Cap.7 Il potenziale elettrostatico

Capitolo
7
Il potenziale elettrostatico
1. L’energia potenziale elettrostatica
Per quali motivi è stata introdotta la grandezza fisica “lavoro”?
Il lavoro è stato introdotto perché l’evidenza sperimentale mostra che esiste una differenza fra i due fenomeni seguenti:
Se il punto di applicazione della forza si sposta durante l’azione, infatti, a seconda
dell’angolo che essa forma con lo spostamento, il sistema aumenta o diminuisce la
propria capacità di agire modificando se stesso e l’ambiente. A tale capacità di modificare
le cose si dà il nome di energia. Una seconda evidenza sperimentale mostra che
l’effetto sull’energia di un sistema dovuto ad una forza il cui punto di applicazione si
muove, è differente se la forza in questione ha una componente diretta lungo lo spostamento oppure se gli è perpendicolare. Si decide pertanto di misurare queste proprietà introducendo una opportuna grandezza fisica chiamata lavoro. Si dice quindi

che quando il punto di applicazione di una forza costante F subisce uno sposta
mento rettilineo, individuato da un vettore s come in figura, essa ha compiuto il
lavoro elementare L :


L | F || s | cos   Fs


dove F  F cos  è la componente (con segno) della forza lungo s e per sempli-

s

a) su di un sistema è applicata una forza il cui punto di applicazione si muove;
b) su di un sistema è applicata una forza il cui punto di applicazione resta fisso.

F  F cos   0

F
L  0

F  F cos   0

F
L  0

F  0
Come si vede in figura, il segno del lavoro elementare ha un significato fisico: una



forza F che forma un angolo 0    90 con s , (e quindi F  |F | cos   0 ),

compie lavoro elementare positivo, che viene detto lavoro motore, perché F sta con195

s

cità si è indicato il modulo del vettore spostamento solo con s .
Qual è il significato del segno del lavoro elementare?

F
L  0

s
tribuendo al moto nella direzione dello spostamento. Se viceversa 90    180

compie un lavoro negativo, detto lavoro resistente perché F sta contrastando il moto

nella direzione di s .

Fi
B
i

si

F4

s 3

s2

F1 1
A

s1
Per spostamenti più complessi, che seguono traiettorie curve, e forze che variano la
loro direzione e la loro intensità lungo il percorso, la definizione di lavoro si generalizza suddividendo la traiettoria del punto di applicazione in tanti spostamenti ele
mentari rettilinei si come in figura, ad ognuno dei quali associamo un vettore co

stante Fi , che rappresenti F nel tratto interessato, ed un angolo i :
L

F3
2
E se la traiettoria è curvilinea?

F2


Fi si cos i
Come fa un sistema ad immagazzinare energia?
La “capacità di agire” che chiamiamo energia, e che il sistema acquista (o cede) per
l’azione di forze che spostano il proprio punto di applicazione, può essere immagazzinata solo in due modi:
(1) nello stato di moto in cui le parti del sistema si sono portate: questa modalità
di incamerare si dice energia cinetica e si indica con K .
(2) nella configurazione che le sue parti assumono: questa modalità di incamerare è detta energia potenziale e si indica con U .
Come si misura l’energia cinetica di un sistema?
Il contenuto di energia cinetica K incamerato in un sistema viene definito come il
lavoro che occorre fare per portare tutte le sue parti da una situazione in cui sono ferme fino
alla loro velocità attuale. Come abbiamo a suo tempo dimostrato, per un oggetto pun
tiforme di massa m e velocità v tale lavoro vale:
1 2
K mv
2
Quindi l’energia cinetica di un sistema è la somma di tanti addendi della forma
1 m v 2 ognuno relativo ad una delle sue sue parti (supposte puntiformi). Vale inol2
tre il teorema dell’energia cinetica, secondo il quale il lavoro complessivamente svolto su di una particella è pari alla variazione della sua energia cinetica:
Ltot  K
Come si misura l’energia potenziale di un sistema?
Un sistema è in grado di incamerare energia potenziale solo nel caso in cui può compiere un tipo di lavoro tutto a spese (o a vantaggio) di un cambio nella sua configurazione.
Un lavoro pagato solo con una variazione nella configurazione non può dipendere
dalla traiettoria seguita per andare dalla situazione iniziale a quella finale, come invece accade nel caso più generale.
Infatti le possibili traiettorie che conducono da uno stato all’altro sono infinite: se il
lavoro dipendesse dal tragitto seguito dai punti di applicazione delle forze, potremmo ottenere infiniti valori diversi del lavoro pur a parità di configurazione finale. Possiamo quindi introdurre un’energia potenziale solo se fra le parti del sistema
agiscono delle particolari forze, dette conservative, il cui lavoro non dipende dalla
traiettoria, ma unicamente da quali sono la configurazione iniziale e finale del siste196
ma. In questo caso si sceglie una configurazione di riferimento R e si definisce energia potenziale U del sistema nello stato A , il lavoro che le forze conservative interne
svolgono quando esso si porta da A nello stato R:
U A  LAR
Si può inoltre dimostrare che il lavoro delle forze conservative LC quando il sistema
passa da una configurazione ad un’altra differente è pari alla variazione nell’energia
potenziale cambiata di segno:
LC  U
La forza di Coulomb è conservativa?
Si, la forza elettrostatica è conservativa. Per dimostrarlo poniamoci in una regione di
spazio dove è presente una carica puntiforme postiva Q , che esercita una forza Cou
lombiana FE su di una seconda carica puntiforme q , posta in una posizione A.
Prendiamo q di valore molto più piccolo rispetto a Q , in modo che si possa trascurare la sua azione nello spazio rispetto a quella di Q . Supporremo che q sia negati
va, e quindi che FE risulti attrattiva, ma il ragionamento che faremo si potrà ripetere anche nel caso di segno positivo. Supponiamo ora che la carica q si sposti dalla
posizione A ad una nuova posizione B. Si faccia attenzione, perché non si sta dicendo
che è la forza elettrostatica dovuta a Q ad essere la causa dello spostamento. Potremmo invece pensare di prendere q con le nostre mani e di portala da A in B mentre Q viene
mantenuta ferma. Durante una tale operazione la forza elettrostatica potrebbe sia
agevolarci che fare resistenza: dipenderà dalle posizioni A e B rispetto a Q . Costruiamo una quadrettatura dello spazio intorno a Q facendo uso solo di linee radiali e circolari. Supponiamo di muovere q da A in B spostandoci solamente lungo
dei pezzettini di quadrettatura. In figura sono evidenziate due traiettorie di questo
tipo, contrassegnate dai numeri 1 e 2, ma molte altre sono possibili. Il lavoro svolto

dalla forza elettrostatica FE lungo uno qualsiasi degli archi circolari è chiaramente

zero dato che FE è sempre diretta radialmente, e cioè perpendicolare in ogni punto
a tutte le circonferenze centrate in Q .
Durante uno spostamento radiale il lavoro non è in generale nullo, e dipende solo da
quanto è distante da Q l’anello della quadrettatura a cui appartiene il tratto percorso, ma non dalla posizione di q entro di esso. Infatti sebbene la forza elettrica vari
con l’inverso del quadrato della distanza da Q , essa ha simmetria sferica, e cioè ponendoci ad una fissata distanza r da Q , non ha alcuna importanza trovarsi sopra di
essa o sotto, oppure ad est o a nord: misureremo sempre uguale intensità e quindi


FE compirà lo stesso lavoro a parità di spostamento. Inoltre FE forma sempre con la
traiettoria, un angolo di 0° se q si sta avvicinando a Q (e quindi cos   1 ) oppure
di 180° se q si sta allontando da Q (e quindi cos   1 ). Allora, se lungo la
traiettoria vi sono tratti radiali percorsi prima in avanti e poi indietro, anche se non
consecutivamente, il lavoro associato ai due spostamenti sarà uguale ed opposto, e nel

complesso nullo. Pertanto il percorso che conta ai fini del lavoro netto di FE è solo la
differenza fra il raggio della circonferenza dove si trova la posizione di arrivo e quello dove si trova la posizione di partenza. Questa proprietà permette di concludere

che quando spostiamo q da A in B il lavoro che FE compie è indipendente dal fatto che si segua la traiettoria 1 o la 2, e cioè non dipende dal percorso seguito.
197
1
B
q A
2
Q

F
Q

s

F

s
E se la traiettoria non è composta di tratti radiali e circolari?
Anche se consideriamo una traiettoria qualunque, sarà sempre possibile, con una
quadrettatura sufficientemente fitta, approssimarla con la precisione desiderata tramite un percorso di tratti radiali e circolari. Con attenzione al dettaglio di ciò che
succede negli spigoli, calcolare il lavoro lungo la spezzata radiale e circolare è lo
stesso che calcolarlo lungo la traiettoria curva. Grazie al principio di sovrapposizione poi, qualunque sia la configurazione che origina la forza elettrostatica (uno strato
piano, un filo carico, un corpo irregolare) essendo questa il risultato della azione di
tante cariche puntiformi, ed essendo conservative tutte le singole forze elettrostatiche
corrispondenti, lo sarà anche la forza dovuta all’intera distribuzione di carica1. Dalla
conservatività discende poi la possibilità di introdurre un’energia potenziale elettrostatica.
Come è definita l’energia potenziale elettrostatica?
R

E
2
1
q
3
A
La definizione di un’energia potenziale richiede una configurazione di riferimento,
come si fa quando diamo una distanza riferendoci alla posizione a partire dalla quale
è stata misurata. Non avrebbe senso dire semplicemente “la mia distanza è 4 km”,
dobbiamo riferirci a qualcosa. In questo modo, in qualunque punto A nella regione
di spazio sede di campo elettrico, si trovi una carica puntiforme q , potremo associare ad esso, senza ambiguità, il lavoro LAR che le forze elettrostatiche svolgono se
qualcuno prende la carica q e la porta da A nella posizione di riferimento R. Visto
infatti che tale lavoro non dipende dalla traiettoria che si decide di seguire, non è necessario specificare altro. Individuando quindi ogni posizione dello spazio, avremo
la possibilità di costruire una funzione U , detta energia potenziale elettrostatica della
carica2 puntiforme q rispetto alla posizione di riferimento R:
Energia potenziale elettrostatica U
di una carica puntiforme q che si trovi in un punto dello spazio, è il lavoro che la
forza elettrostatica compie quando q si sposta, da dove sta, in una posizione scelta
come riferimento.
Come si sceglie la configurazione di riferimento?
La configurazione di riferimento che più conviene è quella dove la carica di cui si sta
calcolando l’energia potenziale si trova libera dall’influenza di ogni altra carica. Tale
scelta è coerente con l’interpretazione dell’energia come capacità di spostare le forze,
cioè di cambiare configurazioni e stati di moto: in una situazione in cui ogni interazione è nulla, sarà nulla anche la capacità di modificare le cose che ad essa è associata. Dato che la forza coulombiana decresce con l’inverso del quadrato della distanza,
essa si annulla solo a distanza infinita, pertanto porremo come posizione di riferimento quella in cui la carica in oggetto è a distanza infinita da tutte le altre. In base
alla nostra definizione avremo che l’energia potenziale nella configurazione di riferimento dovrà essere zero perché, se la carica q già si trova in R, evidentemente nessuno spostamento deve essere fatto per portarcela e quindi nessun lavoro viene
compiuto dalla forza elettrostatica. Chiaramente, ad una scelta differente della posizione di riferimento, corrisponderà un valore differente dell’energia potenziale in
ogni punto. Questo non è un problema perché nella formula per il calcolo del lavoro
L  U figura solo la differenza di energia potenziale, che non dipende dalla configurazione di riferimento.
1
Va osservato che la caratteristica della forza elettrostatica di essere conservativa è stata dimostrata facendo unicamente
uso del fatto di essere centrale, cioè di dipendere solo dalla distanza da un punto. In linea di principio, per qualunque
forza centrale, come ad esempio la forza gravitazionale, si può ripetere il ragionamento.
2 Più propriamente l’energia potenziale è associata al sistema formato dalla carica q e dalle altre che producono il campo.
Tuttavia delle altre cariche è noto solo l’effetto che producono tramite il campo, ed essendo q l’unica parte mobile si può
parlare anche di energia potenziale associata alla carica q.
198
Esercizi
1. In una regione sede di campo elettrico viene mantenuta ferma una carica puntiforme di massa m  15 g in un punto A dove ha energia potenziale U A  30J .
Quando la carica viene liberata, inizia a muoversi sotto l’azione delle sole forze del
campo elettrico. Calcolare il lavoro eseguito dalla forza elettrica durante spostamento vesro una una posizione B in cui la sua energia potenziale è U B  10J . Calcolare
la velocità della carica nella posizione B.
Il lavoro delle forze conservative è dato dalla variazione di energia potenziale cambiata di segno quindi:
LAB  U  U A U B  30 J 10 J  20 J
Dal teorema di conservazione dell’energia si ha:
U  K  Lest
dove Lest è il lavoro delle forze esterne, cioè esercitate da fuori sul al sistema a cui è
associata l’energia potenziale, che in questo caso è la carica che si muove, insieme
con la distribuzione delle altre cariche che genera il campo. Poiché è specificato che
la carica è solo sotto l’effetto delle forze del campo elettrico si ha Lest  0J , da cui:
 2
U  K  0  (U B U A )  ( 12 m vB  0)  0
1
2m

vB
2
 U A U B


vB 
2  20
m/s  51.6 m/s
15  103
2. In una regione sede di campo elettrico viene tenuta ferma una pallina puntiforme,
carica, di massa m  12.0 g e la cui energia potenziale elettrostatica è U A  21.0J .
Calcolare il lavoro che occorre svolgere dall’esterno per portare la pallina fino ad una
posizione B dove U B  19.0J in modo che abbia velocità 20.0 m/s .
[R: 0.4 J ]

E
B
3J
Quali conseguenze pratiche ha la conservatività della forza elettrostatica?
Se per assurdo la forza coulombiana non fosse conservativa potremmo sfruttarla come
sorgente illimitata di energia. Infatti immaginiamo di trovarci in una regione sede di
campo elettrico, ad esempio costante verso il basso come nello spazio fra le armature di
un condensatore. Poniamo che quando una carica q si sposta dalla posizione A alla posizione B, la forza elettrostatica compia un lavoro di 3 J lungo la traiettoria rettilinea in figura, ed un lavoro differente, di 4 J lungo la traiettoria curvilinea. Allora potremmo portare in alto q seguendo il percorso rettilineo, in modo da spendere 3 J di lavoro contro la
forza elettrostatica (è il minimo che occorre per farla arrivare ferma in cima). Quassù costruiremmo una guida curva avente la forma della seconda traiettoria e lasceremmo rotolare q lungo di essa: arriverebbe in fondo con un’energia cinetica pari al lavoro del peso, e cioè 4 J . Ci sarebbe per noi un guadagno netto di 1J di energia ogni volta, e la
possibilità di ripetere il percorso all’infinito, cioè disporremmo di una sorgente energetica
inesauribile!
Quanto lavoro compie la forza elettrostatica lungo un percorso chiuso?
Immaginiamo di costruire un dispositivo a girandola, come quello in figura, dove
delle sfere cariche sono sostenute da bracci isolanti liberi di ruotare. Esso non potrebbe mai mettersi in moto e continuare a girare sotto l’azione solo di un campo elettrostatico. In caso contrario infatti al termine del primo giro ciascuna delle sfere tornerebbe al punto di partenza con un’energia cinetica che prima non aveva, ed in base al teorema di conservazione dell’energia U  K  0 questa potrebb essere
presa solo dalla variazione U di energia potenziale elettrostatica. Ma alla fine del
giro non può che essere U fin  U in (e quindi U  0 ) dato che l’energia potenziale
199
4J
q
A
dipende solo dalla posizione della carica nel campo, ed in questo caso posizione iniziale e finale coincidono. Da questo:
(U fin  U in )  (K fin  K in )  0

E

C (E )  0

C (E )  0

K fin  K in
Il dispositivo non può quindi variare la sua energia cinetica3 solo per l’azione di un
campo elettrostatico: se è inizialmente fermo, rimane fermo, e se già sta girando, il
campo elettrostatico non è in grado né di rallentarne né di accelerarne la rotazione.
Il fatto che U  0 su di un percorso chiuso, cioè che la forza elettrostatica non può
compiere lavoro su di un percorso chiuso, è una via alternativa per enunciarne la conservatività. Come sappiamo, anche la gravità è una forza conservativa, ed analogamente non ci aspetteremmo mai che una girandola possa mettersi in moto soltanto sotto
l’azione del suo peso. Anzi, quando ci troviamo in presenza di questi fenomeni, immediatamente pensiamo a dispositivi artificiali che li producano (ad esempio la
pompa che fa girare l’acqua in un presepio). Indicando quindi con il nome di circui
tazione C (E ) il lavoro della forza elettrostatica su di una carica unitaria che segue un
percorso chiuso (si tratta quindi del lavoro del campo elettrico, che è la forza per unità di carica), possiamo dire che:
La circuitazione del campo elettrostatico è zero:

C (E )  0
cioè il campo elettrostatico non può mettere in moto una carica inizialmente ferma e
farle percorrere una traiettoria chiusa.
Quale espressione ha l’energia potenziale nel campo di una carica puntiforme?
Calcoliamo ora il lavoro LAB della forza elettrostatica esercitata da una carica puntiforme Q su di una piccola carica q , relativamente ad uno spostamento radiale da
distanza rA fino ad una maggiore distanza rB . Il conto è reso difficile dal fatto che
 

s  rB  rA
la forza elettrostatica varia di intensità lungo la traiettoria. Nella formula per il calcolo del lavoro su un tratto rettilineo:

rB


L  F s cos 
q

possiamo sostituire s  rB  rA e cos   1 (   0 in quanto sia la forza elettri-

rA
ca che lo spostamento sono radiali verso l’esterno). Però non sappiamo cosa mettere

al posto di F  kQq / r 2 dato che il valore di r cambia da rA ad rB e con esso cam-
Q
bia l’intensità della forza elettrica lungo lo spostamento. Se quindi sostituiamo nella
formula il valore massimo kqQ / rA2 assunto dalla forza otteniamo un lavoro troppo
grande, e se sostituiamo il minimo kqQ / rB2 un lavoro troppo piccolo, cioè:
k
Qq
Qq
(rB  rA )  LAB  k 2 (rB  rA )
2
rB
rA
Approssimeremo allora con un valore intermedio, ponendo al posto di r 2 il prodotto
delle distanze massima e minima:
3
Se per caso lo facesse sarebbe un’indicazione del fatto che il campo elettrico all’origine del fenomeno non è prodotto
da una configurazione statica di cariche. Analogamente, come vedremo, per far circolare delle cariche in un qualunque
circuito elettrico, è necessario un dispositivo elettromotore, come la pila, che possa compiere lavoro lungo un percorso
chiuso, rifornendo le cariche dell’energia che vanno dissipando nel tragitto.
200
r 2  rArB
il risultato sarà tanto migliore4 quanto più le due posizioni sono vicine fra loro:
LAB  k
 rB


rA 
Qq

  kQq  1  1 
(rB  rA )  kQq 





rArB
rA rB 
rA rB 
 rA rB
Questa formula puo essere applicata anche al caso di due posizioni molto distanti fra
loro, semplicemente suddividendo la traiettoia fra rA ed rB in piccoli spostamenti,
prima da rA ad r1 , poi da r1 ad r2 , eccetera, così brevi da poter applicare a ciascuno
il risultato trovato prima. Si ottiene una serie di addendi della forma 1/r ciascuno
prima sommato e poi sottratto, in modo che dopo le semplificazioni rimangono solo i
valori iniziale e finale:


1
1
1
1
1
1
1
LAB  kQq  




 ...  
 r
r1
r1
r2
r2
r3
rB 
A
Ed infine, avendo scelto come configurazione di riferimento quella in cui la carica q
si trova infinitamente distante da tutte le altre, possiamo ottenere un’espressione per
l’energia potenziale di q nel campo generato da Q calcolando il lavoro che la forza
elettrica svolge quando rB   :
1
1
Qq
U (rA )  LA  kQq     k
rA  
rA
Esercizi
3. Una carica puntiforme q  5.40  106 C viene respinta da un’altra carica puntiforme Q  3.50  105 C e si allontana progressivamente da essa. Quale lavoro ha
compiuto la forza elettrostatica in un tratto in cui la distanza fra le due cariche è passata da 4.00 m a 7.00 m ?
Applicando la formula trovata:
1
 1
1 
1 
 J
LAB  kQq     8.99  109  3.50  105  5.40  106 


 rA rB 
 4.00 7.00 
 8.99  3.50  5.40  (0.250  0.143)  10956 J  15.9 J
QB
4. Una carica puntiforme q1  4.10 106 C di massa m  2.30 103 kg si trova alla distanza di 8.00 m da una carica q2  6.20  106 C mantenuta immobile. Sapen-
rAB
do che in quell’istante la velocità di q1 è 0.120 m/s , si dica a quale distanza da q2
diviene nulla la velocità di q1 .
rBC
[R]
Come si scrive l’energia potenziale di un sistema di cariche?
Essendo l’energia una grandezza additiva, la formula è facilmente generalizzabile al
caso in cui le cariche siano più di due semplicemente sommando le energie potenziali di
tutte le coppie di particelle coinvolte. Ad esempio per tre cariche QA , QB , QC l’energia
potenziale del sistema si scrive:
Potremmo pensare di approssimare la distanza radiale r con la media aritmetica degli estremi: (rA  rB )/ 2 , ma dovendo approssimare il valore del quadrato di r , la media geometrica degli estremi dell’intervallo, rArB , risulta più
4
accurata (come si conferma giungendo allo stesso risultato tramite l’uso del calcolo integrale).
201
QA
rAC
QC
Q Q
Q Q
Q Q
U k A B  A C  B C
 r
r
rBC
AC
 AB




Qual è il significato del segno nell’energia potenziale elettrostatica?
energia potenziale
elettrostatica  0
n
n
n
n
n
n
energia potenziale
elettrostatica  0
 La Controfisica
E’ proprio l’energia potenziale elettrostatica ad esser liberata nelle
esplosioni nucleari. Queste sono
ottenute rendendo il nucleo più
grande sparandogli altre particelle
contro. Una volta inglobate, il nucleo diviene più instabile a causa
della maggiore distanza media a cui
si portano i protoni. Al crescere della
distanza infatti, l’attrazione nucleare
forte che li tiene insieme diminuisce
molto più rapidamente di quanto
non faccia la repulsione elttrostatica.
In un nucleo grande come quello di
Uranio, già poco stabile di suo a
causa della grande separazione fra i
nucleoni, l’aggiunta di nuove particelle fà si che si raggiunga una distanza media per cui la repulsione
elettrostatica vince sull’attrazione
forte e le particelle del nucleo schizzano via come proiettili.
q4
Esercizi
5. Calcolare l’energia potenziale elettrostatica di un sistema di quattro cariche
q1  1.00 μC , q2  2q1 , q 3  3q1 , q 4  4q1 , poste in questa sequenza nei vertici di un
quadrato di lato   1.50 m .
Dobbiamo considerare tutte le possibili coppie di particelle ed addiizonare le loro
energie:
U  U 12  U 13  U 14  U 23  U 24  U 34 
k
q3
q1q2
r12
k
q1q 3
r13
k
q1q 4
r14
k
q2q 3
r23
k
q2q 4
r24
k
q 3q 4
r34
Le distanze risultano pari al lato od alla diagonale del quadrato, come segue:
 2

L’energia potenziale di un sistema rappresenta il lavoro che le forze del campo compirebbero qualora il sistema stesso venisse smembrato portando a distanza infinita una
carica alla volta, mentre le altre rimangono congelate nella loro posizione originaria.
Se, durante lo smembramento, le forze del campo compiono lavoro motore, vale a
dire positivo, e quindi favoriscono il processo, il sistema ha energia potenziale positiva. Viceversa se compiono lavoro resistente, vale a dire negativo, e quindi per
smembrare la distribuzione delle cariche occorre lavorare dall’esterno, allora
l’energia potenziale è negativa. Quindi un sistema elettrico con U  0 è tenuto insieme dalle sue stesse forze e per smembrarlo bisogna faticare: si pensi ad esempio
ad un elettrone che orbita attorno ad un nucleo atomico costituito solo da un protone, cioè un atomo di idrogeno. Si tratta di un sistema ad energia potenziale negativa:
per sottrarre l’elettrone al nucleo bisogna esercitare una forza esterna e durante il
procedimento di estrazione ed allontanamento il sistema stesso lavora in modo resistente. Viceversa, per tenere accostate due cariche dello stesso segno dobbiamo intervenire con un vincolo contro la repulsione elettrica, e, non appena il vincolo viene
meno, il sistema si smembra da solo portando le cariche a distanza reciproca infinita:
la sua energia potenziale elettrica è positiva. Un esempio di questo secondo caso può
essere il nucleo di un atomo, dove l’energia potenziale elettrica è positiva: sono le interazioni nucleari attrattive fra i protoni, la cosiddetta forza forte, a tenere insieme delle particelle con carica di segno concorde: in assenza di queste il nucleo si smembrerebbe.
q1
r12  r14  r23  r34  
q2
r13  r24   2
Sostituendo:
 2q 2
3q 2
4q 2 6q 2
8q 2
12q12  kq12 

11 
 
 
24 
U  k  1  1  1  1  1 
 


 
 
 2
 2
2 

q3

d
8.99  109 (1.00  106 )2
1.50


24  11  J  0.190 J



2 
q4
q1
q2
6. Quatto cariche q1  q3  3.00 μC e q2  q 4  2.00 μC sono fissate ai vertici di
un tetraedro regolare, di spigolo lungo d  2.20 m . Si calcoli l’energia potenziale
del sistema.
[R]
202
7. Nei vertici di un cubo sono bloccate sei cariche uguali, ciascuna pari a
q  4.00 μC . Sapendo che l’energia potenziale elettrostatia del sistema risulta
U  0.500 J , si calcoli la misura s dello spigolo del cubo. Si calcoli il lavoro che
svolge la forza elettrostatica quando una qualunque delle cariche viene portata a distanza infinta dalle altre, fisse nei vertici.
[R]
s
2. Il potenziale elettrostatico
Ricordiamo ora che si è definito campo elettrico il rapporto fra la forza elettrica che
agisce su di una carica di prova in un punto dello spazio, e la carica stessa,


E  lim F /q . Il campo elettrico consente una descrizione dei fenomeni elettrici senq0
za usufruire del concetto di azione a distanza, ma assegnando delle proprietà allo spazio
stesso. Ci proponiamo ora di definire una grandezza fisica, il potenziale, che rivesta un
ruolo analogo rispetto all’energia potenziale. Parlare di energia potenziale associata
ad una carica q posta fra tante cariche Qi e non, invece, di energia potenziale associata
a tutto il sistema, significa interpretare le cariche rimanenti come sorgenti di un campo elettrico nella regione di spazio dove la carica q si trova. Supponiamo ad esempio
di avere N cariche Qi vincolate ad occupare delle posizioni nello spazio (oppure su
di un corpo): daranno origine ad un campo elettrico. L’energia potenziale di una carica q in questa regione è:
Q q Q q Q q

U  k  1  2  3  ...
 r
r
r

1
2
3
q
r1
Q1
r3
r2
Q2
Q3
dove r1 , r2 , r3 sono le distanze fra q e ciascuna delle Qi . Se le cariche Qi si trovano
localizzate su di un corpo, e su di esso viene posta anche la carica q , la grandezza U
rappresenta il lavoro che le forze del campo elettrico - dovuto a tutte le Qi diverse da
q - compirebbero qualora q venisse prelevata dalla sua posizione e portata a distanza infinita dal corpo stesso mentre le altre rimangono congelate nella loro posizione.
Quindi un corpo carico possiede la capacità di conferire energia potenziale?
Considerando le cose da un differente punto di vista, si può dire che un corpo carico è
capace di conferire energia potenziale ad ogni nuova carica che viene posta su di esso o nelle
sue vicinanze. Un’analogia con la forza peso può aiutare: immaginiamo una collina,
ed una pietra che viene portata sulla sua cima. Assumendo come posizione di riferimento quella in cui la pietra si trova al livello del suolo, la forze peso compie, durante lo spostamento, un lavoro resistente. Nel momento in cui decidessimo di “smembrare il sistema” riportando la pietra nella posizione di riferimento, la forza peso ci
agevolerebbero, e, quindi, secondo la definizione data, la pietra in cima alla collina
ha un’energia potenziale gravitazionale positiva, che è tanto maggiore quanto più
alta è la collina. Tuttavia, indipendentemente dal fatto che vi si porti la pietra sopra,
la collina si trova già là, ed ogni oggetto che vi viene posto acquisisce questa proprietà
che prima non aveva, a cui si dà il nome di energia potenziale gravitazionale. In modo figurato, possiamo vedere nella pietra la carica q , e nella collina la capacità di conferire energia potenziale posseduta da un corpo carico, e dare ad essa il nome di potenziale.
203
energia potenziale
potenziale
Come possiamo definire l’analogo elettrico dell’altezza della collina?
Se nell’espressione di U (q ) raccogliamo a fattor comune il valore di q ci accorgiamo
che l’energia potenziale di una carica in un campo elettrostatico è proporzionale alla
carica stessa :
Q

Q
Q
U (q )  k  1  2  3  ...q
 r
r
r

1
2
3
infatti i termini addizionati fra parentesi non dipendono da q . Se quindi calcoliamo
il rapporto fra l’energia potenziale U e la carica a cui è associata:
U (q )
q
e cioè l’energia per unità di carica, otteniamo una grandezza che non è più legata a q
ma solo alla configurazione di cariche che genera il campo. Possiamo allora usare
U /q come misura della proprietà che ha la distribuzione di cariche di conferire
energia potenziale ad una carica posta in un punto P dello spazio. E’ questa quantità che potremmo intendere come altezza della collina elettrica nel punto P , e che prende il nome di potenziale elettrostatico V .
r1
Q1
P
r3
r2
Q2
Q3
Potenziale elettrostatico:
è la proprietà dello spazio che misura l’energia potenziale elettrica per Coulomb acquistata da una carica posta in un punto di quella regione. Un sistema di cariche puntiformi Q1,Q2 ,... produce in un punto P che dista r1 , r2 ,... dalle cariche, un potenziale:
V 
Q

Q
Q
U (q )

 k  1  2  3  ...
 r1
q
r2
r3

Come si utilizza il potenziale elettrostatico?
Il valore del potenziale in un punto dello spazio permette di sapere subito quale sarà
l’energia potenziale di una carica q posta in quel punto, in quanto, ribaltando la
formula si ha U (q )  qV . Il ruolo svolto dal potenziale rispetto all’energia potenziale
è analogo al ruolo svolto dal campo elettrico rispetto alla forza elettrica:


F  qE
U (q )  qV
con la differenza che, mentre il campo elettrico è un vettore, il potenziale elettrostatico è uno scalare. Per tale motivo si dice anche che il potenziale elettrostatico è un
campo scalare, mentre il campo elettrico è un campo vettoriale: il primo definisce un
numero in ogni punto dello spazio, il secondo definisce un vettore in ogni punto dello
spazio. Anche V , come U , è relativo ad una posizione di riferimento. Come prima, la
scelta più naturale in caso di distribuzioni di estensione finita, è quella di riferirsi ad
una distanza infinita. L’unità di misura del potenziale si chiama volt ,  V    J  /  C  ,
cioè una carica di 1 C posta in un punto dello spazio che si trovi al potenziale di 1 V
rispetto all’infinito, acquista un’energia potenziale di 1J rispetto all’infinito. Se
quindi in una regione sede di campo elettrico, una carica q si porta da un punto A
ad un punto B, il lavoro della forza di Coulomb si scrive:
LAB  U  q(VA  VB )  q V
204
Esercizi
8. Calcolare il lavoro della forza elettrostatica quando spostiamo una carica
q  4.30  106 C dal terminale positivo al terminale negativo di una batteria che
mantiene una differenza di potenziale V V  1.5 V . Spiegare che relazione c’è
fra il lavoro della forza elettrostatica ed il lavoro necessario per spostare la carica.
Applicando la formula per il lavoro di una forza conservativa:
LE  U  q V  q (V V )  4.30  106 C  1.5 V  6.45  106 J
Il lavoro compiuto (dalla batteria, da un agente esterno…) per spostare la carica è
uguale ed opposto a quello della forza elettrostatica solo se nel tragitto non è cambiata l’energia cinetica della carica (ad esempio se essa è ferma all’inizio ed alla fine). In
caso contrario per trovare la relazione fra i due lavori bisogna conoscere la variazione di energia cinetica, essendo: Ltot  LE  Lnostro  K .
q
q

V ?
9. Calcolare il potenziale nel centro di un quadrato di lato   10.0 cm , sui cui vertici
3
sono tenute ferme quattro cariche uguali di valore q  3.00 nC .
[R: 1.53  10 V ]
10. Una carica q  1.20 nC inizialmente ferma a distanza infinita, viene portata e
bloccata nella posizione A in figura. Calcolare il lavoro che occorre compiere
dall’esterno per eseguire questa operazione, sapendo che Q  6.50 nC e che
[R]
  30.0 cm .
q
q
Q

Q

Q
Q
11. Calcolare il potenziale nel centro di un triangolo equilatero sapendo che nei suoi
vertici sono localizzate tre cariche q1  3.00 μC , q2  4.00 μC , q 3  5.00 μC .
[R]

Come possiamo raffigurare il potenziale nello spazio?
Muovendo una carica lungo una traiettoria sempre perpendicolare alle linee di
campo, la forza
di Coulomb non
compie
lavoro.
Dovendo essere
L  q(Vfin  Vin )  0 , è quindi costante il potenziale lungo tutto il tragitto. Spostandosi nello spazio, per ogni fissato valore di V si individua quindi una superficie “bucata” perpendicolarmente dalle linee di campo, i cui punti sono tutti
allo stesso potenziale, che viene detta superficie equipotenziale. In figura sono riportate le superfici sferiche equipotenziali di una carica puntiforme positiva (valori di
potenziale positivi dato che V  kQ /r  0 ) e le superfici equipotenziali di un dipolo.
q
q
q
8V
6 V
6V
4V
6V
4 V
4V
2V
2 V
0V
Come sono orientate le linee di campo rispetto ai valori del potenziale?

Consideriamo lo spostamento elementare s (cioè rettilineo e piccolo rispetto alle


distanze in gioco) di una carica unitaria. Se  è l’angolo fra E e s , il lavoro del
205
A

campo elettrico5 (cioè il lavoro per unità di carica) relativamente a questo spostamento si può scrivere nei due modi:

E

L  E s cos 
L  V

s
9V
V
Nel caso particolare in cui ci si stia muovendo proprio lungo una linea di forza se
guendone il verso, E sarà sempre tangente alla traiettoria e quindi risulterà
cos   1 , da cui:

V   E s
10 cm

s


E
6V
3V
Le linee di campo sono orientate nel verso in cui diminuisce il potenziale. Spostan
dosi lungo le linee di campo di un tratto di lughezza s si ha: V   |E | s .
[ Volt ]
piccolo
Es  0
ed essendo il modulo del vettore s  0 possiamo concludere che, seguendo le linee
di campo, si ha V  0 , cioè si sta procedendo verso potenziali decrescenti (ad
esempio è ciò che accade partendo dalla superficie di un conduttore, dove fanno capo le linee di campo, e muovendosi lungo di esse).
grande
Es  0

Se invece lo spostamento s avviene in una direzione qualunque, indicando con

Es  E cos  la componente del campo elettrico lungo tale direzione avremo:
V  Es s

Es  
V
s
s [ metri]
 La Controfisica
L’intensità del potenziale non ha quindi
nulla a che vedere con l’intensità del
campo elettrico! L’intensità del campo
è legata ai cambiamenti di potenziale. In
un piano cartesiano come quello sotto
il campo è la pendenza della retta tangente cambiata di segno.
e cioè la componente del campo elettrico lungo lo spostamento è pari alla variazione del potenziale per ogni unità di lunghezza di cui ci si è spostati in quella direzione, presa con segno negativo in modo che Es sia positivo se ci si muove nel verso in cui il potenziale decresce. Chiaramente, maggiore è la variazione V del potenziale nel tratto di
spostamento s , più grande risulta la componente Es del campo, quindi possiamo
vedere nel numero Es la rapidità con cui varia il potenziale in quella direzione.
l’intensità della componente del campo elettrico in una direzione esprime la velocità
con cui cambia il potenziale spostandosi in quella direzione.

E
V
campo elettrico intenso

E
Nell’analogia in cui il potenziale misura l’altezza della “collina elettrica” (e quindi
V il cambiamento di altezza) il campo elettrico misura la pendenza di quella stessa collina:
V  altezza della "collina elettrica "

E  pendenza della "collina elettrica "
V
campo elettrico debole
Grazie alla formula Es  V /s , le unità di misura del campo elettrico, anziché
essere scritte N/C possono essere espresse in V/m senza cambiare il valore numerico.
Esercizi
12. Calcolare l’intensità del campo elettrico fra le armature di un condensatore piano
sapendo che la loro differenza di potenziale è V V  12.0 V e la distanza che le
separa d  6.00 cm .
5
Poiché il campo elettirco è la forza per unità di carica, qui il simbolo L indica il lavoro per unità di carica.
206
Nel caso di un campo uniforme come quello fra le armature di un condensatore, la
formula Es  V /s consente il calcolo dell’intensità del campo semplicemente
dividendo la differenza di potenziale fra due punti su di una stessa lienne di campo

per la distanza che li separa. Quindi il campo E , orientato dall’armatura positiva
verso la negativa, ha intensità:

V V
12.0
E  

V/m  200 V/m
d
0.0600
Che succede nei punti dove sono localizzate le cariche?
Ricordando che le linee di campo sgorgano dai punti dove sono le cariche positive, e
confluiscono in quelli dove si trovano le cariche negative, avremo che i primi saranno punti di massimo del potenziale ed i secondi punti di minimo. Difatti l’unico caso
in cui le linee di campo possono uscire da un punto andando in qualunque direzione si ha quando tutt’intorno il potenziale è minore. Analogamente se entrano tutte in
un punto si avrà che intorno ad esso il potenziale assume sempre valori maggiori che
non nel punto, quindi:

E
le cariche positive sono massimi per il potenziale, le cariche negative minimi.
10 cm
6.0 cm
La formula per il potenziale di una carica puntiforme V  kq /r produrrebbe un valore
infinito in corrispondenza della posizione della carica r  0 . Però tale formula è stata ricavata sotto la condizione che la carica possa considerarsi un punto privo di dimensioni, e questo è vero nello spazio intorno a q , ma non lo è più se tento di salire
sopra ad essa, quindi non può essere adoperata per calcolare V nella posizione di q .
Esercizi
13. Fra le lastre di un doppio strato di carica si ha un campo elettrico uniforme di intensità 800 N/C . Calcolare che differenze di potenziale esistono fra i punti A , B e
C vertici del triangolo rettangolo in figura.
I punti A e C sono sulla stessa superficie equipotenziale in quanto la retta che li contiene è perpendicolare alle linee di campo, quindi VAB  0.0 V .
Per andare da B ad A ci si deve spostare parallelamente alle linee di campo quindi la
differenza fra valore iniziale e finale del potenziale vale:


VA  VB  V   E s   E BA  (800  6.0  102 ) V  48 V
ed è anche VC  VB  48 V poiché come si è detto, A e C sono equipotenziali.
14. In figura sono riportate le superfici equipotenziali di una coppia di cariche identiche. Che lavoro compie il campo elettrico quando una carica q  2.30  106 C viene
portata dalla posizione A alla posizione B? e se viene portata da A in C passando per
D? Si stimi dalla figura il valore del campo elettrico in A.
[R]
3. Potenziale e campo di conduttori carichi
Come sono fatte le superfici equipotenziali di un conduttore carico?
Come abbiamo visto le cariche in eccesso in un conduttore si dispongono su di uno
strato superficiale e le linee di campo escono perpendicolarmente dal conduttore
stesso. Di conseguenza la superficie di un conduttore carico in equilibrio elettrostatico è
equipotenziale: se spostassimo una carica mantenedola sopra di essa, la forza di
Coulomb non compirebbe lavoro essendo la traiettoria sempre perpendicolare alla
207
B
A
8.0 cm
C
3V
6V
9V
A

B

9V
C
D
 La Controfisica
Ricordiamo che gli elettroni del
mare di conduzione non sono
femi, ma in stato di agitazione
termica, cioè animati da velocità
con direzioni distribuite in modo
del tutto casuale nello spazio, che
già a temperatura ambiente sono
dell’ordine delle centinaia di migliaia di metri al secondo. Inoltre
sono sottoposti ai campi generati
dagli ioni del reticolo e dagli altri
elettroni. Tuttavia, su di una scala
grande rispetto alle dimensioni
atomiche, questi campi microscopici hanno un valore medio nullo,
cioè qualunque superficie possiamo immaginare internamente al
conduttore, essa verrà attraversata,
nello stesso intervallo di tempo, da
un uguale numero di elettroni
tanto in un verso quanto nel verso
opposto. E’ su questa grande scala, dove sono assenti i moti ordinati d’insieme, che consideriamo
equipotenziale lo spazio occupato
dal conduttore.

E
forza. Anche nello spazio interno il potenziale dovuto alle cariche in eccesso è costante, infatti, dovendo in tale regione essere nullo il campo elettrico, quando si spo
sta una carica dentro al conduttore, E compirà un lavoro sempre nullo, da cui
L  V  0 ovunque. Inoltre il valore del potenziale interno dovuto solo6 alle cariche in eccesso, sarà esattamente lo stesso della superficie. Se infatti non fosse così,
avremmo due possibilità: un valore all’interno più alto di quello sulla superficie, e
cioè dentro vi sarebbe un massimo del potenziale, oppure un valore più basso, e cioè
dentro vi sarebbe un minimo. Ma come si è visto, massimi e minimi comportano una
localizzazione di carica da cui le linee di campo devono sgorgare, e ciò all’interno di
un conduttore non è possibile:
l’intero spazio occupato da un conduttore carico in equilibrio ellettrostatico risulta
equipotenziale.
Vcostante
Se quindi abbiamo un conduttore carico positivamente, isolato nello spazio e di
estensione finita, le linee di campo partono dal conduttore per giungere all’infinito (o
dall’infinito per entrarvi se il conduttore è carico negativamente). Ne segue che le
superfici equipotenziali sono, per così dire, ”parallele” alla superficie del conduttore,
nel senso che ne riproducono la forma almeno nelle immediate vicinanze.
Cosa succede alle linee di campo in presenza di due o più conduttori?
Come esempio per farci un’idea consideriamo le situazioni proposte in figura.
VA
VB VA
VA
VC  costante
VB
A sinistra abbiamo due conduttori affacciati carichi dello stesso segno ma a potenziale diverso,VA  VB . Il conduttore a potenziale minore subisce un fenomeno di induzione più marcato per la presenza del primo. Nella regione di affaccio le linee di
campo vanno da quello a potenziale maggiore verso quello a potenziale inferiore,
mentre esternamente andranno verso infinito dove il potenziale è nullo. Va sottolineato che i conduttori sono entrambi equipotenziali, sebbene la densità di carica che
si raccoglie sulle superfici sia di segno diverso in differenti punti, e le linee di campo
6
Se non ci limitiamo all’effetto delle cariche in eccesso, allora anche quando il conduttore è neutro, il valore del potenziale interno è di alcuni volt superiore a quello della superficie, a seconda del metallo. Questo perché deve esistere un campo
elettrico diretto sempre dalla superficie verso l’esterno, dovuto al fatto che il reticolo cristallino termina, e l’azione elettrica degli ioni più esterni non è più controbilanciata da quelli vicini. Questo campo ha un verso tale da confinare gli elettroni di conduzione sul conduttore impedendogli di fuoriuscire (viene detta una barriera di potenziale). Il suo valore è molto
più intenso di quello del campo dovuto ad un eccesso di carica elettrica eventualmente presente, tuttavia esso agisce solo
su scala microscopica. La barriera di potenziale non è quindi in grado di produrre moti ordinati d’insieme, e rimane inalterata dal piccolo disturbo dovuto all’eventuale presenza di uno strato di carica in eccesso.
208
che fanno capo ad essi in parte escono ed in parte entrano. A destra invece abbiamo
posto un conduttore C nella regione di spazio ove abbia sede il campo elettrico generato da altri due conduttori A e B, e qui subirà il fenomeno dell’induzione elettrostatica. Le cariche al suo interno raggiungeranno presto una configurazione di equilibrio per cui il potenziale di C sia costante, anche in questo caso con linee di campo
che sono sia entranti che uscenti.
possibile?
Esercizi
15. Si dica se è possibile che le linee di campo di un conduttore carico abbiano
l’andamento disegnato nella figura qui a lato.
V  costante
Una stessa linea di forza non può uscire da un conduttore per poi tornarvi, perché in
tale caso il punto di rientro sarebbe a potenziale più basso di quello d’uscita, cosa
non compatibile col fatto che la superficie deve essere equipotenziale. Quindi la situazione proposta è impossibile.
16. Si dica se è possibile che le linee di campo di un conduttore carico abbiano
l’andamento dall’infinito e verso l’infinito come nella figura a lato.
[R]
V  costante
Quanto vale il potenziale di una sfera conduttrice carica?
possibile?
Sappiamo che le cariche in eccesso su di un conduttore si distribuiscono sulla superficie, quindi il problema consiste nel trovare il potenziale generato da una distribuzione di carica su di una superficie sferica. In base al principio di sovrapposizione il
potenziale in un punto P dello spazio è la somma dei potenziali generati da tutte le
cariche q1, q2 ,... sulla superficie:
V k
q1
r1
k
q2
r2
 ...
q1
in cui r1 , r2 ,... sono le distanze di ciascuna carica da P . Sfruttando il fatto che il potenziale di un conduttore è costante su tutto lo spazio occupato, possiamo calcolare
V ponendo P nel centro della sfera. In questo modo ogni carica dista da P sempre
quanto misura il raggio R , cioè r1  r2  ...  R , da cui:
V k
dove q 
 qi
q1
R
k
q2
R
 ...  k
(q1  q2  ...)
R
k
q2
r1
r2
P
q
R
è la carica complessivamente presente sulla sfera.
Quant’è il potenziale di una sfera carica a grande distanza dal centro?
Una sfera uniformemente carica, se vista da una distanza r maggiore rispetto al suo
raggio R di almeno un ordine di grandezza, si comporta come se fosse una carica
puntiforme. Pertanto possiamo adoperare per essa l’espressione del potenziale che
sarebbe prodotto nel caso in cui tutta la carica q fosse localizzata nel suo centro:
V  kq /R .
Esercizi
17. Un generatore di Van de Graaff è costituito da una cinghia isolante che, mossa da
una manovella, si carica per strofinio e deposita su di una cupola metallica di raggio
R  17.5 cm una carica di 80.0 nC . Calcolare il potenziale della cupola. Una sfera
metallica di raggio r  5.00 cm entra in contatto con la cupola e poi viene separata.
Calcolare la carica che si deposita su di essa.
209
R
r
Prima del contatto, il potenziale a cui si porta la cupola del generatore può essere
calcolato con la formula per una sfera metallica di raggio R  17.5 cm :

q
80.0  109 

V  k  8.99  109 
 V  4110 V
R 
0.175 
Durante il contatto le due sfere costituiscono un unico conduttore, quindi i loro potenziali debbono essere uguali: indicheremo con V  questo valore comune. La carica
complessiva di 80.0 nC si ripartirà in due frazioni q1 e q2 proporzionali ai raggi delle sfere, infatti:
q
q
q
R
V k 1 k 2  1 
R
r
q2
r
Per la conservazione della carica q1  q2  q  80.0 nC , che sostituita dà:
q  q2
q2
r
q
R r


r
5.00  102

q2 
q  
 80.0 nC  17.8 nC
 17.5  102  5.00  102
R r

R

r
 r (q  q2 )  Rq2  q2 
18. Due sfere metalliche separate, di raggi rispettivamente r1  30.0 cm ed
r2  20.0 cm contengono una carica complessiva di 100 nC . Calcolare di quanto va-
ria il potenziale di ciascuna nel momento in cui sono poste a contatto.
[R]
19. Da una sfera di raggio R si vuole estrarre un terzo della carica q che essa contiene. Calcolare il raggio di una seconda sfera metalica che, posta a contatto con la prima, permette quest’operazione. Calcolare di quanto varia il potenziale della prima
sfera.
[R]
20. Una carica puntiforme di 5.60 nC viene portata, da distanza infinitamente grande, sulla cupola di un generatore di Van de Graaf . Sapendo che la cupola contiene
una carica di 120 nC ed ha un raggio R  14.0 cm si calcoli: (1) il lavoro eseguito
dall’esterno per compiere questa operazione, (2) il lavoro eseguito dalla forza elettrostatica.
[R]
21. Si calcoli il lavoro necessario per estrarre un elettrone da una sfera metallica di
raggio r  20.0 cm contenente una carica di 130 nC e portarlo ad una distanza dal
centro della sfera pari a 8.00 m ed il lavoro compiuto dalla forza elettrostatica durante l’operazione.
[R]
22. Una sfera metallica di raggio r1  20.0 cm contenente una carica di 200 nC viene
posta a contatto con una seconda sfera metallica, neutra, di raggio r2  50.0 cm . Le
due sfere sono quindi separate e poste ad una distanza molto maggiore dei raggi.
Calcolare la differenza di energia fra due cariche identiche q  1.50 nC aggiunte
ciascuna sulla superficie di ogni sfera.
[R]

E
A
Quanto vale il campo in prossimità di un conduttore carico?
Prendiamo una porzione della superficie esterna del conduttore, così piccola da potersi considerare piana. Si immagini una superficie cilindrica che abbia le basi, di
area A , a cavallo del bordo del conduttore e parallele alla porzione di superficie scelta, come in figura. La direzione normale alla superficie sarà quindi perpendicolare al

piano contenente A , ed il flusso del vettore E attraverso il cilindro sarà dato soltan
to dal prodotto dell’intensità di E per l’area della A esterna. Infatti, essendo nullo il
campo dentro al conduttore, sarà nullo il suo flusso attraverso la superficie di base
210
interna, ed essendo la normale alla superficie laterale del cilindro perpendicolare al
campo elettrico, sarà nullo anche il flusso attraverso di essa, pertanto:


cilindro (E )  E A

Applicando il teorema di Gauss si ha che cilindro (E )  Qinterna /0 , dove la carica in-
terna è quella localizzata sulla porzione superficiale di conduttore intercettata dal cilindro ed evidenziata in figura. Detta  la densità superficiale media su quella zona
del conduttore, risulta7 Qinterna  A e di conseguenza:

A
cilindro (E ) 
0


A
E A 
0
Come si vede, l’area si è semplificata uguagliando le espressioni,e si è ottenuto il:
Teorema di Coulomb
Il campo elettrico sulla superficie di un conduttore carico, in un punto dove la densità superficiale di carica vale  , ha intensità:


E 
0
 La Controfisica
Se poi, addirittura, facciamo rientrare la base esterna del cilindro
nel conduttore, avremo che la
carica racchiusa dal cilindro andrà
man mano diminuendo, di modo
che il campo elettrostatico, avente
sempre direzione normale, va diminuendo anch’esso in intensità
dentro allo strato superficiale occupato dalle cariche, fino ad annullarsi entro pochi spessori atomici.
che fornisce l’intensità del campo elettrostatico in prossimità di un conduttore cari
co. Se il conduttore è carico positivamente avremo   0 e quindi (E )  0 : il
campo elettrico dà luogo ad un flusso positivo attraverso una superficie chiusa e
quindi la sua direzione è uscente da essa e dal conduttore. Analogamente concludia
mo che E entra nel conduttore se   0 . Chiaramente nulla cambia se immaginiamo la base esterna del cilindro molto vicina a quella del conduttore ed al limite appoggiata su di esso. In questo modo possiamo affermare che il teorema di Coulomb

fornisce il valore di E proprio sulla superficie.
R1
Esercizi
23. Si dimostri che il campo elettrico è più intenso in prossimità delle punte schematizzando un conduttore a punta come composto di due sfere a contatto aventi raggi
differenti ed usando il teorema di Coulomb.
[R]
R2
24. La cupola di un generatore di Van de Graaff ha un raggio R  16.0 cm e viene
caricata fino a portarla ad un potenziale di 5000 V . Si calcoli la densità superficiale
di carica prodotta
[R]
Cos’è un tubo di forza e quali proprietà ha?
Seguiamo ora un tubo di forza, cioè l’insieme di tutte le linee di forza individuate
partendo da un contorno chiuso che giace sulla superficie di un conduttore, e giunge
sulla superficie di un secondo a delimitare un altro contorno chiuso. Avremo che,
all’ interno del secondo contorno, sarà localizzata una carica uguale ed opposta a
quella racchiusa dal primo. Per convincersene basta applicare il teorema di Gauss
alla superficie chiusa ottenuta completando il tubo di flusso con delle calotte come le
La carica  che si dispone su ogni unità di superficie del conduttore., in generale non è un valore costante ma è legata alla sua curvatura. Avendo però scelto per le basi del cilindro un’estensione così piccola da poter considerare piano il
conduttore in quella regione, possiamo ritenere costante  al suo interno e pari al valore medio che assume in quella
zona.
7
211
S1
S2
S1 e S2 , tutte interne ai conduttori. Il flusso del campo elettrico attraverso la superficie complessiva è nullo, perché lungo la superficie laterale del tubo la normale è
sempre perpendicolare al campo elettrico, mentre su S1 ed S2 , tutte interne ai con-
duttori, il campo vale zero. Se ne conclude che la somma delle cariche interne fa zero
anch’essa e che quindi le regioni racchiuse dai due contorni originari, evidenziate in
verde in figura, contengono un quantitativo di carica uguale ed opposto.
A
Quali sono le proprietà dello schermo elettrostatico?
S
B
l'induzione dall' interno
è sempre completa
Già sappiamo che il campo elettrico nella cavità di un conduttore A, quando questa è
vuota, deve essere nullo indipendentemente dalla carica posta su di esso. Se ora
all’interno della cavità neutra si viene a trovare un altro conduttore B, dotato di carica complessiva pari a Q , sulla superficie interna della cavità, per induzione, si localizza una certa quantità di carica: dimostriamo ora che, nel caso di questa geometria,
la carica indotta è Q , cioè esattamente uguale ed opposta a quella inducente. Prendendo una superficie chiusa come la S in figura, tutta interna al conduttore A in mo
do che essa, a sua volta, contenga la cavità, abbiamo che S (E )  0 , essendo


E  0 nello spazio occupato dal conduttore. Per il teorema di Gauss, inoltre, è

S (E )  (Qindotta  Q )/0  0 , da cui necessariamente segue: Qindotta  Q . Si
giunge alla stessa conclusione anche osservando che tutti i tubi di flusso come quello
evidenziato in figura, contengono una carica complessivamente uguale a zero. Poiché l’induzione non può alterare la carica complessiva sul conduttore cavo, avremo
poi che sulla superficie più esterna si andrà a disporre una carica uguale ed opposta
a Q , e cioè all’esterno si riproduce Q . Questo risultato è noto come fenomeno
dell’induzione completa e trova applicazione in dispositivi analoghi al pozzo di Faraday utilizzato per l’elettroscopio.
Che cosa si percepisce dall’esterno di uno schermo eletttrostatico?
A






B



conduttore esterno a terra
Per la particolare sovrapposizione degli effetti che questa configurazione geometrica
produce, la carica interna complessiva, data da Q distribuita su B e da Q indotta
sulla parete interna di A, genera un campo elettrico che risulta diverso da zero solo
all’interno della cavità. La loro azione combinata, nello spazio fuori di A, è nulla:
all’esterno si percepisce unicamente la carica Q distribuita sulla superficie
dell’involucro esterno. Per dimostrare questa proprietà osserviamo che il campo nello spazio fuori di A è il risultato della sovrapposizione di quello delle cariche sulla
superficie del guscio esterno e di quello dovuto alle cariche interne alla cavità. Se
quindi disperdiamo le cariche sul guscio esterno, ad esempio collegando A con la
terra, resterà solo il campo dovuto alle cariche interne. Come sappiamo, il campo
complessivo delle cariche interne deve essere nullo nella regione metallica, pertanto se le
cariche interne generassero un campo anche nello spazio esterno ad A, esso dovrebbe ripartire improvvisamente fuori dal guscio, dopo una brusca interruzione. Questo
è impossibile perché le linee di campo possono nascere solo là dove sono localizzate le cariche, e se il campo ripartisse nello spazio fuori di A, le sue linee dovrebbero sgorgare
dal nulla. Pertanto:
Proprietà dello schermo elettrostatico
le cariche interne ad un guscio metallico non creano campo fuori dalla cavità, ed ogni
loro azione non è percepibile all’esterno del guscio stesso.
Che accade fuori dallo schermo elettrostatico se si muove B nella cavità?
Se spostiamo B muovendolo all’interno della cavità, oppure lo portiamo a contatto
con essa in modo che si scarichi, la carica Q sull’esterno di A non muta il suo valore,
ma anzi si va sempre a distribuire sulla superficie nell’unico modo in cui questa risulta equipotenziale. Una carica q  , ad esempio positiva, posta in prossimità di A, in212
teragisce con le cariche presenti sulla superficie esterna e con quelle che vi induce,
ma non risente della presenza e dei movimenti di B. In maniera del tutto simmetrica,
B non risente degli spostamenti di q  . Ciò che accade è che il campo complessivamente generato da q  e dalla carica da essa indotta sulla superficie esterna di A, è
diverso da zero solo all’esterno del conduttore. Nello spazio da esso occupato, il
campo è nullo per le proprietà elettrostatiche dei conduttori, e dentro alla cavità,
come si è già osservato, non potrebbe ripartire dato che non vi sono cariche localizzate legate ad esso.
Agendo da fuori si può cambiare la differenza di potenziale fra il guscio l’interno?
Le differenze di potenziale nello spazio occupato dal conduttore ed in quello racchiuso non possono essere cambiate dall’esterno: la presenza di qualunque carica q 
nelle prossimità può avere l’unico effetto di sommarvi o sottrarvi un valore costante
V0 . Alterare il potenziale in modo più complesso comporterebbe la comparsa di
nuovi punti di massimo e di minimo. Se q  potesse creare nuovi massimi o nuovi
minimi di potenziale in un guscio vuoto, questi potrebbero stare solo dove si trovano
i conduttori, e ciò sarebbe come dire che nuove cariche si sono create su di essi, violando la legge di conservazione della carica.
Ma perché si chiama schermo elettrostatico?
Possiamo interpretare il complesso di fenomeni sopra descritti dicendo che tutto va
come se il conduttore cavo schermasse le azioni delle cariche che racchiude, ma va ricordato che ciò che chiamiamo schermatura è solo l’ effetto del principio di sovrapposizione nel caso di questa particolare geometria
R
Q
4. I Condensatori
Q
Come è fatto un condensatore?
Consideriamo un sistema costituito da due lastre conduttrici sagomate per esempio a
disco, di raggio R e spessore molto piccolo rispetto al raggio. Le lastre si trovano affacciate l’una di fronte all’altra a distanza d , di dimensioni per cui sia d  R , e su
di esse viene distribuito la stessa quantità Q di carica, ma con segno opposto. Una
simile struttura prende il nome di condensatore, e le lastre conduttrici vengono dette
armature. Le linee di forza del campo elettrico saranno quelle qualitativamente illustrate in figura, con la carica sulle armature per la gran parte concentrata sullo strato
superficiale delle facce interne, a causa degli effetti di induzione reciproca.
Quanto vale il campo elettrico fra le armature?
Adopereremo, nel seguito, un modello che ben approssima condensatore reale, assumendo che le due cariche Q e Q siano interamente localizzate sulle superfici
interne, e distribuite uniformemente su di esse. In tale modo trascureremo tutti i piccoli effetti ai bordi della struttura, ed il campo elettrico risulterà diverso da zero solo
nella regione di affaccio, e lì perpendicolare alle armature. Questa semplificazione,
unita alla condizione d  R , permette di avvalersi della formula per il campo elettrico del doppio strato infinito. Pertanto, se S è la misura della superficie dove la carica è distribuita, fra le armature abbiamo un campo uniforme, la cui intensità nel
vuoto vale:


Q
E0 

0
0S
213
d
La forma a disco delle armature è importante?
Condensatore
sferico
Regione
Neutra
La geometria a disco qui proposta non è vincolante: nelle realizzazioni pratiche la
forma delle armature può essere di vario tipo, purché si rispettino le due condizioni
di: induzione completa e distanza di separazione molto minore dell’ estensione lineare. Sono concepibili, quindi, condensatori a forma di sfera contenuti in cavità metalliche ad essa concentriche, a forma di cilindro, e così via. In generale qualunque
coppia di conduttori affiancati è in una certa misura un condensatore, e può esserelo
anche un singolo conduttore se si considera che l’ambiente circostante subisce fenomeni di induzione.
Nello spazio fra le armature ci dev’essere aria?
Nella realtà si è soliti porre fra le armature, al posto dell’aria, uno strato di dielettrico, il quale si polarizza, e come si è visto a suo tempo, ha l’effetto di indebolire di un

fattore 1/r , a parità di carica localizzata, il valore del campo E nello spazio interposto. Infatti la tendenza delle molecole del dielettrico, a deformarsi od allinearsi lungo
la direzione del campo, lascia neutra la regione interna e produce l’equivalente di

uno strato superficiale di carica. Questo origina un campo aggiuntivo E p che si so
vrappone, con direzione opposta, ad E 0 , riducendo l’intensità del campo risultante:



E  E 0  E p . Se lo spazio di separazione è omogeneamente riempito, si osserva
sperimentalmente che, indipendentemente dalla carica Q localizzata sulle armature,


il rapporto E 0 / E  r è legato unicamente al tipo di materiale dielettrico utilizza
E dielettrico
to. Il valore numerico di questo rapporto, r  1 , prende il nome di costante dielettrica del mezzo. Fra le armature avremo quindi un campo di intensità:

E0


E 

.
r
0r

E armature 
Nella pratica, come viene costruito un condensatore?
Conduttore
Ossido
di Al
Isolante
soluzione
elettrolitica
La realizzazione pratica di un condensatore a facce piane parallele fa uso di alcuni
accorgimenti tecnici, come quello di utilizzare per armature delle sottili strisce metalliche separate da pellicole isolanti. La struttura viene avvolta a rotolo, come in figura, e si presenta a forma di piccolo cilindro. Si costruiscono anche condensatori in
cui una delle due armature è costituita da una soluzione liquida o gelatinosa, generalmente di tetraborato di sodio, detti condensatori elettrolitici. La configurazione è
quella di un involucro cilindrico di alluminio, contenente la soluzione elettrolitica, ed
al centro un altro conduttore cilindrico di alluminio. Intorno a quest’ultimo, immerso
nella soluzione, attraverso un opportuno passaggio di carica si fa formare un sottile
strato di bollicine di idrogeno. Questo sottilissimo strato fa depositare sul conduttore
interno dell’ossido di alluminio, che riveste il ruolo del dielettrico per questo tipo di
condensatore. L’involucro e la soluzione possono quindi essere caricati negativamente, mentre il conduttore interno fa da armatura positiva.
Ma a cosa serve un condensatore?
Un condensatore è un sistema di due conduttori carichi, quindi come tutte le distribuzioni di carica, possiede energia potenziale elettrostatica. Realizzare un condensatore è quindi un modo per intrappolare le cariche in una certa configurazione, e disporre di un “serbatoio” di energia potenziale.
Condensatore
elettrolitico
Condensatore
è un dispositivo in grado di accumulare energia potenziale elettrostatica
214
L’energia potenziale elettrostatica è il lavoro svolto dal campo elettrostatico quando
si smembra una configurazione di cariche e si portano le cariche all’infinito: nel caso
del condensatore dovremo quindi separare fino a distanza infinita le cariche in eccesso su ciascuna delle armature8. Al termine dello smembramento avremo quindi due
lastre conduttrici neutre affacciate. Il fatto che la forza elettrostatica sia conservativa
ci autorizza a dire che il lavoro svolto dal campo durante qualunque processo che
conduca ad un tale stato finale è sempre pari all’energia potenziale del sistema, anche quello che pone in collegamento fra loro le due armature cariche, colmando
l’eccesso positivo di una con l’eccesso negativo dell’altra. Pertanto l’energia potenziale elettrostatica del condensatore è anche il lavoro svolto dal campo elettrico durante
il passaggio della carica in eccesso sull’armatura positiva a quella sull’armatura negativa. Un tale processo è detto scarica del condensatore; e dato che la scarica è agevolata dalle forze del campo, l’energia potenziale di un condensatore è positiva.
pompa
Come dobbiamo immaginarci un condensatore?
È bene pensare al condensatore come ad come una molla compressa, in grado di rilasciare la sua energia allungandosi di scatto non appena gliene venga data
l’opportunità. Un condensatore si dice pertanto carico quando vi è stata incamerata
energia potenziale. Si faccia pertanto attenzione all’ambiguità del termine carico, che,
in questo caso, non si riferisce ad una localizzazione di carica elettrica. In effetti un
condensatore non accumula carica, dato che nel complesso si tratta di un oggetto
neutro: la sua carica complessiva è Q  Q  0 . Un modello di condensatore che si
rifà all’idraulica viene proposto qui a lato. Supponiamo che all’interno di una conduttura piena di acqua vi sia una camera con una membrana elastica separatrice. Tale dispositivo blocca lo scorrimento dell’acqua al suo interno, e può, in un certo senso, essere caricato. Se infatti una pompa spinge l’acqua contro la membrana estendendola in una delle due direzioni, il condensatore idraulico incamera energia potenziale, senza tuttavia variare il quantitativo di acqua al suo interno, visto che
all’incremento di liquido in una delle due regioni separate dalla membrana corrisponde la diminuzione nell’altra. Se scolleghiamo la pompa e colleghiamo queste
due regioni con un tubo, il condensatore sarà in grado di rilasciare l’energia incamerata, spingendo l’acqua attraverso il tubo. Durante il processo si avrà una violenta
scarica di liquido, ma al termine, il dispositivo sarà riempito esattamente dello stesso quantitativo che conteneva inizialmente, e, viceversa, la sua energia potenziale sarà scesa a zero. Il condensatore torna utile tutte le volte che si ha bisogno di una sorta
di molla elettrica: ovvero di produrre un intenso flusso di cariche che scorrano in un
tempo brevissimo. Nei dispositivi di defibrillazione del cuore, ad esempio si fa ampio uso di tale proprietà, così come nei flash delle macchine fotografiche.
membrana
elastica
 La Controfisica
Con una colorita analogia potremmo
assimilare il condensatore allo sciacquone del gabinetto! A differenza
dell’acqua che scende un po’ per
volta dal rubinetto, il condensatore
incamera energia potenziale, cioè
acqua in un punto in alto, e la rilascia tutta insieme.
Quale grandezza regola quanta energia può incamerare un condensatore?
Calcoleremo ora la proprietà di incamerare energia in relazione alla carica che poniamo su una delle due armature. Indichiamo con V il potenziale dell’armatura ca-
V
rica positivamente e con V quello dell’armatura negativa affacciata. Per raffigurare
il condensatore useremo il simbolo qui a fianco. Definiamo prima una nuova grandezza fisica che descrive il condensatore esprimendo quanta carica Q si deve porre
sull’armatura positiva (e quindi quanta Q sulla negativa) per ogni Volt di differenza di potenziale che si desidera stabilire. Si tratta del rapporto:
8
Per portare all’infinito le cariche positive senza distruggere il reticolo dell’armatura possiamo immaginare che la lastra
metallica si vada estendendo infinitamente, di modo che gli ammanchi di elettroni si disperdano su di essa a distanza infinita le une dalle altre.
215
V
VC  V V
C 
Q
Q

V V VC
dove per comodità si è posto VC  V V per indicare la differenza di potenziale
fra le armature. Il numero C viene detto capacità del condensatore, e dipende dalla
geometria (cioè dalla forma delle armature –piane, sferiche, cilindriche… - e dalla loro
distanza reciproca) e dal dielettrico interposto fra le armature (aria, soluzione elettrolitica, carta…).
La capacità di un condensatore dipende anche da Q e VC ?
A ben pensarci la capacità risulterebbe essere un parametro utile solo nel caso in cui
fosse del tutto indipendente da Q e VC . In questo caso infatti il quantitativo di carica
da porre sulle armature per avere ogni Volt di differenza di potenziale non dipenderebbe né dalla carica già ivi presente né dalla differenza di potenziale già stabilita,
ma sarebbe una costante, caratteristica di quel condensatore9. Dimostriamo che la capacità è una costante caratteristica solo della geometria e del dielettrico interposto,
attraverso una catena di ragionamenti:
1. La geometria del condensatore costringe le cariche a distribuirsi in modo uniforme
sulle due facce affiancate.
2. Se quindi Q aumenta di un certo fattore, di quello stesso fattore aumenta  (essendo fissata la superficie).

3. Ne segue che del medesimo fattore cresce |E |   /0 .

4. Essendo |E |  V / s  VC /d , e rimanendo fissa la distanza d fra le armature,
anche VC cresce nel medesimo rapporto.
Pertanto la capacità di un condensatore (lontano da influenze esterne) è una costante:
raddoppiando la carica Q raddoppia VC , triplicandola triplica, e così via.
Quanto vale la capacità di un condensatore piano?
V
d
Calcoliamo la capacità di un condensatore piano con armature di area A , separate
da una distanza d . Come sappiamo, la diminuzione di potenziale spostandosi lungo

le linee di campo, vale V  | E | d . Poiché nel caso del condensatore le linee di
campo vanno dall’armatura positiva a quella negativa, spostarsi lungo le linee significa avere Vinziale  V e V finale  V . Nella formula che lega campo elettrico e diffe-

E
renza di potenziale abbiamo allora V  V V , da cui si ricava:

V  V
|E |  
d
V
Ma sappiamo anche che fra le armature il campo elettrico è costante, e pari a


|E |   /0 ( |E |  /0r nel caso di dielettrico interposto). Confrontando le due
espressioni otteniamo V  V  d /0 , che sostituito nella formula per C fornisce:
C 
Q
A
Q
 0  0
V V
d
d
9
Come utilità assomiglia in un certo senso alla resistenza, che introdurremo studiando la corrente, che è indipendente
dalla tensione applicata e dalla corrente presente, come stabilito dalla legge di Ohm.
216
dove si è sfruttato il fatto che   Q/A .
Come cambia la capacità se vi è un dielettrico interposto?
Ripetendo i passaggi la formula precedente cambia in: C  A0 r /d , cioè il dielettrico accresce il valore della capacità, dato che è sempre r  1 . Questo significa che, a parità di carica posta sulle armature, un condensatore con dielettrico raggiunge una minore differenza di potenziale, infatti l’espressione (V V )  Q /C si trova ad avere un de
nominatore maggiore. Essendo |E |  (VV )/d , si spiegano ora le osservazioni sperimentali riportate ad inizio di questa sezione, cioè che il dielettrico riduce il campo
elettrico complessivo di un fattore r .
È possibile che in certe condizioni si rompa il dielettrico?
Qualunque sostanza isolante può diventare conduttrice quando la si sottopone a
quel valore di campo elettrico in grado di disgregarne gli atomi, separando
l’elettrone esterno dallo ione formato da nucleo ed elettroni interni10. L’intensità
massima di campo elettrico che un isolante può sopportare senza rompersi è detta
rigidità dieletttrica: ad esempio per l’aria è 3.00 106 V/m (valori per altri materiali
sono riportati in tabella). Sottoponendo un dielettrico fra le armature di un condensatore, ad una differenza di potenziale tale da produrre un campo che supera la sua
rigidità dielettrica, ha luogo attraverso di esso un rapido passaggio di cariche accompagnato da emissione di luce, detto scarica oppure arco elettrico, ed in altri modi
ancora, a seconda della tipologia. Questo è il fenomeno che viene sfruttato nei tubi al
neon usati per le insegne luminose (dove un gas naturalmente isolante diventa conduttore) ed ha molti usi pratici quali la candela di accensione nei motori a scoppio, il
saldatore elettrico ad arco, e numerosi utilizzi chimici e termici. Anche il fulmine è
un esempio di bagliore prodotto da rottura dielettrica, in questo caso dell’aria. Le nuvole, caricate negativamente dallo strofinio delle gocce d’acqua contro l’aria, inducono una carica positiva sul terreno sottostante, formando un gigantesco condensatore. Quando il campo elettrico che si stabilisce fra la terra e le nuvole supera i tre milioni di volt al metro, si produce un violento passaggio di carica accompagnato da
emissione luminosa e sonora.
Esercizi
25. Un condensatore è costituito da due armature quadrate, parallele, di superficie
240 cm 2 ciascuna, separate da uno spessore di 8.00 mm . Si calcoli la capacità quan-
do è interposta l’aria e quando è interposto un dielettrico di r  6.00 . Se la distanza
fra le armature raddoppia, si dica di quanto deve essere incrementata la misura del
loro lato per mantenere la stessa capacità.
Dalla formula abbiamo:
A
8.85  1012  240  104
C  0 
F  25.6 pF
d
8.00  103
Interporre il dielettrico significa moltilplicare la capacità per r :
C   rC  (6.00  25.6) pF  154 pF
10
In realtà la rottura dielettrica avviene perché gli elettroni si liberano dall’attrazione del proprio nucleo grazie ad un fenomeno di meccanica quantistica detto effetto tunnel.
217
sostanza
rigidità
dielettrica
[V/m]
r
aria
3.0 106
1.0
6
2.1
6
3.7
teflon
carta
60 10
16 10
6
mica
100 10
5.4
vetro
6
5.6
6
6.7
6
2.2
neoprene
polipropilene
14 10
12 10
35 10
Il teflon è una materia plastica altamente
resistente alla temperatura, molto utilizzata
in campo tecnico ad esempio per guarnizioni di contatto con agenti corrosivi, per
giunti a basso attrito, e per i fondi delle
padelle antiaderenti.
La mica è un minerale con gli atomi disposti in fogli stratificati che si sfaldano,
noto all’uomo sin dai tempi preistorici. È
usato come isolante in cavi ed in condensatori, viene pressato per farne le finestre
dei forni (data la sua resistenza al calore)
ed i vetri delle serre. Polverizzata ha un
uso cosmetico in creme dentifrici quale
abrasivo.
Il neoprene è una gomma sintetica assai
porosa ed elastica. Trova molte applicazioni nell’industria (specie automobilistica
e nautica), per fare guarnizioni, raccordi e
rivestimenti. Di neoprene sono fatte le
mute da sub.
Il polipropilene è l’innovativa sostanza
commercializzata con il nome di moplen,
che valse il premio Nobel per la chimica a
Giovanni Natta nel 1963. Materiale plastico
estremamente versatile, di polipropilene
sono fatte le bacinelle da cucina, le stoviglie di plastica, gli scolapasta, i secchi, i
tubi di scarico e numerisissimi altri utensili
comuni.
Infine dalla formula si vede che ad un raddoppio della distanza, al denominatore
nella formula, deve corrispondere un raddoppio dell’area, al numeratore, se si vuole
che la capacità non cambi. Quindi il lato deve crescere di un fattore
2.
26. Si deve progettare un condensatore a facce piane e parallele a forma di disco, con
aria fra di esse, che abbia la capacità di 4.50 pF , da utilizzare in un dispositivo dove
sarà sottoposto alla differenza di potenziale di 132 V . Sapendo che il campo elettrico
fra le armature raggiungerà i 1.20 104 N/C , si trovi la distanza fra le armature, il loro raggio e la massima carica che potranno ospitare.
[R: 1.10 cm, 4.22 cm, 0.594 nC ]
27. Un condensatore avente facce piane parallele di superficie 30 cm 2 , separate da
uno spessore di 0.450 mm , ha le armature poste ad una differenza di potenziale di
220 V . Sapendo che in queste condizioni sull’armatura positiva si hanno 27.2 nC si
[R: teflon, r  2.1 ]
dica qual è il materiale interposto.
28. Calcolare quanta carica possiamo immagazzinare in un condensatore a facce pia-
 3km
ne parallele di superficie 130 cm 2 separate da una distanza di 2.80 mm quando lo
colleghiamo ad una batteria di 4.50 V .
[R: 0.185 nC ]
29. Sapendo che le nuvole più basse si trovano ad una distanza di 3.0 km dal suolo,
approssimando il sistema con un condensatore a facce piane parallele, si stimi la differenza di potenziale fra nuvola e suolo affinché scocchi un fulmine. Si stimi la carica
che la parte inferiore di una nuvola di 0.50 km2 di superficie deve contenere perché
[R: 9.0  109 V,13 C ]
ciò avvenga.

E

E
30. Una cellula di un tessuto vivente può essere vista come un condensatore. Infatti
racchiude un fluido ricco di ioni positivi di potassio, mentre l’ambiente esterno è ricco di ioni positivi di sodio. Poiché la membrana cellulare lascia passare il potassio ma
è impermebile al sodio, la parete esterna si carica positivamente e quella interna negativamente. Ne risulta una differenza di potenziale di 80 mV . Assumendo uno
spessore di 8.5 nm , una superficie di 5.00  109 m2 e sia r  6.0 si calcoli il campo
elettrico nella membrana e la sua capacità.
[R: 9.4 106 V/m, 31 pF ]
31. Un condensatore è composto da due dischi metallici di raggio R  9.00 cm affacciati a distanza d  8.00 mm e separati da aria. I dischi sono connessi ai capi di
una batteria, cioè un dispositivo che li carica di segno opposto, stabilendo fra loro
una differenza di potenziale a 12.0 V , e che poi viene scollegata. Calcolare il campo
elettrico fra le armature. In queste condizioni viene inserita una lastra di vetro
(r  5.6) di superficie uguale alle armature e spessore pari alla loro distanza.
L’isolamento fa si che non cambi la carica sulle armature. Calcolare la nuova capacità, la nuova differenza di potenziale ed il nuovo campo elettrico.
[R: 1.50  103 V/m, 0.16 nF,2.1 V,2.6  102 V/m ]
V (t )
Facendo uso di C possiamo calcolare l’energia incamerata in un condensatore?
V (t )
Q
La conservatività della forza elettrostatica ci consente di immaginare un qualunque
processo per caricare le armature e calcolare l’energia potenziale della configurazione ottenuta per questa via: in ogni caso il risultato è identico visto che il lavoro non
dipende dalla traiettoria seguita. Supponiamo quindi di partire dalle due armature
neutre e di spostare di volta in volta un certo quantitativo di carica Q  0
dall’armatura che diventerà negativa a quella che diventerà positiva. Sarà un po’
218
come scavare una buca nel suolo per costruire una collina con la terra estratta. Ad
ogni spostamento di Q si ha un incremento pari a U nell’energia potenziale del
condensatore, pari a:
U  U fin  U in  Q[V (t )  V (t )]
V (t )
Se volessimo calcolare l’energia potenziale finale, quando sulle armature abbiamo
posto complessivamente la carica Q e fra di esse si è stabilita la differenza di potenziale V dovremmo addizionare tutti questi U :
V(t )
U  U1  U 2  ...
VC
Ma in ognuno dei U viene contemplata una differenza di potenziale
V (t )  V (t ) che cresce ad ogni nuova aggiunta di carica, proprio come la collina di
VC (t) 
Vfin
Q(t)
C
terra sale di livello ad ogni aggiunta di materiale, ed ogni volta dobbiamo faticare un
po’ di più per portarla fino in cima. Infatti ogni nuova carica positiva Q strappata
rende l’armatura negativa un poco più negativa, così da opporsi di più alla successiva estrazione. Analogamente ogni aggiunta di Q sull’armatura positiva la rende
un poco più positiva, così da opporsi maggiormente al successivo inserimento. E’ insomma come una strana scala i cui gradini aumentano ad ogni nostro passo. Ma se
raffiguriamo in un piano avente sulle ascisse Q(t ) (carica sulle armature al tempo t ),
VC (t )
U
e sulle ordinate VC (t ) (differenza di potenziale fra le armature al tempo t ) la relazione che definisce la capacità:
VC (t ) 
Q(t )
C
Qfin
Q(t )  Q
incremento di energia U corrisponde all’area del rettangolo sotteso dalla retta, di
base Q ed altezza VC (t ) . L’energia complessivamente incamerata sarà pertanto
l’intera area del triangolo evidenziato in giallo di base Q fin ed altezza V fin , quelli che
finora abbiamo chiamato semplicemente Q e VC , cioè rispettivamente la carica depositata sulle armature e la differenza di potenziale raggiunta. Si ottiene quindi:
Energia potenziale incamerata da un condensatore
1
Q2
1
U  QVC 
 CVC2
2
2C
2
32. Il flash di una macchina fotografica è alimentato dalla scarica di un condensatore
di capacità C  400 F caricato ad una differenza di potenziale fra le armature
V  V  300 V . Che energia rilascia quando viene scaricato?
L’energia rilasciata è quella incamerata nel condensatore:
U  1 CV 2  [ 1 (400  106 )(300)2 ]J  6.00 J
2
33. La fibrillazione ventricolare è una contrazione del cuore in modo scoordinato.
Poiché i muscoli sono delle macchine elettriche, è possibile ristabilire la normalità attraverso il rapido passaggio di carica prodotto dalla scarica di un condensatore. Sapendo che il condensatore ha capacità C  175 F e che viene caricato con
un’energia di U  400 J calcolare la differenza di potenziale fra le sue armature.
[R: 2.00  103 V ]
219
Q
Q(t )
otteniamo una retta di coefficiente angolare 1/C . Come si vede, in questo piano ogni
2

0
 La Controfisica
Una via alternativa per giungere alla
formula U=QV/2 è osservare che
V(t) cresce linearmente con la carica
Q(t) sull’armatura positiva, e che
quindi, vale per esso un risultato
analogo al “teorema della velocità
media” visto a suo tempo, per cui il
suo valore medio è la media aritmetica fra il valore iniziale (nullo) e
quello finale V, cioè (0+V)/2. Si
ottiene l’energia potenziale assumendo che la carica totale Q sia spostata in un solo passaggio fra due
armature a differenza di potenziale
costantee e pari al valore medio V/2,
cioè U=QV/2.
Q
Come si calcola il lavoro della forza elettrostatica nel condensatore?
Se cambiamo qualcosa nella configurazione del condensatore carico, ad esempio la
carica sulle armature, oppure la differenza di potenziale fra di esse, o ancora il dielettrico interposto o la geometria, il corrispondente lavoro della forza elettrostatica è
pari alla variazione dell’energia potenziale elettrostatica nel condensatore fra le due
situazioni U1 ed U 2 :
L  U  U 1 U 2 
C 1V12
2

C 2V22
2

Q1V1
2

Q2V2
2

Q12
2C1

Q22
2C 2
esprimibile nelle tre forme equivalenti sopra scritte, da utilizzare a seconda della
convenienza del caso specifico.
Riassumendo, quali usi pratici si possono fare del condensatore?
Nella pratica i condensatori sono usati per la loro capacità di:
(1) separare due regioni che in un dispositivo devono stare a potenziali differenti;
(2) essere un serbatoio di energia potenziale da rilasciare o sotto forma di scariche
brevi ed intense oppure un poco per volta per lungo tempo;
(3) caricarsi e scaricarsi in continuazione, rispondendo a sollecitazioni esterne.
C1
r
U1
U2
C2
Esercizi
34. Un condensatore piano è composto da due armature di superficie 80.0 cm 2 separate da una distanza di 2.10 mm , fra le quali è interposta una lastra isolante, di costante r  2.50 . Le armature vengono portate ad una differenza di potenziale di
500 V ed il condensatore isolato da tutto. Calcolare il lavoro della forza elettrostatica
se si estrae la lastra dielettrica e la si porta lontano.
Il lavoro della forza elettrostatica è pari alla variazione dell’energia potenziale elettrostatica nel condensatore fra le due situazioni U1 con la lastra ed U 2 senza lastra:
L  U  U 1 U 2  1 C1V12  1 C 2V22
2
2
Infatti, nell’operazione di estrazione non cambia la carica Q sulle armature, essendo
il condensatore isolato, ma cambia la sua capacità, e di conseguenza cambia da V1 a
V2 la differenza di potenziale fra le armature. Risulta:
C1  0r
C 2  0
A 8.85  1012  5.00  100  104

F  177  1012 F  177pF
d
2.50  103
177 pF
A C1


 70.8 pF
d
r
2.5
calcoliamo V2 ricordando che la carica è sempre pari al valore iniziale Q  C 1V1 :
V2 
CV
Q
 1 1  rV1  1250V
C2
C2
da cui infine:
L  1 C 1V12  1 C 2V22  1 (177  5002  70.8  12502 )  1012 J  3.32  105 J
2
2
2
negativo, cioè le forze interne quindi compiono lavoro resistente. Il fatto che l’energia
finale sia maggiore di quella iniziale, si deduce anche osservando che se la carica è
costante, l’energia U  Q 2 / 2C è inversamente proporzionale alla capacità, che dimi-
r
C1

generatore
nuisce, passando da C1  rC 2 al valore C 2 .

35. Il condensatore dell’esercizio precedente, anziché restare isolato, viene collegato i
capi di un generatore, cioè un dispositivo che ne mantiene sempre costante la diffe-
220
renza di potenziale 500 V . Calcolare il lavoro della forza elettrostatica quando si
estrae la lastra dielettrica e la si porta lontano. Perché in questo caso l’energia finale
5
[R: 1.33 10
è minore?
J]
36. Un condensatore a facce piane parallele ha le armature di superficie 120 cm 2 ,
separate da una regione piena di aria spessa 5.00 mm . Viene caricato can una differenza di potenziale di 300V e poi isolato. Si calcoli il lavoro che svolge il campo elettrico se si avvicinano le armature portandole a distanza 3.50 mm .
[R:]
37. Un condensatore a facce piane parallele ha le armature di superficie 250 cm 2 ,
separate da una regione piena di aria spessa 4.00 mm . Viene collegato i capi di un
generatore, cioè un dispositivo che ne mantiene sempre costante la differenza di potenziale a 600 V . Si calcoli il lavoro che svolge la forza elettrica se in queste condizioni si avvicinano le armature portandole a distanza 2.50 mm .
[R:]
5. La densità di energia del campo elettrico
Quando una regione di spazio è sede di un campo elettrico significa che è stato
compiuto del lavoro per distribuire le cariche nella configurazione che a tale campo
dà luogo. Ad esempio lo spazio fra le armature di un condensatore è sede di un
campo elettrico costante e per produrlo si è dovuto lavorare contro il campo elettrico
al fine di separare le cariche che originano il campo e disporle sulle armature. Da un
punto di vista matematico è comodo pensare che questa energia la si trova distribuita nella regione di spazio che è sede del campo, e quindi risulta utile associare una
densità di energia ad ogni punto. Attenzione però che stiamo parlando solo di una
comodità matematica, che non va presa alla lettera. L’energia è una grandezza fisica associata all’interazione fra oggetti, e misura la capacità di produrre lavoro del
sistema di corpi in questione11. Non esiste, nemmeno in linea di principio, dell’energia separata dagli oggetti che interagiscono. Quindi non bisogna immaginare l’energia come
effettivamente localizzata nello spazio, ma piuttosto parlare di densità di energia intendendo con essa uno strumento per poter eseguire dei calcoli. Nota infatti la densità di
energia, basterà moltiplicarla per il volume ove è localizzato il campo elettrico (ad
esempio lo spazio fra le armature) per avere l’energia complessiva.
Come si calcola la densità di energia del campo elettrico?
Indicata con u l’energia del campo elettirco per unità di volume, il condensatore
piano di area A e distanza di separazione d ne consente agevolmente il calcolo come segue:
1 QV
energia
C
densità di energia  u 
 2
volume
d A
Esprimiamo ora u in funzione del campo elettrico. Si ricavano le relazioni:


Q
E 

0
A0

11
Q  0AE
La definizione di energia come “capacità di eseguire lavoro (in condizioni ideali)” ha senso se riferita ad un sistema e
non ad un singolo oggetto.
221

V
E  C
d

 VC  E d
Che inserite nell’espressione per u forniscono:



1 QVC
1  0 A E    E d  1
u 

 0 E
2 dA
2
2
dA
2

Quindi in una regione di spazio sede di campo elettrico E costante, ad ogni metro
2
cubo risulta associato un quantitativo di energia pari a 1 0 E .
2
Esercizi
38. Calcolare l’energia necessaria per instaurare un campo elettrico di 700 V/m fra
le armature di un condensatore distanti 3.00 cm ed aventi una superficie di
2.40  104 m2 .
Dalla formula per la densità di energia elettrostatica:
2
u  1 0 E  (1  8.85  1012  7002 )J/m 3  2.17  106 J/m 3
2
2
L’energia si ottiene moltiplicando per il volume dello spazio fra le armature:
U  (3.00  102 )(2.40  104 )(2.17  106 )J  15.6  1012 J  15.6 n J
Ma questa espressione che è stata ricavata per il condensatore vale in generale?
Questa espressione è del tutto generale, e non dipende dal fatto che sia stata ricavata
nel particolare caso di un condensatore piano. Se infatti accadesse che la densità di

energia dovuta ad una distribuzione di cariche che generano un campo di valore E ,
fosse dipendente da come sono disposte le cariche che lo producono, significherebbe
che il campo elettrico non conterrebbe informazioni sufficienti per descrivere le proprietà fisiche di quella regione di spazio. Il campo elettrico sarebbe allora un concet
to sbagliato ed inutile se, per ipotesi, in una regione sede di un valore di E identico
a quello fra le armature del condensatore, ma originato da una distribuzione di cariche puntiformi, si avesse una diversa densità di energia.
E se il campo elettrico non è costante?
Volume 2

u2  1 0 E 2
2
Chiaramente l’espressione u  12 0 E vale nel caso di campo costante: se l’intensità

di E cambia da punto a punto, come vicino ad una carica puntiforme, dovremo
suddividere lo spazio in tanti cubetti all’interno dei quali il campo si può considerare
2
costante, applicare la formula u  12 0 E in ognuno di essi e poi fare la somma su
2
2
tutto lo spazio.
q


 Vol 1   1 0 E1
2

totale
energia
Volume 1

u1  1 0 E1

  Vol 2   1  E
0
2

2

2
2
2
222
2

 ...

6. Serie e parallelo
Combinando fra loro condensatori differenti e formando in tal modo dei sistemi,
si potranno ottenere valori differenti di capacità, e quindi variare a piacimento gli
accumuli di energia potenziale. In ogni caso al sistema in questione è sempre possibile associare una capacità equivalente, che lo sostituisca.
Capacità equivalente
si dice capacità equivalente C E , di un sistema di condensatori, fra un punto 1 ed un
punto 2, la capacità di quel condensatore che, quando viene collegata una sua armatura al punto 1 e l’altra al punto 2, è in grado di accumulare la stessa energia potenziale del sistema.
Quando sostituiamo ad un sistema la sua capacità equivalente C E , osservando dai
punti 1 e 2 non deve apparire nulla di fisicamente differente. Pertanto sull’armatura
di C E collegata al punto 1 dovrà depositarsi tutta la stessa carica che prima era ripartita fra le armature delle varie capacità a contatto con 1, e lo stesso varrà per il punto
2 . Vi sono due modi fondamentali di mettere in relazione due o più condensatori: in
serie ed in parallelo.
Cosa si intende per collegamento in serie di due condensatori?
Collegamento in serie
Due (o più) condensatori si dicono collegati in serie fra un punto 1 ed un punto 2
quando, per andare da 1 a 2 siamo costretti ad attraversare le armature di tutti. Sulle
armature di condensatori in serie si trova sempre la stessa carica Q, replicata a segni
alterni.
1
A
B
Quanto vale la capacità equivalente ad una serie?
La capacità equivalente di due condensatori A e B collegati in serie si ricava tenendo
conto del fatto che, posta una carica Q sulla prima armatura, essa si riprodurrà, per
induzione, su tutte le altre con i segni alternati, e che la differenza di potenziale fra il
punto 1 ed il punto 2 è la somma delle differenze di potenziale intermedie. Si scrive
quindi:
V  VA  VB
La capacità equivalente C E , messa fra 1 e 2 al posto della serie, una volta caricata
con la medesima carica Q che si pone su ciascuno dei due condensatori, dovrà generare una differenza di potenziale fra le sue armature pari proprio a questo valore
V . Solo in questo modo infatti essa incamererà la stessa energia della serie. Dovrà quindi essere:
Q
CE 
V
E poiché è, per definizione, C A  Q /VA e C B  Q /VB , sostituendo:
Q
Q
Q


CE
CA C B
e, semplificando:
223
2
1
1
1


CE
CA CB
Da tale formula si evince che la capacità equivalente ad una serie è più piccola della
più piccola capacità presente.
1
Che coa si intende per collegamento in parallelo di due o più condensatori?
A
B
Collegamento in parallelo
Due (o più) condensatori si dicono collegati in parallelo fra un punto 1 ed un punto 2
se possiamo andare da 1 a 2, con un percorso continuo che non inverta mai direzione, attraversando solo le due armature di uno qualunque di essi. Ai capi di due condensatori in parallelo si ha la stessa differenza di potenziale.
Quanto vale la capacità equivalente ad un parallelo?
La capacità equivalente di due condensatori posti in parallelo, si ricava tenendo conto che la differenza di potenziale fra le armature di uno qualunque di essi, è sempre
pari alla differenza di potenziale V fra il punto 1 ed il punto 2. Infatti ognuno dei
condensatori ha la prima armatura collegata con 1 e la seconda con 2: le armature di
A e di B collegate al punto 1 è come se fossero un unico conduttore, e lo stesso può
dirsi delle armature collegate al punto 2. Pertanto, se le capacità sono differenti, la
carica su ognuna delle armature di A sarà senz’altro differente da quella sulle armature di B, ma il prodotto di queste cariche per ciascuna capacità deve sempre dare
V . Questo è possibile solo se la carica totale Q  QA  QB , che poniamo complessivamente sulle armature tramite un generatore, si ripartisce in maniera proporzionale alle capacità:
QA  CA V
QB  CB V
2
Se ora, al posto del parallelo, si mette la capacità equivalente C E , tutta la carica Q
andrà sulle sue armature. Ma sappiamo che C E deve incamerare la stessa energia
del parallelo, e questo è possibile solo se V resta lo stesso di prima, da cui:
CE 
Q  QB
Q
Q
Q
 A
 A  B
V
V
V
V
Sostituendo abbiamo:
CE  C A  CB
A
B
Da questo risultato si deduce che la capacità di un parallelo è maggiore della più
grande capacità presente12.
Perché le capacità in parallelo si addizionano?
La formula che addiziona le capacità in parallelo può essere intuita osservando la figura accanto. Immaginiamo di allontanare le armature connesse al punto 1 da quelle
connesse al punto 2. Sarà allora più trasparente che, ponendo in parallelo due condensatori, in realtà stiamo accostando una sola armatura, composta da due lastre collegate fra loro, ad una seconda armatura, composta sempre da due lastre collegate
fra loro. Appare quindi naturale sommare le capacità dei due se si vuole sostituire al
parallelo un solo oggetto.
12
Il motivo per cui la formula per la capacità in parallelo ricalca quella per la serie di resistenze, e viceversa quella per la
serie di condensatori ricorda il parallelo di resistenze è da ricercarsi nel fatto che nella definizione di capacità la differenza
di potenziale figura al denominatore: C  Q /V mentre nella definizione di resistenza che si ottiene dalla legge di
Ohm la differenza di potenziale figura al numeratore: R  V /I .
224
A
1
Esistono collegamenti che non sono né in serie né in parallelo?
In un circuito complesso si possono avere collegamenti che sono combinazioni di
serie e parallelo, e collegamenti non riconducibili a serie o parallelo, come ad esempio il collegamento a stella dei tre condensatori in figura.
B
2
C
Esercizi
39. Si calcoli la capacità equivalente del sistema di condensatori in figura, essendo
C  2.40 μF . Sapendo che la differenza di potenziale fra i punti 1 e 2 vale 12.0 V si
3
calcoli quindi la carica su ciascuna delle armature.
3C
Da un esame della configurazione si vede che le due capacità di valore 3C e 2C sono fra loro in parallelo,e quindi equivalenti alla capacità:
3C  2C  5C
La capacità 5C risulta poi in serie alla capacità C e quindi complessivamente fra il
punto 1 ed il punto 2 abbiamo una capacità equivalente C E :
C
1
2C
5

1
1
1
5
 
 C E  C    2.40 μF  2.00 μF
 6
CE
C 5C
6

Pensando che il terminale 1 sia a potenziale positivo, avremo che sull’armatura di
sinistra della capacità equivalente si deposita una carica:
2
C
1
5C
2
q  C E V  (2.00  106  12.0) C  24.0 μC
Per definizione la capacità equivalente non altera il fenomeno fisico, quindi la stessa
carica 24.0 μC deve depositarsi sull’armatura di sinistra della capacità C nella configurazione originale. Una carica uguale si localizza complessivamente sulle armature delle due capacità in parallelo 2C e 3C . Per capire come si ripartisce fra loro, osserviamo che essa deve produrre ai capi del parallelo una differenza di potenziale
V che si ottiene sottraendo ai 12.0 V complessivi la caduta q /C ai capi di C :
5
C
6
1
2
q
24.0  106
 12.0 V 
V  12.0 V  10.0V  2.00 V
C
2.40  106
Per avere questa differenza di potenziale fra le armature di 2C occorre che su di esse
vada una carica:
V  12.0 V 
q2C  2C  (2.00 V)  (2  2.40  106  2.00) C  9.60 μC
mentre per avere questa differenza di potenziale fra le armature di 3C occorre che
su di esse vada una carica:
q 3C  3C  (2.00 V)  (3  2.40  106  2.00) C  14.4 μC
Osserviamo che q si ripartisce in maniera proporzionale alle capacità.
40. In relazione al sistema di condensatori del problema precedente, si calcoli
l’energia complessivamente incamerata, verificando che si ottiene lo stesso valore sia
utilizzando la capacità equivalente, sia addizionando le energie nei tre condensatori.
4
[R: 1.44 10
J]
B
A
1
D
41. Si calcoli la capacità equivalente e la carica sulle armature positive dei quattro
condensatori nella figura, sapendo che C A  5.0 μF , C B  9.0 μF , CC  4.0 μF ,
C D  6.0 μF , e che V2 V1  60 V .
42. Si
C
[R]
B
A
calcoli la capacità equivalente al sistema a lato dove C A  6.0 μF ,
C B  2CC  8.0 μF . Si trovi quindi la carica sulle armature positive di ciascun co-
nensatore assumendo che V2 V1  80 V .
225
[R]
2
1
C
2
B
D
1
2
43. Si stabilisca come sono disposti i sistemi di condensatori nella figura a margine,
e se ne calcoli la capacità equivalente, assumendo che siano identici, ciascuno di capacità 200 μF .
[R]
C
A
44. Due condensatori, C A  4.50 μF C B  6.20 μF sono collegati in parallelo fra due
punti che stanno ad una differenza di potenziale di 60.0 V . Si calcoli la carica su
ciascuno di essi.
[R]
45. Due condensatori, C A  1.40 nF C B  3.30 nF sono collegati in serie fra due pun-
1
C
ti che stanno ad una differenza di potenziale di 400 V . Si calcoli la carica su ciascuno di essi e la differenza di potenziale ai capi di ciascuno.
[R]
C
46. Si calcoli il valore della capacità C in figura sapendo che la capacità equivalente
ai tre condenstori uguali, fra il punto 1 ed il punto 2, vale C A  220 F .
C
[R]
47. Si calcoli la differenza di potenziale fra il punto 1 ed il punto 2 in figura, sapendo
che la carica su ciascuna delle armature positive delle tre capacità C  20.0 μF vale
q  100 C .
2
1
C
B
A
[R]
48. Si stabilisca come sono disposti i sistemi di condensatori nella figura a margine,
2 aiutandosi individuando i modi in cui è possibile andare da 1 a 2. Si calcoli quindi
la capacità equivalente assumendoC A  100 nF , CB  150 nF , CC  200 nF .
1
2
20.0 F
[R]
49. In relazione alla figura con i tre terminali 1, 2 e 3 si calcoli la capacità equivalente
fra i terminali 1 e 2.
[R]
50. In relazione alla figura con i tre terminali 1, 2 e 3 si calcoli la capacità equivalente
fra i terminali 1 e 3.
[R]
51. In relazione alla figura con i tre terminali 1, 2 e 3 si calcoli la capacità equivalente
fra i terminali 2 e 3.
[R]
15.0F
12.0F
3
7. Condensatori sferici
Quanto vale la capacità di un conduttore sferico?
 La Controfisica
Questa formula può servire per un
calcolo approssimativo della capacità
di un conduttore dalla forma irregolare delle stessse dimensioni della
sfera.
Abbiamo introdotto la capacità per i condensatori e potrebbe apparire strano riferire
questo concetto anche ad un singolo conduttore. Tuttavia qualunque conduttore carico
è anche un condensatore, se immaginiamo che la seconda armatura sia la terra, insieme
con le pareti della stanza e l’ambiente intorno ad esso, tutti a potenziale nullo. Il
conduttore infatti induce comunque carica sulle superfici degli oggetti vicini. La capacità di un singolo conduttore sarà allora il rapporto fra la carica depositata su di
esso ed il potenziale V a cui si porta calcolato rispetto a dove vale zero. Nel caso del
conduttore sferico sappiamo che V  kq /R quindi:
C 
q
q
R
 q
 40 R
V 0 V
kq
226
Esercizi
52. Si calcoli la capacità del pianeta Terra, sapendo che RT  6.378  106 m , considerato il pianeta una sfera conduttrice carica che induce sull’atmosfera.
Applicando la formula per la capacità di una sfera:

C2 
   6.378  106 m   709F
C  12.56   8.854  1012
2 

Nm 
Cosa si intende per condensatore sferico?
Si chiama condensatore sferico una struttura costituita da due conduttori: una sfera
di raggio R1 , circondata da un guscio sferico, di raggio interno R2 e raggio esterno
R3 , come nello schema di principio qui accanto, eventualmente separati da un die-
lettrico. Consideramo la situazione nel caso in cui il conduttore esterno sia neutro e
la sfera interna contenga una carica q , per esempio positiva. Per fenomeno
dell’induzione completa, sulla superficie interna del guscio dovrà localizzarsi una
carica q , ed essendo lo spazio occupato dal guscio sempre neutro, come in tutti i
conduttori, sulla sua superficie esterna troveremo nuovamente q .
q
q
q
R3
R1
R2
Cosa succede se colleghiamo a terra l’esterno?
Con riferimento alla figura a margine, dove viene raffigurato il simbolo della messa a
terra, la conseguenza di una tale operazione è che il guscio non sarà più neutro, perché delle cariche negative (ricordiamo che gli elettroni sono gli unici a potersi muovere), saliranno dalla terra richiamate, per induzione, dalla sfera carica al centro.
Possiamo pensare che il guscio esterno insieme con l’intero pianeta Terra formino un
unico conduttore. Sul guscio andrà allora a localizzarsi una carica pari a q .
Quanto vale la capacità di un condensatore sferico con l’esterno a terra?
q
q
Per svolgere il calcolo utilizziamo la definizione di capacità, indicando con V1 il potenziale della sfera dentro (supposto positivo) e con V2 quello del guscio:
C 
q
V1 V2
Il potenziale delle sfera sarà la somma del potenziale dovuto alle cariche sulla sfera
stessa, cioè kq /R1 , sommato a quello dovuto alla carica sulla superficie interna del
guscio. Riguardo a quest’ultimo, sappiamo che una distribuzione sferica di carica
produce ovunque al suo interno un potenziale uguale a quello sulla superficie, e
quindi alla superficie interna del guscio si deve un contributo pari a kq /R2 . Sommando:
V1  k
q
q
k
R1
R2
Il potenziale del guscio è anch’esso dovuto ai due contributi, quello della sfera, calcolato ovviamente a distanza R2 dal centro, cioè kq /R2 , e quello della carica indotta,
che vale kq /R2 :
V2  k
q
q
k
0
R2
R2
227
 La Controfisica
La configurazione con la sfera esterna a terra è da preferire a quella con
la sfera interna a terra, perché si crea
uno schermo elettrostatico. In altri
termini il condesatore è indipendente dall’effetto di altri oggetti esterni
carichi.
Risulta V2  0 come ci saremmo aspettati avendolo collegato a terra. Inserendo i risultati otteniamo la capacità del condensatore sferico con l’esterno a terra.
q
C 
k
q
R1
k
 40
q
R1R2
R2  R1
R2
Che succede se si ivece si collega a terra la sfera interna?
q0  q
Se depositiamo una carica q 0 sul guscio esterno e colleghiamo a terra la sfera interna,
q 0 si ripartirà fra le due superfici - interna ed esterna - del guscio, dando luogo ad
q
q
induzione sia sulla terra (e sulle eventuali pareti ed oggetti intorno), sia sulla sfera
interna collegata a terra. Se indichiamo con q la frazione che va sulla superficie interna, su quella esterna resterà la differenza q 0  q . Quanta carica vada dall’una e
dall’altra parte dipende dai raggi delle sfere e dal dieletrico interposto, tuttavia sarà
sempre tale che la differenza di potenziale fra l’interno del guscio e la sfera sia la
stessa che c’è fra l’esterno e la terra, poiché tutto il guscio è allo stesso potenziale. In
ogni caso sulla sfera interna sarà indotta una carica q , uguale e contraria a quella
affacciata dalla parete interna del guscio, e che possiamo pensare proveniente dalla
terra. Oppure, che è lo stesso, diciamo che dalla sfera interna se ne va a terra una carica q .
Come possiamo schematizzare questo sistema?
A ben guardare il dispositivo così realizzato è costituito da due condensatori in parallelo: il primo, C1 , fra la sfera dentro ed il guscio, il secondo, C 2 , fra il guscio fuori e la
terra. Per visualizzarli immaginiamo di rimuovere il metallo interno al guscio (comunque neutro e quindi ininfluente) e sostituirlo con un filo che collega parete interna ed esterna. I due condensatori sono raffigurati qui a lato, insieme con un modello
equivalente ad armature piane. Essi sono in parallelo poiché per andare dalla sfera
interna alla terra dobbiamo attraversare tutte le armature. Applicando la formula
che prevede che le capacità in parallelo si sommino otteniamo la capacità di un condensatore sferico quando la sfera interna è messa a terra:
C1
C2
C  C 1  C 2  40
R1R2
R2  R1
 40R3
Se lo spazio interposto è riempito da un dielettrico, il primo dei due addendi andrà
poi moltiplicato per la costante r Nel caso speciale in cui lo spessore del guscio
esterno sia minimo, di modo che possiamo considerare R3  R2 , la formula (senza
q
C1
q
q0  q
dielettrico) si semplifica con un passaggio algebrico, e diviene:
C2
C  40
(q0  q )
R22
R2  R1
Come possiamo calcolare la carica indotta sulla sfera interna?
La sfera interna, essendo a terra, si trova a V  0 , ed il suo potenziale è dovuto a tre
contributi, quello delle cariche sulla superficie esterna del guscio, quello delle cariche
sulla superficie interna ed infine quello delle cariche sulla sfera stessa:
V1  k
q q
q
q
k
k 0
0
R1
R2
R3
228
Calcoliamo q solo nel caso in cui il guscio sia sottile e si possa considerare R3  R2 .
Otteniamo:
q  q 0
R1
R2
Che succcede se nessuna delle due sfere è a terra?
La situazione è analoga a quella con la sfera interna a terra, cioè si hanno due capacità in parallelo, solo che nessuno dei valori di potenziale è nullo.
Esercizi
53. Un condensatore è formato da una sfera interna di raggio 10.0 cm e da un guscio
sottile di raggio 10.5 cm , collegato a terra. Sapendo che sulla sfera interna viene posta una carica di 0.0117 μC si calcoli il suo potenziale. Si confronti la capacità di
questo dispositivo con quella della sola sfera interna, spiegando perché quella del
condensatore risulta maggiore.
Dalla definizione di capacità si ha la differenza di potenziale VS VG fra le armaturre, che coincide col potenziale VS della sfera, essendo il guscio a terra (VG  0 ):
C 
q
q
q

 VS 
VS VG VS
C
Calcoliamo la capacità del condensatore sferico in questa configurazione:

R1R2
1
0.100  0.105 
 F  0.234  109 F  0.234 nF
C  40
 

9

R R
0.105  0.100 
 8.99  10
2
1
da cui otteniamo:
q
0.0117  106

V  500 V
C
0.234  109
La capacità di un condensatore è tanto minore quanto maggiore è la differenza dei
due raggi al denominatore. La capacità di una sfera isolta può essere pensata come
quella di un condensatore in cui il guscio ha raggio infinito, cioè quando R1 /R2 pos-
VS 
sa considerarsi nullo:


R1R2
R1
C  40
 4 0 
  40R1
1  R1 /R2 
R2  R1
In questo caso:


1
40R1  
 0.100 F  0.0111  109 F  0.0111nF
9
 8.99  10

54. Fra le armature di un condensatore sferico si misura una differenza di potenziale
di 200V . Sapendo che sul guscio, sottile, di raggio R2  6.00 cm e collegato a terra,
viene indotta una carica di 4.10 nC , calcolare il raggio della sfera interna.
[R: 4.52 cm ]
55. Una sfera di raggio 20.0 cm è collegata a terra e circondata da un guscio metallico
sottile, di raggio 25.0 cm , sul quale viene posta una carica di 5.00 nC . Si calcoli la
carica indotta sulla sfera interna ed il potenziale elettrostatico a cui si trova il guscio.
[R: 139 pF, 36.0 V ]
56. Ripetere il calcolo dell’esercizio precedente nel caso in cui lo spazio interposto
venga riempito con un dielettrico di costante r  2.50 .
[R]
229
230