H.: The Indians of eastern Brazil. Eastern Brazil: An introduction. In Steward, l. H. (Ed.): Handbook o(South American1ndians, Bur. Am. Ethnol. Bull. No. 143, Washipgton, D. c., U. S. Govt. Printing Office , 1946a, voI. 1,381-397. . .\ -: The Cariri. In Steward, l. H . (Ed.): Handbook o( SOUlh Amencan Indians, Bur. Am. Èthnol. Bull. No. 143, Washington, D. C., U. S. Govt. Printing Office, 1946b. voI. 1,557-559. -: The Pancararu. In Steward, l. H. (Ed.): Handbook 01' South American Indians, Bur. Am. Ethnol. Bull. No. 143, Washington D. c., U .S. Govt. Pdnting Office, 1946c, voI. l , 561 . Lowy, B.: Amanita and the Thunderbolt Legend in Guatemala and Mexico. Mycologia , 66: 188-191,1974. -: Hallucinogenic mushrooms in Guatemala. 1. Psyched. Drugs, 9: 123-125, 1977. Lumhol tz, C.: Unknown Mexico. New York, Scribner, 1902, voI. l, 356-379. Lundstrom , l.: Biosynthesis of mescaline and 3,4-dimethoxyphenethylamine in Trichocereus pa chanoi Br. e R. Acta Pharm. Suecia, 7: 651-666, 1970. - : Biosy nthetic studies on mescaline and related cactus alkaloids. Acta Pharm. Suecia, 8: 275-302,1971a. -: Biosynthesis of teterhydroisoquinoline alkaloids in Lophophora williamsii (Lem.) Coult. . Acta Pharm. Suecia, 8: 485-496, 1971b . Lundstrom , l. e Agurell , S.: Gas chromatography of peyote alkaloids: A new peyote alkaloid. 1. Chromatogr., 36: 105-108, 1968. MacDougall, T.: Ipomoea tricolor, a hallucinogenic pian t of the Zapotecs. Bol. Centro Inv. An/rop. Mex., NO.6: 6-8, 1960. -: A composite with psychic properties? Card 1.,18: 105, 1968. McLaughlin, l. L.: Cactus alkaloids. VI. Identification of Hordenine and N-Methyltyramine in Ariocarpus (issuratus varieties (issuratus and 1I0ydii. Lloydia , 32: 392-394 , 1969. McLaughlin, l. L. e Paul, A. G.: The cactus alkaloids. Identification of N-methylated tyramine derivati ves in Lophophora williamsii. Lloydia, 29: 315-327, 1966. Maia , l . G. S. e Rodrigues, W. A.: Virola theiodora as a hallucinogenic and toxic agenL Acta Amazonica, 4: 21,1974. Malingré , T ., Hendriks, H., Batterman, S., Bos, R. e Visser, l.: The essential oil of Cannabis sativa. Pianta Medica, 28: 56-61 , 1975 . Manske, R . H. F.: A synthesis of the methyl-tryptamines and some derivatives. Can. 1. Res., 5: 592-600, 1931. Manske, R. H. F., Perkin , W. H ., e Robinson, R .: Harmine and harmaline. part. IX. A synthesis 318 Bibliografia of harmaline. 1. Chem. Soc. [Org.]: 1-15, 1927 . . Mariani Ràmirez, c.: Témas de Hipnosis . Santiago, Chile, Editorial Andrés Bello, 1965. Martinez, M.: Las Solandras de Mexico, con una especie nueva. An. Inst. Biol., 37: 97-106,1966. Matsumoto, T., Trueb, W., Gwinner, R., e Eugster, C. H.: Isolierung von (-)-R:4-Hydroxy~ pyrrolidon-(2) und einigen weiteren Verbindungen aus Amanita muscaria. Helv. Chimo Acta, 52: 716-720, 1969. Mayer, K. H.: The Mushroom Stones of Mesoamerica, Ramona, Cal., Acoma Books, 1977. Mechoulam, R.: Marijuana chemistry. Science, 168: 1159-1166, 1970. -: (Ed.): Marijuana: Chemistry, Pharmacology, Metabolism and Clinical Effects. New York, Academic 1973 . . Mechoulam, R. e Edery, H.: Structure-activity relationships in the cannabinoid series. In Mechoulam, R. (Ed.): Marijuana, New York , Academic 1973, 101-136. Mechoulam, R. e Gaoni, Y.: Hashish. IV. The isolation and structure of cannabinolic, cannabi­ diolic and cannabigerolic acids. Tetrahedron Lell, No. 21: 1223 -1229, 1965. The absolute configuration of /':, '-tetrahydrocannabinol, the major active constituent of hashish. Tetrahedron Lett., No. 23: 1109- 1111, 1967a. Recent advances in the chemistry of hashish. Fortschr. Chem. Org. Natursl., 25: 175-213, 1967b Mechoulam, R. , Ben-Zvi, Z., Yagnitinsky, B., e Shani , A. : A new tetrahydrocannabinolic acido Tetrahedron Letl..· 2339-2341, 1969. Mechoulam, R., Braun, P., e Gaoni, Y.: A stereospecific synthesis of (-) -/':,'- and (-)_/':,'(6)_ Tetrahydrocannabinols. J. Am. Chem. Soc., 89: 4552-4554, 1967. Mechoulam, R. , McCallum, N. K., e Burstein , S.: Recent advances in the chemistry and bioche­ mistry of cannabis. Chemical Rev., 76: 75- 112, 1976. Mechoulam, R., Shani, A., Edery, H., and Grunfeld , Y.: Chemical basis of hashish activity. Science, 169: 611-612,1970. Mechoulam, R. e Shvo, Y.: Hashish-I. The structure of cannabidiol. Tetrahedron Papers, 19: 2073-2078, 1943. Mechoulam, R., Shani, A., Yagnitinsky, B., Ben-Zvi, Z., e Gaorii , Y. : Some aspects of cannabi- . noid chemistry. In Joyce , C. R. B. e Curry, S. H. (Ed.): Botany and Chemistry ofCannabi­ noids. London, J. & A. Churchill, 1970, 107-108. Merkus, F. W. H. M.: Cannabivarin and tetrahydrocannabivarin, two new constituents of hashish, Nature, 232: 579-580, 1971. . Merrill, W. L. An lnvestigation of Ethnographic and Archaeological Specimens of Mescalbeans (Sophora secundiflora) in American Museums . Ann Arbor, Michigan, Museum of Anthropo­ logy, University of Michigan. Technical Report No.6 , Research Reports in Ethnobotany, Contrib. 1, 1977. Mezzetll, T'.; Orzalesi, G., Rossi, c., e Bellavita , V.: A new triterpenojdlactone, et-amyrin and uvoal from Helichrysum italicum. Pianta Medica , /8: 326-331,1970 . Miller, N. G.: The genera of the Cannabaceae in the southeastern United States, 1. Arn. Arb., 51: 185-203, 1970. . Miller, R. P., Svoboda, G. H ., e Tafur, S.: Comunicazione privata, May 3, 1978. Mortimer, P. 1. e Wilkinson , S.: 1. Chem. Soc.: 3967-3970,1957. Morton, C. V.: Notes on yajé, a drug plant of southeastern Colombia. J. Wash. Acad. Sci., 21: 485-488, 1931. Muller, G. F. R. e Eugster, C. H.: Muscimol , ein pharmakodynamisch wirksamer Stoff aus Amanita muscaria. Helv. Chimo Acta, 48: 910-916,1965. Murillo, A. : Plantes Médicinales du Chili. Paris, A. Roger e F. Chernoviz , Imprimerie de Lagny, 1889,152-155 . Nahas, G. G. (Ed.): Marihuana: Chemistry, Biochemistry and Celi Effects. New York, Springer, 1976. Naranjo, C.: Psychotropic properties of the harmala alkaloids. In Efron , D. H :, Holmstedt, B., e Kline, N. S. (Ed.): Ethnophannacologic Search for Psychoactive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govl. Printing Office, 1967,385-391. Naranjo, P.: Etnofarmacologia de las plantas psicotropicas de América, Terap{a, 24: 5-63,1969. -: Ayahuasca: Religi6n y Medicina. Quito, Editorial Universitaria, 1970. Naranjo, P. e de Naranjo, E.: Estudio farmacodinàmico de una pIanta psicotomimética: Coria­ ria thymifolia (shànsi) . Arch. Criminol. Neuro-Psiquititr. Discipl. Conexas, 9: 600-616, 1961. 319 Bolanica e chimica degli allucinogeni Naranjo, P., de Naranjo, E., e Lascano, c.: Estudio de una especie psicotomimética: lpomoea ca rnea. Arch. Criminol. Neuro-Psiquiatr. Discipl. Conexas, 14: 4, 1964. Neal, l. M. e McLaughlin, l. L.: Cactus alkaloids. IX. Isolation of N - methyl-3,4-dimethox y- ~­ phenethylamine and M-methyl-4-methoxy phenethylamine from Ariocarpus relusus. Lloydia, 33: 395-396, 1970. Neal, l. M., Sato, P. T., Howald, W. N., e McLaughlin, l. L.: Peyote alkaloids: Identification in the Mexican cactus Pelecyphora asellirormis Ehrenberg . Science, 176: 1131-1133, 1972. Neal , l. M., Sato , P. T., lohnson, C. L., e McLaughlin , l . L.: Cactus alk a loids. X. Isolation of Hordenine and N-Meth ylt yramine from Ariocarpus kotschoubeyanus. 1. Pharm. Sci. , 60: 477-478 , 1971. Neumeyer, l. L. e Shagoury, R. A. : Chemistry and pharmacology of marijuana. 1. Phann. Sci., 60: 1433-1457, 1971. Nord a l, A. e Braenden, O.: Variations in the cannabinoid content of Cannabis plants grown from the same batches of seeds under different ecological conditions. Norsk Fannaceulisk Selskap, 35: 8-15,1973. Norquis t, D. G. e McLaughlin ,. l. L.: Cactus alkaloids. VIII. Isolalion of N-Methyl-3 ,4­ dimethoxy - ~ - phenethylamine from Ariocarpus fissuratus varo fissuralus. l. Phann. Sci. , 59: 1840-1841 , 1970. O'Connel, F. D. e Lynn, E. V. : The alkaloids of Banisteriopsis inebrians Morton. l . Am. Pharm. Assoc., 42: 753-754 , 1953. Okuda , S. , Kataoda, H., e Tsuda, K.: Studies on lupin alkaloids. III. Absolute co nfigurations of lupi n alkaloids. II. Chem. Phann. Bull. (Tokyo), 13: 491-500,1965. Ola 'h, G.-M.: Etude chimiotaxinomique sur Jes Panaeolus. Recherches sur la présence des corps indoliques psychotropes dans ces champignons. Comples Rend., 267: 1369-1372, 1968 . -: A taxonomial and physiological study of the genus Panaeolus with the Latin descriptions of the new species. Rev~ Mycol., 33: 284-290, 1969a. ~: Le Genre Panaeolus. Le Mans, Imprimerie Monnager, 1969b. Ola'h G.-M. e Heim , R .: Une nouvelle espèce nordaméricaine de Psilocybe halluc inogène: Psilo­ cybe quebecensis. Comples Rend. , 264: 1601-1603, 1967. Opler, M. K.: Cross-cultural uses of psychoactive drugs (ethnopharmacology). In Clark, W. G. e del Giudice, l. (Ed.): Principles o( Psychopharmacology. New York, Academic . 1970. Os mond, H.: Ololiuqui: The ancient Aztec na rco tic oRemarks on the effects of Rivea corymbosa (ololiuqui).1. MenI. Sci., 101: 526-537 , 1955. Ott, l.: Hallucinogenic Planls or Norlh America. Berkeley , Wingbow, 1976. Ott, l. e Guzman, G. : Detectionof Psilocybin in species of Psilocybe, Panaeolus and Psathyrella. Lloydia, 39: 258-260, 1976. Ott, l. , Guzman, G., Roman , l., e Diaz, l. L.: Neuvos datos sobre 10s supuestos Iicoperdaceos psicotr6picos y dos cases de intoxicaci6n pi-ovocados por hongos del genero Scleroderma en México. Bol. Soc. Mex. Mie ., 9: 67-76, 1975. Ott , l ., Wheaton, P. S., e Chilton, W. S.: Fate of muscimol in the mome. Physiol. Chem. Physics, 7: 381-384,1975. Pachter, I. l. , Zacharias, D. E. , e Ribeiro, O.: Indole alkaloids of Acer saccharinum , Dictyoloma incanescens, Pipladenia colubrina , and Mimosa hoslilis. 1. Org. Chem., 24: 1285-1287, 1959. Pachter, I. l. e Hopkinson , A. F.: Note on the alkaloids of Methyslicodendron amesianum. l. Am: Pharm. Assoc., 49: 621-622 , 1960. Painter, l. C., Shanor, S. P., e Winek, C. L.:. Nutmeg Poisoning - A case report. Clin . Toxicol., 4: 1-4, 1971. Panayotopoulos, D. l. e Chishold , D. D.: Ha llucinogenic effect of nutmeg. BriI. Med. l.: 754, 1970. Pardal , R.: Medicina aborigen americana. HUmG11ior, Secci6n C, 3: 1937. Pardanani , l . H., McLa ughlin , l. L., Kondrat , R. W., e Cooks, R. G.: Cactus alkaloids. XXXVI. Mescal ine and related compounds from Tricho cereus peruvianus. Lloydia. Paris, R. e Goutarel, R.: Les Alchornea africains. Présence de yohimbine chez l'Alchornea floribunda (Euphorbiaceae). Ann. Pharm. h., 16: 15-20, 1958. Pars , H. G., Granchelii, F. E., Razdan, R. K., Keller, l. K., Teiger, D. G., Rosenberg, F. l., e Harris, L. S.: Drugs derived from cannabinoids. I. Nitrogen analogs, benzopyranopyri­ dines and benzopyranopyrroles. l. Med. Chem ., 19: 445-454, 1976. . Parsons, E. c.: Mitla-Town o( lhe Souls. Chicago , Univ oof Chicago Pr., 1936. 320 4' Bibliografia Paton , W. D. M.: Pharmacology of marijuana. Ann. Rev. Pharmacol., /5: 191-220, 1975. Paton, W. D. M. e Pertwee, R. G.: The Pharmacology of Cannabis in animals. In Mechoulam, R. (Ed.): Mariiuana. New York, Academic, 1973a, 191-285. -: The actions of Cannabis in mano In Mechoulam, R. (Ed.): Mariiuana. New York, Academic. 1973b, 288-333. Payne, R. B.: Nutmeg intoxication. N. Engl. 1. Med. , 269: 36-39,1963. Pennes, H. H . e Hoch, P. H.: Psychotomimetics, c1inical and theoretical considerations: har­ mine, WIN-2299 and nalline. Am. 1. Psychia/ry, //3: 887-892, 1957. Pennington, C. W.: The Tarahumar or Me.xico - Their Environment and Ma/erial Culture. Salt Lake City, Univo of Utah Pr., 1963. -: Th e Tepehuan orChihuahua - Their Material Culture. Salt Lake City, Univo of Utah Pr., 1969. Perkin, W. H. e Robinson, R.: Harmine and harmaline. Part III. l. Chem. Soc. [Gl'g.] 1/5: 933-967,19·19. -: Harmine and harmaline. Part IV.l. Chem. Soc. [Org.1,//5: 967-972,1919. Perrot, E. e Raymond-Hamet : Le yagé, pIante sensorielle des Indiens de la région amazonienne de J'Equateur et de la Colombie. Comples Rend., /84: 1266-1268, 1927. -: Yagé, ayahuasca, caapi et leur alcalOide: telepathine ou yagéine. Bull. Sci. Phannacol., 34: 337-3 47, 1927. Petcher, T. J. e Weber, H. P.: Crystal structures of the Teonanacatl hallucinogens. II. l. Chem. Soc. , Perkin Trans., 2, NO.8: 946-948, 1974. Petrzilka, T., Haefliger, W., e Sikemeier, c.: Synthese von Haschisch-Inhaltsstoffen. Relv. Chimo Acta, 52: 1102-1134, 1969. Pfeiffer, L.: Abbildung und Beschreibung bluhender Cacteen. Cassel, Germany, Theodor Fischer, 1848 , voI. 2, 21. Philippi, R. A.: Latua Ph., ein Neues Genus aus Solanaceen. Bot. Zeit., /6, No. 33: 241-242,1858. Phillipson , J. D. e Handa, S. S.: The natural occurrence of tropane alkaloid N-oxides. l. Phann. Phannacol., 25: 116-117, 1973. Phokas , G. K.: ContribUlion lO the Dl1inition or /he Drastic Componen/s or Mandrake Root. Tesi di laurea, University of Athens, J 959. Pletscher, A., Besendorf, Il., Bachtold, H. P., e Geigy, K. F.: Ueber pharmakologische Beeinflus­ sung des Zentralnervensystems durch kurzwirkende Monoaminoxydaschemmer aus der Gruppe der Harmala-Alkaloide. Relv. Physiol. Phannacol. Ac/a., 17: 202-214, 1959. Plowman, T.: Four new Brunrelsias from northwestern South America. Bo/. Mus. Leafl. Rarvard Univo No. 23: 245-272, 1973 . . Plowman, T. , GylJenhaal, L. O., e Lindgren, J.-E.: Latua pubiflora: Magic plant from southern Chile. Bo/. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 23: 61-92,1971. Plugge, P. C. e Rauwerde , A.: Fortgesetzte Untersuchungen uber das Vorkommen von Cytisin in verschiedenen Papilionaceae. Arch. Phan11. , 234: 685-697,1896. Poisson , J .: Note sur le "natem", boisson toxique péruvienne et ses alcalo'ides. Ann. Phann. Fr., 23:241-244 , 1965. Poisson, M. J.: Présence de mescaline dans une Cactacée péruvienne. Ann. Pharm. Fr., /8: 764-765,1960. Pope, H. G. Jr.: Tabernanthe iboga - an African narcotic plant of soci al importance. Econ. Bo/., 23: 174-184, 1969. Popelak, A. e Lettenbauer, G.: The mesembrine alkaloids. In Manske, R. H . F. e Holmes , H. L. (Ed.): Th e Alkaloids. New York, Academ'ic. 1967, voI. 9, 467-482. Porter, D. M.: The taxonomic and economic uses of Peganum hm'mala (Zygophyllaceae). Ined., Botanical Museum, Harvard Univ., 1962. l'rance, G. T.: Notes on the use of plant hallucinogens in Amazonian Brazil. Econ. Bo/., 24: 62-68,1970. Prance, G. T., Campbell, D. G., e Nelson, B. W.: The ethnobotany of the Paumari Indians. Econ . Bot. , 3/: 129-139, 1977 . Prance, G. T. e Prance, A. E.: Hallucinations in Amazonia. Card 1., 20: 102-105 , 1970. Prentiss, D. W. e Morgan , F. P.: Al1halol1ium le'l,vinii (bottoni di peyotl), A stydy of the drug,. with especial reference to its physiological action upon man, with report of experiments. Therap. Caz., /9: 577-585.1895. Quimby , M. W., Doorenbos , N . J. , Turner, C. E., e Masoud, A.: Mississi ppi-grown marihuana ­ 321 21 Botanica e chimica degli allucinogeni Cannabis sativa. Cultivatian and abserved marphalagica! variatian. Econ . Bot., 27: 117­ 127, 1973. Raffauf, R. F.: A Handbook of Alkaloids and Alkaloid-Containing Plants. New Yark, Wiley­ Interscience, 1970. Rapanda-Walker, A. e Sil1ans, R .: Les Plantes Vti/es du Gabon. Rais , France, Editians Paul Lecheva!ier, 1961. Raven, P.: Erythrima (Fabaceae): Achievements and appartunities. Lloydia, 37: 321-331 , 1974. Raviez, R.: La Mixteca en el estudia camparativa del han go. alucinante. An. Inst. Nac. Antrop. Hist., 13: 73-92,1960 [1961]. Raymand-Hamet e Gautarel, R.: L'Alchomea floribunda Muel1er-Arg. Dait-il à la yahimbine ses effets excitants chez l'hamme? Comptes Rend., 261: 3223-3224, 1965. Razdan, R. K.: Recent advances in the chemistry af cannabinaids. Progr. Grg. Chem., 8: 78-10 l, 1973. Razdan, R. K. e Dalzel1 , H . C.: Drugs derived from cannab inaids. 6. Synthesis of cyclic ana­ lagues af dimethylheptylpyran. 1. Med. Chem., 19: 719-721, 1976. Razdan , R. K ., Dalzell , H. C., e Handrick, R. G .: Hashish. A simple onestep synthesis af (-)-L~ I-Tetrahydracannabinal (THC) from p-Mentha-2, 8-dien-1-al and Oliveta!. J. Am. Chem. Soc. , 96: 5860-5865, 1974 . Razdan , R. K., Handrick, G. R., Dalzel1 , H. C., Hawes, J. F., Winn, M., Platnikaff, N. P., Dadge, P. W. , e Dren, A. T.: Dru gs derived fram cannabinaids. 4. Effect af alkyl substitutian in sulfur and carbacyclic analags. J. Med. Chem., 19: 552-554, 1976a. Ra zdan, R. K ., Terris, B. Z. , Pars, H. G., Platnikaff, N. P., Dadge, P. W., Dre n A. T., Kynel. J ., e Samani , P .: Drugs derived fram cannabinaids. 2. Basic esters af nitragen and carbaxylic analags . J. Med. Chem., 19: 454-461. 1976b. Reichel-Dalmataff, G.: Nates an the cultural extent af the use af yajé (Banisteriopsis caapi) amang the Indians af the Vaupés, Calambia . Econ. Bot., 24: 32-33, 1970. -: 'The cultural cantext af an abarigina! haJlucinagen: Banisteriopsis caapi. In Furst, P. T . (Ed.): Flesh ofthe Gods. New Yark , Praeger, 1972,84-113 . Reinberg, P.: Cantribution à l'étude des boissa ns toxiques des Indiens du nard-ouest de l'Ama­ zone, l'<ilya huasca , le yajé, le huanto . 1. Soc. Am. Paris, n.s., 13: 25-54 , 1921. Reiner, R. e Eugster, C. H .: Zur Kenntnis des Muscazans . Helv . Chimo Acta, 50: 128-136, 1967. Reka, B . P.: Des las nambres batanicas aztecas. El Méx. Ant., I, NO.5: 136-152, 1919. -: Alcaloides y glucas idas en plantas mexicanas . Mem. Soc. Alzate, 49: 412, 1929. -: Das mexikanische Rauschgift Olaliuqui. El Méx. AnI., 3, No. 3-4: 1-7, 1934. -: Mitobotémica Zapoteca. Tacubaya, Mexica. Ediziane privata , 1945. Reko, V. A.: Magische Gifte-Rausch- und Betaubungsmittel der Neuen Welt. Stuttgart, Ferdinand Enke Verlag, 1936. Reti, L.: Cactusalkalaids and same related campaunds. In Herz, W. (Ed.): Progress in the Chemislry of Grganic Natural Producls. Vienna, Springer-Verlag, 1950, va!. 6 , 242-289. Reti, L. e Castrillan , J. A.: Cactus alkalaids. I. Trichocereus lerscheekii. (Parme ntier) Brittan e Rose. J, Am. Chem. Soc., 73: 17.67-1769, 1951. Renkel. M. e Denber, H . C. B. (Ed.): Chemical Concepls of Psych osis. New Ya rk, McDawell, Obolensky, 1958. Rfas, O.: Aspectas preliminares a l estudia farmacopsiquiatrica del a yalhuasca y su principio activa. An. Fac. Med. U. Noc. Mayor S . Marcos, 45: 22-66, 1962. R is tic, S. e Thamas, A.: Zur Kenntnis van Rhynchosia pyramidalis (Pega-Pala). Arch. Pharmaz., 295:510,1962. _ ._. Ritchie, E. e Taylar, W. C. : The galbulimima alkalaids. In Manske, R . H. F. e Halmes, H. L. (Ed.): The Alkaloids. New Yark, Academic, 1967, val. 9, 529-543. Rivier, L. e Lindgren , J.-E.: "Ayahuasca ", the Sauth American hallucinagenic drink: An ethna­ botanical and chemical invest igatian . Econ. BOI., 26: 101-129, 1972. Rabbers, J. E., Tyler, V. E., e Ola'h, G . M.: AdditianaJ evidence supparting the accurrence af psilacybin in Panaeolus faenisecii. Lloydia , 32: 399-400, 1969. Rabichaud , R. C., Malane, M. H., e Kasersky , D. S.: Pharmacadynamics af cryagenine, an alkaJoid isalated fram Heimia salicifolia Link e Otto. Part II. Arch. Inl . Pharmacodyn. Ther., 15 7: 43-52 , 1965. Rabichaud, R. C., Malane, M. H., e Schwarting, A. E. : Pharmacadynamics af c ryagenine ; an alkalaid isala ted from Heimia salicifolia Link e atta, Parl. r. Arch. Inl. Pharmacody n. Th er., 322 Bibliografia 150: 220-232, 1964. Rodrigues, W. A. : Revisao Taxonomico das Especies de Viro la (Myristicaceae) de Brasi!. Cam­ pinas, Sao Pau10, Universidade Estadual de Campinas, Tesi di laurea, 1976. Rouhier, A.: La Piante qui Fait les Yeux Emel1Jeillés-le Peyotl. Paris, Gaston Doin et Cie .. 1927. Rusby , H. H.: The aboriginal uses of caapi. J. Am. Phann. Assoc., 12: 1123, 1923. Safford, W. E.: An Aztec narcotico J. Hered., 6: 291-311, 1915. -: Identity of cohoba, the narcotic snuff of ancient Haiti. 1. Wash. Acad. Sci. , 6: 548-562, 1916. -: Narcotic plants and stimulants of the ancient Americans. Ann. Rep. Smiths~n, [nst., 1916: 387-424,1917. -: Datura-an invi ting genus for the study of heredi ty. J. Hered., 12: 178-190, I g21 . -: Synopsis of the genus Datura. 1. Wash. Acad. Sci., Il: 173-189, 1921. - : Daturas of the Old World and New: An account of their narcotic properties and their use in oracular and initiatory ceremonies . Ann. Rep. Smithsol1. [nst., 1920: 537-567, 1922. Sahagun, B.: Historia Generai de las Cosas de la Nueva Espafla . Mexico, D. F., Editorial Pedro Robledo, 1938, voI. 3. Sai-Halas-z, A., Brunecker, G. e Szàra, S.: Dimethy1tryptamin: Ein neues Psychoticum. Psy­ chiatr. Neurol., (Base/), 135: 285-301,1958. SI. Szara: Dimethyltryptamin: Its metabolism in man: the relation of its psychotic effect to the serotoriin metabolism. Experientia, 12: 441-442, 1956. -: Hallucinoge nic effects and metabolism of tryptamine derivatives in man o Fed. Proc., 20: 885-888 , 1961. Santavy, F.: Acta Univo Palackianae Olomuc, Fac. Med., 35: 5, 1964. Santesson, C. G.: Notiz i.iber piule, eine mexikanische Rauschdroge. Ethnol. Stud. (Goth enburg), 4: l-II, 1937a. -: Piule, eine mexikanische Rauschdroge. Arch. Phann.: 532-537, 1937b . -: Noch eine mexikanische "Piule"-Droge. Semina Ry nchosiae phaseoloidis DC. Ethnolog. Studier, 6: 179-183, 1938. Satina, S. e Avery, A. G.: A review of the taxonomic history of [Jatura. In Avery, A. G., Salina, S., e Rietsema, J. (Ed.): Blakeslee: The Genus Datura. New York, Ronald, 1959, 16-47. Sato, P. T ., Neal, J. M. , Brady , L. R., e McLaLighlin , J. L.: Cactus alkaloids. XVI. Isolation and identification of alkaloids .in Coryphantha ramillosa. 1. Phann. Sci.. 62; 411-414, 1973. Schmiedeberg, O. e Koppe. R.: Das Muscarin, das giftige Alkaloid des Fliegenpilzes, Leipzig, Verlag Vogel. R. c., 1869. Schneider, J. A. e Sigg, E. B.: Neuropharmacological studies on ibogaine. Ann. N. Y. Acad. Sci. , 66: 765, 1957. -: Pharmacologic analysis of tranquilizing and centrai stimulating effects. In Pennes, H . H: (Ed.): Psychophannacology. New York, Hoeber, 1958, 75-98. Schultes, R. E.: Peyote and plants used in the peyote ceremony. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univ.No. 4: 129-152 , 1937a. -: Peyote (Lòphophora william sii) and plants confused with il. Bot. Mus, Leafl. Harvard Univo NO.5: 61-88, 1937b. Peyote (Lophophora williamsii Lemaire Coulter) and [ts Uses. Tesi inedita , Harvard Univ., 1937c. The appeal of peyote (Lophophora williamsii) as a medicine . Am. Anthrop., 40: 698 -715, 1938. --: Plantae Mexicanae. II. The identification of teonanacatl, a narcotic Basidiomycete of the Aztecs. Bot Mu s. Leafl. Harvard Univo NO.7: 37-54, 1939. - -: Teonanacatl, the narcotic mushroom of the Aztecs. Am. Anthrop., 42: 429-443 , 1940a. -: The aboriginal therapeutc uses of Lophophora williamsii. Cact. SUCCo1., 12: 177-181 , 1940b. -: A Contribution IO our Knowledge or Rivera corymbosa, the Narcotic Ololiuqui or the Aztecs. Cambridge, Mass., Harvard Botanica! Museum , 1941. -: Plantae Austro-Americanae. IX. Bot. Mus. Leafl. Harvard Un iv. No. 16: 202-205, 1954a . -: A new narcotic snuff from the northwest Amazon. Bot. Mu s. Leafl. Harvard Univo No. 16: 241-260, 1954b. -: A new narcotic .genus from the Amazon slope of the Colombian Andes. Bot. Mu s. Leafl. Harvard Univo No. 17: l-II( 1955. The identity of the malpighiaceous_narcotics of South America. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 18: I-56, 1957. 323 Botanica e chimica degli allucinogeni - : Botany attacks the ha llucinogens. Texa s 1. Pharm., 2: 168-185, 1961. - : Native Narcotis of the New World . Texas 1. Pharm., 2: 141-167 , 1961. - : Tapping our heritage of ethnobotanica l lore. Econ. Bot., /4 : 257-262, 1960, Chemurgic Dig., 20.' 10-12 , 1961. -: The role of the ethnobotanis t in the search for new medicinal plants. Lloydia, 25: 257-266, 1962. -: Botanical sources of the New World narcotics. Psyched. Rev., 1: 145-166 , 1963a. -: Hallucinoge nic plants of the New World. Harvard Rev., /: 18-32 , 1963b . - : The widenin g pa nora ma in medicai batany. Rhodora, 65: 97-120 , 1963. -: The corree t nam es for two Mexican narcotics. Taxon. , 13: 65-66,1964. -: Ein Halbes J ahrhundert Ethnabo ta nik amerikanischer Hallu zinogene . Pian/a Medica, 13: 126-157,1965 . -: The search for new natural ha llucinogens . Lloydia , 29: 293-308, 1966. The piace of ethonobotany in the ethnopharmacological search for psych otomime tic drugs. In Efron, D., Holms tedt , B., e Klin e, N. S. (Ed.): Ethnopharmacological Search [or Psychoactive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967a, 33-57 . -: The botanica l origins of South Ame rica n snuffs. In Efron, D., Hòlms tedt , B., e Kline , N. S. (Ed.): E/hnopharmacologic Search [or Psychoac/ive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645 , Washington , D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967b, 291-306. - : Some impacts of Spruce's explorations on modern phytochemical research. Rhodora, 70: 313-339,1968. De plantis toxicar iis e Mundo Novo tropic ale commentationes. IV. Virola as an orally administered hallucinogen. BOI. Mu s. Leafl. Harvard U/liv. No. 22: 133-164, 1969a. Hallucinogens of pian t origino Science, / 63: 245-254, 1969b . -: The unfoldin g panorama of New World hallucinogens. In Gunckel , J. E. (Ed .): Curren t Topics Ùl Plant Sciençe. New York, Academic , 1969c , 336-354. -: The botanical and chemical distr ib ution of halluc inoge ns. Ann. Rev. PI. Physiol., 21: 57 1­ 594, 1970a. - : The New WorJd Indi a ns a nd their hallucinogenic plants. Bull. Morris Arb. , 2/: 3- 14, 1970b. - : The plant kingdom a nd hallucinogens. Bull. Narco/ics, 2 / , NO.3: 3-16; NO.4: 15-27, 1969; 22, No. /: 25 -53, 1970c. -: Plant hallucinogens. In McGraw-Hill: Yearbook o[ Science and Technology. Ne w York, McGraw-Hill, Inc., 1971,356-359. -: The utilization af halludnagens in primitive soc ieti es-use , misuse or abuse? In Keup , W. (Ed .) : Drug Abuse: Curren/ Concep ls and Research . Springfield, Thomas, 1972a, 17-26. -: The future of plants as saurces of new biodynamic compounds. In Swain , T . (Ed.): Planls in the Development o[ Modem Medicine. Cambrid ge, Mass., Harvard Un iv. Pr ., 1972b, 103-124. - : An overview of ha llucinogens in the Western He m is phere. In Furst , P. T . (Ed.): Flesh o[ Ihe Gods. New Yark , Praeger , 1972c, 3-54 . -: De plantis taxicariis e Mundo Nava tropicale commentat ianes. XI. Th@ ethnotoxicalagica l significance of additives to New World hallucinogens. Pian I Sci. Bull, 18: 34-41 , 1972d. -: De plantis toxicariis e Munda Novo tropi ca le commenta tion es. XIII. Notes 'on paisonous or medicinal malpighiaceous species of the Amazon . Bo/. Mu s. Leafl. Harvard Univo No. 24: 121-131 , 1975. Ma n a nd marijuana. Na /. His/.: 58-63, August-Septe mber, 1973. In Poggie, J. J. e t al. (Ed .) : The Evolwion o[ Human Adap/a/ions. New York , Macmillan Pubi. Ca., Inc ., 1976,379-386. Indole alkalaids in pIan t hallucinoge ns . Pianta Medica, 29: 330-342, 1976 ; J . Psyched. Drugs, 8: 7-25,1976. Hallucinage n'ic plants as mind-alt eri ng drugs in abori gina l American sacieties. In Drug Abuse Council: AI/ered States o[ Consc iousness, Washington D, c., Drug Abuse Council, Inc., 1975 , 193-206. A new hallucinogen fram Andea n Colombia: lochroma [uchsioides. 1. Psyched. Drugs, 9: 45-49 , 1977a. Avenues for future ethnabotanical research into New World Hallucinoge ns a nd their uses . In du Toit, B. (Ed.): Drugs, Rituals and AI/ered SIa/es o[ Consciuusness. Rotterdam, A. A. Balkema , 1977b, 261-267. Mexico and Colombia: Two maJor centres of aboriginal use' 'of hallucinogens. 1. Psyched. 324 B ibliograria Dmgs, 9: 173-176, .I 977c. De plantis toxicariis e Mundo Novo tropicale commentationes. XV. Desfontainia: A new Andean hallucinogen. Bo/. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 25: 99-104, 1977d. -: A/las des Pian/es Hallucinogènes du Monde. Montreal, L'Aurore, 1978. Schultes , R. E. e Bright, A.: A native drawing of an hallucinogenic plant from Colombia. Bo/. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 25: 151-159, 1977. , Schultes, R. E. e Farnsworth, N. R.: Ethomedical , botanical and phytochemical aspects of natural hallucinogens. In Blum, K., Briggs, A., e Feingloss, l. (Ed.): The Social Meanings or Drugs: ln/roduc/ion /0 Social Pharmacology. New York, Basic Books, Har.-Row, 1978. Schultes, R. E. e Holmstedt, B.: De plantis toxicariis e Mundo Novo tropicale commentationes. II. The vegetai ingredients of the myristicaceous snuffs of the northwest Amazon. Rhodora, 70: 113-160, 1968. - : De plantis toxicariis e Mundo Novo tropicale commentationes. VIII. Miscellaneous notes on myristicaceous plants of South America. Lloydia, 34: 61-78,1971. Schultes, R. E., Holmstedt, B., e Lindgren, l.-E.: De plantis toxicariis' e Mundo Novo tropicale commentationes. III. Phytochemical examination of Spruce's originai collection of Banis/eriopsis caapi. Bo/. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 22: 121-132, 1969. Schultes, R. E. e Raffauf, R. F.: Pres/onia; an Amazon narcotic or not) Bo/. Mus. Leafl. Harvard Univo No . 19: 109-122, 1960. Schultes R.E. e Swain, T.: De plantis toxicariis e Mundo Novo tropicale commentationes. XIII. r-Urther notes on Virola as an orally administered hallucinogen. J. Psyched. Drugs, 8: 317-324,1976a. -: The plant kingdom: A virgin field for new biodynamic constituents. In Fina, N. l. (Ed.): The Recent Chemis/ry or Natural Produc/s, Including Tobacco. Richmond, Va., Philip Morris, Inc. , 133-171, 1976b. Schultes, R. E., Swain, T., e Plowman, T. c.: De plantis toxicariis e Mundo Novo tropicale commentations. XVII. Virola as an oral hallucinogen among the Boras of Peru. Bo/. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 25: 259-272,1978. Schultz, O. E. e Haffner, G.: Zur Kenntnis eines sedativen und antibakteriellen Wirkstoffes aus dem deutschen Faserhanf (Cannabis saliva). Z. Na/urforsch., 14b: 98-100, 1959. -: Zur Kenntnis eines sedativen Wirkstoffes aus dem deutschen Faserhanf (Cannabis saliva). Arch. Pharmaz. , 291 : 391-403,1958. Schulz, B.: Lagochilus inebrians Sge., eine interessante neue Arzneipflanze. Dtsch. Apotheker­ Zei/., 99: 11l1, 1959. Schulze , R. G.: Nutmeg as an hallucinogen. N. Engl., 1. Med.; 295, NO.3: 174, 1976. Seitz, G.: Epena, the intoxicating snuff power of the W-aika Indians and the Tucano medicine man, Agostino. In Efron , D., Holmstedt, B., e Kline, N. S. (Ed.): Ethnophannacologic Search [or Psychoactive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967,315-338. Semerdzieva, M. e Nerud, F.: Halluzinogene Pilze in der Tschechoslo\.Vakei. Ceska Mykologie, 27: 27-42, 1973. Séro, l.: Une Apocynacée d'A[rique Equa/oriale, Tabemanthe Iboga. Toulouse, France, tesi inedita, 1944. , Shani, A. e Mechoulam, R.: Cannabielsoic acids. Isolation and synthesis by the novel oxydative cyclisation. Te/rahedron , 30: 2437-2446,1974. Sharon, D.: The San Pedro cactus in Peruvian folk healing. In Furst, P. T.: Flesh o[ /he Gods. New York, Praeger, 1972, 114-135. Shinners, L.: Corree t nomenclature of two Mexican narcotic plants. Taxon ., 14: 103-105, 1965 . Shonle, R.: Peyote-giver of visions. Am. Anthrop., 27: 53-75, 1925. Shoyama, Y., Fuj'ita , T., Yamauchi, T ., e Nishioka, l.: Cannabicromenic acid, a genuine subst­ ance of cannabichromene. Chem. Pharm. Bull., 16: 1157-1158, 1968. Shoyama, Y., Kuboe, K., Nishioka, I., e Yamauchi, T.: Cannabidiol monomethyl etero A new neutral cannabinoid. Chem. Pharm. Bull., 20: 2072, 1972a. Shoyama, Y., Oku, R ., Yamauchi, T., e Nishioka, I.: Cannabis. VI. Cannabicyclolic acid oChem. Pharm. Bull., 20: 1927-1930, 1972b. Shoyama, Y., Hirano, H., Oda, M., Somehara, T. e Nishioka, I.: Cannabichromevarin and cannabigerovarin, two new propyl homologs of cannabichromeme and cannabigerol. Chem. Pharm. Bull. , 23, No. 8: 1894~1895, 1975. . 325 Botanica e chimica degli allucinogeni Shulgin, A. T.: Psychotomimetic agents. In Gordon, M. (Ed.): Psychopharntacological Agents. New York, Academic, 1976, voI. 4, 59-146. Psychotomimetic drugs: Structure-activity relationships. In Iversen , L. L., Iversen , S. D., e Snyder, S. H. (Ed.): Handbook of Psychophannacology. New York , Plenum Pr., 1978, voI. Il. Shulgin, A. T., Sargent, T., e Naranjo, c.: The chemistry and psydiopharmacology of nutmeg and several related phenyl isopropylamines. In Efron , D. H. , HoJmstedt , B., e Kline, N. S. , (Ed.): Ethnophannacologic Search for Psychoactive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office , 1967, 202-214. Siegel, R. K.: Hallucinations. Sci. Am., 237: 132-150, 1977 . Siegel , R. K. Collings. P. R. , e Diaz, J. L.: On the use of Tage/es lucida and Nicotiana rustica as a Huichol smoking mixture: The Aztec "yahutil": with suggestive hallucinogenic effects. ECOI1 . Bot., 31: 16-23, 1977. Siegel, R . K. e West, L. J. (Ed.) : HallucÌl7ations-Behavior, Experience and Theory. New York, I Wiley 1975. ~ Silva, M., Mancinelli, P., and Cheul, M.: Chemical study of Ceslrum parqui. 1. Phann. Sci., 51: 289 , 1962. Silverwood-Cope, P.: Comunicazione privata. Singer, H.: My cologla, 36: 65-69,1944. -: A Russula provoking hysteria in New Guinea. Mycopalh. Mycolog. Appl., 9: 275-278,1957. -: Mycological investigations on teonanacatl, the Mexican hallucinogenic mushroom. Part. I. The history of teonanacatl, field work and culture work, Mycologla , 50: 239-261, 1958a. -: Pilze, die Zerebralmyzetism Verursachen. Schweiz-Z. Pilzkunde, 36: 81-89, 1958b. -: The Agaricales in Modern Taxonomy, 2a ed. Weinheim, J. Cramer, 1962. Singer, R. e Smith, A. R: Mycological investigations on teonanacatl , the Mexican hallucinoge­ nic mushroom. Part II. A taxonomic monograph of Psilocybe, section Caerulescens. Mycolo­ g{a, 50: 262-303, 1958. Sirakawa , K. , Aki , O., Tsushima, S., e Konishi , K.: Synthesis of ibotenic acid and 3­ deoxyibotenic acido Chem. Pharm. Bull. (Tokyo) , 14: 89-91 , 1966. SJotkin , J. S .: The Peyote Religion. Glencoe, III. , Free Press , 1956. SJotta, K. H. e Heller, H.: Ueber ~-Phenylath y lamine. I. Mitteil. : Mezca lin und mezcalinahnli­ che Substanzen, Berichl, 63: 3029-3044,1930. SJotta, K . H . e Szyszka , G.: Ueber ~-Phenylathylamine . III . Mitt .: Neue Darstellung von Mesca­ lino J. Prakl . Chem ., 137: 339-350, 1933. Small, E .: American law and the species problem in Cannabis: Science and semantics. Bull. Narco/ics, 27, No.3: l-20, 1975a. -: On toadstool soup and legaI species of marihuana. PianI Sci. Bull. ,: 34-39 , Sept. 1975b. - : Morphologic<'.! variation of achenes of Cannabis. Can. Joum. BOI. , 53: 978-987, 1975c. - : The forensic taxonomic debate on Cannabis: Semantic hokum. 1. Forensic Sci., 21: 239-251, 1976 . Small, E., Beckstead, H. D., e Chan, A.: The evolution of cannabinoid phenotypes in Cannabis. Econ . BOI. , 29: 219-232,1975. Small, E. e Cronquist, A.: A practical and natural taxonomy for Cannabis. Taxon., 25: 405-435, 1976. Smith, S. e Timmis, G. M.: The alkaloids of ergo t. Part III. Ergine, a new base obtained by the degradation of ergotoxine and ergotinine. J. Chem. Soc. [Grg.l, 763-766 , 1932. -: The alkaloids of ergot. Part VII. Isoergine and isolysergic acido 1. Chem. Soc. [Grg. ],: 1440­ 1444,1936 . Soderblom, N.: Ru.s och Religion. Uppsala, Bokfenix, 1968. Solms, H.: Chemische Struktur und Psychose bei Lysergsaure-Derivaten . Praxis, 45: 746-749, 1956a . -: Relationships between chemiçal structure and psychoses with the use of psychotoxic subst­ ances.1. Clin . Exp. Psychopalh. Quart. Rev. Psychia/. Neurol., 17: 429-433, 1956b . Spath E.: Ueber die Anhalonium-Alkaloide . Mona/sh. Chemie (Wien), 40: 129-154, 1919. -: Ueber das Carnegin. Ber. Dtsch . Chem . Ges., 62: 1021-1024, 1929 . Spath , E. e Bruck, J .: Ueber ein neues Alkaloid aus den Mezcalbuttons (XVIII. Mitteilung uber Kakteen-Alkaloide). Ber. Dlsch. Chem. Ges., 70: 2446-2450, 1937 . Spath, E. e Bruck, J .: N-Acetyl-mezcalin als Inhaltsstoff der Mezcalbuttons (XIX. Mitteilung 326 Bibliografia iiber Kakteen-Alkaloide). Ber. Di sch. Chem. Ges., 71 : 1275-1276, 1938. Spath , E. e Lederer, E. : Synthese der Harmala-Alkaloide: Harmalin , Harmin and Harman . Berichl , 63: 120-125, 1930a. -: Synthesen von 4-Carbolinen. Berichl, 63: 2102-2111 , 1930b. Speeter , M. E. e Anthony, W. c.: The action of oxalyl chloride on indoles: A new approach to tryptamines. J. Am. Chem. Soc., 76: 6208-6210, 1954. Speir, W. W., Mihranian, V. , e McLaughlin , J. L.: Cactus alkaloids. VII. Isolation of Hordenine and N-Methyl-3,4-dimethoxy-~-phenethylamine from Ariocarpus Irigonus. Lloydia , 33: 15­ 18,1970. Spenser, I. D.: A synthesis of harmaline. Can. J. Chem ., 37: 1851-1858, 1959. Spruce, R.: In Wallace, A. R. (Ed.): NOles or a Bolanisl on Ihe Amazon and Andes. London , Macmillan , 1908. (Ristampa). New York, lohnson Reprint, 1970 . Spulak, F. von , Claussen, U., Fehlhaber, H. W., e Korte, F.: Cannabidiolcarbonsaure­ tetratiydrocannabitriol-ester, ein neuer Haschisch-Inhaltss toff. Tetrahedron, 24: 5379-5383, 1958 . Stadler, P. e Stiitz, P.: The ergot alkaloids. In Manske , R. H. F. e Holmes, H. L. (Ed.): The A/ka/oids. New York, Academic, 1975, voI. 15 , 1-40. Staub , H .: Ueber die chemischen Bestandteile der Mandragorawurzel. 2. Die Alkaloide. Helv. Chimo ACla , 45: 2297-2305 , 1962. Stauffacher, D. , Tscherter, H. , e Hofmann, A.: Isolierung von Ergosin und Ergosinin neben Agroclavin aus den Samen von Ipomoea argyrophylla Vatke (Convolvulaceae). He/v. Chim o ACla., 48: 1379-1389, 1965. Stauffacher, D., Niklaus, P. , Tscherter, H ., Weber, H . F. , e Hofmann , A.: CycJocJavin , ein neues alkaloid aus Ipomoea hi/debral1dlii Vatke . Telrahedron, 25: 5879-5887, 1969. Stearn, W. T.: The typification of Convo/vu/us cor)'mbosus L. and the identify of Legendrae mollissima W. & B. Cuad. Bol. Canar. , 21: 5-12, 1974 . - : Turbina corymbosa. Curtis' BOI. , Mag., 181: t. 2: 718 , 53-59,1976. Stecher , P. G. et al. (Ed.): The Merck Index, 8" ed. Rahway, N. J., Merck & Co., Inc., 1968 . Steelink, c., Yeung, M., e Calwell , R. L. : Phenolic constituents of healthy and wound tissues in the giant cactus (Carnegiea gigamea). Ph)'lochemiSlry, 6: 1435-1440, 1967. Stevenson, M. C.: The Zuni Indians: Their mythology, esoteric fraternities and ceremonies. 23rd Ann. R ep. Bur. Am. Ethnol.: 1-634, 1901-2. -: Ethnobotany of the Zuni Indians. 30th Ann. Rep. Bur. Am. Elhnol: 3 1-102, 1908-9. Stoll, A. e Hofmann, A.: Partialsynthese von Alkaloiden von Typus des Ergobasins, He/v. Chimo Acta, 26: 944-965, 1943. - : The ergot alkaloids. In Manske, R . H. F. e Holmes, H . L. (Ed.): The A/ka/oids. New York, Academi c, 1965, voI. 18 , 726-779 . -: The Chemistry of the ergot alkaloids. In Pelletier, S. W. (Ed.): Chemislry or Ihe Alka/oids. New York, Van Nostrand Reinhold Co., 1970, 267-300 . Stoll, A., Hofmann , A. , e Schlientz, W. : Die stereoisomeren Lyse rgole und Dihydro-Iysergole . He/v. Chimo ACla., 32: 1947-1956, 1949. ' Stoll, A.' e lucker, E.: Neuere Untersuchungen von natiirlichen und synthet ischen' Tropan­ Deriva ten. Angewandle Chemie [Weinheiml. 66: 376-386,1954. Stoll, A., Troxler , F., Peyer, l., e Hofmann, A.: Eine neue Synthese von Bufotenin und verwand­ ten Oxy-tryptaminen. He/v. Chimo Acla, 38: 1452-1472, 1955. Stowe, B.: Occurrence and metabolism of simple indoles in plants. Forlschr. Chem. Org. Nalursl., 17: 248-297,1959. Stromberg, V. L.: The isolation of bufotenine from Pipladenia peregi'ina. J. Am. Chem. Soc., 76: 1707-1954 .. Subramanian, C. V.: Comunicazione privata . Ott. 19, 1977. Taber, W. A. e Heacock, R . A.: Location ot ergot alkaioid and fungi in the seed of 'Rivea corymbosa L. Hall. f. , "Ololiuqui". Can J. Microbiol., 8: 137-143, 1962 . Taber, W. A., Heaco~k,- R. A. , e Manon , M. E.: Ergot-type alkaloids in vegetative' tissue of Rivea corymbosa L. Hall.f. Phylochemislry, 2: 99-101, 1963a. Taber, W. A., Vining, L. c., e Heacock, R . A.: Clavi ne and Iysergic acid alkaloids in varieties of Morning Glory. Phy lochemislry, 2: 65-70, 1963b. Takemoto, T ., Nakajima, T., e Yokobe, T .: Structure of ibotenic acid oJ. Pharm. Soc. Jap~, 84: 1232-1233,1964. 327 Botanica e chimica degli allucinogeni Takemoto, T" Yokobe, T" e Nakajima, T,: Studies on the constituenls of indigenous fungi,·II, Isolation of the flycidal constituent from Amanita strobilifonnis. J. Pharm , Soc. Jap., 84: 1186-1188,1964, Taylor, N.: Flight from Reali/y. New'York, Duell, Sloan and Pearce, 1949. TayJor, W. 1.: Indole Alkaloids. Oxford, Pergamon, 1966. Theobald, W., Biich, O., Kunz, H. A., Krupp, P., Stenger, E. G., e Heimann, H.: Pharmakologi­ sche und experimentaJpsychologische Untersuchungen mil 2 Inhaltsstoffen des Fliegenpil­ zes (Amanila muscaria). Arzneim.-Forsch. , 18: 311-315,1968. Todd, lames S.: Thin-layer chromatography analysis of Mexican population of Lophophora (Cactaceae). Lloydia, 32: 395-398, 1969. Troike, R. C.: The origin of Plains mescalism. Am. Anthrop., 64: 946-963,1962 . Troxler, F., Seemann , F., e Hofmann, A.: Abwandlungsprodukte von Psilocybin und Psilocin. flelv. Chimo ACla, 42: 2073-2103,1959. Truitt, E. B. , lr.: The pharmacology of myristicin and nutmeg. In Efron, D. H., Holmstedt, B., e Kline, N, S. (Ed.): Ethnopharmacologic Search for Psychoaclive Drugs. Public Health Servo PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967,215-222. Truitt, E. B. lr., Callaway , C., Braude, M. C. , e Krantz, l. C. lr.: The pharmacology of myristi­ ciI"!. A contribution to the psychopharmacology of nutmeg. J. Neuropsych., 2: 205-210, 1961. Tsao, U. T.: A new synthesis of mescaline. J. Am. Chem. Soc., 73: 5495-5496, 1951. Turner, C. E.: Active substances in marijuana. Arch. Invesl. Med., 5, Suppl. 1: 135-140, 1974. Turner, C. E. e Hadley , K. W. Chemical analysis of Cannabis saliva of distinct origin, Arch. Invesl. Med. , 5, Suppl. I: 141-150, 1974. Turner, C. E ., Hsu, M.-F.H., Knapp. , l. E., Schiff, P. L. , e Slatkin, D. l.: Isolation of cannabisati­ vine, an alkaloid from Cannabis saliva L. rool. J. Pharm. Sci., 65: 1084-1085, 1976. Turner, W. l. e Heyman, l. l.: The presen.ce of mescaline in Opunlia cylindrica. J. Org. Chem., 25: 2250, 1960. Turner, W. l. e Merlis, S.: Effect of some indolealkylamines on mano Arch. Neurol. Psychiat., 81: 121-129,1959. Turner, W. l ., Merlis , S., e CarI., A.: Concerning theories of indoles and schizophrenigenesis. Am. J. Psychially, I I 2: 466-467, 1955. Tyler, V. E.: Indole derivatives in certain North American mushrooms. Lloydia, 24: 71-74,1961. -: The physiological properties and chemical constituents of some habit-forming plants. L1oydia, 29: 275-291, 1966. Uhle, M.: A snuffing tube fr<;>m Tiahuanaco. Bull. Free Mus. Sci. ArI, U. of Penn., I, NO.4: 158-177, 1898. Urbina M.: Calalogo de Planlas Me.xicanas (Faner6gamas). Mexico, D. F., 1897. -: El peyote yel ololiuqui. An. Mus. Nac. México, 7: 25-38, 1903; La Naluraleza, I, NO.4: 1912. Urzura, A., Cassels, B. K., e Delgado, M. c.: Principios activos de brebajes alucin6genos del Ucayali y del Amazonas peruano. Rev. Lalinoam. Quim., 3, No. I: 39-41, 1972. Uscategui-M., N.: The present distribtition of narcotics and stimulants amongst the Indi~n tribes of Colombia. Bol. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 18: 273-304,1959. Villavicencio, M.: Geografia de la Republica del Ecuador, New York, R. Craigshead, 1858,371. Vincent, D., e Séro, J.: Action inhibitrice de Tabernanlhe iboga sur la cholinestérase du sérum. C. R. Soc. Biol., 136: 612-614, 1942. Vitali, T. e Mossini, F.: Sulla preparazione di alcune triptamine N'-disostituite. Boli. Sci. Fac. Chimo Ind. Uni;'. Bologna, 17: 84-87,1959. Vollner, L., Bieniek, D., e Korte, F.: Cannabidivarin, ein neuer Haschisch-Inhaltsstoff. Telrahed­ ron Lell.,: 145-147, 1969. Vree, T. B., Breimer, D. D", van Ginneken, C. A. M., e van Rossum, J . M.: Identification in hashish of tetrahydroca11l1abinol, cannabidiol and cannabinoJ analogs with a methyl side­ chain.J. Phann. Phannacol. , 24: 7-12,1972. ' Vrkoc , J., Herout, V., e Sorm, F.: On terpenes. CXXXIII. Structure of acorenone, a sesquiterpe­ nic ketone from sweet-flag oil (Acorus calamus L.). Coli. Czechoslov. Chem. Commun., 26: 3183-3185,1961. Wagner, H.: Rauschgifl-Drogen , Berlin, Springer Verlag, 1969. Waller, C. W.:Chemistry of marijuana. Phannacol. Rev., 23: 265-271,1971. Waller, C. W., C. N., Johnson, J. J., Buelke, J. et al.: Marijuana: An Annolaled bibliography. New , 328 Bibliografia York, MacMillan PubI. Co., Inc., 1976. Warburg, O.: Die Muscatnuss. Leipzig, Verlag von Wilhelm Engelmann, 1897 . Waser, P. G.: The pharmacology of Amanita muscaria. In Efron , D. H. , Homsìedt, B., e Kline, N. S. (Ed.): Ethnophannacologic Search (or Psyciwactive Drugs. Public Health Service PubI. No . 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office , 1967, 419-439. Wassén, S. H.: Some generai viewpoints in the study of native drugs, especially from the West Indies and South America. Ethnos, 1-2: 97-120,1964 . -: The use of some specific kinds of South American Indian snuff and related paraphernalia . Etnolog. Studier, 28: 1-116, 1965. -: Anthropological survey of the use of South American snuffs. In Efron, D. H ., Holmstedt, B., e Kline, N. S . (Ed.): Ethnopharmacologic Search (or Psychoactive Drugs. Public Health Service PubI. No. 1645, Washington D. c., U. S. Govt. Printing Office, 1967, 233-289. Om bruket av hallucinogena snuser av sydamerikanskt ursprung. Sydsvenska Medicin­ H iSlOriska Salsk, Arsschri(t, 1969, 70-98. Wassén, S. H. e Holmstedt , B.: The use of pariGi, an ethnological and pharmacological review. Ethnos, l: 5-45 , 1963. • Wasson , R. G.: The divine mushroom: Primitive religion and hallucinatory agents. Proc. Am. Phil. Soc., 102: 221-223 , 1958. -: The hallucinogenic mushrooms of Mexico and psilocybin : A bibliography. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 20: 25-73, 1962a. -: A new Mexican psychotropic drug from the Mint Family . Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 20: 77-84, 1962b. -: Notes on the present status of ololiuqui and other hallucinogens of Mexico. Bot. Mus. Leafl. Harvard Un ivo No. 20: 161-193 , 1963 . -: Soma, Divine Mushroom o( Immortality. New York, Harcourt , 1967. -: The fly agaric and mano In Efran, D., Holmstedt, B., e Kline, N. S. (Ed.): Ethnophannacolo­ gic Search (or Psychoactive Drugs. Public Health Service PubI. No. 1645. Washington D. c., U . S . Govt. Printing Office, 1967 , 405-414. -: Soma of the Aryans: An ancient hallucinogen. Bull. Narcotics, 22, NO . 3: 25-30, 1970. -: The divine mushroom of immortality. In Furst, P. T. (Ed.): Flesh o( the Gods. New York, Praeger, 1972a, 185-200 . - : The role of "f1owers" in Nahuatl culture: A suggested interpretation. Bot. Mus. Leafl. Har­ vard Univo No. 23: 305-324,1973. Wasson, R . G., Hofmann, A., e Ruck , C. A. P.: Road to Eleusis: Unveiling the Secret o( the Mysteries. New York, Harcourt Brace Jovanovich, Inc ., 1978. Wasson, V. P. e Wasson, R. G.: Mushrooms, Russia and History. New York, Pantheon, 1957 . Watt, J. M. e Breyer-Brandwijk, M. G.: The Medicinal and Poisonous Plants o( Southern and Eàstern A(rica, 2 3 ed . Edinburgh , Livingstone , 1962 , 759. Weber, J. M. e Ma, T. S.: Microchemical investigations of medicinal plants. XIII. Separation of the alkaloigs in the leaves of Ipomoea violacea using thin-layer chromatograph y. Mik' rochim. Acta (Wien), 112-3: 217-225 , 1976. Micrachemical investigations of medicinal plants . XIV. Identification of alkaloids in the leaves of lpomoea violacea using preparative thin-Iayer chromatography and solid probe mass spectrometry. Mikrochim. Acta (Wien), 1/2-3: 227-242 , 1976. . Weber, H. P. e Petcher, T . J.: Crystal structures of the Teonanacatl hallucinoge ns. I. 1. Chem. Soc. , Perkin Trans., 2, No . 8: 942-946, 1974. Weidmann, H ., Taeschler, M., e Konzett, H.: Zur Pharmakologie von Psilocybin, einem Wirk­ stoff aus Psilocybe mexicana Heim. Experientia 14: 378-379, 1958. Weidmann, H. é Cerletti, A.: Zur pharmakodynamischen Differenzierung der 4-0xyindol­ derivate Psilocybin und Psilocin im Vergleich mit 5-0xyindolkbrpern (Serotonina , Bufote­ nina). Helv. Physiol. Acta, 17: C 46-C 48, 1959. Weil, A. T.: Nutmeg as a narcotico Econ. Bot., 19: 194-217, 1965. -: Nutmeg as a psychaactive drug . In Efron, D., Holmstedt. B., e Kline, N. S. (Ed.) Ethnophar­ macologic Search (or Psychoactive Drugs. Public Health Service PubI. No. 1645, Washing­ ton D. C., U. S. Govt. Printing Office, 1967,202-214 . -: Nutmeg and other psychoactive groceries. In Gunckel, J. E. (Ed.): Current Topics in Plant Science. New York, Academic, 1969a, 355-366'. - ; Cannabis. Sci. 1., SA , NO.3: 36-42, 1969b . 329 Botanica e chimica degli allucinogem -: The use of psychoactive mushrooms in the Pacific Northwest: An ethnopharmacologic report. Bot. Mus. Leafl. Harvard Univo No. 25: 131-.149, 1977. Weil , A. T., Zinberg, N. E., e NeJsen, J. M.,: Clinical and psychological effects of marihuana in man oScience, 162: 1234-1242,1968. . Weiss, G.: Hallucinogenic and narcotic-like effects of powered myristica (noce moscata). Psy­ chiatr. Quart., 34: 346-356, 1960. White, O. E.: Botanical explorations in Bolivia. Brook/yn Bot. Card. R ec., 11 , NO.3: 93-105, 1922. Wieland, T.: Science, 159: 946-952. Wilbert, J.: Tobacco and shamanistic ecstasy among the Warao Indians of Venezuela. In Furst, P. T. (Ed.): F/esh òf the Cods. New York, Praeger, 1972,55-83. Wilbert, J.: Metaflsico del Tabaco Entre /os Indios de Suramerica. Caracas, Univo Cat6lica Andres Bello, Inst. Invest. Hist6ricas, 1976 . Willaman, J. J . e Li , H.-L.: Alkaloid-bearingplants and their contained alkaloids, 1957-1968 , Lloydia, Supp/. 33, No. 3A: 1970. Willaman, J. J. e Schubert, B. G.: A/ka/oid-bearing Plants and Their Contained A/kaloids. Techni­ cal Bui!. No . 1234, Agric. Res. Service, U.S.D.A. , Washington D. c., U. S. Govl. Printing Office, 1961. Williams, E. Y. e West, F.: The use of nutmeg as a psychotropic drug. Report of two cases.1. Nat. Med. Assoc., 60: 289-329, 1968. . Willis, J. C.: A Dictionary of the Flowering Plants and Ferns, 7a edizione riveduta da Airy Shaw, H. K. Cambridge, Cambridge University Press , 1966. Winn, M., Arendseo, D., Dodge, P., Dren, A. T., Dunni ga n, D., Hallas, R., Hwang, K., Kynel, J., Lee, Y. H., Plotnikoff, N.,Young, P., e Zaugg., H.: Drugs derived from cannabinoids 5. 6a, 10a-tetrahydroca nnabinol and heterocyclic analogs containing aromatic side chains. 1. Med. Chem., 19: 461-471,1976. Wolbach, A. B., Isbell , H ., e Miner, E. J.: Cross tolerance between mescaline and LSD-25 with a comparison of the mescaline and LSD reactions. Psychopharmacology, 3: 1-14', 1962 . Wolbach, A. B., Miner, E. J., e IsbeJl , H .: Comparison of psilocin with psilocybin , mesca line and LSD-2 5. Psychopharmacology, 3: 219-223, 1962 . WoJfes, O. e Rumpf, K.: Ueber die Gewinnung von Harmin aus einer sudamerikanischen Liane. Arch. Phann ., 266: .188-189, 1928. Wurdack, J. J.: Indian narcotics in southern Venezuela. Card. l., 8: 116-118, 1958. Ximénez, F.: Quat ro libros de la natura/eza. Mexico, D. F., 1615, Iib. 2, cap. 14. Yui, T. e Takeo, Y.: Neuropharmacological studies on a new seri es of ergot alkaloids . lap. l. Phannacol., 7: 157-161, 1958. Zacharias, D. E., Jeffrey , G. A., Douglas, B., Weisbach , J. A., Kirkpatrick, J. L., Ferris, J. P. , Boyce, C. B., e Briner, R. c.: The structure of O-methyllythrine hydrobromide. Experientia, 21: 247-248 , 1965 . Zachowski, J .: Zur Pharmakologie des Cytisins. Arch. Exp. Path . Pharmakol., 189: 327-344, 1938. ' Zardini , E. M. The identifica tion of an Mgentinian narcotico Bot. Mus. Leafl. H(lrvard Univo No. 25: 105-107, 1977. Zerries, O.: Medizinmannwesen und Geisterglaube der Waika-Indianer des Oberen Orinoko. Ethnologica, N. F., 2: 485-507, 1960. 330 Indice analitico A Aberrazione cromosomica, 225 Aberrazioni, gustativa, olfattiva, tatti le , uditiva , 32 Abre-o-sol , 196 Acacia , 140 Acacia jurema, 141 Acacia l'liopo , 131 Acanthaceae, 257 N-Acetil-3 ,4-dimetossi -5­ idrossifeniletilammina , 182 N-Acetilanalammina, 182 N~Acetilanalonina , 182 N-Acetilm esca lina, 181 Ace tiI norarmina , 155 Achenio, morfologia , 88, 89 Acidi grassi , 96 Acidità di s tomaco , 244 Aconito, avvelenamento da, 295 Aconitum, 294 Acorus, 268 Acorus calamus, 268 Acroa , 140 Additivo (i), 156,237,239, Adulterio, 66 Afrodisiaco, 86,200,201 , 239,250, 284 Agaricaceae, 55, 80,81 Agaricales, 54, 265 Agarici, 52, 55 Agarico muscario, 43 , 50, 56, 57 Agave, 174 Agroc\avina, 210, 211 Agropyrum semicostalUm, 50 Aguacolla , 193 Aizoaceae, 164 , 276 Alcani,98 Alchomea floribunda, 204 , 205 Alcool, 58 , 268 Alghe, 37, 38, 46, 276 Algonquin, 240 4llergie , 297 Allucinazione (i), 30, 33, 34,45,47,48,65, 108, ,160,205,207, 214 , 228,244,247,255,263 , 272,276,277 , 279 Allucinazione (i) del gusto, 25, 32, 175 Allucinazione (i) olfattiva (e), 25, 32 , 175 Allucinazione (i) tattile (i), 25 , 32, 175 Allucin azione (i) uditiva (e), 25 , 26, 32, 53,69, 175 , 195 Allucinazione (i) visiva (e), 25, 32, 58, 69 , 157 , 175 , 177, 180, 182, 188,203,243,255,269, 277 , 290 Allucinogeno (i), 18, 20, 25, 29, 30, 32 , 33 , 34, 35,36, 38,39, 40,41 , 42,44, 45, 47 , 49,52, 54 , 56,64,67,68,69,83 , 84,96 , 126, 177 , 195,202,204,208,209,219, 220,228,235, 244,253,254,257,261 , 270, 272 , 284 , 286, 288 , 289, 295 , 296, 300 Allucinogeno (i) costituente (i), agente (i). 35, 39 , 40,44 , 45 , 46,52,83 , 257 , 284 Allucinogeno (allucinatorio), effetto, attività, 20,44 ,50,65,67,96 , 127, 128, 136, 139 , 171 , 182,202,214,222, 237,270, 278,279, 281,282 , 285,288, 290,294 , 297 Alluci nogene , piante, 20, 22, 38 ,39, 40, 46, 50, 56 , 82 , 151 , 259,270 Allucinogene, propr ietà, 50,196 , 197 , 200, 275, 280, 295 Alpha Helix, spedizione amazzonica, 238 Alraune, 250 Alstonia, 296 Alstonia venenata, 296 Ai s tovenina , 296 Alterazione nella percezione, 33,70 Alterazione nella percezione del tempo , 33, 70 Alterazioni del comportamento , 32 Alterazioni della coscienza, 45 Alterazioni dell 'umore , 32 Alterazioni del pensiero, 32 Alterazioni psichiche , 33 Altemanthera sp" 303 , Altemanthera lehmanl1ii , 156 Ama , 119 Amanita, 55 Am a nitaceae, 55 Amanita gemmata, 63 Amanita muscaria, 55 , 56, 57, 58, 59, 60, 62 , 63, 80, 81,267 Amanita pantheril1a, 63 Amaranthaceae, 303 Amaryllidaceae, 174 , 269, 303 Ama5ita , I 19 Amido, 268 Amminoacidi , 59, 98 Amminoacidi derivati , 59 a-Ammino-a-[ 3-idross i- isossazal i1-(5)]-acido acetico monoidrato, 59, 60 5-Amminoetil-3-idrossi-isossazolo, 60 (± )-ex-Am m i no[2(3H)-ossazolonil-(S) J-ad do ace tico, 60 331 .. " Botanica e chimica degli allucinogeni Amuleto , 250 Anadenanthera, 129, 130, 133; 134-; 135, 139, 142 Anadenanthera colubrina, 134 Anadenanthera colubri/ta, var. cebil, 139 Anadenanthera macrocarpa , 135 Anadenanthera peregrina, 115 , 130, 132 , 133 , 134 , 135 , 136 , 137,138 Anade/tant hera peregritta var. falca/a , 138 Anagirin a, 144 Analamina, 183, 188 Analgesico (i), 32, 33, 53, 206 Analidin a, 182 , 183, 188, 190,292 Analin a, 181 Analinin a, 183 , 194 Analonid ina , 182 , 183, 187, 188 , 194 Analonina , 182 , 183 , 187 Anatomia del le gno di Cannabis, 90, 96, 97 A-neg- la-kya , 241 Anestetico (i), 33 , 241 Anfet amina (e), 114 , 184 Anfetamina, toss icità , 282 Angatero , 150 Angina pec tori s, 187 Angiospermae, 36, 38, 82, 83 Anhalonium , 185 , 186 Anhaloniwn lewinii, 186, 187 , 192 Anhalonium lewinii , tintura di , 187 Anhalonium williamsii, 185, 186, 187 , 192 Annonaceae, 110 Anodino, 243 Ansietà , 203 Antenati, 202 , 203 , 205, 228 Antibiotico (i), 46 , 55 Anticolinergico, 197,2 23 Antiemorragico, 297 Antimalarico,26 1 Antinevralgico, 249, 250 Antireumatico, 291 , 292 Antispastiche, propri età, 197 ,223 Apache, 143 Apatia, 208, 212 Aperitivo, 261 Apo~tropina , 242, 244 Apocynaceae, 158,20 1, 296 ,303 Aporfina , 276 Aposcopolamina , 243 Appetito , 106,203 Apprensione , 203 Araceae, 267, 268 , 303 Araliaceae, 303 Arapaho, 142 Arbol de carvpanilla, 244 Archichlamydeae, 37, 39, 83 , 164 Areca ca/echu, 304 Areflessia corneale , 106 Argemone mexicana, 304 Argyreia, 209 Argyreia nervosa , 215 Argyreia /uberosa, 304 Ariani,58 Ariocarpus, 165 , 178 , 195 332 Ariocarpus agavoides, 166 Ariocarpus fissuratu s, 165, 166 , 179, 180. 187 Ariocarpus kotschoubeya nus, 166 Ariocarpus retusus, 165, 166, 180 Ariocarpus scapharostrus, 166 Ariocarpus trigonus , 166 Ariocarpus williamsii , 185 Arisaema draconium, 303 Aristolochia, 152 Arizonina, 289 Armalina, 42,155,156,1 59, 160 , 284 Armalina, idrocluro di , 159 Armalinico, acido , 155 Armica, ammide , 155 Armico , estero metilico dell'ac ido, 155 Armina , 42 , 155 , 156,1 59, 160 , 284 Armolo, 155 Aromatici, eteri, 112 Artemisia absinthium , 303 Asarone, ~-asarone, 268 Asclepiadaceae, 59, 201 Ascom icete, 39 Ascomycetes, 46, 52 Aspetti legali della classificazione della Canna­ bis , 88, 91 Assass ino, 85 As tacin a , 302 Asterosporales, 266 As/ragalus amphyoxys, 304 Astragalus beseyi, 304 Astragalus cagopus, 304 Astragalus mollissimus, 304 As tringe nte , 261 Astrophytum, 178 At anayé, 140 Atass ia , 106 Ata ss ia nei cani, 106 A/ropa, 221, 250 A/ropa belladonna , 221, 222 , 223 , 234 Atropi na , 222 , 223, 234, 242 , 250, 252 Aumento di temperatura , 76 Autocoscienza , 33 Auto tortura , 34 Avvelenamento «dei giganti», 281 Axocatzin, 288 Aya huasca , 28,42,147,151,152,154,158,159, 259 Ayahu asca, visioni da, 160 Ayahuasquero, 236 Ayurveda, 111 Azteco, 76 , 205, 206, 221, 261, 281 , 282 , 302 Az/ekium, 178 B Baby Hawayiian woodrose, 215 Bactris, 123 Badoh negro, 208 Bagassa,64 Bakana, 83,167 Indice analitico Bakanawa, 84, 167 Bakanoa,84 Banis/eria , 150, 151 Banisteria caapi, 150 , 154 Banisterina, 154, 155 Banisteriopsis , 147 , 152, 154, 155, 156, 157, 160, 161,163,228,236,237,284 Banisteriopsis argen/ae, 304 Banisteriopsis caapi, 28, 147 , 148, 150, 152, 153 ,154, 156 , 157,158, 160,161,163,259 Banis/eriopsis cabrerana, 149, 160 Banis/eriopsis inebrians, 147 , 149 , 151 , 154, 156,157,160, 161,259 Banis/eriopsis longiala/a , 304 Banis/eriopsis mar/iniana, var. lae.vis , 149 Banis/eriopsis qui/ensis , 304 Banis /eriopsis rusbyana, 157,158 , 159, 160 Baphia , 142 Bapti tossina, 139 Barasana, 28 , 115 Basidiomycetes, 39,46, 52, 265 Batteri , 38 Belladonna, 221 Belladonnina , 222 Benessere, 107 Benzopirano, 109 Benzilisochinolina, gruppo, 276 Beocisti na, 73, 74 Beringer, K., 30, 186 Berserker, 57 Ber/hol/e/ia exce/sa , 118 Betel, III /-Betonicina, 281 Bevanda (e), 28, 85, 140, 141, 156 , 194 ,24 1, 290, 300 Bevande fermentate, 230 Bhang,85,96 von Bibra , E., 27 , 28 , 29 Bignon iaceae, 298 Biochimica, 40, 96 Bled farouche, 47 Blue Stars, 214 , 215 Bockshorn,47 Bolbitaceae, 63, 64 Boletaceae , 265 Boletales, 266 Bo/e/us , 265 Bo/e/us kumaeus, 265 , 266 Bo/etus manicus, 265, 266 Bo/etus nigrovio/aceus, 265, 266 Bo/e/us reayi , 265, 266 Bora , 121 Boraginaceae, 303 . , Borago of(icina /is, 303 Boro, trifluoruro di , 101 Borrachero, 199, 208,226 , 236, 244 , 246, 295 Borrachero de pàramo, 199 Boscimani,269 Boswel/ia serra/a, 303 Bouiti,202 Brandkorn , 47 Bristol, 254 3-Bromo-5-aminometil-isossazolo, 61 3-Bromo-isossazolo-5-carbossilico acido, 61 Bruchi , 47 Bruciature, 270 Brugmansia, 27, 28 , 38,152 , 194,223 , 224,225, 229,230,231,233,234,239,245,251,254 Brugmansia arborea, 226,229, 234 Brugmansia aurea, 224, 227 , 228, 229, 232, 233, 234, 235 Brugmansia aurea, varietà atrofiche, 235 Brugmansia, razze atrofiche, 232 Bntgmansia, razze di, 232, 233 , 234, 245, 25 I Brugmansia X candida, 226 , 227, 228 Brugmansia X insignis, 226, 227 , 229 Brugmansia sanguinea, 225 , 226 , 227, 228, 229 , 231 , 232 , 234 Brugmansia suaveo/ens, 156 ,226, 227, 228, 234 Brugmansia versicolor, 226, 227, 228, 234 Brugmansia vulcanico/a, 228, 230, 234 Brun(e/sia, 156 , 234, 235, 237, 238 Brun(e/sia brasi/iensis, 238 Brun(e/sia chiricaspi, 236 , 239 Brun(e/sia grandif1ora , 235 , 236, 237, 238 , 239 Brun(e/sia grandif10ra so ttosp. grandif1ora, 236 Bru n(e/sia grandif10ra sottosp. schu//esii, 236 , 238 , 239 Bnm(e/sia hopeana , 235 Brun(elsia paucif1ora , 238 Brun(e/sia ta s/evinii, 237 Brun(e/sia unif1ora, 235 , 238 Brunfelsina, 238 Brumoniaceae, 260 Bryophyta, 37, 38 , 46 Buckeye, 286 Buckeye texano, 286 Bufo , 135 Bufotenina, 42,128, 135 , 136, 157 Bursera bipinna/a, 303 Burseraceae, 303 Butilici omologhi , 104 Bwiti , 202, 203 Bwiti , culto dei , 202 Byeri , società segre ta , 2M c Caapi , 28,147 , 150,152,154, 163 Caapi-pinima, 163 Caca/ia , 301 Caca/ia cordi(olia, 302 Cacalia decomposi/a, 302 Cactaceae, 164 , 165 , 168, 186,289 Cac/a/es , 164 Cacteae. 165 Cactus, famiglia dei, 164 Caerulescentes, 64 Caesa/pinia, 129,279 Caesa/pinia sepiaria, 280 CaesalpitlOideae, 129 Caffè, 89 333 Botanica e chimica degli allucinogeni Caffeina, 32, 258, 285 Cai,264 Calea, 261 Calea zacatechichi, 261, 262 Calomelano dolce, 268 Cambiamenti del comportamento, 282 Cambio, tessuto del, 122, 123 Campanelli del telefono, 68 Campanilla, 226 Campanulaceae, 260, 300 Campanulatae, 260 Campanuloideae, 300 Canapa, 84, 85, 87, 91, 94, 96,101 Canavalia, 129,280,281 Canavalia ensifonnis, 281 Canavalia maritima, 281 Cancerogeno, 114 Candicina, 181 Canelo,228 Cannabaceae, 59, 84, 89, 271, 303 Cannabiciclolico, acido, 103, 104 Cannabiciclolo, 103 Cannabicitrano, 103, 104 Cannabicromanone, 103, 104 Cannabicromene, 95,103,104,105 Cannabicromenico, acido, 103, 104,105 Cannabidaceae, 84 Cannabidiolico, acido, 99,100,101,104,105 Cannabidiolo, 94, 95, 98, 99, 100, 101, 104 Cannabidiolo, etere monometilico, 104 Cannabidiorcolo, 105 Cannabidivarina, 104 Cannabidivarolo, 104 Cannabielsoico, acido A e B, 103, 104 Cannabifurano, 103, 104 Cannabigerolico, acido, 99, 103, 107 Cannabigerolo, 99, 103, 104 Cannabigerolo etere monometilico, 104 Cannabinaceae, 84 Cannabinoidi, 89, 96, 98, 99,100,101,104,105, 106, 108 Cannabinoidi, biogenesi dei, 99 Cannaoonoidi eteri monometilici, 104 Cannabinoidi neutri con catena laterale pen tilica, 104 Cannabinoidi neutri con catena laterale propilica, 104 Cannabinolico, acido, 103, 104 Cann"binolo, 33, 93, 94, 99,100,101,104 Cannabinolo: etere metilico, 104 Cannabiorcolo, 105 Cannabipinolo, 104 Cannabis, 16, 32, 38, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91,93,95,96,98,99; 100, 101, 102, 104, 105, 106, 107, 108,239,272,282 Cannabis, chimica della, 96 Cannabis, classificazione della, 88, 90 Cannabis, composizione genetica, 87, 95 Cannabis, confronto dei silemi, 89 Cannabis, differenziazioni, varianti chimiche della 88, 89, 90, 91, 92, 99,100,101 Cannabis, identificazione della, 88, 89, 96 334 Cannabis indica, 88, 89, 90, 91, 92, 96, 97, IlO Cannabis, razze di, 67, 88, 89, 90 Cannabis nlderalis, 88, 100, 101, IlO Cannabis sativa, 24, 59, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 94,95,96,97,98,99, 100, 101, 105, 109, 221,278,298 Cannabis sativa var. indica, 88, 90 Cannabis sativa, sottosp. indica var. indica, 90, 91, IlO Cannabis saliva sottosp. indica var. kafiristani­ ca, 90, IlO Cannabis sativa sottosp. saliva, 90 Cannabis sativa sottosp. sativa var. indica, 90 Cannabis sativa sottosp. sativa var. sativa, 90, IlO Cannabis sativa sottosp. sativa var. spontanea, 90, IlO Cannabisativina, 105, 106 Cannabis spontanea, 90 Cannabis, varietà di, 87, 95 Cannabitriolo,98 Cannabivarina, 105 Cannabivarolo, 105 Capacità intellettuale, 33 Capsicum annuum, 305 Capsicum frutescens, 305 I3-Carbolina, alcaloidi, 157,259,284 I3-Carbolina, derivati, 40, 42, 126, 128, 135, 163 Carbone, 68 Carbossilico, acido, 99, 104 Carbossilico, gruppo, 50, 104 Carludovica, 123 Carnegiea, 289 Carnegiea gigalUea, 289, 290 Carnegina, 289, 290 Castacina, 302 Catalpa, 299 Catatonia, 282 Cawé,290 CBD,IOO CBD ciclase, 100 Cébil,134 Cecropia, 133 Centrospermae, 164,276 Cephaelis, 258 Ceratocaulis, 239 Cerceae, 172 Cereali, 50, 268 .Cereus, 193 Cerimonie, religiose, divinatorie, di cura, 26, 160 Cestreae, 221, 303 Cestnlm, 298 Cestrum laevigatum, 298 Cestrum parqui, 298 Chamico, 226 Channa, 277 Chapico, 199 Chara, 87 Chatino,67 Chaute, 165 Chawé,290 Indice analitico Chetale, 61 Chetotetraidro-norarmina, 155 Chibchas, 228, 233 Chicha, 223, 228, 233 Chichimeca, 172 Chichipe, 288 Chichixihuitl,261 Chinantechi, 67, 208 , 221 Chinico, acido, 238 Chinolizidina , 33, 276 Chiricaspi , 236 Chiricsanango, 236 Choco, 228, 300 Chontal, 261 Chrysobalanaceae, 129 Chukchi, 57 , 267 Cianidrico, acido, 300 Cianoclavina, 209, 210, 211, 213 Cianogeni, composti , 286 Cianogeni, glucosidi, 264, 281 Cicatrizzante, 270 Cicloclavina, 210, 211 Ciliegio, 52 Cimora, 194 Cinchona, 258 Cinchonoideae, 258 Cinera ria aspera, 304 Cinnamomum canphora, 304 Ciperaceo, genel-e, 167 Cistolici, peli, 89 Citisina, 139, 146 Citologia , 93 , 94, 96 Claviceps, 39,47 , 209 Claviceps purpurea , 39, 48, 49, 50, 51 Clavina , serie della, 50 Clavina, alcaloidi della, 50 Clethraceae, 295 Clone (i), 232, 251 Clone atrofico , 251 OI-Cloro-acetoacetato, 62 l-Cloro-3 ,4-trans-esa idrocanna binolo, 102 CNS , eccitativi effetti, 238 Coagulazione del sangue, 297 Coatlxoxouhqui,205 Coaxihuitl,205 Coca, 32 Cocaina, 33, 277 Cocculus leaeba, 304 Cocculus pendulus, 304 Coffea , 258 Cohoba, 42, 130 Coleus, 296, 297 Coleus blumei, 296, 297 Coleus pumi/us, 296, 297 Colica, 244 Colina, 105 Colinergica, azione , 59 Colinesterase, inibitore, 203 Colorine, 142 Comanche , 143 Comechingon, 134 Compositae, 39,178,260,301,303 Comunicazioni con gli spiriti, 25, 34 , 65,281 Condamine, 133 Confusione mentale, 32 Confusione, sintomi di, 62 Coni,83 Coniferina, 122 Connaraceae, 129 Conocybe, 55, 63, 73,80 Conocybe cyanopus, 73 Conocybe si/igineoides, 67, 77 , 81 Contortae, 201 Contusioni , 241, 248 Conversazione con i morti, 84 Convolvulaceae, 39, 50, 205, 208, 209, 210, 211 , 216,218,303,304 Convolvulus, 218 Convulsione (i), 48, 58, 203 Cooke, M.C., 28 , 29 Copelandia, 55 , 64 , 73,82 Copelandia cyanescens, 73, 82 Coprinaceae, 64 Cora, 172 Coriaria, 287 Coriariaceae, 286 Coriaria thymifolia , 287 Corni maleodoranti, 39 Cortisone, 16 Corynanthe yohimbe, 305 Coryphantha , 167, 168, 169, 178 Coryphantha calipensis, 168 Coryphantha compacta , 167, 169, 170, 180 Coryphantha cornifera, var. echinus , 168 Coryphantha macromeris, 167, 169 Corypahantha macromeris var. runyo nii, 167, 168 Coryphantha palmerii, 167 , 169 Coryphantha ramillosa , 168 Coscienza, 35, 233 Coscienza, perdita di , 70 Coscienza, stati anormali, 33 Cotone, 288 Crassulaceae, 178 Cree, 268 Criogenina, 197 Cristianità , 65, 202 Crittogame, 38, 46 , 266 Cromatografia , 89, 102 , .246 Cucurbitaceae, 164,304 Culebra borrachero, 251 , 254 Culina, 157 Culti segreti , 201 Cultivar, 38, 220, 225, 234, 251 Cumarina (e), 33 , 264, 302 Curandero, 26 Curari forme, 281 Curaro, alcaloidi del. 16 Curarosimile, azione, 282 Curativi, agenti , 84 Cuscoigrina, 222, 242 , 244, 250 Cuscuta, 209 Cy-19, 42,76 Cycadaceae, 304 335 Botanica e chimica degli allucinogeni Cymbopogon, 269 Cymbopogon densiflorus, 269 Cyperaceae, 83, 268 Cyperus , 84 Cyperus papyrus, 83 Cyphioideae, 300 Cytisus, 129, 139 Cytisus ca/1ariensis, 129, 139 CZ-74, 42,77 D Dagga, 85 Dama da noi te, 298 Danza, 26, 58, 65,125,143,176 Danza dei cervi, 143 Datura, 86 , 224, 225, 233, 239, 240, 241, 254, 255, 295 Datura arborea , 226 Datura candida cv, Culebra, 251, 253 Datura ceratocaula, 241 Datura discolor, 241, 242 Datura fa stuosa, 239 Datura ferox , 239 Datura inoxia , 240, 241,242 Datura kymalOcarpa, 241 Datura metei, 239, 242 Datura meteloides, 207, 241, 242 Datura pruinosa , 241 Datura quercifolia, 241 Datura reburra, 241 Datura st/'amonium, 222, 239, 240, 242 Datura vulcanicola, 228 Datura wrightii, 241 Datureae,221 Daucus carota, 305 Decotto, 245, 261 Degeneriaceae, 278 Deidrocannabifurano, 103, 104 t,.s-deidrolupanina, 144 Deità , 25 Delaware, 143 Delirante (i), 30 Delirio, 33, 48, 207, 247, 252, 276 , 277, 293 Demenza, 47 Depersonal izzazione, 33, 175 Depressivi , effetti, 106 Desfontainia, 198 Desfon tainiaceae, 198' Desfontainia spinosa, 198 , 199 Desfontainia spinosa var. hookeri, 199 Dhatura, 239 Diaforetiche , proprietà, 235 Diagnosi delle malattie, 25, 177, 194, 199,230, 241,251 Diarrea, 261, 300 Diatomee, 38 Dibenzopirano, derivati, 43 336 Dicotiledoni, 37 , 260 Dicotyledonae , 39, 83 Dietilammide', 36 N,N-Dietiltriptammina,42 Difficoltà di concentrazione, 299 Digitalis purpurea, 305 Digitogenina, 298 3,4-Diidroarmina,42 3 ,4-Di idrossi-5-metossifenetilammina, 188 6,7 -~-Diidrossi tropina, 242 Dimerici, cannabinoidi, 105 N ,N ,Dimetil-3,4-dimetossifenetilammina, 166, 170 l,l-Dimetileptil. catena laterale, 109 l ,2-Dimetilepil, catena laterale, 109 N,N-Dimetil-3-idrossi-4,5­ dimetossifenetilammina, 293 N,N-Dimetil-4-idrossi-3­ metossifenetilammina, 166 I ,2-Dimetil-6-metossi-l ,2,3,4-tetraidro-~­ carbolina, 124, 127 N,N-Dimetiltriptammina , 42, 124, 127, 142, 157,158,160,257 , 259 3,4-Dimetossifenetilammina, 170, 181, 194, 290, 303 3,4-Dimetossi-5-idrossifenetilammina , 181, 183, 194 3,5-Dimetossi-4-idrossifeniletilammina, 194 2,5-Dimetossi-4-metilisopropilammina, 42, 184 Dio dei fiori, 65 Dioon edule , 304 Dipendenza, 32, 33 Diplopterys cabrerana , 157 Disordini mentali , 35 Disorientamento, 33 Disorientamento di posizione, 62 Disorientamento nella percezione del tempo, 62 Distacco dal mondo, dalla realtà, 70, 159 , 212 Disturbi intestinali , 281 Disturbi nelle funzioni uditive, 62 Disturbi nelle funzioni visive, 62 Diterpeni, 302 3cx 6~-ditiloiglossitropano-7~-olo , 234 Diuretiche, proprietà, 235, 293 Divinatori, riti, 219 Divinazione, 65, 205, 207 , 245, 251 Divinità, 25, 27 DMT, 124, 125, 126, 127 , 128, 135, 136 N-ossi-DMT, 135 DOET, 184 Dottrina delle Segna ture, 250 Dolichothe/e, 178 Dolore, 250 DOM,184 Doiiana, 167 DOPA , 168 Dopamina, 188, 289 Dopo-sbornia, 184 Dormidero, 257 Duquenois-Levine, test, 89 Dutra, 239 Indice analilico E Ebene, 117 Ebbrezza , 26 , 58 , 67, 202, 205 Eccitante, effetto, 159, 288 Eccitazione cerebrale, 31 Echinocactus, 179, 185,187 Echinocac/us lewinii , 192 Echinocactus william sii, 185, 187, 192 Echinocactus williamsii anhaloninica , 187 Echinocactus williamsii pello/inica, 187 Echinocereus, 169, 178 , 180 Echil10cereus merkeri, 170 Echil10cereus sa/m-dyckianus, 169, 170 Echinocereus /rig/ochidialus , 169, 170 , 17 1 Echinocystis /obata , 304 Echinopsos pachanoi , 195 Echitoideae, 201 Ecologia , 96 Ectotipo (i), 88 Efedrina , 33 L-Efedrina, 289 Eidetici , 30 Elaeophorbia drupi(era, 304 El ahijado, 297 Elemicina , 113, 114 Elettrofisiologico, processo, 34 Elimoclavina, 209, 210, 211, 213, 214 Elizabe/ha princeps , 119 El macho , 288 , 297 El nene, 297 E/ymus mollis, 50, 218 Emetico, 269 Emostatici, effetti, 297 Engler e Prantl, 39 Enol-betaina, 60 Epena, 42, 115 ,117 Ephedra, 59 Ephedra nevadensis, 304 Epilessia, 296 Epilettici , stati , 48 Epilobillm angus/i(olium , 58 Epinefrina , 159, 167 Epi/helal1lha, 178,290 Epi/helanlha micromeris, 179, 180, 193, 290, 291 Equise/um arvense, 304 Equisitaceae , 304 Erba gatta, 219 Erdmannchen, 250 Erdweibchen, 250 Ereriba, 268 Ergina , 49 , 50, 209, 211, 214 Ergobasina,49 Ergolina, 215 Ergometrina, 49, 210, 211 , 213, 214 Ergometrinina, 210 Ergonovina, 49, 50, 210 Ergosina, 210 Ergosinina, 210 Ergotamina, gruppo, 49, 50 Ergotismo, 48 Ergotismo cancrenoso , 48, 49 Ergotismo convulsivo, 48, 49 ErgolOssina , gruppo , 49, 50 Ergotropica, eccitazione, 76 Ericaceae, 58 , 295 Ericales, 295 Eritrano, 28 1 Eritrina , alcaloidi , 33 Ery/hrina , 129, 196 , 281,282 Ery/hrina americana , 304 Ery/hrina flabelli(ormis, 281 Ery/hroxilon coca , 133 E schscho/zia cali(omica , 304 Eschweilera i/ayensis, 123 Esogena, reazione , 62 Estasi, 26 , 65 , 66 Eterobasidiomiceri , 52 Etilammina, 184 N-Etilanalonina, 182 Etnobotanica, 29, 30 Etnofarmacologia, 30, 126 Etnologia, 29 Euascomycetidae, 47 Euforia , 58 Euforico (i), 32, 86, 96 Eugenolo , 113 Euphorbia, 294 Euphorbiaceae, 304 Euphoria , 285 Euphoria longan, 285 Evodia bonwickii, 305 Excilan/ia, 30 F Fagioli corallo, 14 2 Fagiolo di mescal, 142, 143 , 286 Fagiolo di mescal , culto del, 143 Fagiolo rosso, 142 , 286 Fagiolo rosso, danza del , 143 Fagiolo rosso , società de'l. 143 Fagiolo spada, 281 Falso peyotl, 193 , 290 Fanerogame, 38 , 46, 83, 209, 258 Fanerolimi , 30 Fang-feng, 293, 294 Fang-k'uei, 293, 294 Fantasticanti , 30 Farmacologia , 29, 62 , 88 , 213 Farnettizzanti,30 Febbre gialla , 235 Fenetilammina, 45, 183 Fenetilammina , der ivati , 183 Feniletilammina , 33 , 42 , 44 , 45 Feniletilammina, derivati , 181 Fenolici acidi, derivati, 98 Fenilico, anello, 40 Fenda sumba/, 305 Fisica, depressione, 69 337 22 Botanica e chimica degli alìucinogeni Fisici, effetti, 58 Fisici, sforzi, 86 Festuclavina, 210, 21 J Fisiologia, 18,30 Fisiologici, effetti, 25 Fitochimica, 34, 36 Fiuto, polveri da, 21, 115, 117, 118 , 119, 126, 130, 131,132,133,134, 135,257 , 272, 274, 298, 299 Flavanoidi, 98 Floripondio, 226 Flotowia diacanthoides, 247 Flyng Saucers, 214 Foeniculum officinale, 305 Foeniculum vulgare, 305 Follia, stato di , 268 N-Formi!, 182 N-Formilanalamina, 182 N-Formilanalinina, 182 N-Formilanalonidina, 182 N-Formilanalonina, 182 N-Formil-3,4-dimetossi-5­ idrossifeniletilammina , 181 N-Formilmescalina , 182 N-Formil-O-metilanalonidina, 182 N-Formilnormacromerina, 167 , 169 Fosforico, acido, 74 4-Fosforilossi-N,N-dietiltriptammina,76 4-Fosfolirossi-N,N-dimetiltriptammina,74 Fosforilossi, gruppo, 40 Franciscaina, 238 Frijolillos, 142 Fulnio, 140 Fumo, 85, 86, 87,126,261,263,264,269,277, 281,282,300 Fuoco di S. Antonio, 47, 48 Fuoco sacro, 48 Funghi, 37, 38, 39,46,47,49, 51, 52, 53, 54,55, 56,57,58,59,62,63,64,66,70,75,80,243, 258,317,319,320,340 Funghi allucinogeni, 21, 52, 53, 56, 76, 207 Fungo a corona di spine, 67 Fungo, adorazione, 59 Fungo, culto del, 26, 57, 59, 66, 64 Fungo della ragione superiore, 67 Fungo di pietra, 57, 58, 65, 66 Fungo, follia da, 318, 319, 320 Fungo imperfectae, 46 Fungo sacro, 64, 66, 68, 72, 81 G Gaba , 3, 62 Galanga , 270 Galbulimina , 278 Galbulimina, alcaloidi, 278 Galbulimima belgraveana , 268, 278 Ganja, 86, 98 Gas-croma tografia , 135, 182, 238 Ga s t~romic e ti, 52, 54 338 Gaultheria, 295 Gaultheria anastomosans, 295 Gelsemium sempervirens, 304 Genetica , 87, 95 , 99 Genista canariensis, 139 Gentianaceae, 201 Geonoma , 123 Geraniales, 147, 283 Geranil pirofosfato, 99 Gigantina, 289 Ginestra, 129 Gi '-i-sa-wa, 53 Gi '-i -wa , 53 Gitogenina, 298 Giusquiamo, 50, 243 GLC, 102 Glicolaldeide, 156 Glicopeptide , 246 Glucoalca.loide, 282 Glucosidi , 33 Glucosidi cianogeni , 264, 281 Glumiflorae , 83 , 268 Glutammico, acido, 62 Gnetaceae, 59, 304 Gnetum, 156 Gomortega, 278 Gomortegaceae, 278 Gomortega keule, 278 , 279 Goodeniaceae, 260 Gossypium, 288 Graminaceae, 50, 83, 268 Granturco, 52, 228, 241, 264 Grindelano, 297 Guague, 140 Guahibo, 131, 151 Guaika, 117 Guantillo, 244 Guantlapatzintzintli, 302 Guettardoldeae, 258 Guida divina, 85 Guscio di chiocciola, 117,131 Gustavia poeppigiana, 123 Gymnospermae, 37, 38, 83, 12,2 H Haemadictyon amazonicum , 154 Hakudutha , 115 Hartwich, c., 29, 30 Hascish , 43 , 85 , 87 , 96, 104,105, 106, 107, III Hascish , intossicazione da, 45 Hashishin , 85 Heavenly Blue, 214 Hedyosmum translucidum , 245 Heffter, A., 180 Heim, R. , 53, 69 Heimia , 195 Heimia myrtifolia , 195 Heimia salicifolia, 195 , 197 Heim iella , 265 l ndice analitico Heimiella angui(omlis, 265,266 Heimiella retispora, ·265,: 266 Heimina , 197 Helenieae, 262 Helichrysum, 302 H elich rysum (oetidum, 302 Helichrysum italicum, 302 Helichrysum stenopterum, 302 Helico stylis , 272 Helicosty/is pedunculata, 272 Helicostylis tomentosa, 272 Hemiascomycetidae,47 Henné, 195 Hé-rog, 123 Herva da vida, 196 Hexenkraut , 250 Hierba de la pastora , 219 Hierba de la virgen, 219 Hierba loca , 295 Hikuli, 179 Hikuli mulato, 290 Hikuli rosapari, 193, 290 Hikuli sunami, 165 Hikuli walula saeliami, 179 Hikuli wanamé, 179 Himantandraceae, 278 Himantandra, 278 Himbacina, 278 Himbosina ,278 Himgalina, 278 Holmstedt, B. , 126 Homa/omena, 268, 278 Huacacachu, 226, 230 Huaca, 230 Hualhual, 279 Huanto, 226 Hued-hued, 295 Hueipatl , 254 Huichol 165, 172, 174, 176,254,255 , 256,263 Huilca , 134 Huinari, 288 Humulus , 84, 89 Humu/us lupulus , 303 Humus, 64 Hyoscyamus, 243, 250 Hyoscyam us muticus, 244 Hyoscyamus niger, 222, 243, 244, 280 Hypnotica, 30 Hypocreaceae,47 I Iboga , 41 , 200, 201,202 Ibogaina , 40,43, 200, 202, 203 Ibotenico, acido, 43 , 59, 60, 61 , 62, 63 Ibrido (i), 226, 227 Idrossamico, acido, 62 5-Idrossicarnegina, 289 3-Idrossi-5-clorometil-isossazolo, 62 Idrossietilammide, 50 Idrossilammina, 62 Idrossietilammide dell'acido lisergico, 49 N-(I-idrossietil) ammidi, 210, 213, 214 4-Idrossi-N,N-dietiltriptammina, 76 , 77 4-Idrossi-N,N-dimetiltriptammina, 74 5-Idrossi-N,N-dimetiltriptammina, 128, 135 N -(p- idrossi -~-fen ileti I)-p- idrossi -trans­ cinnamide, 105 Idrossilici, gruppi, 40 Idrossimetile, radicale, 50 3-Idrossi-4-metossifeneti lammina, 290 8-Idrossi-7-metossi-l-metil-I,2,3,4­ tetraidroisochinolina, 289 (R)-4-idrossi-pirrol idone-(2), 62,63 5-Idrossitriptammina , 40 Idrossitriptammina , derivati, 42 4-Idrossitriptammina , derivati, 42 5-Idrossitriptammina, derivati, 42 Ignis sacer, 47 Imenomiceti, 52 Indebolimento della memoria, 32, 33 Indebolimento intellettuale, 32, 33 Indifferenza, 208 Indifferenza all'ambiente, 70, 208 Indolico, nucleo, 41 Indolo, 33 , 40 Indolo, alcaloidi, 202, 296 Indolo, derivati, 42 Inebrianti, 29, 38 , 53, 58 , 87, 256, 261 264,286, 295, 297 Inebriantia, 30 Inebrianti, bevande , 69, 174 Inebrianti, costituenti, 58, 92, 207 Inebrianti, propri età, effetti, 85, 239, 255 Infiammazioni, 275 Infuso, 86, 230, 261, 297 Ingano, 156,228,232,236,25 1 Inibizione della ptosi indotta da reserpina, 282 Iniziazione , riti di, 201, 202, 240, 241 I-inositolo, 264 Insett icida, 261 Insetto (i), 47, 206 Intossicazione, 62,116,120,123,177,241,259, 288 lochroma , 244, 245, 293 lochroma (uchsioides, 244, 245, 246 lochroma gesnerioides, 246 Iosciamina, 222 , 223, 242, 244, 248, 250 Ioscina, 222,241 lowa, 142, 143 Iperattività cerebrale, 177 Ipereccitazione, 33· Ipersensibilità , 177 Ipersensibilità uditiva e visiva, 34 Ipertemia, 213 Ipnotico (i), 32, 33, 249 lpomoea, 205, 207 , 213 , 218 lpomoea argyrophylla, 210, 304 lpomoea batatas, 205, 304 lpomoea carnea, 208 lpomoea hederacea, 304 lpomoea hildebrandtii, 210 339 Botanica e chimica degli allucinogeni Ipomoea muricata, 304 Ipomoea nil, 304 Ipomoea pharbitis , 304 Ipomoea pwpurea, 304 Ipo;"zoea rubrocaendea , 216 Ipomoea sidaefo/ia , 207, 218 Ipomoea tricolor, 208, 216 Ipomoea violacea, 208, 209, 210, 214, 215, 216, 217 lpotensione, 203 Ipotensi va , 297 Ipolermico , effetto, 106 Iresine, 194, 303 Islamismo, 202 Isoelemicina, 113 lsoergina, 209, 210, 211,212 Isoeugenolo, 113 I-Isoleucin-betaina , 105 Isolisergico, acido , 210 Jsolisergico , ammide dell'acido , 209, 211, 212, 214 Isolisergico, N-(I-idrossietil) ammide dell'aci­ dO,210,211 Isolisergolo, 210 Isosetoclavina, 2 I O Isossazolo , derivali, 43 ISOlOma longiflora , 194, 300 IttioLOssico, agenle, 236 Izcuinpahtli,302 J Jivaro, 152,156, 228,236 Johnslon, J.F., 28 Jouz-malhel,239 Jurema, 140 , 141 Jurema branca, 140, 142 Jurema , cullO, 140 Jurema préla, 141 Juslicia, 119,257 Juslicia peclOralis , 258 Justicia peclOra/is varo slenophy/la, 118, 257, 258 Juslicia, polvere di 119, 120 K Kabuyarì,115 Kachinawa, 236, 237 Kaempferia, 270 Kaempferia galanga, 270, 27 I Kamchadal, 57 Kamsa, 27,143,228 , 232 , 251 Kanna,277 Karaparana , 163 Karauetari, 117 Karib,272 Karimé, 117 Kariré, 140 340 Karitiana, 300 Kashinahua, 259 Kava-kava , 32 Keule , 279 Kieli,255 Kielilsa, 255 Kif,85 Kiowa, 143, 146, 173 Kirishana, I 17 Kluver, H. , 186 Kofan , 156, 228,236 Komugl lai, 266 Koo-tro6-koo, 212 Koriak,57 Koriaki , 267 Koribo,299 Kraepelin, E., 28 Kuma , 266 Kuri-kaxpida, 156 Kuripako, I 15 Kwashi,269 L LA-I I 1,212 La Barre , W., 177, 178 Labialae , 39, 219, 296, 304 Labiates , 297 Lacluca virosa, 304 Lagochilina, 297 Lagoch ilus, 297 Lagochilus inebrians, 297,298 La hembra , 288 , 297 Lang-lang, 243, 280 Lang-lu , 294 Lattico, acido, 238 La/ua, 246 LaLUa pubiflora, 247, 248 Latua venenosa, 248 Latué, 247 Lauraceae , 304 Legendrea, 218 Legge rezza nei piedi, 58 Legno marcescenle , 54, 63, 64, 69, 78 Legno di Cannabis, anatomia del, 90, 96, 97 Leguminosae, 39,129,139, 144,178,279 , 304 Leonotis, 85 Leonolis leonurus, 304 Le-sa , 123 Letargico, stato, 202 Levitazione, 253 Lewin, W., 29, 30, 31, 38,154 Liberatrice del peccato, 85 Licheni, 38,46 Li e vito,46 Liguliflorae, 260 Liliaceae , 269 Liliiflorae, 269 Liofolina, 197 Liquirizia , 276 Lisergico, acido, 49,50,213,214 Indice analitico Lise rgico acido, derivati, 43 Lisergi co, alcaloidi de ll 'acido , 50, 210 Lisergico, ammide dell 'acido , 36, 43 , 49, 50, 209,210 , 212,214 , 215 Lisergi co, ammidi dell'acido, 49, 209, 210 , 2 11 , 214 Li serg ico, dietilammide del l'acido, 36,40, 43, 50,2 14 Lisergico , idrossietilammide del l'acido 43 49 ' , , 50, 2 10 Lisergi co, N-( I-idrossielil)ammide dell'acido, 2 10, 2 11 , 2 13, 2 14 Li sergico, radica le dell 'acido, 36 Lisergina, 210, 21 I Lisergolo, 209, 210, 2 11 , 2 13, 214 Li serg il -L-valina, e tere metilico, 49 Litchi chinensis, 285 Li tridina, 197 Litrina . 197 Lobelanidina , 300 Lobelia, 300 Lobelia tupa , 300, 30 I Lobelina, 300 Lobeliaceae, 300 Lobe lioideae, 300 Locwood , TE., 224, 254 Logan iaceae, 201, 304 Longan , 285 Lophophora, 16, 165 , 170, 171 , 172 , 178, 185, 187 , 189,286 Lophophora echinata, var. diffu sa, 192 Lophophora lewinii,'187, 192 Lophophora wi/liamsii, 165, 168 , 171 , 172,177 , 179, 180, 181 , 182,183,185,187,188.189, 190, 191 , 192, 286, 290. 292 Lophophora wi/liamsii varo /ewil1ii, 179, 187, 192 Lofoforina, 182 , 183 , 187 Lofotina , 182 Logania ceae, 304 Loranthaceae, 304 LSD , LSD-25 , 36 , 40, 43 , 50, 62 , 75 , III, 159, 184, 213, 21'4, LI 5, 268, 296 LSD , effe tt i simili , 159 LSD, intossica zione da , 45 Lung- li , 285 Lupinina, 144 Lupino, gruppo, 139,144 Lycoperda ceae, 52, 53 Lycoperda les, 52 Lyc,operdon, 52, 53, 54 Lycoperdon marginatum, 53 Lycoperdon mutecorum, 53, 54 Lythraceae. 195 M Maci s, l I l. 112 . Maconha, 85, 298 Maconha brava, 282 Ma crorne rina , 168 , 169 Macrops ia, 58, 121 , 175 Madaschaunda, 11 I Magia, 25 , 85, 232, 250 Magica , pozione , 206, 223 Magiche, piante, 34 Magico-religiose, medicine, 244 Magico-religioso (e) conlesto, cerimonie, culto, riti, 25, 26, 38, 52, 58, 140,261,272,284 , 286 Magnoliaceae , 278 Maicoa , 226 Majun , 86 Maku , 125, 162 Makuna, 115 , 117 , 156 Mala ria, 261 Malatt ia dell 'olmo olandese, 46 Mal des ardent s, 47 Mal di denti, 281, 300 Malevoli, spiriti, 241 Ma/ouetia tama quarina , 156, 303 Malpihiaceae , 147 , 15 1, 152,304 Malva ceae, 288 Malva colorada, 288 Malva del platanillo, 288 Mammillaria, 165, 17 1, 178, 179 , 185 , 187,192 Mammillaria craigii . 192 Mammi/laria (issura/a, 179 Mammi/laria grahami i var , o/iviae, 193 Mammi/laria heyderii, 180, 192 Mammi/laria micromeris, 179 Mammillaria sen ilis, 193 Manacina , 238 Mancanza di peso, 175 Mandorla, 299 Mandragora (Mandrago la) , 249, 250 Mandragora officinanlm, 249, 250, 25 1 Manc\ragorin a, 250 Mandrake, 43 , 249 MAO (oss ic\asi monoamminica), 159, 160,259, 296 MAO , inibilori, 128 , 159, 160, 259 Mao -ken, 276 . Mapuche , 199,228 , 279 , 300 Mapuche-Huillic he , 228 Maquira, 272, 275 Maquira coriacea, 274 Maquira sclerophy/la, 273,274 Maraba,270 Maria Sabina , 26, 68 Marij uana , 43, 50, 85, 87, 88, 9 1, 95, 96 , I Il , 281, 282, 298 Marijuana se lvatica, 282 M ascagn ia, 152 Mascagnia psilophy/la var o anti(ebrilis, 304 Matacabra , 205 Materiale lega le della Cannabis , 9 1 Matricaria chamomì/la , 304 Matsi-kawa, 259 Maya, 275, 276 Maypure , 131 Mazan, 66, 150 341 Botanl'ca e chimica degli allucinogeni Mazatechi, 67, 71 , 207,208.219, 296 Mechoulam, R., 98 Medicina (e), 25 , 29, 35, 84, 86, 177 , 269,284, 289, 292, 300 Medicina (e) sacra (e), 223, 286 Membrana nittitante, contrazione, 76 Memoria , disturbi , 33 Memoria, indebolimento, 32 Memoria , perdita, 32, 33 Menispermaceae, 304 (+)-p-Mentadiene-(2,8)-0Io, 101 Mentale, confusione, 32 Mentale, depressione , 69 Mental e (i), disordine (i), 34 Menta·le, vuoto, 212 Mentali, effetti, 58 Mentatriene, 99 (- )-Mentolo, 98 5-MeO-DMT, 124,125,126, 128 , 135,136 6-MeO-THC, 124, 125, 128, 135 6-MeO-DMTHC, 124, 125, 128,135 5-MeO-MMT, 124, 125, 126, 135 5-Me-DMT, 125, 128 6-MeO-THC, 125, 128, 135 Merremia tuberosa, 304 MescaI. 174, 188 MescaI. bottoni di , 67,174, 176,178,180,186, 187, 190 Mescal, culto del fagiolo, 142, 143 Mescal, fagioli di , 142, 143,286 Mescalina , 42 , 44, 75, III , 167, 174, 175 , 177, 180, 181,182,184,186, 187, 188,190,191, 193 , 194 , 268,293 Mescalina , intossicazione da , 45,175,177,183 , 184, 186, 187 Mescalotam, 182 Mesembrenina,277 Mesembrina , 277 Mesembryanthemum, 277 , 278 Mesembryanthemum e:cpansum, 277, 278 Mesembryanthemum IOrtuosum , 277, 278 Metachlamydeae , 37, 39, 83 Metanefrina, 167, 169 Metanolo, 62 Meteloidina, 234, 242 Methysticodendron , 235, 244, 251 Meth ysticodendron amesianum , 251, 252 , 254 O-Metilanalonidina, 183 Metilcannabidiolo, 105 Metil-L'.'-THC , 105 Metilcannabinolo, 105 N-Metilcistisina, 144 N-Metil-3,4-dimeiossifenetilammina , 165, 166, 168, 170, 293, N-Metil-3,4-dimetossi-I:\-fenetilammina , 168 N-Meti l-3,4-dimetossifeniletilammina, 165 , 166 , 293 Metileugenolo, 113 Metilico, radicale, 50 N-Metil-4-idrossi - ~-metossifenetilammina, 168 Metilisoeugenolo, 113 (-)-~-O-Metilmacromerina , 167, 168 , 169 342 N-Metilmescalina, 181, 183,293 N-Metilmetanefrina, 167, 169 N-Meti 1-4-metossifenetilammina, 165 , 168 N-Metil-4-metossi-~- fenetilammina, 168 2-Metil-6-metossi-tetraid ro-~-carbolina , 127 2-Metil-6-metossi-l, 2, 3, 4-tetraidro-~carbolina, 124, 125 N-Metil-5-metossi-triptammina , 124, 125, 127 (-)-~-O-Metilnormacromerina, 167, 168, 169 N-Metilpirrolidina , 222 N-Metilpirrolina , 222 N-Metilsalsolidina , 290 ~-O-Metilsinefrina , 168 , 169 N-Metiltetraidro-~-carbolina , 157 Metil-L'.'-THC, 105 N-Metiltirammina, 165 , 166, 168, 181, 183 N-Metiltriptammina, 124, 157 3-Metossi-5-am minometi I-isossazolo, 61 Metossianfetamine, 184 5-Metossi-N,N-dimetiltriptammina, 42, 124, 126 , 128, 157, 170 Metossieugenolo, 113 N-(3,4-metossifeniletil)-maleinimmide, 182 6-Metossi-7-idrossicumarina, 238 4-Metossi-~-idrossifenetilammina, 168, 169 4-Metossiindolo, alcaloidi, 296 5-Metossi-N-metiltriptammina , 42 , 124 3-Metossitirammina, 188, 194,289 5-Metossi triptammina, 126 6-Metossitriptammina , 156 Meth ysticodendron , varie tà atrofiche, 235 Mexican-buckeye (occhio di caprone messicano), 143, 172,286 Michai bIan co, 199 Micofobi , 65 Micologo, 29 Midriasi, 69, 76,106,213 Mije ,67 Mimosa, 129, 140 Mimosa hostilis , 140, 142 Mimosa iurema alba, 140 Mimosa nigra, 142 M imosa peregrina, 133 ' Mimosa verrucosa, 142 , 304 Mimoseae, 129 Mimosoideae, 129, 140 Mirabilis multiflora, 304 Miristicina , 113, 114,126 Mispercettici, 30 Misteri El eusini, 23, 49 Misticomimetici,30 Mistura, 37, 50, 236, 299 Mitologia, 66, 254 Mitragyna speciosa, 305 Mitskway borrachero , 251 Mixtechi , 53, 67, 207 MMT , 124, 125,135 Modifi cazioni del comporta men to, pensiero, percezione, 32 Molliclavina, 210 Monadeniwn lugardae, 304 Mondo di «quas i-sogno», 34 Indice analitico Monilla , 286 Monocotyledonae, 37, 39, 83, 267, 270 Monoterpene, 98 Monoterpenoidi, 96,98 Monotipico, concetto, 88,91 Moraceae, 84, 271 Moreau de Tours, 107 Morfina, 33 Morsi di serpen te, 235 Morning glory, 208, 217 Morte, 47, 66 , 201 , 202, 255, 269 Mostruosità, 232, 251 Motorie , alterazioni, 295 Movimento ondoso, 159 MTHC , 125, 136 Mucuna, 129,281 Mucuna pruriens , 28 1 Muinane, 121 Mummificazione, 48 Musaceae, 304 Musa sapien/um, 304 Muscale, bottoni di, 186 (+)-Muscarina, 59,105 Muscazone , 60 Muschio, 63 , 64, 80 Muscimolo, 43,60,62,63 Muscolare, forza, 202 Muscolare , rilassamento, 69, 197 Muscolare, scoordinamento, 120 Muscolare, torpore, 177 Muscolo (i) involontario (i) , 49 Museo del Oro, 68, 76 Mutamenti percettivi, 32 Mutterkorn,47 Myris/ica , IlO Myristicaceae , 23 , 110,304 Myrislica fragrans, III, 112 , 114 Myris/ica ma/abarica, III Myroxi/on , 142 Myrtiflorae, 195 Myxomycetes, 46 N Nacadero, 244 Nahoa,67 Nahuatl. 172,205,208,302 Nai-kawa , 259 Narcosi , 32 , 33, 208 Narcotica, bevanda, 147, 14 8, 152 Narcotiche, pian1e, 29, 86 Narcotiche, proprietà , 53, 88, 210, 214, 239, 279,284 Narcotici , effetti , 53 , 65 , 85 Narcotici, principi, 67, 300 Narcotico (i), 25, 28, 29, 33, 37 , 67, 85, 86,87, 295, 297 Narcotico, fumo, 85 Narcotico resistente, attività , 36, 63 Natema, 147 Native American Church , 174 Nausea, 120, 183 Navaho, 175 Ndaadl, 266, 267 Ne/umbo, 276 Neoraimondia macros/ibas, 193, 194 Nepe/a ca/aria, 219, 304 Nephelium, 285 Nephelium /opengii, 285 Nesodina, 197 Neurina, 105 Neuroni centrali, 62 Neurormoni, 44, 45 Neuroumorali, fattori , 45 Nicandrae,221 Nico/iana, 264 Nico/iana rustica, 263 Nico/iana /abacum, 132,299 Nicotina , 146,222,242 Nigerina, 142 Ninfeina, 276 Niopo , 131 Nippa , 129, 130 Noce del Brasile, albero, 118 Noce moscata, 111, 112, 113 , 1/4 Noce, ruggine del, 46 Nonda, 266 Noratropina, 234, 242 Norbeocistina , 74 Norcarnegina, 289 Norepinefrina , 159, 168 Noriosciamina , 242, 250 Norlobelanidina , 300 Normacromerina, 167 , 168 , 169 Norscopolamina, 234, 242 Nucleici , derivati degli acidi, 98 Nyakwana , 115 , 117 , 119, 121,258 Nyctaginaceae, 304 Nynphaea, 275 , 276 Ny nphaea ampia , 275, 276 Nynphaeaceae, 275, 276 o Obregonia, 178 Ocimum micran/hum, 304 Ocotl, 206 Oco-yaié, 157 Offerta agli antenatì, cerimonia, 203 5-0H-DMT, 135, 136 7-0H-Ll'-THC-, 106 7-0H-Ll 6 -THC, 106 Ojibway,56 Oli essenziali, 89 , 99, 219, 264 , 269, 270, 279 Oli grassi, 268 Oliverolico, acido, 99 Olivetolo, 99, 102 Oli volatili , 268 O/media , 272 Olmedioperebea sclerophy/la, 275 343 Botanica e chimica degli allucinogeni Olmo, malattia dell', 46 Ololiuqui , 43, 50, 65, 205, 206, 207, 208 , 209, 210, 211 , 213,214,215 , 241 Ololuc hqui, 206 , 207 Omagua , 133 , 228 Omaha, 143 Omobasi diomiceti , 52 Onagraceae , 58 Oncidium , 270 Oncidium cebolleta , 270 Oncidium longi(olium , 270 Oo-koo-na , 121 Oppio, 32, 85 , 86 Opunta cylindrica , 194 Opuntiales , 164 Opuntieae, 165 Orchidea (e), 270 Orchidaceae, 178, 270 Ordenina, 105, 165 , 166, 168, 170, 181, 183 , 194, 292 Orika-bai-yek , 126 Ormosia , 142 Orzo, frumento , 51 Osage, 143 Oscina , 234 N-Ossi -DMT, 135 N-Oss i-5-0M-DMT, 135 N-Ossi-scopola mina , 222 N-Ossi-ioscia mina , 222 2-0ssi-t. 3.THC, 103 , 104 Ossi toss ico, fattore , 49 Ostetric ia , 49 Ostyak, 57 Oto, 143 Otomi,67 Ottentotti , 277 , 278 p Pachycereus, 290 Pachycereus pecten-aboriginu/11, 180, 290, 291, 292 Paguando, 244 Pakidai,117 Palmae, 304 Palline, (res ina di Virola), 121, 122, 123, 125 Palo bobo, 302 Palo loco, 302 Pa nacea, 249 Panaeolus , 55,64, 67,74 , 80 Panaeolu s (oenisecii, 73. Panaeolus sphinctrinus , 67, 70, 73, 74, 78 , 81 Panaeolu s subbalteatus , 73 Panax ginse ng, 303 Pancratium, 269 Pa ncratiwn trianthwn, 269 Pankaruru , 140 Papaveraceae, 304 Papilionoideae, 129 , 282 Papiro, 83 Paraes tesia , 159 344 Parahuri , 117 Paral~i , 203, 269, 276, 302 Paricà, I 15 , 133 Parientales, 164 Parto, 49 , 245 Paspalum, 210 Paspalum distichum, 50 Passifloraceae, 304 Passiflora incarnata, 304 Passività , 159 Pas ture , 63, 67, 79, 82, 268 Pata de perro , 53 Patate , 52 Paullinia, 285 Paullinia yoco, 305 Paumari, 298, 299 Pawn ee , 143 Pazzia , 84, 193 , 199, 202 , 241,247, 266 , 285 , 293, 295 Pearly gates, 214 Pectum, 206 Pedilanthu s tithymaloides, 194 Peganoideae , 284 Peganum , 284 Peganum harmala , 59 , 155 , 284,285 Peiotl , 172 Pelecyphora, 178, 291 Pelecyphora aselli(ormis, 291, 292, 293 Pelle, malattie della, 297 Pellico la rossicc ia , 69 Pellote, 187 Pelloti na, 182, 183, 187 , 188 , 189, '293 Penici lli na, 46 Penicillium, 206 Penni clavina, 210, 211 Pennisetum typhoideum , 210 Peptidi ci, alcaloidi, 49 , 50 Percettive , alterazioni, modificazioni, 32 Percezione dello spazio, 34 , 70 Percez ione del tempo, 34, 70, 175 Percez ione , disturbi, 31,159 Perdita degli arti, 47, 48 Perebea , 272 Pereskieae, 165 Periploca aphy/la , 59 Permeabi lità dei vasi sa nguigni , 297 Pernellya , 295 Pernel/ya (urerlS, 295 Pem etrya parvi(olia , 295 PelUnia , 253 Petunia axillaris, 253 Petun ia hybrida, 253 Peumia violacea, 253 Petunidina, 253 Petunina , 253 Peuceda num, 293 Peucedanum japonicum , 293, 294 Peyoforina , 182 Peyoglutam, 182 Peyonina, 182, 183 Peyo te dé Tepic, 302 Peyo te meco, 291 l ndice analitico Peyotillo, 29) Peyotina, 182 Peyotl, 32,42,86,143,172,173,175,177,178, 179,180,182,184,185,186,187, 188, 194, 208, 241, 264 , 270, 286, 291, 302 Peyotl, cactus, 185 ' Peyotl, cerimonia del 143, 173, 174, 175 Peyotl, complesso del, 178 Peyotl. culto del, 143 , 173 ,174, 177 Peyotl, intossicazione da, 175 , 177 , 184 Phantastica, 30, 31 Phrigillanthus eugel1oides , 304 Ph ycomycetes , 46 Phytolacca, 275 PhylOiacca acinosa , 274, 275 Phytolaccaceae, 164 , 275 Pianta del secolo, 174 Piante contenenti alcaloidi, 37 Piante, regno delle, 36, 37, 38, 39 Piassam, 126 Piloerezione, 213 Pimenteira, 140 Pinde, 147 Pino, 52 Piojo, 228 Piperaceae, 304 Piper betle, 304 Piperidina, 105, 278, 302 Piperidina, derivali, 105, 278, 302 Piper methysticum, 304 Piper nigrum, 304 Pipiltzintzintli,221 Pipladel1ia, 129, 130 Piptadenia excelsa, 304 Piptaderlia falcata, 130 Piptadenia peregrina , 130 Piranico, anello, 98, 109 Piridinico, alcaloide, 281 Pirrolidinico, acido carbossilico gruppo, 182 Pirrolizidina, 33, 302 Pisci dia , 196 Piule, 282 Planitorae, 147 Plastica, industria della, 268 Plumieroideae, 201 Polimorfiche, specie, 88 Polisaccaridi, 122 Politipr2o, concetto (Cannabis) , 88 , 89 , 91 Polso, frequenza, 106, 184 Plygonaceae , 59 Ponca, 143 Post-partum, emorragia, 49 Poudre de peyote, 292 Preistoria, 25 Premonizione, 269 Pressione sanguigna, 106, 184 Prestonia amazonica, 154, 157 Profezia , 65, 230, 245, 251 Profumi, 268 L-Prolina, 105 Propi!cannabiciclolo, 105 Propi!cannabicromene, 105 Propilcannabidiolo, 105 Propi !canna bigerolo, 105 Propilcannabinolo, 105 Propil-!l.'-THC, 105 Proteina (e), 98, 122 Protezione dei bambini, 299 Pseudoa llucinogeni, III Pseudoari/hemum, 257 Pse udoefedrina , 289 Pse udoioscia mina , 250 Pseudopsicotico , stato, 32 Pseudotropina, 222, 242 Psichedelico (i), 30, 31 Psichiatria, 29, 34, 70, 184 PSichica, attività, 45, 62 Psichica intensità, 106 Ps ichich e, funzioni, 41,44,62 Psichici, disturbi, 49, 75 Psichici , effe tti , 25, 27, 59 , 213 Psichico, stato, 32, 34 Psicoanalettici, eccitanti, 33 Psicoanalisi , 34 Ps icoattive, piante, 30, 65 Psicoattive, proprietà, 297 Psicoattivi , costituenti, 34 Psicodi s lettici, 30, 33 Psicofarmacologia, 18, 21, 27, 28, 30, 34 Psicofarmacologica, attività,30, 238 Psi cogeni,30 Psicologia , 29, 30, 62 Psicomotoria, attività, 212 Psicosi , 25 , 34, 62 Psicosi, mod ello, 34, 107 Psicoso mimetici , 30 Psicotarassici , 30 Psicote rapia, 34 Psicotici, 30 Psicotico , stato, 32, 34 Psicotizzanti , 30 Psicotogeni , 30, 39 Psicotomimetica, attività, 47, 210, 213 Psicotom i met iche, proprietà, 39 Psicotomimetici, com,pos ti, 40 Psicotomimetici, costituenti, 67 Psicotomimeti ci, effetti , 75, 106 , 211 , 213 Psicotomimelico (i), 20, 30, 32 , 33; 34, 35 , 36, 39, 84 Psicotropa, auività, effetto, 47, 50, 105 , 113 , 296 Psicotrope , droghe, 27, 32 Psicotropiche, piante, 30, 38, 83 Psilocibina, 26, 33, 40, 41,42,62,72,73,74,75, 76, 77, 79, 80, 296 Psilocina, 40, 42, 72, 74, 76, 77, 79, 80, 82 Psilocybe, 55, 64, 67 , 72, 73, 80, 82 Psilocybe acutissima, 67 Psilocybe aztecorum , 65 , 67, 73 , 77 Psilocybe baeocystis, 73 Psilocybe bonettii , 73 Psilocybe caerulescens, 67, 79, 80, 81 Psilocybe caerulescens var. mazatecorwn, 71, 73,77 345 Botanica e chimica degli allucinogeni Psilocybe caerulescens varo nigripes, 67, 77 Psilocybe caenllipes, 67 Psilocybe candipedes, 73 Psilocybe coprinifacies, 73 Psilocybe cordispora, 67 Psilocybe cyanescens, 73 Psilocybe fagicola, 67 Psilocybe hooshagen ii , 64, 67 Psilocybe isauri , 67 Psilocybe mexicana, 67, 70,71 , 72 , 77,78,79,81 Psilocybe mixaeensis, 67 Psilocybe pelliculosa, 73 Psilocybe quebecens is, 73 Psilocybe semilanceata, 73 Psilocybe semperviva, 67, 70, 73, 74 Psilocybe stuntzii, 73 Psilocybe yu"ngensis, 67, 69 Psilocybe zapotecorum, 69, 70, 73, 77 Psycotria , 157 , 259 Psycotria alba , 259 Psycotria carthaginen~is, 157 , 259 Psycotria orizontalis, 259 Psycotria marginata , 259 Psycotria viridis, 157 , 158 , 160,259,260 Pteridophytae, 20, 21, 22, 46 Pubertà , riti della , 361 Puinave, 115 Pupilla, diametro, 211 Purgante, purgativo, 205, 245 Pyramidotorae, 147 Pyrolaceae , 295 Q Quechua, 228 Quetzalaxochiacatl. 300 Quiebra plata, 217 R Ranales, 110, 278 Ranuncolaceae, 276 Ranunculus , 276 Ranunculus acris , 276 Rapé des indios, 272 Rauwolfia , 32 Realtà , 33 , 70 Reko , B.P., 31 Religione , 86 Religiose, implicazioni. 58 Religiosi , riti, 58 Religioso fanatismo, 65 Renina, 246 Reserpina , 16 , 282 Resina , 85, 86, 87, 94,106, III, 121, 123 Resistenza fisica , 86 , 20 I Resorcinoli , 89 Respirazione, arres to, 203 Reumatismo, 235, 289 346 Rhesus, scimmia, 106 Rheum, 59 Rhipsalis, 165 Rhizopus, 209 Rhynchosia, 129, 196,282 Rhynchosia longeracemosa, 282, 283 Rhynchosia phaseoloides, 282, 283 Rhynchosia pyramidalis, 282, 283 Riflesso patellare, 76 Riflesso spirale monosinattico, 76 Rigveda,58 Rilassamento muscolare, 197 Riti curativi, 65 Rivea, 218 R ivea corymbosa, 217, 218 Roccia vivente, 165 Rockenmutter, 47 Rosaceae, 129 Roseocactus fissuratus, 165 Rospo, 68 Rouhier, A. , 179 Rubia , 258 Rubiaceae , 258, 305 Rubiales , 258 Rubioideae , 259 Ruggini,52 Russula , 265, 266 Russulaceae, 265 Russula cf. delica , 266 Ruta siriana, 284 Rutaceae, 283, 341 s Safford, W.E., 29, 31 Safrolo, 113 Saguaro, 289 Salicilico, acido, 238 Salpiglossideae, 221 Salsolidina, 289, 290 Salvia , 219 Salvia cyanea , 221 Salvia divinorum , 220, 221, 297 Salvia officinalis, 219 San Pedro, 193 Santesson, C.G., 213 Sapindaceae, 284, 286, 305 Saponi ne , 264, 283, 298 Sarcostemma viminale, 59 Sarothamnus scoparius, 304 Sceletiwl1, 277 Scena della droga , 303 Schizogeni,30 Schizofrenia, 32 Sciamano (i), 28, 30, 68, 167 , 241 , 254, 255 , 281,290 Sciamanismo, 66 Scienze del comportamento, 18 Sciroppo, 116, 121 Scirpus, 83, 84,167 Indice analitico Scitamineae , 269 Sciti , 85 Sclerocarya ca((ra, 278 Sclerocarya schwein(ur/hiana , 278 Scopa delle streghe, 52 Scopina , 222 , 244, 255 Scopolamina, 43, 212, 223, 234, 241, 242, 244, 248, 250, 25 I Scopoletina, 238 S crophulari aceae, 221,305 Scute/laria arvense, 304 Sdoppiamento dell'ego, 175 Sebas/iania pavonia, 304 Sébil, 134 S ecale cereale, 5 I Sedativo (i), 32, 243, 249 , 277, 282, 293 , 297 Segale, 39, 47, 48 , 51 Segale cornuta , 39, 47, 48, 49 ,50, 51,210 Segale cornuta , alcaloidi della, 33,47 , 50 , 208 209 Segale cornuta , avvelenamento da , 48 Seigle ivre, 47 Selvaggi , 267 Semantica 90, 91 Seminarcosi, 282 Senecio , 302 Senecio cardiophyllus , 302 Senecio caricida, 302 Senecio cervariae(olius, 302 Senecio praecox, 302 S enecio grayan us, 302 Senecio hartwegii, 302 Senecio /olucanu s, 302 Se nsazione di freddo, 236 Sensa zione di vola re, 253, 288 Sensibilità al contatto e al dolore , 106 , 159 Sens ibil ità visiva, 207 Seri , 289 Serjania , 285 Serotonina, 40, 44 , 75 Sesquiterpeni , 98 Sesquiterpenici lattoni, 302 Setoclavina , 210, 21 I Sfera diabo lica, 34 Shang-lu , 274, 275 Shan[n , 2)3 Shanshi,288 Sharanaha, 157 Shiariana, 117 Shui-lang, 276 Shulgin , A.T., 44 Sida, 288 , 289 Sida acuta , 288 , 289 Sida rhombi(olia, 288, 289 Sifilide, 235 Sigaretta (e) , 85, 95, 261 Siler, 294 Siler divarica/um , 295 Simbolismo, 254 Sinefrina, 168, 169 Singer,80 Sinù,68 Sinicuichi, 195, 196 Sinicuil , 196 Sinicuilche , 196 Sinina, 197 Siona, 156,228,236 Sistema nervoso autonomo , effetti collaterali, 32, 33 Sistema nervoso centrale, 269 Sistema nervoso centrale, effetti, 59, 223 Socie tà segre te, 202 Sociologia , 29 Soddisfazione, 177 Soforina, 139, 144 Sognante , stato, 33, 70, 107 , 184 Sogno (i) , 140, 199 , 268,269,278 Solanaceae, 221 , 222 , 223, 245 , 254, 298 , 305 Solandra, 254 , 255 Solandra brevicalyx, 254 Solandra guerreren sis, 254, 255 Solandra guttata, 256 Solandra nitida, 256 Solaneae, 221 Solasodina , 298 Solasonina, 298 Soma , 58,68 Sonno, 58, 62, 84, 192,212 , 223,230,243 , 268, 278 Sonno di s turbato , 120 Sonnolenza, 193 , 195 ,26 1, 299 Sophora, 129, 142 , 146 Sophora secundi(lora , 142, 143 , 144, 145 , 146, 172,281, 286 Soporifico, 284 Sordi tà , 195 Sorella dell'ololiuqui , 241 Sparteina, 146 Spiith, E. , 180 Spa thiflorae , 267 Spathiphyllum ca /1/1 e(oliul1l, 123 Spermatophytae, 37 , 260 Spermidina , alcaloidi, 105 Spettrometria di massa, 88, 135 Spezia (e), 85 , 86, 258 Sphaeradenia , 123 Spinello, 85 Spirito (i) , 25 , 130, 177 , 202,241 , 281 Spruce , R" 131 Stanchezza, 62, 212 Star-cactus, 165 Stati nervosi, trattamento , 249, 297 Sterco (letame), 46, 63, 64, 67, 79, 82 Sterculiaceae, 123 Stereochimina , 222 Steroidi , 99 ' Steroli , 98 Stictocardia , 209 S/ictocardia titiae(olia , 304 Stimolante (i) , 28 , 29 , 30, 32 , 177 , 200,203,268 Stimolante cardiaco, J87 Stimolazione dei nervi si mpatici , 184, 213 Stimolazione de ll a digestione, 203 Storia , 29 347 BotaYlica e chimica degli a/lucirwgeYli STP (composto s in te tico) , 42, 184 StramoYlium , 239 Streghe, 243 Stregone (i), 27 , 34, 68, 116, 125 , 140, 179 ,202 , 244,245 , 247,269, 275,290 Stregoneria, 243, 255 , 283 Stricnina, 187 Stropharia , 55, 64, 67 , 73 , 80, 81 , 82 Strophariaceae, 64 , 73 Stropharia cubmsis, 67, 68 , 70, 71 , 72, 77, 80, 82 Strumenti terape"t ici , 35 Stru ttura-attivi tà , rapporto, 4 1, 45 , 50 Strutturali , modelli , 40 Stuoie, 268 Stupefacente, azione, 130 S tv lidiac eae, 260 Styracaceae , 305 S/yrax /essmannii , 305 Subconscio, 35 Summer sk ies, 2 I 4 Sunam i, 179 Suran a, 117 Svan ire nel null a, 212 Synandrae, 300 Syna ndral es, 300 SwaiYlsonia galeg ifo/ia, 304 T Ta bacco, 86, 111, 112, 130, 132 , 133, 155 , 156, 206,207,239,299 Tabaco del diablo, 300 Ta bernanthe , 20 I Tabernanlhe iboga, 43, 200, 201 , 203, 204 Tageles, 262, 264 Tageles lucida , 263, 264 Tagetone, 264 T aglli ,295 Taino, 130 Taique , 199 Tajik, 297 Takini, 272 Tall ofiti ,46 Tan aecium , 299, 300 TaYlaecium nOClumum , 298, 299, 300 Tannini, 264 Tara huma ra, 53 , 83, 165 , 167, 172 , 174, 179: 180; 192 , 241, 270, 281 , 290 Tara scana , 67 Tartaro, 297 Tartar ico, ac ido, 238 Tasso nom ia , 90, 93 , 96,185 Tè (infuso), 27, 245 , 26 1, 297 , 299, 300 Tecomaxochitl , 254 Te lepati ch e, facolt a, 147 Telepatina , 154 , 155 Tempio del Sole, 229 Teononacatl , 42, 65, 66, 67,72 Termopsin a, 144 348 Terpene (i), 112 Terpene, derivati, 99 Terpe ne , idrocarburi, 99 Terpenoide, ane llo , 109 Terreno paludoso, 67 Tesguino, 241,264 Tes t alcaloidi , 37 Tetrai drocann ab inoli , 99, 100, 101 , 107 f:J.'-Tetraidrocannabinolo, 86, 87, 89, 94 , 98 f:J.'(6J-Tetraidrocannabinolo,89 (-)-Tetraidrocannabinolo, mescolanza, 101 f:J. ' -Tetraidroca nnabiorco lo, 105 Tetraidroc ann ab itriol o,98 Tetraidroca nnabitriol o, estere dell'acido can­ nabidi olico, 105 Tetra idroc anna bi var ina, 105 f:J.'-Tetraidrocannabivarolico, aci do, 104 f:J.'-Tetraidrocannabivarolo, 105 d-l , 2, 3, 4- Tetraidroarmina , 42, 155, 156 Tetraid rochetonorarmina , 155 Tetrai droisoch inolina , alcaloidi della, 182, 188 , 189 ,292 (-)- I , 2, 3, 4-Tetraidro-I-metil-~-carbolina ,· · ac ido carbossili co, 62 Tetraidrofe nilico , anello, 101 Tetrapteris, 161 , 163 Telrapteris methyslica, 162, 163 , 164 Tetrapteris mucronala, 163 Teyhuintli, 66 Thallophita,37 THCf:J.'-THC, 94, 95, 98, 99,100,101,102 , 104, 106, 108 , 109 f:J.'-3,4-cis-THC, 109 f:J.3-TH C, 109 f:J.5-THC, 94, 109 f:J. 6-THC, 106, 109 f:J.7-THC, 109 f:J.9-THC, 95, 100 f:J.'-THC, ac idi , 99, 102 , 104 f:J.' (6J-THCJOl The obroma, .116 Theobroma subiYlcanwn , 116, 123 Thle-pel ekano,261 Ti glico, acido, 242 3et-Tig loiloss ipropan o ,234 Tikun a, 133 TLC, 102 Tlitliltzin, 208 Tiofe ne, deriva ti, 264 Tirammina, 168, 18 1, 182 , 188, 194 D,L, T irosina , 168, 194 Toa, 226 Tollkorn,47 Toloache, 43 , 241, 255 Toloatzin, 241 Tolohuax ihu itl, 240 Toltechi, 172 Tonga, 226 Tonico, 187, 293 Tonkaw a, 143 Torba, 64 Torna-Ioco,241 d' Indice analitico Torpore , 33, 277 Tossicità, 54 , 55, 59 , 67, 76, 248 , 269 , 278, 282, 285, 286, 288 , 295, 300 Tossico (i), 240, 288 Tossisenecina, 302 Totubjansush,244 Tranquillanti , 32, 197 (-)l'.'-3,4-Trans-tetraidrocannabinolo , 43 , 96, 101 , 109 (_)1'.1(6)_3,4_ Trans-te t raidrocannabi nolo, 43, 101 l'.'-Tetraidrocannabinolico, acido A, 102, 104 l'. '-Tetraidrocannabinolico, acido B, 102 Traspirazion e, 183 Trattamento delle malattie, 25 Trautrau, 199 Tre mori, 106, 183 Trichocereus, 193, 194, 195 , 300 Tri chocereus pachanoi, 194, 195 Trichocereus peruvianus, 194 Trigonellina, 105 3,4,5-Trime toss ifeniletilammina, 42,180, 188 N-(3 ,4,5-Trimetossifenileti I)-malimmide, 182 N-(3 ,4,5-Trimetossifenil e til)-malinimmide, 182 Tripeptide ciclico, 50 Triptammina, derivati, 40, 41 , 42 , 127, 135, 160 Triptammina , derivati ciclici, 42 Triptammina, residuo, 40, 41 Triptammina, tipo, 40, 45 Triptammine , 40, 41,127,128,257 Triptofano, 74 D,L-Triptofano W-C'4], 74 Triterpeni,98 Triterpeneoidi, lattoni , 302 Trapano, 242 Trapano, alcaloidi, 222 Tropano, derivati, 41,43 Tropico, acido, 223 Tropina , 222, 223, 234 , 242, 255 Tropoil-atropina,222 TropoiI-iosciamina , 222 Tropoil-scopolamina (ioscina), 222 Tubiflorae, 219, 221, 260 Tukano, ISO, 156 Tumutsali , 263, 264 Tupa, 300 Turbina , 50, 205, 218 Turbina corymbosa, 50, 206 , 207 , 208 , 209, 210, 212,214, 216,217,218 Turcomanni , 297 Turneraceae , 305 Tumera diffu sa, 305 " Tusha, 140 u Ulexina, 139 Umbelliformae, 293, 305 Ungemia minor, 303 Ungnadia, 285, 286 Ungnadia speciosa, 143, 172 , 286, 287 Urina, 58, 62 Urticaceae , 84, 271 Urticales, 271 Uterotonico, 213 Uzbechi , 297 v Vaccinium floribundul11, 295 Vaccinium uliginosum, 58 Va/eriana officina/is, 305 Valerianaceae, 305 Va n i/la , 270 Vanilla p/aniflora , 270 Vasi periferici, azione costrittiva, 49 Vegetativa, riproduzione , 232 , 251 Veleno, 39, 48 , 221,275,276 Veleno cardiaco , 269 Velocità dei corridori , 290 Vene na tina, 296 Verbenaceae, 219 Vermifugo , 284 Vermi parassiti , 275 Vertigini, 106, 195 Vertina, 197 Vesce , 39, 52, 53, 54 Vilca , 134, 135 Vil1ca minor, 303 Vinho de jurema , 140 Violenza, 58 Virale, infezio ne , 232, 251 Virola, 117 Viro/a , 114 , 115, 116 , 118 , 119 , 120, 121 , 122, 123,124 , 125,126,128,133,157,257,258 Viro/a ca/ophylla, 117, 118, 129 Viro/a ca/ophylloidea , 116, 117, 129 Viro/a cuspidata , 115 , 117,304 Viro/a elogata , 117, 121, 125 , 129 Virola, intossicazione da , 120 Viro/a justicia, 119 Viro/a /oret ensis , 121 Viro/a pavonis, 121 Viro/a peruvial1a, 126, 129 Virola, polvere di , 117, 119 Viro/a rufu/a, 117 , 304 Viro/a sebifera, 126 Viro/a suriname/1sis, 121 Viro/a theiodora , 115, 117, 119, 120, 121, 122 , 123,126,127,128 Viro/a venosa, 304 Visione di diavoli, 285 Visione di spiriti, 275 , 280 , 293 Visioni, 26 , 31, 33 , 53,177,188 , 192 , 207 , 230, 241,255,259 , 261,263,264 , 268,272,278, 284 Visioni colora te, 58 , 84,175,177,192 Vista , disturbi, 284 Voacal1ga dregei, 303 349 Botanica e ch imica degli allucinogeni Voci, 53, 65 Vogul,57 Voli fantastici, 243 w Waika , 1, 17 , 119, 121,257,258 Wasson , R.G., 68 Wedding bells, 214 Wichita , 143 Wi ch uri , 167 , 192 Whichuwa·ka, 192 Wircaweiyck, 126 Wisteria chinensis, 304 Witcu liki , 192 Witoto, 121 , 122, 123 Wysoccan , 240 y Yahutli, 263 Yajé, 147, 154, 157 Yakee, 115 Yanomami,117 Yaqui, 139 Yato,115 Ye, 264 Yekwana, 115 Yerba del pueblo, 302 Ye-tumutsilli, .2.63 , 264 Yohimbina, 204 Yokut, 241 Yopo, 42 , 130, 131 ,132, 133 Yopo, albero dello, 134 Yuman, 241 Yi.in-shih, 279, 280 Yurimagua, 69 x Xantene , 109 Xantine, 33 Xochipili, 65 z Zaparo, 149, 151,228 Zapotechi, 67, 208 Zingiberaceae , 269, 305 Zingiber officina/e, 305 Zornia, 129 , 282 Zornia gibbosa, 282, 283 Zornia /ati(olia , 282, 283 Zuccheri , 268 Zuni , 241 ZyguphylJaceae, 59, 283 Zwitterion, 59 Questo libro non si limita a dare la classificazione botanica e la composizione ch1mica delle piante allucinogene, ma traccia la storia affascinante del loro uso nelle società aborigene e costituisce una preziosa fonte di informazioni sui loro effetti psicoatti'vi e tossici... Antiche illustrazioni, disegni, fotogràfie e documenti arricchiscono il volume, indispensabile stru­ mento per i ricercatori; insostltuibile matèriale didattico per corsi universitari; lettura infor­ mativa·e stimolante per gli st~diosi di chimica. Jaurnal af American Chemical Saciety ; -' Ogni commento .al libro non renderebbe giustizia alla cura, al rigore delle informazioni e all'imparziali~à dègli autori. La, lor6 erudizione è impressionante: se ne trova testimonianza . in ogni pagina ... American Jaurnal af Psychfiltìy, . (, . Un libro essenziale per chiunque sia interessato alle più remote culture legate alle piante allucinogene. Non c'è bibliot~ca pubblica o libreria che non vorrà' includere nel proprio catalogo questo trattato classico sugli allucinogeni naturali. Jaurnal af MediCina) Chemistry Chiunque conosca gli scritti dei due scienziati ne apprezza la serietà, l'erudizione, l'obiettivi­ tà e l'integrità, ma in quest'opera, oltre a tali pregi, emergono qua e là i bagliori, l'eccitazio­ ne, gli entusiasmi che hanno accompagnato i due studiosi nelle loro scoperte. Tutto ciò si respira nel libro ... Un testo prezioso per coloro che sono seriamente impegnati nello sforzo di comprencfere l'impiego sociale delle sostanze psicoattive e la loro influenza sui rapporti umani. Jaurnal af Alcahalism I